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Full text of "Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia: Pietro I, Giacomo, Federico II, Pietro II e Ludovico, dalla rivoluzione siciliana del 1282 sino al 1355. Con note storiche e diplomatiche"

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DOCUMENTI  PER  SERVIRE  ALLA   STORIA  DI  SICILIA 

PUBBLICATI  A  CUBA 

DELLA  SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 

Serie  I.  —  Volume  XXIII. 


GIUSEPPE  LA  MANTIA 


CODICE  DIPLOMATICO 


DEI 


RE  ARAGONESI  DI  SICILIA 

(1282-1355) 


VOL.  I. 


PALERMO 

SCUOLA  TIP.  BOCCONE  DEL  POVERO 

1918 


DOCUMENTI 

PER   SERVIRE 

ALLA   STORIA   DI   SICILIA 

PUBBLICATI  A  CURA 

DELLA 

SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


PRIMA  SERIE  -  DIPLOMATICA 
Vol.  XXIII. 


GIUSEPPE  LA  MANTIA 


CODICE  DIPLOMATICO 


DEI 


RE  ARAGONESI  DI  SICILIA 

PIETRO  I.  GIACOMO,  FEDERICO  II,  PIETRO  II  E  LUDOVICO 

DALLA  RIVOLUZIONE  SICILIANA  DEL  1282 

SINO    AL    13SS 


CON  NOTE  STORICHE  E  DIPLOMATICHE 


Voi.  I. 

(ANNI   1282-1290) 


PALERMO 

SCUOLA  TIP.  «BOCCONE  DEL  POVERO» 
1917 


»       OCT- 11968 


ALLA   VENERATA   MEMORIA 
DELL'INSIGNE    PATRIOTA    E   GIURECONSULTO 

Gr.  Uff.  Prof.  Avv.  ANDREA  GUARNERI 

MINISTRO   NELLA    DITTATURA   DI    GARIBALDI 

PRESIDENTE    DELLA    SOCIETÀ   SICILIANA 

PER     LA     STORIA     PATRIA 

SENATORE   DEL   REGNO 

CHE 

FAVORÌ   TENACEMENTE 

LA   PUBBLICAZIONE    DI   QUEST'OPERA 

NELLA   QUALE   SI   RICORDANO 

LE   SECOLARI   RIVENDICAZIONI    DELLA    SICILIA. 

PER   LA    SUA   INDIPENDENZA    E    LIBERTÀ 

DEDICO    DEVOTAMENTE 


PREFAZIONE 


Ond'io  ti  prego  che  quando  tu  riedi, 
Vadi  a  mia  bella  figlia,  genitrice 
Dell'onor  di  Cicilia  e  d'Aragona. 

Dante,  Purg.  Ili,  114-116. 

§  I.  —  1.  Importanza  del  periodo  storico  aragonese  di  Si- 
cilia dal  1282  al  1355.  —  2.  Motivi  del  termine  del  Codice 
diplomatico  a  tale  anno.  —  3.  Condizioni  generali  dell'isola 
in  quel  tempo. 

1.  L'epoca,  che  si  riferisce  ai  documenti  contenuti  in  que- 
st'opera, è  senza  dubbio  tra  le  più  notevoli  della  storia  di 
Sicilia.  Dopo  la  rovina  e  la  strage  della  dinastia  normanna, 
compiute  dallo  svevo  conquistatore  Enrico  VI,  l'isola  per- 
deva la  supremazia  su  tutto  il  regno,  insulare  e  continen- 
tale, la  residenza  dei  propri  Re  e  le  prerogative  di  capitale, 
delle  quali  aveva  goduto  Palermo,  già  elevata  dagli  Arabi 
a  quel  grado.  Un  poeta  arabo,  'Al  Butìrì  as  Siqilli,  vissuto 
al  tempo  del  Re  Ruggiero,  cantava  :  «  Non  è  bel  vivere  che 
nelle  ombre  amene  della  Sicilia,  sotto  un  principato  che  di- 


Vili  PREFAZIONE 


sgrada  quello  dei  Cesari  !  »  (1).  Falcando,  l'accurato  croni- 
sta normanno,  nella  sua  mirabile  lettera  al  Tesoriere  della 
Cattedrale  di  Palermo,  scritta  verso  il  1189  ed  intitolata  De 
calamitate  Siciliae,  prevedeva  i  mali  dell'invasione  tedesca, 
e  rimpiangeva  V  aurea  età  normanna  e  la  triste  sorte  che 
sarebbe  toccata  alla  Sicilia,  e  specialmente  a  quella  regione, 
«  quam  nobilissimae  civitatis  [Panornii]  fulgor  illustrat,  que 
et  toti  regno  singulari  meruit  privilegio  praeeminere  » .  Si 
doleva  altresì  che  la  Costanza  normanna  «  opibus  tuis  Bar- 
baros  ditatura  discessit  »;  ma  egli  non  poteva  esser  presago 
che  altra  Costanza  sveva,  la  moglie  di  Pietro  III  aragonese, 
per  la  quale  l'ombra  del  Re  Manfredi  al  cospetto  dell'Ali- 
ghieri esultava,  sentendosi  vendicata,  avrebbe  rinnovellato 
il  regno  di  Sicilia,  con  la  capitale  nell'isola  (2). 

Avvenuta  la  disfatta  dell'esercito  del  Re  Manfredi  a  Be- 
nevento nel  1266,  ancora  un'altra  dinastia  scompariva  per 
sempre,  e  svaniva  qualsiasi  speranza  di  considerazione  par- 
ticolare per  la  più  grande  isola  del  Mediterraneo,  la  quale 
aveva  visto  Federico  svevo  (nato  in  Italia  e  quivi  cresciuto, 
e  perciò  alquanto  immune  dall'orgoglio  tedesco)  trarre  di- 
mora nei  più  verdi  anni  in  Palermo,  e  poi  più  volte  ritor- 


(1)  Amari,  Biblioteca  arabo  -  sicula.  Torino,  1881,  voi.  II,  pag.  436. 

(2)  Falcando  ,  Historia ,  ediz.  Del  Re  ,  Cronisti  e  scrittori  sincroni 
napoletani.  Napoli,  1845,  voi.  I,  pag.  278  e  seg.  Amari,  Storia  dei  Mu- 
sulmani di  Sicilia.  Firenze,  18(58,  voi.  Ili,  pag.  545  e  seg.  ricorda  i  di- 
sordini ed  i  saccheggi  all'entrare  dei  conquistatori  teutonici  nell'isola, 
e  nota  che  «  il  giuramento  prestato  a  Costanza ,  per  comando  del  re 
Guglielmo,  non  valse  a  far  accettare  di  queto,  dai  baroni  e  dai  grandi, 
la  dominazione  tedesca»,  ed  altresì  (pag.  557)  che  nel  regno  di  Sicilia 
«  pochi  anni  appresso  la  morte  di  Guglielmo,  la  rapina ,  la  violenza  e 
la  crudeltà  furono  chiamati  costumi  tedeschi  », 


PREFAZIONE  IX 


narvi  per  cercarvi  ozi  e  feste  di  cantori  e  poeti ,  creatori 
della  lingua  italiana,  egli  che  chiamava  Palermo  l'aula  e  la 
patria  dei  Re  e  la  terra  di  delizia  (1). 

Non  restava  ai  Siciliani,  trascorsi  quei  tempi  felici,  che 
serbarne  con  dolore  il  ricordo ,  e  soffrire  (per  quanto  po- 
tevasi)  il  servaggio  che  i  Papi  avevano  inflitto  ai  popoli  del- 
l'Italia meridionale  con  l'aver  chiamato  al  trono  gli  Angioini, 
ligi  interamente  alla  Chiesa  Romana.  De  Cherrier  considera 
l'inizio  del  dominio  angioino  in  tal  modo  :  «  Dopo  la  gior- 
nata di  Benevento ,  ogni  resistenza  cessò.  I  mercenarii  te- 
deschi si  dispersero  nelle  montagne  cercando  fuggire  dagli 
Stati  siciliani.  I  capitani,  i  ministri,  la  maggior  parte  di  co- 
loro che  erano  rimasti  fedeli  a  Manfredi,  vedendo  perduta 
ogni  speranza,  si  offersero  al  vincitore.  Le  città  apriron  le 
porte;  da  ogni  dove  i  nobili  accorsero  sotto  la  bandiera  dei 
gigli;  il  clero  celebrò  il  trionfo  del  papato  ;  i  popoli,  presi 
dalla  speranza  di  un  migliore  avvenire,  furono  in  gioia,  e 
il  fortunato  Carlo,  che  sperato  non  aveva  una  sì  rapida  vit- 
toria, si  vide  padrone  di  un  gran  regno  »  (2). 

Conviene  qui  notare  che  se  nell'isola  era  lo  sdegno  im- 
placabile per  le  oppressioni  di  ogni  genere  che  commette- 


(1)  Petri  De  Vineis  ,  Cancellarli  Friderici  II  imp.  Epistolarum.  Ba- 
sileae,  1740,  t.  I,  pag.  503.  —  Giuseppe  Maffei,  Storia  della  letteratura 
italiana.  Italia,  1834,  parte  I,  pag.  22  e  seg.  De  Cherrier,  Storia  della 
lotta  dei  Papi  e  degli  imperatori  della  Casa  di  Svevia.  Palermo,  1861  , 
voi.  I,  pag.  386. 

(2)  De  Cherrier,  cit.  voi.  Ili,  pag.  186.  Il  fastigio  e  le  prerogative 
della  Sicilia,  che  venivano  affievolendosi  dai  Normanni  agli  Angioini, 
ho  accennato  nella  mia  memoria  storica  I  Re  di  Sicilia  e  le  dimore  re- 
gie dell'isola,  edita  nella  rivista  La  Sicile  illustrée.  Palermo,  an.  II  (1905) 
fase.  2  e  5,  e  an.  Ili  (1906)  fase.  5. 


PREFAZIONE 


vansi  dai  nuovi  dominatori  angioini,  nelle  provincie  napo- 
litane  non  era  meno  intenso  il  rammarico  per  la  fine  della 
dinastia  sveva,  che  con  estese  e  potenti  relazioni,  e  nuovi 
e  molteplici  ordinamenti,  e  con  garanzie  di  Parlamenti  e  di 
codici  di  leggi  e  la  protezione  agli  studi  ed  ai  commerci , 
avea  fatto  rifiorire  ad  insolito  splendore  quelle  regioni  con- 
tinentali. 

L'insigne  storico  Giannone  scriveva  pertanto  per  Napoli: 
«  I  primi  fondamenti  della  magnificenza  e  grandezza  di  que- 
sta città,  onde  con  prosperi  avvenimenti  surse  poi  a  quello 
stato  in  cui  oggi  si  vede,  furono  gettati  da  Federico  II  im- 
peradore.  Primieramente  lo  Studio  generale ,  che  questo 
Principe  vi  fondò,  tirò  a  quella  gli  scolari  non  pur  di  que- 
sto reame,  ma  anche  di  Sicilia  e  d'altre  più  remote  parti. 
Il  non  essersi  da  poi  Federico  fermato  in  Palermo ,  come 
gli  altri  Re  normanni  suoi  predecessori ,  ma  avere  scorso 
più  città  di  queste  nostre  provincie,  ed  essersi  spesso  fer- 
mato in  Napoli  colla  sua  Gran  Corte  e  con  gli  altri  ufficiali 
del  regno,  servì  anche  per  scala  a  tanta  altezza;  e  l'aver 
ancora  in  magnifica  forma  ridotto  il  Castello  capuano  e  quel 
dell'Uovo  vi  conferì  molto  »  (1). 

Fallito  il  tentativo  del  giovane  Corradino  di  ricuperare 
il  regno  avito,  e  soppressa,  col  terrore  e  la  condanna  a  morte 
di  quel  principe,  ogni  pratica  dei  Ghibellini  dell'isola  e  delle 
provincie  continentali  per  restaurare  la  stirpe  sveva,  l'ine- 
stinguibile desiderio  non  venne  meno  (2).  L'esempio  inoltre 


(1)  Giannone,  Istoria  civile  del  regno  di  Napoli.  Milano,  1821,  voi.  V, 
pag.  200  e  seg. 

(2)  De  Cherrier  cit.  voi.  Ili,  pag.  264  nell'esporre  quei  fatti  crede 
utile  «  far  notare  che  la  dinastia  di  Svevia  si  era  stabilita  in  Sicilia  con 


PREFAZIONE  XI 


delle  repubbliche  dell'  Italia  media  e  settentrionale ,  che 
godevano  libertà  e  franchigie  e  l'uso  di  statuti  e  leggi  sa- 
pientemente formate ,  spingeva  gli  abitanti  dell'  antico  re- 
gno di  Sicilia  a  desideri  di  novità  e  di  riforme ,  perchè  il 
potere  monarchico  svevo  (e  molto  meno  V  angioino)  non 
aveva  voluto  consentire  eccessiva  larghezza  negli  ordina- 
menti politici.  Federico  Svevo  infatti  nelle  sue  Costituzioni 
aveva  dovuto  espressamente  vietare  che  gli  esteri,  ossia  gli 
Italiani  delle  altre  regioni,  i  quali  recavansi  nel  regno,  por- 
tassero armi  proibite ,  e  che  dimorando  nelle  città  e  terre 
tenessero  anco  coltelli  e  spade  ;  ed  altresì  sanciva  che  in 
nessun  luogo  si  potessero  creare  Potestà,  Consoli  o  Rettori 
«auctoritate  consuetudinis  alicuius  vel  ex  collatione  populi», 
e  se  qualche  città  avesse  in  ciò  contravvenuto,  doveva  esser 
distrutta,  ed  i  suoi  abitanti  resi  servi  in  perpetuo ,  e  colui 
che  avesse  esercitato  alcuna  di  quelle  cariche,  venir  sotto- 
posto alla  pena  di  morte.  Tanto  era  il  timore  della  libertà 
nell'animo  del  sovrano  teutonico,  che  stabiliva  ordini  e  pene 
così  barbare  per  sopprimere  i  progressi  della  civiltà  !  (1). 

Da  ciò  si  rileva  come,  fra  gli  arbitri  ed  il  più  aspro  di- 
spotismo angioino,  non  solo  nell'isola,  ma  anche  nella  ter- 
raferma napolitana,  nonostante  che  per  «  tanta  elevatezza  », 
alla  quale  pervenne,  «  coloro  che  vi  diedero  l'ultima  mano 


la  crudeltà  e  con  violenza ,  e  che  a  sua  volta  il  fratello  di  san  Luigi 
credette  potersi  cementare  un  trono  con  sangue  e  con  lagrime.  La  giu- 
stizia di  Dio  rivolse  contro  di  loro  la  sua  spada». 

(1)  Cfr.  Constitutiones  regum  regni  utriusque  Siciliae,  ediz.  Carcani. 
Neapoli ,  1786 ,  lib.  I ,  tit.  11  e  50  ,  pag.  12  e  49.  Vedasi  pure  Amari  , 
Storia  dei  Musulmani  cit.  voi.  Ili,  pag.  610,  e  quanto  dice  Huillard- 
Bréholles,  Historia  diplomatica  Friderici  secundi.  Paris ,  1859.  Intro- 
duction,  pag.  CD  Vili. 


XII  PREFAZIONE 


furono  i  novelli  Re  angioini  Carlo  I  e  II  »  (1),  il  proposito  di 
ribellare  1'  antico  regno  di  Sicilia  per  toglierlo  agli  Angioini 
e  darlo  ai  legittimi  successori  ed  eredi  della  stirpe  sveva, 
che  regnavano  in  Aragona ,  fosse  vivissimo.  Tali  notizie 
chiaramente  ci  espone  il  cronista  Saba  Malaspina  in  quella 
parte  della  sua  Cronaca,  che  fu  la  prima  volta  data  alla 
luce  nel  1792  dal  celebre  scrittore  del  diritto  pubblico  della 
Sicilia  Rosario  Gregorio,  e  ne  riferisco  le  notevoli  espres- 
sioni :  «  Sed  profecto  latius  poterat  de  regno  Siciliae  dubi- 
tare. .  .  .  prò  eo  quod  faciliter  mentes  audientium  habilitat 
ad  credendum  quod  quidam  ipsius  regni  Siciliae  exules,  prae- 
cipue  magister  loannes  de  Procida,  et  quidam  Rogerius  de 
Lauria  nutritus  in  Aragonia  cum  dieta  Constantia ,  penes 
regem  Aragonum  ad  promovenda  Consilia  et  consulenda  ne- 
gotia  adsistebant,  quos  verisimile  erat  credere  frequenter  re- 
gis  Aragonum  aures  superbiae  vento  replere,  ac  ei  sugge- 
rere  et  instare  ut  regnum  invadat  Siciliae,  quod  suppone- 
bant  forsitan  haberi  posse  faciliter  et  teneri»  (2). 

Non  si  può  immaginare  una  narrazione  delle  segrete  ori- 
gini della  rivoluzione  del  1282  che  sia  più  esplicita  di  que- 
sta, che  ci  offre  il  contemporaneo  Saba  Malaspina,  anche 
coi  nomi  dei  principali  cospiratori ,  ai  quali  deve  aggiun- 
gersi un  terzo,  cioè  Alaimo  da  Lentini,  dapprima  fedele  a 
Carlo  d'  Angiò ,  e  poi  (come  attesta  il  cronista  Neocastro) 
«  mutata  facie  patriam,  in  quam  ipsum  reduxerat,  auferens, 
sicut  vides ,  cantra   suum   dominium  excitavit  »  (3).  Questi 


(1)  Così  afferma  il  Giannone  ,  op.  cit.  voi.  V ,  pag.  201  ,  con  varie 
prove. 

(2)  Gregorio,  Bibliotheca  scriptorum  qui  res  in  Sicilia  gestas  sub  A- 
ragonum  imperio  retulere.  Panormi,  1792,  t.  II,  pag.  341. 

(3)  Neocastro,  cap.  L,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  76. 


PREFAZIONE  XIII 


tre  celebri  uomini  pertanto  prepararono  la  rivoluzione  :  il 
Procida  coi  consigli  ed  il  Loria  con  P  esperienza  militare , 
entrambi  di  origine  napoletana  e  risedenti  in  Catalogna, 
ed  Alaimo  da  Lentini,  siciliano,  che  con  ogni  circospezione, 
ricevendo  la  segreta  corrispondenza  nell'isola,  comunicava 
con  gli  altri  due,  e  teneva  le  occulte  trame  con  gli  esuli  e 
con  alquanti  fervidi  patrioti  del  regno  (1).  Quanto  dice  il 
Neocastro  per  Alaimo  trova  conferma  nelle  parole  del  Re 
Pietro  I,  il  quale  nel  22  ottobre  1282  in  Messina ,  nell'ele- 
varlo  all'eccelsa  dignità  di  Maestro  Giustiziere  del  regno,  si 
mostrava  a  ciò  proclive  per  gli  spontanei  servizi  da  colui 
resi  in  felici  ingressu  nostro  in  regnum  nostrum  Sicilie,  cioè 
perchè  il  Re  Pietro  avesse  conquistato  l'isola  (2). 

La  ribellione  della  Sicilia  non  trovò  però  pronti  gli  abi- 


(1)  Non  credo  opportuno  estendermi  qui  oltre  su  questi  fatti ,  che 
riserbo  ad  altra  speciale  memoria. 

(2)  Carini,  De  rebus  regni  Siciliae  nei  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor. 
Patria,  Serie  I,  voi.  V,  Palermo,  1882,  pag.  162.  In  quali  rapporti  po- 
tessero stare  le  cospirazioni  degli  esuli  con  le  promesse  della  Corte  per 
venire  ad  assumere  il  dominio,  si  può  pienamente  vedere  dalle  offerte 
fatte  dagli  abitanti  di  Gaeta  sei  anni  dopo,  nel  1288,  per  sottomettersi 
al  Re  Giacomo  :  «  Iacobus  Rex  a  civibus  gaietanis  requiritur  quod  ipsi 
parati  erant,  si  praesens  esset,  se  et  civitatem  ipsam  suo  dominio  tra- 
dere ,  dummodo  iter  suum  festinaret  ad  eos».  Neocastro,  cap.  CX, 
ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  178.  Il  Boccaccio,  che  nacque  soltanto  tren- 
tuno anni  dopo  la  rivoluzione  del  1282,  cioè  quando  quell'avvenimento 
era  ben  noto  a  tutti  in  Sicilia  e  fuori ,  così  fa  dire  da  Ruggieri  Loria 
la  Re  Federico  II  aragonese  nella  Novella  VI  della  Giornata  V  :  «  Il 
giovane  è  figliuolo  di  Landolfo  di  Procida ,  fratel  carnale  di  Messer 
Gian  di  Procida,  per  l'opera  del  quale  tu  sei  Be  e  Signor  di  questa  iso- 
la». Cfr.  Il  Decameron  di  Messer  Giovanni  Boccaccio.  Italia,  coi  ca- 
ratteri di  F.  Didot,  1816,  t.  III,  pag.  51.  Degli  altri  due  grandi  cospi- 
ratori, il  Loria  ottenne  a  20  aprile  1283  la  dignità  di  Ammiraglio ,  ed 
li  Procida  a  4  maggio  dello  stesso  anno  quella  di  Cancelliere  del  regno. 


XIV  PREFAZIONE 


tanti  della  terraferma  a  seguirne  il  vigoroso  esempio.  Sem- 
bra che  la  maggior  vigilanza  ed  il  tenace  rigore,  che  il  go- 
verno angioino,  anche  con  la  diretta  ingerenza  del  sovrano, 
adoperò  dopo  la  perdita  dell'isola,  abbiano  fatto  disperdere 
i  tentativi  di  coesione  fra  le  particolari  rivolte,  specialmente 
degli  esuli  che  penetravano  negli  Abruzzi ,  le  quali  si  sa- 
rebbero potute  propagare  a  tempo  opportuno  nei  vari  ter- 
ritori delle  provincie  napolitane.  Nondimeno  la  Sicilia  aveva 
già  risoluto  ogni  dubbio  e  ricacciata  qualunque  ansia  per 
le  sue  future  sorti;  l'indipendenza ,  il  Re  proprio ,  i  Parla- 
menti, la  capitale  in  Palermo,  tutto  si  era  ottenuto  con  la 
felice  rivoluzione  del  31  marzo  1282,  la  quale  non  avrebbe 
mancato  di  imporsi  con  il  suo  fascino  e  la  sua  nuova  forza 
nel  continente.  Nemmeno  uno  di  quei  vantaggi  sarebbe  stato 
lecito  di  conseguire  dai  monarchi  angioini  di  Napoli,  che  or- 
mai consideravano  la  Sicilia  quasi  una  lontana  regione  di 
poca  importanza,  che  si  estendeva  sui  mari  che  stanno  di- 
nanzi all'Africa  adusta,  e  dove  era  bastevole  l'autorità  di  su- 
perbi Vicari,  che  disponessero  di  tutto  a  lor  grado.  Saba  Ma- 
laspina,  perspicace  indagatore  di  ogni  più  intimo  fatto  della 
rivoluzione,  manifesta  che  appena  arrivò  il  Re  Pietro  I  in  Pa- 
lermo gli  si  presentarono  per  ossequiarlo  tutti  gli  esuli  del 
regno,  che  sono  ripartiti  dal  cronista  in  tre  gradi,  cioè  quelli 
che  avevano  sofferto  l'odio  del  Re  Carlo,  gli  altri  che  avevano 
compiuto  coi  Siciliani  i  maneggi  della  cospirazione  per  fare 
avvenire  la  rivolta  (propter  pattata  dudum  scelera  metus  ar- 
cebat) ,  ed  infine  quelli  che  volevano  per  il  loro  vantaggio 
gareggiare  di  fedeltà  con  i  veri  patrioti  (aut  qui  iam  inde 
coeperant  invidiae  stimulos  retorquere) ,  distinzione  precisa 
che  spesso  si  è  ripetuta  nei  rivolgimenti  politici  (1). 


(1)  Saba  Malaspina,  Gonbinuatio,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  362. 


PREFAZIONE  XV 


Il  dominio  aragonese  durò  nella  Sicilia  sino  al  1411,  cioè 
per  centoventinove  anni.  Fu  un  succedersi  inalterato  dei  so- 
vrani di  quella  Casa  d'Aragona,  che  Pietro  I  aveva  stabi- 
lito nell'isola.  A  lui,  che  dovette  lasciare  la  Sicilia  nel  1283, 
seguì  come  Vicario  il  secondogenito  Giacomo,  che  poi  cinse 
la  corona  nel  1286,  succedendo  più  tardi  nel  1291  nell'Ara- 
gona ,  e  (contro  il  testamento  paterno)  anche  nella  Sicilia. 
Quando  nel  1295  Giacomo,  mancando  di  fede,  cedeva  l'isola 
alla  Chiesa  Romana,  ossia  agli  Angioini,  fu  acclamato  dai 
Siciliani  proprio  Re  il  terzogenito  Federico  II,  che  per  qua- 
rantuno  anni  governò  la  Sicilia  con  amore  infinito  ed  in- 
comparabile saggezza,  associando  nel  1322  il  figlio  Pietro  II 
al  regno,  per  evitare  che  alla  sua  morte  la  Sicilia ,  per  il 
trattato  del  1302 ,  tornasse  agli  Angioini  e  non  succedesse 
il  figlio.  Pietro  II,  che  per  molti  anni  aveva  diviso  col  padre 
le  ansie  e  le  cure  del  regno ,  spegnevasi  a  soli  trentasette 
anni  in  Calascibetta,  dopo  avere  alquanto  sottomesso  l'au- 
dacia di  ribelli  baroni,  che  tosto  davansi  per  vendetta  a  ser- 
vire l'Angioino  ai  danni  dell'isola. 

Questa  precoce  morte  fu  sventura  per  la  Sicilia,  perchè 
apriva  l'adito  alla  reggenza  per  il  successore  figliuolo  Lu- 
dovico a  soli  sette  anni;  ma,  per  compenso  a  quei  mali,  di- 
veniva tutore  l'Infante  Duca  Giovanni,  quartogenito  del  Re 
Federico  II,  sebbene  per  poco  tempo,  poiché  nel  1348  quel 
sapiente  principe,  che  avea  saputo  reprimere  la  tracotanza 
dei  Palizzi,  ed  era  già  quasi  per  firmare  la  pace  con  la  re- 
gina Giovanna  I  di  Napoli,  se  ne  moriva  di  peste  a  Mascali, 
di  quella  peste  che  ricevette  ancor  più  rinomanza  con  le 
magnifiche  prose  volgari  del  Boccaccio.  Trascorsero  altri 
quattro  anni  e  la  madre  regina  Elisabetta  mancò  pure  ai  vi- 
venti, onde  alla  reggenza  era  chiamata  la  monaca  Costan- 


XVI  PREFAZIONE 


za  sorella  del  Re.  Le  repressioni  della  prepotenza  e  delle 
fazioni  dei  principali  feudatari  (Chiaramonti,  Valguarnera, 
Ventimiglia,  Palizzi)  occuparono  il  breve  regno  di  Ludovi- 
co ,  che  nel  1355  cessava  di  vivere  in  Aci  per  il  contagio 
della  peste  (al  pari  dello  zio  Giovanni)  all'età  di  anni  diciot- 
to, essendo  nato  nell'anno  medesimo,  nel  quale  finiva  la  sua 
vita  il  Re  Federico  II,  nel  1337. 

2.  Il  mio  Codice  diplomatico  non  si  estende  oltre  l'epoca 
del  regno  del  primo  figlio  del  Re  Pietro  II.  Il  motivo  di  tale 
termine  da  me  imposto  alla  collezione  riesce  bene  evidente. 
Ha  fine  da  un  canto ,  quasi  con  eguale  distinzione  crono- 
logica, l'epoca  più  antica  del  dominio  aragonese  nell'isola, 
che  aveva  potuto  sino  a  poco  tempo  innanzi  (non  più  di 
sette  anni)  giovarsi  del  senno  dell'Infante  Giovanni  tutore 
del  Re  Ludovico,  e  dall'altro  canto  i  documenti  del  successore 
fratello  Federico  (1355-1377),  i  quali  conservansi  ancora  fra  i 
registri  della  Regia  Cancelleria  e  del  Protonotaro  del  Regno 
nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo,  sono  così  numerosi  che  si 
può  anco  diplomaticamente  riconoscere  a  ragione  la  neces- 
sità di  un  lavoro  separato  per  l'epoca  posteriore.  A  ciò  deve 
aggiungersi  che  per  buona  fortuna  il  chiar.  prof.  Giuseppe 
Cosentino  da  molti  anni  (1885)  ha  dato  inizio  al  Codice  di- 
plomatico di  Federico  III  di  Aragona ,  Re  di  Sicilia ,  e  ne 
ha  sinora  pubblicato  quattro  fascicoli  (dei  quali  l'ultimo  nel 
1907),  offrendo  nell'intero  testo  o  per  sunto,  con  molta  di- 
ligenza, non  meno  di  808  documenti,  che  vanno  dal  3  no- 
vembre 1355  al  10  dicembre  1360;  ed  è  a  far  voti  che  tale 
importante  lavoro  possa  avere  ancora  altro  proseguimento 
per  nuove  ed  assidue  cure  dell'autore  (1). 


(1)  I  suddetti  quattro  fascicoli  del  Codice  diplomatico  del  prof.  Co- 


PREFAZIONE  XVII 


3.  Stabiliti  così  i  limiti  del  mio  Codice  diplomatico,  credo 
utile  qui  brevemente  accennare  quali  furono  le  condizioni  più 
notevoli  dell'interno  ordinamento  dell'isola  e  delle  esterne 
relazioni  e  guerre  con  gli  Angioini  nell'epoca  dal  1282  al  1355. 

Il  regno  di  Pietro  I  costituisce  nel  modo  più  esplicito  il 
riconoscimento  di  tutte  le  libertà  violate  e  di  poteri,  uffici  e 
prerogative  spettanti  ai  Siciliani,  la  cessazione  degli  abusi 
nella  formazione  delle  leggi  e  nell'  applicazione  di  esse ,  il 
freno  imposto  ad  arbitri  ed  eccessi  degli  ufficiali  maggiori 
o  minori,  ed  altresì  la  moderazione  prevalente  nelle  esazioni 
fiscali  inasprite  più  ancora  nel  tempo  angioino  di  quel  che 
non  fossero  sotto  gli  Svevi,  non  solo  per  la  moltiplicità  delle 
tasse  e  l'elevata  natura  di  esse,  ma  per  il  modo  iniquo  di 
riscossione.  Dopo  aver  provveduto  a  respingere  le  prime  e 
violenti  aggressioni  angioine  nell'isola,  ed  a  definire  con  si- 
curezza la  forma  di  governo  e  le  norme  di  successione,  il 
Re  Pietro  I  sotto  il  pretesto  del  duello,  quasi  a  rendere  meno 
acerbo  il  dolore  dei  Siciliani,  lasciava  l'isola  per  riprendere 
direttamente  il  dominio  dei  suoi  stati  di  Catalogna,  Aragona 
e  Valenza,  non  meno  esposti  della  Sicilia  alle  incursioni 
degli  Angioini  e  dei  Francesi  (1). 

La  luogotenenza  ordinata  in  favore  di  Giacomo,  nell'as- 
senza del  Re  Pietro  I  dalla  Sicilia,  è  una  buona  forma  di 
diritto  pubblico,  destinata  a  mantenere  i  diritti  del  potere 
regio  e  ad  imprimere  un'orma  sicura  di  forza  nell'intrigata 


sentino  formano  il  voi.  IX  della  Serie  I  dei  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di 
Storia  Patria.  Dopo  il  primo  fascicolo  edito  nel  1885,  vennero  in  luce 
il  secondo  nel  1890,  il  terzo  nel  1895  ed  il  più  recente  nel  1907,  come 
sopra  ho  detto. 

(1)  Per  altri  ricordi  su  quel  regno  vedansi  le  Notizie  preliminari , 
a  pag.  29  e  seg. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  & 


XVIII  PREFAZIONE 


compagine  amministrativa,  pur  riconoscendo  le  prerogative 
dell'  isola ,  e  tenendo  ancor  ragione  dei  desideri  che  veni- 
vano espressi  dal  popolo  e  dai  nobili  al  legittimo  rappre- 
sentante del  sovrano  (1).  Non  è  a  dire  con  quale  tenacia  gli 
Angioini  proseguivano  sempre  nel  tentare  di  riconquistar 
la  Sicilia  ;  ma  vanamente,  poiché  i  Siciliani  anzi  si  impos- 
sessavano di  varie  parti  di  Calabria  e  di  altre  regioni,  e  muo- 
vevano guerra  sino  nella  capitale  angioina,  che  per  poco , 
vacillando  nella  sua  fede,  non  si  ribellò  ai  suoi  dominatori, 
i  quali  pur  vi  tenevano  Corte  regale  e  sontuosa  sull'esem- 
pio degli  Svevi. 

Fu  violato  il  sistema  di  successione  nel  regno  di  Sicilia 
sin  dall'origine,  quando  Giacomo  nel  1291  si  recava  in  A- 
ragona  per  succedere  al  fratello  Alfonso,  e  riteneva  ancora 


(1)  Il  sistema  di  luogotenenza  del  regno  può  dirsi  abilmente  definito 
e  distinto  in  ogni  sua  parte  e  mantenuto  con  energia  dagli  Aragonesi, 
perchè  sebbene  durante  il  regno  di  Carlo  I  d'  Angiò  la  Sicilia  avesse 
avuto  costantemente  i  suoi  Vicari ,  questa  suprema  potestà  dell'  isola 
non  era  allora  che  una  finzione  di  libertà  e  di  indipendenza,  e  nascon- 
deva i  maggiori  arbitri,  rimanendo  in  facoltà  dei  Vicari  quanto  ad  essi 
fosse  piaciuto  di  concedere  ai  Siciliani ,  e  di  far  noto  alla  Corte  reale 
risedente  in  Napoli.  Tanto  arbitrio  connesso  a  quella  dignità  di  Vica- 
rio può  indurre  a  considerarla  quasi  un'astuta  funzione  politica  e  mi- 
litare nel  tempo  angioino ,  per  tenere  maggiormente  in  soggezione  le 
popolazioni  dell'isola.  Il  cronista  Muntaner  ricordava  pertanto  che  il 
Re  Carlo  «  hach  tals  officials  mesos  per  tota  la  illa  de  Sicilia,  que  no 
feyen  ne  deyen  sino  tots  mais  esuperbies».  Cfr.  Antonio  De  Bofarull, 
Crònica  catalana  de  Ramon  Muntaner.  Barcelona,  1860,  pag.  83,  cap.  43. 
Le  proteste  dei  Siciliani  ai  Cardinali  ed  al  Papa  Martino  IV  nel  1282 
per  le  molteplici  ingiustizie  degli  ufficiali  dell'  isola  provano  come  il 
Vicariato  non  corrispondesse  affatto  agli  scopi  della  sua  istituzione 
(vedi  appresso,  pag.  13  e  19). 


PREFAZIONE  XIX 


per  sé  la  Sicilia.  Quell'infrazione  costituiva  un  primo  adito 
a  preparare  la  rovina  dell'isola,  e  dimostrava  il  mal  animo 
di  Giacomo ,  che  poi ,  sconoscendo  quanto  prospera  sorte 
avevano  sperato  da  lui  i  Siciliani ,  li  cedeva  nel  1295  con 
tradimento  alla  Chiesa  Romana  (1). 

L'elezione  del  Luogotenente  Federico  a  Re  di  Sicilia,  vi- 
gorosamente reclamata  dal  popolo,  risollevava  le  più  grandi 
speranze.  Invano  la  Chiesa  di  Roma  armava  il  braccio  di 
Giacomo  nella  lotta  fratricida  a  Capo  d'  Orlando  nel  1298, 
perchè  i  Siciliani  ben  presto  respingevano  gli  Angioini  e  li 
ricacciavano  da  ogni  parte  dell'isola,  e  si  preparava  la  so- 
spirata pace  del  1302,  la  quale  non  può  dirsi  di  aver  posto 
fine  alle  guerre  dei  Siciliani  se  non  per  poco  tempo ,  ma 
bensì  apprestato  quasi  una  lunga  tregua ,  od  almeno  aver 
chiuso  la  prima  fase  delle  guerre  siculo-angioine  dopo  la 
rivoluzione  del  1282.  Trascorse  infatti  appena  un  decennio, 
nel  1313,  quando  Federico  II  si  alleò  con  l'imperatore  En- 
rico VII,  e  la  guerra  divampò  maggiormente.  La  Sicilia  non 
poteva  in  alcun  modo  esser  soddisfatta  di  godere  solo  du- 
rante la  vita  del  Re  Federico  II  la  sua  indipendenza,  per 
ricadere  indi  sotto  gli  Angioini;  ma  doveva  rafforzarsi  ed 
assicurare  il  suo  avvenire  e  la  sua  esistenza  politica. 

L'associazione  di  Pietro  II  al  trono  nel  1322  è  la  pro- 
testa solenne;  l'alleanza  con  l'imperatore  Ludovico  il  Bava- 
ro  nel  1328  è  la  nuova  affermazione  di  voler  respingere  ogni 
speranza  di  riconquista  dei  nemici;  e  di  ciò  si  ha  pure  la 
prova  nel  testamento  di  Federico  che  conservava  illesi  i 
suoi  diritti  su  le  provincie  continentali  del  regno  (2). 


(1)  Cfr.  intorno  ai  tempi  di  Giacomo  ,  la  luogotenenza  e  la  succes- 
sione in  Aragona,  quanto  da  me  è  esposto  a  pag.  259  e  seg. 

(2)  Surita,  Anales  de  la  Corona  de  Aragon.  Saragoza,  1610,  lib.  VII, 
cup.  39  offre  un  preciso  riassunto  di  quel  testamento. 


XX  PREFAZIONE 


L'Alighieri  aveva  molto  sperato,  per  il  bene  d'Italia,  nel- 
l'adesione di  Federico  li  alla  lega  con  l'imperatore  Enrico  VII 
e  nella  nomina  ottenuta  da  quel  Re  ad  Ammiraglio  dell'im- 
pero :  «  supremum  et  generalem  nostrum  et  sacri  romani 
imperii  facimus  maris  et  constituimus,  quoad  vixeritis,  Ad- 
miratum  »  (1).  La  delusione  riuscì  per  il  grande  Poeta  così 
profonda,  dopo  la  morte  di  Enrico  VII  ed  il  rifiuto,  quasi 
inevitabile,  della  signoria  di  Pisa  offerta  a  Federico  (che  la 
rinunziava  per  prudenza  politica) ,  da  farlo  prorompere  in 
aspre  ed  esorbitanti  invettive  contro  il  sovrano  di  Sicilia. 

Amari,  seguito  dal  Di  Giovanni,  crede  erroneamente  con 
vari  commentatori,  che  Dante  avesse  prima  elogiato  Fede- 
rico, ricavando  ciò  dalle  parole  genitrice  dell'onor  di  Cicilia 
e  d'Aragona  per  la  regina  Gostanza  (le  quali  ho  riferito  come 
epigrafe  di  questa  Prefazione) ,  e  poi  biasimatolo  in  altri 
canti  con  evidente  incoerenza  ;  ma  non  posero  mente  en- 
trambi quegli  scrittori  che  Dante  dice  quivi  Costanza  geni- 
trice non  nel  significato  di  madre  del  Re  Federico  (e  pe- 
raltro egli  non  era  che  il  terzogenito),  ma  soltanto  in  senso 
morale  di  creatrice  della  gloria  dei  regni  di  Sicilia  e  di  Ara- 
gona riuniti  in  unico  scettro  sotto  Re  Pietro  I  di  Aragona, 
che  per  il  diritto  della  moglie  muoveva,  con  giuste  pretese, 
alla  conquista  dell'isola  (2).  Non  meno  acri  e  senza  dubbio 


(1)  Heinrich  Finke,  Acta  aragonensia.  Quellen  aus  der  diplomatischen 
Korrespondens  Jaymes  II.  Berlin,  1908,  voi.  I,  pag.  318. 

(2)  Aggiungo  che  nel  Vocabolario  universale  della  lingua  latina  di 
Nicola  Combrci.  Napoli,  1831,  voi.  II,  alla  voce  Genetrix  si  ha  il  traslato 
Frugurn  genetrix  per  Cerere  ,  usato  da  Ovidio.  Su  lo  sdegno  di  Dante 
contro  il  Re  Federico  II  vedansi  le  indagini  di  Giuseppe  Di  Cesare  , 
Arrigo  Abbate  ovvero  la  Sicilia  dal  1296  al  1313.  Napoli,  1833,  pag.  173 
e  seg.  nota  18  ;  Amari,  Un  periodo  delle  istorie  siciliane  del  secolo  XIII. 


PREFAZIONE  XXI 


più  meritati  sono  i  rimproveri  per  il  fratello  Giacomo  che 
divenne,  dopo  il  1295,  alleato  della  Chiesa  Romana  e  degli 
Angioini  contro  la  Sicilia  (1).  Federico ,  nel  concetto  di 
Dante,  doveva  assumere  apertamente  la  difesa  dei  Ghibel- 
lini d'Italia,  e  pervenire  ad  eccelsa  meta,  od  esser  travolto, 
anco  con  la  perdita  del  suo  regno,  nel  grande  conflitto  coi 
Guelfi  (cioè  la  Chiesa  Romana  e  gli  Angioini)  e  forse  nelle 
tergiversazioni  dell'impero. 

Può  ritenersi  sicuramente  che  l' epoca  del  dominio  di 
Federico  II  aragonese  in  Sicilia  forma,  dopo  quella  di  Pie- 
tro I,  il  ciclo  più  glorioso  degli  avvenimenti  che  resero  il- 
lustri i  Siciliani  per  il  loro  amor  patrio,  lo  straordinario  va- 
lore ,  la  costanza  nel  sostenere  le  proprie  libertà  e  l' indi- 
pendenza dallo  straniero.  Nei  brevi  regni  di  Pietro  II  e  di 
Ludovico  si  ripetono  le  incursioni  degli  Angioini,  ne  l'in- 
domito valore  dell'isola  si  attenua;  ma  sì  per  l'interna  con- 
dizione del  regno,  che  per  le  scissure  di  preponderanza  dei 
nobili  che  si  contrastavano  il  potere,  si  vede  decadere  l'isola 
da  quel  prestigio,  al  quale  la  poderosa  mente  del  Re  Fede- 
rico l'aveva  fatto  pervenire.  Restano  tuttavia  le  basi  di  una 
monarchia  gagliarda,  che  riconoscendo  in  modo  esplicito  le 
libertà  e  le  prerogative  del  popolo,  può  resistere  ancora  a 
lungo  (come  la  torre  ferma  che  non  crolla  di  Dante)  alle  dis- 
sensioni interne  ed  alle  ambizioni  straniere,  pur  che  un'a- 


Palermo  ,  1842 ,  pag.  280 ,  nota  4  ;  Lionardo  Vigo,  Dante  e  la  Sicilia. 
Bicordi  (nella  Rivista  Sicula.  Palermo,  an.  II,  1870,  voi.  3°,  p.  325);  e  Vin- 
cenzo Di  Giovanni,  Di  alcuni  luoghi  di  Dante  sopra  Federico  aragonese 
di  Sicilia  (nel  voi.  Scuola ,  Scienza  e  Critica.  Nuovi  scritti  varii.  Pa- 
lermo, 1874,  pag.  192-203). 

(1)  Dante,  Purgatorio  e.  VII,  v.  119,  e  Paradiso  e.  XIX,  v.  136-138. 


XXII  PREFAZIONE 


zione  potente  venga  a  dar  nuova  vita  agli  ordinamenti  con 
sapienza  e  virtù  meditati  e  disposti  dagli  antichi  per  la  sua 
conservazione. 

§  IL  —  1.  Ordinamento  della  Cancelleria  regia  aragonese 
in  Sicilia  dal  1282  al  1355.  Registrazione.  —  2.  Notizie  che 
rimangono  dei  registri  di  tale  epoca.  —  3.  Perdita  quasi  totale 
dei  medesimi.  —  4.  In  guai  tempo  avvenne.  —  5.  A  leuni  par- 
ticolari cenni  su  i  soli  registri  superstiti,  cioè  quello  del  Re 
Pietro  I  in  Barcellona ,  ed  i  frammenti  di  due  registri  del 
Re  Ludovico  in  Palermo.  —  6.  Ricerche  da  me  fatte  in  Sicilia 
e  nel  continente  per  raccogliere  i  documenti  dell'  epoca  ara- 
gonese  sino  al  1355. 

1.  La  Cancelleria  regia  aragonese  di  Sicilia  adoperava 
regolarmente  i  sistemi  più  adatti  per  la  registrazione  delle 
molteplici  concessioni  e  di  ordini  e  provvedimenti  sovrani. 
In  una  speciale  memoria  ho  trattato  di  tale  argomento,  né 
credo  qui  pertanto  utile  di  ripetere  estesamente  quelle  no- 
tizie ,  ma  solamente  ne  farò  alcuni  cenni  (1).  I  sistemi  se- 
guiti in  Aragona  dovettero  nell'origine  della  nuova  dinastia 
influire  in  parte  su  la  registrazione  dei  documenti  nell'isola; 
ne  potè  rimanere  affatto  estraneo  il  metodo  quivi  usato  dai 
tempi  normanni ,  migliorato  dagli  Svevi  e  perfezionato  fi- 
nalmente dagli  Angioini  coi  loro  registri  in  pergamena  (2). 


(t)  Gfr.  G.  La  Manti  a.  Su  l'uso  della  registrazione  nella  Cancelleria 
del  Regno  di  Sicilia  dai  Normanni  a  Federico  III  d'Aragona,  1130-1377 
{nell'Archivio  Stor.  Sicil.,  an.  XXXL  1906,  pag.  197  e  seg.) 

(2)  Si  riteneva  sino  al  1908  che  i  più  antichi  documenti  della  Can- 
celleria regia  di  Sicilia  scritti  in  carta  fossero  quelli  del  tempo  di  Fe- 
derico Svevo ,  e  propriamente  il  registro  conservato  nell'  Archivio  di 


PREFAZIONE  XXIJI 


Per  buona  fortuna  si  conserva  ancora  il  registro  cartaceo 
di  Pietro  I  dell'anno  indizionale  1282-1283,  pubblicato  dal 
can.  Carini,  e  da  esso  possiamo  desumere  le  forme  di  re- 
gistrazione adoperate  sin  dall'inizio  del  governo  aragonese 
in  Sicilia  (1),  le  quali  dovettero  continuarsi  nei  registri  di 
Giacomo  Luogotenente  di  Pietro  I ,  di  Federico  Luogote- 
nente di  Giacomo,  divenuto  nel  1291  Re  di  Aragona  per  la 
successione  al  fratello  Alfonso,  dello  stesso  Federico  nel  suo 
lungo  regno  dal  1296  al  1337,  di  Pietro  II  suo  figlio  asso- 
ciato al  trono  e  suo  Luogotenente  dal  1322  al  1337,  e  poi 
come  Re  sino  al  1342,  ed  infine  in  quelli  del  Re  Ludovico 
che  morì  nel  1355. 


Stato  di  Napoli.  Così  affermavano  Bresslau  ,  Briquet  ,  Wattenbagh  , 
Chalandon  e  Kehr.  L'insigne  prof.  Cario  Moisè  Briquet  diceva  nel  1890: 
«  En  Sicile  nous  n'avons  pas  vu  des  papiers  aussi  anciens»,  come  quelli 
dei  tempi  svevi  ed  angioini,  cioè  il  regesto  di  Federico  II  ed  i  Fasci- 
coli delle  Arche  dell'Archivio  di  Napoli.  Nel  1908  io  dava  in  luce  la  de- 
scrizione di  un  mandato  in  carta  del  1109  della  Contessa  Adelaide,  da 
me  ritrovato.  Cfr.  la  mia  memoria  II  primo  documento  in  carta  (Con- 
tessa Adelaide ,  1109)  esistente  in  Sicilia  ,  e  rimasto  sinora  sconosciuto. 
Palermo,  1908.  11  Briquet  nel  Journal  de  Genève,  n.  332,  5  décembre 
1910 ,  si  degnava  di  fornire  esteso  resoconto  di  quella  memoria,  e  no- 
tava :  «  M.  La  Mautia  a  donc  rendu  un  grand  service  aux  sciences  pa- 
léographiques  et  historiques  en  mettaut  en  relief  le  mandat  de  la  com- 
tesse  Adelaide  et  en  donnant  la  fac- simile  photographique.  Ori  com- 
prendra  l'intérèt  qui  s'attache  à  cette  charte  de  1109,  quand  on  saura 
qu'elle  constitue  le  plus  ancien  specimen  de  papier  conserve  dans  les 
archives  d'Europe».  Da  Berlino  la  Direzione  della  rivista  Ber  Papier  - 
Fabrikant  mi  scriveva  a  11  gennaio  1911  che  l'esame  scientifico  della 
natura  delle  fibre  e  della  materia  d' incollamento  di  quel  documento 
«  serait  de  la  plns  grande  importance  non  seulement  pour  l'histoire  du 
papier,  mais  encore  pour  l'histoire  de  la  civilisation  gènéralement  » . 
(1)  Vedasi  la  mia  memoria  Su  l'uso  della  registrazione  cit.  pag.  204. 


XXIV  PREFAZIONE 


La  trascrizione  dei  documenti  nel  registro  di  Pietro  I  si 
rivela  quasi  del  tutto  conforme  al  sistema  invalso  sotto  gli 
Angioini  per  l'ordine  cronologico,  l'intitolazione  regia  ordi- 
nariamente abbreviata,  la  data  ed  altro  (1).  Gonvien  credere 
che  in  quell'antico  tempo  aragonese  si  tenesse  in  Sicilia  un 
solo  registro,  seguendo  i  metodi  vigenti  in  Aragona,  e  nel- 
T  epoca  sveva  anco  fra  noi.  Nessuna  menzione  dell'  officio 
del  Protonotaro  ,  ne  dei  suoi  registri,  è  infatti  fra  i  docu- 
menti del  Re  Pietro  I. 

Durante  il  governo  di  Federico  11  aragonese,  che  rior- 
dinò stabilmente  l'amministrazione  del  suo  regno,  la  Can- 
celleria dovette  avere  maggiore  incremento.  Ciò  viene  espli- 
citamente confermato  dalla  costituzione  del  Re  Martino  I , 
che  nel  1398  sanciva  che  i  privilegi  e  le  provviste  «in  no- 
stris  Cancellariis  amodo  faciendae  »  dovevano  scriversi  con 
quelle  formole  che  erano  specialmente  (potissime)  in  uso 
«tempore  serenissimi  regis  Federici  senioris  proavi  nostri». 
Scorgesi  in  cotale  epoca  di  Federico  II  aragonese ,  e  pro- 
priamente nell'anno  1319,  oltre  il  registro  della  regia  Can- 
celleria, l'esistenza  di  un  distinto  registro  per  V  officio  del 
Protonotaro.  Fra  i  molti  documenti  di  quel  tempo  da  me 
ricercati,  non  ho  potuto  rinvenire  menzione  più  antica,  con 
data  certa,  dell'anno  1319  per  determinare  l'epoca  approssi- 


(1)  Per  l'epoca  angioina  basta  rinviare  alla  nota  opera  di  Paul  Dur- 
rieu,  Les  archives  angevines  de  Naples.  Etudes  sur  les  registres  du  Boi 
Charles  I.er  (1265-1285).  Paris,  1886,  anco  per  i  fac- simili.  È  pure  utile 
consultare  la  memoria  di  Rodolfo  von  Heckel,  Das  pàpstliche  und  si- 
cilische  Begisterwesen  in  vergleichenden  Darstellung,  rn.it  besonderer  Be- 
riichsichtigung  der  Ursprilnge  (in  Archiv.  fur  Urkundenforschung.  Lipsia, 
1908,  voi.  I,  pag.  371  e  seg.). 


prefazione  xxv 


mativa,  nella  quale  sotto  gli  Aragonesi  fu  stabilito  l'uso  di 
quest'altro  registro  (1). 

Nel  tempo  della  luogotenenza  di  Pietro  II  associato  al 
trono,  cioè  dal  1322  al  1337,  le  reciproche  conferme  di  pri- 
vilegi fatte  da  Federico  II  e  da  Pietro  II,  le  quali  ci  riman- 
gono, ed  il  testo  di  un  documento  del  Consiglio  dell'Infante 
Pietro  nel  1334  fanno  supporre  che  gli  ordini  del  Re  Pietro 
venissero  separatamente  registrati  per  ogni  anno  indizio- 
naie  ,  massime  quando  egli  si  recava  in  luoghi  diversi  da 
quelli  ove  dimorava  il  Re  Federico. 

È  riuscito  a  me  di  ritrovare  il  testo  di  lunghi  Capitoli 
sul  diritto  di  sigillo,  che  dovevasi  *  prò  privilegiis  et  aliis 
licteris  »  della  regia  Cancelleria ,  e  che  offrono  la  data  del 
1340,  cioè  durante  il  regno  di  Pietro  II.  Essi  sono  divisi  in 
dieci  paragrafi  ed  in  centoventidue  regole.  Dalle  ricerche  da 
me  eseguite  nel  pubblicare  quel  testo,  che  rimane  quasi  in- 
tero, ho  potuto  rilevare  che  i  Capitoli  suddetti  sono  di  ori- 
gine angioina,  che  quella  nota  cronologica  non  indica  per 
nulla  la  data  di  formazione  ed  approvazione  dei  Capitoli, 
ma  soltanto  l'epoca  della  consegna  di  essi  agli  ufficiali  in- 
caricati di  eseguirli,  ed  altresì  che  i  primi  Re  aragonesi  non 
emanarono  alcuna  costituzione  generale  sul  diritto  di  si- 
gillo ,  ed  adontarono  invece  quei  Capitoli  angioini ,  perchè 
offrivano  con  ordine  e  chiarezza  le  molteplici  norme  su  la 
intrigata  materia  concernente  il  rilascio  dei  documenti,  che 
si  trascrivevano  nei  registri  della  Cancelleria  e  del  Proto- 
notaro  (1). 


(1)  Ne  ho  recato  le  prove  a  pag.  210  della  monografia  cit.  Su  l'uso 
della  registrazione. 

.  (1)  Per  brevità  rimando  all'altra  mia  memoria  su  i  Capitoli  angioini 
sul  diritto  di  sigillo  della  Cancelleria  regia  per  la  Sicilia  posteriori  al 


XXVI  PREFAZIONE 


Ci  sono  pervenuti  tuttavia  alcuni  frammenti  di  due  regi- 
stri dell'officio  del  Protonotaro  degli  anni  indizionali  1353-54 
e  1354-55,  che  sono  stati  da  me  rinvenuti  e  minutamente 
descritti  per  le  forme  di  registrazione.  Quei  frammenti  sono 
prova  evidente  dell'uso  della  doppia  registrazione  dei  docu- 
menti sovrani,  e  dimostrano  altresì  che  non  dissimili  dove- 
vano essere  i  metodi  anteriori  nell'epoca  del  regno  di  Fe- 
derico II  aragonese.  Si  riscontra  nei  registri  di  Ludovico 
l'uso  di  note  marginali  per  le  date  di  tempo  e  di  luogo,  per 
il  nome  della  persona  per  la  quale  è  dato  l'ordine  od  il  pri- 
vilegio ,  ed  altresì  la  distinzione  di  registri  di  privilegi  se- 
parati da  quelli  dei  mandati.  Tale  distinzione,  già  in  parte 
nota  sotto  gli  Svevi  e  gli  Angioini,  non  è  dubbio  che  pro- 
venga dal  tempo  di  Federico  II  aragonese,  quando  egli  die 
migliore  ordinamento  alla  Cancelleria  regia  (1). 

2.  Il  primo  registro  del  regno  di  Pietro  I  in  Sicilia  in- 
vece che  rimanere  nella  Cancelleria  regia  dell'  isola ,  come 
sarebbe  stato  conveniente,  fu  portato  con  sé  da  quel  sovrano 
nel  suo  ritorno  nella  Catalogna,  e  riunito  agli  altri  dei  suoi 
domini  d'  oltremare.  Ciò  oramai  è  noto  maggiormente  per 
l'edizione  di  quel  registro  curata  nel  1882  dal  can.   Carini. 


1272  (neìVArch.  Stor.  Sicil.  an.  XXXII,  1907,  pag.  42f  e  seg.).  Di  essa 
die  ampia  recensione  il  dotto  professore  catalano  Fernando  De  Sagarra 
ne\V Attuari  d'Estudis  Catalans.  Barcelona ,  1907  ,  pag.  528  e  seg.  ,  os- 
servando per  quei  Capitoli  :  «  L'estudi  llur  no  es  solament  curiós  coni 
a  document  històrich,  sino  de  gran  utilitat  pera  '1  coneixement  de  la 
diplomatica  y  de  la  organisació  de  la  Cancelleria  regia  en  la  illa  de 
Sicilia,  en  la  època  dels  Anjous  y  dels  reys  de  la  dinastia  aragonesa». 
(!)  Accennandosi  qui  da  me  soltanto  i  sistemi  di  registrazione,  cfr. 
per  altre  notizie  G.  La  Mantia,  Su  l'uso  della  registrazione  cit.  pag.  212 
e  seg.  per  i  registri  del  Re  Ludovico. 


PREFAZIONE  XXVII 


A  rendere  quasi  un  vero  registro  della  Cancelleria  ara- 
gonese quel  primo,  già  formato  nel!'  isola ,  si  proseguì  nel 
medesimo  dal  10  giugno  1283  in  poi,  sino  al  26  agosto,  la 
trascrizione  dei  documenti  che  emanavansi  dal  Re  Pietro  I, 
pur  essendo  egli  di  qui  partito ,  come  si  rileva  dai  docu- 
menti segnati  con  la  data  di  luogo  di  El  Groyno  nella  Vec- 
chia Gastiglia  e  di  Tarazona  in  Aragona  (1).  Dal  6  maggio, 
nel  qual  giorno  il  Re  Pietro  partì  per  mare  da  Trapani,  e 
sino  a  ventidue  giorni  dopo  l'  arrivo  di  lui  a  Valenza  (19 
maggio)  non  si  trova  registrato  alcun  documento.  Sono  anzi 
estranei  per  la  Sicilia,  e  concernono  l'Aragona,  i  documenti 
dal  10  al  18  giugno  1283;  ma  i  pochi  altri  rimanenti  (in 
tutto  undici)  dal  23  giugno  al  26  agosto,  coi  quali  ha  ter- 
mine il  registro,  riferisconsi  all'isola. 

Per  quell' aggiunta  di  documenti  dell'itinerario  del  Re 
Pietro  dopo  la  sua  partenza  dalla  Sicilia,  il  primo  registro 
della  Cancelleria  regia  siciliana  divenne ,  quasi  abusiva- 
mente, un  registro  proprio  dell'Aragona;  se  pure  non  avrà 
dimostrato  prudenza  politica  il  Re  Pietro  I  nell'aver  posto 
in  salvo  nella  sede  centrale  dei  suoi  domini  il  registro,  che 
conteneva  tutti  i  suoi  ordini  dati  sin  dall'inizio  della  con- 
quista della  Sicilia ,  perchè  se  quel  registro  fosse  rimasto 
nell'isola,  si  sarebbe  perduto  come  gli  altri  posteriori  dello 
stesso  regno  di  Pietro  l  e  dei  suoi  successori. 

Esistevano  pertanto  in  Sicilia  sin  dai  primordi  del  do- 
minio di  Pietro  J  i  registri  della  regia  Cancelleria,  ai  quali 
poi  (come  ho  detto)  si  aggiunsero  verso  il  1319  gli  altri 
dell'officio  del  Protonotaro  del  regno.  I  frammenti  dei  due 
registri  degli  anni  1353-55  di  quest'ultimo  ufficio,  apparte- 


(1)  Di  ciò  darò  appresso  altre  notizie  nel  volume. 


XXVIII  PREFAZIONE 


nenti  all'epoca  del  Re  Ludovico,  e  da  me  ritrovati,  giovano 
ad  attestare  1'  esistenza  di  registri  separati  da  quelli  della 
Cancelleria  regia,  che  pure  formavansi  allora,  ma  che  non 
sono  pervenuti  all'età  nostra  (1). 

La  collezione  dei  registri  della  Cancelleria  e  del  Proto- 
notato  ,  nei  quali  principalmente  registravansi  in  Sicilia  le 
lettere  dei  sovrani  e  dei  loro  Luogotenenti,  sarà  stata  no- 
tevolissima dal  1282  al  1355,  poiché  se  per  ogni  anno  si 
adoperava  soltanto  un  registro  (e  non  sarà  stato  possibile), 
dovevano  aversene  non  meno  di  settantaquattro  per  la  re- 
gia Cancelleria,  e  trentasette  per  il  Protonotaro  (in  com- 
plesso centoundici),  computando  per  quelli  del  Protonotaro 
il  cominciamento  probabile  dall'anno  1319  (2). 

Varie  memorie  rimangono  intorno  a  quei  registri.  In  un 
documento  del  1288  del  Re  Giacomo  viene  ricordata  l'esisten- 
za dell'archivio  della  Cancelleria,  dicendosi:  que  in  archivo 
Curie  conservantur  (3) ,  ed  in  altro  del  1299  del  Re  Fede- 
rico II  si  menziona  altresì  l' immissione  in  possesso  fatta 
«  per  quaternum  .  .  .  nostre  Curie  assignatum  ,  qui  in  ar- 
chivo eiusdem  Curie  officii  Cancellane  servatur  »  (4).  Il  Re 
Federico  II  nel  1319  ricordava  i  registri  dell'anno  1315  per 
il  privilegio  di  abolizione  di  alcune  gabelle    nella   terra  di 


(1)  Altri  ricordi  per  tali  frammenti  fornisco  in  questa  Prefazione. 

(2)  L'uso  posteriore  al  1355  di  vari  registri  per  ogni  anno  indizionale 
è  prova  evidente  del  sistema  conforme  nel  tempo  anteriore. 

(3)  Silvestri,  I  Capibrevi  di  Giovati  Luca  Barberi.  Palermo  ,  1879 , 
voi.  1 ,  pag.  429  (nei  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria .  serie  I , 
voi.  IV). 

(4)  Regia  Cancelleria ,  reg.  106,  fol.  397.  Il  documento  concerne  la 
concessione  del  territorio  di  Gapodarso  a  Filippo  de  Pantosa. 


PREFAZIONE  XXIX 


Salemi  (1).  Serbavansi  in  Messina  nel  1329  i  registri  della 
regia  Cancelleria  dell'anno  1303,  e  da  essi  il  notaro  Gerardo 
Ursono  trascrisse  il  privilegio,  col  quale  il  Re  Federico  II 
confermava  le  consuetudini  di  Girgenti,  con  l'inserzione  del 
loro  testo.  Tale  transunto  del  notaro  Ursono  fu  dato  in  luce 
la  prima  volta  dal  mio  genitore  (2).  Si  attestava  dal  notaro 
esplicitamente  la  ricerca  dei  registri  della  regia  Cancelleria 
del  1303  in  tal  modo  :  «Ad  predictam  Regiam  Gancellariam 
nos  contulimus  personales,  et  ostenso  nobis  ex  originalibus 
registris  et  actis  ipsius  Regie  Cancellane  quodam  originali 
seu  registro,  in  quo  predicte  Consuetudines  et  ipsarum  con- 
firmatio  facta  per  dictam  Magestatem  erant  scripte,  quia  vi- 
dimus  in  eodem  quinterno  sive  registro  ipsas  Consuetudines 
et  constitutiones  contineri  »  (3). 

Nel  1332  il  Re  Federico  II  menzionava  i  registri   della 
regia  Cancelleria  dell'anno  1301,  dicendo:  «Quia  inspectis 


(1)  Vedi  la  mia  memoria  Su  l'uso  della  registrazione  cit.  pag.  208, 
in  nota. 

(2)  Vito  La  Mantia,  Antiche  Consuetudini  delle  città  di  Sicilia.  Pa- 
lermo, 1900,  pag.  LXXXIX. 

(3)  Le  Consuetudini  di  Girgenti  offrono  la  data  dell'indizione,  senza 
quella  dell'anno  ,  cioè  :  «  Datum  Cathine  ,  vicesimo  tercio  novembris  , 
secunde  ìndieionis  »  (che  ricade  nel  1303  -  4),  e  V  anno  potrebbe  essere 
1303  e  1318  per  il  mese  di  novembre.  Il  breve  testo  delle  Consuetudini 
di  Girgenti  e  la  derivazione  da  quello  di  Messina ,  la  dimora  del  Re 
Federico  II  aragonese  presso  Girgenti,  ossia  in  Caltabellotta  e  Sciacca 
nel  1303,  le  conferme  date  da  quel  sovrano  alle  Consuetudini  di  Calta- 
girone  nel  1299,  di  Piazza  nel  1309,  di  Patti  nel  1312,  tranne  per  Sira- 
cusa (1319),  quando  il  Re  era  a  Noto,  dimostrano  più  probabile  la  pri- 
ma data,  come  peraltro  Testa,  De  vita  et  rebus  gestis  Friderici  II.  Pa- 
normi ,  1775,  pag.  139,  riteneva,  e  quindi  il  ricordo  di  un  più  antico 
registro  della  Cancelleria  regia. 


XXX  PREFAZIONE 


registris  nostre  Curie,  invenimus  quod  olim  de  mense  fe- 
bruarii,  XIIII  indicionis  tercio  preterite»,  per  la  precedente 
concessione  di  franchigie  commerciali  ai  Genovesi  in  Sici- 
lia. L'espressione  indicionis  tercio  preterite  non  lascia  alcun 
dubbio  che  la  data  del  registro  sia  appunto  quella  del  1301 
da  me  notata  (1). 

Il  Re  Pietro  II,  succeduto  a  25  giugno  1337  nel  regno, 
dopo  la  morte  del  suo  genitore,  faceva  ricordo,  a  18  agosto 
di  quell'anno,  dei  registri  del  1325,  nei  quali  era  trascritto 
un  privilegio  di  Federico  II  aragonese  per  assegno  su  ga- 
belle ad  Ansaldo  de  Patti ,  e  indicava  per  la  conferma  : 
«  Inspectis  registris  Curie  »,  che  servirono  per  la  nuova  co- 
pia del  documento  (2). 

In  un  transunto  del  1352  fatto  dal  notaro  Federico  de 
Tabula  si  menzionava  un  privilegio  concesso  da  Pietro  II 
nel  1339,  e  che  era  stato  ricercato  nella  regia  Cancelleria  : 
«  Nosque  ...  ad  dictam  Regiam  Curiam  Officii  Cancellarie 
contulimus  personales,  et  ostensis  nobis  per  archivarium  diete 
Regie  Curie  registris  dicti  anni  septime  indicionis  »  (3).  Il  Re 
Federico  III,  il  Semplice,  a  14  febbraio  1356  diceva  di  esser- 
gli state  presentate  le  copie  di  due  privilegi  del  Re  Pietro  II 
(probabilmente  del  1338)  :  «  formas  duorum  privilegiorum. .  . . 
extra  ctas  et  assumptas  ex  registris  nostre  Curie  officii  Cancel- 


(1)  Reg.  38  della  Secrezia  di  Palermo,  a  fol.  114  (Arch.  di  Stato  di 
Palermo).  Il  documento  del  1301  fa  pubblicato  da  Orlando,  Un  Codice 
di  leggi  e  diplomi  siciliani  del  medio  evo.  Palermo,  1857,  pag.  113. 

(°2)  B.  Cancelleria,  reg.  87,  fol.  72. 

(3)  Quel  transunto  fu  dato  in  luce  da  Salvatore  Salomone  -  Marino, 
Spigolature  siciliane  dal  sècolo  XIV  al  XIX  (neh"  Arch.  Stor.  Sic.  an. 
XXII,  1897,  pag.  568). 


PREFAZIONE  XXXI 


larìe,  sistentibus  in  archivo  eiusdem  Curie,  mandato  nostre 
Excellencie  precedente»  (1). 

Tali  notizie  da  me  ricavate  in  seguito  alla  ricerca  di  molti 
documenti,  che  su  ciò  avessero  potuto  recar  chiarimento,  pro- 
vano l'indubitata  esistenza  dei  registri  della  regia  Cancelleria 
siciliana  dalla  fine  del  secolo  XIII  e  durante  il  regno  di  Fede- 
rico II  aragonese  e  l'altro  di  Pietro  II.  Per  l'epoca  del  suc- 
cessore Re  Ludovico,  che  regnò  dal  1342  al  1355,  nulla  oc- 
corre qui  dire,  poiché  abbiamo  ancora  i  frammenti  dei  due 
registri  originali  dell'officio  del  Protonotaro  degli  anni  1353- 
55,  cioè  di  quell'altro  ufficio  di  registrazione  che  fu  aggiun- 
to all'antico  della  regia  Cancelleria  dopo  il  1305,  quando  si 
riscontra  ancora  la  designazione  dell'unico  ufficio,  e  prima 
del  J319,  come  ho  notato  altrove  (2). 

3.  Da  quanto  finora  ho  esposto  riesce  pertanto  evi- 
dente che  mancano  quasi  interamente  i  registri  degli  anni 
1282  a  1355,  che  la  Cancelleria  regia  aragonese,  e  verso  il 
1319  anche  1'  officio  del  Protonotaro  tenevano  neh'  isola,  e 
nei  quali  si  trascrivevano  i  documenti  reali  di  concessioni 
e  di  ordini  e  provvedimenti  diversi,  ed  altresì  quelli  dei  Vi- 
cari e  Luogotenenti  generali  del  regno. 

Oltre  quei  due  registri  esistevano  anche  gli  altri  della 
Magna  Curia  Rationum,  dei  quali  si  ha  nei  tempi  di  Fede- 
rico II  aragonese  la  notizia  per  l'anno  1305  (3).  In  un  pri- 


(1)  Protonotaro  del  Regno,  reg.  %  fol.  145,  per  la  conferma  dei  feudi 
di  Caltabellotta  e  Calatubo  a  Peralta.  11  testo  del  documento  del  1356 
9  riferito  da  Cosentino,  Codice  diplomatico  di  Federico  III  cit.  pag.  107 
e  seg. 

(2)  G.  La  Mantia,  Su  l'uso  della  registrazione  cit.  pag.  210. 

(3)  Ciò  ho  rilevato  nella  memoria  Su  V  uso  della  registrazione  cit. 
pag.  210  e  seg. 


XXXII  PREFAZIONE 


vilegio  del  1325,  concernente  la  Chiesa  di  Mazzara,  ho  rin- 
venuto altresì  il  più  antico  e  notevole  ricordo  di  registra- 
zione presso  i  Razionali  nell'epoca  aragonese  in  Sicilia.  E 
segnato  in  fine  del  documento  :  Registrata  in  Cancelleria. 
Registrata  penes  Rationalem.  Tale  indicazione  penes  Ratio- 
nales  è  rara  anche  nei  tempi  seguenti  ;  ma  dimostra  però 
che  il  registro  della  Magna  Curia  Rationum  costituiva  allo- 
ra in  certo  modo  una  duplicità  di  registrazione  per  parti- 
colari privilegi  ed  ordini  riguardanti  la  finanza,  e  potrebbe 
dirsi  meglio  una  terza  registrazione,  oltre  quella  della  regia 
Cancelleria  e  del  Protonotaro  del  regno. 

Mancano  pure  di  questo  ufficio  della  Magna  Curia  Ra- 
tionum, come  di  quelli  dei  Maestri  Portolani  e  di  altri  uf- 
ficiali finanziari,  i  registri  dell'epoca,  alla  quale  si  riferisce 
questo  Codice  diplomatico,  poiché  soltanto  rimangono  alcuni 
quaderni  e  fogli  separati  originali,  ed  altri  in  copia  di  età 
posteriori,  ccntenuti  in  una  Miscellanea  che  forma  il  primo 
registro  della  Regia  Cancelleria,  ed  inoltre  due  registri  che 
tenevansi  dalle  regie  Secrezie  di  Palermo  e  Messina ,  e  che 
trovansi  appresso  conservati  in  quella  serie  (1).  Noterò  qui 
soltanto,  a  maggior  chiarimento,  che  essendo  stati  nella  se- 
conda metà  del  secolo  XV  ricuperati  i  più  antichi  avanzi 
degli  archivi  della  regia  Cancelleria  e  del  Protonotaro  (2), 
si  ebbe  poi  cura  di  raccoglierli  e  di  formarne  vari  registri. 
La  cronologia  non  fu  affatto  riconosciuta,  per  la  difficoltà 
che  offrivano  i  documenti ,  nei  quali  d' ordinario  manca 
l'indicazione  dell'anno,  e  si  trova  la  sola  indizione. 


(1)  Su  tale  argomento  darò  più  estesa  notizia  in  una  mia  particolare 
memoria. 

(2)  Gregorio,  Bibliotheca  scriptorum  arag.  cit.  t.  II,  pag.  430  e  seg. 


PREFAZIONE  XXXIII 


Si  riunirono  perciò  senza  alcun  discernimento,  ed  a  caso, 
in  ogni  nuovo  registro  frammenti  di  registri  di  vari  anni, 
formando  soltanto  confuse  miscellanee.  Non  si  ricostituiro- 
no, come  dovevasi,  i  registri  nella  forma  originaria  ,  e  per 
buona  ventura  talvolta  qualche  miscellanea  o  nuovo  regi- 
stro contiene  una  estesa  parte  del  registro  primitivo.  In  tal 
modo  quei  tre  registri  (dei  quali  il  secondo  della  Secrezia 
di  Palermo  è  piuttosto  un  codice  della  Pandetta  di  gabelle 
di  Sicilia  del  1312,  con  l'inserzione  di  documenti  per  immu- 
nità doganali  degli  anni  1285  e  seguenti)  offrono  designa 
zioni  arbitrarie  di  anni,  e  formano  indebitamente  parte  della 
serie  della  regia  Cancelleria,  alla  quale  non  appartengono  (1). 

Per  l'officio  del  Protonotaro  del  regno  è  avvenuta  la  stes- 
sa confusione,  perchè  i  primi  cinque  volumi  non  sono  che 
disordinate  miscellanee  di  frammenti  di  registri  dai  tempi 
del  Re  Federico  111,  il  Semplice,  sino  a  quelli  del  Re  Martino. 
Nel  secondo  di  tali  registri  miscellanei  si  conservano  i  fram- 
menti dei  registri  del  Re  Ludovico,  da  me  sopra  menziona- 
ti, e  nel  quinto  registro  miscellaneo  si  trova  altresì  il  qua- 
derno originale  incompleto  della  Pandetta  di  gabelle  del 
1312  ,  che  forse  era  altro  esemplare  appartenente  alla  Se- 
crezia di  Palermo  (2).  Le  indicazioni  di  data  apposte  a  quei 
cinque  volumi  miscellanei  del  Protonotaro  del  regno  sono, 


(1)  Ho  pubblicato  il  testo  di  quella  Pandetta,  tenendo  ragione  di  altri 
codici  manoscritti,  nel  mio  volume  Le  Pandette  delle  gabelle  regie,  an- 
tiche e  nuove,  di  Sicilia  nel  secolo  XIV.  Palermo,  1906.  Dell'altro  regi- 
stro della  Secrezia  di  Messina  molti  documenti  die  in  luce  accuratamente 
1'  egregio  dott.  Giuseppe  Travali  nel  suo  lavoro  intitolato  I  diplomi 
angioini  dello  Archivio  di  Stato  di  Palermo  (nei  Doc,  della  Soc.  Sicil. 
di  Stor.  Patria.  Serie  I,  voi.  VII,  Palermo,  1886). 

(%  Cfr.  il  mio  voi.  Le  Pandette  delle  gabelle  cit.  pag.  Ili,  nota  1. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  e 


XXXIV  PREFAZIONE 


al  pari  di  quelle  della  regia  Cancelleria,  arbitrarie  ed   ine- 
satte (1). 

Rosario  Gregorio  incorreva  in  errore  quando  affermava  : 
«  Haec  diplomata  adservantur  ut  plurimum  in  regiis  Pa- 
normi  Tabulariis ,  quae  vulgo  Cancellariae  et  Protonotarii 
audiunt  ;  atque  illius  acta  ab  anno  1312 ,  huius  vero  ab 
1360  initium  habent ,  nec  priora  quidem  serie  continuata 
procedunt  »  (2).  Non  tenendo  conto  infatti  delle  designazioni 
erronee  esteriori  in  quei  primi  volumi  miscellanei,  la  serie 
della  regia  Cancelleria  comincia  soltanto  col  documento  del 
Ì7  luglio  1356,  contenuto  nel  registro  5  a  fol.  71  ,  e  segue 
con  quelli  del  settembre  1360  esistenti  nel  registro  7  a  fol. 
341  r.  e  seg.  (3),  ed  i  documenti  del  Protonotaro  del  regno 
hanno  inizio  con  quelli  di  Re  Ludovico  da  settembre  1353 
a  giugno  1355  nel  registro  2  miscellaneo  fol.  223  e  seg. , 
ai  quali  tengon  dietro  gli  altri  del  Re  Federico  III  il  Sem- 
plice, esistenti  nel  registro  medesimo  da  fol.  171  in  poi, 
che  è  proprio  l' inizio  del  primo  registro  di  Federico  III' , 
leggendovisi  sinanco  l'intitolazione  riferita  dall'egregio  prof. 
Cosentino,  e  che  è  in  tal  guisa:  «Generale  [registrum]  infra  Si- 


fi)  Vedasi  per  altre  notizie  su  quei  registri  quanto  accennai  nella 
mia  memoria  Documenti  inediti  in  lingua  spagnuola  (1381  - 1409)  in  Si- 
cilia. Palermo,  1899,  pag.  VII  e  seg.  e  nell'altra  Su  i  frammenti  di  due 
registri  originali  degli  anni  1353-55  di  Ludovico  d'Aragona,  Re  di  Si- 
cilia (neir  Arch.  Stor.  Sic,  an.  XXX,  1906,  pag.  502). 

(2)  Gregorio  ,  Bibl.  script,  arag.  cit.  t.  II ,  pag.  429.  Tale  inesatta 
affermazione  egli  ripeteva  in  una  sua  particolare  memoria.  Cfr.  G.  La 
Mantia,  Dei  Beali  Archivi  di  Sicilia.  Memoria  inedita  del  can.  Bosario 
Gregorio.  Palermo,  1899,  pag.  VII  e  Vili. 

(3)  Cosentino,  Codice  diplomatico  di  Federico  III  cit.  pag.  203,  doc. 
CCXXIX,  e  pag.  508,  doc.  DCCLXVI  e  seg. 


PREFAZIONE  XXXV 


ciliam  anni  none  inditionis,  anno  domini  millesimo  GCG.L.V, 
sub  titulo  domini  Infantis  Friderici  regni  Sicilie  legitimi 
domini ,  qui  incepit  dominari  XVI  octubris  huius  Villi6 
inditionis,  de  mense  novembris  »  (1). 

Riguardo  ai  registri  della  Magna  Regia  Curia,  nei  quali 
potevano  essere  trascritti  ordini  e  lettere  regie  ,  nulla  ci  è 
pervenuto  per  il  tempo  dal  1282  al  1355.  Deve  però  oppor- 
tunamente farsi  menzione  dell'  originale  Quatemus  peticio- 
num  della  Curia  del  Pretore  di  Palermo,  dell'anno  indizio- 
naie  1320-21,  che  si  conserva  nella  Biblioteca  Comunale 
di  Palermo  tra  i  manoscritti,  ai  segni  Qq.  F.  31 ,  e  fu  de- 
scritto estesamente  nel  1846  dal  can.  Gaspare  Rossi  (2),  e 
dopo  quasi  mezzo  secolo  venne  pubblicato  per  intero  dal 
Pollaci,  il  quale  lo  comprendeva  in  una  generica  collezione, 
che  egli  intitolava  Atti  della  città  di  Palermo,  mentre  quelli 
del  1320-21  non  sono  diplomaticamente  che  atti  giudiziari 
di  una  magistratura  inferiore ,  e  dipendente  dalla  Magna 
Regia  Curia  (3). 

4.  Le  vicende  di  guerra,  che  con  alterne  sorti  imperver- 
sava nell'epoca  aragonese  in  Sicilia ,  le  ribellioni  ed  i  sac- 
cheggi che  ne  seguivano ,  ed  anco  i  trasporti  parziali  di 
scritture  e  registri  da  Palermo  a  Messina ,  a  Catania ,  più 


(t)  Si  veda  il'cit.  Codice  diplom.  di  Cosentino,  pag.  1  e  seg. 

(2)  Rossi,  Catalogo  ragionato  dei  manoscritti  della  Biblioteca  Comu- 
nale di  Palermo  indicati  e  descritti.  Palermo,  1846,  pag.  255-263.  Que- 
sto volume  non  fu  pubblicato  se  non  dopo  ventisette  anni,  cioè  al  1873, 
dal  cari.  Di  Marzo,  che  aggiunse  soltanto  alcune  pagine  che  mancavano 
ancora  nella  stampa. 

(3)  Pollaci,  Gli  atti  della  città  di  Palermo  dal  1311  al  1410.  Paler- 
mo, 1892.  Per  le  notizie  su  quel  registro  egli  rinvia  nella  prefazione 
(pag.  LXXV)  ad  altro  suo  lavoro, 


XXXVI  PREFAZIONE 


preferite  dimore  dei  Re,  e  dovunque  recavansi  i  sovrani  e 
la  loro  Corte,  e  le  gare  e  le  pretensioni  di  alcune  maggiori 
città  e  dei  nobili  hanno  cagionato  tale  grave  perdita.  Con- 
viene con  nuove  ricerche  investigare  quando  essa  potè  av- 
venire. L'esistenza  di  molti  registri,  sebbene  siano  spesso 
incompleti  e  frammentari,  del  tempo  di  Federico  III  il'  Sem- 
plice, che  regnò  dal  1355  al  1377 ,  dimostra  evidentemente 
che,  nonostanti  i  continui  disordini  e  le  guerre  di  quell'epo- 
ca, si  riuscì  a  conservare  con  qualche  cura  i  registri  reali, 
certamente  in  modo  migliore  di  quel  che  fosse  avvenuto  nel- 
l'età anteriore.  Deve  quindi  supporsi  che  la  distruzione  dei 
registri  e  documenti  degli  svariati  uffici  di  governo  dovet- 
te accadere  durante  il  regno  di  Ludovico  (1342-1355)  e  nei 
primordi  dell'altro  di  Federico  III,  entrambi  figli  di  Pietro, 
e  succeduti  in  assai  giovane  età  nel  potere  regio  (1). 

Il  Re  Federico  II  aragonese  e  poi  il  figliuolo  suo  Pie- 
tro II,  associato  al  regno  e  successore,  avevano  goduto  per 
lunghi  anni  la  devozione  ed  il  rispetto  dei  Siciliani.  In  una 
lettera  ai  Messinesi  si  diceva  dai  Palermitani  nel  1345  che 
il  Re  Pietro  II  si  distingueva  per  la  bontà  dell'  animo ,  al 
pari  di  quella  del  padre  :  «  Licet  Rex  noster  erat  et  domi- 
nus,  tamen  omnes  regnicolas  senes  ut  patres ,  aequos  ut 
fratres,  minores  quidem  ut  filios,  paternis  inhaerendo  vesti- 
giis,  omni  benignitate  tractavit»  (2).  Cominciano  invece  nel 


(1)  Di  tale  affermazione  reco  appresso  le  prove. 

(2)  Anonymi  ,  Historia  sicula  vulgari  dialecto  conscripta ,  cap.  XXI 
(ediz.  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit.  t.  II,  pag.  283).  Su  tale  cronaca, 
le  sue  origini,  derivazioni  di  manoscritti  ed  altre  notizie  si  veda  l'eru- 
dito lavoro  di  Stefano  Vittorio  Bozzo,  Storia  siciliana  di  Anonimo  au- 
tore, compilata  in  dialetto  nel  secolo  XV,  trascritta  e  corredata  di  studi, 
note  ed  indici.  Bologna,  1884.  L'autore  per  la  sua  immatura  morte  non 


PREFAZIONE  XXXVII 


regno  di  Ludovico  turbolenze  infinite,  le  fazioni  e  le  ribel- 
lioni dei  Ghiaramonti  e  dei  Palici  si  susseguono,  nel  1347 
per  la  peste  famosa  (descritta  dal  Boccaccio)  accade  la 
morte  del  savio  Duca  Giovanni  d'  Aragona  tutore  del  Re , 
nel  1354  è  tentata  la  fede  di  Messina  ,  che  viene  occupata 
dagli  Angioini  di  Napoli  due  anni  dopo ,  rimanendovi  per 
alquanto  tempo  signori  fino  al  1363 ,  Palermo  dal  1354  in 
poi  sino  al  1374  si  dà  pure  agli  Angioini  (come  altrove  ho 
esposto)  ed  altre  città  dell'isola  ne  seguono  l'esempio  (1). 

Nel  narrare  le  vicende  dei  tempi  del  Re  Ludovico,  l'A- 
nonimo cronista  in  volgare  scrive  un  breve  capitolo  in  la- 
tino, forse  per  maggior  vigoria  di  stile,  intitolato:  «Excusa- 
cio  quedam  presens  opusculum  excribentis  super  his,  que 
de  intrinseca  guerra  et  domestica  sunt  dicenda  ».  Egli  fa  una 
descrizione  commovente  dei  disordini,  nei  quali  l'isola  tro- 
vavasi  specialmente  dopo  la  morte  del  Duca  Giovanni,  «post 
predicti  fohannis  obitum  deplorandum»,  e  così  dice:  «Pre- 
tereo  igitur  furta  et  rapinas,  stupra,  flammas  et  incendia  ac 


potè  pubblicare  quel  testo.  Il  Gregorio  nella  memoria  su  gli  archivi 
dice  che  il  figlio  di  Federico  II  aragonese  «  fu  semplice,  o  pure  che  di 
leggieri  faceasi  dominare  dai  grandi  »  ;  ma  pare  che  egli  trasmodi  in 
|ale  giudizio,  non  condiviso  dai  contemporanei.  Cfr.  G.  La  Mantia, 
Dei  reali  Archivi.  Memoria  inedita  di  Gregorio  cit.,  pag.  VII. 

(1)  Il  testo  dei  documenti  del  tempo  di  quella  occupazione  messi- 
nese, concernenti  gabelle,  dogane  ed  altro,  trovasi  nel  volume  del  dott. 
Giuseppe  Tra  vali  ,  I  diplomi  angioini  dello  Archivio  di  Stato  di  Pa- 
lermo cit.  —  Su  Palermo,  che  persisteva  nella  ribellione  a  favore  degli 
Angioini ,  cfr.  la  mia  memoria  Su  i  più  antichi  Capitoli  della  città  di 
Palermo  dal  secolo  XII  al  XIV  e  su  le  condizioni  della  città  medesima 
negli  anni  1364  a  1392  (neiVArch.  Stor.  Sic,  an.  XL,  1915,  pag.  426  e 
seg.). 


XXXVIII  PREFAZIONE 


depopulaciones  civium  innocencium  non  describam,  subiectam 
igni  patriam  ....  sanctuaria  profanata  ....  et  proditio- 
num  genera  infinita»,  ed  afferma  con  felice  espressione: 
«Quorum  si  quotam  vellem  explorare  particulam,  ante  diem 
clauso  componet  vesper  Olympo»  (1).  Nessun  dubbio  quindi 
può  aversi  che  allora  furon  compiti  la  distruzione  e  lo  scem- 
pio dei  registri  e  dei  documenti  dei  primi  sovrani  aragonesi 
e  dei  loro  Luogotenenti,  da  Pietro  I  a  Ludovico. 

Il  grido  di  libertà,  che  aveva  scosso  i  Siciliani  nel  1282 
e  sino  che  Pietro  II,  il  mite  sovrano  associato  al  regno  pa- 
terno per  molti  anni,  fu  in  vita,  non  più  incitava  il  popolo 
alla  fedeltà  ai  propri  Re,  ed  era  anzi  troppo  se  qualche  fle- 
bile e  solitaria  eco  di  rimpianto  si  sentisse,  le  trascorse  me- 
morie recavano  inciampo  e  rimorso  ai  ribelli  che  distrugge- 
vano le  preziose  carte,  ora  che  essi  «antiquum  hostem,  de 
antiquioribus  hostibus  Siculorum  progenitum,  invitarunt», 
cioè  gli  Angioini  e  propriamente  i  sovrani  Ludovico  e  Gio- 
vanna I  di  Napoli  (2). 

Gregorio,  accennando  l'epoca  del  tardo  inizio  dei  registri 
della  Cancelleria  e  del  Protonotaro,  aggiunge  :  «  Exinde  ve- 
ro intelligitur  quam  ob  causam  vetustiora  Aragonensium  Re- 
gum,  et  presertim  Petri  eiusque  filiorum  Iacobi  et  Friderici,  in 
hac  nostra  Bibliotheca  desiderantur  diplomata».  Egli  crede 
che  la  perdita  dei  registri  di  quel  tempo  sia  provenuta,  oltre 
che  per  il  trasporto   «  per  varia   Siciliae  loca  et  praecipue 

Messanam  et  Catanam cum  licet  summi  imperantes 

eo  ventitabant»,  pure  per  aver  trasferito  in  Napoli  quei  re- 


(1)  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit.,  t.  II,  pag.  290. 

(2)  G.  La.  Mantia  ,  Sui  più   antichi  Capitoli  della  città  di  Palermo 
cit.  pag.  426. 


PREFAZIONE  XXXIX 


gistri,  ed  adduce  per  prova  l'affermazione  generica  di  Mon- 
gitore  e  la  trascrizione  di  un  documento  del  1297  di  Fede- 
rico II  aragonese,  eseguita  da  Antonino  Amico  nell'Archivio 
di  Napoli,  ed  inoltre  l'attestazione  dei  giureconsulti  del  se- 
colo XVI  Matteo  di  Afflitto,  Marino  Freccia  e  Leonardo  Li- 
parulo  per  l'esistenza  del  regesto  dell'imperatore  Federico  in 
archivo  regni  Siciliae  ultra  Farum  (1). 

E  evidente  che  la  notizia  del  trasporto  dei  registri  ara- 
gonesi in  Napoli  è  del  tutto  erronea,  perchè  il  privilegio  a- 
ragonese  ricordato  dal  Mongitore  si  trova  soltanto  come  in- 
serzione in  un  registro  angioino  e  riguarda  particolare  con- 
cessione a  ribelli  siciliani  (2),  e  nessuna  menzione  si  ha  di 
registri  aragonesi  di  Sicilia  conservati  in  Napoli.  L'altro  ri- 
cordo che  il  registro  svevo  si  conservasse  in  Palermo  nel 
secolo  XVI  non  è  nemmeno  sicuro,  ove  si  consideri  che 
quei  giureconsulti,  riferendosi  ad  un'affermazione  del  famoso 
giurista  Andrea  d'isernia  (-J-  1316)  per  ordini  dell'imperatore 
Federico,  e  non  avendo  notizia  di  quel  registro  confuso  in 
Napoli  fra  recondite  scritture  di  ogni  genere  ed  epoche, 
ritenevano  che  fosse  custodito  negli  archivi  dell'altra  parte 
del  regno  (3). 


(1)  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit.,  t.  II,  pag.  429  e  seg. 

(2)  Vedi  Amari,  La  Guerra  del  Vespro  Siciliano  ,  9a  ediz.  ,  Milano  , 
1886,  rol.  II,  pag.  341,  nota. 

(3)  Cargani,  che  primo  lo  pubblicava  nel  1786,  attestava  che  due  co- 
pie si  avevano  di  quel  regesto  svevo  eseguite  da  P.  Borrello  e  da  Gen- 
naro Chiarito,  prefetto  dell'Archivio  della  Regia  Zecca,  e  diceva  altresì 
che  per  V  autorevole  interposizione  del  Viceré  Domenico  Caracciolo  , 
«literarum  ac  literatorum  hominum  numen  praesentissimum  »  potè  ot- 
tenere il  permesso  di  tenere  presso  di  sé  l'originale  regesto  per  la  pub- 
blicazione. Cfr.  Carcani,  Constitutiones  regum  regni  utriusque  Siciliae.  . . 


XL  PREFAZIONE 


Nella  memoria  su  gli  archivi,  da  me  edita ,  il  Gregorio 
nota  per  il  tempo  aragonese  :  «Il  danno  maggiore  per  i  no- 
stri archivi  in  questi  torbidi  tempi  fu  che  non  poche  delle 
nostre  carte  si  perdettero.  Ma  quanto  la  perdita  è  certa , 
tanto  ignota  la  vera  causa  di  esser  mancati  ».  Ritiene  pro- 
babile per  la  mancanza  dei  registri  del  Re  Giacomo  che  «li 
tempi  torbidi  che  corsero  pria  che  Federigo  avesse  salito  al 
trono,  abbiano  cagionato  tanta  perdita»,  perchè  considera 
altresì  che  «quando  Giacomo  lasciò  l'isola  non  era  nel  pen- 
siero di  perderla  per  sempre».  Se  tale  sua  induzione  è  sfor- 
nita di  prove,  non  sembra  però  inverosimile  per  il  risenti- 
mento che  avranno  potuto  manifestare  i  Siciliani  quando 
nel  1295  il  Re  Giacomo  abbandonava,  con  la  sua  rinunzia, 
l'isola  ai  nemici.  E  sicura  invece  l'altra  considerazione  del 
Gregorio  che  «  il  governo  dell'  isola  potè  sussistere  fino  al 
1347  per  le  virtù  e  i  personali  meriti  del  Duca  Giovanni , 
ma  tostochè  questi  finì  di  vivere ,  non  potè  esser  né  più 
vilipesa,  né  più  dai  baroni  usurpata  V autorità  sovrana»  (1). 

Occorre  nondimeno  recare  altre  prove  della  probabile  di- 
struzione dei  registri  della  regia  Cancelleria  e  del  Protono- 
taro  del  regno  in  quel  tempo,  cioè  dopo  la  morte  del  Duca 
Giovanni  nel  1347  e  sino  ai  primordi  del  regno  di  Federi- 
co III  (1355),  che  succedeva,  al  trono  fra  i  più  grandi  scon- 
volgimenti dell'isola. 

In  un  documento  del  Re  Ludovico  dell'anno  1352  è  ri- 
cordata la  perdita  nel  comune  di  Piazza  di  alcuni   registri 


quibus  accedunt  Assisiae  regum  regni  Siciliae  et  fragmentum  quod  su- 
perest  regesti  ecc.  Neapoli,  1786,  pag.  IX  e  seg. 

(1)  G.  La  Mantta  ,  Dei   reali   Archivi.  Memoria  inedita  di  Gregorio 
cit.,  pag.  VII,  e  seg. 


PREFAZIONE  XLl 


dell'officio  della  Cancelleria  di  Pietro  II  dell'anno  1338,  di- 
cendosi :  «  quia  [litere]  simul  cum  certis  registris  diete  Cu- 
rie officii  Cancellarle  in  terra  Placie  casualiter  amisse  fue- 
rant  »  (1).  Il  Re  Federico  III  nell'inizio  del  suo  regno  ordi- 
nava a  24  marzo  1356  al  ribelle  Cancelliere  del  regno  En- 
rico Rosso  di  portare  in  Catania  i  sigilli  reali  ed  i  registri 
del  suo  officio:  «Sigilla  nostra,  que  habetis,  ac  registra  dicti 
vestri  Cancellar  iatus  officii  expedit  in  Curia  nostra  esse»  (2). 
Tale  ordine  era  dato  perchè  si  dubitava  che  il  Rosso  avrebbe 
consegnato  agli  Angioini  o  fatto  distruggere  i  registri  reali. 
Non  si  potè  nel  1357  rinnovare  un  privilegio  di  Ludo- 
vico «  propter  amissionem  (come  dice  il  Re  Federico  III) 
registrorum  officiorum  Prothonotarii  et  Cancellane  regni  no- 
stri, que  in  civitate  Messane,  occupata  per  hostes  nostros, 
servabantur  »  (3).  Nel  1361  il  Re  Federico  III  ricordava  per 
due  privilegi  del  Re  Pietro  li,  non  indicati  per  data,  che 
«  predicta  privilegia  concessionis,  donacionis  et  confirmacio- 
nis  predictarum,  necnon  registra  nostre  Curie,  in  quibus  pri- 
vilegia ipsa  registrata  erant,  deducta,  in  predam ,  cum  sub- 
stanciis  nonnullorum  nostrorum  fìdelium,  more  hostili  infra 


(1)  R.  Cancelleria,  reg.  15,  fol.  34.  Concessione  ad  Adamuccio  Ro- 
mano su  i  proventi  della  beccheria  di  Palermo. 

(2)  Protonotaro  del  Regno  ,  reg.  2,  fol.  105.  Questo  notevole  docu- 
mento fu  edito  dal  dott.  G.  Tra  vali,  I  diplomi  angioini  cit.,  pag.  XV 
e  ristampato  dal  prof.  G.  Cosentino, sCodice  diplom.  di  Federico  IH  cit. 
pag.  173. 

(3)  Protonotaro  del  Regno,  reg.  2,  fol.  355.  Licenza  all'ebreo  Giuseppe 
di  Giacomo  di  Boemia  per  esercizio  della  medicina.  Il  documento  è  ri- 
cordato da  B.  e  G.  Lagumina,  Codice  diplomatico  dei  Giudei  di  Sicilia 
(nei  Boc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria,  Serie  I,  voi.  VI,  1886,  p.  69) 
con  data  inesatta  del  1372. 


XLI1  PREFAZIONE 


tumultus  dudum  in  regno  commotos,  curri  sedicionibus  po- 
pulorum ,  et  guerrarum  turbines  intrinsecus  et  extrinsecus 
propterea  consuetos,  agente  humani  generis  inimico,  fuerint 
deperdita  et  extincta  »  (1).  La  preda ,  il  saccheggio  e  la  di- 
struzione dei  registri  reali  non  potrebbero  esser  descritti  in 
maniera  più  evidente,  anco  per  l'espressione  more  hostili. 
Affermava  nel  1365  il  Re  Federico  III  per  i  registri  del 
suo  avo  Federico  II  e  del  fratello  Ludovico ,  di  data  non 
determinata  :  «  Cum  .  .  .  registra  nostre  Curie  illorum  tem- 
porum  fuerint  et  sint  casualiter,  guerre  occasione,  deperdita 
et  devastata»  (2).  Notevole  è  finalmente  la  esplicita  menzione 
fatta  dal  Re  Federico  III  nel  1374  per  la  distruzione  di  tutti 
i  registri  esistenti  in  Messina  e  bruciati  dai  nemici,  che  sem- 
bra essere  avvenuta  per  una  rilevante  serie  di  registri  non 
solo  della  regia  Cancelleria ,  ma  anche  del  Protonotaro 
( Cancellar iarum  nostrarum)  e  per  i  registri  di  tempi  anteriori 
al  regno  di  Federico  III ,  perchè  Messina  era  tornata  nel 
1364  alla  fede  regia,  ed  il  documento  suddetto  del  1374  con- 
cerneva la  conferma  di  un'  antica  concessione ,  chiesta  da 
Berardo  Passaneto.  Giova  riferire  le  parole  testuali  del  do- 
cumento: «Et  quia  omnia  registra  Cancellariarum  nostrarum 
existencia  in  palacio  nobilis  civitatis  Messane,  per  tunc  ho- 
stes  nostros ,  eamdem  civitatem  hostiliter  occupantes ,  fue- 
rint combusta»  (3).  Gli  Angioini  in  Messina  compievano  per- 
ciò quell'enorme  distruzione,  gettando  in  mezzo  al  fuoco  i 


(1)  Protonotaro  del  Regno  ,  reg.  1  ,  fol.  102.    Conferma   di  saline  di 
Castrogiovanni  ad  Intorella. 

(2)  B.  Cancelleria  ,  reg.  42 ,  fol.  121  r.  Conferma  della  terra  di  Au- 
gusta a  Matteo  Moneada. 

(3)  B.   Cancelleria,  reg.  5,  fol.  217  r. 


PREFAZIONE  XLIII 


registri  ;  e  le  parole  eamdem  civitatem  hostiliter  occupantes 
dimostrano  che  ciò  avvenne  nel  1356  od  alcuni  anni  ap- 
presso (1). 

Questi  vari  ricordi  di  distruzione  di  registri  della  regia 
Cancelleria  e  del  Protonotaro  del  regno  ci  tramandano  con 
evidenza,  e  con  le  stesse  parole  dei  sovrani  che  l'attestava- 
no ,  la  notizia  del  tempo  nel  quale  essa  accadde  ;  e  peral- 
tro tali  ricordi  diplomatici  ben  corrispondono  con  le  descri- 
zioni di  devastazioni  e  sommosse  che  leggonsi  nelle  crona- 
che, e  che  ho  già  riferito. 

5.  Debbo  ora  fornire  alcune  particolari  notizie  su  i  re- 
gistri ancora  superstiti  della  Cancelleria  aragonese  di  Sicilia. 
Nell'anno  1876  il  barone  Raffaele  Starrabba  pubblicava  nel- 
l' Archivio  Storico  siciliano  un  elenco  di  registri  conservati 
neh"  Archivio  della  Corona  di  Aragona  in  Barcellona ,  che 
concernono  espressamente  la  Sicilia  per  la  designazione  che 
essi  offrono  nel  dorso  o  nel  primo  foglio,  per  gli  anni  1282 
a  1555  (2).  Tale  sommario  e  brevissimo  elenco  era  stato 
trasmesso  allo  storico  Isidoro  La  Lumia  dal  Direttore  Ma- 


fi)  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  t.  II,  pag.  430  accenna  fugacemente 
il  ricordo  contenuto  in  questo  documento,  però  sul  breve  sunto  che  ne 
die  il  Barberi  ,  e  seguendo  la  data  erronea  del  1370  da  lui  indicata. 
Cfr.  Silvestri,  I  Capibrevi  di  Giovati  Luca  Barberi  cit.,  voi.  Ili,  p.  150. 
Gregorio  inoltre  osserva  «  Patet  idcirco  ante  praedictum  annum  [1370] 
huiusmodi  regesta  flammis  absumpta  interiisse»;  ma  le  precise  parole 
del  documento  da  me  riferite  bastano  a  denotare  il  tempo,  ben  più  an- 
tico ,  di  quella  distruzione.  Ne  fece  pure  il  Gregorio  menzione  nella 
memoria  Dei  reali  Archivi  da  me  pubblicata,  pag.  IX. 

(2)  Cfr.  Starrabba,  Documenti  riguardanti  la  Sicilia  sotto  Re  Mar- 
tino I,  esistenti  nell'Archivio  della  Corona  di  Aragona  (nelV Arch.  Stor. 
Sic,  antica  serie,  an.  ITI,  1876,  pag.  139  e  seg.). 


XLIV  PREFAZIONE 


nuele  de  Bofarull ,  che  lo  trasse  dall'  esteso  Inventario  dei 
registri  della  Cancelleria  dei  sovrani  di  Aragona  (1). 

Per  l'epoca  più  antica  aragonese  da  quell'elenco  non  si 
rilevava  che  l'indicazione  di  tre  registri,  cioè  :  «  53  y  54,  a- 
nos  1282-3,  titulo  —  De  rebus  regni  Siciliae  » ,  e  «323,  a- 
fios  1295,  titulo  —  Revocationum  Siciliae  —  Regestum  super 
revocandis  illis  qui  erant  in  Sicilia  ».  Starrabba  avendo  poi 
conosciuto  per  altre  informazioni  che  i  registri  53  e  54  e- 
rano  molto  estesi,  e  che  invece  l'altro  di  n.  323  si  compo- 
neva di  pochi  fogli ,  tralasciò  di  fare  eseguire  ogni  ricerca 
o  copia  per  i  registri  53  e  54  degli  anni  1282-83,  e  chiese 
invece  la  trascrizione  del  breve  quaderno  del  1295  per  la 
rinunzia  di  Giacomo  alla  Sicilia,  che  inesattamente  chiama 
registro  o  volume.  Tale  quaderno  Starrabba  die  in  luce  quin- 
di nell'Archivio  Storico  medesimo  nell'anno  1882  (2). 

Starrabba  sin  dal  1876  manifestava  però  il  desiderio  che, 
seguendo  l'esempio  del  celebre  diplomatista  Antonino  Ami- 
co, si  fosse  eseguita  una  esplorazione  storica  negli  Archivi 
della  Corona  d'  Aragona  in  Barcellona.  Dopo  cinque  anni 
dovendosi,  nella  ricorrenza  del  sesto  centenario  del  Vespro 
siciliano,  preparare  dalla  Società  Siciliana  per  la  Storia  Pa- 
tria la  stampa  di  memorie  e  documenti  riguardanti  la  rivo- 
luzione del  Vespro,  Starrabba  proponeva  di  pubblicarsi  quei 
«tre  registri»  barcellonesi,  e  così  venne  deliberato  di  ese- 
guirsi (3). 


(1)  Ciò  afferma  Starrabba  in  altra  memoria  inserita  neWArch.  Stor. 
Sic,  an.  VII,  1882,  pag.  276,  che  ricorderò  qui  appresso. 

(2)  Cfr.  Starrabba  ,  Documenti  riguardanti  l'abdicazione  di  Giaco- 
mo II  d'Aragona  al  trono  di  Sicilia  (1295),  comunicati  da  Don  Manuele 
de  Bofarull  Direttore  dell'Archivio  della  Corona  d'Aragona  (nelT  Arch. 
Stor.  Sic.  an.  VII  cit.). 

(3)  Tali  ricordi  sono  dati  da  Starrabba  nella  sua  Commemorazione 


PREFAZIONE  XLV 


Darò  qui  alcuni  cenni  soltanto  per  i  registri  53  e  54  de- 
gli anni  1282-83,  che  prima  formavano  unico  registro,  se- 
parato nei  secoli  posteriori.  Starrabba  fornisce  notizia  este- 
sa, col  testo  di  lettere  del  Direttore  de  Bofarull  su  le  pratiche 
per  la  trascrizione  di  essi,  perchè  il  de  Bofarull  affermava  : 
«  Hace  os  cargo  de  que  se  trata  de  la  còpia  de  dos  volu- 
menes  en  folio  mayor ,  de  letra  muy  pequena  y  de  dificil 
lectura  en  lengua  latina,  que  ocupan  nada  menos  que  247 
foleos,  y  os  convencereis  que  no  solo  no  bastarian  cinco 
meses  de  trabajo  asiduo  de  dos  copistas  inteligentes  para 
sacarla,  sino  que  probablemente  no  bastarian  dos  anos  de 
trabajo  continuado  ».  Si  conobbe  poi  la  grave  spesa  che 
sarebbe  importata,  la  trascrizione,  e  così  fu  scelto  l'erudito 
i  archivista  can.  Carini  dell'Archivio  di  Stato  di  Palermo  per 
recarsi  in  Barcellona  a  quello  scopo  (1).  Altri  ricordi  su  quelle 
fatiche  del  Carini  offre  ancora  in  uno  speciale  volume  Giu- 
seppe Silvestri,  allora  direttore  dell'Archivio  di  Stato,  il  quale 
curava  la  sollecita  stampa  dei  due  registri  su  le  copie,  che 
trasmetteva  periodicamente  il  Carini  da  Barcellona  (2). 

Ricorda  lo  Starrabba  che  la  stampa  di  una  parte  dei 
due  registri  dovette  con  grande  celerità  eseguirsi.  Dice  egli 
infatti:  «  Potè  essere  adempiuto  a  tempo  un  voto,  che  fu 
anche  una  promessa ,  che  si  direbbe  temerariamente  fatta, 
voglio  dire  la  pubblicazione  della  prima  parte  del  materiale 


di  Mons.  Isidoro  Carini ,  pag.  IX  e  seg. ,  in  fine  dell'  Ardi.  Stor.   Sic, 
an.  XX,  1895. 

(1)  Cfr.  la  suddetta  Commemorazione  scritta  da  Starrabba.  Partì  il 
Carini  dalla  Sicilia  a  20  dicembre  1881. 

(2)  Silvestri  ,  Isidoro  Carini  e  la  sua  missione  archivistica  nella 
Spagna.  Palermo,  1895,  pag.  13  e  seg.  Si  veda  pure  Carini,  Gli  Arch. 
e  le  Bibl.  cit.  voi.  1,  pag.  35-37. 


XLVI  PREFAZIONE 


a  giorno  fisso,  cioè  il  31  marzo  1882»  (1).  Questa  data,  che 
era  ammonimento  della  Sicilia  già  rivendicata  a  libertà , 
nuoceva  pertanto,  per  la  ristrettezza  del  tempo  assegnato 
al  Carini,  alla  completa  e  ordinata  edizione  diplomatica  dei 
due  registri  di  Pietro  I. 

L'insigne  storico  Amari,  che  per  tanti  anni  non  aveva 
curato  di  fare  ricerche  negli  archivi  di  Spagna,  nonostanti 
i  felici  risultati  ottenuti  sin  dal  1847  dal  Saint  -  Priest  in 
Barcellona,  riconobbe  nel  1882  la  necessità  di  formare  un'ul- 
tima edizione  (la  nona)  della  sua  Guerra  del  Vespro  Sici- 
liano dopo  la  pubblicazione  dei  documenti  trascritti  dal  Ca- 
rini in  Barcellona;  e  perchè  lo  stesso  Amari  non  rilevasse, 
quasi  di  sorpresa,  dalla  stampa  dei  due  registri  del  1282-83 
le  nuove  notizie  storiche  provenienti  da  una  fonte  inesplo- 
rata, richiedeva  uno  speciale  permesso  al  Ministero  dell'In- 
terno, «  che  ha  fatto  mandare  (come  egli  dice)  all'Archivio 
di  Pisa  il  manoscritto  originale  del  Carini,  per  darmi  comodo 
di  studiarlo  prima  della  pubblicazione  »  (2). 

Verso  la  fine  dell'anno  1885  apparve,  certamente  per  e- 
quivoco,  un  annunzio  nella  Rivista  Storica  Italiana  per  la 
nuova  edizione  (nona),  che  si  diceva  già  compiuta,  dell'ope- 
ra dell'Amari,  e  si  affermava  «tutta  rimaneggiata  a  norma  dei 
nuovi  documenti  scoperti  ed  illustrati  in  gran  parte  dall' auto- 

(1)  Starrabba,  Commemorazione  cit.,  pag.  XXIV.  Per  potere  riuscire 
a  pubblicare  a  giorno  fisso,  si  soppressero  nella  stampa  molti  documenti 
di  concessioni  di  offici  ed  altro,  simili  per  le  formole,  i  quali  si  riman- 
darono ad  una  Appendice,  ed  altri  di  simil  genere  non  furono  trascritti 
dal  Carini. 

(2)  Amari  ,  La  Guerra  del  Vespro  Siciliano ,  9»  ediz.  Milano  ,  1886 , 
voi.  I ,  pag.  XIII.  Ciò  ripete  pure  Starr abba  ,  Commemorazione  cit. , 
pag.  XLI. 


PREFAZIONE  XLVII 


re  medesimo»  (1).  Silvestri  opportunamente  si  affrettò  in  apri- 
le 1886  a  smentire  l'erronea  notizia,  ed  in  quella  medesima 
Rivista  fu  pubblicata  una  lunga  lettera  del  medesimo,  che 
tributava  al  Carini  il  merito  della  ricerca,  trascrizione  ed  il- 
lustrazione coi  riassunti,  dei  documenti  conservati  in  Barcel- 
lona (2).  In  quello  stesso  anno  (come  è  noto)  venne  fuori 
in  tre  volumi  l'edizione  nona  dell'opera  dell'Amari,  per  cura 
dell'editore  Hoepli  in  Milano  (3). 

Per  la  descrizione  del  registro  di  Pietro  1  ed  il  ricordo 
della  sua  divisione  in  parti,  eseguita  in  tempo  assai  tardo, 
basta  rinviare  alle  notizie  date  dal  Carini ,  e  che  il  Silve- 
stri inserì  in  una  prefazione  con  sua  firma  all'edizione  di 
quei  documenti  (4).  Carini  crede  che  i  due  volumi  (o 
meglio  parti)  provenienti  da  unico  registro  «  furon  poi  ri- 
legati separatamente  a  fin  di  poterli  più  agevolmente  ma- 
neggiare ». 

Gli  altri  registri  della  Cancelleria  siciliana,  sebbene  fram- 
mentari, che  ancora  rimangono  dei  tempi  dei  Re  Pietro  I 
a  Ludovico,  sono  quelli  degli  anni  1353  -  55  da  me  ritrovati, 
appartenenti  al  Re  Ludovico,  e  dei  quali  diedi  estesa  no- 
tizia nella  memoria  speciale  già  ricordata.  Essi   formavano 


(1)  Rivista  Storica  Italiana,  Torino,  1885,  voi.  II,  pag.  919. 

(2)  SiLVESTfli ,  Isidoro  Carini  e  la  sua  missione  cit.  ,  pag.  15.  —  Ri- 
vista Stor.  Ital.,  voi.  ili,  an.  1886,  pag.  471  e  seg. 

(3)  Amari  appose  nel  titolo  della  9a  edizione  questa  speciale  indica- 
zione :  «  corretta  ed  accresciuta  secondo  i  Registri  di  Barcellona  ed  altri 
documenti  e  corredata  di  alcuni  testi  paralleli».  Nell'anno  seguente 
1887  egli  pubblicava  in  Milano  altro  volumetto  di  pag.  LIV-139  con 
questo  nuovo  titolo  :  Altre  narrazioni  del  Vespro  Siciliano  scritte  nel 
buon  secolo  della  lingua. 

(4)  Carini,  De  Rebus  regni  Siciliae  cit.,  pag.  VII  e  seg. 


XLVI1I  PREFAZIONE 


parte  (come  ho  detto)  dei  registri  dell'  officio  del  Protono- 
taro  del  regno.  Ho  descritto  nella  memoria  minutamente 
quei  frammenti,  ne  ho  formato  la  ricostruzione  cronologica 
precisa  per  i  vari  documenti  che  vennero  disordinatamente 
raccolti  in  un  registro  miscellaneo  nel  secolo  reguente,  ho 
aggiunto  il  regesto  dei  documenti  medesimi ,  ed  altresì  la 
nitida  fototipia  di  una  pagina,  per  conoscersi  la  forma  dei 
registri  reali  e  la  loro  scrittura,  anco  per  il  motivo  che  niun 
fac  -  simile  se  ne  aveva  sino  a  quel  tempo  in  Sicilia,  neanco 
nell'Archivio  paleografico  italiano  del  Monaci,  e  l'omissione 
riusciva  tuttavia  inescusabile.  Basta  pertanto  rinviare  per 
tutte  cotali  notizie  a  quella  memoria  (1). 

Noterò  solamente  che  sembra  che  Gregorio  abbia  voluto 
(trattando  degli  archivi  di  Sicilia)  appena  ricordare  in  modo 
indeterminato  i  frammenti  dei  registri  del  Re  Ludovico,  per- 
chè dice:  «Il  vedere  frattanto  l'uso  vegliantet nei  tempi  in- 
felici di  Ludovico  che  nell'  officio  del  Protonotaro  registra- 
vansi  alcune  carte  »  (2).  Il  Gregorio  però  non  ebbe  cura  di 
fornire  particolari  cenni  e  descrizioni  di  quei  più  antichi 
frammenti  di  registri  reali  esistenti  nell'isola. 

Per  il  quaderno  del  129o  sopra  menzionato,  edito  dallo 
Starrabba  nel  1882  ,  non  occorre  fare  alcun  cenno ,  per  il 
motivo  che  non  è  un  quaderno  formato  in  Sicilia  ma  bensì 
nella  Cancelleria  dell'Aragona,  e  contiene  in  altri  fogli  do- 
cumenti estranei  alla  Sicilia  e  posteriori. 

6.  Era  indispensabile  quindi  per  me,  in  tanta  scarsezza 


(1)  Cfr.  la  mia  memoria  Su  i  frammenti  di  due  registri  originali  di 
Ludovico  d'J-  xgona  cit. 

(2)  G.  La  Mantia,  Dei  Beali  Archivi.  Memoria  inedita  di  Gregorio, 
cit.  pag.  Vili. 


PREFAZIONE  XLIX 


di  documenti  della  lunga  epoca  aragonese  dal  1282  al  1355, 
di  eseguire ,  prima  di  ogni  altra,  un'ampia  ed  accurata  ri- 
cerca negli  archivi  pubblici  e  privati,  cioè  governativi,  co- 
munali, ecclesiastici  e  di  primarie  famiglie  patrizie  (per  i 
quali  ultimi  si  ha  il  sussidio  di  elenchi  e  regesti  a  stampa 
o  di  altri  ricordi  in  lavori  inediti)  nelle  varie  città  ed  in 
molti  comuni  minori  dell'  isola ,  ed  investigare  pure  in  al- 
quante biblioteche,  dove  si  conservano  antichi  codici  e  co- 
pie manoscritte  di  documenti.  Tale  esteso  e  paziente  lavoro 
iniziai  sin  dal  1895,  perseverandovi  costantemente  per  note- 
vole periodo  di  tempo  (1). 

Abbondante  materia  mi  offrì  l'archivio  dell'antica  capi- 
tale del  regno ,  Palermo ,  perchè  oltre  alquanti  documenti 
contenuti  in  alcuni  registri  conservati  nella  regia  Cancelle- 
ria, ai  quali  non  appartengono  (come  ho  notato  prima),  ho 
potuto  ricavare  dalla  particolare  ricerca  di  centinaia  di  re- 
gistri dal  1355  in  poi  sino  ai  primordi  del  secolo  XVI,  spet- 
tanti agli  uffici  della  regia  Cancelleria,  del  Protonotaro  del 
regno  e  della  Conservatoria  di  registro  (miscellanei  e  disor- 
dinati i  più  antichi  registri  dei  due  primi  uffici  per  impedi- 
zia  di  coloro  che  li  riordinarono  nel  secolo  XVII,  e  senza 
alterazione  gli  altri)  il  testo  di  molti  documenti  aragonesi, 
che  venivano  trascritti  nei  tempi  posteriori  nelle  occasioni  di 
conferme  o  di  nuovi  provvedimenti.  L'importante  collezione 
dei  Capibrevi  di  Giovan  Luca  Barberi  del  primo  ventennio 
del  secolo  XVI,  soltanto  edita  per  i  feudi  minori  e  non  po- 


(1)  Nel  1906  io  così  diceva  :  «  Intento  da  alquanti  anni  a  fare  ampia 
raccolta  dei  documenti  dei  primi  Re  aragonesi  di  Sicilia  dal  1282  al 
1355  per  la  pubblicazione  di  un  Codice  diplomatico».  Cfr.  la  memoria 
Sui  frammenti  di  due  registri  cit.  pag.  502. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  d 


PREFAZIONE 


polati  di  Sicilia,  che  rimasta  sospesa  per  la  morte  del  Sil- 
vestri, venne  da  me  compiuta  nel  1907  (1),  ed  altri  prege- 
voli manoscritti  mi  fornirono  altra  notevole  serie.  Ne  de- 
vesi  tralasciare  di  far  menzione  dei  Tabulari  di  diversi  an- 
tichi monasteri  siciliani  soppressi  e  della  Chiesa  vescovile 
di  Cefalù  (soltanto  in  parte  custodito  in  Palermo ,  nel- 
l'occasione del  trafugamento  nell'epoca  borbonica)  per  le  per- 
gamene che  vi  si  contengono  e  conservansi  nel  suddetto 
Archivio ,  e  che  oltrepassano  il  numero  di  cinquemila  dal 
secolo  XI  al  XVIII  (2). 

L'Archivio  comunale  di  Palermo  nei  pochi  registri  car- 
tacei di  Lettere  del  Pretore  e  Giudici  della  città  per  gli  anni 
dal  1311  al  1355,  sebbene  con  molte  interruzioni  e  lacune, 
mi  ha  fornito  buona  fonte  di  indagini  e  trascrizioni.  Pol- 
laci nel  1892  desumeva  dal  ricordo  contenuto  negli  Annali 
inediti  di  Palermo  di  un  Anonimo,  i  quali  vanno  dal  1257 
al  1405  (3),  che  i  registri  cominciassero  dal  1257  dicendosi 
in  quegli  Annali  «  per  dappocaggini  dei  nostri  padri  e  de 
li  Senatori  pochi  libri  antichi  si  retrovano  »,  e  dalla  raccolta 
pure  manoscritta  di  documenti  formata  dal  Texeira  nel  1793 
rilevava  che  esistevano  allora  i  registri  degli  anni  1300  al 
1311.  Dopo  quel  tempo  però,  cioè  dal  1793  (come   osserva 


(1)  Cfr.  il  voi.  Ili  del  Silvestri  ,  I  Capibrevi  di  G.  L.  Barberi  cit. 
Palermo,  1888,  e  V Avvertimento  da  me  apposto  nelle  pag.  613-616  per 
il  compimento  della  stampa. 

(2)  Una  breve  ma  precisa  notizia  di  cotali  Tabulari  trovasi  nel  vo- 
lume L'  ordinamento  delle  carte  degli  Archivi  di  Stato  italiani.  Manuale 
storico  archivistico.  Roma,  1910,  pag.  303 ,  edito  per  lodevole  cura  del 
Ministero  dell'Interno. 

(3)  Vedi  Rossi ,  Catalogo  dei  manoscritti  della  Biblioteca  Comunale 
di  Palermo  cit.,  pag.  120,  per  il  ms.  Qq  E,  29,  n.  5. 


PREFAZIONE  LI 


il  Pollaci)  molte  furono  le  dispersioni  di  quei  registri ,  «  sì 
che  il  più  antico  sia  ora  quello  dell'anno  IV  indiz.  1311-12. 
Né  da  quell'anno  in  poi  la  serie  dei  volumi  procede  rego- 
larmente ,  e  senza  lacune  ,  poiché  da  detto  anno  salta  al 
1316- 17...  Così  a  balzi  si  va  per  tutto  il  secolo  XIV,  talché 
dei  cento  volumi  di  questo  appena  sopravanzano  oggi  sedi- 
ci »  (1). 

Tanta  è  stata  la  deplorevole  noncuranza  nella  conser- 
vazione dei  registri  dell'autorità  comunale  della  prima  città 
dell'isola ,  e  non  è  quindi  da  meravigliare  se  in  altre  città 
non  ne  rimangano  vestigia. 

Dovetti  esplorare  altresì  gli  archivi  di  molti  comuni  della 
Sicilia,  che  ho  percorso  in  vari  anni  in  tutte  le  sue  regioni 
dalle  miti  marine  alle  eccelse  vette  di  monti  e  dell'Etna  e 
nelle  sue  isole  vicine,  e  dovunque  negli  archivi  governativi 
e  municipali ,  di  Chiese  e  di  privati  le  ricerche  riuscirono 
proficue,  e  mi  dispenso  dal  far  qui  particolare  descrizione 
di  quelle  fonti  diplomatiche,  perchè  l'argomento  mi  trarrebbe 
troppo  in  lungo  (2).  Dirò  solamente  che  i  così  detti  Libri 
Bossi  delle   antiche   amministrazioni   municipali,   nei   quali 


(1)  Pollaci,  Gli  Atti  della  città  di  Palermo  cit.  ,  pag.  XIII ,  XXIX 
e  XXXIII. 

(2)  Il  sommo  storico  Fazzello  diceva  a  Carlo  V  :  «  Et  ne  si  quae  lo- 
corum  aut  temporum  sunt,  temere  asseverare  viderer,  cum  ab  antiqui- 
tate  pendeant,  ea,  peragrata  a  me  quater  aut  sepius  et  curiosissime  in-_ 
dagata  tota  Sicilia,  tamdiu  cum  authorum  sententiis  contuli,  quousque 
re  comperta  abunde  mi  hi  ipse  satisfeci  »,  e  additava  così  nel  secolo  XVI 
la  necessità  di  rievocare  la  storia  dell'isola  su  le  memorie  che  essa  con- 
serva in  ogni  luogo,  sano  criterio  c,he  potrebbe  piuttosto  dirsi  auspicio 
per  quei  tempi  ;  né  1'  esempio  rimase  infecondo  ,  segnatamente  per  le 
indagini  che  il  diplomatista  Antonino  Amico  ed  il  Pirri  per  la  sua  Sici- 
lia Sacra  appresso  compivano.  Fazzello  ,  De  rebus  siculis.  Panormi  , 
1558,  Praefatio,  pag.  1. 


LII  PREFAZIONE 


trascriveansi  per  intero  i  privilegi  dei  vari  comuni ,  e  che 
spesso  furon  cagione  della  perdita  degli  originali ,  che  le 
pergamene  ed  i  codici  delle  varie  Chiese  vescovili  dell'isola 
e  di  altre  minori  e  le  scritture  di  alquanti  monasteri  abo- 
liti, conservate  presso  alcuni  Archivi  provinciali  od  altrove, 
diedero  rilevante  incremento  alla  mia  raccolta. 

Né  agli  Archivi  doveano  limitarsi  le  mie  indagini,  poiché 
le  Biblioteche  mi  avrebbero  altresì  offerto  nuova  materia  in 
quella  parte  di  antiche  raccolte  manoscritte  che  in  alquante 
di  esse  conservansi,  come  a  Messina  (prima  del  tremuoto  fa- 
tale del  1908),  a  Catania,  a  Girgenti,  a  Trapani,  a  Siracusa, 
e  che  ad  esuberanza  si  ritrovano  nella  Biblioteca  Comunale 
di  Palermo,  assai  notevole  per  cotale  magnifica  collezione. 
Precipua  menzione  fra  i  pregevoli  manoscritti  di  simil  ge- 
nere della  Biblioteca  di  Palermo  deve  farsi  per  i  vari  vo- 
lumi di  trascrizioni  di  documenti  dall'epoca  normanna  sino 
al  secolo  XVI,  formata  in  origine  dall'infaticabile  diplomati- 
sta can.  Antonino  Amico,  che  dimorò  vari  anni  nella  Spa- 
gna dal  1618  al  1625,  esplorò  gli  Archivi  della  Corona  d'A- 
ragona, e  trascrisse  quivi  alquanti  documenti,  e  molti  altri 
negli  archivi  di  Napoli  e  di  Sicilia,  rimanendo  però,  con 
grave  danno,  inedito  tutto  quel  materiale,  tanto  che  nel  se- 
colo seguente  l'erudito  can.  Domenico  Schiavo  ne  trasse  mo- 
tivo di  un  riordinamento  e  di  aggiunte  di  copie  di  altri  do- 
cumenti tratte  dagli  archivi  di  Palermo  e  dell'isola,  senza 
che  la  sua  nuova  fatica  riportasse  fortuna  migliore  della 
precedente  (1). 

Le   ricerche   da   me   compiute   nella   Sicilia  estesi ,  per 


(1)  Mi  dispenso  dal  fornire  qualsiasi  indicazione  di  codici  e  di  ma- 
noscritti, che  verranno  peraltro  designati  fra  le  note  ai  documenti. 


PREFAZIONE  LUI 


quanto  mi  fu  possibile ,  in  vari  principali  archivi  del  con- 
tinente d'Italia,  ossia  di  quelle  città  con  le  quali  la  Sicilia 
ebbe  nell'epoca  aragonese  maggiori  relazioni,  specialmente 
in  Napoli  ed  in  alcuni  altri,  per  i  quali  le  pubblicazioni  d'in- 
ventari e  di  regesti  aveanmi  già  fornito  talvolta  notizia  ed 
occasione  di  indagini,  confronti  e  trascrizioni  del  testo  di  do- 
cumenti e  di  cronache  (1). 

§  III.  —  1.  Necessità  di  ricercare  l'Archivio  della  Corona 
d'Aragona  in  Barcellona  per  i  documenti  del  regno  di  Pietro  1 
e  quelli  del  regno  di  Giacomo  in  Sicilia.  —  2.  Missione  e  ri- 
sultato delle  mie  ricerche  in  Ispagna.  —  3.  Viene  da  me  e- 
stesa  la  ricerca  anche  al  tempo  del  regno  di  Federico  II  a- 
ragonese.  —  4.  Memoria  da  me  pubblicata  in  Barcellona  nel 
1909  su  le  relazioni  di  Alfonso  III  con  la  Sicilia.  —  5.  Altre 
memorie  su  l'epoca  aragonese  in  Sicilia  da  me  date  in  luce 
dal  1905  sinora. 

1.  Precipuo  lavoro  era  stato  per  me  quello  di  raccogliere 
in  vari  viaggi  ed  in  un  tempo  conveniente,  e  che  mi  poteva 
esser  concesso,  i  documenti  sparsi  negli  archivi  delle  varie 
città  dell'  isola  ;  ma  cotali  ricerche  soltanto  non  sarebbero 
bastate  a  fornire  il  materiale  per  il  Codice  diplomatico,  per- 
chè nell'Archivio  della  Corona  di  Aragona  in  Barcellona  oc- 
correva esaminare  i  registri  di  Pietro  I  e  gli  altri  del  Re  Gia- 
como per  il  tempo  del  loro  dominio  su  la  Sicilia  dopo  la 
partenza  dall'isola,  cioè  per  Pietro  I  da  maggio  1283  in  poi, 


(l)  Le  città  di  Genova,  Pisa,  Venezia  e  Roma,  oltre  Napoli ,  sì  per 
i  commerci,  che  per  le  vicende  di  guerra  e  della  diplomazia  delle  Corti, 
devono  a  preferenza  denotarsi  in  quel  novero. 


LIV  PREFAZIONE 


e  per  Giacomo  da  luglio  1291  sino  a  novembre  1295,  quando 
rinunziò  al  regno  di  Sicilia. 

Il  can.  Carini ,  oltre  la  trascrizione  dei  due  registri  del 
1282-83  del  Re  Pietro  I,  aveva  curato  di  formare  i  sunti 
dei  documenti  contenuti  negli  altri  registri  del  suddetto  Re 
dal  principio  del  suo  regno  (1276)  sino  alla  fine.  Egli  dice- 
va :  «Occupai  dopo  ciò  il  tempo  ...  a  studiare  foglio  per 
foglio,  secondo  i  desideri  da  lei  [Silvestri]  manifestatimi,  al- 
tri trenta  anche  più  preziosi  registri,  che  comprendono  tutti 
gli  oscuri  antecedenti  del  Vespro,  non  che  i  posteriori  av- 
venimenti sino  alla  morte  di  Re  Pietro  (1285)  e  mirabilmente 
li  chiariscono;  posso  anche  aggiungere  diffini  Uva  mente  e  fin 
nei  loro  particolari  più  minuti  »  (1).  Estese  pure  il  Carini 
le  sue  indagini  e  la  formazione  dei  sunti  anche  alle  scrit- 
ture in  carta  ed  in  pergamena  del  regno  di  Pietro  I  ed  a 
quelle  posteriori  di  Alfonso  III  dal  1285  al  1291  (2). 

Nondimeno  egli ,  che  pure  aveva  dato  alquante  notizie 
su  l'origine  dell'Archivio  della  Corona  d'Aragona  in  Barcel- 
lona, gli  archivisti  più  distinti,  le  pubblicazioni  eseguite ,  i 
locali,  i  manoscritti  più  notevoli  quivi  conservati  (3) ,   non 


(1)  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  di  Spagna  cit.,  voi.  I,  pag.  36.  L'e- 
lenco di  quei  registri  fornì  Starrabba  a  pag.  539  del  voi.  II ,  avendo 
il  medesimo  nel  1896  curato  la  stampa  dalla  pag.  241  in  poi  del  volume 

suddetto,  che  era  rimasta  sospesa  dopo  il  1887  per  il  trasferimento  in 
Roma  e  poi  per  la  morte  (1895)  del  Carini.  I  sunti  dei  registri  del  re- 
gno di  Pietro  I  (1276-1285)  trovansi  nelle  pag.  2-182  del  voi.  II. 

(2)  La  denominazione  di  Pietro  li  e  di  Alfonso  II  (invece  di  Pietro  I 
e  Alfonso  III)  data  dal  Carini  proviene  dalle  indicazioni  archivistiche 
usate  in  Barcellona  per  la  distinzione  dei  Re  di  Aragona  della  Casa  di 
Barcellona.  Quei  sunti  trovansi  nelle  pag.  183-242. 

(3)  Cfr.  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  cit.,  voi.  I,  pag.  9-39. 


PREFAZIONE  LV 


fornì  preciso  ricordo  per  i  registri  della  Cancelleria  di  quei 
sovrani,  ma  soltanto  pochi  cenni  fugaci  e  generici  (1).  At- 
testava di  non  aver  potuto  studiare  i  registri  di  Alfonso  III 
e  di  Giacomo  II  (2). 

Non  si  aveva  pertanto  alcuna  conoscenza  di  quanto  po- 
tesse trovarsi  in  quell'Archivio  di  Barcellona  per  i  registri 
dell'epoca  di  Giacomo,  e  se  ne  esistessero  ancora  del  tempo 
della  sua  Luogotenenza  e  poi  del  regno  in  Sicilia  (1283-1291). 

Qualche  menzione  più  esplicita  riguardo  a  tali  registri 
del  Re  Giacomo  si  ha  invece  in  alcune  lettere  che  il  Carini 
inviava  al  Silvestri  in  Palermo.  In  una  di  esse  scriveva  : 
«  Fo  sunti  ed  estratti  di  tutte  le  pergamene  sciolte,  di  tutti 
i  registri  (che  non  son  pochi)  e  delle  lettere  assai  numerose 
che  concernono  i  due  regni  di  Pietro  e  di  Alfonso  .  .  .  . 
Devo  rinunziare  financo  a  guardare  pergamene,  lettere  e  re- 
gistri del  regno  di  Giacomo,  che  si  studieranno  in  altra  spe- 
dizione [desiderio  troppo  lontano  dal  veroj.  I  soli  registri  di 
Giacomo  sono  più  di  un  centinaio,  e  si  dovrebbero  percor- 
rere tutti  foglio  per  foglio,  perchè  gli  affari  di  Sicilia  son 
trattati  con  gli  altri  d'Aragona,  Catalogna,  Valenza  etc.»  (3). 

Per  queste  affermazioni  deve  notarsi  che  il  Carini  non 
fece  affatto  sunti  dei  registri  del  Re  Alfonso  (come  egli  pe- 


(1)  Vedansi  le  menzioni  a  pag.  20  e  38  del  suddetto  volume. 

(2)  Notava  infatti  il  Carini  (a  pag.  38)  :  «  Eppur,  se  il  tempo  me  l'a- 
vesse consentito  ,  che  tesoro  di  notizie  mi  avrebbero  fornito  i  registri 
e  le  pergamene  posteriori  pei  regni  di  Alfonso  e  di  Giacomo  II  sopran- 
nominato El  Justo,  e  per  l'epoca  dei  Martini  !  ».  Deve  rilevarsi  che  il 
Carini  per  equivoco  indicò  quivi  anche  le  pergamene  di  Alfonso  III, 
che  egli  aveva  invece  descritte  nei  sunti.  Cfr.  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  cit., 
voi.  II,  pag.  208-239. 

(3)  Silvestri,  Isidoro  Carini  e  la  sua  missione  cit.,  pag'.  115  e  seg. 


LVI  PREFAZIONE 


raltro  dichiara  in  altra  lettera,  che  ricorderò  fra  poco),  né 
il  numero  dei  registri  di  Giacomo  era  circa  un  centinaio , 
come  il  Carini  corregge  in  altra  lettera,  nella  quale  avver- 
tiva :  «  Avevo  intenzione  di  abbracciare  i  tre  regni  di  Pie- 
tro, Alfonso  e  Giacomo,  almeno  fino  al  1302.  Ma  per  ogni 
Re  si  devono  percorrere  pergamene ,  registri ,  lettere.  Del 
regno  di  Giacomo  i  registri  sono  337  (1),  gli  affari  di  Sici- 
lia confusi  con  gli  altri.  Quindi  non  oserò  neppure  guar- 
darli. Le  pergamene  di  lui  sino  al  1302  sono  140  che  le  ho 
contate  »  (2).  Tale  indicazione  del  Carini  per  le  pergamene 
di  Giacomo  II  è  inesatta,  perchè  esse  sino  all'  anno  1302 
sono  oltre  duemila.  In  una  ultima  lettera  il  Carini  manife- 
stava: «E  così  appagati  i  desideri  degli  studiosi  e  fatto  un 
lavoro  completo  sul  regno  di  Pietro,  non  ho  più  forze  per 
affrontare  i  337  registri  di  Giacomo  senza  giuliane  (3)  e  nep- 
pure i  27  di  Alfonso.  Con  forze  fresche  ed  in  compagnia  si 
copieranno  in  altra  missione  i  preziosi   testi ,   di  cui   dò   i 


(1)  I  registri  di  Giacomo  sono  più  propriamente  284,  rilevandosi  dal- 
l'inventario dell'  Archivio  :  «  Hay  de  su  reinado  284  en  339  volumes  o 
tomos».  La  distinzione  dei  registri  e  la  suddivisione  di  essi  in  volumi, 
omessa  qui  dal  Carini  ,  è  utile  a  conoscersi  per  le  norme  di  registra- 
zione in  Aragona  e  la  notizia  della  conservazione  archivistica. 

(2)  Silvestri  cit.,  pag.  118. 

(3)  Con  questo  nome  adoperato  dal  Carini,  e  molto  usato  in  Sicilia 
sino  al  principio  del  secolo  XIX,  nei  lavori  archivistici  si  denotavano 
gl'indici  alfabetici  delle  scritture  e  dei  registri.  Ne  offre  la  spiegazione 
Pasqualino  ,  Vocabolario  siciliano  etimologico.  Palermo  ,  1786  ,  t.  II , 
pag.  231,  voce  Giuliana ,  il  quale  aggiunge  che  ne  «  è  incognita  V  eti- 
mologia». Io  dubito  che  quella  parola  si  riferisca  all'anno  giuliano, 
cioè  della  riforma  di  Giulio  Cesare ,  poi  migliorata  da  Gregorio  XIII 
per  il  computo  dell'anno,  perchè  i  registri  erano  ordinariamente  divisi 
per  anno  indizionale,  e  vi  corrispondeva  l'indice  o  giuliana. 


PREFAZIONE  LVII 


sunti,  e  si  estenderà  il  lavoro  al  regno  di  Giacomo  per  stu- 
diare poi  l'epoca  soprammodo  ricca  dei  Martini  ....  Ecco 
la  ragione  per  cui  non  tocco  i  registri  di  Giacomo,  che  mi 
occuperebbero  quasi  un  anno  »  (1). 

Veniva  indicato  inoltre  dal  Carini  genericamente  che  una 
«  magnifica  raccolta,  detta  di  Cartas  reales,  comprende  au- 
tografi di  sovrani,  principi  ecc.  in  latino,  castigliano,  fran- 
cese, catalano,  arabico  ecc.»;  ma  tale  cenno  indeterminato, 
senza  ricordo  dell'epoca  e  dell'oggetto  delle  scritture,  a  nulla 
poteva  giovare. 

Da  quanto  ho  esposto  si  vede  che  non  era  aftatto  pro- 
posito del  Carini  di  esplorare  registri  e  scritture  dell'  e- 
poca  del  Re  Giacomo  li,  e  nemmeno  i  registri  del  Re  Al- 
fonso III ,  limitandosi  egli  soltanto  all'  epoca  del  regno  di 
Pietro  I,  ed  all'esame  di  alcune,  pergamene  e  scritture  del 
suddetto  Re  Alfonso. 

2.  Determinai  pertanto,  per  compiere  la  mia  raccolta,  di 
investigare  l'Archivio  della  Corona  d'Aragona  in  Barcellona, 
e  rivolsi  all'  insigne  patriota  Senatore  Andrea  Guarneri , 
Presidente  della  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria,  a  30 
giugno  1906  una  mia  domanda  affinchè  presso  il  Ministero 
della  Pubblica  Istruzione  fosse  autorevolmente  esposta  la 
necessità  di  una  nuova  missione  in  Ispagna  per  ricercarvi 
i  registri  e.  documenti  del  dominio  del  Re  Giacomo  su  la 
Sicilia  dal  1285  al  1296,  per  la  quale  epoca  (come  io  diceva) 
«  quanto  potrà  ricavarsi  da  quei  registri  esistenti  in  Ispagna 
riuscirà  di  grande  importanza  per  la  diplomatica  e  la  storia 
di  Sicilia,  perchè  le  vicende  di  quei  tempi  sono  note  soltanto 
per  le  cronache  e  per  pochi  privilegi  municipali  »  (2). 


(1)  Cfr.  il  volume  cit.  del  Silvestri,  pag.  121. 

(2)  Di  ciò  darò  le  prove  nel  seguente  paragrafo  di  questa  Prefazione. 


LVIII  PREFAZIONE 


L'illustre  Ministro  della  Pubblica  Istruzione ,  prof.  Luigi 
Rava,  ben  comprese,  con  alto  discernimento,  ed  accolse  cor- 
tesemente la  proposta,  presentata  dal  Presidente  della  So- 
cietà di  Storia  Patria  e  dal  Consiglio  direttivo,  per  la  mis- 
sione, e  ne  die  il  permesso  ed  altresì  un  sussidio  ;  e  così 
mi  disposi  in  compagnia  di  mio  fratello  Francesco ,  allora 
Presidente  di  Sezione  nel  Tribunale  di  Palermo,  e  che  da 
molti  anni  si  era  dedicato  con  onore  agli  studi  storici  e 
dell'antico  diritto  italiano  e  siculo,  a  recarmi  in  Barcellona. 
La  compagnia  di  mio  fratello,  il  quale  aggiunse  pure  note- 
voli spese  per  quel  viaggio,  fu  di  grande  utilità  per  la  nuo- 
va missione;  e  debbo  affermare  (né  il  vivo  affetto  fraterno 
impedisce  il  mio  pensiero)  che  io  non  avrei  potuto  trovare 
in  tale  missione  una  collaborazione  più  efficace,  alacre  ed 
intelligente,  senza  la  quale  non  sarebbe  stato  sufficiente  il 
tempo  assegnato,  ne  possibile  raggiungere  lo  scopo  della, 
missione  destinata  ad  accrescere  la  notizia  di  un'epoca  tanto 
famosa  della  storia  siciliana.  Alla  mia  riconoscenza  verso 
di  lui  si  aggiungerà  indubbiamente  anco  quella  dei  cultori 
di  tali  studi  (1). 

Con  sua  lettera  del  14  luglio  il  benemerito  comm.  Fran- 
cesco de  Bofarull,  Direttore  dell'Archivio  della  Corona  d'A- 
ragona in  Barcellona,  rispondeva  alla  Direzione  dell'Archi- 
vio di  Stato  di  Palermo  che   lo   informava   della   missione 


(1)  Debbo  altresì  notare  per  la  verità  che  mio  fratello  non  ha  tra- 
lasciato da  quegli  anni  ogni  incitamento  ed  agevolazione  durante  la 
preparazione  di  questo  lavoro;  e  ciò  è  tanto  più  rilevante  perchè  le  de- 
licate e  gravi  funzioni  di  magistrato  ,  adempiute  di  recente  anche  in 
difficili  missioni  istruttorie  di  giustizia  penale  nell'isola,  non  gli  conce- 
dono quasi  alcun  tempo. 


PREFAZIONE  LIX 


storica  che  preparavasi  :  «  Esté  V.  S.  bien  seguro  de  que 
la  misión  cientifica  anunciada  encontrarà  en  este  Archivo 
de  mi  cargo  toda  suerte  de  facilidades  para  el  mejor  de- 
sempeno  de  su  cometido ,  siendo  ademàs  de  relevante  in- 
terés  histórico  la  documentacion  relativa  a  Sicilia». 

Sul  finire  di  agosto  io  e  mio  fratello  partivamo  per  la 
Spagna,  e  dopo  avere  trascorso  tutta  la  linea  ferroviaria  del 
Tirreno  da  Palermo  sino  a  Ventimiglia  Ligure,  e  dimorato 
alcuni  giorni  a  Marsiglia,  dove  si  era  da  poco  inaugurata 
un'importante  esposizione  coloniale,  giungevamo  nell'inizio 
di  settembre  a  Barcellona,  la  magnifica  e  ricca  città  cata- 
lana, che  si  adagia  nell'ampia  pianura,  fra  il  verde  dei  suoi 
alti  colli  e  l'ampia  distesa  del  mare,  e  per  la  quale  nei  primi 
anni  del  secolo  XVII  il  sommo  Cervantes  usava  tanto  lu- 
singhiere espressioni  :  «  Barcelona,  archivo  de  la  cortesia, 
albergue  de  los  extrangeros,  hospital  de  los  pobres,  patria 
de  los  valientes,  venganza  de  los  ofendidos,  y  corresponden- 
cia  grata  de  firmes  amistades,  y  en  sitio  y  en  belleza  uni- 
ca »  (1). 

La  nostra  dimora  in  Barcellona  per  le  ricerche  in  quel- 


li) V.  Obras  de  Miguel  de  Cervantes  Saavedra.  Nueva  edicion  por 
de  Navarrete.  Paris,  1855,  t.  I,  Don  Quijote,  parte  II,  cap.  1%  p.  665. 
Mi  piace  qui  ricordare  che  al  pari  di  Genova,  che  serba  dinanzi  il  suo 
porto  la  statua  colossale  dello  scopritore  del  nuovo  mondo,  Barcellona 
ha  nella  sua  marina,  e  propriamente  nel  Paseo  de  Colon  (dove  noi  abi- 
tavamo), la  mirabile  colonna  sormontata  dalla  statua  del  Genovese,  e 
che  è  alta  cinquantasei  metri.  Né  insieme  alle  tradizioni  storiche  man- 
cano le  memorie  recenti,  poiché  mi  era  grato  sentire  esaltare  in  Bar- 
cellona le  virtù  di  Amedeo  di  Savoia,  che  cinse  la  corona  di  Spagna 
dal  1870  al  1873  e  che  accresceva  così  i  vincoli  con  la  nazione  italiana, 
allora  risorta  a  libertà  sotto  lo  scettro  del  suo  Genitore. 


LX  PREFAZIONE 


l'Archivio  durò  per  i  due  mesi  di  settembre  ed  ottobre,  perchè 
sul  cominciare  del  mese  seguente  facevamo  ritorno  nell'iso- 
la (1).  Fu  un  lavoro  continuo,  incessante  dalla  mattina  alla 
sera,  tranne  qualche  breve  intervallo,  di  indagini  e  di  tra- 
scrizioni da  registri,  pergamene  e  carte  sciolte  (2). 

Trascrissi  anzitutto  quasi  cinquanta  documenti,  che  ap- 
partengono al  regno  di  Pietro  I  dal  1283  al  1285,  traendoli 
dai  registri  di  quel  Re  e  da  alcune  pergamene,  e  che  con- 
cernono la  Sicilia.  Mi  sembrò  pure  utile  di  curare  la  trascri- 
zione dei  novantaquattro  documenti  omessi  dal  Carini  nel- 
l'edizione del  De  Rebus,  per  la  celerità  della  stampa  a  data 
obbligatoria,  traendone  egli  motivo  dalla  somiglianza  (come 
affermava)  che  riscontravasi  col  testo  di  concessioni  e  pro- 
vedimenti  già  riferito  da  lui  (3)j  Ne  tralasciai  d'investigare 


(1)  Offrirono  esteso  annunzio  della  nostra  missione  il  giornale  spa- 
gnuolo  Las  Noticias  di  Barcellona  del  20  settembre  1906,  n.  3823,  in 
America  il  Progresso  Italo  -  Americano  di  New  -  York  del  25  ottobre 
n.  °254,  ed  in  Italia  il  Giornale  di  Sicilia  del  10-11  ottobre,  n.  283.  Il  Pre- 
sidente sen.  Guarneri  ed  il  Segretario  generale  davano  notizia  alla  So- 
cietà di  Storia  Patria  in  Palermo,  a  9  settembre,  della  nostra  partenza 
per  la  Spagna,  ed  il  Guarneri  aggiungeva  :  «  La  loro  missione  è  già  in 
corso  di  esecuzione  con  larghe  speranze  di  ottimi  risultati».  Cfr.  Ar- 
chivio Storico  Siciliano,  an.  XXXI  (1906),  pag.  581  e  seg. 

(2)  Pochi  giorni  dopo  il  nostro  ritorno  in  Palermo  io  forniva,  a  11 
novembre,  comunicazione  a  voce  alla  Società  di  Storia  Patria  intorno 
alla  missione  compiuta ,  e  quella  breve  relazione  fu  accolta  con  entu- 
siasmo. V.  Arch.  Stor.  Sic.  an.  XXXI  cit.,  pag.  586  e  seg. 

(3)  Tali  documenti,  dei  quali  Carini  fornì  il  solo  sunto,  saranno  da 
me  pubblicati  in  una  seconda  Appendice,  oltre  quella  edita  dal  Silvestri 
nel  1892,  e  che  è  ancor  essa  incompleta,  sebbene  ciò  non  abbia  il  Sil- 
vestri rilevato,  notando  anzi  nella  copertina  :  «  Nel  fascicolo  XIII  ver- 
ranno pubblicati  l'indice  e  la  prefazione».  Non  potè  poi  dar  nulla,  per- 
chè egli  non  teneva  le  copie  dei  documenti,  che  Carini  non  trascrisse. 


PREFAZIONE  LXI 


l'epoca  del  regno  di  Alfonso  III,  primogenito  del  Re  Pietro  I, 
e  suo  successore  nell'Aragona  dal  1285  al  1291,  esaminando 
e  copiando  oltre  i  documenti  in  pergamena  ,  dei  quali  die 
i  sunti  il  Carini,  anco  quelli  che  riferivansi  alla  Sicilia,  tra 
i  ventisette  registri  del  suddetto  Re,  che  non  erano  stati  af- 
fatto ricercati  dal  Carini,  ma  che  offrono  però  per  quel  primo 
periodo  di  dominio  aragonese  notizie  nuove  ed  importanti. 
Da  tali  indagini  ricavai  altri  quarantotto  documenti,  e  di  essi 
ne  ho  dato  in  luce  ventitré  in  una  speciale  memoria  ,  che 
ricorderò  fra  non  guari. 

Dovetti  poi  attentamente  esaminare  e  svolgere  per  ogni 
foglio,  perchè  sprovvisti  di  indici,  non  meno  di  venticinque 
estesi  registri,  e  di  fìtta  e  minuta  scrittura,  del  regno  di  Gia- 
como per  l'epoca  che  si  riferisce  al  dominio  di  lui  in  Sicilia 
tenuto  insieme  a  quello  dell'Aragona,  cioè  agli  anni  1291  a 
1296  ,  e  ne  ho  tratto  una  messe  abbondantissima  di  oltre 
mille  documenti  riguardanti  la  Sicilia  (1).  Per  il  tempo  an- 
teriore della  Luogotenenza  di  Giacomo  nell'isola  (1283  - 1285), 
e  poi  del  regno  di  lui  sino  al  1291,  nessun  registro  invece 
ho  rinvenuto,  rimanendo  così  provato  che  quei  preziosi  re- 
gistri, propri  della  Cancelleria  regia  siciliana,  non  furono  dal 
Re  Giacomo  nel  1291  trasportati  con  sé  nella  Catalogna,  e 
che  si  perdettero  anzi  nella  Sicilia,  fra  le  guerre  delle  età 
che  seguirono.  E  inesatta  quindi  l'affermazione  dell'esimio 
prof.  Botet  y  Sisò,  che  nel  1909,  trattando  delle  monete  ca- 
talane, diceva  per  quel  periodo,  per  il  quale  non  aveva  po- 
tuto ricavare  alcun  documento  :  «  Es  naturai,  doncs,  que  'ls 


(1)  Essi  formeranno  la  parte  principale  del  volume  secondo  di  quest'o- 
pera. 


LXI1  PREFAZIONE 


documents  d'  aquesta  epoca  's  troben  als  arxius  de  Sici- 
lia» (1). 

Altra  utile  fonte  di  ricerche  furono  per  me  le  pergame- 
ne del  tempo  di  Giacomo  11,  le  quali  complessivamente  sono 
in  numero  straordinario,  né  ancor  tutte  inventariate  e  de- 
scritte. Tra  2520  di  esse  mi  riuscì  di  trarne  quarantasei  do- 
cumenti che  concernono  specialmente  V  isola ,  anche  per  i 
rapporti  con  gli  Angioini  e  le  vicende  di  guerra. 

3.  Né  in  tal  modo  era  per  me  finito  il  lavoro  nell'Archi- 
vio di  Barcellona,  poiché  rimaneva  ancora  ad  esaminare  l'e- 
stesa collezione  di  documenti  in  carta  del  regno  di  Giaco- 
mo II  (1291  -1327),  nella  quale  rin vietisi  la  reciproca  corri- 
spondenza tenuta  dal  Re  Federico  II  aragonese  e  dal  fra- 
tello Giacomo  e  dai  loro  ambasciadori  ed  officiali  per  quegli 
anni,  su  quanto  riguardava  il  governo  e  le  condizioni  della 
Sicilia.  Tali  scritture  sono  designate  col  nome  di  Cartas  suel- 
tas  o  con  l'altro  di  Cartas  reales  diplomaticas  del  rey  Jaime  IL 
Sono  conservate  in  particolari  scatole  o  cassette  di  legno 
(cajones),  ed  avvolte  con  tela  internamente  e  numerate  pro- 
gressivamente. Ogni  scatola  ne  racchiude  circa  duecento  (2). 

La  prima  serie  di  esse  contiene  le  scritture  con  data  cer- 


(1)  Botet  y  Sisó,  Les  monedes  catalanes.  Barcelona,  1909,  voi.  II, 
pag.  80.  —  Si  ha  la  menzione  tanto  della  Casa  dell'Infante  Giacomo  in 
Sicilia,  quanto  dello  scrittore  dell'amministrazione  (porcionis)  delle  mi- 
lizie a  piedi  ed  a  cavallo  e  dei  familiari  della  Casa  medesima  nel  1283, 
in  un  documento  del  Re  Pietro  I  dato  da  Trapani  a  4  maggio,  prima 
di  partire  dalla  Sicilia.  Cfr.  Carini,  De  rebus  cit.  ,  pag.  631  e  seg.  do- 
cumento DCCXI. 

(2)  La  carta  di  quei  documenti  spesse  volte  per  V  antichità  riesce 
così  fragile  al  tatto,  che  sembra  che  si  disgreghi  e  si  volatilizzi,  diven- 
tando quasi  impalpabile. 


PREFAZIONE  LXIII 


ta,  che  rilevasi  dal  documentos  stesso,  denominate  Cartas 
reales  con  fecha.  Comincia  con  alquanti  documenti  della  fine 
del  secolo  XII  e  della  prima  metà  del  seguente;  ma  dal 
n.  167  si  è  già  fra  quelli  dell'anno  1283,  e  dal  n.  216  fra  gli 
altri  del  1291  in  poi,  cioè  dall'inizio  del  regno  di  Giacomo  II, 
donde  è  provenuto  il  nome  di  Cartas  sueltas  de  Jaime  II, 
perchè  (tranne  una  breve  parte  iniziale)  la  serie  di  quelle 
Cartas  sueltas  appartiene  al  regno  di  Giacomo.  Le  scrittu- 
re con  data  certa  sino  all'anno  1327  sono  in  tutto  0744. 

Si  ha  dal  n.  9745  al  10275  un'altra  serie  dei  documenti 
senza  data ,  o  Cartas  sin  fecha ,  ma  con  la  sola  indizione. 
Esse  sono  ordinate  soltanto  secondo  il  numero  della  indi- 
zione, dalla  I  alla  XV,  la  quale  però  per  il  regno  di  Gia- 
como II  può  ricorrere  quasi  tre  volte,  ed  è  necessario  quindi 
determinare  con  precisione  l'anno  per  non  incorrere  nell'e- 
quivoco di  altra  indizione  (1).  Una  terza  serie  dal  n.  10276 
sino  al  13468  contiene  poi  le  scritture  senza  data  né  di  anno, 
né  di  indizione,  ma  con  quella  del  mese,  fechadas  solo  por 
mes  ;  ed  un'ultima  serie  le  scritture  che  non  offrono  alcuna 
nota  né  di  indizione  né  di  mese,  le  quali  sono  in  tutto  1964. 
Esiste  finalmente  un' Apéndice  (come  vien  designata)  di  oltre 
2300  scritture  in  carta  senza  alcuna  data. 

Il  complesso  di  tutte  queste  scritture  della  corrisponden- 
za del  regno  di  Giacomo  II  sorpassa  pertanto  il  numero  di 
17700.  Tali  scritture  ho  dovuto ,  insieme  con  mio  fratello  , 
rovistare  interamente  per  ricercare  quanto  concernesse  la 
Sicilia,  ed  ho  potuto  da  tale  indagine  ricavare  trecentoven- 


(1)  Di  quanta  importanza  sia  il  determinare  quel  computo  non  oc- 
corre che  io  dica,  poiché  è  noto  che  spesso  cotali  errori  di  data  reca- 
rono gravi  inconvenienti  anco  da  parte  di  riputati  diplomatisti. 


LXIV  PREFAZIONE 


tisei  documenti  assai  importanti,  che  sono  stati  da  me  tra- 
scritti. Deve  notarsi  però  che  di  essi  ne  rinvenni  soltanto 
trentadue  fra  le  scritture  con  data,  mentre  gli  altri  duecen- 
tonovantaquattro  appartengono  a  quelli  senza  data  ;  onde 
mi  fu  poi  necessario  per  tutti  cotali  documenti  fare  un  ac- 
curato studio  del  contenuto  di  ognuno  di  essi  e  delle  men- 
zioni di  fatti  e  di  persone,  per  assegnare  la  data  che  vi  spet- 
ta, e  che  non  si  ricava  dal  documento  medesimo  (1). 

Avevan  termine  così  con  felice  risultato  le  mie  estese  e- 
splorazioni  nell'Archivio  della  Corona  d'Aragona ,  il  quale 
serba  in  un  grandioso  salone  a  due  piani ,  come  in  una 
galleria ,  in  molti  e  lunghi  palchetti   a   piramide   i   registri 


(1)  Finke,  Ada  aragonensia.  Quellen  cit.  v.  I  (1908),  nella  introduzione 
{Einleitung)  pag.  LXVII  a  LXXI1,  fornisce  alquante  notizie  su  le  Cartas 
reales  diplomaticas  Jaymes  II,  che  egli  studiò  per  la  sua  svariata  col- 
lezione di  documenti  d'  ogni  genere  e  per  diverse  parti  d'  Europa.  Ri- 
leva altresì  la  moltiplicità  di  materie  che  si  trattano  in  quelle  Cartas. 
A  pag.  XXVIII  ricorda  il  Finke  che  in  una  descrizione  dell'  Archivio 
di  Barcellona ,  composta  dall'  archivista  Pere  Benet  negli  anni  1598  a 
1601  ,  si  fa  cenno  di  «  armaria  a  dextris  et  a  sinistris  huius  aule  in- 
fìxa  »  nell'ingresso  dell'  edifìcio  ,  che  contenevano  le  Cartas  reales ,  le 
quali  non  erano  state  riordinate  da  alcuno  :  «  quod  a  biscentum  annis 
citra  nullus  mortalium  fuit  inventus  qui  chartas  et  instrumenta  in  eis 
recondita  secundum  ipsum  ordinem  dividerete,  tanto  che  il  Benet  cre- 
dette utile  di  riunirle  in  due  sacchi,  uno  dei  quali  conteneva  le  carte 
papali  e  l'altro  insignificanti  scritture  (come  diceva  egli,  che  non  rico- 
nosceva altri  che  il  Papa).  Il  Finke  nel  computo  della  quantità  delle 
scritture  in  carta  per  le  varie  suddivisioni  incorre  talvolta  in  equivoco. 
Egli  nota  giustamente  che  in  nessun  archivio  del  mondo  si  trovano 
per  l'epoca  sino  al  1300  tante  migliaia  di  documenti  in  carta  :  «  Kein 
Archiv  der  Welt  diirfte  um  1300  so  viele  Tausende  von  Papier  schrif- 
stiicken  aufzuweisen  haben»  (pag   LXVIII). 


PREFAZIONE  LXV 


della  Cancelleria  regia  aragonese,  ed  in  altri  le  pergamene 
conservate  a  rotolo  e  verticalmente  per  fasci  di  circa  cin- 
quanta di  esse ,  ed  in  altri  ancora  centinaia  di  cassette  in 
legno  contenenti  le  scritture  in  carta ,  delle  quali  ho  fatto 
menzione. 

Nessuna  traccia  rinvenni  però  di  queir  «  archa  Cartharum 
et  bullarum  papalium  prò  facto  Siciliae  tempore  domini 
Iacobi  secundi  Aragonum  et  Sicilie  regis  »,  che  il  diploma- 
tista Antonino  Amico  nella  prima  metà  del  secolo  XVII  ri- 
cordava come  esistente  nell'  Archivio  di  Barcellona  (1) ,  e 
della  quale  il  Direttore  de  Bofarull  mi  diceva  di  non  aversi 
notizia.  Credo  però  che  sì  tratti  appunto  della  serie  delle 
Cartas  reales  ordinata  piuttosto  alla  rinfusa  dal  Pere  Benet, 
con  preferenza  alle  carte  ecclesiastiche,  probabilmente  verso 
la  fine  del  secolo  XVI,  e  che  dopo  potè  subire  qualche  cam- 
biamento nella  conservazione  materiale  (2). 

E  qui  mi  è  d'uopo  di  aggiungere  nuovamente  le  espres- 
sioni della  mia  gratitudine  al  Console  generale  d'Italia  cav. 
uff.  David  De  Gaetani  ed  al  Viceconsole  cav.  Antonino  D'A- 
lia (che  curarono  pure  le  pratiche  col  Ministero  del  Fomento 
e  l'Ambasciatore  d'Italia  a  Madrid  nob.  comm.  Giulio  Silve- 
strelli),  al  Direttore  dell'Archivio  comm.  Francesco  de  Bo- 
farull y  Sans  ed  all'Archivista  prof.  Edoardo  Gonzàlez  Hur- 
tebise  per  le  grandi  cortesie  usatemi.  Di  essi,  il  Console  ed 
il  Viceconsole  non  trovansi  ora  più  in  Barcellona,  il  Diret- 


(1)  Cfr.  Testa,  De  vita  et  rebus  gestis  Friderici  II  cit.,  pag.  237. 

(2)  Si  veda  la  mia  nota  precedente  su  Pere  Benet.  Sembra  pertanto 
infondata  l'opinione  del  Finke  cit.,  pag.  XX Vili  che  quelle  Cartas  reales 
nemmeno  fossero  note  al  Sorita,  che  poteva  bensì  a  suo  agio  ricercar 
quell'Archivio. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  e 


LXVI  PREFAZIONE 


tore  de  Bofarull  è  stato  collocato  a  riposo,  e  tiene  invece 
da  alquanti  anni  degnamente  la  direzione  il  suddetto  prof. 
Hurtebise ,  che  si  distingue  per  la  competenza  e  1'  erudi- 
zione negli  studi  diplomatici  e  storici. 

4.  Nell'anno  1907  veniva  fondato  in  Barcellona  Ylnstitùt 
d'Estudis  Catalans ,  che  ha  per  iscopo  (come  è  detto  nel 
Dictamen  -  Acord  de  Constitució)  «la  missió  d'investigar  y 
publicar  treballs  de  caràcter  històrich ,  literari  y  juridich , 
sense  perjudici  d'ampliarlo  després  a  totes  les  altres  cien- 
cies  morales».  UInstitut  ha  pubblicato  dal  1907  sinora  molti 
volumi  in  4°  grande  di  Anuari  con  erudite  memorie  storiche 
ed  archeologiche,  corredate  spesso  "da  numerose  e  splendide 
incisioni. 

L'illustre  prof.  Antonio  Rubió  y  Lluch,  il  dotto  esposi- 
tore delle  vicende  del  dominio  catalano  in  Grecia,  e  degno 
Presidente  dell'Istituto,  mi  invitava  benevolmente  nel  1908 
a  comporre  qualche  memoria  per  V Anuari  (1).  Io  aderii  con 
animo  grato,  e  per  il  lieto  ricordo  altresì  della  mia  nomina 
(al  pari  di  mio  fratello)  a  Corrispondente  straniero  della 
Beai  Academia  de  Buenas  Letras  di  Barcellona,  potendo  così 
aggiungere  fra  le  importanti  memorie  di  quella  rivista  del- 
Ylnstitut  anco  la  notizia  degli  avvenimenti  della  Sicilia,  che 
per  oltre  un  secolo  ebbe  comuni  tradizioni  con  la  Catalogna. 

Venne  in  luce  pertanto  nell'andari  del  1908  la  mia  me- 
moria intitolata  Documenti  su  le  relazioni  del  Be  Alfonso  III 


(])  Egli  si  degnava  scrivermi  a  15  dicembre  1908:  *  Vous  qui  avez 
fait  dans  nos  archives  de  si  longues  recherches  au  sujet  des  documents 
pour  l'histoire  de  la  Sicile  au  temps  de  rois  Aragonais,  pouvez  facile- 
ment  faire  un  travail  bien  intéressant  sur  quelque  point  non  étudié 
encore  » . 


PREFAZIONE  LXVII 


di  Aragona  con  la  Sicilia  (1285  - 1291).  In  essa  ricordai  le 
scarse  notizie  che  avevansi  sul  regno  di  Alfonso  III  e  su  i 
rapporti  con  l'isola,  ed  esposi  quanto  si  ricavava  per  la  sto- 
ria di  Sicilia  dai  documenti  da  me  ricercati  in  Barcellona, 
dei  quali  diedi  in  fine  il  testo  intero  (1).  Così  tre  anni  dopo 
della  missione  in  Ispagna  io  pubblicava  una  prima  parte 
dei  documenti  da  me  ricercati  nell'  Archivio  della  Corona 
d'Aragona.  Il  chiaro  storico  Michelangelo  Schipa,  nel  dare 
cortese  annunzio  della  mia  memoria,  in  tal  modo  conchiu- 
deva :  «  Ora  ci  rimane  più  acuto  il  desiderio  di  veder  pre- 
sto alla  luce  tutto  il  Codice  diplomatico  che  1'  autore  pro- 
mette »  (2).  Neil' Archivio  Storico  Siciliano  l'egregio  prof.  Lu- 
dovico Perroni  -  Grande  riportava  altresì  per  comodo  degli 
studiosi  gli  argomenti  premessi  ai  documenti  da  me  rife- 
riti nel  loro  testo  (3). 

5.  Durante  la  coordinazione  di  tutto  1'  esteso  materiale 
da  me  raccolto  in  Ispagna  con  l'altro  già  riunito  in  Palermo 
e  nei  viaggi  in  Sicilia  e  nel  continente,  e  con  quanto  ricava- 
vasi  da  raccolte  ed  opere  a  stampa,  non  ho  tralasciato  si- 
nora di  occuparmi  (fra  altre  monografìe  di  diverso  argo- 
mento pur  date  in  luce)  dell'epoca  aragonese  in  Sicilia  con 
speciali  lavori  e  memorie,  che  fossero  quasi  indispensabile 
preparazione  alla  pubblicazione  del  Codice  diplomatico. 


(1)  Cfr.  Armari  {1908)  de  V  Institut  d'  Estudis  Catalans.  Barcelona  , 
Palau  de  la  Deputació,  1909,  voi.  II,  pag.  337-363.  I  ventitré  documenti 
da  me  pubblicati  sono  nelle  pag.  346-363.  Alcuni  documenti  che  riguar- 
dano più  direttamente  la  Sicilia  ed  il  suo  governo  sono  da  me  riferiti 
in  questo  Codice  diplomatico.  La  rivista  catalana  Anuari  si  trova  nelle 
principali  biblioteche  d'Italia. 

(2)  Rivista  Storica  Italiana.  Torino,  1911,  voi.  XXVIII,  pag.  195  eseg. 

(3)  Arch.  8tor.  Siciliano,  an.  XXXVII  (1912),  pag.  549-551. 


LXVIII  PREFAZIONE 


Proseguiva  così  quanto  aveva  iniziato  prima  di  recarrai 
in  Barcellona,  dando  in  luce  nel  1905  la  memoria  su  i  Fram- 
menti di  due  registri  originali  degli  anni  1353  -  55  di  Ludo- 
vico d'Aragona,  Re  di  Sicilia,  già  da  me  accennata,  e  poi 
nel  1906  il  volume  su  Le  Pandette  delle  gabelle  regie,  antiche 
e  nuove,  di  Sicilia  nel  secolo  XIV,  nel  quale  si  rivelano  in 
modo  sicuro  i  sistemi  economici  e  dei  tributi  adottati  nella 
isola  in  quei  tempi,  e  che  erano  rimasti  incerti  anco  fra  le 
acute  indagini  del  Gregorio  (1).  Dava  fuori  nello  stesso  anno 
1906  la  mia  memoria  Su  l'uso  della  registrazione  nella  Can- 
celleria del  regno  di  Sicilia  dai  Normanni  a  Federico  111  di 
Aragona  (1130  - 1377),  per  la  quale  non  occorre  che  rilevi  la 
importanza  dell'argomento,  specialmente  per  quest'opera,  a- 
vendone  altresì  discorso  antecedentemente  (2). 

Dopo  il  mio  ritorno  dalla  Spagna  credetti  utile  pubbli- 
care nel  1907  1'  altra  monografia  intorno  ai  Capitoli  angioini 
sul  diritto  di  sigillo  della  Cancelleria  regia  per  la  Sicilia 
posteriori  al  1272,  che  ho  dimostrato  essere  rimasti  in  vigore 
durante  l'epoca  aragonese,  e  che  formano  perciò  necessario 
complemento  all'altra  mia  memoria,  or  ricordata,  Su  l'uso 
della  registrazione  (3).  La  ripresa  della  guerra  di  Sicilia  dopo 


(1)  Il  dotto  G.  Baskervillb  nella  English  Historical  Beview  di  Lon 
dra,  an.  1909 ,  pag.  779  e  seg.  notava  benevolmente  :  «  He  [Signor  La 
Mantia]  thus  makes  another  and  considerable  addition  to  the  eminent 
services,  which  he  has  rendered  to  the  study  of  history  of  the  native 
island  .  .  .  Its  contents  [of  this  hook]  are  of  considerable  value  for 
the  study  of  Mediteranean  trade  relations  in  the  middle  ages  ». 

(2)  Nella  Bevue  historique.  Paris,  1907,  t.  XCIII,  pag.  461,  nel  dar- 
ne annunzio  si  diceva  :  «  Cette  étude  semble  la  préface  du  Codex  di- 
plomaticus  de  rois  aragonais  de  Sicile  1282-1355,  dont  M.  La  Mantia  an- 
nonce  dès  maintenaut  la  prochaine  publication  ». 

(3)  Mi  dispenso  dal  fornire  le  altre  indicazioni  bibliografiche  più 
sopra  notate. 


PREFAZIONE  LX1X 


il  decennio  dalla  pace  del  1302  ed  il  sistema  di  nuove  im- 
poste, che  dovettero  allora  stabilirsi,  mi  apprestarono  argo- 
mento per  altra  memoria,  che  pubblicai  nel  1910  col  titolo 
La  Guerra  di  Sicilia  contro  gli  A  ngioini  negli  anni  1313-1320 
e  la  data  dei  Capitoli  di  nuove  gabelle  regie  per  le  galere  e 
la  difesa  del  regno.  Il  reputato  storico  Jacques  Rambaud,  che 
ne  dava  notizia  nel  Journal  des  Savants,  rilevava  opportu- 
namente per  quei  Capitoli ,  oltre  l' importanza  economica 
e  finanziaria,  che  «  leur  intérét  n'est  pas  moindre  au  point  de 
vue  politique  :  rien  ne  prouve  mieux  peut  -  étre  l'animosité 
des  Siciliens  contre  ces  Napolitains,  auxquels  la  fortune  les 
a  si  souvent  associés  »  (1). 

Alla  Reale  Accademia  di  Scienze,  Lettere  e  Belle  Arti  di 
Palermo,  nella  quale  era  stato  ammesso  nel  1910  ,  reputai 
mio  dovere  nello  stesso  anno  di  fornire  una  precisa  comu- 
nicazione su  le  ricerche  da  me  fatte  in  Ispagna  sul  regno 
di  Alfonso  HI  d'Aragona  e  su  la  pubblicazione  della  mia  me- 
moria, insieme  al  testo  dei  documenti  che  riferisconsi  alla 
Sicilia,  nella  rivista  Anuari  de  VInstitut  d'Estudis  Catalans; 
e  tale  comunicazione  col  titolo  Intorno  ai  documenti  riguar- 
danti le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la  Sici- 
lia negli  anni  1285  e  1291  si  trova  inserita  negli  Atti  della 
suddetta  R.  Accademia  (2). 


(1)  Vedi  Journal  des  Savants,  publié  sous  les  auspices  de  l'Institut  de 
France.  Nouvelle  Sèrie,  année  10e.  Paris,  1912,  pag.  475  e  seg.  Il  Ram- 
baub  ricordava  in  tale  occasione:  «  M.  La  Mantia,  le  savant  archiviste 
de  Palerme ,  ajoute  un  nouveau  complément  à  ses  travaux  sur  les  an- 
ciens  impóts  de  Sicile». 

(2)  È  nel  voi.  IX  della  Serie  3a  degli  Atti,  an.  1911.  Ricordava  al- 
lora che  quella  mia  memoria  era  stata  destinata  ad  un'importante  ri- 
vista straniera,  «  quasi  che  l'augurio  della  pubblicazione  del  Codice  di- 
plomatico non  avesse  dovuto  trarsi  se  non  dall'estero  ». 


LXX  PREFAZIONE 


Le  altre  mie  recenti  memorie,  cioè  quella  Su  i  più  an- 
tichi Capitoli  della  città  di  Palermo  dal  secolo  XII  al  XIV 
e  su  le  condizioni  della  città  medesima  negli  anni  1354  a  1392 
edita  nel  1915  (1),  e  l'altra  intitolata  Messina  e  le  sue  pre- 
rogative dal  regno  di  Ruggiero  II  (1130  - 1154)  alla  corona- 
zione di  Federico  li  aragonese  (1296)  venuta  fuori  nel  1916  (°2), 
non  sono  estranee,  come  ben  si  scorge,  all'epoca  arago- 
nese, trovandosi  anzi  nella  prima  gl'importantissimi  Capitoli 
inediti  del  1346,  approvati  dal  Re  Ludovico,  intorno  ai  prov- 
vedimenti sul  lusso,  per  i  quali  l'illustre  conte  Emanuele  Ro- 
docanachi  acutamente  osservava:  «  Les  mèmes  mesures  s'im- 
posaient  d'ailleurs  vers  le  mème  temps  à  Florence,  car  là  é- 
galement  on  rivalisait  de  faste  dans  les  cérémonies  de  la  vie 
privée;  ceux  quela  banque  ou  le  commerce  avaient  enrichis 
tenaient  fort  à  le  montrer  »  (3)  ;  e  nell'  altra  riferendosi  i 
Capitoli  pure  inediti  del  1296,  che  ottennero  l'approvazione 
del  Re  Federico  II  aragonese,  e  che  spargono  tanta  luce  su 
le  condizioni  di  Messina  in  quei  tempi  e  negli  anteriori. 

In  tal  modo  dalla  seconda  metà  dell'anno  1906  non  sol- 
tanto ho  atteso  alla  più  precisa  e  diffinitiva  preparazione 
del  Codice  diplomatico,  ma  ho  esposto  altresì,  in  lavori  e  me- 
morie particolari,  notizie  molteplici,  corredate  dal  testo  di 
documenti,  e  che  giovano  alla  miglior  conoscenza  di  un'e- 
poca, che  può  dirsi  di  rinnovamento  per  la  Sicilia. 


(1)  Nell'Archivio  Storico  Siciliano,  an.  XL,  pag.  390  e  seg. 

(2)  Fu  pubblicata  pure  neli' Arch.  Storico  Siciliano,  ari.  XLI,  p.  491 
e  seg. 

(3)  Journal  des  Savants.  Nouv.  Sèrie,  année  15e.  Paris ,  1917,  p.  44 
e  seg.,  nella  recensione  della  suddetta  memoria. 


PREFAZIONE  LXXI 


§.  IV.  —  1.  Ricerche  da  me  fatte  nei  lavori  storici  e  nelle 
collezioni  diplomatiche  per  raccogliere  notizie  e  testi  di  docu- 
menti aragonesi.  —  2.  Coordinazione  del  materiale  inedito  rac- 
colto negli  archivi  di  Sicilia,  del  continente  e  di  Spagna  con 
quanto  si  ricava  da  opere  a  stampa.  '■ —  3.  Notizie  su  le  cro- 
nache ed  i  principali  lavori  storici  d'indole  generale  concer- 
nenti il  periodo  aragonese  dal  1282  al  1355. 

1.  Per  la  formazione  di  questo  Codice  diplomatico  ho  do- 
vuto altresì  accuratamente  ricercare  moltissime  pubblicazioni 
di  storia  siciliana,  tanto  d'indole  generale  che  di  particolare 
argomento ,  e  ne  ho  ricavato  una  serie  estesa  di  notizie  e 
molti  testi  di  documenti;  il  quale  risultato  non  solo  arreca 
vantaggio  per  la  migliore  integrità  della  serie,  anco  per  do- 
cumenti ora  perduti  in  alcuni  archivi  dell'isola,  ma  giova  a 
fornire  maggior  chiarimento  intorno  a  quegli  altri  che  da 
me  sono  stati  desunti  da  vari  archivi,  e  spesso  a  trarre  la 
prova  dell'  autenticità  o  falsità  di  alcuni  documenti.  In  tal 
modo  V  ampia  indagine  dei  documenti ,  che  si  conservano 
tuttavia  negli  archivi ,  viene  a  completarsi  con  1'  altra  che 
giova  a  riconoscere  quanti  di  cotali  documenti  fossero  noti 
agli  antichi  e  moderni  scrittori ,  e  si  può  riunire  tutta  la 
materia  dell'opera,  senza  tralasciarne  alcuna  parte,  che  rie- 
sce veramente  indispensabile. 

Le  storie  municipali  scritte  nei  tempi  antichi  sovente  con 
molta  erudizione,  e  le  altre  pubblicate  nell'età  moderna,  tal- 
volta con  critica  migliore  o  per  lo  meno  con  nuova  o  più 
estesa  ricerca  delle  fonti,  sono  state  di  grande  utilità  per  il 
mio  scopo.  I  lavori  di  argomento  speciale  mi  hanno  fornito 
spesso  notizie  interessanti  anco  per  nuove  ricerche  in  ar- 


LXXII  PREFAZIONE 


chivi  dell'isola,  od  il  testo  di  documenti  che  non  era  dato 
di  rinvenire  altrove  (1). 

Ho  esteso  inoltre  la  minuta  indagine  su  lavori  storici  e 
diplomatici  italiani.  È  ben  noto  come  fossero  continue  le 
relazioni  tra  il  continente  italiano  e  l'isola  nelle  vicende  di 
questa  prima  epoca  aragonese;  e  pertanto  le  pubblicazioni 
storiche  ed  anco  le  collezioni  diplomatiche,  le  quali  con- 
cernono l'Italia,  e  specialmente  le  repubbliche  veneta ,  ge- 
novese e  pisana,  gli  stati  della  Chiesa  ed  il  regno  di  Napoli 
(cioè  la  parte  di  terraferma)  mi  hanno  offerto  contributo 
notevole  di  menzioni  di  fatti  ed  altresì  testi  e  ricordi  di  do- 
cumenti. 

Né  solo  alle  opere  siciliane  ed  italiane ,  ma  pure  alle 
straniere  mi  conveniva 'porre  ogni  studio  nella  ricerca.  La 
Francia,  l'Inghilterra,  la  Spagna,  talora  anche  la  Germania 
e  la  Grecia,  e  le  regioni  dell'Oriente  latino,  e  spesso  quelle 
dell'Africa  settentrionale,  implicate  nelle  vicende  di  tale  e- 
poca,  fra  guerre  continue,  ambascerie  e  trattati,  forniscono 
nelle  antiche  e  recenti  pubblicazioni  storiche  e  nelle  raccolte 
diplomatiche  d'Europa  (alcune  delle  quali  sono  veramente 
insigni)  materiale  importante  riguardo  a  pratiche  diploma- 


(1)  Per  la  Sicilia  occorrerebbe  che  ampi  lavori  storici  per  ogni  co- 
mune fossero  dati  alla  luce,  evitando  così  che  si  disperdano  documenti, 
manoscritti  ed  oggetti  d'arte,  e  curando  insieme  di  esporre  le  molteplici 
notizie,  che  si  desumono  dall'archivio  della  capitale  antica  dell'  isola. 
L'abolizione  della  feudalità  (1812)  trasse  con  sé  la  perdita  di  non  po- 
chi archivi  e  documenti  di  comuni  feudali,  che  erano  la  maggior  parte 
negli  anteriori  ordinamenti.  Dopo  la  soppressione  delle  corporazioni  re- 
ligiose (1866)  seguì  ancora  un  rimescolamento  di  vetuste  pergamene  e 
scritture  di  famosi  monasteri,  e  fu  sorte  propizia  se  molte  poterono  sal- 
varsi con  accurata  vigilanza  degli  eruditi  e  patrioti. 


PREFAZIONE  LXXIII 


tiche  con  l'isola,  uè  mancano  talora  documenti  che  riescono 
a  dar  viva  luce  su  i  ricordi  di  avvenimenti  più  notevoli. 

Mi  dispenso  qui  dall'  offrire  un  elenco  di  tutte  cotali 
pubblicazioni,  che  peraltro  sono  al  proprio  luogo  ricordate 
nelle  note  di  quest'opera,  e  mi  limiterò  soltanto  ad  accen- 
nare che  ho  ampliato  la  ricerca  (quanto  più  mi  è  stato  pos- 
sibile) su  centinaia  di  lavori  di  ogni  genere  ed  argomento, 
storici,  diplomatici ,  letterari ,  giuridici  ed  ecclesiastici  e  di 
ogni  epoca  per  quanto  si  riferisce  al  medio  evo  ed  al  tempo 
che  forma  oggetto  dei  miei  studi  (1). 

2.  Riesce  evidente  che  occorreva  un  periodo  di  tempo 
non  breve  per  formare  la  coordinazione  di  migliaia  di  notizie 
e  di  documenti  (che  spesso  ripetonsi  in  lavori  antichi  e  nuo- 
vi, e  di  consimile  argomento),  in  rapporto  a  quanto  era  stato 
da  me  rinvenuto  negli  archivi  di  Sicilia ,  del  continente  e 
dell'estero.  Tale  lavoro  minuzioso  potè  da  me  fornirsi  in 
alcuni  anni ,  e  nei  limiti  che  le  mie  occupazioni  consenti- 
vano, né  senza  di  esso  avrei  potuto  in  alcun  modo  compiere 
il  lavoro  con  quella  serietà  di  proposito,  che  in  tal  genere 
di  pubblicazioni  si  richiede. 

Il  dar  fuori  i  soli  testi  dei  documenti  (anco  se  ricercati 
dovunque  è  possibile  rinvenirli  per  una  speciale  epoca)  sen- 
za ricordare  quanto  su  ognuno  di  essi  si  è  scritto,  e  quante 
edizioni  spesso  se  ne  sono  fatte  più  o  meno  con  integrità  od 
esattezza ,  è  una  fatica  che  riesce  assai  più  facile ,  perchè 
alla  semplice  trascrizione  (sia  quanto  si  voglia  accurata)  si 
fa  succedere  la  stampa,  destinata  a  fornire  la  collezione  di 


(i)  Fornirò  più  innanzi,  in  questo  paragrafo,  particolare  notizia  di 
alcuni  lavori  che  più  direttamente  han  rapporto  con  1'  argomento  di 
questo  Codice  diplomatico. 


LXXIV  PREFAZIONE 


documenti;  ma  gli  studiosi  restano  incerti  di  tutto  quel  che 
valga  a  dar  chiara  idea  di  testi  e  manoscritti ,  di  indagini 
storiche  e  di  osservazioni  diplomatiche  su  i  documenti  me- 
desimi, e  devono  andar  ricercando  notizie  frammentarie  ed 
isolate  in  qualche  opera  speciale,  e  spesso  senza  alcun  ri- 
sultato soddisfacente  (1). 

Ho  stimato  pertanto  che  la  notizia  della  ricerca  già  com- 
piuta o  del  testo  fornito  per  molti  documenti  in  lavori  sto- 
rici di  vario  genere  non  debba  assolutamente  mancare  in 
seguito  ad  ogni  documento,  al  quale  la  notizia  od  il  testo 
altrove  pubblicato  si  riferisce.  In  tal  modo  il  materiale  ine- 
dito trova  riscontro  con  quello  già  dato  in  luce ,  e  non  si 
lascia  inevitabile  adito  a  nuove  ricerche  per  la  migliore  no- 
tizia o  per  supplire  lacune,  che  gli  archivi,  per  i  danni  sof- 
ferti nelle  vicende  di  tempi  posteriori,  offrono  sovente  nella 
serie  dei  documenti  che  contengono. 

3.  Di  straordinaria  importanza  per  lo  studio  dei  docu- 
menti dell'  epoca  aragonese  dal  1282  al  1355  sono  le  cro- 
nache siciliane  di  Bartolomeo  di  Neocastro,  Nicola  Speciale, 
Saba  Malaspina  (nella  continuazione  data  dal  Gregorio),  del- 
l'Anonimo, accurato  ricercatore  di  documenti  che  spesso 
offre  nel  testo  intero,  e  di  Michele  di  Piazza  (2),  e  le  altre  del 


(1)  L'utilità  di  chiarimenti  e  note  nelle  raccolte  diplomatiche  è  sta- 
ta riconosciuta  sin  da  antico  tempo;  ma  essa  vedesi  adottata  in  varia 
misura,  e  talvolta  in  modo  assai  ristretto  e  quasi  per  sola  apparenza, 
come  se  alla  diplomatica  non  spettasse  1'  esame  dei  documenti  per  la 
paleograna  e  per  la  storia,  o  fosse  meglio  rinnovare  i  sistemi  degli  an- 
tichi Cartulario,  del  medio  evo,  nei  quali  si  curava  la  sola  trascrizione, 
e  questa  talvolta  trasformata  nell'ortografia ,  od  abbreviata  nel  testo. 
Nondimeno  in  opere  diplomatiche  di  alto  pregio  è  seguito  altro  sistema. 

(2)  Uua  breve  cronaca  che  perviene  al  1283  compose  pure  fra  Cor- 
rado, priore  in  Palermo  (Muratori,  Rerum  Hai.  script,  t.  1,  parte  2a, 


PREFAZIONE  LXXV 


Muntaner  e  del  D'Esclot  entrambi  catalani  (1).  Fra  queste 
cronache  si  rivive- nelle  agitazioni  e  nelle  aspirazioni  di  quei 
tempi.  Non  vi  è  avvenimento  notevole  che  non  sia  riferito,  e 
spesso  cou  le  più  minute  narrazioni  e  descrizioni,  e  con  for- 
ma letteraria  immaginosa  e  di  pura  latinità  o  di  vivace  e- 
spressione  catalana.  L'aver  voluto  talora  trascurar  di  seguire 
•quanto  quelle  cronache  espongono,  con  l'autorità  indiscuti- 


pag.  277)  ed  altra  il  frate  Atanasio  di  Aci  sul  viaggio  del  Re  Giacomo 
in  Catania  nel  1287  (Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  t.  1  ,  pag.  279)  ;  ma 
di  quest'  ultima  cronica  si  dubita  ora  della  sua  autenticità ,  e  ne  ha 
scritto  Vincenzo  De  Gaetano  ,  La  vinuta  di  lu  Be  Iapicu  in  Catania. 
Ivi,  1898. 

(1)  Ricordo  qui  per  brevità  l'edizione  del  Gregorio,  Bibl.  script,  arag. 
cit.  (anche  per  il  motivo  che  Gregorio  nelle  erudite  notizie  premesse 
ad  ogni  cronaca  offre  speciale  menzione  delle  edizioni  anteriori),  e  per 
il  Muntaner  ed  il  D'Esclot  quella  data  dal  Buchon,  Chroniques  etran- 
gères  relatives  aux  expéditions  francaises  pendant  le,  XIIIe  siede.  Paris, 
1841.  La  cronaca  del  Neocastro  ha  inizio  dal  1250  e  termina  al  1293, 
quella  di  Speciale  va  dall'anno  1282  sino  al  1337,  la  continuazione  del 
Saba  Malaspina  dal  1276  al  1285.  L'  Anonimo  dopo  brevi  ricordi  del- 
l'età remote  della  Sicilia  perviene  al  tempo  svevo  ,'  donde  comincia  la 
più  minuta  e  metodica  narrazione  che  termina  al  1342 ,  e  Michele  di 
Piazza  narra  gli  eventi  del  1337 ,  inizio  del  regno  di  Pietro  II ,  sino 
al  1361.  Il  Muntaner  fornendo  innanzi  alquante  notizie  per  gli  anni 
1204  a  1274  prosegue  poi  con  debita  proporzione  sino  al  1328 ,  ed  il 
D'Esclot  trae  cominciamento  con  alcuni  cenni  su  Alfonso  I  Re  d'Ara- 
gona dal  1104 ,  e  suoi  successori,  e  si  estende  nel  narrare  i  fatti  del 
principio  del  secolo  XIII  e  degli  anni  seguenti  sino  al  1285.  Le  crona- 
che del  Neocastro  e  del  Saba  Malaspina  (con  la  continuazione  sino 
al  1285)  furono  ristampate  nel  1868  da  Giuseppe  Del  Re,  Cronisti  e  scrit- 
tori sincroni  napoletani.  Napoli,  voi.  II,  pag.  205-627.  Il  prof.  Valen- 
tino Labate  die  in  luce  la  monografia  Un  precursore  siciliano  dell'  u- 
nesimo  Niccolò  Speciale  (negli  Atti   dell'  Accademia  dei   Zelanti  di  Aci- 


LXXVI  PREFAZIONE 


bile  che  proviene  dall'  esser  composte  da  scrittori  contem- 
poranei ,  testimoni  dei  fatti  e  pieni  di  gravità ,  nonostante 
che  le  passioni  del  tempo  e  lo  spirito  di  parte  commoves- 
sero l'animo  loro,  è  riuscito  una  vera  delusione,  perchè  una 
cronaca  trova  sovente  neh'  altra  la  sua  conferma ,  anche 
nelle  nuove  notizie  ed  espressioni  che  essa  offre,  e  la  voce 
dei  contemporanei  (non  è  infrequente)  corrisponde  ai  docu- 
menti ,  nei  quali  si  ricordano  quei  fatti  con  le  parole  dei 
segretari  e  dei  Cancellieri  delle  Corti  sovrane.  In  quei  tempi 
la  cronaca  rappresentava  la  vera  testis  temporum  ,  poiché 
mancavano  il  giornale  ed  i  libri  di  storia  (1). 


reale ,  voi.  IX  ,  1898).  Una  pregevole  memoria  (con  documenti  inediti) 
su  la  biografìa  del  Muntanbr  ha  scritto,  non  è  guari ,  l' illustre  prof. 
Francesco  Almarche  y  Vàzquez  col  titolo  :  Ramon  Muntaner  Cronista 
dels  Reys  de  Aragó,  ciutadà  de  Valencia.  Barcelona ,  1910.  Cfr.  la  mia 
recensione  nell'  Arch.  Stor.  Sicil.  voi.  XXXVII  (1912)  ,  pag.  533  e  seg. 
Su  le  edizioni  del  D'Esclot  si  vedano  le  importanti  notizie  fornite  dal 
Buchon  cit.  pag.  LXIX  e  seg.,  che  pubblicò  il  primo  il  testo  originale. 
Nel  1860  Antonio  De  Bofarull  die  una  nuova  edizione  del  testo  ca- 
talano del  Muntaner,  non  più  riprodotto  dal  secolo  XVI,  se  non  nel  1844 
dal  Lanz  in  Stuttgart. 

(1)  Il  cronista  Muntaner  affermava  nell'inizio  :  «  Dals  yo  nom  vull 
entrametre,  sino  daco  que  en  mon  temps  ses  feyt  »  (come  il  quae  ipse  vi- 
di, et  quorum  pars  magna  fui  dell'Eneide)  per  dimostrare  quali  criteri 
ispirassero  i  cronisti  nel  comporre  i  loro  lavori.  Cfr.  Antonio  De  Bo- 
farull, Crònica  catalana  de  Ramon  Muntaner.  Barcellona,  1860,  pag.  6. 
Saba  Malaspina  decano  e  scrittore  pontificio,  che  terminava  la  sua  cro- 
naca il  29  marzo  1285,  cioè  nel  giorno  della  morte  del  Papa  Martino  IV 
in  Perugia,  ove  fu  sepolto  nel  Duomo  (come  appare  nella  lapide  ,  che 
ricordo  di  aver  visto  negli  anni  giovanili,  al  1876)  così  protestava  per 
quel  libro:  «Non  ira  Iovis  aut  ignis,  non  ferrum  vel  edax  vetustas 
valuerit  abolere»,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  423. 


PREFAZIONE  LXXVII 


Oltre  alle  cronache  (già  ricordate)  scritte  da  Siciliani  per 
le  vicende  dell'isola,  tranne  quella  del  Saba  Malaspina,  che 
era  romano,  e  narrava  i  fatti  di  tutto  l'antico  regno  di  Si- 
cilia, si  hanno  le  cronache  concernenti  varie  regioni  d'Italia, 
e  che  indico  distintamente  cioè  :  Annali  piacentini,  Anonimo 
fiorentino,  Cantinelli,  cronache  parmensi  e  piacentine,  Ohro- 
nicon  siculum  incerti  auctoris,  Cronicon  suessanum,  Iacopo 
Doria,  Ferreto  vicentino,  Fioretto  di  croniche  degli  impera- 
tori, Frammenti  d'istorie  pisane,  Gesta  Florentinorum  (con- 
tinuatore), Giordano,  Guido  de  Corvaria,  Leone  d'Orvieto , 
Memoriale  dei  Podestà  di  Reggio ,  Francesco  Pipino  mo- 
naco di  Bologna,  Martino  Polono  (continuatore),  Paolino  di 
Piero  mercante  di  Firenze,  Ricobaldo  ferrarese,  Simone  della 
Tosa,  Salimbene  di  Parma,  Marino  Sanuto  il  vecchio,  Tolo- 
meo di  Lucca,  Giovanni  Villani,  Guglielmo  Ventura  da  Asti 
e  le  Vitae  Romanorum  Pontificum,  nelle  quali  cronache  per 
il  tempo  del  dominio  aragonese  in  Sicilia  sino  al  1355  tro- 
vansi  sparse  importanti  notizie,  ed  anco  per  le  origini  della 
rivoluzione  del  1282  che,  per  la  meraviglia  che  destò  ovun- 
que, incitava  i  cronisti  di  altre  regioni  a  serbarne  speciale 
ricordo  (1). 


(1)  Per  le  edizioni  dirò  soltanto  che  varie  di  esse  cronache  sono  pub- 
blicate nelle  note  collezioni  storiche  e  diplomatiche  di  Baluzio,  Mura- 
tori con  le  continuazioni  dei  Mittarelli  e  del  Tartini  ,  e  nei  Monu- 
menta Germaniae  Historica  del  Pertz,  ed  altre  in  edizioni  particolari. 
Gli  Annali  piacentini  furono  editi  la  prima  volta  da  Huillaro  -  Bré- 
holles  col  titolo  Ghronicon  de  rebus  in  Italia  gestis.  Parisiis,  1856;  le 
cronache  parmensi  e  piacentine  vennero  ristampate  nei  Monumenta  hi- 
storica ad provincias  parmensem  et  placentinam  pertinentia.  Parmae,  1856, 
ed  una  di  esse  nuovamente  nell'edizione  moderna  di  Rerum  Italicaruwe 
Script,  del  Muratori,  Città  di  Castello,  190°2,  t.  IX,  parte  IX  a  cura  di 


LXXV1II  PREFAZIONE 


Alcune  cronache  straniere,  cioè  francesi  e  catalane,  rie- 
scono pure  utili  per  tale  epoca,  e  sono  l'Anonimo  dei  Prae- 
clara  Francorum  facinora,  altro  Anonimo  francese  della  De- 
scriptio  Victoriae  Caroli,  Giovanni  Iperio  abbate  di  S.  Ber- 
tino,  Guglielmo  de  Nangis,  e  le  Gesta  Comitum  Barcinonen- 
sium  (1). 


Giuliano  Bonazzi;  la  cronaca  del  Cantinelli  è  riprodotta  pure  quivi  nel 
t.  XXVIII  a  cura  di  Francesco  Torraca;  il  Chronicon  Siculum  fu  pub- 
blicato dal  prof.  Giuseppe  De  Blasiis  nel  1887  nei  Monumenti  storici 
della  Soc.  nap.  di  Stor.  Patria  ;  il  Cronicon  Suessanum  nella  Raccolta 
di  varie  croniche.  Napoli ,  1780  ,  t.  I,  pag.  51  e  seg.;  quella  di  Ferreto 
vicentino  è  ristampata  nelle  Fonti  della  Storia  d'Italia  edite  dall'Isti- 
tuto Storico  Italiano.  Roma,  voi.1  due,  1908-  1914  a  cura  del  conte  prof. 
Carlo  Cipolla;  il  Fioretto  di  Croniche  degli  Imperatori  fu  dato  in  luce 
da  Leone  Del  Prete  in  Lucca  nel  1858  ;  la  cronaca  di  Giordano  fu  in 
molta  parte  edita  dal  Muratori,  Antiquitates  italicae  niedii  aevi,  t.  IV 
col.  951  -  1034;  l'altra  denominata  Gesta  Florentinorum  venne  pubblicata 
da  Hartwig,  Quellen  und  Forsch.  fur  geschichte  der  Stadt  Florens.  Ivi, 
1880,  voi.  II,  pag.  271  e  seg.;  la  cronaca  di  Leone  d'Orvieto  dal  Lami, 
Deliciae  eruditorum.  Florentiae,  1737,  t.  II;  l'altra  di  Simone  della  Tosa 
nelle  Cronichette  antiche  di  vari  scrittori.  Firenze  1733,  pag.  125  e  seg.; 
quella  del  Salimbene  nei  Monumenta  hist.  ad  prov.  parm.  et  plac.  cit. 
l'altra  del  Sanuto  da  Hopf,  Chroniques  greco  -  romanes  inédites  ou  peu 
connues.  Berlin,  1873,  il  quale  nel  1862  aveva  pubblicato  in  Napoli  alcuni 
Brani  della  Storia  inedita  del  Sanuto;  e  la  cronaca  di  Tolomeo  da  Luc- 
ca fu  ristampata  nel  1876  nelle  Cronache  dei  secoli  XIII  e  XIV  per  cura 
della  Deputazione  di  Storia  Patria  di  Toscana.  Del  Villani  le  moderne 
edizioni  sono  quelle  di  Milano  1802 ,  Firenze  1823 ,  1844 ,  Trieste  1857 
ed  altre. 

(1)  Le  cronache  dei  due  Anonimi  trovansi  in  Duchesne  Historiae 
Francorum  Scriptores.  Lutetiae  Parisiorum,  1649,  t.  V;  quella  di  Iperio 
in  Martène  e  Durand,  Thesaurus  novus  anecdotorum.  Lut.  Paris.  1717, 
t.  Ili;  l'altra  del  Nangis  in  Duchesne  cit.  ed  anche  nell'opera  del  me- 
desimo Rerum  Gallicarum  et  Frane,  scriptores.  Paris,  1840,  t.  XX  per 


PREFAZIONE  LXXIX 


In  Sicilia,  trascorsa  l'epoca  della  cronaca,  che  manda  la 
sua  ultima  luce  con  i  Commentari  del  Panormita  su  la  vita 
del  Re  Alfonso  il  magnanimo,  si  entra,  dopo  i  tentativi  del 
Ranzano  nei  suoi  perduti  Annali  per  quanto  concerne  l'i- 
sola, nel  periodo  vero  della  esposizione  storica  col  Fazzello, 
primo  ed  aureo  scrittore  di  essa,  il  quale  nasceva  appunto 
(1498)  quando  finiva  il  medio  evo.  Nella  sua  storia  egli  non 
considera  epoche  principali  di  avvenimenti,  ma  narra  le  vi- 
cende secondo  la  successione  dei  sovrani,  così  che  per  ogni 
Re  espone  quanto  avvenne  al  suo  tempo.  L'epoca  aragonese 
dal  1282  al  1355  è  ampiamente  trattata  nei  capitoli  I  a  V 
del  libro  IX  (che  è  comune  ad  altre  dinastie),  a  cominciare 
da  Petro  Aragonensi  Siciliae  Rege  sino  a  Ludovico  Siciliae 
Rege,  con  debita  proporzione,  essendo  ampia  la  narrazione 
per  Federico  li  aragonese,  ma  non  meno  quella  per  Ludo- 
vico, sebbene  per  un  regno  più  breve,  forse  perchè  l'autore 
credette  utile  esporre  la  notizia  delle  grandi  turbolenze  del 
regno  (1).  Dei  preparativi  della  rivoluzione  del   1282  e  dei 


una  traduzione;  ed  infine  quella  intitolata  Gesta  Comitum  Barcinonen- 
sium  nel!'  opera  di  Pietro  De  Marca,  Marca  hispanica  sine  limes  hi- 
spanicus  edita  da  Baluzio,  Parisi is  1788. 

(1)  Fazzello,  De  rebus  siculis  decades  duae,  nunc  primum  in  lucem 
editae.  Panormi,  apud  Maidam,  MDLVIII,  pag.  492  -  555.  Di  Blasi,  Sto- 
ria del  regno  di  Sicilia.  Palermo,  1864,  voi.  Ili,  pag.  272,  afferma  per 
il  Fazzello  :  «  Di  esso  si  sospetta  che  siasi  servito  dei  manoscritti  del 
Ranzano,  ch'erano  nella  biblioteca  del  convento  di  S.  Cita,  dove  dimo- 
rava, fra  i  quali  manca  quella  parte  che  appartiene  alla  Sicilia».  Su 
ciò  si  veda  pure  F.  A.  Termini,  Pietro  Bansano  umanista  palermitano 
del  secolo  XV.  Palermo,  1915,  pag.  114  e  seg.  Egli  crede  che  Ranzano 
compose  «la  storia  di  Sicilia  e  di  Palermo»  per  il  volume  IV  e  che  se 
ne  sia  giovato  L'Alberti,  ma  che  essa  «non  potè  essere  trascritta,  cau- 


LXXX  PREFAZIONE 


fatti  che  ne  seguirono  Fazzello  tratta  nel  capitolo  anteriore 
(IV)  col  titolo  De  Carolo  andegavensi  Siciliae  Rege  et  Gal- 
lorum  occisione  (1). 

11  messinese  Giuseppe  Bonfiglio  Costanzo  pubblicava 
negli  anni  1604-13  V  Historia  Siciliana  sino  ai  suoi  tempi, 
narrando  accuratamente ,  e  col  ricordo  di  memorie  messi- 
nesi ,  nel  libro  Vili  della  prima  parte  gli  avvenimenti  dal 
1282  sino  alla  rinunzia  del  Re  Giacomo  nel  1295,  nel  libro  IX 
gli  altri  durante  l'intero  regno  di  Federico  II  aragonese  e 
nel  libro  X  i  posteriori  sino  alla  morte  del  Re  Giovanni  nel 
1479.  Verso  la  metà  dello  stesso  secolo  il  dotto  prelato  Rocco 
Pirri  dava  in  luce  nel  1630  il  lavoro  Chronologia  Regum,  pe- 
nes  quos  Siciliae  fuit  imperium  post  exactos  Saracenos.  No- 
tevole esso  riesce  per  l'ordine  e  la  chiarezza  nell'esposizione. 
Per  l'epoca  aragonese  si  ha  lo  svolgimento  nella  parte  così 
designata  :  De  regibus  aragonensibus  ab  anno  1282  ad  an- 
nuiti 1410  in  Sicilia  imperantibus.  Le  notizie  genealogiche  e 
biografiche  dei  sovrani  e  di  principali  ufficiali  del  regno  sono 
di  molta  utilità  per  lo  studio  di  quei  tempi.  Segue  in  fine 
un  elenco  :  Sub  imperio  Regum  Aragonensium  in  Sicilia  hi 
Proreges  fuerunt  .  .  .  hi  Magistri  Iustitiarii.  .  .  .  hi  Magni 
Amirati  .  .  .  hi  Magni  Cancellarii  (2). 


sa  la  morte  dell'autore»  (pag.  119).  Di  altra  opinione  dall'egregio  P. 
Luigi  Di  Maggio  esposta  nel  1875  ho  fatto  cenno  nell' Archivio  Stor. 
Sicil.  voi.  XXIX  (1904),  pag.  416. 

(!)  Maurolico  nel  suo  Sicanicarum  rerum  compenclium  ,  seguiva  il 
disegno  del  Fazzello,  e  scriveva  nello  stesso  tempo  (Messanae ,  1562) 
una  storia  interessante,  non  scevra  dall'accoglimento  di  comuni  tra- 
dizioni. 

(2)  Questa  Chronologia  Regum  fu  poi  premessa  alle  edizioni  della 
Sicilia  Sacra.  Cfr.  ediz.  Panormi  [Venetiis]  1733, 1. 1  pag.  XXXVIII-LVI. 


PREFAZIONE  LXXXI 


Il  gesuita  Francesco  Aprile  componeva  poi  l'opera  Della 
cronologia  universale  della  Sicilia,  la  quale  venne  fuori  po- 
stuma nel  1725  per  le  cure  del  nipote  Vincenzo  Aprile,  che 
la  dedicava  al  Serenissimo  Principe  Eugenio  di  Savoia ,  lo 
strenuo  ed  indomito  condottiero  subalpino.  In  tale  opera  è 
adottato  il  sistema  di  Fazzello,  ossia  la  trattazione  per  re- 
gno di  ogni  sovrano.  Nel  cap.  XXIX  Dominio  dei  Francesi 
l'Aprile  discorre  a  lungo  delle  Origini  e  apparecchio  del  Ve- 
spro Siciliano  a  rovina  del  dominio  del  Re  Carlo  e  strage 
dei  Provenzali.  A.  C.  1279.  11  periodo  aragonese  sino  al  1412 
è  svolto  in  nove  capitoli,  uno  per  ogni  Re,  con  distinzione 
degli  anni  più  notevoli  per  gli  avvenimenti,  premettendosi 
una  Introduzione  al  dominio  degli  Aragonesi  per  far  cenno 
della  Spagna  e  dell'origine  di  quei  sovrani.  Per  i  tempi  dal 
1282  al  1355  sono  cinque  capitoli.  Il  lavoro  basato  su  le  mi- 
gliori fonti  è  commendevole  per  l'erudizione  (1). 

Nel  1737  veniva  data  per  le  stampe ,  pure  postuma ,  la 
seconda  parte  delle  Memorie  istoriane  di  quanto  è  accaduto 
in  Sicilia  dal  tempo  dei  suoi  primieri  abitatori  sino  alla  co- 
ronazione del  Re  Vittorio  Amedeo  del  celebre  diplomatista 
Giovan  Battista  Caruso  (f  1724),  che  nel  1716  avea  pubbli- 
cato la  prima  parte.  Egli  dedicava  la  sua  opera  al  Principe 
Carlo  Emmanuele  di  Savoia,  figliuolo  di  Vittorio  Amedeo  II, 
che  allora  regnava  in  Sicilia  (2);  e  poiché  nel  1716  non  era 


La  rivoluzione  contro  gii  Angioini  è  accennata  nella  fine  della  notizia 
del  Re  Carlo  -I. 

(1)  Aprile,  Bella  cronologia  universale  della  Sicilia.  Palermo,  nella 
stamperia  di  Bayona,  1725,  pag.  144-184,  cap.  XXX  a  XXXIV. 

(2)  È  degno  di  nota  in  quest'epoca,  nella  quale  dal  1860  in  poi  la 
Sicilia  rivive  nel  dominio  di  Gasa  Savoia,  con  le  maggiori  libertà  che 
il  corso  dei  secoli  ha  arrecato  ,  quanto  diceva  il  Caruso  a  quel  Prin- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  f 


LXXXII  PREFAZIONE 


ancora  pubblicata  la  storia  dell'Aprile ,  nella  dedica  il  Ca- 
ruso notava  che  suo  intento  era  di  supplire  lacune  ed  equi- 
voci del  Fazzello  per  varie  epoche  storiche  da  lui  esposte, 
e  soggiungeva  :  «  Oltreché,  terminando  il  citato  scrittore  la 
sua  istoria  nell'anno  1556,  potrà  esser  gradito  il  mio  assunto, 
quando  non  per  altro,  per  averlo  continuato  sino  ai  dì  no- 
stri »  (1).  Delle  vicende  dei  Re  aragonesi  il  Caruso  tratta  in 
dieci  libri  della  parte  seconda,  e  perciò  sino  al  1355  nei  libri 
1  a  V  cominciando  dal  regno  di  Pietro  I  sino  a  quello  di 
Ludovico,  cioè  un  libro  per  ciascun  sovrano.  È  notevole  che 
nel  libro  I  appone  questo  titolo  :  Regno  degli  Aragonesi  si- 
no alla  prima  pace  con  gli  Angioini  dominatori  del  regno 
napolitano,  ossia  sino  al  1302;  ma  veramente  quel  libro  non 
perviene  che  al  1285,  l'anno  della  morte  del  Re  Pietro.  No- 
nostante che  l'autore  non  abbia  fornito  di  note  la  sua  storia, 
essa  è  molto  importante ,  perchè  (come  egli  dice)  raccolse 
le  notizie  «  dai  più  celebri  scrittori  antichi  e  moderni  »  ,  e 
presentava  la  terza  (e  non  la  seconda)  storia  generale  del- 
l'isola, dopo  la  latina  ed  antica  del  Fazzello,  nella  quale  opera 


cipe  :  «  L'Altezza  Vostra  Reale  avrà  a  grado  la  debole  fatica,  che  ardi- 
sco presentarle,  sì  perchè  Voi  non  isdegnerete  di  essere  imitatore  della 
benignità  indicibile  del  Re  vostro  padre  verso  noi  Siciliani  e  verso  le  cose 
nostre,  sì  ancora  perchè,  essendo  destinato  dalla  Divina  Provvidenza  a 
regnare  dopo  di  lui  sopra  di  una  nazione,  che  dall'uno  e  dall'altro  spera 
di  essere  rialzata  allo  antico  suo  lustro  ,  mi  giova  sperare  che  V  Altezza 
Vostra  Reale  avrà  a  caro  girare  qualche  volta  lo  sguardo  sulle  antiche 
memorie  deiSiciliani».  Cfr.  t.  I.  delle  Memorie  (storiche,  ediz.  1716,  pag.  6. 
(1)  Devesi  rilevare  che  dopo  il  Fazzello  un'altra  storia  dell'isola  si 
era  avuta  nel  1604  per  cura  del  Ronfiglio,  e  quindi  non  è  esatta  l'af- 
fermazione del  Caruso:  «  Aspettano  ancora  gli  eruditi  chi  volesse  met- 
tersi all'assunto  di  scriverle  tutte  [le  memorie]  ordinatamente». 


PREFAZIONE  LXXX1II 


era  una  metà  assegnata  alla  descrizione  di  Sicilia,  formando 
un  lavoro  geografico  di  altissimo  pregio  (1). 

I  suddetti  storici  nella  loro  critica  mostransi  talvolta  trop- 
po indulgenti  ;  e  1'  Aprile  ed  il  Caruso  non  esitano  di  citare 
in  prova  i  lavori  del  Mugnos,  assai  discreditati. 

Lo  storiografo  Giovanni  Evangelista  Di  Blasi  (f  1812) 
scrisse  Ylstoria  civile  del  regno  di  Sicilia,  che  fu  data  alle 
stampe  negli  anni  1811  a  1821.  Egli  divide  distintamente  per 
epoche,  ossia  per  dinastie,  la  sua  storia,  la  quale  divisione 
gli  storici  anteriori  non  avevano  adoperato,  riunendo  ad  ar- 
bitrio in  libri  od  in  parti  le  notizie  di  varie  dinastie.  Il  Di 
Blasi  nel  cap.  Ili  del  libro  Vili  dell'Epoca  angioina  tratta 
dei  principii  della  rivoluzione  dei  Siciliani  contro  i  France- 
si: Vespro  siciliano,  e  ciò  che  avvenne  in  questa  isola  sino 
ai  28  di  aprile  delV  anno  1282  (2),  e  quindi,  nel  libro  IX , 
dell'Epoca  aragonese  sino  alla  morte  di  Martino  IL  La  nar- 
razione delle  vicende  sino  al  1355  è  nei  capitoli  I  a  XIV , 
e  però  non  più  per  ogni  sovrano,  ma  con  capitoli  separati 
secondo  l'importanza  degli  avvenimenti,,  che  vengono  con- 
siderati per  ciascun  regno  (3).  Le  fonti  adoperate  dal  Di 
Blasi,  e  ricordate  con  cura,  non  lo  distolgono  talvolta,  con 
miglior  critica,  a  muover  dubbio  su  la  verità  dei  fatti  espo- 
sti in  alcune  di  esse;  ma  si  giova  egli  altresì  del  Mugnos, 
sebbene  lo  chiami  poco  veridico. 


(1)  Per  1'  epoca  aragonese  esposta  dal  Caruso  si  veda  la  parte  II , 
voi.  II,  edito  nel  1740,  pag.  1-214.  Della  rivoluzione  del  1282  é  la  no- 
tizia nel  voi.  I  di  tal  parte  edito  nel  1737,  pag.  334-341. 

(2)  Ctr.  ediz.  Palermo,  1863,  voi.  II  pag.  440-446. 

(3)  Si  riferiscono  al  regno  di  Pietro  I  i  cap.  I  a  III,  di  Giacomo  i 
e.  IV -V,  di  Federico  II  i  e.  VI -IX,  di  Pietro  II  i  e.  X-XI,  e  di  Lu- 
dovico i  e.  XII -XIV.  Cfr.  ediz.  Palermo,  1863  cit.  voi.  II,  pag.  454-554. 


LXXXIV  PREFAZIONE 


È  d'uopo  chiudere  tal  serie  degli  storici  siciliani  con  la 
menzione  dell'opera  Considerazioni  su  la  Storia  di  Sicilia  del 
sommo  Rosario  Gregorio  (f  1809),  venuta  fuori  negli  anni 
1805  a  1816.  Il  titolo  dice  assai  meno  del  contenuto,  perchè 
la  censura  borbonica  lo  mutilò ,  rendendolo  quasi  volgare 
nella  forma.  L'insigne  Domenico  Scinà  a  ragione  diceva  : 
«  Tale  era  la  condizione  dei  tempi ,  e  così  pericoloso  riu- 
sciva al  Gregorio  il  dettare  in  quel  tempo  il  diritto  pubblico. 
Basta  il  dire  che  i  primi  due  volumi  avanti  di  ridursi  in  i- 
stampa ,  furon  sottoposti  a  rigida  censura.  Si  giunse  a  to- 
gliere dal  manoscritto  la  parola  notabili,  che  risvegliar  po- 
tea  l'idea  dei  notabili  di  Francia,  e  fu  forza  mutare  il  fron- 
tespizio, sostituendo  al  titolo  di  diritto  pubblico  quello  di 
Considerazioni  sulla  Storia  di  Sicilia  »  (1). 

Quel  che  più  importa  qui  notare,  e  che  non  è  stato  messo 
in  evidenza  da  altri,  è  che  la  polizia  borbonica,  nel  tempo 
che  la  Corte  reale  se  ne  stava  fuggiasca  in  Sicilia,  tolse  via 
(né  può  essere  altrimenti)  un  intero  capitolo  dell'opera  del 
Gregorio,  cioè  appunto  quello  che  dovea  formare  il  capitolo 
1  del  libro  IV ,  ovvero  la  narrazione  delle  novità  dopo  la 
morte  di  Federico  II  imperatore  nel  1250,  durante  il  regno 
di  Manfredi,  e  della  conquista  di  Carlo  I  d' Angiò  «dopo 
che  si  ebbero  superati  gli  scrupoli  (come  nota  il  Gregorio) 
che  avea  il  santo  re  Ludovico  suo  fratello  d'invadere  il 
diritto  alieno»,  e  della  congiura  del  Procida,  della  venuta 
del  Re  Pietro  I  e  del  regno  di  Giacomo.  Il  volume  terzo 
delle  Considerazioni  veniva  fuori  pertanto  nel  1806  con  l'o- 
missione di  quel  capitolo,  come  se  nulla  fosse ,  ed  il  libro 


(1)  Scinà,  Prospetto  della  storia  letteraria  di  Sicilia  nel  secolo  deci- 
mottavo.  Palermo.  1827,  voi.  IH,  pag.  181. 


PREFAZIONE  LXXXV 


IV  invece  che  dal  Re  Manfredi,  come  comportava  la  serie 
dell'esposizione  storica,  aveva  inizio  dal  Re  Federico  II  d'A- 
ragona, e  così  seguivasi  nelle  posteriori  edizioni  (1). 

Fu  soltanto  dopo  quaranta  anni,  cioè  nel  1845,  per  cura 
del  dotto  marchese  Vincenzo  Mortillaro,  che  quel  capitolo 
venne  tratto  dall'oblìo,  ricavandolo  dall'autografo  esistente 
nella  Biblioteca  Comunale  di  Palermo,  e  pubblicandolo  co- 
me Appendice  inedita  al  capitolo  VI  del  libro  HI,  nella  nuova 
edizione  formata  in  quell'anno  (2).  La  polizia  però  conti- 
nuava nei  suoi  sospetti  anco  nel  1845,  perchè  non  permet- 
teva che  quel  capitolo  apparisse  al  proprio  luogo,  ma  in 
Appendice,  e  pure  nella  designazione  del  riferimento  di  quel- 
l' Appendice  al  testo  principale,  a  deviare  l'attenzione,  si  volle 
con  evidente  incoerenza  e  confusione,  far  ritenere  che  quel 
capitolo  «  serve  d'introduzione  al  cap.  VII  del  lib.  Ili,  »  nel 
quale  si  tratta  solamente  delle  tasse  sveve  in  rapporto  alle 
novità  angioine  ed  aragonesi  (3). 


(1)  Il  cari.  Vincenzo  Di  Giovanni  nel  discorso  su  Rosario  Gregorio 
e  le  sue  opere.  Palermo,  1871,  pag.  71,  notava  che  l'autografo  volume 
del  Gregorio  (ms.  Qq.  F.  59  della  Bibl.  Com.  di  Palermo)  «ha  le  fir- 
me dei  Revisori,  che  furono  Serio,  Barcellona  e  Filipponi,  dotti  eccle- 
siastici e  scrittori  del  tempo»;  ma  aggiungeva  altresì  che  confrontando 
quel  manoscritto  e  l'altro  pure  autografo  (Qq.  F.  58)  «  si  trovano  qua 
e  là  luoghi  non  stampati  ovvero  mutati  »,  e  proponeva  che  in  una  nuo- 
va edizione  si  collocasse  al  posto  conveniente  «  quello  che  non  sappia- 
mo se  per  ragione  della  censura  fu  qua  e  là  soppresso  ». 

(2)  È  inserito  nelle  pag.  597  a  601  della  suddetta  edizione  del  1845, 
Opere  scelte  del  can.  Rosario  Gregorio. 

(3)  Si  ricava  da  ciò  che  quell'epoca  angioina  e  dei  primi  Re  arago- 
nesi era  l' incubo  della  polizia  e  dei  governanti,  se  tre  anni  dopo  la 
censura,  alla  quale  fu  sottoposta  l'opera  dell'AMARi  sul  Vespro  Sicilia- 
no, un  capitolo  del  Gregorio  doveva  per  lo  meno  emigrare  in  altra  se- 


LXXXVI  PREFAZIONE 


Oltre  il  primo  capitolo  ricacciato  in  un'  Appendice ,  il 
periodo  aragonese  è  trattato  dal  Gregorio  per  tutto  il  libro 
IV  e  per  l'altro  seguente  in  complessivi  quattordici  capitoli, 
sino  alla  morte  di  Ferdinando  di  Castiglia  al  1416  (1).  L'im- 
portanza del  regno  di  Federico  II  aragonese  per  le  nuove 
istituzioni  di  diritto  pubblico  è  posta  in  rilievo  con  la  e- 
sposizione  contenuta  quasi  nell'intero  libro  IV,  tranne  per 
due  paragrafi  del  cap.  VI,  riguardanti  :  Notabili  avvenimenti 
sotto  Re  Pietro  e  nel  vicariato  dell'Infante  Giovanni.  E  invece 
più  breve  nei  cap.  I  e  II  del  libro  V  la  trattazione  per  il 
regno  di  Ludovico,che  scorgesi  riunita  a  quella  del  periodo 
posteriore  del  fratello  Federico  III  il  Semplice.  Non  occorre 
notare  che  quanto  espone  il  Gregorio  è  sorretto  dal  più 
sano  criterio  storico,  e  corroborato  anche  col  ricordo  dei  do- 
cumenti e  col  testo  di  alcuni  inediti  (2). 

Tra  gli  stranieri  lo  spagnuolo  Surita  (f  1581)  nei  suoi 
celebri  Anales  de  la  Corona  de  Aragon ,  nel  libro  IV  dal 
cap.  XIII  in  poi,  insieme  alla  narrazione  degli  avvenimenti 
dell'Aragona  espone  quelli  della  Sicilia  estesamente,  e  spesso 
con  capitoli  speciali,  senza  distinzione  per  epoca  di  regno. 
Egli  trae  inizio  dalla  confederazione  «que  Juan  de  Proxita 
concordo  entre  el  papa  Nicolao  tercero  y  el  emperador  Mi- 
guel Paleólogo  y  el  rey  de  Aragon  contra  Carlos  rey  de  Si- 
cilia, y  de  la  armada  que  mandò  el  rey  juntar  para  pasar 
à  Costantina»,  e  perviene  sino  al  cap.  LX  del  libro  Vili 
«de  la  muerte  del  rey  Luis  de  Sicilia,   al   cual  sucediò   el 


de.  Parrebbe  che  l'ombra  dell'Angioino  fosse  ritenuta  come  quella  fu- 
rente di  Caino  che  gridava  :  «  Anciderammi  qualunque  m'  apprende  » 
(Dante,  Purgatorio,  e.  XIV,  v.  133). 

(1)  Cfr.  l'edizione  del  1845  alle  pag.  290  a  456. 

{%  Sul  Gregorio  cfr.  N.  Rapisarda  Studi  su  Rosario  Gregorio  e  Sag- 
gio bibliografico.  Catania,  1910  e  1911. 


PREFAZIONE  LXXXVII 


infante  don  Fadrique  suhermano».  La  solerzia  dell' autore 
nel  ricercare  cronache  e  documenti  nell'  archivio  della  Co- 
rona di  Aragona  ed  altrove  ed  il  giudizio  equanime  da  lui 
serbato  resero  quest'opera  del  Surita  fondamentale  per  la 
Sicilia,  così  da  dispensare  da  qualsiasi  idea  di  una  siste- 
matica investigazione  di  documenti  in  Ispagna  (1). 

L'opera  del  De  Burigny  Histoire  generale  de  Sicile  dal- 
l'antichità sino  al  1738,  edita  all'Aia  nel  1745,  deve  pure  ri- 
cordarsi. Il  De  Burigny  nel  libro  Vili  dal  §  IV  all' Vili  narra 
i  fatti  dal  tempo  della  Conspiration  des  Siciliens.  Massacre 
des  Francois  sino  al  1285,  alla  morte  del  Re  Carlo  I.  Quin- 
di nel  libro  IX  in  venti  paragrafi  tratta  dell'epoca  seguente 
sino  alla  mòrte  del  Re  Martino  II,  svolgendo  sino  al  regno 
di  Ludovico  la  materia  in  diciotto  paragrafi.  La  divisione 
adoperata  dall'autore  è  per  avvenimenti  più  notevoli;  e  no- 
nostanti le  critiche  contro  quel  lavoro  fatte  dal  Di  Blasi , 
riesce  utile  per  il  savio  uso  delle  migliori  storie  e  cronache  (2). 

Sono  infine  da  mentovarsi  fra  le  opere  storiche  notevoli, 


(1)  Un  importante  ed  erudito  lavoro  sul  Subita  scrissero  i  dottori 
Aztarroz  e  Dormer,  Biografia  de  Geronimo  Surita,  stampato  la  prima 
volta  nel  1680  in  Saragozza,  e  ristampato  quivi  nel  1878  nella  Collezione 
intitolata  Progresos  de  la  historia  en  Aragon  y  vida  de  sus  chronistas. 
Parte  I,  in  un  volume  in  4°.  di  pag.  687. 

(2)  Cfr.  le  pag.  184  a  275  del  t.  II  dell'opera  suddetta.  Scinà  ,  Pro- 
spetto della  storia  letteraria  di  Sicilia  cit.  voi.  Ili,  pag.  280  e  seg.  offre 
estese  notizie  su  l'origine  delle  acerbe  ed  insistenti  critiche  del  Di  Blasi 
contro  Burigny,  e  ricorda  :  «Erano  già  scorsi  molti  anni  da  che  impreso 
ne  avea  [Di  Blasi]  il  lavoro  [della  storia  di  Sicilia] ,  quando  venne  in 
mente  ai  librai  d'Ippolito  di  ristampare  in  volgare  la  storia  del  Buri- 
gny   Di  ciò  si  rincrebbe  il  Di  Blasi  temendo  che  pubblicato  il  Buri- 
gny prima  della  sua  Storia,  non  fosse  venuto  di  questa  ad  impedire  lo 
spaccio;  e  però  si  lanciò  all'infretta  sotto  il  nome  di  Giovanni  Filotete 
[nel  1786]  contro  l'editore  e  il  traduttore  e  contro  la  storia  del  Burigny». 


LXXXVIII  PREFAZIONE 


che  più  ampiamente  trattano  delle  vicende  dell'  epoca  ara- 
gonese in  Sicilia  sino  al  1355,  VIstoria  del  regno  di  Napoli 
di  Angelo  di  Costanzo  vissuto  nel  secolo  XVI  (1)',  la  rino- 
mata Istoria  civile  del  regno  di  Napoli  di  Pietro  Gianno- 
ne  (2),  gli  Annali  d' Italia  del  Muratori  assai  importanti 
anco  per  la  chiarezza  della  narrazione  (3) ,  la  Storia  dei 
Popoli  d'Italia  di  Carlo  Botta  (4) ,  la  Storia  delle  repubbli- 
che italiane  dei  secoli  di  mezzo  del  Sismondi  per  i  ricordi 
del  tempo  repubblicano  del  1282  ed  i  disordini  delle  fa- 
zioni popolari  sotto  il  regno  di  Ludovico  (5) ,  la  Storia 
degli  Stati  italiani  del  tedesco  Enrico  Leo  nel  libro  IX  e 
nel  cap.  I  del  libro  X  con  interessanti  considerazioni  rica- 
vate in  parte  dal  Gregorio,  come  egli  medesimo  attesta  (6) 
e  gli  Annali  delle  Due  Sicilie  di  Matteo  Camera,  nei  quali 
per  gli  anni  1282  - 1343,  epoca  della  morte  del  Re  Roberto, 
si  dà  la  notizia  di  molti  fatti  riguardanti   l'isola  (7) ,   oltre 


(1)  Gfr.  il  voi.  I,  ediz.  Milano,  1805,  pag.  80-399. 

(2)  Lib.  XX,  cap.  V.  Divisione  del  Regno  di  Sicilia  da  quello  di  Pu- 
glia per  lo  famoso  Vespro  Siciliano  ed  in  vari  altri  capitoli  sino  al 
cap.  II  del  lib.  XXIII,  nell'ediz.  Milano,  1821,  voi.  V  pag.  263  e  seg., 
e  voi.  VI  sino  a  pag.  134. 

(3)  Nei  t.  VII,  p.  356  e  seg.  e  t.  Vili,  p.   1-232,  ediz.  Lucca,  1763. 

(4)  Indico  l'edizione  di  Bruxelles,  1826,  t.  I,  pag.  327  e  seg. 

(5)  Cfr.  l'ediz.  Gapolago  ,  1844 ,  trad.  dal  francese,  t.  IH,  pag.  65  e 
seg.,  t.  IV,  pag.  268  e  seg. 

(6)  Si  veda  il  voi.  II  pag.  94-151  della  «prima  versione  dal  tede- 
sco »,  Firenze  1842.  L'affermazione  di  essersi  giovato  del  Gregorio  tro- 
vasi a  pag.  139. 

(7)  Il  primo  volume  del  Camera  venne  in  luce  nel  1841 ,  e  1'  altro 
dopo  un  ventennio  nel  1860.  Per  gli  anni  dal  1282  in  poi  cfr.  pag.  337 
e  seg.  del  voi.  I.  Tratta  dei  preparativi  del  Procida  per  la  rivoluzione, 
nella  narrazione  relativa  agli  anni  1279  a  1281. 


PREFAZIONE  LXXXIX 


il  volume  intitolato  Elucubrazioni  storico  -  diplomatiche  su 
Giovanna  1  regina  di  Napoli  e  Carlo  III  di  Durazzo  pure 
divise  ad  annali,  anche  col  testo  di  documenti  riportati  a 
conferma  della  narrazione  (1). 

§  V.  —  1.  Criterio  degli  scrittori  di  storia  generale  di  Si- 
cilia nel  narrare  la  rivoluzione  del  1282  e  le  sue  origini.  — 
2.  Altre  notizie  su  i  lavori  storici  speciali  per  determinati  pe 
riodi  dell'epoca  aragonese.  —  3.  Lavori  diplomatici  su  epoche 
ed  argomenti  vari,  che  ho  dovuto  particolarmente  consultare. 

1.  E  mestieri  ora  esporre  quale  criterio  sia  stato  seguito 
dagli  scrittori  di  storia  generale  di  Sicilia  nel  trattare  della 
rivoluzione  del  1282,  argomento  assai  controverso ,  perchè 
alcune  cronache  in  tutto  od  in  qualche  parte  sospette  (come 
ricorderò)  od  antiche  tradizioni  hanno  nociuto  alla  precisa 
narrazione.  Dirò  pertanto  di  quattro  particolari  temi  che  ri- 
ferisconsi  a  tale  subbietto. 

A)  Sul  nome  di  «Vespro  Siciliano». 

Si  ritrova  comunemente  presso  gli  storici  antichi  e  mo- 
derni il  nome  di  Vespro  siciliano  ;  ma  esso  deve  rigettarsi, 
non  essendo  una  espressione  provenuta  dal  tempo  della  ri- 
voluzione del  1282.  I  cronisti  siciliani,  italiani  e  catalani,  e 
la  cronaca  del  Ribellamentu  infatti  non  offrono  alcuna  men- 
zione dell'ora  vespertina,  nella  quale  la  rivoluzione  fosse  av- 
venuta. 


(1)  Le  Elucubrazioni,  che  sono  quasi  continuazione  agli  Annali,  fu 
rono  edite  in  Salerno  nel  1889.  Hanno  inizio  dal  1343  e  terminano  al 
1385.  Di  altri  storici  d'Italia  Balbo,  Cantù,  La  Farina,  Balan ,  Lan- 
zani  ,  Cipolla  ,  Villari  ecc.  darò  appresso  notizia  per  i  nuovi  giudizi 
dopo  il  lavoro  di  Amari  (1842). 


XC  PREFAZIONE 


In  Sicilia  l'uso  della  parola  Vespro  da  antico  tempo  non 
è  in  vigore  (come  altrove)  se  non  presso  monaci  e  preti  per 
le  ore  canoniche  o  per  le  funzioni ,  che  si  celebrano  nella 
sera  innanzi  la  festa  di  qualche  santo.  Non  è  consueto  il 
dire  verso  vespro  od  a  vespro  per  indicare  verso  sera  od  a 
sera.  E  frequente  anzi  la  voce  Avimmaria  che  (come  spiega 
Pasqualino)  «si  dice  ancora  a  quei  nove  tocchi  di  campana, 
che  sonano  la  sera  per  cenno  che  si  saluti  con  detta  ora- 
zione, Ave  Maria  »  (1). 

Una  espressione  'ntra  minzijornu  e  vespiru  si  ha  presso 
i  contadini  e  nei  comuni  minori  per  denotare  alcune  ore 
di  refezione  e  riposo,  corrispondenti  quasi  alla  siesta  degli 
Spagnuoli,  poiché  in  tali  ore  nell'interno  dell'isola  si  soc- 
chiudono le  botteghe ,  si  sospendono  le  fatiche  campestri , 
e  si  ripigliano  sul  tardi.  Quella  parola  vespiru  nella  sud- 
detta locuzione  forse  deriva  dall'abitudine  più  invalsa  pres- 
so i  preti  per  quel  riposo  (2). 

La  voce   Vespro  è  frequentissima  invece  nella  lingua  to- 


(1)  Pasqualino,   Vocabolario  siciliano  etimologico,  cit.  t.  I,  pag.  168. 

(2)  Nel  Diccionario  de  la  lengua  castellana,  por  la  Accademia  Espa- 
nola.  Madrid,  1869,  pag.  713,  per  la  voce  siesta  si  dà  questa  interpre- 
tazione :  «  El  tiempo  despues  de  medio  dia,  en  que  apréta  mas  el  calor. 
El  tiempo  destinado  para  dormir  o  déscansar  despues  de  corner.  La  mu- 
sica que  en  las  iglesias  se  canta  ó  toca  por  la  tarde».  Quest'  ultima 
spiegazione  indica  la  festa  ecclesiastica  del  Vespro.  L'altra  frase  doppu 
pransu  o  podimanciari  si  riferisce  a  tal  tempo,  come  nota  Pasqualino, 

Vocab.  sicil.  etimol.  t.  IV,  pag.  135  :  «  Podimanciari  vale  oggi ,  doppo 
il  desinare.  Pomeridiano  tempore.  Voce  composta,  poi  di  lu  manciari  ». 
Una  espressione  simile  a  questa  si  ha  nella  Cronaca  di  Parma  con  le 
parole  post  prandium  per  l'ora  della  rivolta  cioè  dopo  il  mezzogiorno. 
Cfr.  Cronica  Parmensia  a  sec.  XI  ad  exitum  sec.  XIV,  nei  Monumenta 
ad  hist.  parm.  et  plac.  pertinentia.  Parmae,  1858,  pag.  56. 


PREFAZIONE  XCI 


scana,  come  si  rileva  dal  Dizionario  della  lingua  parlata  di 
Rigutini  e  Fanfani  (1),  da  molte  espressioni  di  autori  tosca- 
ni riferite  dai  filologi  Costa  e  Cardinali  (2)  e  da  alcuni  versi 
di  Dante. 

Leggesi  nella  Divina  Commedia  : 

Vespero  è  già  colà,  dov'è  sepolto 
Lo  corpo  dentro  al  quale  io  facev'ombra  (3) 

ed  altrove  la  patetica  descrizione  del  navigante  : 

...  se  ode  squilla  di  lontano 
Che  paia  il  giorno  pianger  che  si  muore  (4). 

L'espressione  Vespro,  quale  fu  usata  per  l'eccidio  degli 
Angioini,  è  però  più  recondita  nel  suo  significato  ,  cioè  in 
quello  di  strage,  morte,  disfatta,  è  più  che  una  voce  comu- 
ne, una  locuzione  elevata  e  quasi  poetica.  Si  ha  perciò  nella 
Divina  Commedia  il  verso 

Questi  non  vide  mai  Vultima  sera  (5) 

cioè  non  è  ancor  morto,  e  trovansi  gli  altri  : 

Corridor  vidi  per  la  terra  vostra 
0  Aretini  ;  e  vidi  gir  gualdane, 
Ferir  torneamenti,  e  correr  giostra 
Quando  con  trombe  e  quando  con  campane  (6). 


(1)  Cfr.  l'edizione  di  Firenze,  Barbèra,  1903. 

(2)  Cdsta  e  Cardinali  ,  Dizionario  della  lingua  italiana.  Bologna  , 
1826,  t.  VII.  pag.  300  e  seg.  voce  «  Vespro  e  Vespero.  La  sera,  o  1'  ora 
tarda  verso  la  sera  ».  Essi  ricordano  le  locuzioni  «  in  sul  vespro  »  del 
Boccaccio,  «  la  sera  a  vespro  »  dei  Passavanti ,  «  essendo  già  vespro  » 
del  Petrarca  ed  altre. 

(3)  Purgatorio  e.  Ili,  v.  25-26. 

(4)  Cfr.  e.  Vili,  v.  5-6  del  Purgatorio. 

(5)  Vedasi  e.  I,  v.  58,  Purgatorio. 

(6)  Inferno,  e.  XXII,  v.  7. 


XCII  PREFAZIONE 


Le  campane  erano  usate  allora  per  la  guerra.  Machiavel- 
li descrive  il  carroccio  dei  Fiorentini,  e  dice  :  «  Avevano  an- 
cora per  magnificenza  delle  loro  imprese  una  campana  detta 
Martinella,  la  quale  un  mese  prima  che  traessero  fuori  dalla 
città  gli  eserciti ,  continuamente  suonava,  acciocché  il  nimi- 
co avesse  tempo  alle  difese  . . .  Questa  campana  ancora  con- 
ducevano nei  loro  eserciti,  mediante  la  quale  le  guardie  e 
le  altri  fazioni  della  guerra  comandavano»  (1).  Riesce  evi- 
dente da  tali  notizie  dell'uso  toscano  che  Vespro  Siciliano 
denotava  in  senso  allegorico  disfatta  al  suono  delle  campa- 
ne di  guerra,  ed  ultima  ora  degli  Angioini. 

Altre  prove  di  tale  significato  si  hanno  ancora ,  perchè 
la  voce  Vespro  Siciliano  divenne  proverbio  ,  per  denotare 
una  strage  terribile.  Amari  volle  ricercare  l'uso  di  questa  e- 
spressione  Vespro  Siciliano,  e  ne  scrisse  una  breve  memo- 
ria col  titolo  Su  la  origine  della  denominazione  Vespro  Si- 
ciliano (2).  Egli  riporta  vari  esempi  di  queir  uso  ,  e  nota 
come  Fazzello  al  suo  tempo  dicesse  :  Inde  adagio  crebuit 
siculus  Vesper  ;  ma  osserva  F  Amari  che  nondimeno  la  pa- 
rola Vespro  per  la  rivolta  del  1282  non  rimonta  oltre  il  se- 
colo XV,  e  dice  :  «  A  me  il  proverbio  parrebbe  roba  impor- 
tata dalla  terraferma,  dove  correa  negli  ultimi  anni  del  XV 
secolo  [cioè  duecento  anni  dopo  il  Vespro],  essendo  usato 
dal  Gollenuccio  »  (3).  Ripeteva  però  l'Amari  nel  1886  che  la 


(1)  Macchiavelli,  Le  Istorie  fiorentine.  Firenze,  Le  Monnier,  1857  , 
pag.  71. 

(2)  Fu  letta  quella  memoria  da  Amari  in  Palermo  al  Circolo  Filologi- 
co, e  pubblicata  nel  1882. 

(3)  Amari,  Su  la  origine  cit.  pag.  32.  Il  Collenucgio  morì  nell'  an- 
no 1500.  Indico  l'edizione  della  sua  Istoria,  che  si  ha  nella  Raccòlta  di 
tutti  i  più  rinomati  scrittori  della  istoria  generale  del  regno  di  Napoli. 


PREFAZIONE  XCIII 


rivoluzione  avvenne  il  martedì  a  vespro,  ed  altrove:  «dall'ora 
del  primo  scoppio  s'è  addimandata  il  Vespro  Siciliano  »  (1); 
ma  dai  cronisti  ciò  non  si  rileva ,  e  poiché  principiava  la 
primavera,  cioè  in  marzo ,  nulla  vietava  che  al  diporto  si 
andasse  anco  di  mattina. 

Nemmeno  storicamente  avrebbe  significato  l'espressione 
Vespro  Siciliano,  perchè  non  è  possibile  che  la  grande  strage 
degli  Angioini  in  Palermo  fosse  avvenuta  soltanto  nelle  poche 
ore  vicine  alla  sera  e  fra  il  buio,  nel  quale  rimanevano  allora 
le  vie,  mentre  dai  cronisti  si  desume  che  dapertutto  nella 
città  si  correva  a  ricercare  gli  Angioini  ed  ucciderli  ,  e  la 
rivolta  dovette  anzi  durare  per  gran  parte  della  giornata. 
Lo  estendere  inoltre  il  nome  Vespro  a  tutta  la  Sicilia  riesce 
improprio,  e  notava  pertanto  a  ragione  il  Di  Blasi  che  «  in- 
vece di  chiamarsi  Vespro  Siciliano,  più  accuratamente  potrà 
dirsi  Vespro  Palermitano,  perchè  in  Palermo  ad  ora  di  vespro 
[sic]  ebbe  il  suo  cominciamento,  né  accadde  nelle  altre  città 
nello  stesso  giorno  30  di  marzo,  né  nell'ora  vespertina,  come 
attesta  S.  Agostino  [corr.  S.  Antonino]  arcivescovo  di  Fi- 
renze »  (2).  Tale  incoerenza  di  senso  della  voce  Vespro  prova 
ancor  meglio  che  quel  nome  è  proveniente  da  altre  regioni 
fuori  dell'Isola,  cioè  dal  continente  italiano,  e  che  gli  scrit- 
tori siciliani  non  curarono  affatto  di  indagare  quando  fosse 


Ivi,  1770,  t.  XVII,  pag.  203  e  seg.  Io  trovo  pure  tali  locuzioni  riportate 
da  Costa  e  Cardinali  cit.,  cioè  :  Biro  col  ferro  il  Vespro  Siciliano  del 
Pulci  (f  1490),  e  Tu  sentirai  il  Vespro  Siciliano  del  Lasca  (f  1583),  en- 
trambi fiorentini. 

(1)  Vedansi  le  pag.  193  e  219  del  voi.  I,  9a  ediz.  di  Amari. 

(2)  Di  Blasi  ,  Storia  del  regno  di  Sicilia.  Palermo  ,  1863 ,   voi.   II , 
pag.  444.  ; 


XCIV  PREFAZIONE 


dapprima  adoperato,  e  l'accettarono  come  denominazione 
dovunque  invalsa  nell'uso  ,  anche  presso  il  popolo  e  nelle 
sue  tradizioni. 

B)  Su  le  cronache  sospette  per  origine  o  derivazione.  «  Ri- 
bellamentu  »,  Villani,  Malespini. 

Nel  tempo  posteriore  alla  venuta  del  Re  Pietro  I  nella  Si- 
cilia ed  al  suo  viaggio  in  Messina  (ottobre  1283)  fu  scritta 
nell'isola  una  cronaca  intitolata  Ribellamentu  o  Liber  Jani  de 
Procita  et  Palioloco  o  Leggenda  di  Messer  Gianni  di  Proci- 
da, secondo  i  manoscritti  che  se  ne  hanno.  Essa  ha  inizio 
dall'ambasceria  del  Procida  al  Paleologo  per  parte  del  Re 
Pietro  di  Aragona  nel  1279,  e  dopo  la  narrazione  delle  trame 
della  congiura  del  Procida  con  gli  altri  nobili  siciliani  e  delle 
pratiche  presso  le  Corti  di  Roma  e  di  Aragona,  perviene  al 
tempo  del  viaggio  del  Re  aragonese  in  Messina  nel  1283 , 
come  ho  accennato.  Sembra  probabile  che  per  le  estese 
notizie  che  si  trovano  per  Messina  in  quella  cronaca ,  ed 
anche  perchè  essa  termina  con  la  descrizione  dell'  ingresso 
trionfale  del  sovrano  in  quella  città,  sia  stata  composta  da 
qualche  Messinese ,  e  forse  aderente  di  Alaimo  da  Lenti- 
ni  (1). 

Dai  fatti  quivi  riferiti  sorge  evidente  che  il  principale 
cospiratore  era  il  Procida,  che  se  ne  stava  in  Aragona  fra 


(1)  Ciò  rilevo  anco  dalla  considerazione  che  nulla  si  dice  della  le- 
ga di  Gorleone  con  Palermo  poco  dopo  la  rivoluzione  del  31  marzo  1282, 
il  qual  fatto  ,  se  la  cronaca  fosse  stata  composta  da  qualche  Palermi- 
tano, non  si  sarebbe  omesso  di  mentovare.  Si  accenna  altresì  che  nel- 
l'ambasceria in  Aicoyll  (in  Africa)  al  Re  Pietro  era  un  Guglielmo  di 
Messina.  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit.  t.  I  pag.  269. 


PREFAZIONE  XCV 


i  consigli  di  quel  Re  intento  a  ricuperare  il  regno  di  Sicilia 
che  era  stato  strappato  crudelmente  agli  Svevi.  Altri  nobili 
corrispondevano  col  Procida  dall'isola,  anzi  egli  stesso  in 
vari  viaggi  li  incoraggiava  fra  il  variare  delle  sorti  che  la 
cospirazione  subiva  nelle  pratiche  con  il  Paleologo,  i  Papi 
Nicolò  III  e  Martino  IV  ed  il  Re  Pietro  III  d'Aragona. 

Le  notizie  dei  vari  viaggi  del  Procida  e  dei  suoi  trave- 
stimenti «  a  modu  di  frati  minuri  »  appariscono  forniti  dal 
cronista  per  dare  maggiore  attraenza  al  racconto,  ed  anche 
per  nascondere  coloro  che  veramente  fossero  gl'intermediari 
in  Sicilia  da  parte  del  Procida,  che  potevano  essere  anche 
individui  estranei,  su  i  quali  non  avrebbe  concepito  alcun 
sospetto  il  governo  angioino,  e  che  viaggiavano  per  commer- 
cio o  per  affari  tra  la  Sicilia  e  la  Catalogna. 

Si  ha  pure  l'inserzione  del  testo  di  lettere*  che  dalla  forma 
diplomatica  non  sembrano  autentiche;  ma  ciò  non  toglie  im- 
portanza alla  cronaca,  perchè  i  desideri  e  gli  ordini  dei  so- 
vrani e  dei  Papi  potevano  essere  esposti  in  altra  forma  se- 
greta, ossia  di  memoriali  agli  ambasciatori,  ma  la  sostanza 
del  contenuto  rimaneva  la  stessa,  se  pur  la  lettera  riferi- 
ta non  era  talvolta  un  compendio  di  alcuna  vera.  1  discor- 
si del  Procida  (o  di  altri  per  lui  in  Sicilia)  e  di  altri  nobi- 
li non  è  a  ritenere  siano  avvenuti  in  quel  modo  ;  però  tale 
era  il  sistema  dei  cronisti  che,  seguendo  gli  esempi  di  Tito 
Livio ,  appena  si  presentasse  l'occasione  di  dar  notizia  di 
ambascerie  o  consigli,  e  risposte  di  sovrani  e  di  guerrieri, 
formavano  una  solenne  concione,  nella  quale  (tralasciando 
la  forma  estetica  e  letteraria)  resta  la  base  di  quanto  in 
quei  tempi  si  riteneva  che  si  fosse  trattato ,  convenuto  od 
ordinato  (1). 

(1)  Non  occorre  che  di  quel  metodo  rechi  esempì,  che  trovansi  spesso 
nelle  cronache  del  Neocastro,  Speciale  ed  altri. 


XCVI  PREFAZIONE 


La  narrazione  del  Ribellamentu,  tranne  quanto  di  ano- 
malo ho  rilevato,  ed  alcuni  anacronismi,  coincide  perfetta- 
mente in  non  poca  parte  con  le  memorie  più.  sicure  dell'e- 
poca, poiché  vi  si  trovano  menzioni  di  nomi  di  personaggi, 
tanto  siciliani  che  angioini,  e  di  luoghi  e  di  convegni  presso  i 
Papi  ed  altrove,  e  di  minute  descrizioni  di  combattimenti  che 
non  possono  mettersi  in  dubbio  (1).  Giova  altresì  notare  che 


(1)  Buchon  nel  1839,  scrivendo  in  Parigi  una  notizia  su  quella  cro- 
naca ,  notava  :  «  Ses  assertions  recoivent  une  nouvelle  autorité  de  sa 
connaissance  exacte  des  hommes  et  des  lieux.  La  comparaison  qu'  on 
fera  de  son  récit  avec  celui  de  Ramon  Muntaner  et  avec  celui  de  Ber- 
nard d'Esclot  donnera  une  nouvelle  force  au  témoignage  de  l'un  et  de 
l'autre».  Chroniques  étrangéres  cit.  pag.  LXXI  e  seg.  Lo  stesso  Amari, 
che  spesso  critica  il  Ribellamentu ,  lo  ricorda  talvolta  come  prova,  ed 
afferma  che  di  frequente  le  notizie  quivi  esposte  trovano  riscontro  nella 
storia.  Amari,  9a  ediz.  voi.  I,  pag.  153.  È  strana  un'opinione  manifestata 
nel  1880  dal  prof.  Adolfo  Bartoli  nella  sua  Storia  della  letteratura 
italiana.  Firenze  ,  t.  Ili ,  pag.  161  :  «  Anche  un'  altra  Cronaca  del  se- 
colo XIII  è  caduta  sotto  i  colpi  della  critica  odierna  :  Lu  Ribellamentu 
di  Sicilia  contra  Re  Carlo,  che  si  crede  essere  la  leggenda  popolare  che 
correva  nella  Sicilia  intorno  al  Procida.  Qui  pure  notavansi  concetti 
che  parevano  attestar  la  genuinità  di  quel  documento  e  la  sua  grande 
importanza.  Ma  il  prof.  Michele  Amari  e  il  prof.  Hartwig  hanno  pro- 
vato che  essa  non  è  altro  che  una  falsificazione,  anzi  una  specie  di  ro- 
manzo fabbricato  sulla  Storia  del  Villani».  Invece  1' Amari  non  disse 
affatto  che  il  Ribellamentu  fosse  falsificazione,  e  se  affermò  prima  (come 
indi  anche  I'Hartwig)  che  il  testo  derivasse  dal  Villani,  dichiarò  nel  1886 
(9*  ediz.  voi.  Ili ,  pag.  213)  :  «  Io  disdico  la  conghiettura  che  feci  una 
volta»,  e  seguì  l'antico  giudizio  del  Gregorio,  cioè  che  Villani  traesse 
dal  Ribellamentu.  D'Ancona  e  Bacci,  Manuale  della  letteratura  italiana. 
Firenze,  1908,  voi.  I,  pag.  179,  menzionano  tra  le  cronache  del  secolo 
XIII  «  le  Narrazioni  del  Vespro  Siciliano  scritte  nel  buon  secolo  della 
lingua  ecc.  »,  cioè  il  testo  dei  Ribellamentu,  perchè  nel  volumetto  con 


PREFAZIONE  XCVII 


la  voce  Leggenda  aveva  nel  medio  evo  (come  osservano  Co- 
sta e  Cardinali)  il  significato  di  «  narrazione  breve  »,  e  non 
l'altro  assai  posteriore  :  «  Oggi  si  dice  Leggenda  di  Storietta 
di  poco  pregio,  e  per  lo  più  favolosa ,  ed  anche  di  qualsi- 
voglia scrittura  per  (svilirla  »  (1). 

Tra  i  nomi  dei  nobili  che  sono  ricordati  come  cospiratori 
si  hanno  quelli  di  Palmieri  Abbate,  Alaimo  da  Lentini  e  Gual- 
tieri di  Caltagirone.  Amari  dubita  della  loro  cospirazione,  per- 
chè non  li  trova  capi  nel  governo  che  successe  alla  rivolu- 
zione di  Palermo  (2);  ma  tal  motivo  non  è  prova  bastan- 
te, perchè  quei  tre  Siciliani  non  erano  nativi  di  Palermo,  e 
forse  anche  per  tale  circostanza  non  vollero  condividere  il 
peso  dell'  arduo  potere  (3).  Neanco  giova  dire  che  Alaimo 
da  Lentini  e  Palmieri  Abbate  erano  riputati  partigiani  degli 


quel  titolo  :  Altre  narrazioni  ecc.  pubblicato  da  Amari  nel  1887  come 
Appendice  alla  9a  ediz.  non  si  contiene  più  specialmente  che  un  altro 
testo  del  Bibellamentu.  Amari  avea  definito  nel  1840  il  Ribellamentu  «  in- 
sieme documento  istorico  ed  esemplare  dell'antica  lingua  del  paese». 
D'Ancona,  Carteggio  di  Michele  Amari.  Torino,  1907,  voi.  Ili,  pag.  3. 

(1)  Costa  e  Cardinali,  Dizionario  cit.  t.  IV,  pag.  516. 

(2)  Amari,  9a  ediz.  voi.  I  pag.  152. 

(3)  Tra  i  consiglieri  del  governo  repubblicano  in  Palermo  nel  1282 
era  un  Perrone  di  Caltagirone,  che  è  segnato  civis  Panormi,  ed  è  omo- 
nimo di  Gualtiero,  e  non  si  conosce  se  fosse  parente.  Amaju,  cit.  voi. 
Ili,  pag.  302.  Gualtieri,  come  nota  Amari  cit.  v.  I,  pag.  266 ,  era  po- 
tente in  Caltagirone  e  «signore  di  Butera»,  e  fu  largo  di  ingenti  som- 
me nell'assedio  di  Messina  nel  1282.  Palmieri  Abbate,  appena  arrivato 
il  Re  Pietro  coi  magnati  in  Trapani  a  30  agosto  1282 ,  si  fece  innanzi 
ad  offrire  grandi  doni  ad  essi,  come  ricorda  lo  Speciale:  «quibus  Pal- 
merius  Abbas,  miles  egregius,  cum  immensa  frugum  copia  donisque  re- 
galibus  occurrit  »  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  I  pag.  311).  Non  sarebbe  stato 
concesso  queir  ambito  onore  se  non  a  persona  di  eminente  amor  pa- 
trio. Nel  1283  1'  Abbate  cadde  in  sospetto  perchè  sperava  sorti  ancor 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  g 


XCVIII  PREFAZIONE 


Angioini  molto  tempo  prima  della  rivoluzione,  e  che  il  Gal- 
tagirone  fra  un  anno  si  ribellò  al  Re  Pietro,  perchè  la  fede 
negli  aiuti  dell'Aragonese  alla  Sicilia  potè  essere  bene  sorta 
nella  mente  di  Alaimo,  anche  se  prima  non  lo  avesse  incitato, 
o  se  in  Gualtieri,  come  in  Alaimo,  dopo  qualche  periodo  di 
tempo  si  affievolì  per  le  fazioni,  delle  quali  si  hanno  esempi 
nella  storia  delle  repubbliche  italiane.  L'Abbate  non  fu  peral- 
tro partigiano  degli  Angioini,  ma  invece  svevo  (t). 

Non  deve  quindi  recar  meraviglia  se  la  cronaca  del  Re- 
bellamentu  non  solo  abbia  avuto  diffusione  in  Sicilia  ,  ma 
ancora  nel  continente,  massime  in  Toscana,  e  ne  son  prova 
i  vari  manoscritti  dal  secolo  XIV  in  poi,  che  ancora  riman- 
gono, ed  in  alcuni  dei  quali  si  alterava  in  parte  il  testo  si- 
ciliano per  rendere  più  comprensibili  ai  Toscani  le  memo- 
rie del  portentoso  avvenimento. 

Il  monaco  bolognese  Francesco  Pipino  nella  sua  crona- 
ca, nella  quale  tratta  a  lungo  delle  vicende  della  Sicilia  dal- 
l'ultima epoca  sveva  sino  all'  inizio  del  regno  di  Pietro  I , 
seguiva  in  gran  parte  il  Ribellamentu  per  quanto  concerne 
la  rivoluzione  del  1282. 

Il  celebre  cronista  fiorentino  Giovanni  Villani  (f  1348) , 


migliori  per  la  Sicilia,  ma  fu  liberato  di  prigione  a  20  gennaio  come  esente 
da  colpa,  ed  il  Re  Pietro  I  lo  portò  con  sé  in  Catalogna,  dove  si  distinse 
nell'assedio  di  Girona,  e  donde  poi  tornò  nell'isola.  Amari  lo  dice  «oriun- 
do di  Trapani,  cittadino  palermitano».  Di  tale  cittadinanza  non  reca 
le  prove,  se  pur  non  era  acquisita.  Cfr.  voi.  I,  pag.  359,  362,  364,  365, 
e  voi.  II,  pag.  141  ecc. 

(1)  Neocastro  anzi  rileva  che  Alaimo  da  Lentini,  nonostante  che  pri- 
ma fosse  devoto  agli  Angioini,  si  die  quindi  a  cospirare  contro  di  essi 
(ediz.  Gregorio  cit.  t.  I  ,  pag.  76).  Amari  traduceva  per  I'  Abbate  un 
erroneo  sunto  latino ,  mentre  in  Minieri  Riccio  ,  11  regno  di  Carlo  I 
d'Angiò  (in  Arch.  Stor.  Ital.  t.  XXV,  1877,  p.  407)  il  sunto  è  ben  diverso. 


PREFAZIONE  XCIX 


che  cominciò  a  scrivere  la  sua  opera  nell'anno  1300,  ed  ag- 
giungeva talvolta  alla  narrazione  degli  eventi  della  sua  pa- 
tria anco  i  più  famosi  di  altre  regioni,  avendo  trovato  la  cro- 
naca siciliana  del  Ribellamentu,  se  ne  avvalse  nell'esporre  i 
fatti  della  rivoluzione  siciliana  del  1282  (1).  Si  potrebbe  dire 
anzi  che  prima  di  lui  i  fiorentini  Ricordano  e  Giachetto 
Malespini,  che  si  credeva  esser  vissuti  dopo  la  metà  del  se- 
colo XIII,  abbiano  attinto  per  la  loro -cronaca  di  Firenze  alla 
stessa  fonte  (2);  ma  tale  cronaca  dei  Malespini  è  oramai  rite- 
nuta non  autentica,  e  formata  nel  secolo  XIV  sur  un  com- 
pendio della  cronaca  del  Villani,  respingendosi  la  supposta 
accusa  di  plagio  commesso  da  costui  su  la  cronaca  male- 
spiniana  (3). 


(t)  Villani,  ediz.  cit.  Trieste,  pag.  136  e  seg.,  lib.  VII,  cap.  57-61. 
È  superfluo  ricordare  una  Cronaca  Napolitana  di  un  presunto  Villani, 
omonimo  del  fiorentino  ,  la  quale  da  antico  tempo  è  ritenuta  un  com- 
pendio (fatto  nel  secolo  XIV)  della  Cronaca  fiorentina  di  Giovanni  Vil- 
lani. Cfr.  Schiavo,  Memorie  per  servire  alla  stor.  lett.  di  Sicilia.  Palermo, 
1756,  t.  I,  p.  2a,  pag.  18,  che  non  accolse  il  parere  contrario  del  Pratilli 
(ivi,  p.  7-15).  Narbone  ,  Istoria  della  letteratura  siciliana.  Palermo, 
1859,  t,  X,  pag.  124.  Capasso,  Le  fonti  della  Storia  delle  provincie  na- 
politane  dal  568  al  1500.  Napoli,  1902,  pag.  131  e  seg. 

(2)  Cfr.  Storia  fiorentina  di  Ricordano  Malespini  dall'edificazione  di 
Firenze  fino  al  1282,  seguitata  poi  da  Giacotto  Malespini  fino  al  1286. 
Livorno,  1830  ,  voi.  II,  pag.  504  e  seg.  cap.  220 ,  222  e  223.  Altra  pre- 
gevole edizione  è  quella  di  Bologna,  Romagnoli,  1867  «riscontrata  colle 
prime  edizioni»  a  cura  di  Crescentino  Giannini. 

(3)  Le  ricerche  su  1'  autenticità  della  cronaca  dei  Malespini  hanno 
segnatamente  inizio  dal  1869  con  la  memoria  di  Busson  Die  florentini- 
sche  Geschichte  der  Malespini  und  deren  Benutsung  durch  Dants.  Inns- 
bruck,  1869,  seguita  da  altre,  cioè  del  prof.  Scheffer  -  Boichorst,  Die 
florentinische  Geschichte  der  Malespini  eine  Falschung  (in  Hist.  Zeischr. 
di  Sybel,  1870),  di  Cesare  Paoli,  Studi  sulle  fonti  della  storia  fiorentina 


PREFAZIONE 


Deve  notarsi  che  il  Villani  accolse  con  molta  fiducia  anco 
in  minute  circostanze  la  narrazione  del  Ribellamentu;  e  ve- 
ramente (come  osserva  il  Balzani)  la  sua  cronaca  per  quanto 
non  concerne  B'irenze  non  può  essere  sicura  fonte,  perchè 
il  Villani  «  le  cose  che  gli  sono  lontane  di  tempo  e  di  luogo 
riferisce  spesso  come  le  apprese  senza  vagliarle»  (1).  E  strano 
anzi  che  il  Villani  (se  pur  non  sarà  errore  di  copista)  di- 
ceva avvenuta  la  rivoluzione  del  1282  «  alla  festa  di  Mon- 
reale fuori  della  città  [di  Palermo]  per  tre  miglia»  ,  e  non 
presso  il  fiume  Oreto,  come  narrano  i  cronisti  siciliani  e  ca- 
talani, e  spiega  bene  il  Surita  :  «  A  la  iglesia  de  Santispiri- 
tus,  que  està  fuera  del  rio  Oreto,  que  ahora  dicen  del  Al- 
miralla  »  (2).  L'equivoco  forse  derivò  dalla  situazione  topo- 


(in  Arch.  Stor.  Ital.  Serie  III,  voi.  21,  an.  1875)  e  di  Vittorio  Lami  Di 
un  compendio  inedito  della  Cronica  di  Giovanni  Villani  nelle  sue  reia- 
sioni con  la  storia  fiorentina  Malispiniana  (in  Arch.  Stor.  Ital.  Ser.  V, 
t.  5,  an.  1890,  pag.  369-416).  Cfr.  pure  Adolfo  Barto li,  Storia  della  let- 
teratura italiana.  Firenze  1880,  t.  Ili,  pag.  148  e  seg.,  che  si  mostra  e- 
sitante  nel  dubbio  di  falsità  ;  Ugo  Balzani  ,  Le  cronache  italiane  del 
medio  evo  descritte.  Milano,  Hoepli,  1884,  pag.  289  e  seg.;  e  A.  D'An- 
cona e  0.  Bacci  ,  Manuale  della  letteratura  italiana.  Firenze  ,  1908 , 
voi.  I,  pag.  141,  454  e  seg.  Rimane  ancora  incerto  se  debba  ritenersi  la 
cronaca  una  falsificazione,  del  quale  argomento  dovea  trattare  in  altra 
memoria  il  Lami,  che  non  potè  perchè  prevenuto  dalla  morte. 

(1)  Cfr.  il  citato  lavoro  del  Balzani,  pag.  306. 

(2)  Surita  ,  Anales  cit.  lib.  IV  cap.  18.  Nel  1782  il  governo  borbo- 
nico, al  tempo  del  Viceré  Domenico  Caracciolo,  adottando  la  salutare 
riforma  delle  sepolture  nell'esterno  delle  città,  tramutò  in  camposanto 
quei  luoghi  di  delizia,  e  li  rese  tetri  e  muti  per  sempre ,  al  fine  di  e- 
vitare  che  il  popolo  si  ispirasse  quivi  al  grande  esempio  di  riscossa  nel- 
l'avvenire. Cfr.  Gaspare  Palermo,  Guida  istruttiva  di  Palermo  e  suoi 
dintorni.  Palermo  1857,  pag.  699  e  seg. 


PREFAZIONE  CI 


grafica  del  fiume  ,  che  scorre  nella  sua  origine  dai  monti 
presso  Monreale  (1). 

La  forma  attraente  e  piacevole,  nella  quale  era  scritta  la 
cronaca  del  Ribellamentu,  contribuì  ad  eccitare  vivamente 
il  desiderio  di  leggerla,  ed  a  farla  pervenire  a  molta  rino- 
manza. Busone  da  Gubbio,  ghibellino,  amico  di  Dante,  esule 
nel  1304  in  Arezzo,  poi  reduce  in  patria,  ove  nel  1318  ospitò 
il  Poeta,  compose  nel  1311  il  romanzo  intitolato  V Avventu- 
roso Ciciliano,  l'argomento  del  quale  è  appunto  la  riunione 
di  cinque  nobili  siciliani,  dopo  che  l'isola  fu  ribellata  «  per 
la  industria  di  messer  Gianni  di  Procita».  Quei  nobili 
«  andarono  per  lo  mondo  cercando  loro  avventure  »  per  ar- 
ricchirsi nei  commerci. 

Narra  il  Busone  l'origine  della  rivoluzione  siciliana  del 
1282  e  alcuni  eventi  posteriori  nel  Proemio  ed  altresì  nelle 
Osservazioni  ad  esso;  ma  poi  più  nulla  ne  dice.  Sono  degne 
di  ricordo  queste  esplicite  espressioni  :  «  Egli  è  notorio  infra 
noi  Italiani  il  mutamento  che  feciono  gli  abitanti  dell'isola 
di  Cicilia,  quando  i  Franceschi  la  soggiogaro,  e  il  tempo  e 
il  modo  e  la  cagione  perchè  la  perderono  »  (2).  E  indubita- 
bile che  l'idea  di  tale  romanzo  sia  provenuta  dalla  lettura 
del  Ribellamentu. 


(1)  Vito  Amico,  Lexicon  topographicum  siculum,  Panormi,  1759,  t.  II, 
parte  2a,  pag.  14  dice:  «  Oritur  porro  ex  duobus  fontibus  Misilincandono 
et  Fravatta  supra  Montent  regalem,  augeturque  Parci  novis  aquis,  in 
valle  sub  Meccino  colle». 

(2)  G.  F.  Nott,  Fortunatus  Siculus  o  sia  l'Avventuroso  Ciciliano  di 
Busone  da  Gubbio.  Bomanzo  storico  scritto  nel  1311 ,  pubblicato  per  la 
prima  volta  in  Firenze  V  anno  1832.  Milano  ,  Silvestri ,  1833 ,  pag.  56. 
L'inglese  Nott  nelle  annotazioni  segue  però  il  Mugnos,  che  merita  po- 
ca fede.  Era  tanto  ricercato  in  Italia  il  Ribellamentu,  che  si  volle  sinanco 
aggiungere  in  parte  o  per  intero  in  alcuni  codici  del  secolo  XIV  del  Te- 


CU  PREFAZIONE 


È  merito  rilevante  del  Gregorio  V  avere  la  prima  volta 
dato  in  luce  nel  1791  la  cronaca  del  Ribellamentu,  ch'era  ri- 
masta inedita  per  tre  secoli  dopo  l'invenzione  della  stampa  (1). 
Egli  sarà  stato  certamente  costretto  dalla  censura  a  soppri- 
mere il  titolo  :  «  Quistu  è  lu  Ribellamentu  di  Sicilia,  quali 
ordinau  e  fichi  fari  miser  Gioanni  di  Procita  contra  Re 
Garlu  »  (2),  ed  anche  l'aggiunta  in  fine  della  cronaca  nel 
manoscritto  della  Biblioteca  Comunale  di  Palermo  (ai  segni 
Qq.  D.47),  nella  quale  si  accenna  la  raxiuni  dell'incitamen- 
to del  Procida  alla  ribellione,  cioè  l'offesa  all'onore  di  sua 
figlia  (3). 

Gregorio  notava  che  la  cronaca  :  «  Nullum  profecto  no- 
men  profert  auctoris,  et  nonnisi  vetustioris  scripturae  exem- 
plar  recentissimum  est».  Dal  confronto  con  la  narrazione 
assai  simile  del  Villani  desumeva  che  la  cronaca  di  costui 
serve  a  corroborare  la  verità  della  tradizione  storica  della 


soro  di  Brunetto  Latini  (f  1294)  quella  cronaca,  spesso  con  variazioni, 
insieme  agli  originali  capitoli  scritti  da  Brunetto,  che  concernono  altre 
materie.  Di  tali  codici  si  giovò  in  parte  Roberto  Visiani  Brano  di  an- 
tica storia  italiana.  Padova ,  1859 ,  che  pubblicava  quei  capitoli  ag- 
giunti. Ne  diede  notizia  nel  1869  il  prof.  Adolfo  Mussafia  nella  me- 
moria Sul  testo  del  Tesoro  di  Brunetto  Latini  edita  in  Vienna.  Cfr.  Zam- 
brini,  Le  Opere  volgari  a  stampa  dei  secoli  XIII  e  XIV  indicate  e  de- 
scritte. Bologna ,  1878 ,  ediz.  quarta,  col-  545.  La  memoria  del  Mussa- 
fia fu  poi  riprodotta  nel  1884  dal  Renier  nel  suo  lavoro  Della  vita  e 
delle  opere  di  Brunetto  Latini. 

(1)  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit.  t.  I,  pag.  243-274. 

(2)  Il  Gregorio  invece  appose  questo  argomento  da  lui  formato  :  «  Hi- 
storia  conspirationis  Iohannis  Prochitae  ». 

(3)  Tale  aggiunta  fu  pubblicata  da  Buscemi,  La  vita  di  Giovanni  di 
Procida.  Palermo,  1836,  pag.  IX  dei  Documenti.  A  pag.  II  egli  riporta 
la  notizia  che  dava  il  Capecelatro  per  quella  cronaca  tuttavia  inedita. 


PREFAZIONE  CHI 


rivoluzione  del  1282,  e  diceva  :  «  Quo  factum  est  ut  luculen- 
to  hoc  testimonio  [del  Villani]  innixa  constans  etiam  et  ve- 
tustissima Siculorum  traditio  nullum  addubitandi  locum  reli- 
querit  »  (1).  Notava  ancora  che  il  Villani  si  sarà  giovato  della 
cronaca  dei  Malespini,  e  che  avrà  accolto  nel  suo  lavoro  in 
molta  parte  le  notizie  del  Bibellamentu.  Conviene  riferire  le 
parole  del  Gregorio  :  «  Haud  fortassis  temeritatis  nota  ei  inu- 
renda  videbitur,  qui  suspicabitur  et  hoc  Ghronicon  nostrum 
in  suam  Historiam  illum  transtulisse  ».  Tale  giudizio  è  ora- 
mai accolto  dai  moderni  scrittori,  dopo  avere  sostenuto  con- 
trarie ed  infondate  ipotesi  (2). 

E  superfluo  dire  come  gli  antichi  storici  siciliani,  ante- 
riori al  1791,  abbiano  ricordato  e  seguito  nelle  loro  narra- 
zioni le  cronache  dei  Malespini  e  del  Villani  insieme  ad 
altre  fonti,  e  che  dopo  il  1791,  cioè  quando  Gregorio  pub- 
blicò il  Bibellamentu,  il  Di  Blasi  non  se  ne  giovò,  ricordan- 
do invece  l'opera  discreditata  Ragguagli  historici  del  Mugnos, 


(1)  Gregorio,  op.  cit.  pag.  244. 

(2)  Dopo  l'edizione  del  Gregorio  del  1791,  il  Bibellamentu  fu  ristam- 
pato con  note  ed  illustrazioni,  ed  in  traduzione  francese,  nel  1841-46 
da  Buchon  ,  Ghroniques  ètrangères  cit.  pag.  737-752  con  l'indicazione 
Anonyme  Sicilien ,  e  poi  su  vari  manoscritti  in  volgare  del  continente 
e  di  Sicilia  del  secolo  XIV  da  A.  Cappelli  in  Torino  nel  1861  nella  Mi- 
scellanea di  Opuscoli  inediti  o  rari  dei  secoli  XIV  e  XV,  dal  prof.  V.  Di 
Giovanni  nel  volume  Cronache  dei  secoli  XIII,  XIV  e  XV.  Bologna,  1865, 
e  negli  Studi  di  Filologia  e  letteratura  siciliana.  Palermo,  1871,  nei  Bi- 
cordi e  Documenti  del  Vespro  Siciliano  pubblicati  della  Soc.  Sicil.  di 
Stor.  Patria,  Palermo  1882 ,  e  dai  sac.  Castorina  (sur  un  ms.  del  sec. 
XVII)  ed  Evola  nello  stesso  anno  1882.  Cfr.  per  queste  due  edizioni  la 
rassegna  dello  Starrabba  neìVArch.  Stor.  Sic.  an.  VII  (1883),  pag.  444 
e  seg.  Si  veda  pure  F.  Zambrini,  Le  Opere  volgari  a  stampa  cit.  col.  310 
e  564. 


C1V  PREFAZIONE 


che  ricercavasi  anche  dal  Muratori,  ed  il  Ferrara  ed  il  Pai- 
meri  invece  ricorrevano  al  Ribellamentu  edito  dal  Gregorio  (1). 

Per  la  storica  verità  deve  però  notarsi  che  sin  dal  se- 
colo XVI  si  cominciò  in  Sicilia  a  dubitare  in  parte  per  i 
fatti  della  rivoluzione  del  1282,  che  erano  narrati  nelle  cro- 
nache dei  Malespini  e  del  Villani  derivate  dal  Ribellamentu, 
e  prima  del  1837  manifestava  il  Palmeri  simile  giudizio  anche 
per  il  Ribellamentu. 

Fazzello  infatti  considerava  :  Sunt  qui  referant  quo  tutius 
rem  perageret  [il  Procida],  lymphatum  simulasse,  ac  canna 
ad  aures  obviorum  suggerentem  Francorum  quidem  ridicu- 
las  voces,  Siculorum  vero  caedem  futuram,  simulque  diei  et 
horae  nuntium  »  (2).  Le  parole  sunt  qui  referant  mostrano 
come  il  Fazzello  quasi  non  volesse  credervi,  e  respingesse 
quei  ricordi.  L'accurato  cronista  dell'Aragona,  il  Surita,  pure 
nel  secolo  XVI  nel  narrare  i  viaggi  del  Procida  notava  :  «  se- 
gun  hallo  escrito  por  un  autor  de  aquellos  tiempos»,  inten- 
dendo probabilmente  del  Villani,  al  quale  si  rimetteva  (come 
si  ricava)  nella  mancanza  di  migliore  notizia  dei  fatti  (3). 

Lo  storico  Aprile  (f  1723)  scriveva:  «Lice  il  Volgo,  e 
il  rapportano  alcuni  autori,  spacciandola  come  notizia  favo- 
losa o  non  soda,  che  il  Procida  si  fingesse  pazzo  [quasi  no- 
vello Bruto]  e  che  con  un  cannello  andasse  rumoreggiando 
o  dicendo  cose  ridicole  alle  orecchie  dei  Francesi,  e  ai  Si- 
ciliani che  stessero  pronti  all'impresa.  Ciò  non  è  probabile, 
sì  perchè  il  Procida  era  persona  di  gran  riguardo,  e  in  quei 


(1)  Ferrara,  Stor.  gen.  cit.  t.  IV,  pag.  108.   Palmeri,  Somma  della 
storia  di  Sicilia.  Palermo  1839,  voi.  Ili,  pag.  246. 

(2)  Fazzello,  De  rebus  siculis  cit.  dee.  II,  lib.  8,  pag.  490. 

(3)  Surita,  Anales  cit.  lib.  IV,  cap.  12. 


PREFAZIONE  CV 


tempi  era  molto  impiegato,  maneggiando  la  congiura  fra  i 
Signori  principali  del  regno  e  non  col  volgo,  come  pure  per- 
chè imprudente  sarebbe  stato  il  rischio  »  (1). 

Il  Burigny  nel  1745  notava  acutamente  :  «  Plusieurs  ont 
cru  que  c/avoit  été  une  affaire  préméditée,  ils  ont  ajouté  des 
circostances  absurdes,  par  exemple,  que  Procida  s'étant  dé- 
guisé,  étoit  venu  en  Sicile  pour  disposer  le  peuple  à  cette 
exécution,  et  que  contrefaisant  le  fou,  il  portoit  une  sarba- 
cane  aux  oreilles  de  ceux  qu'il  rencontroit ,  les  avertissoit 
de  l'heure  du  massacre,  et  leur  disant  des  extravagances  si 
c'étoient  des  Francois.  Mais  les  Annales  Siciliennes,  celles 
de  Gènes  et  les  auteurs  les  mieux  instruits  font  1'  histoire 
de  cette  tragèdie  telle  que  nous  l'avons  rapporteé  »  (2). 

Rosario  Gregorio  nel  capitolo  soppresso  dalla  censura , 
e  che  fu  (come  ho  detto)  pubblicato  dal  Mortillaro  nel  1845 
forse  nell'occasione  recente  del  lavoro  dell'Amari,  scrisse  in 
maniera  sì  elevala  e  corretta  del  Procida,  nulla  accettando 
di  fatti  inverosimili  del  Villani  e  dei  Malespini  e  del  Ribel- 
lamene, che  non  potrebbe  meglio  ancora  oggi  affermarsi  (3). 
Lo  storico  Di  Blasi  aveva  manifestato  sin  dal  1792,  e  ripe- 
teva nei  primi  anni  del  secolo  XIX,  per  quanto  concer- 
neva l'offesa  all'onore  della  moglie  o  della  figlia  del  Proci- 
da :  «  Noi  abbiamo  appalesato  altrove  il  nostro  sincero  sen- 
timento che  Ja  diversità  di  questo  racconto  ed  il  silenzio  degli 
scrittori  contemporanei  ci  fa  sospettare  che  cotesta  sia  una 
favoletta  da  romanzo  »  (4).  Su  la  narrazione   di    minuziosi 


(1)  Aprile  ,  Della  cronologia  universale  della  Sicilia  cit.,   pag.  138. 
Crede  invece  probabile  che  si  fosse  travestito  da  frate. 

(2)  Burigny,  Histoire  generale  de  Sicile  cit,  t.  II,  pag.  190. 

(3)  Gregorio,  Opere  scelte  cit.  pag.  600. 

(4)  Di  Blasi  .  Storia  del  reano  di  Sicilia  cit.  voi.  II ,  pag.  441.   La 


CVI  PREFAZIONE 


fatti  formata  dall'Aprile,  il  Di  Blasi  avverte  :  «  Potrà  consul- 
tarsi l'Aprile  che  ne  fa  la  più  minuta  relazione,  se  pure  tale, 
avendolo  egli  tratta  dal  poco  veridico  Mugnos»,  e  riguardo 
all'ora  della  rivoluzione  aggiunge:  «Fu  creduto  da  certuni  e 
sparso  che  si  era  risoluto  di  fare  nell'ora  di  vespro  in  tutte 
le  città  e  terre  la  cospirazione  contro  i  Francesi  ,  lo  che  è 
falso»  (1).  Francesco  Ferrara  così  diceva:  «Tutti  i  fatti  e 
ogni  minuto  dettaglio  di  questo  periodo  memorabile,  che  da 
alcuni  dei  nostri  scrittori  è  stato  sviluppato  in  favole  e  in 
ridicole  assurdità,  sono  stati  da  me  tratti  con  diligenza  scru- 
polosa dagli  storici  contemporanei  o  poco  da  esso  lontani», 
e  ricordava  il  Neocastro,  il  Ribellamentu  ed  il  Villani  (2). 

Il  termitano  Palmeri  infine  considerava  con  un  giudizio 
sintetico ,  e  tenendo  presente  il  Ribellamentu  :  «  Egli  è  ben 
da  maravigliare  che  una  congiura  tanto  estesa  fosse  stata 
ordita  da  un  solo  uomo  e  tenuta  così  celata  »  (3). 

Dalle  notizie  da  me  sin  qui  fornite  si  ricava  con  eviden- 
za che  dal  secolo  XVI  al  primo  trentennio  del  XIX  non 
pochi  dubbi  si  avevano  su  le  vicende  della  congiura  e  della 
rivoluzione  del  1282.  Non  è  quindi  da  attribuire  a  scrittori 
posteriori  il  merito  di  aver  riconosciuto  la  prima  volta  l'in- 
coerenza e  la  stranezza  di  alcuni  fatti  esposti  nel  Ribella- 
mentu (rimasto  sconosciuto  sino  al  1791),  e  per  derivazione 
accolti  nelle  cronache  del  Villani  e  dei  Malespini,  quest'ul- 
tima  non  autentica. 


menzione  più  antica  da  lui  fatta  è  nel  lavoro  di  Ferdinando  Paterno, 
Sicani  reyes,  opusculum  posthumum.  Neapoli,  1792,  edito  dal  Di  Blasi 
con  sue  note. 

(1)  Cfr.  Di  Blasi,  Storia  cit.  pag.  443. 

(2)  Ferrara,  Storia  gen.  della  Sicilia,  cit.  t.  IV,  pag.  108. 

(3)  Palmeri,  Somma  cit.  voi.  Ili,  pag.  252. 


PREFAZIONE  CVII 


C)  Sul  dubbio  se  la  rivoluzione  del  1282  in  Palermo  sia 
stata  subitanea  o  sia  derivata  da  congiura. 

Se  la  rivoluzione  del  31  marzo  1282  in  Palermo  sia  avve- 
nuta spontaneamente  o  per  le  pratiche  occulte  della  congiu- 
ra, nemmeno  è  circostanza  sfuggita  agli  antichi  scrittori  di 
storia  generale.  È  d'uopo  pertanto  riferire  i  giudizi  dati  su 
ciò  da  vari  tra  quegli  scrittori. 

Fazzello  riteneva  che  al  31  marzo  «  dato  signo  »,  ed  in 
tutta  la  Sicilia  «  uno  temporis  momento   ad  unum   omnes 

[Franti] trucidantur  »  ,    ed   ammetteva  evidentemente  la 

congiura  in  quella  rivolta  (1).  Ne  dubita  invece  il  Mauroli- 
co ,  che  dice  espressamente  :  «  Praeterea  ne  quid,  quod  ad 
historiam  facit,  omittatur,  alii  hanc  Siculorum  defectionem 
casu  accidisse;  alii  multo  ante  praemeditatam  et  deinde  ad 
statutum  diem  opere  completami  »  opinantur  (2). 

Narra  il  Surita  che  i  nobili  di  Sicilia  avversi  agli  An- 
gioini aspettavano  in  Palermo  l'occasione  propizia  per  fare 
scoppiare  la  rivolta,  e  che  a  tal  fine  si  suscitavano  tumulti 


(1)  Fazzello,  De  rebus  siculis  cit.  decade  II,  lib.  Vili,  cap.  4,  pag. 
490. 

(2)  Maurolico,  Sicanicarum  rerum  compendium  cit.  lib.  IV,  pag.  127. 
Egli  non  indica  alcuno  tra  i  sostenitori  delle  opposte  sentenze,  e  forse 
quel  suo  ricordo  potrà  riferirsi  in  parte  all'interpretazione  dubbia  di 
qualche  cronaca.  Neil'  edizione  del  1562  che  qui  indico  ,  e  che  io  pos- 
seggo, al  margine  di  tale  periodo  è  scritto  di  carattere  dello  stesso  se- 
colo: «  Alii  aliter  dicunt  ».  Vito  Amico  nelle  note  al  Fazzello  considera- 
va :  «  Indicta  haec  dies  inter  Siculos  prò  unanimi  Gallorum  caede  fabulas 
sapit;  hinc  paulo  inferius  ipse  Fazellus  sese  emendans,  rem  uti  postea 
fuit  enarrandam  suscipit».  Cfr.  Fazzello,  De  rebus  siculis  criticis  ani- 
madversionibus  atque  auctario  ab  Vito  Amico.  Catanae,  1753,  t.  Ili,  p.  34. 


CV1II  PREFAZIONE 


quasi  continuamente.  Ne  riferisco  le  notevoli  parole  :  «Todos 
los  barones  de  Sicilia,  que  se  habian  conspirado  contra  los 
Franceses  ,  de  comun  consejo  deliberaron  juntarse  en  la 
ciudad  de  Palermo,  lugar  principal  y  cabeza  de  todo  el  rey- 
no,  para  esperar  la  primera  ocasion  que  se  ofreciese ,  para 
alzarse  contra  Carlos  y  echar  los  oficiales  y  ministros  que 
ternari  el  gobierno  de  aquella  isla.  Cada  dia  se  suscitaban 
escdndalos  entre  la  gente  del  pueblo  y  andaban  muy  altera- 
dos  »  (1). 

Il  messinese  Bonfiglio  scriveva  nel  1604:  «Si  divenne 
alla  vendetta;  ma  prima  che  si  cominciasse,  parve  ai  Siciliani 
che  allentando  la  furia,  si  caminasse  con  ragione,  e  questa 
con  fare  sentire  al  Re  Carlo  con  debiti  mezzi  le  miserie  loro  » 
[in  gennaio  1282]  (2).  Il  diplomatista  e  storico  Caruso  espone 
che  il  Re  Pietro  III  d'Aragona  «  sotto  l'apparenza  d'una  tale 

spedizione  [in  Africa] fé  vela  addì  3  di  giugno  dell'anno 

1282 aspettando  quivi  V esito  della  congiura  e  dei  movi- 
menti dei  baroni  siciliani  contro  gli  Angioini.  La  fortuna 
però  volle  facilitare  a  costoro  ed  al  re  D.  Pietro  quant'essi 
desiavano  coli' inaspettato  tumulto  avvenuto  in  Palermo  l'ul- 
timo giorno  di  marzo  »  (3). 

Muratori  negli  Annali  ricorda  che  la  rivoluzione  di  Pa- 
lermo era  attesa  dal  Re  Pietro,  il  quale  si  recò  in  Alcoyll 
nell'Africa  «  per  aspettare  se  i  Siciliani  dicendo  da  dovero  si 
rivoltassero  ;  e  ciò  non  succedendo  ,  per  tornarsene  queta- 
mente  a  casa»  (4). 

Il  giureconsulto  Pecchia  notava  che  la  «  memorabil  con- 


(1)  Surita,  Anales  cit.  lib.  IV,  cap.  17. 

(2)  Bonfiglio,  Storia  siciliana.  Venezia,  1604,  pag.  268. 

(3)  Caruso,  Memorie  isteriche  di  Sicilia  cit.  parte  II,  v.  I,  pag.  338. 

(4)  Muratori,  Annali  d'Italia  cit.  an.  1282,  t.  VII,  pag.  357. 


PREFAZIONE  CIX 


giura fu  recata  ad  effetto  in  Palermo  al  sonar  del  Vespro 

del  dì  30  marzo  1282,  secondo  giorno  delle  feste  Pascali,  o 
come  altri  vogliono  nel  dì  seguente»  (1). 

Notevole  è  pure  quanto  osserva  il  Di  Blasi  :  «La prepa- 
rata congiura,  che  dovea  scoppiare  in  un  determinato  gior- 
no per  tutta  l'Isola,  stante  un'improvviso  accidente,  anticipò, 
e  cominciando  dalla  capitale  Palermo,  si  andò  estendendo 
per  tutto  il  regno  ».  È  altresì  con  molto  acume  dal  Di  Blasi 
confutata  l'opinione  del  Caruso  e  del  Muratori,  cioè  che  il 
Re  Pietro  d'Aragona  fosse  partito  per  l'Africa  per  aspetta- 
re la  riuscita  della  ribellione  di  Palermo.  Dice  pertanto  il 
Di  Blasi  :  «  L'opinione  la  più  verisimile  è  che  egli  [Re  Pietro] 
non  si  mosse  dall'Aragona  se  non  dopo  che  seppe  la  solleva- 
zione suscitatasi  in  Sicilia,  e  che  andossene  in  Africa,  e  con- 
quistò Accon  [corr.  AlcoyllJ  aspettando  di  esser  chiamato  dai 
Siciliani.  Ciò  è  tanto  vero  che  la  di  lui  partenza  da  Bar- 
cellona non  accadde  che  quattro  mesi  dopo  che  era  successa 
in  Palermo,  e  poi  per  tutta  la  Sicilia  la  carneficina  dei  Fran- 
cesi, cioè  nel  mese  di  luglio  dello  stesso  anno,  come  rilevasi  da 
Giovanni  Villani  »  (2). 

Il  prof.  Francesco  Ferrara  nel  1831  così  esponeva  :  «  Pre- 
pararono gli  animi  e  accesero  vieppiù  che  mai  l'odio  della 
nazione  contro  i  Francesi  in  febbraio  che  seguì,  ed  in  marzo 
[1282J  »,  ed  inoltre  affermava  che  l'uccisione  di  Drouet  «  fu 
il  segnale  della  tumultuazione  meditata»  (3). 


(1)  Pecchia  ,  Storia  civile  e  politica  del  regno  di  Napoli  cit.  t.  Ili , 
pag.  11. 

(2)  Di  Blasi,  Storia  del  regno  di  Sicilia  cit.  voi.  II,  pag.  455.  Il  ca- 
pitolo del  Villani  è  il  LXIX  ,  e  non  il  LXVIII  come  per  errore  è  no- 
tato dal  Di  Blasi. 

(3)  Ferrara,  Storia  generale  della  Sicilia.  Palermo,  1831,  t.  IV,  pag. 
119  e  181. 


CX  PREFAZIONE 


Ricorderò  infine,  tra  gli  stranieri,  il  francese  Sismondi , 
che  scrisse  la  sua  storia  negli  anni  1807  a  1818  ed  il  tede- 
sco Leo,  che  dava  in  luce  la  propria  nel  1830.  Sismondi  dice 
che  il  Procida  «  non  ordiva  congiure,  ma  eccitava  le  passio- 
ni del  popolo,  onde  fosse  apparecchiato  ad  ogni  avvenimen- 
to ed  al  risentimento  dei  primi  oltraggi,  troppo  sicuro  che 
non  mancherebbe  poi  cagione  all'  alto  comune  sdegno  di 
prorompere».  Aggiunge  ancora  che  l'eccidio  dei  Francesi 
«  una  tremenda  rappresaglia  fu  delle  stragi  di  Benevento  e 
di  Augusta»  (1).  Enrico  Leo  esprime  su  la  rivoluzione  di 
Palermo  del  1282  un  giudizio,  che  corrisponde  al  complesso 
dei  fatti  e  ritrae  la  necessità  ed  i  limiti  della  congiura.  Egli 
considera  :  «  Senza  l'odio  profondo  del  popolo,  che  manife- 
stossi  sopratutto  con  terribile  forza  nelle  maggiori  terre  dove 
più  Francesi  erano  riuniti,  la  congiura  tuttoché  bene  e  savia- 
mente ordinata,  non  avrebbe  certamente  sortito  un  esito  for- 
tunato ;  ma  ne  la  furiosa  sollevazione  del  popolo  avrebbe 
tampoco  partorito  alcun  frutto,  se  uomini,  di  lunga  mano  pre- 
parati ad  un  simile  evento  ,  non  si  fossero  fatti  innanzi  e 
presa  non  avessero  la  suprema  direzione  della  cosa»  (2). 

Riesce  evidente  da  tale  rassegna  che  i  più  riputati  scrit- 
tori della  storia  di  Sicilia  ammettono  nella  rivoluzione  del 
1282  l' inevitabile  effetto  della  congiura.  Nonostante  che  le 
loro  opinioni  siano  basate  su  l'accurato  studio  delle  fonti, 
conviene  offrire  alcune  notizie  che  rilevansi  dalle  cronache. 
L'ambasceria  dei  Siciliani  al  Papa  Martino  IV  nel  gennaro 
1282  costituiva  l'ultimo  appello  alla  clemenza  del  Re  Carlo 


(1)  Sismondi,  Storia  delle  repubbliche  italiane  dei  secoli  di  messo. 
Trad.  'dal  frane.  Capolago,  1844,  t.  II,  pag.  552  e  554. 

(2)  Leo,  Storia  degli  Stati  italiani  dalla  caduta  dell'impero  romano 
fino  all'anno  1840.  Firenze,  1842,  voi.  II,  pag.  98. 


PREFAZIONE  CXI 


per  un  migliore  governo,  e  l'infelice  accoglimento  esasperò 
gli  animi  e  li  preparò  tosto  alla  rivolta  (1). 

Saba  Malaspina  contemporaneo  attesta  inoltre  che  al  mo- 
mento in  cui  ebbe  origine  la  ribellione  erano  alcuni  intrepidi 
giovani  palermitani  insieme  ad  esuli  di  Gaeta,  e  che  furono 
i  primi  ad  esser  provocati  dagli  Angioini  :  «  Quidam  insolen- 
tes  Panormitani  iuvenes  cum  quibusdam  Gayetanis  exulibus 
provocantur  »,  ed  i  primi  ancora  a  dire  contumelie  agli  An- 
gioini (2).  Non  occorre  aggiungere  altro  per  comprendere  che 
sotto  il  nome  di  esuli  di  Gaeta  si  intendeva  accennare  i  co- 
spiratori, che  lasciata  la  loro  città  come  sospetti  agli  Angioi- 
ni ,  erano  venuti  in  Sicilia  a  spingere  la  ribellione  con  gli 
accordi  degli  altri  esuli  e  del  Procida,  che  risiedeva  presso 
la  Corte  reale  d'Aragona  e  la  regina  Costanza,  simbolo  della 
grandezza  sveva  dopo  lo  sfacelo  di  quella  Casa  compiuto  da- 
gli Angioini.  In  una  lettera  dell' 11  ottobre  1282  da  Messina 
a  Gregorio  di  Perona,  cittadino  di  Gaeta,  il  Re  Pietro  lo  e- 
sortava  a  proseguire  nel  proposito  di  ribellare  quella  città 
«  cum  nonnullis  consanguineis  et  amicis  tuis  de  eadem  terra 
Gayete  in  Terracena  tecum  existentibus»  (3).  Il  Re  concede- 
va poi  a  27  ottobre  il  salvacondotto  a  dodici  abitanti  di 
Gaeta,  indicati  per  nome,  i  quali  «  Messana  recedunt  de  se- 


(1)  Speciale,  lib.  I,  cap.  3  ediz.  (Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  300  e  seg.). 
Egli  soggiunge  infatti  :  «  Postquam  Siculis  visum  est  nihil  ultra  supe- 
resse  remedii,  nullo  comunicato  Consilio,  desesperationem  amplexati  sunt 
singuli  prò  salute  »".  Il  nullo  comunicato  Consilio  non  significa  altro  che 
la  risoluzione  immediata,  senza  nuove  trattative  e  proposte,  che  già  e- 
ransi  compiute  nella  congiura. 

(2)  Saba  Malaspina,  Historie  continuano,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  II, 
pag.  354. 

(3)  Carini,  De  rebus  regni  Siciliae  cit.  pag.  84. 


CXII  PREFAZIONE 


renitatis  nostre  mandato  et  apud  Gayetam  se  conferii nt  per- 
sonales  »,  e  che  forse  saranno  stati  tra  i  fautori  della  rivol- 
ta (1).  Scriveva  ancora  quel  Re  da  Logrono  a  29  luglio  1283 
al  Procida  :  «  De  aliis  nobilibus  Neapoli,  qui  intendunt  civi- 
tatem  Neapoli  facere  rebellari,  si  perficere  poterint,  nobis 
plurimum  erit  gratum  »  (2).  Le  cospirazioni  degli  abitanti  di 
Gaeta  per  darsi  agli  Aragonesi  continuavano  nel  1288  (3). 

Se  si  considera  che  Gaeta  è  su  l'antica  strada  che  da 
Napoli  per  Terracina  conduceva  a  Roma,  meta  frequente  di 
intrighi  diplomatici  presso  la  Curia  romana,  anco  verso  al- 
tre città  vicine,  ove  essa  trasferivasi,  e  che  l'isola  di  Pro- 
cida, la  quale  era  stata  feudo  di  Giovanni  da  Procida, 
si  offriva  la  prima  venendo  per  mare  da  Gaeta  verso  Na- 
poli, si  potrà  bene  interpretare  il  vero  significato  delle  pa- 
role quidam  Gayetani  exules,  ed  i  rapporti  che  essi  doveva- 
no certamente  avere  col  Procida. 

TI  cronista  Speciale  nel  narrare  la  rivolta  del  31  marzo 
usa  queste  espressioni  per  i  Palermitani  :  «  Tunc  Panhor- 
mitani  omnes,  quod  diu  conceperant,  operi  se  accingunt  »  (4). 
Non  mi  estenderò  a  notare  qual  senso  debbano  avere  le  pa- 
role diu  conceperant,  che  non  può  esser  altro  che  la  rivolu- 
zione era  meditata  da  lungo  tempo,  e  meglio  dopo  le  pra- 
tiche del  Procida  coll'imperatore  Michele  Paleologo  in  Co- 
stantinopoli, conchiuse  già  da  alcuni  anni  (5).  L'ordine  dato 


(1)  Cfr.  Carini,  cit.  pag.  138. 

(2)  Vedasi  pure  Carini  cit.  pag.  435. 

(3)  Ho  ricordato  tal  fatto  in  questa  Prefazione,  pag.  XIII,  uota  2. 

(4)  Speciale,  lib.  I,  cap.  4  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  301). 

(5)  Sismondi,  Storia  delle  repubbliche  italiane  cit.  t.  II  pag.  542.  Pa- 
re che  il  Sismondi  (seguito  in  ciò  dall'AMARi)  riporti  quella  lega  all'an- 
no 1281,  quando  imminente  dimostravasi  la  spedizione  angioina  contro 


PREFAZIONE  CX1II 


dal  Giustiziere -de  Saint  -Remy  nel  1282  in  Palermo  perchè 
nella  festa  di  Santo  Spirito  presso  l'Oreto  non  si  portassero 
armi  ,  dimostra  che  dopo  l'ambasceria  al  Papa  Martino  IV 
a  Viterbo,  avvenuta  due  mesi  innanzi  (in  gennaio),  le  inten- 
zioni dei  Palermitani  erano  già  manifestamente  proclivi  alla 
rivolta,  e  si  temevano  le  riunioni  di  popolo  e  l'uso  delle  ar- 
mi, tanto  che  Neocastro  dice  che  i  Palermitani  erano  prima 
soliti  di  portare  spade  e  lancie  a  quella  festa,  ma  in  quel- 
l'anno «  tamen  lune arma  nulla  secum  portabant  »   (1). 

L'ambasceria  dei  Siciliani  nel  luglio  1283  in  Alcoyll  nel- 
l'Africa per  invitare  il  Re  Pietro  a  venire  in  Sicilia  ad  as- 
sumere il  regno  offre  anche  altra  conferma  della  congiura. 
Nella  Cronaca  denominata  de  San  Juan  de  la  Pena,  che  ora, 
per  le  ricerche  dell'esimio  prof.  Edoardo  Gonzàlez  Hurtebi- 
se  ,  si  è  riconosciuto  essere  stata  scritta  dal  Re  Pietro  IV 
d'Aragona,  il  quale  regnò  dal  1336  al  1387  (2),  è  detto  che 


il  Paleologo;  ma  non  se  ne  ha  chiara  prova,  e  tutto  induce  a  credere 
più  segreta  e  più  antica  la  lega. 

(1)  Neocastro,  cap.  14  (ediz.  Gregorio  cit.  pag.  31).  Per  la  più  pre- 
cisa notizia  degli  avvenimenti  della  rivolta  del  1282  riesce  interessante 
la  memoria  dell'erudito  archivista  francese  Henri  Stein,  Testament  de 
Pierre  de  Sainte-Foi,  archévéque  de  Palerme  (1283),  inserita  nella  Bi- 
bliothèque  de  l'École  des  Chartes,  Paris,  1912,  t.  LXXIII  pag.  436  e  seg., 
perchè  queir  arcivescovo  dovette  fuggire  da  Palermo,  e  trovò  asilo  a 
Nicotera  dove  morì.  Ne  ho  dato  recensione  nell'Archivio  Storico  Sici- 
liano, an.  XXXVII  (1912),  pag.  530  e  seg. 

(2j  Hurtebise,  La  Crònica  general  escrita  per  Fedro  IV  de  Ara- 
gon.  Barcelona,  1906  (nella  Revista  de  Bibliografia  Catalana,  voi.  IV). 
Ho  dato  notizia  di  questa  importante  memoria  nell'Archivio  Storico 
Siciliano  ,  an.  XXXI  (1906).  pag.  551  e  seg.,  appena  ritornato  dalla 
Spagna. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  h 


CX1V  PREFAZIONE 


il  Re  Pietro  III ,  suo  antecessore,  diede  questa  risposta  ai 
legati  siciliani  :  «  Mandat  igitur  statini  nuntiis  ut  repatriarent 
seque  regi  Carulo  Siculi  nullam  exibeant  servitutem,  quinpo- 
tius  rébellionem  incitent  et  faciant  cantra  ipsum ,  tamquam 
eorum  terrarum  occupatorem  iniustum  ,  promittens  se  esse 
cum  eis  in  brevi,  Domino  suffragante.  Ob  quod  nuntii,  facti 
imrnodice  ilares,  in  Siciliani  revertuntur,  et  contro,  regem  Ca- 
rolum  rebellionis  stimulum  Siculi  scitant  incunctanter  »  (1). 
Cotali  esplicite  manifestazioni,  riferite  nella  sua  cronaca  da 
un  sovrano,  sono  veramente  notevoli,  perchè  palesano  i  rap- 
porti diretti  di  Pietro  III  con  i  cospiratori  e  col  popolo,  e 
quasi  più  che  al  Parlamento  del  luglio  1282  pare  si  adatti- 
no a  quanto  potè  promettersi  da  quel  Re  prima  della  rivo- 
luzione del  31  marzo,  massime  che  di  questo  avvenimento 
non  fa  menzione  il  cronista  Re  Pietro  IV,  e  la  rivolta  era 
già  estesa  in  tutta  la  Sicilia  nel  luglio,  né  occorreva  altro 
incitamento  (2). 

Si  ha  finalmente  altra  prova  della  cospirazione  nelle  pa- 
role che  il  cronista  Speciale  riferisce  come  dette  dagli  am- 
basciatori al  Re  Pietro  III  in  Africa,  cioè  che  non  trascorso 
ancora  un  mese  la  Sicilia  si  era  liberata  dagli  Angioini  e 
sottoposta  al  governo  comunale,  raggiungendo  così  optatum 
finem  (3).  Tale  espressione  dimostra  che  nella  congiura   si 


(1)  Cfr.  Historia  de  la  Corona  de  Aragon  (la  mas  antiyua  de  que  se 
tiene  noticia)  conocida  generalmente  con  el  nombre  de  Crònica  de  San 
Juan  de  la  Pena.  Zaragoza,  1876,  pag.  171  e  seg. 

(2)  Il  cronista  francese  De  Nangis  è  ancora  più  preciso  nel  ricor- 
dare le  promesse  di  aiuto  date  dal  Re  Pietro  innanzi  la  rivolta.  Vedasi 
ediz.  Duchesne  cit.  t.  V,  pag.  538  e  seg. 

(3)  Speciale,  lib.  I,  cap.  11,  (ediz.  Gregorio,  cit.  t.  I  pag.  309). 


PREFAZIONE  CXV 


era  deliberato  di  reggersi  a  comune,  respingendo  qualunque 
forma  di  intervento  della  Chiesa  Romana  per  mezzo  dei  suoi 
Legati. 

D)  Su  la  parte  che  ebbe  il  Procida  nella  rivoluzione  del 
1282  e  perciò  nella  congiura  —  Prove  desunte  dai  documenti 
e  dalle  cronache. 

Altro  argomento  notevole  è  questo  per  la  storia  delle  o- 
rigini  della  celebre  rivoluzione.  I  cronisti  Saba  Malaspina 
ed  il  Villani  e  gli  storici  sino  al  primo  trentennio  del  seco- 
lo XIX  hanno  dimostrato  senza  alcun  dubbio  che  il  Proci- 
da sia  stato  il  principale  cospiratore ,  che  abbia  coopera- 
to alla  felice  riuscita  della  congiura  e  perciò  della  rivoluzio- 
ne nell'isola.  E'  d'uopo  leggere  attentamente  quanto  dice  il 
Saba  Malaspina  in  quella  parte  di  narrazione  da  me  riferi- 
ta (1),  per  riconoscere  che  alcuni  esuli  del  regno  facevan  parte 
della  cospirazione  per  la  conquista  della  Sicilia  da  compier- 
si dal  Re  Pietro  III  di  Aragona,  e  che  tra  essi  erano  prin- 
cipali il  maestro  [in  medicina]  Giovanni  da  Procida  e  Rug- 
giero Loria  (2).  Deve  pure  notarsi  che  il  Saba  Malaspina 
menziona  prima  il  Procida  e  poi  il  Loria,  perchè  il  Procida 
era  colui  che  più  poteva  influire  nell'ardua  preparazione,  e 
ciò  riceve  conferma  da  quanto  ho  già  ricordato  ,  cioè  che 
gli  esuli  delle  regioni  più  vicine  a  Napoli ,  e  propriamente 
di  Gaeta,  cospiravano  in  Sicilia,  ed  erano  presenti  nella  ri- 
voluzione del  marzo  1282. 


(1)  Cfr.  sopra,  pag.  XII. 

(2)  Saba  Malaspina  ,  Historiae  continuano  ab  anno  1276  ad  1285 
nunquam  antea  in  lucerti  emissa  (lo  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  cit. 
t.  II,  pag.  341). 


CXVI  PREFAZIONE 


Il  Villani  (come  notò  il  Gregorio  sin  dal  1791)  trasse  an- 
che dalla  recente  cronaca  anonima  del  Ribellamentu  le  este- 
se notizie  concernenti  le  origini  e  le  vicissitudini  di  quella 
rivoluzione  sino  al  viaggio  del  Re  Pietro  1  in  Messina  in  ot- 
tobre 1283  (1);  e  sebbene  in  molte  parti  quella  narrazione  del 
Ribellamentu  possa  considerarsi  immaginaria  e  che  «  intes- 
sa fregi  al  vero  »,  non  è  poi  tale  nel  complesso  dei  fatti  e- 
sposti  che  non  dimostri  un'ampia  base  di  verità  e  di  cor- 
rispondenza con  le  fonti,  e  se  il  nome  del  Procida  è  ricor- 
dato con  onore  in  cotali  fonti  per  le  sue  straordinarie  gesta, 
quella  rinomanza  in  tempi  assai  vicini  al  Procida(anzi  quando 
egli  era  ancor  vivo)  se  non  fosse  stata  vera,  non  poteva  es- 
sere facilmente  divulgata,  senza  incontrare  un'opposizione, 
anzi  protesta  vivissima,  dei  contemporanei  o  di  coloro  che 
vissero  poco  dopo  quell'epoca. 

Fra  essi  sono  tre  sommi  Italiani,  Dante  (1265-  1321),  Pe- 
trarca (1304-1374)  e  Boccaccio  (1313-1375),  dei  quali  il  primo, 
ghibellino,  accolse  alcune  notizie  della  rivoluzione  siciliana 
seguendo  quanto  narrava  il  Villani  (v.  1275-1348)  nella  sua  cro- 
naca, e  gli  altri,  che  eran  familiari  nella  Corte  del  Re  Rober- 
to, manifestarono  grandi  elogi  alla  memoria  del  Procida,  pur 
aderendo  al  Villani.  Or  non  è  affatto  da  credere  che  i  due 
più  grandi  poeti  ed  il  primo  prosatore  d'Italia  abbiano  po- 
tuto far  ciò,  senza  essere  abbastanza  sicuri  di  quanto  affer- 
mavano. Dante  quando  accadde  la  rivolta  aveva  ventitré  anni, 
per  il  Petrarca  era  un  evento  anteriore  soltanto  di  ventidue 
anni  alla  sua  nascita ,  e  di  trentuno  per  il  Boccaccio  e  di 
appena  pochi  anni  per  il  Villani  (2).  Quell'avvenimento  do- 


(1)  Ciò  ho  ricordato  nelle  precedenti  notizie  alla  lettera  B. 

(2)  Villani  ricorda  che  nel  1300,  reduce  da  Roma,  cominciò  a  com- 
porre la  sua  Cronaca.  Cfr.  lib.  Vili,  cap.  36,  e  Maffei,  Storia  della  Ut- 


PREFAZIONE  .  CXVII 


vea  quindi  esser  palese  ai  suddetti  scrittori  in  tutte  quelle 
minute  circostanze,  che  la  fama  trasmetteva  dovunque  in  Eu- 
ropa nelle  conversazioni  e  nei  racconti,  anco  fra  la  lentezza 
dei  viaggi  di  quei  tempi. 

È  noto  che  Dante  scrisse  la  cantica  dell'Inferno  negli  anni 
1306  a  1308,  come  ricorda  con  varie  prove  il  Balbo  (1).  Il 
Poeta,  nel  mentovare  tre  notevoli  fatti  della  rivoluzione  di 
Palermo  del  1282,  adoperava  talvolta  quasi  le  stesse  paro- 
le del  Villani,  che  traeva  le  notizie  dal  Bibellamentu.  Dante 
pone  tra  i  simoniaci  il  Papa  Nicolò  III  per  il  denaro  che 
ricevette  dal  Procida  (da  quello  dato  a  costui  dall'impera- 
tore Paleologo)  per  la  congiura  contro  Carlo  d'Angiò,  e  lo 
accusa  : 

E  guarda  ben  la  mal  tolta  moneta 
Ch'esser  ti  fece  contro  Carlo  ardito  (2). 

Nel  Villani  trovasi  per  tale  azione  del  Procida  :  «  commo- 
vendolo segretamente  [il  Papa]  colla  detta  moneta  contro  al 
Re  Carlo  »  (3). 


teratura  italiana  cit.  ed.  Italia,  1834,  voi.  I,  pag.  165,  il  quale  ritiene 
che  allora  «dovea  egli  essere  già  adulto».  I  fatti  della  rivoluzione  del 
1282  sono  esposti  dal  Villani  nel  lib.  VII,  che  non  potè  essere  scritto 
da  lui  molti  anni  dopo  il  1300. 

(1)  Balbo,    Vita  di  Dante  Alighieri,  Torino,  1857,  pag.  289  e  310. 

(2)  Inferno,  e.  XIX,  v.  98-99. 

(3)  Villani,  lib.  VII,  cap.  57,  ed.  cit.  Egli  aggiunge  :  «secondo  che 
per  gli  più  si  disse  e  si  trovò  la  verità  »,  che  prova  i  discorsi  del  suo 
tempo.  Nel  Bibellamentu  (ed.  Gregorio  cit.  pag.  25Ì)  immediatamente 
dopo  il  fatto  che  il  Paleologo  «  havia  promisu  multa  munita»,  si  fa  cen- 
no della  visita  e  delle  promesse  del  Procida  al  Papa  Nicolò  III.  I  com- 
mentatori di  Dante  hanno  costantemente  spiegato  in  tal  modo  quei  due 


CXVIII  PREFAZIONE 


Dante  usa  inoltre  le  espressioni  : 

Se  mala  signoria,  che  sempre  accora 
Li  popoli  soggetti,  non  avesse 
Mosso  .        .        .        (1). 

Si  trova  nel  Villani:  «  I  Franceschi  teneano  i  Siciliani  e  i  Pu- 
gliesi per  peggio  che  servi  [si  confronti  li  popoli  soggetti  di 
Dante]  isforzando  e  villaneggiando  le  loro  donne  e  figlie. 
Per  la  qual  cosa  molta  di  buona  gente  del  regno  e  di  Ci- 
cilia s'erano  partiti  e  rubellati  »  (2). 
Infine  Dante  dice  : 

Mosso  Palermo  a  gridar  :  Mora,  mora. 

Nel  Villani  dopo  la  notizia  della  sommossa  in  Monreale  si 
ha  :  «  Ma  il  peggiore  n'ebbono  quegli  di  Palermo.  Inconta- 


versi.  Ricorderò  soltanto  l'ediz.  La  Divina  Commedia  di  Dante  Ali- 
ghieri col  comento  di  G.  B fagioli,  Napoli,  1865  ,  pag.  265.  Non  può  la 
mal  tolta  moneta  riferirsi  a  quella  delle  decime  usata  dal  Papa  Nico- 
lò III  per  vantaggio  della  Chiesa,  perchè  tal  fatto  non  costituiva  simo- 
nìa, anzi  era  un  merito.  Gregorovius,  Storia  della  città  di  Boma  nel 
medio  evo.  Venezia ,  1874  voi.  V,  pag.  555 ,  afferma  piuttosto  che  quel 
Papa  fu  «  il  primo  che  imprendesse  a  fondare  principati  ai  suoi  nepo- 
ti»  e  che  era  avaro.  Il  cronista  Pipino  ricorda  che  delle  decime  raccolte 
dal  predecessore  Gregorio  X  si  giovò  il  Papa  Nicolò  III  per  ingrandire 
con  palazzi  e  ville  le  adiacenze  della  basilica  di  S.  Pietro,  «  ut  ibi  ce- 
lebritas  Curiae  Romanae  esset  in  vestibulis  aedium  propinquarum 
eius».  Muratori,  Rerum  cit.  t.  IX,  col.  724. 

(1)  Paradiso,  e.  VIII,  v.  73-75. 

(2)  Villani,  loc.  cit.  —  Nel  Ribellamentu  si  legge  per  i  Siciliani:  «0 
miseri  venduti  comu  cani,  mali  disavventurati  e  mali  trattati,  haviti 
li  vostri  curagi  impitrati;  ora  non  vi  moviriti  jammai,  ma  sempri  sar- 
riti  servi  puteudu  essiri  signuri,  divengiandu  l'ingiurii  e  li  vergogni  vo- 
stri» (ed.  Gregorio  cit.  pag.  252). 


PREFAZIONE  CX1X 


nente  tutta  la  gente  si  ritrassono  fuggendo  alla  città,  e  gli 
uomini  [si  diedero]  ad  armarsi,  gridando  :  muoiano  i  Fran- 
ceschi »  (1). 

La  cronaca  del  Villani,  che  probabilmente  sino  al  libro 
VII  era  già  composta  nel  1306,  e  senza  dubbio  1'  altra  del 
Ribellamentu  che  correva  allora  per  l'Italia,  e  dalla  quale  la 
prima  è  derivata  per  le  notizie  dell'isola,  giovarono  quindi 
all'Alighieri  nell'attestare  con  precisione  i  fatti  della  rivolu- 
zione siciliana  e  la  partecipazione  del  Procida  (ancorché  non 
nominato)  in  essa  (2). 


(1)  Villani  ,  ibidem.  Si  narra  nel  Ribellamentu  (ed.  Gregorio  cit. 
pag.  264)  che  i  nobili  «  incalzami  la  briga  contra  li  Francischi  cu  li  Pa- 
lermitani, e  li  homini  a  rimuri  di  petri  e  di  armi,  gridandu  :  moranu 
li  Francisi  ».  Il  cronista  Michele  di  Piazza,  che  scriveva  in  latino,  ricorda 
che  la  prima  voce  di  rivolta  che  echeggiò  nel  1282  nei  campi  dell'Oreto 
fu  :  Moranu  li  Francisi.  Cfr.  G.  La  Mantia,  Su  i  più  antichi  Capitoli 
della  città  di  Palermo  cit.  pag.  427. 

(2)  Dice  il  Villani  (lib.  Vili ,  e.  36)  :  «  Negli  anni  1300  tornato  da 
Roma,  cominciai  a  compilare  questo  libro  [la  cronaca],  a  reverenza  di 
Dio  e  del  beato  Giovanni,  e  commendazione  della  nostra  città  di  Firen- 
ze». Cfr.  ediz.  cit.  pag.  182.  La  voce  compilare  significa  comporre,  di- 
stendere in  iscritto.  Pietro  Massai  nell'Elogio  del  Villani  (ediz.  Firenze, 
1823,  t.  Vili,  in  fine)  ricorda  che  egli,  pur  appartenendo  al  ceto  uobile, 
fosse  mercante,  e  che  nel  1301,  «mentre  attendea  non  meno  alla  mer- 
catura che  alla  sua  Cronaca»,  fu  presente  all'  entrata  di  Carlo  di  Va- 
lois  in  Firenze  (pag.  XVIII).  Fu  allora  esiliato  Dante  ;  e  nota  il  Villani 
(lib.  IX,  e.  136)  :  «  Questo  Dante  fu  onorevole  e  antico  cittadino  di  Fi- 
renze di  porta  San  Piero,  e  nostro  vicino».  Nel  1303  Villani,  forse  per 
la  mercatura,  si  recò  in  Sion  nella  Svizzera  e  di  là  nelle  Fiandre,  ove 
era  nel  settembre  1304  ;  ma  non  dovette  rimanervi  molto,  sebbene  man- 
chino altre  memorie  di  lui  sino  al  1311,  perchè  nell'anno  seguente  si  ha 
notizia  di  suoi  atti  in  Firenze  (pag.  XIX  e  seg.) ,  e  dal  1316  cominciò 


CXX  PREFAZIONE 


Il  Petrarca  nell'Itinerarium  Syriacum  scriveva  poi  :  «  Vi- 
cina hinc  Prochyta  est  parva  insula,  sed  unde  nuper  magnus 
quidam  vir  surrexit  Ioannes ,  ille  qui  formidatum  Caroli 
diadema  non  veritus ,  et  gravis  memor  iniuriae ,  et  majora 
si  licuisset  ausurus,  ultionis  loco  huic  regi  Siciliani  abstulis- 
se  »  (1).  Si  noti  la  parola  nuper,  che  significa  or  non  è  molto 
tempo,  cioè  per  un  fatto  assai  conosciuto  da  chi  l'esponeva. 

Altre  lodi  tributava  nella  biografìa  di  Carlo  I  d'Angiò  il 
Boccaccio  al  Procida,  ed  in  modo  simile  al  Villani  narrava 
brevemente  le  sue  gesta,  appellando  il  Procida  nobile  ed  a- 
stutissimo  uomo ,  il  quale  «  nec  minore  labore,  quam  saga- 
citate  per  biennium  »  favorì  la  cospirazione  dei  Siciliani  (2). 

Ne  deve  supporsi  che  in  modo  diverso  ne  abbia  scritto 
nei  suoi  Annales  omnium  temporum  il  celebre  storico  paler- 
mitano Pietro  Ranzano  (1428-1492),  sebbene  il  volume  ri- 
guardante la  Sicilia  non  ci  sia  pervenuto,  pur  essendosene 
giovato  il  Fazello  nel  secolo  seguente  (3). 

Dal  Fazzello  e  dal  Surita  al  Palmeri  ed  al  Leo  non  è 
altrimenti  fra  gli  scrittori  di    storia    generale ,  seguendo  le 


a  tenervi  cariche  pubbliche.  Non  è  quindi  a  supporre  che  ,  dal  fermo 
ed  entusiastico  proposito  nel  1300  di  comporre  la  Cronaca,  il  Villani  si 
fosse  indugiato  sino  al  1321  per  iscriverla,  quando  sedeva  tra  i  Signori 
della  repubblica,  come  crede  I'Amari,  9a  ediz.  voi.  Ili,  pag.  15.  Poteva 
allora  il  Villani  continuarla  e  perseverarvi  con  più  agio,  ma  non  dar- 
vi inizio  dopo  tanto  oblìo. 

(1)  Petrarcha,  Opera  quae  extant  omnia.  Basileae,  1581,  pag.  559. 

(2)  Boccaccio,  De  casibus  virorum  illustrium  libri  novem.  Augustae 
Vindelicorum,  1544,  pag.  257. 

(3)  Ne  ho  fatto  cenno  prima,  in  questa  Prefazione.  11  Collenuccio, 
scrivendo  nel  secolo  XV,  rilevava  l'opera  del  Procida,  che  teneva  «  pra- 
tica con  li  primi  uomini  di  Sicilia».  Istoria  cit.  p.  203. 


PREFAZIONE  CXXI 


cronache  vetuste,  che  una  continua  affermazione  del  meri- 
to del  Procida  nella  congiura,  ciò  che  forma  sicura  prova 
del  costante  consenso  di  contemporanei  e  posteri  su  la 
base  incontrastabile  dei  fatti.  Fazzello  chiama  il  Procida  cal- 
lido vir  ingenio  et  in  conciliandis  animis  potens,  Maurolico 
ricorda  che  la  sua  patria  fu  Salerno  e  che  fu  medicus  Man- 
fredi regis.  Aprile  nota  che  non  era  «  già  medico,  ma  signore 
nobilissimo-  delV Isola  di  Procida  e  di  alcune  terre  del  regno 
di  Napoli,  familiare  del  Re  Manfredi,  come  si  prova  dall'iscri- 
zione del  Duomo  di  Salerno»,  ed  esprime  altresì  un  assai 
sennato  giudizio,  che  conviene  riferire:  «  La  moglie  di  lui  eb- 
be un  favorevole  rescritto  dal  Re  Carlo  per  la  restituzione  dei 
soli  beni  dotali.  Né  da  tale  rescritto,  né  altronde  si  prova  che  il 
Procida  si  fosse  mosso  a  tal  impresa  per  vendetta  dello  stupro, 
col  quale  dicono  alcuni  autori  che  gli  fosse  stata  oltraggia- 
ta la  moglie.  Fuggito  egli  dalla  sua  patria  dopo  la  rotta  di 
Gorradino,  si  die  a  maneggiare  le  sue  fortune  ;  e  trovando 
ben  disposta  la  Sicilia,  irritata  fieramente  contro  i  ministri 
del  Re  Carlo,  volle  portare  al  soglio  di  quest'isola  il  Re  Pie- 
tro d'Aragona»  (1). 

Caruso  osserva  che  erano  «  nobili  fuorusciti  della  Sici- 
lia rifugiati  in  gran  numero  nella  sua  corte  «  [del  Re  Pietro], 
e  che  questi  «  si  valse  dell'opera  e  del  consiglio  di  Procida  », 
per  il  quale  ricorda  che  era  «stato  spogliato  da  lui  [Re  Carlo] 
dei  ritchi  feudi,  che  possedeva  vicino  Napoli»,  e  che  il  Re 
Pietro  lo  riconobbe  «per  uomo  altrettanto  ardito  quanto  sa- 
gace ed  atto  a  qualunque  più  importante  maneggio  »  (2).  Il  Gre- 
gorio notava  che  il  Procida  «  rifuggitosi  presso  Costanza  la 


(1)  Aprile,  Della  Cronologia  universale  della  Sicilia  cit.  pag.  136. 

(2)  Caruso,  Memorie  storiche  di  Sicilia  cit.  parte  II,  v.  I,  pag.  335. 


CXXI1  PREFAZIONE 


figliuola  di  Manfredi. .  . .  disegnò  di  riporlo,  sul  trono  che  altri 
occupava  violentemente.  Gli  accorgimenti  e  le  coperte  vie  ei 
sapea  tutte  »  (1).  Palmeri  considerava  che  il  Procida  si  di- 
mostrò più  onesto  di  altri  che  sottoscrissero  il  testamento 
dell'imperatore  Federico  TI  e  poi  «fecero  apertamente  guerra 
al  figliuolo  »,  mentre  «  Messer  Giovanni  all'incontro  si  tenne 
sempre  fedele  a  re  Manfredi  »  (2).  Ferrava  credeva  opportu- 
no rilevare  che  il  periodo  della  rivoluzione  del  1^82  «  da  al- 
cuni dei  nostri  scrittori  è  stato  inviluppato  in  favole  e  ri- 
dicole assurdità»,  e  che  aveva  dovuto  perciò  attenersi  agli 
«  storici  contemporanei  o  poco  da  esso  lontani  »  (3). 

Noterò  fra  gli  scrittori  italiani  che  il  Muratori  conside- 
ra sottilmente  che  il  Procida  «  uomo  di  mirabile  accortez- 
za, letterato  e  spezialmente  peritissimo  della  medicina,  entrò 
in  pensiero  di  guarire  anche  i  mali  politici  della  Sicilia,  ed 
a  ciò  incitava  il  Re  Pietro  e  la  moglie  Gostanza  »  (4)  ,  e 
che  il  Giannone  osserva  che  il  Procida,  rimunerato  con  feudi, 
«  tutto  quel  frutto  che  cavava  dalla  sua  baronia  cominciò 
a  spendere  in  tener  uomini  suoi  fedeli  per  ispie  nell'uno  e 
nell'altro  regno,  dove  avea  gran  sequela  di  amici,  e  comin- 
ciò a  scrivere  a  quelli  in  cui  più  confidava  »  (5). 

Fra  gli  stranieri  ricorderò  che  il  Surita  fa  cenno  della 
grande  potenza,  alla  quale  era  pervenuto  in  Italia  il  Re  Man- 
fredi ,  e  che  posteriormente  le  aspirazioni  ghibelline  erano 
rimaste  in  Toscana  e  Lombardia  e  «  siguieronle  muchos   y 


(1)  Gregorio,  Opere  scelte,  cit.  pag.  600. 

(2)  Palmeri,  Somma  della  Storia  di  Sicilia,  cit.  voi.  Ili ,  pag.  243. 

(3)  Ferrara,  Storia  generale  della  Sicilia  cit.  t.  IV,  pag.  110. 

(4)  Muratori,  Annali  d'Italia,  cit.  t.  VII,  pag.  357. 

(5)  Giannone,  Istoria  civile  del  regno  di  Napoli,  t.  V,  pag.  266. 


PREFAZIONE  CXXIII 


muy  grandes  senores  por  estar  el  imperio  en  cisraa  »,  e  nota 
tra  i  fautori  ghibellini  del  Re  Pietro  III  d'Aragona  il  mar- 
chese di  Monferrato,  il  conte  Guido  Novello,  Corrado  di  An- 
tiochia, Guido  di  Montefeltro,  ed  altresì  come  fosse  concor- 
de il  Re  di  Gastiglia.  Tali  menzioni,  recondite  del  tutto  per 
gli  scrittori  di  Sicilia,  mostrano  che  il  Surita  esaminò  anche 
i  due  registri  del  1282  del  Re  Pietro  nell'Archivio  della  Co- 
rona di  Aragona,  nei  quali  (oltre  alcuni  anteriori)  sono  le 
lettere  del  sovrano  a  quei  ghibellini  ed  al  Re  di  Castiglia 
medesimo.  Aggiunge  ancora  il  Surita  che  il  Procida  «  tenia 
muy  larga  noticia  de  las  cosas  y  estados  de  Italia  y  de  los 
imperios  griego  y  latino  »,  e  si  die  a  preparare  la  ribellione  di 
Sicilia  «  si  el  rey  de  Aragon  se  emparase  de  la  defensa»  (1). 

L'insigne  toletano  Giovanni  Mariana  (1537-1624),  che  di- 
morò anche  in  Sicilia  ,  nell'  esporre  le  vicende  di  Spagna , 
tratta  in  uno  speciale  capitolo  intorno  Johannis  Prochitae  in 
Gallos  coniuratio,  e  nota  che  «  Aragonii  Reges  Iacobus  et 
Petrus  idoneum  virum  nacti  ....  oppido  gaudentes  beni- 
gne acceptum  amplis  possessionibus,  unde  sustentaret  vitam, 
donarunt  »  ,  e  che  da  quel  tempo  i  Ghibellini  d'  Italia  ad 
Aragonios  respicere  coeperunt  »  (2) . 

Sismondi  narra  per  il  Procida  che  Costanza  «avealo  ac- 
colto come  un  suddito  fedele  ed  uno  zelante  amico  »,  e  che 
il  Re  Pietro  «  onde  rifarlo  delle  sofferte  perdite,  lo  creò  ba- 


(1)  Surita  ,  Anales  cit.  lib.  IV,  cap.  13.  Egli  nota  il  concorso  nel- 
l'impresa da  parte  di  «  grandes  seùores  y  barones  de  Italia,  del  bando 
gibelino  y  del  reyno  de  Sicilia  »  per  mezzo  del  Procida  ,  e  che  «  con 
diversos  mensajeros  era  solicitado  el  rey  y  requerido  ».  È  questa  la  de- 
finizione più  conforme  al  vero  ed  alle  più  sicure  notizie  del  tempo. 

(2)  Mariana  ,  Historiae  de  rebus  Hispaniae  libri  XX.  Toleti ,  1592, 
pag.  669-673. 


CXXIV  PREFAZIONE 


rone  del  regno  di  Valenza,  signore  di  Luzzo ,  Benizzano  e 
Palma»  (1),  la  quale  notizia  il  Sismondi  trae  dal  Maria- 
na, su  quanto  scrisse  nella  ricordata  storia  di  Spagna;  ma 
di  quelle  concessioni  fatte  al  Procida  aveva  prima  dato 
notizia  il  Surita  (2).  Rileva  inoltre  il  Sismondi  le  varie  ra- 
gioni, per  le  quali  il  Procida  «  non  dovea  sperar  molto  dalle 
province  di  Terra  ferma  al  di  qua  del  Faro»  perchè  si  ri- 
bellassero ancor  esse.  Il  tedesco  Leo  accenna  le  pratiche 
della  cospirazione  preparata  dal  Procida,  e  nota  che  «  d'A- 
ragona, dove  e  beni  ed  onori  gli  furon  di  nuovo  largiti  a  piene 
mani ,  Gianni  cominciò  un  trattato  per  ribellare  la  Sicilia 
a  Carlo  »  (3). 

Oltre  tale  unanime  affermazione  degli  storici  più  riputa- 
ti, è  giusto  considerare  il  Procida  nella  sua  vita  di  cospi- 
ratore quale  ci  appare  dai  documenti,  testimoni  irrefragabili 
della  storica  verità,  ed  altresì  dalle  cronache. 

Giovanni  da  Procida,  cittadino  di  Salerno  ,  come  è  de- 
notato in  un  documento  trascritto  nei  registri  angioini  di 
Napoli,  nacque  probabilmente  pochi  anni  dopo  il  1210,  per- 
chè è  detto  dal  Neocastro  esser  già  molto  vecchio  nel  1290  : 
«  licet  tanti  iaboris  affectus  senio  fuerifm]  tediosus  »  (4).  Era 


(1)  Sismondi,  Storia  delle  repubbliche  italiane  cit.  t.  II,  pag.  554. 

(2)  Surita,  Anales,  cit.  1.  IV.  cap.  13.  I  documenti  trovatisi  pare  nei 
registri  del  Re  Pietro. 

(3)  Leo,  Storia  degli  stati  d'Italia  cit.  voi.  II,  pag.  97. 

(4)  Neocastro,  cap.  112,  ediz.  Gregorio  cit.  pag.  203.  Lo  storico  Sal- 
vatore De  Renzi  nel  suo  lavoro  II  secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Pro- 
cida. Napoli  1860 ,  pag.  83  dice  :  «  La  sua  nascita  deve  riporsi  verso 
l'anno  1210,  perchè  egli  già  trovavasi  da  molto  tempo  presso  di  Fede- 
rigo II,  e  ne  segnava  il  testamento  nel  1250 ,  ed  inoltre  visse  sino  al 
cader  di  dicembre  del  1298  di  grave  età».  Il  De  Renzi  rinvenne  in  due 


PREFAZIONE  ,  CXXV 


signore  dell'isola  di  Procida  e  dei  feudi  di  Tramonti,  Gaiano 
e  Pistilione  (questi  due  ultimi  concessi  dal  Re  Manfredi), 
ricavandosi  ciò  dall'iscrizione  coeva  esistente  in  Salerno,  ed 
altresì  da  un  fascicolo  angioino  contenente  l' inquisizione 
sui  feudatari  del  regno  ordinata  da  Carlo  I  nel  1269  (1).  Il 
Procida  fu  medico  dell'imperatore  Federico  II;  e  se  ne  ha 
la  sottoscrizione  nel  testamento  di  quel  sovrano  del  1250, 
nel  quale  si  legge  :  «  Ego  lohannes  de  Procida  domini  impe- 
ratoris  medicus  testis  sum  »  (2). 


documenti  angioini  la  data  della  morte,  avvenuta  tra  il  20  dicembre  1298 
e  23  gennaio  1299.  Cfr.  l'altra  opera  di  lui  Collectio  Salernitana  ossia 
documenti  inediti  e  trattati  di  medicina  appartenenti  alla  Scuola  medica 
salernitana.  Napoli,  1856,  t.  IV,  pag.  603. 

(1)  Per  l'iscrizione  del  1260  cfr.  Huillard  -  Bréholles  ,  Becherches 
sur  les  monuments  et  l'histoire  des  Normands  et  de  la  maison  de  Soua- 
be  dans  l'Italie  meridionale.  Paris,  1844,  pag.  131,  che  segue  una  migliore 
trascrizione  data  prima  di  lui ,  ed  inoltre  per  1'  elenco  dei  feudatari 
VHistoria  diplomatica  Friderici  II  del  medesimo,  t.  VI,  parte  2a,  p.  917. 
La  baronia  di  Caiano  fu  confiscata  dall'imperatore  Federico  a  Roberto 
di  Caiano  nella  rivolta  di  Capaccio  al  1246,  e  dopo  dal  Re  Manfredi  fu 
concessa  al  Procida:  «et  princeps  Manfridus  concessit  Ioanni  de  Procida; 
et  consistebat  in  Caiano,  Sancto  Angelo  et  Silvitella».  Cfr.  pure  Saint- 
Priest,  Hist.  de  la  conquéte  de  Naples  cit.,  t.  IV,  pag.  314,  e  l'opera 
del  Capasso  che  indico  appresso. 

(2)  Il  testamento  originale  di  Federico  Svevo  era  scritto  in  perga- 
mena con  sigillo  in  oro.  Nel  1251  a  richiesta  del  Vescovo  di  Salerno 
Cesario  ne  fu  fatto  un  transunto,  che  fu  ristampato  dal  can.  Giuseppe 
Paesano,  Memorie  per  servire  alla  storia  della  Chiesa  Salernitana.  Sa- 
lerno, 1852,  parte  II,  pag.  360  e  seg.  L'altra  lezione  della  sottoscrizione 
che  offre  Huillard  -  Bréholles,  Hist.  dipi.  cit.  t.  VI.  p.  II,  pag.  810  non 
mi  sembra  genuina.  Nel  testamento  si  ha  pure  verso  la  fine  :  «  Predicta 
autem  omnia  que  acta  sunt  in  presentia  ....  magistri  Ioannis  de 
Procida  ».  La  parola  magistri  si  riferisce  alla  scienza  medica  professata 


CXXVI  PREFAZIONE 


Andrea  Logoteta  e  Protonotaro  del  regno  al  tempo  di 
Federico  Svevo,  non  avendo  reso  il  conto  del  suo  ufficio , 
fu  privato  di  un  fondaco  che  egli  possedeva  in  Salerno,  e 
la  figlia  di  lui  fu  data  dall'imperatore  in  matrimonio  a  Gio- 
vanni da  Procida ,  al  quale  vennero  concessi  tutti  i  beni 
che  già  erano  appartenuti  al  Protonotaro.  Tali  notizie  rica- 
vo dal  Liber  Inquisitionum  Caroli  I  prò  feudataria  regni , 
edito  integralmente  dal  Capasso  (1). 

Sotto  Manfredi  godè  il  Procida  più  grandi  favori,  perchè 
da  alquanti  documenti  degli  anni  1257  a  1265  egli  è  detto 
socio  e  familiare  del  Re,  ed  appare  aver  tenuto  l'alta  carica 
di  Segretario  regio  (2).  Diceva  pertanto  a  ragione  il  croni- 
sta Salimbene  che  :  «  dominus  Iohannes  de  Procida  potens 
et  magnus  [erat]  in  Curia  Manfredi»;  ma  egli  aggiunge  una 
notizia  inverosimile,  cioè  :  «  Fertur  quod  fuit  ille,  qui  dedit 
venenum  regi  Conrado  ad  instantiam  ipsius  Manfredi  fra- 
tris  sui  »,  che  sarebbe  stato  un  delitto  simile  a  quello  che 
si  credeva  tentato  da  Pietro  delle  Vigne  contro  l'imperatore 


dal  Procida.  De  Renzi,  11  secolo  XIII  e  G.  da  Procida  cit.  pag.  129  ri- 
tiene che  nella  venuta  di  Federico  nel  regno  al  1240  potè  il  Procida 
essere   scelto    a  suo  medico ,   «  perchè   sarebbe  stato   troppo  giovine  * 

prima. 

(1)  Capasso  ,  Historia  diplomatica  regni  Siciliae  inde  ab  anno  1250 

ad  annum  1266.  Neapoli,  1874,  pag.  345. 

(2)  Cfr.  i  documenti  ricordati  o  dati  per  sunto,  o  pubblicati  da  Ca- 
passo, Hist.  dipi.  cit.  pag.  138,  174,  175,  208,  222,  228,  244  e  292;  Win- 
kelmann  Acta  imperii  inedita.  Innsbruck,  1880,  pag.  418  ;  G.  Parisio  , 
Giovanni  da  Procida  Cancelliere  del  regno  (in  Ardi.  Stor.  gentilizio  del 
Napoletano.  Napoli,  voi.  T.  1894.  pag.  62  (notizia  in  Arch.  Stor.  Nap.  voi. 
XX,  1895,  pag.  144  e  seg.),  e  C.  Kehr,  in  Quellen  und  Forschung.  Rom. 
1904,  pag.  180. 


PREFAZIONE  GXXVII 


Federico  (1).  Il  Procida  curò  di  far  conseguire  notevoli  van- 
taggi alla  sua  città  natale ,  e  basti  ricordare  che  nel  1259 
ottenne  che  il  Re  Manfredi  vi  stabilisse  una  fiera  generale, 
manifestando  :  «  civitatem  eandera,  utpote  provincìae  specu- 
lum,  et  regionis  precipuam,  et  fidelem  nostrae  in  omnibus 
maiestati,  volumus  in  hiis  et  multis  maioribus  decorare  »  (2). 
Nell'anno  seguente  anche  un  porto  fu  fatto  costruire  in  Sa- 
lerno per  le  istanze  del  Procida,  come  si  rileva  dalla  iscri- 
zione del  1260  già  da  me  ricordata  (3).  Con  sincera  grati- 
tudine  il  can.  Paesano  affermava  per  il  Procida  che  il  suo 
suo  nome  «  rimarrà  mai  sempre  incancellabile  nei  fasti'  sa- 
lernitani ». 


(1)  Cronaca  di  Salimbene  nei  Monum.  hist.  ad  prov.  parm.  et  plac. 
cit.  pag.  245.  Il  frate  Pipino  appellava  Procida  :  «  vir  sagax  et  perspi- 
cax  magi8ter  Iohannes  de  Procida,  olim  notarius,  physicus  et  logotheta 
regis  Manfredi».  Muratori,  Rerum  cit.  t.  IX,  p.  686.  Nell'iscrizione  del 
1260  si  dà  al  Procida  la  denominazione  di  magni  civis  salernitani. 

(2)  Paesano,  Memorie  della  Chiesa  Salernitana  cit.  parte  31,  pag.  122 
pubblicò  il  primo  quel  documento.  Cfr.  pure  parte  2a,  pag.  416.  G.  La 
Mantia,  Messina  e  le  sue  prerogative  cit.  in  Arch.  Stor.  Sic.  a.  XLI,  p.  517. 
Salerno  ebbe  antiche  e  notevoli  relazioni  politiche  con  la  Sicilia  sin  da 
quando  vi  si  tenne  nel  1129  il  parlamento  per  elevare  a.  dignità  regia  Rug- 
giero nella  capitale  Palermo  (Telesino  ,  in  Del  Re,  Cronisti,  voi.  I, 
p.  102);  ed  altresì  commerciali,  come  si  scorge  dal  privilegio  di  Rug- 
giero II  del  1132,  e  dalla  lettera  di  Goffredo  di  Modica  del  1180  per  le  e- 
senzioni  della  Chiesa  di  Cefalù  sino  a  Bagnara  ed  alla  costa  di  Amalfi. 
Cfr.  Spata,  Le  pergamene  esistenti  nel  grande  Archivio  di  Palermo.  Ivi, 
1862  ,  pag.  429  e  447;  e  Cusa,  I  diplomi  greci  ed  arabi  di  Sicilia.  Pa- 
lermo, 1868,  pag.  489. 

(3)  Ne  dà  pure  notizia  Paesano  cit.  pag.  416  e  seg.;  ed  inoltre  Stra- 
forello,  La  Patria.  Geografia  dell'Italia.  Torino,  1898,  voi.  Provincia 
Salerno,  pag.  308,  con  pregevoli  cenni  su  le  vicende  posteriori  di  quella 
costruzione. 


CXXVIII  PREFAZIONE 


Venne  il  Procida  in  Sicilia  insieme  col  Re  Manfredi  nel- 
l'anno 1262  ;  e  la  notizia  è  di  certezza  indiscutibile  perchè 
deriva  da  un  documento  regio,  che  ancora  conservasi  in  un 
transunto  dello  stesso  anno,  nell'Archivio  di  Stato  di  Paler- 
mo. Vi  si  legge  in  fine  :  Datum  per  Iohannem  de  Procida 
apud  Panormum  octavo  decimo  Iulii  quinte  Indictionis  »  (1). 
Non  si  è  finora  da  alcuno  rilevata  l'importanza  di  tale  do- 
cumento, credendosi  quasi  che  il  Procida  non  si  fosse  giam- 
mai recato  nell'isola  innanzi  il  1283.  Deve  anzi  ritenersi  che 
in  queir  occasione  della  sua  dimora  in  Palermo,  nel  1262, 
potè  il  Segretario  del  Re  Manfredi  ammirare  i  monumenti 
delle  epoche  normanna  e  sveva  ed  ascoltare  il  rimpianto  dei 
Siciliani,  e  specialmente  della  città  di  Palermo  per  le  per- 
dute prerogative  di  capitale,  fra  il  dolore  delle  memorie  della 
passata  grandezza ,  e  trarne  dopo  pochi  anni  impulso  per 
la  sua  cospirazione,  che  avrebbe  trovato  aderenti  nell'isola 
ansiosa  di  ricuperare  l'antico  fasto. 

Il  documento  formato  dal  Procida  è  una  breve  lettera  o 
mandato  inviato  dal  Re  Manfredi  al  Giustiziere  al  di  qua 
del  Salso,  affinchè  non  fosse  molestata  la  Casa  dell'  Ospe- 
dale di  S.  Maria  dei  Teutonici  in  Palermo  per  il  pagamento 
di  dazi  e  collette.  I  ricordi  della  Gasa  reale  sveva  si  mesco- 
lavano così  in  quella  concessione  d'immunità  all'Ordine  Teu- 
tonico, al  quale  l'imperatore  Enrico  VI  avea  nel  1196  attri- 
buito il  monastero  normanno  fondato  dal  Cancelliere  Mat- 
teo Aiello  al  tempo  di  Re  Guglielmo  II  (2).  Nel  luglio  stesso 


(1)  Fu  pubblicato  da  Mongitore,  Monumenta  historica  Sacrae  Domus 
Mansionis.  Panormi,  1721,  pag.  37.  Capasso  ,  Hist.  dipi.  cit.  pag.  222, 
doc.  372  ne  offre  breve  indicazione. 

(2)  Cfr.  Mongitore  cit.  pag.  12  e  seg.,  che  dice  :  «  Henricus  VI  im- 
perator,  eiectis  Cisterciensibus.  tamquam  vir  Theutonicus  »  ecc.  Si  legge 


PREFAZIONE  CXXIX 


del  1262,  e  forse  dopo  il  mandato,  un'ampio  privilegio  (che 
non  offre  la  data  del  giorno)  era  largito  dal  Re  in  Palermo 
per  quelle  franchigie,  con  la  datazione  per  manus  Gualterii 
de  Ocra  Regni  Sicilie  Cancellarli,  il  quale  seguiva,  insieme  col 
Procida,  il  Re  Manfredi  in  quel  viaggio.  Il  Re  diceva  di  aver 
tenuto  in  considerazione  i  meriti  dei  monaci  Teutonici  :  «la- 
bores  et  sudores  assiduos,  quos  prò  fide  Ghristianorum  et 
gloria  snstinent  incessanter,  divine  pietatis  intuitu,  qua  per- 
miclente  vivimus,  qua  faciente  regnamus  »  (1). 

Deve  farsi  menzione  altresì  di  un  documento  regio  del- 
l'8  ottobre  1263,  che  riguarda  pure  la  Sicilia,  ed  è  rilasciato 
per  lohannem  de  Procida  apud  Foggiani.  Il  Re  ordinava  al 
Secreto  di  Sicilia,  in  seguito  a  richiesta  del  Vescovo  di  Gir- 
genti  Rainaldo,  che  fossero  a  lui  pagate  le  due  parti  delle 
decime  di  quella  Chiesa.  Fu  eseguita  un'  inchiesta  ,  dopo 
quell'ordine  del  Re  Manfredi,  e  l'esteso  documento  in  per- 
gamena si  ritrova  tuttavia  nell'Archivio  notarile  di  Girgenti, 
dove  io  ho  avuto  agio  di  consultarlo  (2). 


così    nel    mandato  :  Dat  p   lohanne  d  pcida   apd  panor  odano  dechn 
Iulii  quit  Indictiois. 

(1)  I  due  documenti  in  pergamena  si  conservano  nel  Tabulano  della 
Magione  ai  n.i  94  e  95  (Ardi,  di  Stato  di  Palermo).  Vedasi  pure  Mon- 
gitore  cit.  p.  37  e  seg.  per  il  testo  del  privilegio  dato  dal  Cancelliere 
de  Ocra.  Sul  viaggio  del  Re  Manfredi  in  Messina  ed  in  Palermo  nel  1262 
fornisce  alquante  notizie  Saba  Malaspina,  che  ricorda  inoltre  che  «a- 
pud  Panormum  vero  multa  regi  et  varia  donarla  praesentantur  »,  com- 
presi i  cento  muli  cavalcati  da  altrettanti  schiavi  «  in  suae  naturalis 
nigredinis  deformitate  formosis».  Cfr.  ediz.  Del  Re  cit.,  voi.  II,  p.  229. 

(2)  Capasso,  Hist.  dipi.  cit.  pag.  237-245  ha  pubblicato  entrambi  i 
documenti,  perchè  l'ordine  regio  è  inserito  nell'altro  dell'  inchiesta.  E 
noto  qual  fomite  di  liti  e  di  quistioni    sia   stata   sinora  la  materia  di 

quelle  decime,  anco  nel  Parlamento. 

G.  JjA  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  i 


CXXX  PREFAZIONE 


Del  Giudice  enumera,  oltre  il  Procida,  «i  principali  ade- 
renti di  Manfredi,  i  Lancia,  i  Capece,  Corrado  d'Antiochia, 
i  Conti  di  Caserta  e  di  Acerra ,  i  Maletta ,  i  Filangieri  ed 
altri,  e  come  quasi  tutte  le  città  ghibelline  d'Italia»  (1).  Nei 
mese  di  marzo  11266,  cioè  dopo  la  disfatta  di  Benevento,  la 
Curia  Romana  scriveva  al  Re  Carlo  I  d'Angiò  affinchè  ri- 
cevesse in  grazia  Manfredi  Maletta,  detto  Comes  Gamerarius 
durante  il  regno  di  Manfredi,  e  che  «  astrictus  hactenus  ob- 
sequiisolim  Manfredi  principis  Tarentini»,  aveva  dato  prova 
di  opere  encomiabili  e  di  pietà  (2).  Il  Maletta ,  zio  del  Re 
Manfredi ,  era  (come  ricorda  il  cronista  Salimbene)  un  va- 
loroso poeta  regnicolo ,  abile  suonatore ,  assai  esperto  nel 
ritrovar  tesori,  grande  e  potente  nella  corte  di  quel  Re  e 
molto  ricco  e  prediletto  (3). 

Con  altra  lettera  il  papa  Clemente  IV  raccomandava  alla 
benignità  del  Re  Carlo  il  diletto  figlio  maestro  Giovanni  da 
Procida,  che  «  sicut  accepimus  Inter  alios  anxius  ut  sub  a- 

larum  tuarum  umbra  quiesceret ad  mandata  tua.  .  . 

se  convertit»  (4).  Quel  Papa  scrisse  altre  lettere  ai  Cardinali 


(t)  Del  Giudice,  Codice  diplomatico  del  regno  di  Carlo  I  e  II  d"1  Au- 
gia. Napoli,  1869,  voi.  II,  parte  1,  pag.  65,  nota. 

(2)  De  Cherrier,  Storia  della  lotta  dei  Papi  cit.  voi.  Ili,  pag.  460 
pubblica  il  documento. 

(3)  Cfr.  Mon.  hist.  ad  prov.  parm.  et  plac.  cit.  pag.  246.  Vedasi  pure 
Cartelliera  Kònig  Manfred  in  Centenario  della  nascita  di  M.  Amari. 
Palermo,  1910,  voi.  I,  pag.  128.  Alquante  notizie  su  Manfredi  Maletta, 
che  fu  poi  conte  di  Mineo  e  signore  di  Paterno  al  tempo  del  Re  Pietro  I, 
die  Vito  La  Mantia,  Consuetudini  di  Paterno.  Palermo,  1903.  pag.  X  e  seg. 

(4)  Tale  documento  fu  dato  in  luce  da  De  Cherrier  nel  1851 ,  op. 
cit.  pag.  461  e  seg.  Amari  nell'ed.  4.  di  Firenze ,  lo  inseriva  ,  dicendo 
che  De  Cherrier  «è  per  pubblicare  la  presente  epistola  nel  tomo  IV 
della  sua  Histoire  des  luttes  des  Papes  etc.  », 


PREFAZIONE  CXXXI 


Legati  ed  al  Re  Carlo  per  far  rimettere  in  grazia  gli  altri 
aderenti  svevi  Corrado  di  Antiochia,  Filippo  de  Manerio  in- 
sieme con  altri  ancora  (1).  Tutti  costoro  quindi  avevano  ab- 
bandonato la  loro  patria  quando  Carlo  conquistava  il  re- 
gno, e  si  erano  dati  poscia  a  richiedere  il  Papa  per  ottenere 
perdono  (2). 

Appena  essi  rientrarono  nel  regno,  continuarono  però  a 
dimostrarsi ,  quali  erano  stati ,  gli  antichi  sostenitori  della 
Casa  sveva,  tanto  che  il  papa  Clemente  IV  manifestava  in 
alcune  lettere  del  5  giugno  e  7  agosto  dello  stesso  anno  i 
suoi  sospetti  che  quegli  aderenti  svevi  non  fossero  veramente 
pentiti  della  loro  fedeltà  ai  nemici  del  Re  Carlo,  ed  aggiun- 
geva che  aveva  conosciuto  il  Procida  per  la  sua  scienza  me- 
dica per  mezzo  di  alcuni  cardinali,  ma  che  dubitava  di  lui 
per  il  motivo  che  il  vescovo  di  Minori,  che  si  diceva  stretto 
in  amicizia  col  Procida ,  «  nihilominus  suum  prosequi  ne- 
gotium  asserat  nequivisse».   Queste    espressioni    sembrano 


(1)  Martène,  Thesaurus  novus  auecdotorum.  Parisiis,  1717,  t.  II,  E- 
pistole  261,  281,  305  e  315. 

(2)  I  rapporti  anteriori  del  Procida  con  Capece  ,  Galvano  Lancia  e 
Maletta  si  desumono  altresì  da  alcuni  documenti.  Nel  1257  sono  testimoni 
nel  privilegio  di  Re  Manfredi  per  esenzioni  alla  repubblica  di  Venezia, 
Galvano  Comes  Principatiis  [cioè  di  Salerno),  il  Procida  e  Maletta.  Nel 
1259  nella  dichiarazione  di  giuramento  ,  che  faceva  il  Sindaco  del  Co- 
mune di  Siena  nel  palazzo  regio  in  Nocera  erano  preseuti  Maletta  ed  il 
maestro  Procida.  Nel  contratto  di  dote  tra  Isabella,  figlia  di  Federico  Ma- 
letta,  e  Federico  de  Palearia,  stipulato  nel  1262  in  Termoli,  tra  le  firme 
autografe  è  quella:  f  Eyo  Johannes  de  Procida  testis  sum  (perg.  Montever- 
gine,  Arch.  Stato  di  Napoli,  voi.  CXXI,  n.  64).  Un  documento  regio  per 
Capece  è  dato  per  Iohaunem  de  Procida.  Saint-Priest,  Hist.  de  la  con- 
suète cit.  t.  I,  pag.  361;  Capasso,  Hist.  diplom.  cit.  pag.  138,  175,  198 
nota,  228;  Winkelmann,  Acta  imperii  cit.  v.  I,  pag.  418;  v,  II,  pag.  70. 


CXXXII  PREFAZIONE 


pertanto  riferirsi  alle  esortazioni  del  Procida  per  favorire  i 
progetti  di  ribellione  (1).  Considera  il  Del  Giudice  :  «  Il  Pro- 
cida adunque  fece  non  più  e  non  meno  di  tanti  altri  fa- 
moni  partigiani  Svevi  »  (2). 

Si  desume  da  quei  fondati  sospetti ,  che  aveansi  nella 
Corte  pontificia,  che  il  Procida,  nonostante  la  sottomissione 
al  nuovo  dominatore,  perseverava  con  gli  altri  aderenti  svevi 
nella  ribellione  contro  gli  Angioini ,  ed  a  preparare  la  ve- 
nuta di  Corradino  in  Italia  per  ricuperare  il  perduto  regno; 
e  di  ciò  si  hanno  altresì  i  documenti.  Nota  il  Del  Giudice 
che  in  agosto  1268  «il  nome  del  nipote  di  Federico  comin- 
ciava ad  invocarsi  nelle  Marche,  nella  Toscana,  nella  Lom- 
bardia, ed  i  Capece  ed  i  Lancia,  sfuggiti  alle  insidie  di  Carlo, 
dopo  esser  corsi  in  Germania  a  muover  Corradino,  di  ac- 
cordo con  Federico  di  Castiglia  si  accingevano  all'impresa 
di  Sicilia»  (3).  Né  a  tali  viaggi  in  Germania  potè  forse  rima- 
nere estraneo  il  Procida,  per  l'autorità  della  sua  scienza  e 
del  suo  nome,  perchè  si  ha  ormai  sicura  prova  che  egli  due 
anni  dopo,  nel  1270  (come  fra  breve  dirò)  fu  in  Germania, 
e  propriamente  nella  città  di  Meissen.  In  tal  guisa  riesce 
evidente  che  1'  operosità  del  Procida  non  si  disgiunge  da 
quella  dei  suoi  compatrioti  ed  amici  nel  periodo  dello  svol- 
gimento segreto  dell'azione. 

In  agosto  1267,  secondo  un  documento  ritrovato  e  pub- 
blicato da  Del  Giudice  (4),  il  Procida  dimorava  in  Viterbo, 


(1)  Si  vedano  le  Epistole  £98  e  364  nel  Martène  cit.  t.  II. 

(2)  Del  Giudice,  Cod.  diplom.  cit.  voi.  II.  parte  I,  pag.  66  in  nota. 

(3)  Vedasi  su  ciò  Del  Giudice  cit.  pag.  67,  nota.  Neocastro,  cap.  Vili, 
dice  chiaramente  dei  cospiratori  che  andavano  in  Germania  da  Corradino 
(ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  24  e  seg.). 

(4)  È  riferito  da  lui  nelle  pag.  64  a  77. 


PREFAZIONE  CXXX1I1 


dove  era  allora  la  Corte  pontifìcia.  Jn  quella  città  il  Pro- 
cida  stipulava  presso  Berardo  de  Pacentro,  notaro  papale, 
un  lungo  atto  concernente  il  matrimonio  tra  sua  figlia  a 
nome  Beatrice  con  Berardello  Caracciolo,  del  quale  matri- 
monio si  trattava  allora  per  un  semplice  accordo  tra  il  pa- 
dre della  sposa  e  Gregorio  Caracciolo ,  fratello  di  maestro 
Berardo  di  Napoli,  suddiacono  e  notaro  del  Papa  e  tutore 
e  zio  di  Berardello,  perchè  gli  sposi  erano  ancora  im puberi, 
di  sette  anni,  ed  al  compimento  del  settimo  anno  (come  sta- 
b  ili  vasi)  «  idem  Berardellus  sponsalia  contrahet,  et  cura  ad 
annos  nuòiles  venerint ,  ipsam  ducet  in  uxorem  et  consu- 
mabit  matrimonium  cum  eadem  ».  Sono  fermati  inoltre  vari 
patti  per  guadia  nel  caso  di  inadempimento,  ed  anche  per 
quello  di  scioglimento  di  matrimonio  (1). 

Il  Procida  dava  in  dote  alla  figlia  la  quinta  parte  di 
quanto  possedeva  nell'  isola  di  Procida ,  «  que  quocumque 
titulo  acquisivit  et  habet  in  Ìnsula  Procide  et  pertinentiis 
suis  »  ,  ed  inoltre  un  suo  fondaco  in  Napoli  :  «  fundicum 
suum  de  Neapoli,  qui  dicitur  fundicus  pisanus,  sive  totum 
id  quod  habet  in  dicto  fundico,  quod  esse  asseruit  ultra  me- 
dietatem  ipsius  fundici  ».  Si  prometteva  che  si  sarebbe  for- 
mato al  tempo  del  matrimonio  l'atto  di  assegnazione  di  dote, 
secondo  la  consuetudine  della  città  di  Napoli.  Tra  i  fide- 
iussori sono  vari  nobili  napolitani  abbastanza  noti,  e  tra  i 
testimoni  si  ha  il  nome  di  Riccardo  Filangieri,  per  il  quale 
il  Del  Giudice  ricorda  opportunamente  che  era  «  uno  dei 
più  famosi  partigiani  ghibellini,  prima  aggraziato  da  Carlo, 
e  quindi  fautore  di  Corradino». 


(1)  Mi  dispenso  dal  riferire,  anco  in  parte,  tale  importante  atto,  of- 
frendo la  notizia  precisa  del  suo  contenuto. 


CXXXlV  ^REKAZIONfc 


Questo  atto  del  Procida  per  un  accordo  di  matrimonio 
tra  due  ancora  fanciulli,  per  la  quale  risoluzione  non  occorre- 
va cotanta  sollecitudine,  sembra  che  nascondesse  un  occulto 
scopo,  massime  che  era  compiuto  in  presenza  di  vari  com- 
ponenti della  Curia  pontificia.  Nota  a  tal  proposito  sottil- 
mente il  Del  Giudice  che  il  Procida  «  dando  quella  promessa 
al  Caracciolo  amico  del  Re  e  del  Papa,  faceva  piuttosto  le 
viste  di  accostarsi  all'  Angioino ,  quando  già  doveva  essere 
in  corrispondenza  coi  fautori  di  Corradino»,  e  considera  an- 
cora che  «forse  astutissimo  com'era  |il  Procida]  stipulava 
quel  contratto  (ove  faceva  intervenire  da  testimoni  e  garanti 
i  Filangieri  e  il  de  Palma  che  poi  si  unirono  pure  a  Cor- 
radino) per  ingannare  sempre  più  il  governo  del  Papa  sui 
suoi  intendimenti ,  e  per  rimanere  a  Viterbo  il  più  che  si 
potesse,  ove  avrebbe  potuto  essere  meglio  a,  conoscenza  dei 
propositi  dei  suoi  nemici  »  (1). 

La  cospirazione  del  Procida  nella  città  di  Viterbo  non 
potè  però  rimanere  nascosta.  Il  Papa  stesso  ne  aveva  avuto 
sospetto  (come  ho  notato  innanzi);  ed  i  personaggi  di  quella 
Corte  spiavano  i  movimenti  del  celebre  cospiratore,  tanto 
che  in  ottobre  i  beni  del  Procida  furono  posti  sotto  se- 
questro. Ciò  si  ricava  dall'  inquisizione  od  inchiesta ,  che 
fu  fatta  nel  1268 ,  in  seguito  alla  quale  il  testimonio  Gio- 
vanni Scotto  ,  che  era  procuratore  del  Procida  ,  attestava 
che  i  beni  mobili  erano  stati  incamerati  dal  Secreto  di  Terra 
di  Lavoro  prò  parte  Curie ,  quelli  stabili  dell'  isola  di  Pro- 
cida e  di  Miseno  dal  Secreto  della  regione  «  prò  parte  Cu- 


ti) Tali  riflessioni  di  Dia  Giudice  cil.  pag.  f>7  nota,  sulla  vera  ca- 
gione di  quell'atto  non  hau  bisogno  di  altra  prova. 


PREFAZIONE  CXXXV 


rie  procurantur»,  e  che  quel  sequestro  era  avvenuto  «  mense 
octubris,  proximo  preterite  undecime  indictionis  »  (1). 

La  notizia  del  sequestro  non  è  disgiunta  da  altra  ancor 
più  importante,  cioè  del  tempo  della  congiura  del  Procida, 
poiché  si  dice  che  egli  è  traditore  del  Re  Carlo  (2),  e  che , 
per  pubblica  fama,  mentre  era  nella  Curia  Romana  (cioè  in 
Viterbo)  cospirò  per  favorire  la  venuta  di  Gorradino  in  I- 
talia  contro  il  Re  Carlo  ,  prima  che  il  suddetto  Corradino 
avesse  mosso  guerra  a  quel  Re,  cioè  nell'anno  1268.  La  di- 
chiarazione è  così  esplicita  che  non  ammette  alcun'altra  spie- 
gazione, per  provare  le  cospirazioni  del  Procida  in  quel  tempo 
e  nei  posteriori  (3). 

Continuavano  intanto  le  congiure,  perchè  Corradino  si 
apprestava  a  venire  in  Italia  con  forte  esercito,  per  ricupe- 
rare gli  antichi  domini  usurpati  dal  Re  Carlo  (4).  Il  papa 
Clemente  IV  con  sua  bolla  del  5  aprile  1268  scomunicava 
Corradino  e  quanti  fomentavano  la  sedizione  nel  regno  di 
Sicilia,  «  e  particolarmente  Guido  Novello,  Galvano  e  Fede- 
rico Lancia,  Corrado  di  Antiochia,  Manfredo  Malettaex  gran 
tesoriere»  (5).  Corradino,    arrivato  in  Roma,  vi  fu   accolto 


(1)  Venne  pure  dal  benemerito  Del  Giudice  eit.  pag.  68  in  nota,  per 
la  prima  volta  fornito  il  testo  di  quest'altro  notevole  documento. 
(•i)  «  Dominus  Iohannes  de  Procida  est  proditor  domini  Regis  Karoli  ». 

(3)  Si  riscontrino  le  parole  testuali  nell'edizione  citata.  Ricordo  sol- 
tanto per  tali  fatti  le  fonti  dirette,  dalle  quali  desumonsi  i  ricordi. 

(4)  Su  quegli  avvenimenti  offre  pure  estese  notizie  Del  Giudice,  Don 
Arrigo  Infante  di  Castiglia.  Narrazione  istorica.  Napoli,  1875,  pag.  49 
e  seg.  • 

(5)  De  Cherrier  Storia  della  lotta  cit.  voi.  Ili  p.  228,  e  Del  Giudice 
nella  memoria  sopra  citata,  pag.  115.  In  Ischia  Enrichetto  e  Federico 
Lancia,  Riccardo  Filangieri  e  Marino  Capece  con  altri  eccitarono  alla 


CXXXVI  PREFAZIONE 


con  grande  tripudio,  e  quivi  lasciò  per  suo  Vicario  il  conte 
Guido  di  Montefeltro  (1),  e  mosse  a  18  agosto  su  l'Abruzzo 
verso  Tagliacozzo  per  combattere  l'Angioino.  A  23  agosto 
nell'aspra  battaglia  Gorradino  era  vinto,  e  dovette  coi  suoi 
fuggire,  rimanendo  però  prigionieri  Galvano  Lancia  ed  il  fi- 
glio ,  Gorrado  d'Antiochia  ed  altri.  Gorradino  riparava  in 
Roma  a  29  agosto,  nascondendosi  nel  Colosseo  (2). 

Giovanni  da  Procida  era  tra  coloro  che  avevan  seguito 
Gorradino  in  Roma,  indubbiamente  nel  primo  arrivo  solenne 
in  quella  città,  e  forse  ancora  quando  vi  ritornò  fuggiasco. 
E  certo  che  da  un  documento  rinvenuto  dal  De  Renzi  si 
ricava  che  il  Re  Carlo  a  22  settembre  1268  ordinava  dal 
Campidoglio  ad  Oddone  de  Luco  di  Roma  «quanto  arcius 
possumus  precipiendo  mandamus»  che  fossero  arrestati  Man- 
fredi Maletta,  denominato  il  Conte  Camerario  ,  e  Giovanni 
da  Procida,  che  si  dicevano  nascosti  nelle  terre  del  suddetto 
de  Luco  nel  distretto  di  Roma  (3).  Saba  Malaspina  ricorda 
tra  i  più  notevoli  prigionieri  del  23  agosto  il  Galvano  Lan- 
cia e  Gorrado  di  Antiochia,  e  non  il  Maletta  ed  il  Procida; 
e  ciò  sembra  che  induca  il  Del  Giudice  a  ritenere  che  am- 
bidue  questi  due  ultimi  non  siano  stati  con  Gorradino  alla 


rivolta  gli  abitanti  e  quelli  della  vicina  isola  di  Procida  nel  1268,  mentre 
le  navi  pisane  se  ne  stavano  in  Castellammare  di  Stabia.  Cfr.  doc.  del- 
l'agosto 1268,  edito  da  Minieri  Riccio.  Alcuni  fatti  del  regno  di  Carlo  I 
d'Angiò  Napoli,  1874,  pag.  30,  nel  qual  documento  la  Corte  angioina 
narrava  eccessi  con  evidente  esagerazione. 

(1)  Saba  Malaspina,  ediz.  Del  Re  cit.  v.  II,  pag.  280.  «  Ibi  comes  Gui- 
do de  Monteferetro  remanserat  Vicarius  ordinatus». 

(2)  ^e  Cherrier,  op.  cit.  voi.  Ili,  pag.  244. 

(3)  De  Renzi  ,  Il  secolo  decimoterso  e  Giovanni  da  Procida.  Napoli , 
1860,  pag.  256  e  seg.,  e  nota  54  a  pag.  269.  Il  documento  fu  ristampato 
da  Del  Giudice,  Codice  diplom.  cit.  voi.  II,  parte  1.,  pag.  204  e  seg. 


PREFAZIONE  CXXXVII 


battaglia,  ma  invece  rimasti  in  Roma  col  Vicario  Guido  dì 
Montefeltro  (l).  In  qualsiasi  modo,  è  indubitato  che  il  Pre- 
cida cospirava  così  tenacemente  ed  apertamente  insieme  col 
Maletta  a  favore  di  Gorradino  da  incorrere,  nell'  ira  del  Re 
Carlo  ,  che  li  diceva  :  «  manifeslos  nostri  culminis  prodi- 
tores  » . 

Fu  provveduto  pertanto  dopo  quel  tempo  con  una  in- 
chiesta sui  beni  del  Procida ,  come  si  scorge  da  un  docu- 
mento senza  data  edito  da  Del  Giudice,  ma  che  è  posteriore 
alla  battaglia  di  Tagliacozzo,  perchè  vi  si  dice  «  antequam 
d ictus  Gonradinus  preliatus  fuisset  cum  predicto  domino 
nostro  [Carolo]  ».  Il  documento  è  importante  anco  per  la  de- 
scrizione dei  beni  del  Procida.  e  del  loro  valore  e  degli  schia- 
vi, e  per  i  nomi  dei  vassalli  dell'isola  omonima,  che  erano 
sessantanove,  e  per  le  rendite  che  dovevano  pagare.  Aveva 
pure  il  Procida  millecinquecento  quadrelli  (quarellos)  e  più 
di  duemila  aste  di  quadrelli  (2).  Di  tale  documento  e  del- 
l'altro sopra  ricordato  non  ebbe  prima  alcuna  notizia  l'A- 
mari, nonostanti  le  sue  ricerche  nell'Archivio  di  Napoli,  onde 
il  Del  Giudice  giustamente  notava  :  «  Mi  basta  la  meschina 
lode  di  averli  io  il  primo  rinvenuti  e  pubblicati,  dopo  sei  se- 
coli che  son  rimasti  obbliati  e  negletti». 

Fallita  miseramente  l'impresa  di  Gorradino,  gli  aderenti 
alla  Gasa  sveva  non  perdettero  ogni  speranza  ,  ma  forma- 
rono huove  congiure  per  chiamare  nel  regno  di  Sicilia  Fede- 
rico di  Turingia,  che  era  nipote  dello  svevo  Federico  II  (3). 


(1)  Del  Giudice.  Gocl.  diploni.  cit.  pag.  204. 

(2)  Cfr.  il  testo  edito  da  Del  Giudice  cit.  pag.  08  in  nota.  Egli  tra- 
lasciò i  nomi  dei  vassalli  e  le  altre  indicazioni;  ma  sarebbe  utile,  anco 
per  l'iutegrità  del  documento,  che  fossero  resi  noti  per  la  stampa. 

(3)  Cartelliera  Peter  von  Aragon  und  die  sisilianische  Vesper.  Hei- 
delberg ,  1904 ,  pag.  21  e  seg.  ritiene  che  Procida ,  dopo  la  disfatta  di 


CXXXVUI  l'KEFAZIONF, 


Ciò  avveniva  non  molto  tempo  dopo  che  il  Re  Carlo  an- 
nunziava al  Podestà  di  Lucca  (in  settembre  1268)  di  avere 
Iddio  messo  nelle  mani  i  principali  ribelli,  «  dissipans  con- 
venticula  inimicorum  »  ,  e  lo  avvertiva  di  non  credere  «  si 
contraria  referantur  ab  emulis  .  .  .  qui,  quod  facile  nolunt 
credere,  satis  mature  videbunt  suis  capitibus  imminere  »  (1). 
Si  diceva  pure  lieto  il  Re  Carlo  di  essere  stato  rieletto  a 
vita  senatore  di  Roma,  e  che  «exinde  compositis  per  dies 
aliquot  Urbis  negotiis,  ad  regnum  nostrum  [nos]  protinus  pro- 
dituri  ad  cunctorum  proditorum  exterminium  et  ruinam  ». 

In  Sicilia  la  rivoluzione,  dopo  i  tentativi  dei  primi  anni, 
continuava  intanto  a  favore  degli  Svevi.  Le  cronache  ed  i 
documenti  ci  forniscono  ricordi  sicuri  ed  i  nomi  dei  parti- 
giani della  Casa  sveva,  che  erano  appunto  gli  antichi  a- 
mici  (già  mentovati)  del  Procida.  Con  alterne  vicende  i  Si- 
ciliani si  opponevano  dovunque  alle  milizie  angioine,  e  spe- 
ravano nelle  trame  degli  esuli  ;  né  la  rivolta  avea  termine 
se  non  in  aprile  1270  con  l'eccidio  di  Augusta  (2). 

Le  notizie  più  precise  sui  preparativi  degli  esuli  in  fa- 
vore di  Federico  di  Turingia,  o  di  Misnia,  devonsi  al  Bus- 
soli, il  quale  nel  1887  scrisse  una  speciale  e  pregevole  me- 
moria su  tale  argomento  (3).  Si  conosceva   già   prima   che 


Corradi  no,  lasciata  la  moglie  nel  regno,  sia  fuggito  insieme  col  M aletta 
in  Venezia,  donde  si  sarà  recato  a  stringere  rapporti  coi  ghibellini  di 
Piacenza,  e  che  quindi  si  portò  pure  in  Germania. 

(1)  Saint-  Priest  ,  Hist.  de  la  conquète  cit.  t.  Ili,  pag.  387.  Venne 
riprodotto  da  Del  Giudice,  Cod.  dipi.  cit.  pag.  214  quel  documento. 

(2)  Su  tali  fatti  concernenti  la  Sicilia  desumonsi  importanti  men- 
zioni dal  Ghronicon  edito  la  prima  volta  da  Huillard  -  Bréholles  nel 
1856,  e  che  ora  indicherò.  Cfr.  specialmente  le  pag.  284,  287,  295  e  321. 

(3)  Arnold  Busson,  Friedrich  der  Freidlige  aia  Pratendent  der  Sici- 
lischen  Krone  und  Iohann  von  Procida.  Hannover,  1887  (nella  Histori- 
sche  Aufsatse  George  Weits  gewidmet). 


PREFAZIONE  CXXX1X 


Federico,  figlio  di  Alberto,  margravio  di  Misnia  e  sposato  a 
Margherita  figlia  di  Federico  li  svevo,  aspirasse  alla  corona 
del  regno  di  Sicilia,  appellandosi  Fridericus  Tercius  Dei  gra- 
tta Ierusalem  et  Sicilie  rex  ecc.  De  Cherrier  ne  aveva  dato 
alquante  notizie,  ed  altre  ancora  se  ne  ricavavano  dall'edi- 
zione del  Chronicon  ghibellino  fornita  da  Huillard  -  Bréhol- 
les,  anche  per  il  testo  di  vari  documenti  di  Federico  di  Tu- 
ringia  inseriti  in  quella  cronaca  (1). 

De  Cherrier  riferì  alcuni  antichi  versi  su  tal  proposito  : 

Federigo  di  Stuffo  [di  Staufen]  già  nemica  [né  mica] 
Pare  che  siciali  [si  celi]  secondo  che  si  suona 

Se  Federigo  il  terzo  e  re  Ricciardo 
Colore  de  Bueme  peratare  [per  aitare] 
Intendono  ne  la  corona,  già  bastardo 
Nessun  di  loro  devamo  chiamare  (2). 

L'antico  Vice-Cancelliere  del  Re  Corrado  IV,  cioè  Pie- 
tro de  Pretio,  nel  1269  scriveva  l'invettiva  o  Adhortatio  ad 
Enrico  Langravio  di  Turingia  perchè  Federico  X J I  ricupe- 
rasse l'eredità  del  vinto  Corradino,  e  ne  vendicasse  la  stra- 
ge (3). 


(1)  De  Cherrier  cit.  voi.  Ili,  pag.  262  e  seg.  Huillard  -  Bréholles, 
Cronicon  placentinum  et  Chronicon  de  rebus  in  Italia  gestis.  Parisi is  , 
1856,  pag.  301  -  307.  Del  Giudice,  La  famiglia  di  Re  Manfredi.  Narra- 
zione storica.  2a  ediz.  Napoli.  189(5,  pag.  132.  Su  la  Turingia  ed  i  mar- 
gravi di  Misnia  che  vi  dominarono  cfr.  Bouillet,  Dictionnaire  nniver- 
sel  dliistoire  et  de  geographie.  Paris,  1893,  voce  Thuringe. 

(2)  Si  veda  De  Cherrier  cit.  pag.  471  e  seg. 

(3)  Tale  Adhortatio  fu  pubblicata  la  prima  volta  nel  1745  in  Leida 
da  F.  C.  Schminck,  e  poi  fu  riprodotta  da  Del  Re,  Cronisti  cit.  voi.  IL 
pag.  683-700  con  note. 


CXL  PREFAZIONE 


In  settembre  di  quell'anno  Margherita  di  Turingia  ed  il 
figlio  Federico  annunziavano  al  conte  Ubertino  de  Landò,  al 
Podestà  di  Pavia  ed  agli  amici  dell'impero  in  Lombardia  e 
Toscana,  ed  altre  parti  d'Italia,  che  il  medesimo  Federico  si 
accingeva  a  ricuperare  i  suoi  regni  aviti  :  «  ad  hereditaria 
regna  sua  Ierusalem  et  Scicilie  optinenda  venire  paratus 
[est]  viriliter  et  potenter  contra  oranes ,  qui  sibi  in  ilio  ne: 
gocio  voluerint  contraire  ».  La  stessa  notizia  ripeteva  Fe- 
derico in  altra  lettera  del  20  ottobre  al  Comune  di  Pavia 
«  qui  inter  alios  devotos  et  amicos  Ftalie ,  sicut  aurum  , 
devocionis  opere  prelucetis  »  ,  dicendo  :  «  ad  partes  ipsas 
duce  Deo  venimus  cura  magnifico  potentati],  deinde  versus 
hereditarium  regnimi  nostrum  feliciter  processuri  »  (1).  Il 
Vicario  di  Federico  III  nel  primo  giorno  di  settembre  en- 
trava in  Verona  con  gli  ambasciatori,  fra  le  aquile  imperiali 
ed  al  suono  di  trombe  di  argento,  per  aspettarvi  la  venuta 
di  Federico  «  cum  ingenti  militum  Germanie  comitiva  causa 
recuperandi  regnum  suum  Scicilie,  quod  dominus  rex  Karo 
lus  sibi  tenet  occupatimi  »;  ma  dopo  esservi  dimorato  a  luti- 
lo, «  nichil  faciens,  redivit  retro»  (2). 

Il  Re  Carlo  d'Angiò  ebbe  non  lieve  timore  dei  prepara- 
tivi del  pretendente  al  trono ,  tanto  che  sin  dal  12  giugno 
1269  aveva  mandato  due  ambasciatori  agli  abitanti  di  Lom- 
bardia e  di  Romagna  per  formare  una  lega  contro  i  nemici 
della  Chiesa  e  di  lui,  «  et  special  iter  contra  descendentes  ex 


(1)  Huillard  -  Bréhollks,  Chronìcon  cit.  pag.  301  e  305.  Gfr.  pure  la 
lettera  di  Capece  dell'I  1  giugno  da  Girgenti  su  le  speranze  della  venuta 
di  Federico  di  Turingia  nel  regno  di  Sicilia,  a  pag.  295  e  seg. 

(2)  Nel  Chronìcon  sopra  cit.  pag.  336. 


PREFAZIONE  CXLI 


linea  Frederici  quondam  Romanorura  iraperatoris  et  eorum 
adiutores  »  (1). 

Fra  le  pratiche  dei  cospiratori  di  tal  tempo  il  Busson 
ha  rinvenuto  una  lettera  preziosa.  Enrico  d'Isernia ,  esule 
napoletano,  andò  allora  in  Germania,  e  quindi  in  Boemia, 
nella  città  di  Praga,  dove  teneva  l'officio  di  regio  scrittore. 
Di  là  Flsernia  scriveva  nel  1270  al  Procida  con  questo  in- 
dirizzo di  grande  lode,  e  che  dimostra  chiaramente  chi  fosse 
il  Salernitano  :  «  Morum  claritate  perspicuo,  luce  illustrato 
sciencie,  et  nobilitatis  insignibus  presignato,  speciali  domi- 
no suo,  domino  lohanni  de  Procida ,  H.  de  Ysernia  reco- 
mendacionem  cum  promptitudine  serviendi  ».  Tali  paroli  e- 
sprimono  non  solo  la  stima  dell'Isernia,  ma  altresì  il  grande 
rispetto  che  si  aveva  verso  il  Procida.  Nella  lettera  l' Iser- 
nia  ricorda  il  tempo,  nel  quale  egli  conobbe  il  Procida  nella 
città  di  Meissen  nella  Turingia  (o  moderna  Sassonia):  «  ve- 

stre  mansuetudinis  industria  circumspecta serenis  il- 

luxit  aspectibus  in  Mysnensi  marchia  dum  presentane  vom- 
morabar»,  e  lo  richiede  di  voler  soddisfare  il  suo  ardente 
desiderio  di  conoscere  qualche  notizia  dell'affare  del  Re  Fe- 
derico :  «  Scire  cupiam  de  regis  negocio  Federici,  utrum  ad 
talem  disposicionis  pervenerit  habitum»,  che  sorrida  migliore 
speranza  a  coloro,  che  sono  cacciati  dalla  patria  e  costretti 
a  ramingare  presso  i  popoli'  del  settentrione  a  causa  del 
destino  e  dell'avversa  fortuna. 

Gli  dice  ancora  l'Isernia  che  egli  dal  dì,  che  il  Procida 
partì  da  Meissen  per  ritornare  in  Italia,  è  rimasto  solitario 
in  Praga  «  nunc  usque  in  Pragensi  latitans  civitate    ab  eo 


(1)  Questo  documento  è  stato  pubblicato  da  Del  Giudice,  Cod.  diplom. 
cit.  voi.  Ili,  1902,  pag.  73  e  seg. 


CXLII  PREFAZIONE 


tempore,  quo  vos  [lohannes  de  ProcidaJ  dulcis  orati  Italie 
repetistis  »  (1). 

Dì  questa  lettera  al  Procida  edita  dal  Busson  ha  dato 
pure  notizia  il  Sanesi,  che  riporta  ancora  le  considerazioni 
del  Busson,  cioè  che  da  essa  «  si  rileva  indubbiamente  che 
Giovanni  di  Procida,  per  trattar  gli  affari  di  Federigo  l'Ar- 
dito come  pretendente  alla  corona  di  Sicilia,  intraprese  un 
viaggio  in  Germania»,  e  che  inoltre  «si  può  trarre  senza  e- 
sitare  la  conclusione  che  la  parte  avuta  dal  Procida  nel  me- 
desimo [progetto]  non  può  in  nessun  modo  essere  stata  in- 
significante »  (°2).  Il  Sanesi  opportunamente  osserva  :  «  Ecco, 
dunque,  che  cosa  faceva  il  bravo  medico  salernitano  :  cospi- 
rava con  Federigo  di  Turingia  contro  Carlo  d'Angiò.  Sotto 
questo  aspetto  è  interessantissimo  il  documento  pubblicato 
dal  Busson,  poiché  ci  dimostra  che  il  Procida,  fallito  il  ten- 
tativo di  Corradino,  a  cui  egli  aveva  preso  parte,  iniziò  su- 
bito nuove  trame  contro  gli  Angioini  »  (3). 


(t)  Conviene  riferire  le  commoventi  espressioni  dell'esule  cospiratore, 
compagno  del  Procida  :  «  Ut  illis  quos  patriis  pulsos  lari  bus  et  in  ob- 
probrium  proli  dolor  !  gentibus  deditos  aquilonaribus  ire  angit  impetus, 
vergentibus  ineluctabilis  fati  auguriis  ,  et  fortune  faciente  invidia  no- 
vercantis,  debent  aura  felicior  et  grati  austri  arridere»,  ediz.  Busson  cit. 
L'amico  del  Procida  riconosceva  allora  quanto  fosse  duro  pregare  i  Te- 
deschi per  averli  a  dominatori  nell'Italia  ! 

(%)  Ireneo  Sanesi  ,  Giovanni  di  Procida  e  il  Vespro  Siciliano  (nel 
voi.  VII,  an.  1890.  pag.  507  e  seg.  della  Rivista  Storica  Italiana  diretta 
dal  benemerito  storico  prof.  Costanzo  Rinaudo). 

(3)  Sanesi  nella  memoria  cit.  pag.  506  ,  che  aggiunge  a  ragione  : 
«Che  cosa  facesse  [il  Procida]  prima  di  recarsi  in  Aragona,  alla  Corte 
di  Pietro,  né  i  suoi  storici  lo  seppero,  uè  pare  che  lo  sapesse  l'Amari 
medesimo,  poiché,  anche  nella  sua  nuova  edizione  ,  io  non  ho  trovato 
notizie  su  questo  periodo  della  vita  del  Procida», 


PREFAZIONE  CXL1II 


Quale  fosse  la  condizione  dei  cospiratori  (detti  dal  Re 
Carlo  ribelli  o  traditori)  dopo  la  batttaglia  di  Tagliacozzo 
nel  1268  riesce  ben  chiaro  dai  documenti.  Contro  di  quelli 
non  fu  alcuna  tregua  per  non  pochi  anni.  Nel  1269  il  Re 
Carlo  ordinava  di  arrestare  le  mogli  ed  i  figli  dei  ribelli  as- 
senti o  nascosti.  Molti  di  costoro  eransi  raccolti  nella  terra 
di  Amantea  (in  Calabria),  che  venne  anche  assediata  ;  altri 
erano  prigionieri  a  Benevento.  Per  i  ribelli  siciliani  o  di  altre 
regioni  fu  data  facoltà  di  permettere  loro  l'uscita  dal  regno, 
e  poi  per  quelli  di  Sicilia  fu  imposto  l'esilio  dal  regno  me- 
desimo. 

Con  altri  ordini  il  Re  nel  1270  stabiliva  di  doversi  ricer- 
care i  beni  appartenenti  ai  ribelli,  dei  quali  si  indicavano 
i  nomi,  e  tra  essi  notansi  Federico  e  Manfredi  Maletta,  Gal- 
vano e  Federico  Lancia,  Giovanni  da  Procida  e  molti  al- 
tri. In  tale  tempo  Landolfina,  la  moglie  del  Procida,  chie- 
deva al  Re  che  le  fosse  permesso  di  dimorare  nella  città  di 
Salerno,  non  avendo  partecipato  alla  ribellione  del  marito, 
e  le  venisse  restituita  la  dote  confiscata;  ed  entrambe  que- 
ste suppliche  furono  accolte  con  alcune  condizioni  e  restri- 
zioni, specialmente  per  la  dote,  su  la  quale  fu  concesso  sol- 
tanto un  assegno.  L'accoglimento  non  può  recare  alcun  so- 
spetto di  disonore  da  parte  della  Landolfina,  poiché  verso 
alquanti  ribelli  furono  dal  Re  Carlo  usati  atti  di  clemenza, 
e  non  ^occorre  riportarne  esempi. 

A  Viterbo  si  erano  nascosti  molti  ribelli ,  e  stavano  in 
rapporti  con  quelli  di  Campagna  e  Marittima,  della  Marca  di 
Ancona  e  del  ducato  di  Spoleto,  formando  nuove  congiure 
contro  il  Re  Carlo,  ed  uccidendo  (come  asserivasi)  gli  An- 
gioini, che  colà  pervenivano  dal  regno  di  Sicilia.  In  giugno 
dello  stesso  anno  1270  il  Re  si  doleva  che  le  mogli  dei  tra- 
ditori, che  si  erano  allontanati  dal  regno,  trasmettessero  ai 


CXLIV  PREFAZIONE 


loro  mariti,  con  occulti  intermediari,  le  somme  di  loro  ren- 
dite e  proventi,  ed  inculcava  perciò  che  fossero  private  dei 
beni,  godendo  soltanto  un  tenue  assegno. 

Continuavano  nel.  1271  le  ricerche  di  traditori  e  gli  or- 
dini del  loro  arresto.  Singolare  fu  il  caso  dei  ribelli  che  ri- 
pararono nel  castello  di  Macchia  in  Abruzzo ,  perchè  con- 
tro di  essi  dovette  disporsi  un  accanito  assedio  nel  1272, 
che  durò  sino  all'aprile  del  1273,  quando  il  castello  si  arre- 
se, ed  i  ribelli  si  diedero  alla  fuga.  Di  Enrico  di  Castiglia 
si  conosce  che  stava  prigione  nel  castello  di  Canosa  ,  ove 
con  grande  rigore  poteva  con  lui  parlarsi  negli  anni  1272  e 
1274  (1). 

Se  tanto  infelice  era  lo  stato  dei  ribelli  e  cospiratori  nel 
regno  e  fuori  di  esso  dal  1269  in  poi,  non  è  a  dubitare  che 
Giovanni  da  Procida  dopo  la  lettera  di  Enrico  d'isernia,  che 
mostrava  nel  1270  il  suo  sconforto  per  l'impresa  svanita  di 
Federico  di  Turingia,  non  abbia  tardato  molto  ad  abbando- 
nare l'Italia,  ove  più  nulla  egli  poteva  ordire  a  vantaggio 
delia  Casa  di  Svevia  (2).  Forse  avrà  diretto  ancora  i  suoi 
passi  a  Venezia,  dove  aveva  trasferito  il  suo  soggiorno  l'esu- 


(1)  Ricordo  per  brevità  che  la  notizia  od  il  testo  di  tali  documenti 
si  trova  in  Minieri  Riccio,  II  regno  di  Carlo  Idi  Augia  negli  anni  1271 
e  1272.  Napoli,  1875,  e  per  gli  anni  seguenti  uei  riassunti  pubblicati  nel- 
V Archivio  Storico  Italiano .  t.  XXII ,  1875  e  seg.  ed  anco  in  Del  Giu- 
dice, Codice  Diplom.  cit.  voi.  II,  parte  I,  pag.  322,  ecc.  nell'Appendice. 
Buscemi,  La  vita  di  Giovanni  da  Procida.  Palermo,  1836,  pag.  X  e  XII 
aveva  pubblicato  il  testo  di  due  di  cotali  documenti,  ed  altro  I'Amari, 
Un  periodo  cit.  pag.  Ili,  dei  Docum.  che  è  della  slessa  data  del  secondo 
edito  da  Buscemi. 

(2)  Non  è  improbabile  che  dopo  le  stragi  di  Augusta  in  Sicilia  nel 
1270  e  la  condauna  a  morte  di  Corrado  Capece  ed  altri  fautori  svevi , 
il  Procida  abbia  cercato  altrove  fortuna. 


9 

PREFAZIONE  CXLV 


le  Manfredi  Maletta,  il  quale  (al  dire  del  Salini  bene)  «  post 
stragem  quae  facta  est  in  exercitu  principis  Manfredi,  cum 
evasisset  dedit  iocum  irae,  et  venit  Venetiats,  et  habitavit  ibi 
quousque  Petrus  Bex  Aragoniae  invasit  regnum»  (1). 

E  a  supporre  altresì  che  il  Maletta  avrà  potato  essere 
in  tanti  anni  un  fedele  messo  del  Procida  dall'Aragona  coi 
ghibellini  di  Lombardia  e  di  altre  città  dell'alta  Italia,  poi- 
ché il  Maletta  era  zio  del  Re  Manfredi'  (2),  di  colui  che  a- 
veva  sposato  Beatrice  di  Savoia  è  dato  in  moglie  al  mar- 
chese di  Monferrato  la  figlia  dello  stesso  nome  ,  ed  aveva 
goduto  in  quelle  regioni  tante  relazioni  di  aderenti  alla  sua 
potenza.  Deve  ritenersi  del  pari  che  il  Procida,  che  diretta- 
mente trattava  col  principe  Federico  di  Turingia,  recando- 
si personalmente  da  lui  in  Germania  per  cospirare  in  suo 
favore,  abbia  poi  tentato  l'ultima  risorsa  di  rivolgersi  in  A- 
ragona  allo  sposo  di  Costanza  figlia  di  Manfredi,  ed  offrir- 
gli i  suoi  consigli  e  l'appoggio  dei  più  abili  e  segreti  rappor- 
ti con  gli  esuli  del  regno  di  Sicilia  ed  i  ghibellini  d'Italia. 

Dal  momento  che  il  Procida  pone  piede  nella  reggia  di 
Giacomo  I  di  Aragona,  la  sua  attività  si  trasforma,  poiché 
egli  diviene  fautore  e  seguace  della  volontà  e  della  politica 
di  quella  Corte.  Quivi  l'Infante  Pietro,  primogenito  di  Gia- 
como, e  la  moglie  Costanza  si  saranno  esaltati  alle  novelle 
che  recava  il  Procida  dalla  Sicilia  e  dall'Italia;  però  l'azio- 


(1)  Monum.  ad  hièt.  parm.  et  plac.  cit.  ,  pag.  245.  Il  Salimbene  ag- 
giunge per  Maletta  le  parole  «  qui  adhuc  vivit  ». 

(2)  È  detto  avunculus  suus  dal  Re  in  un  documento  del  novembre 
1263,  riferito  da  Gapasso,  Eist.  dipi.  cit.  pag.  245,  che  pure  (a  pag.  263 
e  seg.)  ne  riporta  altro  del  1264 ,  col  quale  il  Re  Manfredi  ordinava 
a  Maletta  che  al  monastero  di  Cava  curasse  di  far  pagare  l'antica  deci- 

mam  platea-rum  Salerni. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  aray.  3 


CXLVI  PREFAZIONE 


ne  di  lui  non  si  può  svolgere  ohe  secondo  le  mire  dinasti- 
che e  l'opportunità  di  metterle  in  esecuzione.  Il  Procida,  nobi- 
le ed  antico  medico  di  Federico  imperatore  e  poi  segreta- 
rio del  Re  Manfredi ,  non  poteva  certamente  assumere  in 
Aragona  il  contegno  di  un  tribuno  del  popolo  o  di  un  a- 
perto  cospiratore.  Conviene  quindi  ricercare  quali  fossero 
le  condizioni  ed  i  propositi  della  Corte  aragonese  per  la 
conquista  del  regno  di  Sicilia. 

Arrivò  il  Procida  in  Catalogna  negli  ultimi  anni  del  re- 
gno di  Giacomo  I  detto  il  Conquistatore,  che  (come  è  noto) 
morì  a  27  luglio  1276.  Questo  celebre  sovrano  elevò  a  mi- 
rabile fortuna  la  Catalogna  e  l'Aragona,  conquistando  altre- 
sì contro  i  Mori  le  isole  di  Maiorca  (1229),  il  regno  di  Va- 
lenza (1238)  e  quello  di  Murcia  (1267).  11  suo  dominio  tra- 
scorse quasi  continuamente  fra  le  guerre  (1),  ed  il  iigliuo- 
lo  Pietro,  ardito,  valoroso  e  leale,  fu  dal  padre  eletto  suo 
Vicario  generale  in  Aragona  e  Valenza,  come  in  Maiorca 
l'altro  figlio  Giacomo  (2). 

Nel  1238  il  Re  Giacomo  era  stato  richiesto  dai  ghibelli- 
ni d'Italia  di  muover  guerra  contro  l'imperatore  Federico  II, 
che  opprimeva  la  Lombardia  e  la  Romagna,  ed  un  trattato 
fu  conchiuso  con  gli  ambasciatori  delle  città  di  Milano,  Pia- 
cenza, Faènza  e  Bologna  (3).  Non  potè  il  Re  Giacomo  veni- 
re i ti  Italia ,  ma  le  relazioni  con  gli  Italiani  furono  assai 
strette  da  quel  tempo,  come  nota  il  Surita,  che  dice:  «Que- 
dó  el  rey  muy  confederando  con  aquellos  estados,  y  eran  sus 


(1)  Muntaner,  cap.  VII  a  X,  ediz.  Bofarull  cit.  pag.  15  e  seg. 

(2)  Cfr.  su  ciò  il  Muntaner  cap.  XVII,  ed.  cit.  pag.  34. 

(3)  Surita,  Anales  cit.  lib.  Ili,  cap.  32. 


PREFAZIONE  CXLVII 


naturales  mas  conocidos  y  estimados  debajo  de  solo  nom- 
bre  de  catalanes,  que  de  espanoles»  (1). 

L'Infante  Pietro  aveva  nel  1262  sposato  Gostanza,  figlia 
del  Re  Manfredi  e  di  Beatrice  figlia  del  conte  Amedeo  IV 
di  Savoia.  Questa  gloriosa  Gasa  sovrana  vanta  quindi  tra- 
dizioni vetuste  anco  nella  Sicilia,  e  molto  anteriori  a  quelle 
del  regno  di  Vittorio  Amedeo  II  nel  secolo  XVIII  ed  alle 
moderne  fortune  dell'  Italia  intera  sotto  il  suo  scettro  (2). 
Ricorda  il  Muntaner  che  il  Re  Giacomo  risolvette  di  con- 
sentire quelle  nozze  per  la  grande  fama  della  potenza  del 
Re  Manfredi ,  che  «  era  fili  del  emperador  Fraderich ,  qui 
era  lo  pus  alt  senyor  del  inori  e  de  la  major  sanch  »  (3). 
Gl'intendimenti  di  Manfredi  per  il  matrimonio  della  figlia 
sono  rilevati  da  Del  Giudice,  che  li  ritrova  nel  desiderio  di 
avere  «  confederati  ed  amici  »  nelle  guerre  che  la  Chiesa 
romana  od  i  Tedeschi  potevano  suscitargli,  ed  anco  per  le 
sue  ambizioni- di  dominio  in  Oriente  (4).  Non  erano  meno  au- 
daci le  mire  del  Re  Giacomo  I.  L'egregio  prof.  Daniele  Gi- 
rona  Llagostera  in  una  sua  erudita  memoria  espone  le  ori- 
gini e  le  cause  dell'espansione  del  dominio  catalano  nella 
Francia  e  nel  Mediterraneo  nel  tempo  del  regno  di  Giacomo  1 
dal  1229  in  poi.  Egli  ricorda  le  lotte  di  questo  Re  coi  Fran- 


(1)  Vedasi  il  cap.  già  citato  del  Surita. 

(2JM1  cronista  Saba  Malaspina  ,  lib.  II,  cap.  6  dice  per  Manfredi: 
«  Filiam  suam  Conslantiam  ,  quam  ex  prima  consorte  Beatrice ,  filia 
quondam  Amedei  comitis  Sabaudiae  ,  imperatore  vivente  susceperat , 
domino  Petro,  primogenito  dicti  regis  Aragonum,  solemni  matrimonio 
copulavit».  Cfr.  ediz.  Del  Re  cit.  voi.  II,  pag.  229,  ed  altresì  Pirri  , 
Sicilia  Sacra  cit.  t.  I,  pag.  XXXVI,  nella  Chronol.  Recium. 

(3)  Muntaner,  cap.  XI,  ed.  cit.  pag.  23. 

(4)  Del  Giudice,  La  famiglia  di  Re  Manfredi  cit.  pag.  341. 


CXLVIII  PREFAZIONE 


cesi  per  la  Contea  di  Tolosa,  il  disegno  di  riunire  ai  suoi 
stati  la  Provenza,  ed  il  trattato  di  Gorbeil  conchiuso  col  Re 
Luigi  IX,  ed  in  vigor  del  quale  Giacomo  conservava  il  do- 
minio su  la  Contea  di  Rossiglione  e  su  Montpellier.  Dice 
che  nel  mare  latino,  che  tanto  fascino  aveva  per  Giacomo, 
erano  altre  terre  ed  isole,  che  avrebbero  accresciuto  gloria 
alla  Catalogna  (1). 

Le  aspirazioni  del  Re  Giacomo  si  rivolsero  così  alla  Si- 
cilia per  il  matrimonio  del  figlio  Pietro  con  Gostanza  ,  al- 
lora unica  erede  di  Manfredi;  ed  il  Girona  a  ragione  osser- 
va :  «  En  aquella  epoca  los  mulleraments  reyals  duyen  ap- 
parellades  anexions  e  separacions  de  dominis,  terres  e  stats. 
Les  cases  regnants  tractaven  de  fer  -  se  en  relació  d'  ami- 
stat  e  de  sanch  no  sol  pera  lur  gloria  e  extern  splendor, 
adhuch  coni  medi  d'assolir  e  satisfer  llur  ambició  d'agran- 
diment  territorial  »  (2).  Poco  innanzi  che  le  nozze  fossero 
conchiuse  (cioè  alo  giugno  1262  in  Montpellier)  nasceva  in 
maggio  un  figliuolo  di  nome  Enrico  ai  Re  Manfredi.  Nota 
a  tal  proposito  il  Del  Giudice  :  «  Se  re  Giacomo  a  questa 
unione,  così  avversata  dal  Pontefice,  fu  spinto  specialmente 


(1)  Girona  Llagostera  ,  Mullerament  de  V  Inferni  En  Pere  de  Ca- 
thalunya  ab  Ma  dona  Constanga  de  Sicilia  (estr.  dal  voi.  del  Congrés 
d'Hist.  de  la  Cor.  d'Aragó).  Barcelona,  1909,  pag.  11. 

(%)  Il  Re  Giacomo  prometteva  all'  Infante  Pietro  in  luglio  1263  di 
pagargli  oncie  diecimila  «  si  vos  tamen  personaliter  iveritis  ad  Regem 
Cicilie,  et  non  aliter  »,  come  si  legge  nel  documento  edito  dal  Girona 
a  pag.  50.  Quell'esortazione  al  figlio  riesce  interessante,  conoscendosi 
gli  ambiziosi  disegni  del  padre.  Di  Blasi  .  Storia  del  regno  di  Sicilia 
cit.  voi.  II,  pag.  419,  considera  che  Giacomo  volle  il  matrimonio  del 
tiglio  con  Costanza  perchè  vantaggiosissimo  nel  caso  di  successione  nel 
regno  di  Sicilia. 


PREFAZIONE  CXL1X 


per  la  speranza  futura  della  successione  al  trono  di  Sicilia, 
non  potette  desistere  e  ritirarsi,  sol  perchè  Enrico  nacque, 
quando  la  sposa  era  presso  a  partire  o  quando  era  già  par- 
tita per  l'Aragona  »  (1). 

I  Romani  nel  1263  avevano  scelto  (come  appare  da  una 
lettera  del  Papa  Urbano  IV)  per  loro  Senatore  Carlo  conte 
di  Angiò,  ed  il  Papa  si  affrettava  ad  avvertire  Carlo  per  ac- 
cettare quella  dignità,  perchè  se  ciò  non  avesse  egli  curato, 
il  Re  di  Aragona,  ossia  l'Infante  Pietro,  che  era  congiunto 
del  Re  Manfredi,  ed  era  stato  pure  eletto  Senatore  di  Roma, 
nel  caso  di  rinunzia  del  conte  Carlo,  avrebbe  sicuramente 
conseguito  quella,  dignità  (2).  Ciò  prova  come  fosse  già  ab- 
bastanza noto  in  Italia  sin  da  quel  tempo  il  nome  dell'In- 
fante Pietro  di  Aragona. 

Riesce  quasi  incomprensibile  che  dal  1266  sino  al  1276 
il  Re  Giacomo  I  non  abbia  pensato  di  far  guerra  al  Re 
Carlo  per  difendere  prima  il  parente  Manfredi  e  poi  Cor- 
radino,  e  far  dopo  valere  le  sue  ragioni  sul  regno  di  Sici- 
lia (3).  Sembra  nondimeno  che  il  Re  Giacomo  abbia  omesso 


(1)  Del  Giudice,  La  famiglia  di  Re,  Manfredi  cit.  pag.  33. 

(J2)  Capasso,  Historia  diplom.  cit.  pag.  236  e  seg.  n.  395,  e  le  uote. 

(3)  De:,  Giudice,  La  famiglia  cit.  pag.  231  nota  che  in  Aragona  non 
si  curò  di  liberare  i  figli  del  Re  Manfredi,  e  nemmeno  Costanza  vi  pose 
niente,  certo  per  ragione  di  Stato,  così  che  «  i  fratelli  maschi  ,  anche- 
quando  si  venne  a  cognizione  della  loro  esistenza,  del  tutto  furono  ab- 
bandonati dai  loro  stessi  congiunti».  Espone  su  tale  argomento  acri 
considerazioni.  Girona  Llagostera,  Mulleratnent  cit.  pag.  35  manifesta 
altre  gravi  ragioni  per  quell'abbandono  dell'impresa  «  potser  per  temor 
de  lluytes  ab  1'  Ksglesia  ,  o  per  lo  pacte  qu'  eli  [Jaumej  havie  fet  de 
no  attacar  Carles  d'Anjou,  fos  per  co  que  Henrich.  fili  de  Manfrè,  ere 
vìa  encare  ». 


CL  PREV  AZIONE 


di  far  ciò ,  per  essersi  obbligato  a  6  luglio  1262  verso  la 
Chiesa  Romana  «  quod  eidem  Manfredo  vel  suis  contra  Ro- 
manam  Ecclesiam  vel  quamcumque  persona  m  vices  geren- 
tem  ipsius,  vel  causam  habentem  ab  ipsa,  nullo  tempore  per 
nos  vel  alios  assistemus,  assumendo  negocium  contra  ipsam 
Romana m  Ecclesiam  ,  vel  dando  ahi  consilium  ,  auxilium 
vel  favorem  ».  Tale  dichiarazione  solenne  facevasi  da  Gia- 
como a  richiesta  del  Re  Luigi  IX  di  Francia,  al  quale  da 
malevoli  era  stato  detto  (come  il  Re  Giacomo  palesa)  «  quod 
nos  ,  in  apostolico  Sedis  contemptum  et  Christiane  religio- 
ni^ iniuriam  ,  principiti  Manfredi  filiam  primogenito  nostro 
dederamus  uxorem  » .  Né  soltanto  il  Re  Giacomo  assumeva 
per  sé  quell'obbligo  ,  ma  aggiungeva  :  «  set  nec  etiam  susti- 
nebimus  quod  aliquia  liberornm  nostrorum  vel  etiam  subdi- 
tornm  hoc   faciat  »  (1). 

Se  il  Re  Giacomo  tenne  fede  a  quella  sua  promessa,  si 
conosce  però  che  l' Infante  Pietro  ,  sposo  della  sveva  Co- 
stanza, meditava  opposti  disegni,  incitato  altresì  dalla  mo- 
glie (2).  Nell'anno  1269  veniva  fuori  (come  ho  già   notato) 


(1)  Girona  Llagostbra,  Mullerament  cit.  pag.  45  e  seg.  pubblica  il 
documento  inedito,  sul  testo  contenuto  nella  pergamena  originale,  con- 
servata negli  Archivi  Nazionali  di  Parigi.  Cfr.  pure  quanto  dice  il  me- 
desimo .prof.  GinoNA  a  pag.  24,  e  la  recensione  da  me  data  nélVAreh. 
Stnr.  Sicil.  an.  XXXIV  (1909),  pag.  427  e  seg. 

(2)  Nkocastro,  cap.  16,  dice  chiaramente  che  Costanza  dopo  la  di- 
sfatta del  Re  Manfredi  spingeva  il  marito  a  preparare  una  spedizione 
contro  la  Sicilia  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  34  e  seg.).  Saba  Mala- 
spina  è  concorde  pure  in  ciò,  ricordando  che  senza  dubbio  lo  stimolo 
della  moglie  di  Pietro  (contAmms  uxori»  stlmulus)  influisse  sul  propo- 
sito della  conquista  della  Sicilia,  ed  aggiunge  che  anche  la  Provenza 
«  timere  ne  rebellaretur  poterai,  eo  quod  Provinciales  adstruebaiit,  non 
minus  quarti  Regnicolas.pev  Regem  Carolum  (il  Gallicos  oppressos  one- 
ribus  et  gravatos  »  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  342  e  345). 


PREFAZIONE  CLl 


YAdhortatio  di  Pietro  de  Pretio  ,  che  spingeva  i  Ghibellini 
a  chiamare  nella  successione  al  regno  di  Sicilia  Federico  di 
Turingia  ;  ne  tale  risorgere  delle  pretese  tedesche  poteva 
riuscire  gradito  alle  ambizioni  dell'Infante  Pietro,  afferman- 
dosi che  altri  eredi  della  Casa  sveva  non  vi  fossero  (1). 

Altra  Gostanza ,  sorella  del  Re  Manfredi ,  che  era  stata 
imperatrice  dei  Greci  e  poi  messa  in  carcere  per  ordine  del 
Paleologo,  e  liberata  con  riscatto  nell'anno  1264,  trovava  ri- 
fugio in  quell'anno  istesso  1269  presso  la  Corte  dell'Infante 
in  Catalogna.  Nota  a  ragione  il  Del  Giudice  :  «  Forse  Co- 
stanza uscita  d'Italia  recar  dovette  all'Infante  Pietro  la  nuova 
della  morte  degi'  infelici  maschi  di  Manfredi ,  i  quali  dalle 
braccia  materne  strappati,  s'ignorò  da  tutti  ove  fossero  stati 
menati ,  e  da  tutti  si  credettero  estinti.  E  certo  che  Pietro 
d'Aragona  fin  dal  1269  come  marito  di  Costanza,  figlia  del 
trafitto  Manfredi ,  si  adoperò  nella  Lombardia  ed  in  altri 
luoghi  d' Italia  di  far  riconoscere  i  suoi  diritti  alla  succes- 
sione del  Reame  di  Sicilia»  (2).  Non  è  perciò  esatto  quanto 


(1)  Da  ciò  si  ricava  che  altresì  in  Germania  si  trascurava  la  sorte 
dei  figli  di  Manfredi  prigionieri  ,  ed  il  dritto  di  Costanza  di  Aragona, 
che  sarebbe  stata  molesta  pretendente.  Vedi  sopra  pag.  CXL,  anco  per 
i  timori  di  Carlo  d'Angiò. 

Ci)  Del  Giudice,  La  famiglia  cit.  pag.  52  e  137.  De  Cesare,  Storia 
di  Manfredi.  Napoli,  1837,  voi.  II,  pag.  115,  dice  che  Giovanni  da  Pro- 
cida  Unse  di  sconoscere  1'  esistenza  in  vita  dei  figli  di  Manfredi  ,  per 
agevolare  Costanza  ,  moglie  di  Pietro  ,  ed  accenna  altresì  il  Dei,  Giu- 
dice (pag.  177)  che  il  Re  Carlo  d'  Angiò  dopo  la  fine  di  Corradino 
fece  «  spargere  ad  arte  la  voce  della  morte  »  dei  figli  maschi  del  Re 
Manfredi ,  onde  non  è  anche  improbabile  che  a  tale  supposizione  pre- 
stasse fede  l'Infante  Pietro  (Del  Giudice,  pag.  33).  I  figli  di  Manfredi 
(esclusa  Costanza,  sposa  a  Pietro  di  Aragona  e  nata  dal  primo  •natri- 
monio)  furon  tutti  prigioni,  con  la  madre  Elena  degli  Angeli,  per  ordine 


CUI  PREFAZIONI'; 


dice  il  De  Gherrier  che  «  sola  Costanza  regina  di  Arago- 
na.. .  .  si  salvò  dal  naufragio  generale  dei  suoi  »,  perchè  la 
sorella  di  Manfredi,  dello  stesso  nome,  sin  dal  1969  era  già 
in  Catalogna  con  la  nipote  (1). 

Le  pratiche  dell'  Infante  Pietro  coi  Ghibellini  in  Italia 
nel  1269  riescono  evidenti  dalle  espressioni,  che  trovansi  nel 
Chronicon  de  rebus  in  Italia  gestis  edito  la  prima  volta 
nel  1856  dal  benemerito  Huillard-Bréholles.  Quivi  è  det- 
to: «Eodem  tempore  rex  Castelle  et  infans  dom  Petrus, 
primogenitus  regis  Aragonensis,  transmiserunl  in  Lombar- 
diam  Raymundinum  de  Mastagiis  civem  Cremone  cum 
litteris  credencie  ad  amicos  imperii  in  Lombardia  et  in 
Tuscia  in  malum  et  detrimentum  regis  Karoli,  comitis  Pro- 
vincie: ille  rex  Castelle  propter  don  Anricum  fratrem  suum, 
quem  in  carceribus  detinet ,  et  infans  dom  Petrus  propter 
regem  quondam  Manfredum  socerum  eius,  quem  ipse  Ka- 
rolus  occidit  aufferendo  sibi  regnimi  Scicilie  ,  quod  ad  se 
dicit  pertinere  prò  uxore  eius.  Qui  tantum  operatus  est  in 
Lombardia  prò  ipsis  regibus,  quod  amici  omnès  imperii  de 
Lombardia  suos  syndicos  et  procuratores  ad  regem  Castelle 
et  ad  infantem  don  Petrum  prò  factis  im perii  transiniserunt, 


del  Re  Carlo.  Elena  morì  in  carcere  a  Traili  nel  1271.  Furono  poi  i  fi- 
gli tenuti  prigionieri  nel  Castel  dell'Uovo  di  Napoli.  Essi  erano  Enrico 
primogenito,  Federico,  Enzo  e  Beatrice.  Costei  fu  liberata  nel  128i  dal 
principe  di  Salerno  e  consegnala  al  Loria,  Federico  verso  il  1300  fuggì 
dal  carcere  e  riparò  in  Inghilterra,  ove  era  in  disagi  nel  1308.  Enzo 
morì  in  prigione  nel  1301,  e  così  Enrico  nel  1318.  Costanza  sorella  di 
Manfredi,  che  si  recò  in  Catalogna  nel  1209,  stette  a  Valenza,  ove  morì 
nel  1313.  Cfr.  Del  Giudice,  La  famiglia  cil.  pag.  137  e  seg. 
(1)  De  Cherrier,  cit.  voi.  Ili,  pag.  263. 


PREFAZIONE  CLIIl 


scilicet  Gualterium  Rogna  m,  ci  ve  m  Papié»  (l).  Alcun  com- 
mento non  occorre  per  dimostrare  la  cospirazione  in  Italia 
a  favore  di  Pietro  d'Aragona  nel  1269;  ne  riesce  difficile 
sapere  chi  fossero  quei  partigiani  ghibellini ,  pefchè  sono 
indicati  poi  per  nome  dal  Re  Pietro  (2).  Il  dubbio  dell'e- 
gregio prof,  catalano  Altamira  y  Grevea  è  svanito ,  in  tal 
modo,  su  quanto  egli  diceva:  «No  se  sabe  hoy  todavia  con 
certeza  si  desde  entonces  [cioè  dal  1268]  comenzó  ya  el  rey 
de  Aragon  a  preparar  la  conquista  de  Sicilia,  ni  si  se  en- 
tendió  desde  luego  con  los  sicilianos  descontentos  »  (3).  Le 
mire  dell'Infante  Pietro  erano  sul  regno  di  Sicilia;  e  gli  ac- 
cordi di  lui  col  Re  di  Gastiglia ,  che  a  quello  scopo  ritro- 
vavasi  insieme  intento  nel  gennaio  1282,  non  ammettono 
controversia  per  le  pratiche  anteriori  (4). 


(Ij  Huillard-Bréholles  ,  Chronicon  Placentinum  et  Ghronicon  de 
rebus  ecc.  Parisiis,  1856,  pag.  297. 

(2)  Saint-Priest  ,  cit.  voi.  IV,  pag.  206-209;  Carini,  De  rebus  cit. , 
pag.  105,  108,  277  e  seg.  doc.  del  1282  al  1284;  a  Ardi,  e  Bibl.  cit.  pa- 
gine 53-55. 

(3)  Altamira  y  Crevea,  Bistorta  de  Espana  y  de  la  civilisacion  e- 
spanola.  Barcelona,  1900,  t.  I,  pag.  599. 

(4)  Cfr.  in  questo  volume  pag.  39  e  seg.  Per  la  notizia  della  magni- 
ficenza della  Corte  dell'Infante  Pietro  nel  1269  ,  conviene  ricordare  la 
pregevole  memoria  dell'  illustre  prof.  Gioacchino  Miret  y  Sans  ,  col 
titolo  Viutges  del  Infuni  en  Pere,  fili  de  Jaume  I  en  els  anys  1268  y  1269. 
Barcelona,  1908.  Nel  1270  Fernando  Sanchez.  figlio  illegittimo  di  Gia- 
como I,  e  perciò  fratello  dell'Infante  Pietro,  era  attirato  nella  Corte  di 
Carlo  di  Angiò  in  Napoli  ,  forse  per  rintracciare  notizie  di  quanto  si 
facesse  in  Aragona.  Cfr.  Dei,  Giudice,  Cod.  diplom.  cit.  voi.  Ili,  1902, 
pag.  168  e  195.  Il  Re  Carlo  in  luglio  1269  scriveva  ai  Re  Giacomo  di 
Aragona  ed  Alfonso  di  Gastiglia  una  lunga  lettera  intorno  la  prigionia 
inevitabile  di  Enrico  di  Castiglia,  che  aveva  cospirato  contro  di  lui,  e 


CUV  PREFAZIONE 


I  cronisti  siciliani  e  catalani  sono  conformi  nel  manife- 
stare che  i  nobili  del  regno,  gli  esuli  ed  i  ghibellini  d'Ita- 
lia nel  1267  si  rivolsero  in  Germania  a  chiamarvi  Corradi- 
no;  e  Saba  Malaspina  soggiunge  per  i  Siciliani  «quos,  tam- 
quam  frequenti  susceptione  occasioni,?  exilis  aversos,  adhuc 
spes  vana  fovebat  »  (1).  Ho  già  fatto  menzione  dei  viaggi 
del  Procida  e  di  Enrico  d'Isernia  in  Germania  dopo  la  di- 
sfatta di  Gorradino  nel  1268.  Erano  pertanto  gli  esuli  che 
incitavano  le  Corti  a  far  valere  i  loro  diritti  alla  successio- 
ne nel  regno  di  Sicilia,  e  così  dovette  avvenire  in  Catalo- 
gna per  1'  opera  del  Procida ,  e  con  maggior  sicurezza  ed 
ardire  dopo  la  morte  del  Re  Giacomo  I  nel  1276,  quando 
il  lavorìo  intenso  non  avrebbe  sofferto  più  ostacoli. 

Di  questo  ci  rende  sicuri  il  cronista  Muntaner,  il  quale 
da  buon  catalano  ed  orgoglioso  delle  memorie  della  sua 
patria ,  narrando  la  fine  del  regno  del  celebre  Giacomo  1 
trae  l'  occasione  per  fare  un  elogio  della  Catalogna  ed  al- 
tresì del  nuovo  sovrano  Pietro  (2);  e  mentre  espone  gli  av- 
venimenti del  1278,  inserisce  cinque  capitoli  per  dar  notizia 
dei  fatti  anteriori,  cioè  delle  guerre  dell'imperatore  Federico 
in  Italia,  della  conquista  di  Carlo  d'Angiò,  della  disfatta  di 
Manfredi  e  poi  di  Gorradino,  sino  a  che  Pietro  di  Aragona, 
poiché  «  nul  hom  no  sen  mes  en  venjanga  a  fer  neguna  », 
risolse  di  assumere  tale  impresa  :  «  Per  honor  de  la  regina 


ricordava  ai  medesimi  i  vincoli  che  erano  tra  loro,  e  che  sperava  du- 
raturi. Del  Giudice,  cit.  pag.  285. 

(1)  Neocastro,  cap.  Vili;  Saba  Malaspina,  lib.  II,  cap.  17  e  lib.  IV, 
e.  2  (ediz.  Gregorio  cit.  v.  I,  pag.  24,  e  Del  Re,  Cronisti  cit.  v.  II, 
pag.  261  e  267);  D'  Esclot,  cap.  LIX  (ediz.  Buchon  cit.  pag.  609). 

(2)  Muntaner,  cap.  29,  ediz.  Bofarull  cit.  pag.  56  e  seg. 


PRIVAZIONE  (XV 


sa  muller  e  de  sos  fìlls ,  se  posa  en  cor  que  aquelles  morts 
venjas»  (\). 

Non  esita  il  Muntaner  a  riferire  in  che  consistesse  il  pro- 
getto di  quella  vendetta,  lungamente  meditata ,  e  dice  che 
tre  mezzi  occorrevano,  cioè  ricercare  chi  avesse  dovuto  aiu- 
tare il  Re  Pietro  e  da  chi  dovesse  costui  guardarsi ,  pro- 
curare le  somme  necessarie  per  la  spesa,  agire  il  più  segre- 
tamente possibile.  Ricorda,  come  conseguenza,  che  nel  1280 
il  Re  Pietro  andò  in  Francia  per  assicurarsi  della  Gasa  di 
quel  Re  ,  e  poi  in  Gastiglia  ,  ove  dal  Re  Alfonso  X ,  detto 
il  Savio  o  l' Astrologo,  che  era  fratello  del  ribelle  Enrico  di 
Gastiglia  e  sposo  della  sorella  di  Pietro ,  ottenne  la  pro- 
messa di  aiuti  con  convenzioni  firmate,  e  che  fece  tregua 
di  tre  anni  col  Re  di  Granata. 

Tutta  questa  segreta  trama,  ordita  senza  dubbio  coi  con- 
sigli del  Procida,  segretario  del  Re  Pietro,  è  messa  in  rilievo 
con  particolari  descrizioni,  e  quasi  con  soddisfazione,  dal 
Muntaner,  che  palesa  in  tal  modo  quanto  poteva  conoscersi 
in  Catalogna,  e  che  in  Italia  non  era  dato  nemmeno  di  sup- 
porre (2).  Dimostra   inoltre  il  Muntaner  che  il  vero  periodo 


(1)  Vedansi  i  cap.  32  a  37  del  Muntaner  ,  e  per  le  parole  sopra  ri- 
ferite il  e.  35,  ediz.  cit.  pag.  70. 

(2)  Di  tale  narrazione  del  Muntaner  non  trovo  alcun  cenno  in  Amari. 
Dice  il, Saba  Malaspina  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  341)  che  è  ve- 
risimile che  gli  esali  Procida  e  Loria  suggerissero  a  Pietro  ut  Begnum 
invadat  Sicilie  ,  e  che  si  avea  notizia  che  avessero  manifestato  al  Re 
che,  se  egli  fosse  stato  disposto  a  ricuperare  il  regno  di  Sicilia,  «  nou- 
inillae  terrae,  priusquam  mare  ingrediamini ,  contro.  (ìallos  proci; l  Du- 
mo   REBELLABUNT».  Notava   altresì  il  Saba    Malaspina   che  i  Siciliani 

nel  1281   «dira  cogitatione,  perversa    cogitant suh  fortunae  vexillo 

rebellent opportunìtate  captata»  (pag.  353). 


CLV1  PREFAZIONE 


d'intensa  preparazione  per  la  conquista  della  Sicilia  fu  dal 
1276  al  1280,  cioè  dopo  che  il  Procida  pervenne  in  Catalo- 
gna, e  per  gran  parte  del  tempo  del  pontificato  di  Nicolò  III 
(25  nov.  1277  -  22  ag.  1280) ,  che  con  la  sua  manifesta  av- 
versione a  Carlo  d'Angiò,  dovette  render  più  sicuri  i  progetti 
del  Re  Pietro. 

I  documenti  corroborano  la  notizia .  dei  preparativi  di 
Pietro  sin  da  quando  era  Infante.  Nel  1270  egli  conferma  a 
Bella,  madre  di  Ruggiero  Loria,  nobile  di  Calabria  e  venuta 
da  Napoli  col  figlio  nel  1262  insieme  a  Costanza ,  il  pos- 
sesso di  castelli  in  Valenza  (l).  Il  Loria  poteva  nel  1270  es- 
sere in  età  di  circa  trenta  anni.  Giacomo  I,  forse  a.  richie- 
sta di  Pietro,  nel  1273  largiva  al  Loria  (già  partecipe  delle 
aspirazioni  dell'Infante)  una  villa  (2).  A  Giovanni  da  Pro- 
cida, da  alcuni  anni  arrivato  in  Catalogna,  l'Infante  Pietro 
nel  giugno  1275  concede  con  grandi  elogi,  per  i  servizi  da 
lui  resi  al  Re  Manfredi ,  e  per  la  sua  nobiltà  e  scienza  , 
ville  e  castelli  in  feudo  (3).  Appena  Pietro  diviene  Re,  cioè 
nel  1276,  il  Procida  è  suo  segretario,  consigliere  e  familiare 
regio,  e  dura  in  tal  carica  sino  al  1282.  Il  Procida  ottiene  nel 
1278  altri  feudi  (4).  Loria  in  ottobre  diviene  Alcaide  nel  re- 
gno di  Valenza  (5).  A  Corrado  Lancia,  venuto  col  Loria  in 
Catalogna  nel   1262,  coetaneo  di  lui,  e  parente  della  regina 


(1)  Cahini,  Ardi,  e  Bibl.  voi.  II,  pag.  190. 

(2)  Carini,  ibidem,  pag.  187. 

(3)  Cfr.  il  sunto  in  Carini  cit.  pag.  190.  Amari,  9a  ediz.  v.  1,  pag.  148 
dice  che  Pietro  non  ricorda  il  Procida  come  «antico  famigliare  della 
sua  Corte  »,  ma  ciò  non  ha  alcuna  importanza. 

(4)  Vedasi  Saint-Priest,  op.  cit.  v.  IV,  pag.  197-&H,  e  Carini  cit., 
pag.  2e3. 

(5)  Documenti  ricordati  dal  Carini,  pag.  2  e  187. 


PREFAZIONE  CLVII 


Costanza,  il  Re  Pietro  concedeva  nel  1278  per  i  suoi  meriti  la 
dignità  di  Ammiraglio  (1).  I  desideri  di  Pietro  non  potevano 
essere  che  i  propri  anco  nell'animo  del  Lancia.  Si  stabili- 
scono nel  1279  le  nozze  tra  Loria  e  la  sorella  di  Corrado 
Lancia ,  a  nome  Margherita ,  ed  il  Re  assegna  trentamila 
soldi  regali  per  la  dote  (2),  e  nello  stesso  anno  al  Lancia, 
consigliere  regio,  è  largito  un  feudo  ed  al  Procida  altre  ter- 
re (3),  e  negli  anni  1279  e  1280  il  Lancia  riveste  la  carica  di 
Luogotenente  del  Regno  di  Valenza  (4). 

Lancia,  Loria  e  Procida,  italiani  tutti  e  tre,  hanno  otte- 
nuto già  sino  al  1280  feudi,  favori  ed  alte  dignità.  Essi  so- 
no i  compagni  dell'  impresa  del  Re  Pietro ,  i  più  adatti  a 
servirlo  con  coscienza  e  lealtà,  con  la  mente  ed  il  braccio. 
Dal  1278  al  marzo  1282  si  nota  un'  insolita  attività  nella 
Corte  aragonese.  È  dato  infatti  in  novembre  1278  l'ordine 
al  Loria  di  consegnare  al  Procida  la  rilevante  somma  di 
3500  soldi  regali;  ma  la.  causale,  poco  determinata  ,  indica 
un  pagamento  segreto  (5).  In  quell'anno  Corrado  parte  con 
alquante  navi  per  Gabes  nella  Tunisia  per  costringere  Mira- 
boaps  a  soddisfare  il  tributo,  la  quale  spedizione  potè  ser- 
vire di  pretesto  per  l'altra  posteriore  del  1282  in  quelle  regio- 
ni (6).  II  Procida  in  febbraio  1280  avvertiva  Giuseppe  Ravaya 


(1)  Muntanbr  cit.  cap.  18 ,  19  ,  30  ,  31  ;  Carini  cit.  pag.  4.  Galvano 
Lancia  %  detto  zio  di  Manfredi  da  Jamsilla,  ediz.  Del  Re  ,  v.  Il ,  pa- 
gina 193.  Cfr.  pure  la  pregevole  memoria  di  Federico  Lancia,  Galvano 
Lancia.  Studio  biografico  (in  Ardi.  Stor.  Sicil.  an.  1,1876,  p.  45  e  seg.j. 

(2)  Carini  cit.  pag.  18. 

(3)  Cfr.  Carini,  pag.  10. 

(4)  Per  tali  documenti  vedasi  Carini,  pag.  5  e  62. 

(5)  Saint-Priest  cit.  t.  IV.  pag.  202;  Carini  cit.  pag.  17. 
(6J  Muntaner,  cap.  30  e  31. 


CLVIII  PREFAZIONE 


per  un  pagamento  di  cento  marabetini  da  farsi  a  Giovanni  Gur- 
cia  (1).  Nel  marzo  seguente  veniva  eseguito  altro  pagamento 
di  diecimila  soldi  regali  al  Procida  per  farli  consegnare  in 
Parigi  a  Fernando  fratello  del  Re  (2).  Si  provvedeva  in  giu- 
gno 1281  al  versamento  ad  un  canonico  di  .Lerida  di  due- 
cento libre  iaccemi,  e  si  imponeva  che  se  non  si  adempis- 
se, il  Procida  e  il  de  Goyllano  «per  se  vel  alium  aut  alios, 
si  necesse  fuerit,  mandatum  huius  exequetur  »,  né  poteva 
essere  per  lieve  cagione  (3). 

Trattavansi  affari  di  grande  importanza  nelP  aprile  del 
1280.  Il  Procida  aveva  inviato  un  ambasciatore  ad  Otto- 
ne IV  ,  conte  di  Borgogna,  per  sistemare  alcune  pratiche. 
Aveva,  inoltre  il  Procida  preso  accordi  con  la  regina  Go- 
stanza ,  neh'  assenza  del  Re  Pietro  ,  su  la  «  prosecucione 
istius  negocii,  qnod  nobis  utile  et  ìwnorabile  reputamus»  (co- 
me rispondeva  il  Re);  e  ciò  non  può  essere  altro  che  l'affare 
della  conquista  del  regno  di  Sicilia,  che  maggiormente  riu- 
sciva gradito  alla  regina.  Né  aveva  mancato  il  Procida  di 
avvisare  il  Re  «  de  rumoribus  Romane  Curie ,  quod  nobis 
significa stis»;  onde  può  supporsi  che  quei  rumori  fossero 
appunto  le  trattative  col  Paleologo  e  col  Papa  Nicolò  IH 
ai  danni  di  Carlo  d'Angiò  ,  ed  eran  così  gravi  quelle  pra- 
tiche che  il  Re  avvertiva  il  Procida  che  fra  pochi  giorni  sa- 


{[)  Carini  cit.  pag.  19. 

(2)  Tal  documento  fu  edito  dal  Saint-Priest,  t.  IV,  pag.  202.  Si  ha 
un  sunto  erroneo  in  Carini,  p.  19.  Cfr.  in  questo  volume,  pag.  44.  La 
data  1279  deve  intendersi  al  modo  comune   1280. 

(3)  Carini  cit.  pag.  63.  Non  è  inverosimile  che  si  riferisse  a  prati- 
che con  la  Corte  pontifìcia. 


PREFAZIONE  CL1X 


rebbe  tornato  per  dirigere  «uegocia  nostra  in  terra  ista  »  (1). 
E  noto  che  il  papa  Nicolò  III  rimase  sulla  cattedra  pon- 
tificia dal  25  novembre  1277  sino  al  22  agosto  1280..  Dai 
documenti  riferiti  per  sunto  dal  Carini  nel  1884  si  scorge 
che  la  Corte  aragonese  di  Pietro  fu  in  continui  rapporti 
con  la  Corte  pontificia  per  tutti  gli  anni  dal  1477  al  1280. 
Si  ha  infatti  che ,  appena  ricevuto  l' annunzio  della  ele- 
zione del  papa  Nicolò  TU  ,  il  Re  Pietro  si  affrettò  ad  in- 
viare a  29  dicembre  1277  un  suo  ambasciatore  presso  di 
lui  prò  qinbusdam  nostris  negociis ,  al  quale  ambasciatole 
consegnò  varie  credenziali  per  il  Papa  e  per  i  Cardinali , 
per  i  Comuni  ghibellini  di  Genova  e  Pisa  e  per  il  Conte 
di  Ventimiglia,  ed  anche  per  l'imperatore.  Quell'ambascia- 
tore aveva  ampia  facoltà  di  difendere,  promettere  e  transi- 
gere (2).  Sin  dall'elevazione  alla  tiara  di  un  papa  italiano, 
e  non  ligio  agli  Angioini ,  il  Re  Pietro  concepiva  pertanto 


(t)  Documento  pubblicato  da  Saint-Priest  ,  t.  TV,  pag.  201  e  seg. 
In  Carini  cit.  pag.  41  è  una  semplice  indicazione  generica.  Cfr.  pure 
appresso  in  questo  volume,  pag.  6  e  seg.  Amari,  9a  ediz.  voi.  I,  pag.  149 
ricorda  in  nota  questa  lettera  del  10  aprile  1280  per  l'ambasceria  «  al 
conte  di  Borgogna  ecc.»,  nulla  rilevando  per  il  resto.  11  Re  Pietro,  ri- 
spondendo alle  lettere  inviate  dal  Procida  e  dalla  regina  per  quegli 
affari  di  Stato,  adoperava  la  parola  maxime  per  l'  affare  utile  et  Tuono- 
rubile,  fi  desiderio  del  Re  per  la  venuta  di  Rodrigo  Eximenez  de  Luna 
deve  riferirsi  pure  a  quelle  pratiche,  essendo  notorio  che  il  de  Luna 
fu  in  Sicilia  persona  di  fiducia  del  Re  nel  1281  Cfr.  Saint-Priest  cit. 
t.  IV,  pag.  214  e  seg.;  Carini,  De  rebus  cit.  pag.  3,  205,  233,  239,  676, 
677  e  704.  L'espressione  rumore,  per  fama,  notizia,  trova  riscontro  nella 
dantesca  di  mondan  romore  (e.  XI  del  Purg.  v.  100-102). 

(2)  Carini,  Arch.  e  Bibl.  cit.  voi.  II,  pag.  188,  tre  documenti;  e  pa- 
gina 17  per  il  doc.  del  13  marzo  1278  (m.  e.  1279). 


CLX  PfiEF  AZIONE 


grandi  speranze  contro  il  Re  Carlo  ,  e  faceva  trattare  dal- 
l'ambasciatore affari  di  gravissimo  interesse  ,  lo  scopo  dei 
quali  riesce  indubitato  dagli  stessi  documenti.  Le  creden- 
ziali, die  davansi  per  l'imperatore,  non  possono  riferirsi  al- 
l'imperatore Rodolfo  di  Germania,  ma  sibbene  all'altro  im- 
peratore dei  Greci,  Michele  Paleologo,  perchè  essendo  costui 
in  evidente  inimicizia  con  Carlo  d' Angiò  ,  ed  in  anteriori 
rapporti  con  la  Chiesa  Romana,  sarebbe  stato  anche  utile 
di  trattare  pure  con  lui,  dopo  gli  accordi  col  Papa.  Così  le 
notizie  di  pratiche  del  Re  Pietro  col  papa  Nicolò  III  e  col 
Paleologo,  esposte  nel  Bibellamentu,  non  sono  affatto  prive 
di  fondamento. 

Nella  fine  di  dicembre  del  1278  altro  ambasciatore  di  Re 
Pietro  si  recò  presso  la  Curia  Romana,  ed  offrì  al  notaro 
del  papa  una  coppa  preziosa  come  dono  del  Re;  e  tal  fatto 
indica  indubbiamente  il  grato  animo  del  sovrano  per  ser- 
vizi rilevanti  ottenuti  dalla  Curia  (1).  Il  Re  Pietro  a  30  lu- 
glio 1279  mandava  ancora  altro  ambasciatore  al  papa  Ni- 
colò in  negociis ,  que  prò  domino  Rege  procurare  in  Curia 
habuerit,  con  lettere  di  credenza  per  il  collegio  dei  Cardinali, 
e  per  i  Genovesi  e  Pisani  anche  per  il  salvocondotto,  oltre 
un  memoriale  per  la  decima  (2).  Amari  crede  che  «  scopo 
principale  o  accessorio  della  missione  era  una  impresa  con- 
tro i  Saraceni»,  ma  questa  interpretazione  non  sorge  dal 
testo  del  documento,  perchè  la  decima  era  una  pratica  se- 
condaria e  finale  dell'ambasceria,  mentre  più  notevoli  erano 
gl'interessi  che  doveva  sostenere  l'ambasciatore,  cioè  la  le- 
ga col  Paleologo  contro  il  Re  Carlo  (3).  Nell'aprile  del  1280 


(1)  Vedasi  Carini  cit.  p.  17  e  seg. 

(2)  Ne  dà  un  esteso  sunto  il  Carini,  pag.  40. 

(3)  Amari,  9*  ediz.,  voi.  1,  pag.  155. 


PREFAZIONE  CLXI 


il  Procida  (con  la  lettera  da  me  ricordata)  informava  il  Re 
Pietro  di  quanto  aveva  saputo  da  parte  della  Curia  Roma- 
na. Da  tali  notizie  si  ricava  chiaramente  che  in  ognuno 
dei  quattro  anni  del  pontificato  di  Nicolò  III  era  partito  per 
Roma  un  ambasciatore  per  trattative  diplomatiche  con  la 
Corte  aragonese,  e  che  i  rapporti  di  Pietro  con  quel  papa 
erano  indubbiamente  cordiali  (1). 

Se  il  Procida  sia  andato  ancor  egli  presso  il  papa  Ni- 
colò III  per  trattare  della  lega  col  Paleologo,  e  presso  co- 
stui in  Costantinopoli  per  conchiuderla  diffìnitivamente  non 
è  ben  sicuro  dai  documenti.  Cartellieri  inclina  a  crederlo  , 
poiché  dice  :  «  In  Byzanz  war  Johannes  mit  Benedikt  Zac- 
carias,  einem  abenteuerlichen  Kondottiere  aus  Genua,  und 
anderen  Genuesen  »  (2).  Deve  ritenersi  assai  probabile  che 
in  un  affare  di  tanta  gravità ,  quale  era  la  lega  tra  Pietro 
ed  il  Paleologo ,  si  fosse  il  Procida  recato  personalmente 
in  entrambe  quelle  Corti  per  parte  del  suo  sovrano  ;  e  se 
fu  in  Costantinopoli,  a  maggior  ragione  (o  prima  od  al  ri- 
torno) dovette  conferire  col  Papa. 

Sette  cronisti ,  cioè  Caffaro ,  Giordano ,  Marino  Sanuto 
il  vecchio,  Salimbene,  Tolomeo  da  Lucca,  Villani  e  la  Cro- 
naca Piacentina  forniscono  alquante  notizie  concernenti  i 
consigli  e  gli  aiuti  dei  Re  di  Castiglia  e  d'Inghilterra  e  dei 
Genovesi,  il  danaro  del  Paleologo  e  le  pratiche  tenute  con 


(1)  Nel  Bibellamentu  si  ricorda  (ediz.  Gregorio  cit.,  t.  I,  pag.  254) 
che  Carlo  d'Angiò  abbia  respinto  il  progetto  di  matrimonio  di  una  pa- 
rente del  papa  Nicolò  III;  né  sembra  del  tutto  erronea  tale  menzione, 
se  Saba  Malaspina  (ediz.  Gregorio  ,  t.  II ,  pag.  340)  narra  che  quel 
papa  si  fosse  intromesso  per  un  matrimonio  tra  il  figlio  del  Re  Carlo 
e  la  figlia  del  Re  di  Germania  (Begis  Alamaniae),  poi  non  seguito. 

(u2)  Cartellieri,  Peter  vori  Aragon  cit.  pag.  87. 

G.  LaJMantia,  Cod.  dipi.  arag.  & 


CLXII  PREFAZIONE 


la  Corte  Romana,  che'  giovarono  al  Re  Pietro  per  com- 
piere la  conquista  del  regno  di  Sicilia.  Tolomeo  di  Lucca 
afferma  che  furono  mediatori  della  lega  col  Paleologo  sì 
il  Benedetto  Zaccaria  di  Genova  che  Giovanni  da  Procida, 
e  principalmente  costui  :  «  praecipue  autem  dominus  Johan- 
nes de  Procida  »,  e  che  vide  il  trattato  «  quem  tractatum  ego 
vidi»  (1).  La  parola  mediator ,  come  registra  il  Ducange  , 
ha  quasi  il  significato  di  ambasciatore,  la  quale  definizione 
dimostra  anche  la  presenza  del  Procida  in  Costantinopoli, 
e  F  altra  di  tractatus  equivale  a  patto ,  convenzione  ,  come 
nota  pure  il  Ducange,  e  non  quello  di  notizia  di  uno  scrit- 
tore, come  pretenderebbe  l'Amari,  e  trovasi  per  altro  espli- 
citamente affermato  in  modo  diverso  nella  bolla  del  Papa 
Martino  IV  del  18  novembre  1282  (2). 

Dello  Zaccaria,  che  fu  ammiraglio  dei  Genovesi,  è  men- 
zione nel  Ribellamentu,  sebbene  sotto  il  nome  alquanto  al- 
terato di  Accardu ,  dicendosi  :  «  unu  Cavaleri  di  lu  Impe- 
raturi  [Paleologo] ,  chi  era  missaiu  secretu ,  chi  per  nomu 
si  chiamava  Misser  Accardu,  latinu,  chi  era  natu  di  lu  chiami 


(1)  Non  occorre  citare  le  varie  edizioni  di  queste  cronache,  che  ho 
ricordato  sopra  a  pag.  LXXV11  e  seg.  Su  le  somme  date  al  papa  Ni- 
colò III  (forse  anche  per  compenso  nella  quistione  religiosa)  da  quelle 
fornite  dal  Paleologo  si  ha  1'  affermazione  del  Villani,  e  per  il  paga- 
mento promesso  al  Re  Pietro  dal  Paleologo  come  sussidiò  per  la 
guerra  è  altresì  quella  del  Sanuto,  che  ne  ebbe  notizia  orale  da  Rug- 
giero Loria,  ancora  per  controversie  sorte  in  tempi  posteriori. 

(2)  Si  veda  sul  senso  della  parola  tractatus  quanto  ne  scrisse  il  chia- 
rissimo prof.  Carlo  Cipolla  ne\Y  Archivio  Veneto,  an.  XII,  (1876)  pag.  147 
e  seg.  ed  altresì  Hertzberg.  Storia  dei  Bizantini  e  dell' Impero  Ottoma- 
no. Milano,  1894,  pag.  549.  Per  il  testo  della  bolla  cfr.  Potthast,  Re- 
f/esta  pontif.  cit.  n.  21947,  e  Carini,  Ardi,  e  Bibl.  v.  II,  pag.  193  e  seg. 


PREFAZIONE  CLX1II 


di  Lombardia  ,  In  quali  era  prudu  e  saviu  e  valenti  Cava- 
leri  »  (1).  La  designazione  che  VAccardu  fosse  un  latino  e 
dell'alta  Italia  fa  riconoscere  che  si  tratta  dello  Zaccaria  (ù2). 
I  documenti  posteriori  del  Re  Pietro  degli  anni  1283  e  128't 
provano  indubbiamente  i  rapporti  precedenti  di  lui  col  Pa- 
leologo  e  con  Benedetto  Zaccaria ,  l' intermediario  insieme 
col  Procida ,  che  era  quegli  che  specialmente  conchiuse  il 
trattato  (3). 

Sarebbe  superfluo  dire  (dopo  quanto  ho  già  esposto)  che 
la  lega  col  Paleologo  fu  formata  col  consenso  della  Chiesa 
Romana,  durante  il  pontificato  di  Nicolò  ILI,  e  non  poste- 
riormente alla  sua  morte,  ossia  nel  1281,  come  opinava  l'A- 
mari (4).  Il  cronista  Salimbene  ricordava  espressamente  :  «  Si- 
quidem  Papa  Nicolaus  III  dederat  eam  [Siciliani]  in  odium 
regis  Karoli ,  cum  consensu  aliquorum  Cardinalium ,  qui 
tunc  erant  in  Curia  »  (5).  Carlo  d'Angiò,  come  nota  l' illu- 
stre prof.  Manfroni,  sin  dall'origine  del  suo  regno  nel  1266 
fu  «in  continua  guerra  coll'Impero  [d'Oriente],  o  direttamen- 
te, o  per  mezzo  dei  feudatari  suoi  nella  Morea»  (6).  Il  cro- 


(i)  Cfr.  Ribellamentu  (ed.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  259). 

(2)  Su  Benedetto  Zaccaria  ed  il  fratello  Manuele  si  hanno  estese  no- 
tizie nella  cronaca  del  Marino  Sanuto  il  vecchio  ,  e  nella  memoria  di 
Hopf,  istoria  dei  Giustiniani  oli  Genova  (in  Giornale  Ligustico.  Genova, 
anno  VII  e  Vili,  1881,  pag.  316  e  seg.). 

(3)  Tali  documenti  trovansi  in  Saint-  Priest  cit.  t.  IV,  pag.  208,213, 
232;  e  ristampa  o  sunto  in  Carini,  De  rebus,  pag.  4,  33  e  Ardi,  e  Bibl. 
pag.  55. 

(4)  Amari,  9a  ediz.  voi.  I,  pag.  162, 

(5)  Cfr.  Moti.  hist.  ad  prov.  plac.  et  parm.  cit.  pag.  289. 

(6)  Camillo  Manfroni,  Storia  della  marina  italiana  dal  trattato  di 
Ninfeo  alla  caduta  di  Costantinopoli  (1261-1453).  Livorno,  1902,  pag.  71. 


CLXIV  PREFAZIONE 


nista  greco  Pachi  mero  ricorda  infatti  che  sin  dal  1274,  nel 
papato  di  Gregorio  X,  si  sperava  che,  tolti  i  dissensi  fra  le 
due  Chiese,  potesse  anche  impedirsi  la  spedizione  che  Carlo 
meditava  contro  il  Paleologo:  Aia  Ss  tvjc  toò  axavSàXoo  Xóae<o<; 
S7ua)(s6yjvai  Tq>  KapooXq)  tòv  aróXov,  e  che  il  Re  Carlo  spesso  ve- 
devasi  pregar  invano  ai  piedi  del  Papa  perchè  gli  permet- 
tesse di  combattere  in  Oriente  :  'EjteiSyj  XiTavsuwv,  xaì,  rijv  rcpò? 
à7rapTtO{iòv  e£o8ov  TtpopaXXójtevo?,  xaì  Tcpotstvcov  ta  àotoó  Sixata,  oòS'o- 
Xws  tòv  Hówcav  srceiGev  awroXóeiv,  àXX'vjv  rcapà  %(ù<pip  Xéfwv  (1). 

Da  molti  documenti  degli  anni  1271  in  poi  si  ricava  che 
1'  Angioino  chiamava  suo  nemico  il  Paleologo  nel  1271  e 
nel  1273,  e  che  nel  1275  dava  ordini  contro  l'esercito  di  lui 
in  Durazzo  (2).  Saba  Malaspina  nota  come  la  guerra  contro 
il  Paleologo  fosse  disposta  prima  del  1276  da  Carlo  (3), 
nel  quale  anno  fu  poi  trattata  la  tregua.  I  preparativi  guer- 
reschi tornarono  più  forti  nel  1277 ,  e  già  la  grande  flotta 
era  pronta  nel  1278,  durante  il  pontificato  di  Nicolò  III,  e 
poscia  nel  1280  Carlo  ordinava  la  custodia  delle  marine  di 
Sicilia,  perchè  di  là  passavano  le  navi  che  davano  aiuti  al 
Paleologo ,  designato  col  nome  publicì  inimici  nostri.  La 
spedizione  preparata  con  gran  cura  nel  1281  doveva  muovere 
nel  1282,  nell'estate  (4).  Non  era  d'uopo  pertanto,  nella  co- 


(1)  Historiae  bisantinae  Scriptores,  Venetiis,  1729,  t.  XII,  TstopYtoo 
toò  IIaxó{isp73  MtxaYjX  ITaXaioXÓYOC  pag.  206  e  228.  Cfr.  pure  la  più 
recente  edizione  del  Bekker  nel  Corpus  scriptorum  historiae  bisantinae. 
Bonnae,  1835,  v.  I,  pag.  367  e  410. 

(2)  Cfr.  Minieri  Riccio,  Il  regno  di  Carlo  I  d'Angió  cit.  ad  annum. 

(3)  Saba  Malaspina  (ediz.  Del  Re,  voi.  II,  pag.  314). 

(4)  Tali  notizie  desumonsi  da  molti  documenti  recati  in  sunto  dal 
Minieri  Riccio,  cit. 


PREFAZIONE  CLXV 


stante  preparazione  di  Carlo  contro  il  Paleologo,  che  la  lega 
del  Re  Pietro  con  costui  si  fosse  conchiusa  dopo  la  morte 
di  Nicolò  III,  quando  anzi  il  papa  francese  Martino  IV,  de- 
voto al  Re  Carlo,  avrebbe  sconvolto  quei  disegni  (1). 

Nell'inizio  dell'anno  1282  il  Procida  si  trovava,  insieme 
col  Re  Pietro ,  in  Algesiras,  dove  si  recava  a  compimento 
il  proposito  della  ricuperazione  del  regno  di  Sicilia,  perchè 
come  si  rileva  dalla  lettera  del  gennaio  diretta  dal  Re  Pie- 
tro al  Re  di  Castiglia,  l'ambasciatore  Francesco  Troisio  era 
già  venuto  con  lettera  di  credenza  dei  più  potenti  ghibellini 
d'Italia,  ed  aveva  esposto  la  sua  ambasceria,  che  il  Re  non 
riferisce  nella  lettera  (non  exprimimus  Uteris  istis)  per  il  mo- 
tivo che  il  Troisio  l'avrebbe  riferito  a  voce,  oltre  quanto  sul 
proposito  avrebbe  detto  da  parte  del  Re  Pietro  «etplura  alia 
sibi  commissa  relaxamus  »  (2). 

A  trattare  l'affare  dell'aiuto  da  apprestarsi  dal  Re  di  Ca- 
stiglia per  la  ricuperazione  del  regno  di  Sicilia  era  andato 
da  quel  Re  il  fratello  di  Giovanni  da  Procida,  cioè  Andrea, 
il  quale  lo  avrà  certamente  informato  del  risultato  delle 
pratiche  già  compiute  per  la  rivoluzione  in  Sicilia,  TI  Re 
Pietro  pregava  pertanto  il  Re  di  Castiglia  di  voler  dare  la 
sua  risposta  ad  alcuno  dei  due  ambasciatori,  ad  Andrea  da 
Procida  od  a  Troisio.  La  lettera  era  sottoscritta  in  fine  Do- 
minus  Iohannes ,  cioè  da  Procida  ,  che  non  avrà  forse   se- 


(1)  Su  tali  pratiche,  come  altresì  su  l'opera  del  Procida  nella  rivo- 
luzione siciliana  ,  offre  esatto  giudizio  Sismondi,  Storia  dei  Francesi 
(trad.).  Gapolago,  1&36,  voi.  Vili,  pag.  265  e  seg. 

(2)  L'elenco  di  quei  ghibellini  italiani  trovatisi  nel  documento  del  10 
febbraio  1283,  edito  da  Saint-  Pribst  cit.,  t.  IV,  pag.  208  e  seg.  Di  tale 
documento  il  Carini,  Arch.  e  Bibl,  cit.  voi.  II,  pag.  ')').  fornì  soltanto 
l'indicazione. 


CLXV1  PREFAZIONE 


gnato  anche  il  cognome  per  il  segreto  più  conveniente.  Era 
quella  lettera  diretta  pure  agli  Infanti  Sancio  ed  Emma- 
nuele  di  Castiglia  (1). 

Il  Re  Pietro  a  9  aprile ,  mentre  già  si  diceva  d'  esser 
pronto  a  partire  con  Tarmata,  scriveva  di  nuovo  al  Re  di 
Castiglia,  dicendo  di  avere  ricevuto  la  sua  lettera,  che  con- 
teneva gratam  et  placidam  responsione-m  a  quanto  gli  ave- 
va comunicato  il  Troisio,  «et  qualiter  aspirabatis  ad  honoris 
nostri  et  glorie  incrementimi»  (cioè  la  ricuperazione  del  re- 
gno di  Sicilia).  Lo  avvertiva  altresì  che  si  sarebbe  potuto 
recare  a  trovarlo  «si  sufficeret  ad  hoc  tempus»,  per  par- 
lare di  presenza  di  queir  affare ,  perchè  il  Re  di  Castiglia 
gli  aveva  manifestato  «  quod  negocia  illa  expedire  non  po- 
terant,  donec  vistarti  invicem  liaberemus  »  (2). 

Mentre  era  a  Portfangos ,  a  19  maggio  il  Re  Pietro  ri- 
cevette una  lettera  dal  Re  di  Castiglia  presentata  dagli  am- 
basciatori Alfonso  di  Pietro  e  Francesco  Troisio,  su  le  di- 
scordie tra  il  Re  di  Castiglia  ed  i  suoi  figli.  Il  Re  Pietro 
diceva  che  era  vicino  a  partire  con  l'armata  «  quod  proro- 
gare nullatenus  possumus»,  perchè  per  quell'impresa  egli 
spendeva  immenso  danaro  allo  scopo  di  difendere  V  onore 
del  suo  nome  e  della  sua  fama.  Raccomandava  al  Re  di 
Castiglia  di  proteggere  nella  sua  assenza  il  primogenito  Al- 
fonso ed  i  suoi  domini.  Gli  ambasciatori  suddetti  tornavano 
di  nuovo  con  altre  notizie  dal  Re  di  Castiglia  (3).  Tale  fu 


(1)  La  lettera  del  18  gennaio  fu  pubblicata  da  Saint  -  Priest  t.  IV, 
pag.  205,  e  ristampata  poi  da  Carini,  Arch.  e  Bibl.  voi.  II,  pag.  45  e  seg. 
Cfr.  in  questo  volume,  a  pag.  6. 

(2)  Carini,  Arch.  e  Bibl.  voi.  II    pag.  47  die  in  luce  tal  documento. 

(3)  Un  esteso  sunto  di  questa  lettera  fornì  il  Carini  ,  Arch.  e  Bibl. 
voi.  II,  pag.  48. 


PREFAZIONE  CLXV1I 


il  risultato  dell'affare  e  della  lettera  regia  del  18  gennaio  1282, 
firmata  dal  Procida  col  nome  soltanto. 

Il  Procida  a  13  febbraio  si  trovava  a  Valenza,  perchè 
vedesi  firmato  Iohannes  de  Procida  nella  lettera  di  tale  data 
del  Re  Pietro  al  principe  di  Salerno,  che  chiedeva  conoscere 
quanto  si  preparava,  lo  stato  di  salute  ed  altro,  che  a  voce 
espose  l'ambasciatore  Moncada.  11  Re  Pietro  rispondeva 
che  lo  stesso  ambasciatore  avrebbe  pure  comunicato  a  vo- 
ce la  sua  risposta  (1).  Dopo  cinque  giorni  (a  18  febbraio) 
in  quella  stessa  città,  nel  «  capitolo  dei  frati  minori  »  il  Pro- 
cida apponeva  la  sua  firma  come  testimonio  neh"  atto  di 
giuramento  dato  dal  Re  Giacomo  di  Maiorca  al  Re  Pietro 
per  le  convenzioni  tra  loro  conchiuse  (2).  Vi  è  firmato 
pure  Pietro  di  Ferrando,  che  era  zio  del  Re  Pietro ,  come 
si  ricava  da  una  lettera  dell'Infante  Alfonso  al  medesimo  (3). 

A  IO  marzo  il  Lancia  ed  il  Loria  erano  insieme  in 
Valenza  o  non  lungi,  poiché  Re  Pietro  dava  online  da 
quella  città  ai  medesimi  circa  il  Baiulo  di  Gandia  (4). 
F'orse  era  ancora  quivi  nel  marzo  il  Procida,  che  seguiva 
il  Re  in  febbraio.  Lancia  (come  si  scorge  da  un  documento 
del  14  aprile)  raccoglieva  milizie  per  l'armata  che  si  dispo- 
neva a  Portfangos  presso  Tortosa,  verso  le  foci  del  Lebro, 
nella  provincia  di  Tarragona  ,  ed  il  Loria  doveva  trovarsi 
con  lui  (5). 


(1)  Vedasi  il  testo  della  lettera  in  Carini,  Arch.  e  Bibh  v.  II,  pag.  46. 

(2)  Di  quest'altro  documento,  trascritto  in  pergamena,  dà  un  sunto 
il  Carini  cit.  pag.  241  e  seg. 

(3)  È  indicato  esplicitamente  col  nome  di  zio  il  Pietro  di  Ferrando 
nel  12&5.  Carini  cit.  pag.  181. 

(4)  Documento  in  Carini,  pag.  20. 

(5)  Cfr.  Carini,  pag.  21.  Nella  9a  ediz.  di  Amari,  voi.  I,  pag.  274  il 
nome  di  Tortosa  fu  alterato  in  Tolosa.  Una  descrizione  minuta  di  quel 


CLXV1I1  PHEl'ÀZIONE 


È  indubitato  che  il  Re  Pietro  aspettava,  per  partire  con 
1'  armata ,  le  notizie  delia  rivolta  avvenuta  in  Palermo.  Si 
rileva  infatti  che  si  era  stabilita  la  partenza  in  aprile,  e  non 
per  la  metà,  come  afferma  l'Amari,  interpretando  con  equi- 
voco il  senso  di  un  documento  dato  in  sunto  dal  Carini  (1). 
Fu  poi  differita  la  partenza  dell'  armata  da  aprile  sino  al 
1°  maggio  per  dar  più  agio  (come  dicevasi)  alle  milizie  di  ra- 
dunarsi (2).  Quando  già  il  Re  Pietro,  a  °26  aprile,  doveva  co- 
noscere clie  la  Sicilia  si  era  ribellata ,  ordinava  che  tutti  i 
pescatori  di  Valenza  partissero  con  l'armata,  come  erario  stati 
in  marzo  ammessi  anche  i  banditi,  i  condannati  ed  i  debitori 
con  ogni  sicurtà  «  nobiscum  euntibus»  (3).  L'armata  salpò 
indi  col  Re  il  3  giugno  per  l'Africa  (4).  Poco  innanzi  di  tal 
tempo  (e  1'  opportunità  ne  indica  lo  scopo)  raggiunsero  il 
Re  Pietro  a  Portfangos  gli  ambasciatori  del  Paleologo,  cioè 
l'arcivescovo  di  Sardes  nella  Lidia  (Asia  Minore)  e  Benedetto 
Zaccaria,  i  quali  lo  avvertivano  che  dovevano  comunicargli 
gravi  segreti  soltanto  dopo  che  avessero  parlato  col  Re  di 
Gastiglia,  «que  non  habebant  nobis  reserare  usque  ad  eorum 
reditum  de  partibus  Gastelle».   Gli   ambasciatori   recaronsi 


porto,  detto  Puerto  del  Fangal,   si  trova  nell'ampia  collezione  Cronica 
.general  de  Espana.  Madrid,  1870,  voi.  Provincia  de  Tarragona,  pag.  10, 
ove  è  anche  la  pianta. 

(1)  Amari,  9a  ed.  voi.  I,  pag.  270  dice:  «  Aveva  egli  [Pietro]  ordinato 
alle  genti  di  trovarsi  pronte  a  entrare  in  mare  il  quindici  d' aprile». 
Nel  documento  riferito  dal  Carini,  pag.  10  si  dice  invece  che  usque  ad 
medium  instantis  aprilis  dovevano  inviarsi  trecento  uomini  di  Ripa- 
enreia  e  Payllars. 

(2)  Carini,  pag.  12  e  20. 

(3)  Cfr.  i  documenti  in  Carini,  pag.  13,  19  e  20. 

(4)  Surita,  lib.  IV,  cap.  19  e  20. 


PREFAZIONE  CLX1X 


infatti  da  quel  Re,  mentre  il  Re  Pietro  si  accingeva  a  vol- 
ger le  prore  verso  l'Africa:  «  cum  stoìio  nostro  ad  parles  trans- 
fretavimus  Barberie  »;  né  ciò  impedì  che  hiis  diebus ,  cioè 
nel  settembre,  quegli  ambasciatori  avessero,  di  ritorno  dalla 
Gastiglia,  ricercato  il  Re  Pietro  in  panormitana  cimiate  (ì)- 

I  tre  fidi  italiani  Lancia ,  Loria  e  Procida  rimasero  in 
Valenza  e  nella  Catalogna,  e  non  partirono  col  Re  e  1'  ar- 
mata. Si  ha  infatti  che  Loria  e  Procida  a  7  agosto  dove- 
vano curare  con  altri  nel  regno  di  Valenza  la  ricognizione 
di  quei  castelli,  per  impedire  l'insurrezione  dei  Saraceni  (2). 
Amari  credette  erroneamente  che  Loria  fosse  a  Tunisi  col 
Re  Pietro  nell'estate  del  1283.  Si  giovava  l'Amari  del  rac- 
conto di  Saba  Malaspina;  ma  non  si  accorse  che  il  cronista 
dubitando  diceva  :  «  Tertius  collateralis  Regis  socius  ,  for- 
nitavi Rogerius  de  Laurea,  murmurat  versus  Regem  »  (3). 
Lancia  rimase  pure  nel  regno  di  Valenza,  come  si  prova 
da  alcuni  documenti  di  dichiarazione  di  debiti  e  mutui  (4). 

Nella  fine  di  agosto  od  in  settembre,  perchè  in  quest'ul- 
timo mese  vi  fu  nuovo  invio  di  milizie  dalla  Catalogna,  sarà 
partito  il  Loria  per  l'Africa  (5).  E  sicuro  peraltro  che  Loria 
ed  Andrea  Procida,  fratello  di  Giovanni,  a  5  ottobre  trova- 
vansi  già  in  Sicilia  (6). 


(1)  Saint-  Priest  ,  cit.  t.  IV,  pag.  213  e  seg.,  e    Carini    De  rebus, 
pag.  4>  c-he  ristampa  il  documento. 

(2)  Carini,  pag.  131.  A  18  agosto  il  Loria  era  nominato  procuratore 
da  alcuni  abitanti  della  provincia  di  Valenza.  Carini,  pag.  69. 

(3)  Amari,  9a  ed.  voi.  I,  pag.  280.  Si  confronti  il  testo  del  Saba  Ma- 
laspina (nell'ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  366). 

(4)  Carini,  pag.  68,  doc.  8  e  12  luglio. 

(5)  Ciò  si  argomenta  dai  documenti  del  18  agosto  e  2  a  10  settembre. 
Carini,  pag.  69  e  131  a  133. 

(6)  Vedasi  Carini,  De  rebus,  pag.  47  e  seg. 


CLXX  lMil^'AZIONU 


Il  cronista  Munta ner  narra  estesamente  la  venuta  in  Si- 
cilia della  regina  Gostanza  coi  figli  Giacomo  e  Federico,  il 
Procida  ed  il  Lancia  «  e  ab  altres  richs  homens  e  cavallers, 
qui  ab  ella  eren  venguts  »  ;  ma  non  ne  precisa  bene  il  tem- 
po. Saba  Malaspina  ne  fa  pure  ricordo  ,  notando  come  la 
regina  venisse  in  Palermo  «  magistro  lohanne  de  Procita 
Gomitata  »  (1).  Del  Loria  non  è  fatta  espressa  menzione,  e 
ciò  dimostra  la  sua  venuta  anteriore,  che  è  provata  dai  do- 
cumenti. Si  rileva  altresì  che  a  2  febbraio  1283  il  Lancia 
era  in  Messina;  onde  l'arrivo  della  regina  col  Procida  ed 
il  Lancia  dovette  essere  probabilmente  nell'inizio  del  1283, 
se  non  lo  fu  ancor  prima  (2). 

Tali  erano  i  tre  Italiani,  che  godevano  la  maggior  fidu- 
cia del  Re  Pietro.  Il  Loria  sin  dal  5  ottobre  1282,  cioè  sin 
dal  suo  arrivo  nell'isola,  fu  nominato  capitano  di  Augusta, 
la  terra  celebre  per  le  atroci  repressioni  contro  i  ribelli 
commesse  dagli  Angioini;  ed  il  Procida  continuava  ad  es- 
sere il  Segretario  del  Re  Pietro,  come  era  stato  in  Catalo- 
gna (3).  Il  Lancia  alla  sua  venuta  in  Sicilia,  probabilmente 
in  gennaio  del  1283,  ottenne  la  carica  di  Maestro  Razionale 
della  regia  gran  Corte  (4).  Il  Re  Pietro  si  disponeva  nel 
maggio  1283  a.  tornarsene  in  Catalogna,  ed  allora  portò  con 
se  il  parente  Corrado  Lancia,  che  fu  maggior  Camerario  e 


(1)  Muntaner,  cap.  99  (ediz.  Bofarull  cit.  pag.  189).  Saba  Malaspina, 
(ediz.  Gregorio,  cit.  t.  II,  pag.  397)  mostra  nella  sua  narrazione  che  la 
venuta  della  regina  era  già  seguita  da  non  poco  tempo,  quando  il  Re 
Pietro  se  ne  stava  in  Calabria  nella  primavera.  Per  il  Procida  il  Mun- 
taner dice  che  «  era  de  los  savis  homens  del  mon  ». 

(2)  Carini,  De  rebus,  pag.  441  e  474. 

(3)  Cfr.  doc.  iu  Carini  cit.  pag.  48. 

(4)  Documento  in  Carini,  pag.  474. 


PREFAZIONE  CLXX1 


Maestro  Razionale  ancora  in  quei  domini ,  e  nel  1287  tro- 
vasi di  nuovo  io  Sicilia,  e  poi  nel  12%  dal  Re  Federico  11 
vien  nominato  Cancelliere  del  regno,  essendo  egli  soltanto 
creduto  meritevole  di  conseguire  quella  carica  dal  Procida 
tenuta  per  tredici  anni  (1).  11  Loria  ed  il  Procida  riman- 
gono invece  in  Sicilia,  fido  sostegno  all'  Infante  Giacomo , 
perchè  il  Loria  a  20  aprile  1283  è  elevato  dal  Re  Pietro  alla 
dignità  di  Ammiraglio  del  regno  (regni)  di  Catalogna  e  Si- 
cilia, ed  al  Procida  a  4  maggio  è  conferita  l'alta  carica  di 
Cancelliere  tocius  regni  nostri  Sicilie ,  cioè  dell'  isola  e  del 
continente  (2). 

Se  questi  uomini  furono  rimeritati  ,  e  così  presto  ,  con 
le  più  alte  cariche  del  regno,  non  è  dubbio  che  essi  furono 
i  principali  promotori  e  fautori  della  cospirazione,  seguendo 
le  speranze  ed  i  propositi  dei  sovrani  Pietro  e  Costanza. 
Loria  e  Procida  ottennero  le  maggiori  dignità,  mentre  il  Lan- 
cia non  riteneva  più  quella  di  Ammiraglio  che  aveva  eser- 
citato in  Catalogna  ;  né  il  motivo  è  occulto  ,  perchè  il  no- 
bile di  Salerno  e  l'altro  di  Scalea,  meglio  conoscendo  e  luo- 
ghi ed  uomini  dell'antico  regno  di  Sicilia,  potevano  render 
più  proficue  le  loro  fatiche,  e  peraltro  della  grande  e  reci- 
proca amicizia  tra  il  Loria  ed  il  Procida  è  prova  evidente 
che  nel  1287,  quando  volevasi  punire  per  tradimento  il  Lo- 
ria dopo  la  tregua  con  gli  Angioini  conchiusa  di  sua  au- 
torità, in  Napoli,  il  Procida  lo  salvò,  «  lohanne  de  Procida, 
qui  primatum  in  consiliis  tunc  habebat,  aliter  suadente  »  (3). 


(1)  Si  desumono  tali  notizie  dai  documenti.  Carini  cit.  pag.  636  ,  e 
Arch.  e  Bibl.  voi.  II,  pag.  56,  75,  208,  210,  311,  e  dalle  cronache,  le  qua- 
li non  occorre  qui  indicare. 

(2)  Carini,  De  rebus,  pag.  617  e  640. 

(3)  Speciale,  lib.  II,  cap.  12  (ediz.  Gregorio,  cit.  t.  I,  pag.  341). 


CLXX11  PREFAZIONI'] 


Quali  potevano  essere  i  rapporti  di  tali  uomini  con  la 
rivoluzione  del  31  marzo  1282  in  Palermo  lo  provano  spe- 
cialmente quattro  fatti ,  cioè  V  agitazione  gravissima  degli 
animi  dei  Siciliani,  che  poteva  prorompere  per  qualsiasi  ca- 
gione, l'attesa  del  Re  Pietro  a  partire  da  Portfangos  finché 
avesse  notizie  sicure  della  rivolta  avvenuta,  anche  (se  occor- 
resse) prorogando  la  partenza,  gli  esuli  di  Gaeta  che  sono 
presenti  all'eccidio  in  Palermo,  ed  infine  l'ambasceria  dei  Pa- 
lermitani in  Alcoyll,  nella  vicina  sponda  di  Africa,  per  ottenere 
Voptatum  finem,  della  quale  ambasceria  il  Re  Pietro  poi  mena 
gran  vanto  come  di  un  Re  desiderato ,  e  quasi  disturbato 
in  altre  sue  imprese  guerresche  (1).  Gotali  fatti  dimostrano 


(1)  L'agitazione  violenta  dei  Siciliani  si  ricava  dalle  parole  delMuNTA- 
ner.  cap.  43  che  dice  che  gli  ufficiali  angioini  «  feyen  tant,  que  maro- 
velia  era  coni  los  Sicilians  nols  degollaven.  avans  que  no  sofferissen  co 
quels  Francesos  los  feyen  (ediz.  Bofarull  cit.  pag.  83).  La  licenza  dei 
militi  angioini  era  tale  che  alle  donne  «nietian  la  ma,  e  les  peciga- 
ven,  e  per  les  mamelles»,  il  qual  testo  è  ben  differente  dalla  versione 
che  ne  dà  il  Buchon  cit.  pag.  254,  e  riesce  conforme  alle  notizie  fornite  da 
Neocastro  e  Speciale  e  dall'Anonimo  del  Ribellamentu.  come  osserva 
l'illustre  De  Bofarull.  D'Esclot  afferma  che  gli  Angioini  «tenien  molt 
vilment  sot  llurs  peus»  i  Palermitani  (cap.  81,  ediz.  Bcchon  cit.  pag. 
629).  Mi  piace  ricordare  altresì  la  più  moderna  edizione  del  prof.  Giu- 
seppe Corolecj,  Crònica  del  Bey  en  Pere.  Barcelona,  1885,  pag.  152,  no- 
tevole anco  per  1'  erudita  prefazione  intorno  los  Cronistas  catalans. 
Dice  inoltre  il  Muntaner  che  gli  ambasciatori  siciliani  in  Alcoyll  (di  Afri- 
ca) esposero  al  re  Pietro:  «  Los  pobles  son  tots  orphens,  que  no  han  pare 
ne  mare  ne  persona  quils  aiut,  si  Deus  e  vos  e  els  vostres  nols  accor- 
rets»  ,  le  quali  espressioni  dimostrano  le  condizioni  della  repubblica 
siciliana  in  agosto  (cap.  54,  ediz.  cit.  pag.  102).  Nel  Ribellamentu  (e- 
diz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  269)  si  confonde  l'ambasceria  dei  Siciliani 
in  Alcoyll  con  altra  supposta  in  Catalogna  anteriormente,    alla  quale 


PREFAZIONE  CLXXIII 


che  la  congiura  o  cospirazione  (come  dir  si  voglia)  fu  di- 
nastica da  parte  dell'Infante  e  poi  Re  Pietro  III  d'Aragona 
con  l'aiuto  degli  esuli  e  precipuamente  del  Procida ,  e  dei 
ghibellini  d'Italia,  col  soccorso  dell'imperatore  d'Oriente 
Michele  Paleologo,  con  l'eccitamento  alla  rivolta  del  popolo 
di  Palermo  e  con  la  sua  resistenza  e  persistenza  a  non  rico- 
noscere il  dominio  degli  Angioini. 

Arrivato  il  Re  Pietro  coi  suoi  fidi  personaggi  in  Sicilia, 
si  scoprono  dai  suoi  atti  i  maneggi  anteriori  e  le  nuove  pra- 
tiche di  cospirazione  (certamente  meditate  dal  segretario 
Procida)  per  conquistare  gli  altri  domini  continentali  del 
regno.  A  20  settembre  il  Re  Pietro  scrive  all'imperatore  Pa- 
leologo, palesando  le  sue  intime  relazioni  con  quel  sovrano 
che  lo  faceva  ricercare  .sino  in  Palermo  (1),  a  11  ottobre 
scrive  al  Perona,  abitante  di  Gaeta,  per  fare  insorgere  quella 
città  (2),  a  20  dello  stesso  mese  al  Conte  Guido  di  Monte- 
feltro  ed  a  Corrado  d'Antiochia,  famosi  ghibellini,  per  esor- 
tarli alla  nuove  imprese  (3),  al  21  a  città  e  terre  di  Calabria 
e  Basilicata  ed  a  quei  di  Taranto  (4),  a  15  gennaio  1283  ai 
ghibellini,  al  noto  Francesco  Troisio ,  al  Doge  di  Venezia, 
ed  agli  abitanti  di  Aquila,  la  città  presso  i  confini  del  regno, 
nella  quale  se  ne  stavano  gli  esuli  e  cospiratori:  «  ad  fìdeli- 


ambasceria  si  asserisce  aver  preso  pure  parte  il  Procida.  Ciò  prova  co- 
me circostanze  e  date  venissero  alterate,  restando  però  evidenti  i  con- 
sigli e  gli  aiuti  del  Procida  in  ogni  risoluzione  più  rilevante  e  che've- 
nivano  comunicati  ai  cospiratori. 

(1)  Saint  -Priest,  Hist.  de  la  conqtiéte  cit.  t.  IV,  pag.  213,  e  ristampa 
in  Carini,  De  rebus,  pag.  4. 

(2)  Vedasi  il  doc.  in  Saint-  Priest  ,  pag.  211  e  Carini  cit.  pag.  84. 

(3)  Carini,  De  rebus,  pag.  104. 

(4)  Cl'r.  doc.  in  Carini  cit.  pag.  124. 


CLXXIV  PREFAZIONE 


tatis  geste  antiquitus  misterium  anelantes  in  confìnibus  re- 
gni, estis  conantes  ipsum  prò  parte  serenitatis  nostre  inva- 
dere» per  raggiungete  nostri  domimi  unionem  »,  ai  quali  e- 
suli  il  Re  pure  scrive ,  perchè  non  indugino  nella  solleva- 
zione (1),  a  25  gennaio  esorta  gli  abitanti  dell'isola  d'Ischia 
a  ribellarsi,  promettendo  loro  l'aiuto  di  galere  e  vascelli  dalla 
Sicilia  si  eis  egebitis  (2),  ed  in  luglio  risponde  al  Procida  sugli 
affari  riguardanti  il  Paleologo  ,  su  le  restituzioni  dei  beni 
confiscati  dagli  Angioini  agli  esuli  (che  già  se  ne  torna- 
vano sicuri  nell'isola),  sul  viaggio  che  il  Re  avrebbe  fatto 
per  recarsi  da  Catalogna  in  Napoli,  se  si  fossero  ricevute 
migliori  notizie  su  la  rivolta  che  quivi  si  preparava  (3). 

In  tutte  queste  pratiche  si  scorge  l'azione  del  Procida, 
anzi  quelle  lettere  sono  scritte  da  lui  a  nome  del  suo  Re, 
od  a  lui  dirette,  né  più  occorreva  serbare  il  mistero  dopo 
la  conquista  dell'isola  ;  e  lo  scopo  si  sarebbe  raggiunto  se 
la  tregua  del  Loria  con  gli  Angioini  di  Napoli  nel  1287  non 
avesse  rovinato  irreparabilmente  le  ulteriori  vicende.  Il  Proci- 
da avea  trattato  pure  coi  nobili  di  Sicilia  per  preparare  la  rivo- 
luzione del  marzo  1282,  e  trattava  dopo  con  i  popolani  ed 
aliis  nobilibus  Neapoll  perchè  avvenisse  ancor  1'  altra  nella 
parte  continentale  del  regno. 

Dall'esame  critico  delle  fonti  storiche  da  me  curato  su 
la  cospirazione  del  Procida  si  rileva  evidente  e  continua  la 
sua  sagace  attività  ;  e  mi  sembra  conveniente  chiudere  tali 


(1)  Carini  cit.  pag.  481  e  seg.  Di  molti  ribelli  sulmonesi  dal  1469  in 
poi,  e  dei  loro  beni,  si  ha  notizia  in  vari  documenti  dell'Archivio  di 
Stato  di  Napoli  editi  da  Nunzio  Federico  Faraglia  nell'importante  Co- 
dice, diplomatico  sidmonese.  Lanciano,  1888,  pag.  74  e  seg. 

(4)  Documento  in  Carini,  pag.  «510. 

(3)  Saint  -  Priest,  cit.  t.  IV,  pag.  U2M;  ristampa  in  Carini  cit.  pag.  i-3i. 


PREFAZIONE  CLXXV 


indagini  col  ricordare  quanto  dice  il  cronista  Speciale  per  la 
battaglia  navale  dei  Siciliani  nel  golfo  di  Napoli  nel  1284  : 
«  Sed  neque  hec  [Karoli|  Siculos  latuere  Consilia,  qui  au- 
ctore  Iohanne  de  Procida,  per  esploratores  plurimos  machi- 
nationes  hostium  continuo  et  callide  investigabant  »  (1).  Il 
cronista  si  compiace  di  rilevare  in  quelle  parole  che  il  Pro- 
cida era  maestro  profondo  (auctor)  in  quelle  arti  dei  cospi- 
ratori, né  miglior  elogio  si  può  rendere  al  Procida,  all'in- 
signe segretario  dei  Re  Manfredi  e  Pietro,  all'emulo  di  Pietro 
delle  Vigne,  al  Procida  che,  come  lui,  può  dire  «  dal  segreto 
lor  quasi  ogni  uom  tolsi  »,  ed  invocar  parimenti  da  alcuno 
il  conforto  alla  sua  memoria  «  che  giace  ancor  del  colpo 
che  invidia  le  diede  »  (2).  Fu  asserito  che  alcune  cronache 
ricordano  il  Procida  per  la  cospirazione  ed  altre  non  lo 
menzionano,  fu  ritrovato  nel  silenzio  o  nel  partito  di  vari 
cronisti ,  italiani  e  stranieri ,  o  nella  derivazione  delle    no- 


(1)  Spkgiale,  lib.  I,  cap.  27  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  1,  pag.  325). 

(%  Dante,  Inferno,  e.  XIII,  v.  61  e  77.  E  dato  ritrovare  insieme  u- 
niti  dopo  il  1282  alcuni  tra  i  più  celebri  cospiratori  ed  amici  del  Pro- 
cida, e  basta  leggere  il  documento  del  Re  Giacomo  del  12  febraio  1286, 
nel  quale  apponevano  la  loro  Urina  autografa  Manfredi  Maletta  il  conte 
Camerario  e  Federico  Lancia  e  Aldoino  tìglio  di  Enrico  conte  di  Ven- 
timiglia  e  Giovanni  di  Caltagirone  e  Ruggiero  Mastrangelo  e  Palmieri 
Abbate  ed  il  cronista  Neocastro,  in  quel  documento  col  segno  di  croce 
del  Re  e  col  sigillo  apposto  dal  Procida.  Cfr.  in  questo  volume 
pag.  297.  Altro  Lancia,  ossia  Manfredi,  della  nota  famiglia  dei  cospi- 
ratori, era  nell'estate  del  1295  a  Roma  col  Procida  presso  il  Papa.  Cfr. 
Anonimo,  cap.  53  (ed.  Gregorio,  t.  Il,  pag.  164).  Conviene  ancora  ag- 
giungere che  Spegialk,  lib.  I,  e.  25  (ed.  cit.  t.  I,  pag.  321)  ricorda  che 
Procida  e  Loria  «tamquam  duo  coeli  luminaria,  inter  Siculos  praeful- 
gebant»,  e  che  l'Abbate  era  «in  agendis  magnani  mus  et  in  fide  conspp- 
cuus.  quamvis  exigui  corporis». 


CLXXVI  PREFAZIONE 


tizie  da  essi  esposte  un  motivo  che  non  può  riconoscersi, 
poiché  ognuno  scriveva  quel  che  sapeva,  né  voleva  detrarre 
od  esagerare  o  nascondere  l'azione  del  Procida ,  nota  do- 
vunque al  suo  tempo  e  nei  secoli  posteriori  (1).  Si  deve  al- 
tresì considerare  che  il  Procida,  segretario  del  Re  Pietro, 
seguiva  e  favoriva  il  proposito  anteriore  del  suo  sovrano 
di  conquistare  il  regno  di  Sicilia.  Le  cronache  sono  concordi 
neli'affermare  tale  solerte  preparazione  che,  voluta  dal  Re 
Pietro,  è  secondata  nella  sua  Corte  e  specialmente  dal  Pro- 
cida, che  vari  cronisti  menzionano.  Le  Gesta  Comitum  Bar- 
cinonensium  a  ragione  notano  che  dopo  gli  eccidi  di  Man- 
fredi e  Corradino  «  quibus  auditis  ,  dominus  Rex  Petrus , 
cura  existeret  adhuc  Infans  (2)  concepit  illieo  et  bibit  in  pue- 
ritia  quod  postea  contra  Karolum  ructuavit  »  ,  e  Giovanni 
Iperio  scrive  ancor  egli  :  «  Mortuo  Gonradino  filio  Gonradi 
fìlii  Frederici,  Petrus  Aragonia. . . .  totis  viribus  anhelabat 
ad  regnum  Siciliae  sibi  acquirendum  ....  nunc  commotiones, 
nunc  seditiones  excitans ,  nunc  amicos  sibi  secrete  conci- 
Hans  »  (3). 

Rimane  il  far  cenno  di  una  colpa  di  tradimento  che  si 
è  voluto  rinvenire,  e  più  inescusabile  nel  Procida  di  quel  che 
non  fosse  per  il  Loria,'  quando  dopo  la  rinunzia  del  regno 
dell'  isola  di  Sicilia  in  favore  della  Chiesa  Romana ,  ossia 
degli  Angioini ,   fatta   dal  Re   Giacomo   nel    1295  ,  da  quel 


(1)  Di  tali  interpretazioni  contrarie  al  Procida  manifestate  dall'  A- 
mari  sin  dal  1842  farò  cenno  più  innanzi,  essendo  state  cagione  di  nuovi 
lavori  ed  opposti  pareri. 

(2)  La  parola  Infanti  è  qui  evidentemente  adoperata  nel  senso  di  pri- 
mogenito, principe  ed  erede,  cioè  non  ancora  Re. 

(3)  Gfr.  le  suddette  Cronache  nelle  edizioni  da  me  sopra  ricordate. 


PREFAZIONE  CLXXVII 


Giacomo  che  ancora  teneva  illecitamente  la  Sicilia  dopo 
la  sua  successione  in  Aragona  nel  1291  (1) ,  il  Procida  andò 
via  per  sempre  dall'  isola  ed  il  Loria  divenne  Ammiraglio 
di  quel  Re  in  Catalogna.  È  noto  il  testo  del  trattato  di  Jun- 
queras,  il  quale  fu  approvato  a  1°  ottobre  del  1294  dal  papa 
Celestino  V,  che  Dante  pose  nella  «  setta  dei  cattivi  a  Dio 
spiacenti  ed  ai  nimici  sui  »  (2).  In  seguito  a  quel  trattato  fu- 
rono conchiuse  alcune  convenzioni  segrete  tra  il  Re  Gia- 
como ed  il  Re  Carlo  II  di  Napoli,  come  vien  ricordato  in 
un  documento  di  quest'ultimo  Re  del  30  settembre  1300  (3). 
Il  Re  Giacomo  sino  a  novembre  1295,  quando  egli  dava  gli 
ordini  per  la  sua  rinunzia  (4),  era  tuttavia  il  Re  di  Sicilia, 
e  poiché  cedeva  l'isola  alla  Chiesa  Romana,  credeva,  nella 
sua  suprema  autorità  ,  di  disporre  a  suo  comodo  dei  più 
grandi  uomini  di  governo ,  cioè  del  Procida  e  del  Loria , 
quegli  già  declinante  in  vecchiezza,  e  l'altro  nel  vigor  del- 
l'età. Nelle  convenzioni  segrete  si  era  stabilito  che  al  Pro- 


(1)  In  tale  anno  il  Re  Carlo  II  di  Angiò  scriveva  da  Aix  al  conte 
di  Artois  per  liberare  dalla  lunga  e  dura  prigionia  Enrico  di  Castiglia, 
il  celebre  ribelle  e  fautore  di  rivolte  in  Sicilia  contro  Carlo  I  di  Angiò 
(Minieri  Riccio,  Genealogia  di  Carlo  I  oV Angiò.  Napoli,  1857,  pag.  100 
e  seg.  e  180;  Del  Giudice,  Cod.  diplom.  cit.  voi.  II,  parte  I,  pag.  292). 
Tale  fatto  rilevante  era  la  conseguenza  di  accordi  col  Re  Alfonso  III  di 
Aragona  con  l'ingiusto  trattato  di  Brignolles  del  febbraio  1291.  L'altro 
diJanqueras  del  1294,  meditato  da  Giacomo,  fu  ancor  più  rovinoso  per 
la  Sicilia. 

(2)  Dante,  Inferno,  e.  Ili,  v.  02  e  03.  Speciale  lo  chiama  vir  simplex 
et  timens  Deum  (lib.  II,  cap.  20,  ed.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  348). 

(3;  Edito  da  Buscemi,  La  vita  di  Procida  cit.  docum.  pag.  XX. 
(4)  Starrabba,  Documenti  riguardanti  V abdicazione  di  Giacomo  II ecc. 
(in  Arch.  Stor.  Sic.  voi.  VII,  1883,  pag.  275  e  seg.). 

G.  La  Mantia,  Cod,  dipi.  arag.  I 


CLXXVIII  PREFAZIONE 


cida  fossero  da  Carlo  II  restituiti  i  suoi  beni  feudali  e  spe- 
cialmente l' isola  e  castello  di  Procida  ;  riè  il  segretario  di 
Pietro  I  curò  di  ottenerli  sin  quando  morì  (1),  pur  avendo 
conseguito  da  Carlo  II  a  3  novembre  perdono  e  diritto  a 
riaverli,  nec  cum  hostibus  nostris  ulterius  conversetur  (2). 

I  Siciliani  avevano  avuto  notizia  nei  primi  mesi  del  1295 
(come  narra  il  cronista  Speciale)  che  il  Re  Giacomo  inten- 
desse cedere  la  Sicilia  a  Carlo  IL  La  notizia  parve  a  tutti 
non  vera;  e  Raimondo  de  Alamagna,  il  Procida,  Matteo  di 
Termini,  Manfredi  Ghiaramonte  ed  altri  nobili,  specialmente 
catalani,  «  metuentes  hanc  fama-m  callide  fuisse  compositam, 
et  sub  eo  velamine  Fridericum  contro  fratrem  ad  nomavi  re- 
gium  aspirasse  »  contro  la  fede  dovuta  al  legittimo  sovrano 


(1)  Cfr.  il  doc.  già  citato  e  riferito  dal  Busgemi. 

(2)  Minibri  -  Riccio,  Saggio  di  Codice  diplomatico.  Supplemento,  par- 
te I.  Napoli,  1882,  pag.  99  e  seg.  La  restituzione  dei  beni  fu  poi  fatta 
al  figlio  secondogenito  Tommaso,  perchè  Francesco  primogenito  e  de- 
voto al  padre,  ricusò  quella  successione  feudale,  come  si  ricava  dal 
documento  pubblicato  da  Buscemi  ;  e  se  il  Tommaso  credette  in  quel 
modo  trovare  miglior  fortuna,  di  ciò  non  può  incolparsi  il  padre,  e  pe- 
raltro diceva  Dante  a  ragione  che  «raramente  discende  per  li  rami  l'u- 
mana probitate».  Giovanni  da  Procida  chiese  ed  ottenne  soltanto  in 
marzo  ed  aprile  1294  da  Carlo  li  di  Napoli  la  modesta  facoltà  di  com- 
prare alcuni  beni  in  Procida,  e  di  dar  sepoltura  nel  monastero  di  San 
Spirito  di  Salerno  al  cadavere  della  seconda  moglie  Landolflna.  Minieri, 
ibidem,  pag.  76  e  seg.  Del  Giudice,  God.  diplom.  cit.  voi.  Il,  parte  I, 
pag.  73,  nota  4.  Le  parole  del  Re  Carlo  II  per  il  Procida  :  «  nobis  tantum 
interdum  studuit  esse  gratiflcus  »  non  significano  altro  che  in  quel  tempo 
il  Procida  era  stato  presso  la  corte  di  Giacomo  e  di  lui,  per  ordine  del 
suo  sovrano  di  Aragona  e  Sicilia,  per  la  tregua  da  stabilirsi,  e  che  era  del 
tutto  sconosciuta  per  le  sue  condizioni  in  rapporto  alla  Sicilia.  Finke. 
Ada  aragonensia  cit.  v.  I ,  pag.  13  e  seg.  Surita  ,  Anales  cit.  lib.  V  , 
cap.  8. 


PREFAZIONE  CLXXIX 


Giacomo,  si  ritrassero  nei  castelli.  Si  recò  nell'ottobre  un'am- 
basceria da  Giacomo  in  Catalogna  per  conoscere  le  inten- 
zioni di  quel  Re ,  e  poi  che  furon  noti  i  sinistri  propositi, 
il  Loria,  Vinciguerra  Palizzi  ed  altri  si  riunirono  nell'antico 
castello  di  Galtanissetta,  ove  erano  pure  l'Alamagna ,  ed  il 
Procida.  Il  Palizzi  tenne  un  discorso  così  eloquente  che 
l'Alamagna  e  gli  aderenti  desistettero  dai  loro  timori,  e 
con  essi  il  Procida ,  il  quale  poteva  ben  ricordare  simile  e- 
sempio  nell'inizio  del  regno  di  Manfredi.  Aggiunge  lo  Spe- 
ciale :  «  Sic  igitur  actum  est  ut  ex  ilio  cuncti,  qui  ad  castra 
confugerant  [e  vi  era  il  Procida],  propter  fìdem  qua  Regi  Ia- 
cob[o]  tenebantur,  ne  ad  Gallos  concederent,  ad  Fridericum 
conversi  sunt  »  (1). 

E  vero  che  lo  stesso  cronista  dice  poi  che  1'  allontana- 
mento del  Procida  e  del  Loria  «  recessus  propter  iam  sum- 
ptam  de  illis  suspectionem  Friderico  Regi  non  erat  ingra- 
tus  »  (2);  ma  tale  sospetto  non  era  affatto  quello  del  tradi- 
mento, ma  di  un  semplice  dissidio  di  opinioni  (come  il  con- 
temporaneo Speciale  lo  chiama) ,  anzi  ed  il  Procida  ed  il 
Loria,  richiesti  dalla  regina  Costanza  di  seguirla,  lasciavano 
l'isola  soltanto  quando  già  Federico  si  era  coronato  Re,  e 
la  volontà  ferma  dei  Siciliani  si  era  pertanto  dichiarata  per 
l'indipendenza  dagli  Angioini  di  Napoli  (3).  Non  può  affatto 
perciò  ritenersi  (come  crede  l'Amari)  traditore  il  Procida,  che 
poi  si  ritrasse  (e  fu  per  poco  tempo)  a  vita  privata;  ma  tradi- 


(1)  Speciale,  lib.  II,  cap.  22  e  23  (ed.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  349-351). 

(2)  Cf'r.  lib.  Ili,  cap.  20  di  Speciale  cit.  pag.  379. 

(3)  Il  cronista  Muntaner  narra  che  il  principale  fautore  della  coro- 
nazione di  Federico  fu  il  Procida  con  gli  altri  :  «  E  micer  Ioan  de 
Proxida  e  los  altres  de  son  consell  »  ecc.  (ediz.  De  Bofarull  cit. 
cap.  185,  pag.  350). 


CLXXX  PREFAZIONE 


mento  deve  scorgersi  (riè  l'epoca  lo  vietava  altrove)  invece 
nel  Loria,  che,  pur  avendo  aderito  insieme  al  Procida  alla 
coronazione  di  Federico  II ,  accettava  quindi  la  carica  di 
Ammiraglio  del  Re  Giacomo ,  del  tutto  nemico  ormai  dei 
Siciliani  (1).  Costoro  avevano  nel  1293,  nell'ambasceria 
mandata  al  Re  Giacomo  in  Catalogna,  manifestato  al  me- 
desimo che  se  avesse  dato  la  Sicilia  agli  Angioini,  gli  abi- 
tanti dell'  isola  avrebbero  chiamato  per  loro  Re  «  F[rideri- 
cum]  de  Alamannia  de  sobole  Cesaris ,  quem  ahi  tercium 
predicant  regnaturum»,  quello  stesso  che  il  Procida  aveva 
invocato  in  Germania  nel  1269 ,  ed  il  cui  nome  egli  certa- 
mente faceva  ricordare  ora  al  Re  Giacomo  (2). 

Altra  prova  che  la  memoria  del  Procida  rimase  bene  ac- 


(1)  L'Anonimo,  cap.  56,  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  II,  pag.  172)  dice  an- 
cora :  «  Rogerius  de  Lauria  contulit  se  ad  dictum  Begem  Garolum,  et  ef- 
fectus  est  ipsius  Caroli  fidelis  et  admiratus  » .  Soggiunge  (cap.  58)  che 
il  Loria  fu  sostituito  in  Sicilia  con  Corrado  Doria ,  della  città  di  Ge- 
nova, che  tanti  aiuti  aveva  dato  al  Re  Pietro  ed  alla  rivolta  della  Si- 
cilia. 

(2)  Neocastro,  cap.  CXXIV  (ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  238).  Fe- 
derico di  Turingia  o  di  Misnia  morì  nel  1325,  come  nota  De  Cherrier 
cit.  voi.  Ili,  pag.  262  e  seg.  Non  era  neppure  traditore  l'amico  del  Pro- 
cida, cioè  .Manfredi  Maletta  (la  figliuola  del  quale  aveva  sposato  Gio- 
vanni Loria,  nipote  di  Ruggiero)  quando  nel  1299  si  arrendeva  con  la 
terra  di  Paterno  nell'incursione  dell'angioino  duca  Roberto.  Speciale, 
lib.  V,  cap.  2  (ediz.  Gregorio,  1. 1,  pag.  409)  fa  grandi  elogi  del  Maletta, 
ed  attribuisce  la  resa  soltanto  aut  degeneri  pusillanimitate  aut  senio  del 
Maletta,  perchè  gli  Angioini  avean  deliberato  di  privare  la  Sicilia  dei 
più  fervidi  patrioti.  Al  Maletta  resero  infatti  convenienti  onori;  né  dai 
documenti  ricordati  da  Amari  (Un  periodo  cit.  pag.  240)  appare  che  fos- 
se povero  ,  sebben  decaduto  dall'alto  suo  rango.  Un  esteso  sunto  dei 
patti  della  resa  di  Paterno  fornisce  Minieri  Riccio.  Genealogia  di  Carlo  II 
d'Angiò  Redi  Napoli  (nell'^lrcife.  Stor.Nap.  an.VII,  1882,  pag.  205  e  seg.). 


PREFAZIONE  CLXXXI 


cetta  nell'isola  e  presso  la  Corte  è  il  vedere  che  vari  di  tal 
nome  ottennero  cariche  importanti  e  grado  di  militi  nel  se- 
colo XIV,  ed  un  Adenolfo  da  Procida,  che  era  nel  1357  go- 
vernatore in  Sardegna  per  V  Aragona ,  conseguiva  dal  Re 
Federico  TU  di  Sicilia,  per  il  valore  dimostrato  combattendo 
per  mare  contro  i  nemici  presso  Aci,  la  nomina  a  capitano 
a  vita  con  giurisdizione  nell'isola  di  Lipari,  appena  fosse  tor- 
nata alla  fedeltà  regia  (1).  Un  altro  Giovanni  da  Procida  , 
venuto  dall'Aragona  e  della  famiglia  del  grande  cospiratore, 
tenne  in  Palermo  per  nove  anni,  dal  1400  al  1408 ,  la  più 
alta  dignità  ecclesiastica,  insignito  della  mitra  arcivescovile, 
ed  officiante  nel  duomo  presso  l'urna  di  porfido  del  celebre 
svevo  Federico  II,  nella  quale  era  pure  composta  la  salma  del 
secondo  Pietro  aragonese.  Il  Re  Martino  nel  dare  notizia  di 
tale  nomina,  voluta  da  suo  padre  Re  nell'Aragona,  diceva 
che  costui  aveva  fatto  quella  scelta  considerando  «  nec  mi- 
nus  grandia  et  notabilia  servitia  per  antiquos  nobiles  viros 
de  Procyta  domili  nostre  Aragonum  a  multis  temporibus 
viriliter  et  fideliter  prestila  »  (2).  Le  parole  «  a  multis  tem- 
poribus »  denotano  Giovanni  da  Procida  segretario  del  Re 
Pietro  I;  ed  il  gradimento  dell'Aragona  era  comune  alla  Sicilia 
nel  serbare  alla  memoria  dell'antico  cospiratore  riconoscenza 


(1)  Protonotaro  del  Regno,  reg.  %  fot.  379  (Arch.  di  Stato  di  Paler- 
mo). Silvestri,  I  Capibrevi  di  G.  L.  Barberi  cit.  voi.  I,  pag.  25.  Cosen- 
tino, Codice  diplomatico  di  Federico  III  cit.  pag.  403.  dà  un  breva  simto 
del  documento.  L'egregio  marchese  Antonino  Mango  nel  suo  pregevole 
Nobiliario  di  Sicilia.  Palermo,  1915,  voi.  II,  pag.  88,  voce  Procida,  ri- 
corda pure  la  concessione  ad  Olfo  od  Adinolfo. 

(2)  Regia  Cancelleria,  reg.  17  ,  fol.  84  (Archivio  di  Stato  di  Paler- 
mo). Una  parte  di  tal  documento  fu  edita  da  Pjrri,  Sicilia  Sacra  cit. 
t.  I,  col.  168. 


CLXXXU  PREFAZIONE 


e  rispetto.  La  parola  regia,  ossia  di  chi  ne  era  consapevole 
nelle  tradizioni  più  gloriose  e  più  liete ,  smentisce  quindi 
recisamente  ogni  sinistra  e  deprimente  opinione  che  sul  Pro- 
cida  possa  manifestarsi. 

Se  poi  si  vuole  ancora  un'altra  affermazione  più  esplicita 
e  vicina,  la  fornisce  il  figlio  del  Re  Federico  II,  cioè  l' Infante 
Giovanni,  Duca  di  Atene  e  Neopatria,  il  quale  nel  1343  con- 
cedeva alcuni  feudi  al  milite  Corrado  da  Procida  «  conside- 
racene presertim  serviciorum  per  eum  et  suos  nostris  divis 
parentibus,  recolende  memorie ,  prestitorum  ,  nobis  etiam  a 
nostra  infantia  usque  ad  hec  felicia  tempora  ».  Il  figliuolo 
del  Re  Federico  II  aragonese  ben  poteva  conoscere  quali 
fossero  i  meriti  dei  Procida  e  specialmente  del  loro  proge- 
nitore (1). 

2.  Per  la  formazione  del  Codice  diplomatico  mi  è  stato 
utile  consultare  alquante  particolari  pubblicazioni  su  varie 
epoche  del  dominio  aragonese  del  1282  al  1355. 

Si  ha  per  il  più  antico  tempo  della  rivoluzione  del  1282, 
il  lavoro  di  Filadelfo  Mugnos  Raguagli  historici  del  Vespro 
Siciliano,  edito  nel  1645,  e  nuovamente  nel  1669,  nel  quale 
(come  egli  dice)  voleva  «  mostrar  l'obligo  tiene  la  nostra  Si- 
cilia alla  gloriosa  Corona  d'Aragona»,  ma  espone  spesso 
notizie  erronee  o  fantastiche,  con  documenti  falsi,  sino  alla 
pace  del  1302  ed  oltre  ancora  (2).  Ne  scrisse  nel  1678  il  na- 


(1)  Silvestri,  I  Capibrevi  di  G.  L.  Barberi  cit.  voi.  II,  pag.  235.  Il 
registro  dell'anno  1421  della  R.  Cancelleria,  nel  quale  era  trascritto  quel 
privilegio,  ora  più  non  esiste,  perchè  fu  distrutto  negli  incendi  che  subì 
il  Grande  Archivio  di  Palermo  durante  la  rivoluzione  del  1848. 

(2)  Mugnos  ,  Raguagli  historici  del  Vespro  Siciliano.  Palermo  ,  1645. 
Cita  un  Vespero  del  Sardo,  ma  non  si  conosce  che  costui  abbia  scritto 
su  tale  argomento,  e  sembra  piuttosto,  da  quanto  ricorda  a  pag.  10  della 


PREFAZIONE  CLXXX1I1 


politane  Scipione  Tommaso  Grispo,  pervenendo  nella  breve 
e  disadorna  narrazione  sino  al  1288  (1).  Pietro  de  Marca 
nel  1680  nella  sua  opera  Marca  hispanica  aggiungeva  in 
fine  vari  documenti  sul  duello  tra  Pietro  I  e  Carlo  d'Angiò, 
col  titolo  Ada  de  pugna  Burdegalensi  indicta  Inter  Petrum 
Aragoniae  et  Carolum  Siciliae  Regem  (2). 

L'abate  Francesco  Paolo  Filocamo  pubblicò  nel  1816  in 
Palermo  una  Storia  compendiata  del  Vespro  Siciliano,  poco 
nota  e  niente  originale  ,  ma  che  offre  un  chiaro  prospetto 
delle  vicende  della  Sicilia  dal  1282  al  1302,  epoca  della  pace 
o  piuttosto  tregua  (3). 

Dalle  storiche  memorie  era  lecito  trascorrere,  dopo  la  ri- 
voluzione francese  del  1789,  al  dramma  ed  al  romanzo.  Il 
Voltaire  sin  dal  1737  ed  il  Gibbon  nel  1788  avevano  cele- 
brato il  Procida,  pur  ripetendo  l'antico  dubbio  se  la  rivolta 
fosse  avvenuta  per  caso  od  a  disegno,  sebbene  il  Gibbon 
inclini  all'azione  del  Procida,  con  tali  parole  :  «  The  revolt 
was  inspiredby  the  presence  or  the  soni  of  Procida»  (4).  Il  fran- 


prima  edizione,  che  si  riferisca  ad  un'opera  del  Sardo  su  le  «  historie 
dai  Normanni  d'Italia  lino  al  Re  siculo  ed  aragonese  Atfonzo  »,  la  quale 
dice  stampata  nel  1522  in  Venezia. 

(1)  Crispo,  Compendio  historico  dell'  origine  e  successi  dell'  antico  e 
memorabile  Vespro  Siciliano.  Napoli ,  1G78.  Ricorda  lo  stampatore  che 
il  Crispo  compose  quel  lavoro  dopo  la  rivoluzione  di  Messina  nel  1675, 

col  proposito  «che  li  popoli  dell'una  e  dell'altra  Sicilia stassino 

ben  ricordati  de  naturali  portamenti  e  finte  promesse  della  natione  fran- 
cese ». 

(2)  Tale  raccolta  fu  riprodotta  dal  Burmanno  nel  Thesaurus  antiqu. 
et  hist.  Siciliae.  Lugduni  Batav.  1723,  voi.  V,  col.  61-89.  Nel  1882  for- 
mò il  Carini  una  simile  Appendice  in  fine  al  De  rebus,  la  quale  però 
non  offre  alcuna  pratica  utilità. 

(3)  Fu  ristampata  in  Palermo  nel  1821. 

(4)  Voltaire,  Essai  sur  les  moeurs  et  l'esprit  des  nations.  Paris,  édit. 


CLXXX1V  PREFAZIONE 


cese  Casimiro  Delavigne  nel  1819  studiava  le  gesta  dell'uomo 
straordinario  e  componeva,  il  primo,  la  tragedia  Les  Vépres  Si- 
ciliennes,  nella  quale  leggonsi  nobili  versi  per  la  Sicilia  e  Pa- 
lermo, e  per  il  Procida,  che  ispira  la  rivolta  (1). 

Nel  1827  il  celebre  Francesco  Domenico  Guerrazzi  dava 
in  luce  il  romanzo  La  battaglia  di  Benevento.  Egli  ricordava 
in  fine  la  cospirazione  del  Procida ,  il  fido  segretario  del 
Re  Manfredi  (2),  e  soggiungeva  altresì:  «  Maravigliosa  storia 
che ,  dove  di  alcuno  sguardo  benigno  mi  fosse  cortese  la 
fortuna,  non  ischiverei  fatica  per  aggiungere  a  questa» (3); 
ma  nulla  compose  appresso  su  tale  argomento  (4).  L'insigne 


Touquet,  (s.  d.)  1. 1,  pag.  38ù2  e  seg.  — Gibbon,  The  history  ofthe  decline  and 
fall  of  the  Roman  Empire.  London,  1821.  voi.  VII,  pag.  457  e  seg.  Per 
l'erronea  interpretazione  del  Gibbon  sul  nullo  communicato  Consilio 
del  cronista,  cfr.  qui  sopra  pag.  CXI,  nota  1. 

(1)  Delavigne,  Oeuvres  complètes.  Bruxelles,  1838,  pag.  135-165. 

(2)  Il  Procida  appare  segretario  di  quel  Re  anco  in  agosto  1265.  Cfr. 
Capasso,  Hist.  dipi.  cit.  pag.  292,  num.  486. 

(3)  Guerrazzi,  La  battaglia  di  Benevento.  Storia  del  secolo  XIII.  Li- 
vorno, 1840,  voi.  II,  pag.  812.  Poco  appresso,  nel  1830,  il  barone  De  la 
Mothe  Langon  pubblicava  in  Parigi  Le  Vèpre  Sicilien,  roman  histori- 
que.  che  venne  nel  1831  tradotto  in  Palermo  dall'  abate  A.  Cammuca. 
Nel  1843  in  Livorno  il  Fiori  componeva  un  altro  romanzo,  ed  il  napoli- 
tano De  Virgiliis  uello  stesso  anno,  e  di  recente  (1915)  l'egregio  profes- 
sore Luigi  Natoli,  con  lo  pseudonimo  di  William  Galt,  ne  ha  pubbli- 
cato altro  col  titolo  :  Il  Vespro  Siciliano.  Grande  romanzo  storico  ri- 
veduto, corretto,  rifatto,  ampliato,  aggiunto.  Palermo,  1915,  di  pag.  1119, 
con  illustrazioni. 

(4)  B.  E.  Maineri  nella  biografìa  del  Guerrazzi,  inserita  nell'  opera 
di  Leone  Carpi,  Il  risorgimento  italiano.  Biografie  storico-politiche  di 
illustri  Italiani  contemporanei.  Milano,  1886,  voi.  II,  p.  245,  notava  che 
nell'abbiezione  ,  nella  quale  trovavasi  allora  l'Italia ,  il  Guerrazzi  sce- 
glieva «  la  lotta  per  formare  la  patria  e  per  redimere  la  libertà,  con  la 
potentissima  delle  armi,  la  penna  ». 


PREFAZIONE  CLXXXV 


poeta  Giambattista  Niccolini  nel  1831  pubblicava  la  tragedia 
stupenda  Giovanni  da  Procida,  giovandosi  delle  autorità  del 
Villani,  del  Boccaccio  e  del  Petrarca  (1).  Promettea  di  scri- 
vere un'opera  storica  sul  Procida,  la  quale  non  era  che  la 
raccolta  di  notizie  storiche  che  servirono  per  base  ai  suoi 
versi  potenti,  e  fu  pubblicata  indi  dal  Gargiolli  (2). 


(1)  Tra  le  migliori  edizioni  è  quella  di  Firenze  del  1858  col  ritratto 
del  Procida,  ricavato  dal  musaico  della  cappella  di  famiglia  in  Salerno, 
e  che  io  ho  visto  nel  1900.  Strafforello,  La  Patria.  Geografia  dell" Ita- 
lia. Torino,  1898,  voi.  Salerno,  pag.  309,  descrive  bene  la  figura  del  Pro- 
cida nel  musaico  restaurato  per  munificenza  del  Papa  Pio  IX.  De  Renzi, 
Il  secolo  XIII  e  Giovanni  da  Procida  cit.  offriva  altro  ritratto  più  pre- 
ciso ed  affermava  nel  1860  che  «  ab  antico  si  è  sempre  detto  che  questa 
figura  rappresenta  Giovanni  da  Procida»  (p.  222).  Antonio  Mazza  infatti 
nella  Urbis  Salernitanae  historia  et  antiquitates  edita  nel  1681  in  Na- 
poli (e  riprodotta  dal  Burmanno,  Thesaurus  antiqu.  et  histor.  ltaliae, 
t.  IX,  parte  4a)  dice  a  col.  22  la  Cappella  esser  familiae  de  Procida; 
ed  è  noto  dovunque  che  nei  musaici  od  affreschi  di  dedicazione  di  chiese 
o  cappelle  la  persona  genuflessa,  o  che  offre,  rappresenta  il  fondatore. 
Di  una  piccola  statua  del  Procida  in  Palermo  fa  menzione  Gregorio, 
Bìbl.  script,  arag.  cit.  I,  pag.  250;  ma  essa  era  piuttosto  di  David  pro- 
pheta.  come  rilevavano  Lo  Faso,  duca  di  Serradifalco  (Ms.  Qq.  H.  148, 
Bibl.  Comunale  di  Palermo),  il  principe  G.  Lanza  di  Trabia  (Gargiolli, 
cit.  p.  252-255),  ed  Agostino  Gallo  (ivi,  pag.  245). 

•  (2)  Gargiolli,  Vespro  Siciliano.  Storia  inedita  di  G.  B.  Niccolini. 
Milano,  1882.  Alquanti  imitatori  ebbe  il  Niccolini  ,  perchè  Costan- 
tini, Galatti,  Navarro  e  Ricciardi  scrissero,  dal  1833  al  1869,  altre  tra- 
gedie sul  Procida  o  Sul  Vespro  ,  le  quali  è  qui  estraneo  l'annoverare, 
come  anche  la  nota  opera  musicale  Vespri  Siciliani  del  Verdi  (1855) 
e  varie  tele  ed  affreschi  di  insigni  pittori  su  la  scena  del  Vespro,  cioè 
del  Riccardi  in  Roma,  dell'Eruli  in  Palermo  e  del  Barabbino  in  Genova. 
Per  altre  notizie  sul  Niccolini  e  la  tragedia  del  Procida  cfr.  Atto  Van- 
nucci,  Ricordi  della  vita  e  delle  opere  di  G.  B.  Niccolini.  Firenze  1866, 
voi.1  2.  Utili  notizie  intorno  le  tragedie  sul  Vespro  offre  l'egregio  prof. 


CLXXXVI  PREFAZIONE 


Tanta  immaginazione  romantica  e  poetica  sul  Vespro  e 
sul  Procida  era  così  destinata  a  scuotere  il  torpore  d'Italia 
serva  e  divisa  (1).  Si  die  luogo  poi  agli  studi  storici,  dei  quali 
esclusivamente  debbo  io  qui  tener  ragione.  Il  sacerdote  Nicolò 
Buscemi  dava  in  luce  nel  1836  V  erudito  Saggio  storico  su 


Andrea  Maurici,  L' indipendenza  siciliana  e  la  poesia  patriottica  dell'i- 
sola dal  1820  al  1848.  Palermo,  1898,  pag.  86-93.  Notevole  é  ancora  la 
memoria  del  Salomone-Marino,  La  storia  nei  canti  popolari  siciliani, 
capo  II,  Il  Vespro  (nell'  Arch.  Stor.  Sic.  ant.  Serie,  voi.  II,  1874,  pag. 
44-63). 

(1)  Erano  i  tempi  delle  cospirazioni  in  Italia.  11  generale  Garibaldi 
nel  suo  librò  Clelia.  Il  governo  del  monaco  (Roma  nel  secolo  XIX).  Ro- 
manzo storico  politico.  2a  ed.  Milano,  1870,  p.  10  scriveva  queste  solenni 
parole  :  «  Privilegio  dello  schiavo  è  la  congiura,  e  pochi  sono  gli  Italiani 
di  tutte  le  epoche  del  servaggio  del  loro  paese  i  quali  non  abbiano  con- 
giurato »,  ed  altrove  (pag.  4°25)  :  «  I  popoli  ben  governati  e  contenti  non 
insorgono.  Le  insurrezioni,  le  rivoluzioni  sono  la  risorsa  degli  oppressi 
e  degli  schiavi  ,  e  chi  le  fa  nascere  sono  i  tiranni  ».  Riesce  evidente 
come  tali  giudizf  bene  corrispondano  alle  origini  della  rivoluzione  del 
1282  contro  gli  Angioini.  Gargiolli,  Vespro  Siciliano.  Storia  inedita  di 
G.  B.  Nicgolini.  Milano,  1882,  pag.  LXXII  dice  :  «  Rammento  con  me- 
sta ed  aiì'ettuosissima  commozione  d'aver  sentito  fauciullo  sulle  ginoc- 
chia di  Giuseppe  La  Masa  declamare  da  lui  in  un'eletta  conversazione 
[in  Firenze]  molti  fra  i  versi  più  splendidi  e  ardenti  del  Giovanni  da 
Procida.  E  il  La  Masa  andò  davvero  poco  dopo  ad  effettuarli,  ad  in- 
carnare il  dramma  nell'insurrezione  dell'isola».  Il  Gargiolli  era  nato 
nel  1834.  Mi  è  grato  rievocare  tali  memorie  del  La  Masa  anco  per  i  ri- 
cordi del  mio  zio  materno,  il  fervente  patriota  Giuseppe  Salemi-Oddo, 
(1825  f  1913),  che  fu  amico  del  La  Masa  e  Segretario  del  Comitato  ri- 
voluzionario di  Termini-Imerese  prima  del  27  maggio  1860,  e  poi  suc- 
cesse all'Ugdulena  ed  al  La  Masa  come  Deputato  al  Parlamento  nazio- 
nale, per  cinque  legislature  dal  1872  al  1895 .  Cfr.  Telesforo  Sarti,  I 
Rappresentanti  del  Piemonte  e  d'Italia  nelle  tredici  legislature  del  Regno. 
Roma,  1880,  pag.  743  e  852. 


PREFAZIONE  CLXXXVll 


Giovanni  da  Procida,  trattando  l'argomento  con  buona  cri- 
tica e  col  testo  di  alquanti  documenti,  troppo  fedele,  forse 
per  amore  al  suo  tema,  alla  cronaca  del  Ribellamentu  (1). 

L'illustre  Michele  Amari  nel  1842  dava  fuori  la  sua  nar- 
razione sul  Vespro  e  le  guerre  che  ne  seguirono  sino  al  1302, 
cioè  al  termine  scelto  dal  Filocamo.  L'  autore  ricorda  che 
il  suo  libro  «  nacque  dalle  passioni  che  ferveano  in  Sicilia 
innanzi  il  1848»,  ed  altresì  che  «l'argomento  mei  dettava 
quella  nobile  tragedia  del  Niccolini ,  leggendo  la  quale  mi 
sentiva  correre  un  raccapriccio  infino  alle  ossa»  (2).  Altro- 
ve egli  dice:  «Mi  frullò  in  capo  di  scrivere  un  romanzo  sul 
Vespro  Siciliano.  Le  prose  di  Manzoni,  D'Azeglio,  Guerrazzi 
facean  furore  dalle  Alpi  al  Lilibeo,  risvegliavano  i  sentimenti 
della  patria  e  della  libertà;  onde  a  me  parve  che  uno  scritto 
simile  di  argomento  siciliano  avrebbe  potuto  gittare  un 
altro  tizzone  nell'Isola  del  fuoco.  Mi  provai  e  mi  accorsi  su- 
bito che  la  natura  non  mi  aveva  destinato  alle  opere  d'im- 
maginazione »  (3).  L'opera  dell'Amari  si  distingue  per  1'  e- 
rudizione  e  la  eleganza  vigorosa  del  dettato  (sebbene  di  fre- 
quente le  vive  narrazioni  non  riescano  molto  opportune  in 
un  lavoro  di  particolare  indole  storica),  ed  è  in  fine  corre- 
data di  alquanti  documenti,  desunti  specialmente  dal  Grande 


(1)  Busgemi  ,  La  vita  di  Giovanni  da  Procida  .  privata  e  pubblica. 
Saggio  storico.  Palermo,  1836.  Amari,  Un  periodo  cit.  pag.  1  nella  pri- 
ma nota  (che  poi  tolse  in  tutte  le  altre  edizioni)  diceva  di  avere  scritto 
il  suo  lavoro  prima  del  Buscemi;  ma  sembra  che  a  costui  rimanga  il 
merito  di  aver  trattato  il  primo  tale  argomento,  che  coincide  quasi  con 
l'intero  periodo  sino  al  1302,  essendo  morto  il  Procida  nel  1299. 

(2)  Gfr.  ediz.  Firenze,  1851,  nella  prefazione,  pag.  V  e  Vili. 

(3)  Amari,  Su  la  origine  della  denominazione  Vespro  Siciliano,  cit. 
Palermo,  1882,  pag.  10.  Quasi  contemporaueamente  venivano  in  luce  i 
romanzi  del  Fiori  e  del  Db  Virgiliis  cit. 


CLXXXVJII  PREFAZIONE 


Archivio  di  Napoli,  oltre  vari  che  son  ricordati  nelle  note. 
Su  le  vicende  avverse  che  subì  il  lavoro  dell'Amari,  e  su 
le  persecuzioni  che  egli  ne  soffrì  ,  1'  Amari  medesimo  for- 
nisce notizia  nella  prefazione  all'edizione  (1851)  di  Firenze  (1). 
Una  nuova  edizione  ne  fu  fatta  in  Parigi  nel  1843  col  vero 
titolo  La  Guerra  del  Vespro  siciliano  (2),  alla  quale  segui- 
rono le  altre  di  Capolago  dello  stesso  anno,  di  Firenze  del 
1851,  di  Torino  e  Lugano  del  1852,  ed  ancor  quelle  di  Fi- 
renze del  1866  e  1876,  ed  in  fine  l'ultima  (la  nona)  eseguita 
in  Milano  nel  1886  (3). 

In  tali  edizioni  l' Amari  veniva  accrescendo  e  miglio- 
rando il  suo  lavoro  con  le  notizie  che  trovava  in  nuovi 
studi  e  raccolte  diplomatiche  di  documenti;  ma  l'autore  si 
tenne  sempre  fermo  ai  suoi  giudizi  contrari  al  Procida  ed 
alla  cospirazione  di  lui,  agevole  ancor  più  quando  era  se- 
gretario dell'Aragonese,  nonostante  che  la  tragedia  del  Nic- 


(1)  Cfr.  pure  D'Ancona  ,  Carteggio  di  Michele  Amari,  raccolto  e  po- 
stillato. Torino,  1907,  voi.  II,  pag.  336  e  seg.  Una  pregevole  biografia 
dell'Amari  aveva  scritto,  lui  vivente,  nel  1888  l'avvocato  F.  G.  Vitale, 
la  quale  ritrovasi  nella  raccolta  del  Carpi,  Il  risorgimento  italiano  cit. 
voi.  IVT,  pag.  459-478. 

{%  Al  titolo  sopra  riferito  segue  :  «  o  un  periodo  delle  istorie  sici- 
liane del  secolo  XIII»,  la  quale  aggiunta  dimostra  che  forse  esisteva 
nel  primitivo  lavoro,  e  fu  prescelta  dalla  censura.  Gukrrazzi  aveva  ap- 
posto  al  suo  romanzo  La  battaglia  di  Benevento  pure  di  seguito  1'  ar- 
gomento Storia  del  secolo  XIII,  ed  il  doppio  titolo  usò  anche  il  Man- 
zoni nei  Promessi  Sposi  (1829). 

(3)  G.  Salvo-Cozzo  ha  dato  notizia  bibliografica  di  cotali  varie  edi- 
zioni ,  nel  voi.  I  del  Centenario  della  nascita  di  M.  Amari.  Palermo, 
1910,  pag.  L  a  LV.  Neanco  furono  all'AMARi  risparmiati  i  plagi,  come  si 
scorge  dai  lavori  di  Possien  e  Chantrel  (Parigi  1843)  e  di  Vincenzo 
Broglio  (Milano,  1858). 


PREFAZIONE  GLXXXIX 


colini  l'avesse  (come  egli  diceva)  avvinto  d'entusiasmo.  Ri- 
tiene la  rivoluzione  dovuta  al  caso  ed  al  popolo  (1),  la 
chiamata  del  Re  Pietro  avvenuta  nel  Parlamento  dipendere 
invece  dalla  congiura,  i  quali  limiti  di  distinzione  non  è 
possibile  circoscrivere,  né  la  congiura  potea  balzare  alter- 
namente od  improvvisa.  Non  ricorderò  i  giudizi  terribili, 
anco  di  tradimento,  dati  dall'Amari  contro  il  Procida,  per- 
chè basta  rinvenirli  nel  suo  lavoro  assai  di  frequente.  Bi- 
sogna però  notare  che  i  pochi  documenti  forniti  prima  dal 
Buscemi  e  poi  dall'Amari  non  eran  sufficienti  a  dar  giudizio 
pieno  ed  intero  sul  Procida  e  1'  origine  della  rivoluzione  , 
sebbene  le  cronache  fossero  assai  esplicite  su  tale  argo- 
mento. 

Sorgeva  infatti  nel  1847  il  Saint  -  Priest ,  il  quale  nella 
sua  storia,  esplorando  e  fornendo  il  testo  di  vari  documenti 
dell'Archivio  della  Corona  d'Aragona  in  Barcellona,  metteva 
in  miglior  luce  le  origini  della  rivoluzione  e  le  fatiche  del 
Procida  nella  cospirazione  a  favore  del  suo  sovrano  (2).  L'A- 
mari avrebbe  dovuto  da  quel  tempo  ricercare  l'Archivio  di 
Barcellona ,  ma  non  se  ne  curò ,  lieto  di  avere  aggiunto 
nel  1843  alcuni  documenti  degli  archivi  reali  di    Parigi  ;  e 


(1)  Questa  idea  non  è  neanco  originale  nell'AMARi,  avendola  sin  dal 
1826  affermata  il  Sismondi  nella  Storia  dei  Francesi:  «Il  popolo,  il  po- 
polo solo  ,  ristucco  dalla  più  esacranda  tirannide  e  dai  cotidiani  in- 
sopportabili oltraggi,  proruppe  egli  alfine  con  tremendo  scoppio  ».  Sto- 
ria dei  Francesi  (trad.).  Capolago,  1836,  voi.  Vili,  pag.  267.  Nell'altra 
opera  Histoire  de  la  renaissance  de  la  liberté  en  Italie,  de  ses  progrès, 
de  sa  décadence  et  de  sa  chute.  Paris,  1832,  t.  I,  pag.  165  e  seg.  Sismondi 
ripeteva  lo  stesso  giudizio  ,  pur  ammettendo  la  congiura. 

(2)  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquète  cit.  Paris,  1847.  Darò  fra  poco 
altri  cenni  su  tale  opera,  seguendo  l'ordine  di  data. 


CXCII  PREFAZIONE 


froni  e  del  Bofarull.  Dice  il  Lanzani:  «Per  quanto  sia  gran- 
dissima l'autorità  dei  ragionamenti  onde  l'Amari  in  suc- 
cessive edizioni  della  sua  storia  ha  risposto  alle  contrarie 
argomentazioni,  non  è  stata  forse  ancor  pronunciata  l'ulti- 
ma parola  sull'importantissimo  storico  problema  ».  L'illustre 
prof.  Manfroni  considera  :  «  Ormai,  dopo  i  documenti  messi 
in  luce  dal  Carini,  ninno  è  che  possa  più  credere  alla  spon- 
tanea ed  occasionale  sollevazione  dei  Siciliani,  tanto  calo- 
rosamente sostenuta  dall'Amari  nelle  sue  prime  edizioni 
della  «  Storia  del  Vespro»,  sempre  meno  recisamente  difesa 
poi;  giacche  per  confessione  stessa  del  re  Pietro  sappiamo 
che  fin  dal  gennaio  del  1281  [m.c.  1282]  gli  erano  giunte 
lettere  di  conti  e  magnati  del  Regno,  che  lo  invitavano  alla 
conquista  »  (1). 

11  dotto  storico  Antonio  de  Bofarull  così  scriveva  con 
sana  critica  nel  1876  su  l'opera  d'Amari  :  «  La  historia  sin 
embargo  hacia  traicion  al   proyecto  del   narrador   politico 

moderno Y  pues  no  convenia  para  la  idea   moderna 

la  verdad  antigua,  necessario  era  que  està  fuesse  derribada, 
y  se  diciese,  comò  ha  dicho  Amari,  que  la  historia  contem- 


(1)  Cfr.  tal  documento  in  questo  volume,  a  pag.  39  e  seg.  e  le  note. 
Quasi  presago,  il  poeta  e  letterato  Lionardo  Vigo  ,  cantando  del  Pro- 
cida  nel  1849,  ricordava  un  gentile  e  giovane  [1' Amari],  in  tal  modo: 

Eterna  un'ara 

Di  luce  e  sangue  adersero  al  tuo  nome 
I  secoli  ammirati,  ma  un  gentile 
Cui  ferve  il  core  dei  tuoi  giovani  anni 
Tentò  scrollarla  dalle  basi  —  invano  ! 
Procida,  sacro  ed  infamato  nome, 

Franklin  sicano 

(Opere,  Catania,  1865,  pag.  467). 


PREFAZIONE  CXCJII 


porànea  de  aquellos  succesos  era  una  novela  (romanzo) , 
que  Juan  de  Procida  era  un  hombre  cruel,  traidor  por  dos 
veces,  y  por  consiguiente  jamds  héroe  principal  del  levan- 
tamiento  de  la  ìsla,  que  el  movimiento  popular  contra  los 
Franceses  fué  una  cosa  espontànea  de  los  habitantes ,  sin 
convenio  alguno  con  el  rey  D.  Pedro  y  dispuestos  mas  bien 
a  constituirse  en  républica  que  a  sujetarse  a  la  dominacion 
estranjera. . . .  El  Si*.  Amari  que  tanto  se  precia  de  haberlo 
investigado  [el  Archivo  de  la  Corona  de  Aragon],  para  dar 
a  su  relato  la  autoridad  que  convenia,  se  descuidó  de  hacer 
el  principal  viaje,  de  acudir  al  Archivo  que  guarda  los  re- 
gistros  de  cancilleria  del  Libertador  de  Sicilia,  en  los  que 
hubiera  encontrado  preciosos  documentos  con  que  enriquecer 
su  obra.  Y  a  pesar  de  està  grave  falta  se  atreve  a  sentar, 
en  tono  despreciativo,  que  no  hay  en  nuestro  Beai  Archivo 
ni  la  milesima  parte  de  los  documentos  que  le  convenian. 
Suerte  tuvo  de  encontrar  la  coleccion  de  Saint  -  Priest,  re- 
lativa solo  a  Procida,  pues  a  no  ser  esto,  hubiera  llegado 
à  publicar  su  «  Vespro  »  sin  alegar  tan  siquiera  uno  solo 
de  nostros  documentos  historiquos  »  (1). 

Un  importante  lavoro  diviso  in  due  volumi  pubblicava 
in  Napoli  negli  anni  1846  e  1847  Domenico  Tomacelli,  duca 
di  Monasterace,  col  titolo  Storia  dei  Beami  di  Napoli  e  Si- 


(1)  Antonio  Bofarull  y  Brocà,  Historia  critica  (civil  y  ecclesiastica) 
de  Cataluna.  Barcelona ,  1876 ,  t.  Ili ,  pag.  346  e  seg.  e  411  e  seg.  In 
Francia  il  Saint-Priest  aveva  sin  dal  1847  definito  il  lavoro  di  Amari 
«  remarquable,  mais  systématique  » .  Vedi  t.  I,  pag.  298.  Nel  1842  il  prin- 
cipe Pietro  Lanza  di  Scordia,  che  seguiva  1' Amari,  diceva  però:  «Negli 
archivii  di  Spagna  saran  forse  tesori  sulla  nostra  storia  di  quell'età,  che 
noi  compiutamente  ignoriamo».  Bi teneva  manchevole  V Appendice.  Gior- 
nale LaBuota  di  Palermo,  an.  Ili,  pag.  93. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  m 


CXC1V  PREFAZIONE 


cilia  dal  1250  al  1303.  In  esso  è  l'ordinata  esposizione  dei 
più  grandi  avvenimenti  politici,  riferendosi  in  fine  di  ogni 
volume  le  Note  e  memorie  autentiche,  desunte  da  cronache 
e  documenti  ed  opere  diplomatiche,  anche  col  testo  di  do- 
cumenti inediti  (1). 

Riesce  assai  utile  l'opera  storica  pubblicata  nel  1847  dal 
conte  di  Saint  -  Priest  su  la  conquista  del  regno  di  Napoli 
fatta  da  Carlo  d'Angiò,  e  che  ho  indicato  (2).  Dei  tempi  svevi 
dopo  la  morte  di  Federico  II  e  dei  posteriori  sino  alla  con- 
quista del  Re  Pietro  I  d'Aragona  essa  è  una  narrazione  e- 
rudita ,  e  col  testo  di  alquanti  documenti,  anco  per  la  Si- 
cilia, la  prima  volta  ricavati  dall'Archivio  di  Barcellona,  e 
che  spargono  tanta  prova  sul  Procida.  Ciò  ridonda  a  merito 
singolare  del  Saint-Priest,  che  ricercava  le  fonti  autentiche 
della  storia  per  quell'epoca  della  conquista  di  Pietro  I.  Il 
Saint  Priest  dice  :  «  Des  pièces  nombreuses  et  pour  la  plu- 
part  inédites  nous  ont  été  envoyées  des  Archives  de  la  cou- 
ronne  d'Aragon,  admirable  collection  rangé  dans  un  ordre 
parfait ,  et  qui ,  loin  d'avoir  été  détruite  par  le  canon  du 
general  Espartero ,  comme  on  1'  a  annoncé  dans  tous  les 
journaux,  est  encore  intacte  sous  la  garde  de  don  Prospero 


(1)  Come  prova  delle  prime  impressioni  che  suscitava  il  lavoro  di 
Amari  per  i  dubbi  sul  Procida,  è  notevole  quanto  dice  il  Tomacelli  a 
pag.  146  :  «  La  storia  lungi  di  spaziar  secura  alla  luce  del  meriggio , 
move  timida  ed  incerta  fra  le  tenebre  della  notte,  senza  mai  poter  tro- 
vare il  vero  ed  il  reale». 

(2)  Conviene  riferire  l'intero  titolo,  cioè  :  Histoire  de  la  conquéte  de 
Naples  par  Charles  d'Anjou,  frère  de  Saint  Louis.  Paris  [1847], voi.  quattro. 
L'autore  scriveva  fra  gli  entusiasmi  politici  del  nuovo  pontificato  di 
Pio  IX,  e  diceva  di  lui  :  «  Il  porte  dans  ses  mains  un  flambleau  et  non 
une  torche,  une  croix  et  non  une  glaive;  e' est  qu'  il  ne  menace  ni  les 
consciences  ni  les  trònes».  Cfr.  t.  I,  pag.  VI. 


PREFAZIONE  CXCV 


Bofarull,  également  recommendable  par  son  obligeance  et 
par  sa  connaissance  profonde  de  l'histoire  de  son  pays  »  (1). 
Era  questo  un  elogio  meritato,  ed  un  ammonimento  a  co- 
loro che ,  obliando  quella  fonte  ,  non  si  eran  dati  a  ricer- 
care sin  d'allora  l'archivio  di  Barcellona,  per  il  quale ,  a 
rimontare  dal  1779,  l'insigne  Gapmany  affermava  che  fosse 
«  el  mas  rico,  precioso  y  sagrado  deposito  de  instrumentos 
antiguos  »,  sebbene  poco  consultato  (2),  e  nel  quale  Buchon 
nel  1841  eseguiva  indagini,  manifestando  un  encomio  simile 
a  quello  riferito  dal  Saint-Priest  (3),  e  Mas  Latrie  ricercava  poi 
nel  1872  molti  documenti  da  lui  pubblicati  e  riguardanti  il 
dominio  di  Aragona  e  Sicilia  su  Tunisi  (4),  e  Filippo  Viva- 
net,  infervorato  dell'isola  nativa,  indagava  dopo  il  1899  i  do- 
cumenti che  riferivansi  alla  storia  della  Sardegna  (5). 

Dal  1852  al  1860  si  entra  in  un  nuovo  ciclo  di  studi  storici 
sul  Procida  e  sul  Vespro.  Il  dotto  prof.  Salvatore  De  Renzi, 
di  Avellino,  e  medico  come  il  Procida,  pubblicava  in  Napoli 
negli  anni  1852  a  1859  la  Colledio  Salernitana,  ossia  docu- 
menti inediti  e  trattati  di  medicina  appartenenti  alla  Scuola 


(1)  Cfr.  t.  Ili ,  pag.  349  e  seg.  in  nota.  Dopo  tanta  rivelazione  del 
Saint-Priest,  il  marchese  Gino  Capponi  richiedeva  al  Bofarull  «  le  no- 
tizie, estratte  dagl'Indici  ragionati,  dei  registri  e  documenti  spettanti  a 
Giovanni  da  Procida  ed  agli  affari  di  Sicilia  al  tempo  di  Don  Pietro 
il  Grande  d'Aragona».  Vedasi  in  questo  volume  a  pag.  50  e  seg. 

(2)  Gapmany,  Memorias  historicas  sobre  la  marina  de  Barcelona.  Ma- 
drid, 1779,  t.  IV,  nel  Prologo. 

(3)  Buchon,  Chroniques  cit.  pag.  386. 

(4)  Mas  Latrie,  Traités  de  paix  concernant  les  relations  avec  les  A- 
rabes  de  l'Afrique  settentrionale.  Paris,  1872.  Voi.  di  Supplement. 

(5)  Vivanet,  La  Sardegna  negli  Archivi  e  nelle  biblioteche  della  Spa- 
gna. Memoria  postuma,  edita  dall'egregio  archivista  Silvio  Lippi  (nella 
Miscel.  di  Stor.  Ital.,    3»  Serie,  t.  XIII,  Torino,  1909,  pag.  89-116). 


CXCVI  PREFAZIONE 


medica  salernitana,  in  cinque  volumi,  con  grande  quantità 
di  documenti,  spesso  inediti  e  segnatamente  dell'Archivio  di 
Napoli ,  che  concernono  il  Procida  ,  e  ricordava  come  a- 
vesse  ricercato  «ogni  più  piccola  memoria»  di  lui  (t).  Egli 
si  giova  pure  dei  documenti  editi  dal  Saint  -  Priest.  Nella 
Storia  documentata  della  Scuola  medica  di  Salerno,  che  ve- 
niva in  luce  in  Napoli  nel  1857,  il  De  Renzi  riferiva  del  pari 
molte  altre  notizie  e  documenti  sul  Procida  (°2).  Il  fioren- 
tino Ermolao  Rubieri  dava  fuori  nel  1856  in  Firenze  il  pre- 
gevole lavoro  intitolato  Apologia  di  Giovanni  da  Procida. 
Ricerche  storico  -  critiche,  nel  quale  con  molta  erudizione  e 
con  prove  di  documenti  e  di  contemporanei  discolpa  il  Pro- 
cida da  quel  cumulo  di  accuse,  che  l'Amari  gli  avea  sca- 
gliato contro  (3). 

11  De  Renzi,  benemerito  degli  studi  storici  sul  Procida, 
nel  1860  die  in  luce  altresì  in  Napoli  l'opera  II  secolo  deci- 
moterzo e  Giovanni  da  Procida,  nella  quale  è  ampia  raccolta 
di  notizie  sul  celebre  Salernitano ,  come  ancora  di  docu- 
menti d'ogni  genere.  E  degno  di  nota  che  il  De  Renzi  ri- 
corda che  una  parte  del  libro  VII,  nel  quale  si  trattava 
«  Giovanni  prima  in  Aragona  ;  e  poscia  prepara  la  rivolu- 
zione siciliana»,  gli  fu  rubata,  e  dovette  rifarla  (4).  Il  con- 


ti) De  Renzi,  op.  cit.  t.  IV,  pag.  603.  Nel  t.  Ili,  pag.  161  egli  dice 
per  i  documenti  raccolti  :  «  Mi  penso  che  se  prima  si  fossero  conosciuti, 
alcuni  culti  scrittori  sarebbero  andati  più  cauti  nella  interpretazione 
dei  fatti». 

(2)  Cfr.  specialmente  pag.  435-468. 

(3)  Simile  intento,  e  con  maggiori  prove,  ebbe  dopo  un  trentennio 
(1887)  Ireneo  Sanesi  nella  memoria  Giovanni  da  Procida  ed  il  Vespro 
Siciliano  (edita  nella  Rivista  storica  italiana,  voi.  VII,  pag.  489-519). 

(4)  De  Renzi  cit.  pag.  273  così  narra  :  «  Diedi  al  fattorino  della  ti- 


PREFAZIONE  CXCVI1 


tributo  apportato  dal  De  Renzi  per  la  storia  del  Precida  e 
della  rivoluzione  del  1282  fu  pertanto  notevolissimo  ;  ed  a 
ragione  il  mio  genitore  notava  nel  1866  :  «  Non  è  del  mio 
disegno  lo  investigare  quale  sia  stata  la  verace  influenza  di 
Giovanni  da  Precida  in  quel  movimento;  dirò  solo  che  è 
utile  comparare  su  questo  argomento  la  storia  di  Amari  e 
l'opera  di  De  Renzi  »  (1). 

Tra  le  pubblicazioni  che  avvennero  nell'occasione  delle 
feste  centenarie  della  rivoluzione  del  Vespro  in  Palermo  nel 
1882,  devesi  ricordare  in  questa  Prefazione  (nella  quale  ac- 
cenno i  più  notevoli  studi  storici)  il  volume  Ricordi  e  do- 
cumenti del  Vespro  Siciliano  pubblicati  a  cura  della  Società 
Siciliana  per  la  Storia  Patria ,  che  è  diviso  in  due  parti , 
nella  prima  delle  quali  sono  varie  memorie  storiche,  diplo- 
matiche ed  archeologiche  scritte  da  Di  Giovanni,  Di  Marzo 
Starrabba,  Pitrè,  Patricolo  e  Salinas,  e  nell'altra  una  serie 
dei  documenti  del  Re  Pietro  I ,  trascritti  dal  can.  Carini , 
cioè  quelli  del  primo  registro  53,  come  altrove  ho  notato  (2). 
Altro  lavoro  notevole,  fra  quelli  di  genere  differente  dati 
allora  in  luce  (3),  ha  per  titolo  I  Papi  ed  i  Vespri  siciliani. 


pografìa  una  parte  del  settimo  libro  nella  sera  del  12  novembre;  ma  il 
seguente  mattino  ei  venne  a  contarmi  la  storia  di  essere  stato  rubato, 
nel  tornare  a  casa,  del  mantello  e  delle  carte  !  ».  Di  tali  furti  sono  esempì 
non  di  rado  nella  storia  delle  lettere.  Cita  varie  volte  l'elenco  di  docu- 
menti, su  Procida  ed  il  Vespro,  fornito  dal  De  Bofarull ,  e  che  io  ri- 
cordo in  questo  volume,  a  pag.  50  e  seg. 

(1)  Vito  La  Mantia,  Storia  della  legislazione  civile  e  criminale  di  Si- 
cilia, dai  tempi  antichi  sino  ai  presenti.  Palermo,  1866,  voi.  I,  pag.  108. 

(2)  Cfr.  pag.  51  e  64  di  questo  volume. 

(3)  Se  ne  ha  1'  elenco  nella  Bibliografia  del  VI  Centenario  del  Ve- 
spro Siciliano,  edita  dal  libraio  Luigi  Pedone-Lauriel  in  Palermo 
nel  1882. 


CXCV1I1  PREFAZIONE 


Con  documenti  inediti  o  rari,  e  fu  edito  in  Roma.  É  una 
monografia  d'indole  clericale  e  polemica;  ma  non  è  scevra 
di  buone  notizie,  ed  utile  riesce  specialmente  per  l' Appen- 
dice di  sedici  documenti,  quasi  tutti  ricavati  dai  registri  dei 
Papi  dell'Archivio  Vaticano  (1). 


(1)  Il  Papa  Leone  XIII  in  una  lettera  ai  Vescovi  di  Sicilia  del  22 
aprile  1882  (pag.  XVIII)  diceva  :  «  Quorum  providentia  [PontificumJ  per- 
vicisset  fortasse  obstinationem  diri  principis  [Caroli],  nisi  viam  rebus 
uovis  cruenta  multitudinis  ira  subito  patefecisset  »;  però  le  memorie 
dei  tempi  smentiscono  tale  affermazione.  Nel  1882  fu  iniziata  in  Paler- 
mo la  stampa  del  volume  Ricordo  del  VI  Centenario  del  Vespro  Sicilia- 
no celebrato  in  Palermo  a  31  marzo  1882;  e  nondimeno,  anco  fra  i  ri- 
sentimenti dopo  il  trattato  del  maggio  1881  tra  la  Francia  e  la  Tunisia, 
nocivo  alle  aspirazioni  coloniali  italiane,  la  stampa  fu  sospesa,  e  si  è 
pubblicato  solamente  dopo  trent'anni  quel  volume,  nel  1911,  per  cura 
dell'egregio  prof.  Francesco  La  Colla,  che  era  nel  1882  il  solerte  Se- 
gretario del  Comitato.  Su  quella  commemorazione  politica  del  1882  ha 
dato  pregevoli  notizie  Pietro  Vigo  negli  Annali  d' Italia.  Storia  degli 
ultimi  treni'  anni  del  secolo  XIX.  Milano  ,  1908,  voi.  Ili,  pag.  323-328. 
Paolo  Matter  nella  sua  opera  Bismarck  et  son  temps.  Paris,  1905-1908, 
offre  un  sano  giudizio  su  quei  fatti,  e  conviene  riportarlo  :  «  Dès  le  Con- 
grès de  Berlin  [luglio  1878],  les  diplomates  italieus  avaient  été  avisés 
de  l'existence  de  certains  accords  secrets  et  intimes  au  sujet  de  la  Tu- 
nisie; le  traité  du  Bardo  surprit  et  indigna  le  peuple  italien,  qui  consi- 
derati Tunis  comme  une  dépendance  naturelle  de  la  Sicile;  les  regretta- 
bles  incidents  de  Marseille  déterminèrent  la  brouille  definitive  ;  dès 
lors  commencèrent,  dans  les  rapports  des  deux  soeurs  latines,  les  an- 
nées  troubles .  les  hommes  d' État  de  Rome  se  tournèrent  rèsolument 
vers  l'Allemagne  pour  offrir  leur  alliance  à  ceux  qui  la  desiraient  » 
(t.  Ili ,  pag.  512  e  seg.).  Nel  gennaio  1881  il  figlio  del  Bey  di  Tunisi 
era  venuto  a  Palermo  per  rendere  omaggio  al  Re  Umberto  I.  Cfr.  Ca- 
strogiovanni  Tipaldi.  I  Sovrani  in  Sicilia  nel  1881.  Cronica.  Palermo, 
1881,  pag.  178  e  seg.  È  noto  che  l'Italia  poco  appresso  (1885)  affermava 
il  suo  dominio  coloniale  nel  Mar  Rosso,  la  nuova  via  verso  l'Oriente. 


PREFAZIONE  CXCIX 


Il  can.  Vincenzo  Di  Giovanni  nel  1889  dava  fuori  una 
memoria  /  documenti  dell'Archivio  di  Barcellona  e  il  Rébel- 
lamento  di  Sicilia  contro  Re  Carlo  nel  1282,  inserita  nel  Pro- 
pugnatore, la  quale  è  assai  importante  per  deduzioni,  prove 
e  confronti  tra  i  documenti  di  Barcellona  e  le  opinioni  di 
Amari  (1).  Osserva  il  Di  Giovanni  :  «  Il  De  Renzi  e  l'Amari, 
l'uno  nel  libro  II  secolo  XIII  e  Giovanni  da  Procida  (Napoli, 
1860),  l'altro  nella  Guerra  del  Vespro  Siciliano  hanno  esa- 
gerato il  primo  il  grande  cospiratore  che  si  è  detto  aver 
guardato  colla  ribellione  contro  re  Carlo  all'unità  d'Italia, 
il  secondo  il  popolo  siciliano  che  si  è  voluto  far  credere 
aver  fatto  una  rivoluzione  «  ispirata  da  un  sentimento  na- 
zionale comune  allora  in  tutta  Italia  ».  Nota  altresì  savia- 
mente il  Di  Giovanni  che  la  pace  del  1302  «  non  contentò 
nessuno,  fu  piuttosto  tregua  che  altro;  si  rinnovarono  pre- 
stamente le  offensive  e  gli  assalti  e  gli  assedi  di  città  e  ca- 
stella di  Sicilia»  (2). 

Do  fine  ai  ricordi  dei  lavori  concernenti  il  periodo  più 
antico  del  dominio  aragonese  con  la  menzione  del  volume 
del  prof.  Ottone  Cartellieri ,  Peter  von  Aragon  und  die  si- 
zilianische  Vesper,  edito  in  Heidelberg  nel  1904.  Dopo  tutto 
quanto  si  è  scritto  su  la  rivoluzione  del  Vespro,  sul  Pro- 
cida e  sul  Re  Pietro,  era  ormai  tempo  di  considerare  sere- 
namente quella  rivoluzione,  le  sue  origini  ed  i  suoi  effetti. 
L'aver  circoscritto  il  lavoro  sur  un  periodo  più  breve  e  più 
rispondente  alle  memorie  dello  svolgimento  politico  di  quei 


(1)  Propugnatore.  Bologna,  t.  XX.  parte  I  (1887),  pag.  305-318.  Fu  ri- 
stampata nel  volume  li  di  Filologia  e  letteratura  siciliana.  Nuovi  studi 
del  Di  Giovanni.  Palermo,  1889,  pag.  234-259. 

(2)  Cfr.  Di  Giovanni,  cit.  pag.  256  e  seg. 


CC  PREFAZIONE 


tempi,  il  qual  limite  noti  riscontrasi  nell'estesa  materia  riu- 
nita insieme  dall'Amari,  ha  giovato  al  Gartellieri  per  offrire 
un  chiaro  prospetto  di  quelle  vicende,  basato  su  le  genuine 
attestazioni  delle  fonti.  Mi  sembra  opportuno  riferir  qui  la 
distribuzione  dei  capitoli,  per  conoscere  il  metodo  più  op- 
portunamente prescelto  :  I.  Die  Verbindung  des  Hauses  A- 
ragon  mit  den  Stauern.  —  II.  Der  Infant  Peter  und  das  Kó- 
nigreich  Sizilien.  —  III.  Die  auswàrtige  Politik  Kónig  Peters 
von  Aragon  in  der  Jahren  1276-1281.  —  IV.  Die  Rustungen 
Kónig  Peters  von  Aragon.  —  V.  Das  Kónigreich  Sizilien  un- 
ter  Karl  von  Anjou. — VI.  Die  sizilianische  Vesper. — VII.  Die 
Insel  Sizilien  nach  dem  Aufstande.  —  Vili.  Die  Vereinigung 
der  Kronen  Aragon  und  Sizilien.  Questo  lavoro  dimostra 
che  ormai  la  rivoluzione  del  1282  è  nota  in  ogni  sua  minuta 
circostanza,  e  metodicamente  e  sinteticamente  desumonsi 
le  sue  vicende,  non  protratte  nella  narrazione  né  alla  fine 
della  vita  del  Procida,  né  alla  pace  del  1302  foriera  di  guer- 
re interminabili  (1). 


(1)  È  giusto  però  notare  che  sembra  strana  la  nuova  affermazione 
del  Cartellieri  (pag.  228)  che  la  cronaca  del  Villani  sia  la  fonte  del 
Kibellamentu,  poiché  egli  dichiara  :  «  Meiner  Meinung  nach  ist  Villani 
die  Quelle,  sind  die  Anonymen  die  Entlehner  ».  Hartwig  di  ciò  non 
era  affatto  sicuro,  ed  ammetteva  che  «  forse  in  questo  luogo  [Napoli  o 
città  vicine]  si  troverà  questo  anello  intermedio  tra  il  testo  del  Villani 
e  le  due  lesioni  della  Leggenda».  (Gfr.  Giovanni  Villani  e  la  Leggenda 
cit.  pag.  46).  Palma  in  una  breve  memoria ,  che  ho  detto  importante 
per  F  argomento  (Vedi  appresso  ,  pag.  25)  ,  segue  del  tutto  il  Gartel- 
lieri con  nuove  deduzioni  inaccettabili.  Ricorderò  altresì  l'erudita  me- 
moria del  prof.  Pietro  Egidi,  La  Communitas  Siciliae  del  1282.  la  quale 
certamente  con  poca  convenienza  fu  edita  soltanto  ne)V Annuario  (1914- 
1915)  della  B.  Università  di  Messina  (pag.  XUI-LXIV).   L'  autore  offre 


PREFAZIONE  CCI 


Son  lieto  di  aggiungere  ancora  la  ontizia  che  presso  a 
compiersi  la  stampa  di  questo  primo  volume  è  avvenuta  la 
pubblicazione  dell'esimio  prof.  Enrico  Sicardi,  il  quale  pro- 
mette di  offrire  nella  nuova  edizione  della  raccolta  dei  Re- 
rum italicarum  scriptores  del  Muratori  il  testo  di  Due  cro- 
nache del  Vespro  in  volgare  siciliano  del  secolo  XIII,  cioè 
il  Rebellamentu  e  la  Vinuta  di  lu  Re  Japicu  di  Atanasio  di 
Aci,  ed  in  appendice  gli  altri  testi  della  prima  cronaca  con 
le  necessarie  comparazioni  di  altre  opere  del  secolo  XIV. 
Di  tale  lavoro  è  venuto  per  ora  (1917)  soltanto  in  luce  il 
primo  fascicolo  con  una  estesa  ed  importante  introduzione, 
ed  il  testo  del  Rebellamentu  col  confronto  dei  vari  codici, 
ritenendo  più  antico,  e  del  secolo  XIV,  quello  del  principe 
San  Giorgio  Spinelli  (1). 


molte  notizie  su  le  vicende  di  quel  primo  tempo  della  rivoluzione;  ma 
sovente  attribuisce  soverchia  preponderanza  di  governo  a  Messina  fra 
le  discordie  di  queir  epoca  ,  nonostante  che  ciò  non  apparisca  sicuro 
dalle  fonti. 

(1)  Cfr.  Berum  Ital.  Script.  Bologna ,  Zanichelli ,  1915,  t.  XXXIV, 
parte  I.  L'introduzione  è  in  pag.  GLXX1X,  e  segue  il  testo  del  Rebel- 
lamentu in  pag.  29.  Il  Sicardi  ricorda  (pag.  XXVI)  che  «  su  questo  par- 
ticolare della  congiura,  che  per  noi  è  di  singolarissima  importanza  per 
provare  il  valore  intrinseco,  reale  della  nostra  cronaca  del  Rebellamentu, 
che  ce  la,  narra  per  Alo  e  per  segno,  l'insigne  uomo  [Amari]  non  seppe, 
a  me  pare  ,  spogliarsi  in  tutto  di  preconcetti ,  al  principale  dei  quali, 
di  carattere  politico,  anzi  patriottico ,  si  è  già  accennato».  Attribuisce 
il  Sicardi  ad  un  messinese  la  formazione  della  cronaca  del  Rebella- 
mentu, che  intitola  perciò  Lu  Rebellamentu  di  Anonimo  messinese  ;  ed 
io  posso  con  sicura  coscienza  affermare  che,  prima  della  pubblicazione 
del  Sicardi,  aveva  già  ritenuto  probabile  quella  origine,  riferendo  altre 
prove  (cfr.  innanzi,  pag.  XCIV).  Il  Sicardi  ammette  la  precedenza  del 
Rebellamentu  alla  cronaca  del  Villani,  e  ritiene  vera  quella  del  Male- 


CCII  PREFAZIONE 


Per  l'epoca  del  regno  di  Giacomo  in  Sicilia,  anche  poste- 
riormente alla  successione  in  Aragona,  mantenendo  pure 
il  dominio  sull'isola,  cioè  dal  1286  al  1295,  i  lavori  speciali 
(oltre  quanto  ne  scrisse  Amari  nel  suo  Vespro  nei  capitoli 
XIII  e  XIV)  sono  scarsi  ed  insufficienti,  e  mi  dispenso  dal  for- 
nire distinta  notizia  di  essi  avendoli  indicato  in  questo  vo- 
lume. Sono  alcune  memorie  di  Starrabba  e  di  Amari,  altra 
da  me  edita  nel  1909,  e  le  posteriori  pubblicazioni  di  Klup- 
fel  e  Rhode  Hans  (1). 

Il  regno  del  grande  Federico  II  aragonese  si  estende  dal 
1296  al  1337.  Il  celebre  Francesco  Testa  espose  con  molta 
dottrina  le  vicende  di  quel  regno  in  un'opera  particolare  , 
pubblicata  dopo  la  sua  morte  (2).  E  in  fine  una  raccolta  pre- 
ziosa di  cinquantadue  documenti  tratti  dai  registri  della  Re- 


spini,  come  crede  pur  vera  l'altra  di  Atanasio  di  Aci;  e  ciò  riesce  di 
conforto  nella  consueta  rinunzia  ai  più  antichi  testi  della  nostra  lette- 
ratura, la  quale  rinunzia  è  per  lo  più  desiderata  e  quasi  suggerita  da- 
gli stranieri.  Sarebbe  stato  ancora  utile  il  mentovare  che  Ser  Giovanni 
Fiorentino  nel  suo  Pecorone,  cominciato  nel  1378,  nella  novella  II  della 
Giornata  25a  copiava  la  cronaca  del  Villani  per  i  fatti  concernenti  il 
regno  di  Sicilia  dal  nuovo  dominio  di  Carlo  d'Angiò  fino  alla  morte 
del  Re  Pietro  I  nel  1285,  il  quale  plagio  è  altra  chiara  prova  come  della 
notizia  di  quegli  avvenimenti  si  avesse  viva  brama  nella  penisola.  Cfr. 
ediz.  del  Pecorone.  Milano,  1804,  voi.  Il,  pag.  176-261.  Offre  nella  Intro- 
duzione il  Sicardi  molteplici  prove  storiche  a  sostegno  della  verità  ed 
autenticità  della  preziosa  cronaca  del  Bebellamentu,  che  afferma  scritta 
da  un  contemporaneo  e  che  dice  (p.  LXXIX)  «  la  più  antica  scrittura  si- 
nora conosciuta  in  prosa  siciliana  del  secolo  XIII»  (Cfr.  pure  sopra, 
pag.  XCVII,  nota). 

(1)  Cfr.  appresso,  pag.  268. 

(2)  Testa,  De  vita  et  rebus  gestis  Federici  II  Siciliae  regis.    Panor- 
mi,  1775. 


PREFAZIONE  CCIIl 


già  Cancelleria  e  del  Protonotaro  del  Regno  o  dalle  copie 
di  Amico  su  i  registri  angioini  di  Napoli  ed  anco  da  rac- 
colte a  stampa.  Nel  1833  il  cav.  Giuseppe  De  Cesare  scrisse 
un  volume  su  Arrigo  di  Abbate  ovvero  la  Sicilia  dal  1296 
al  1313  (1).  L'autore  dichiara  nell'Avvertimento:  «Non  un 
romanzo  storico  si  è  avuto  in  mente  di  comporre,  bensì  una 
mera  storia,  di  cui  le  varie  parti  rannoda  e  forse  ravviva  ed 
adorna  un  protagonista  ideale».  Si  scorge  bene  che  la  brama 
del  romanzo  solleticava  allora  tutte  le  menti,  dopo  che  le 
restaurazioni  (1815)  avevano  sconvolto  le  aspirazioni  libe- 
rali; nondimeno  fra  l'immaginazione  frequente  il  De  Cesare 
si  giova  di  ottime  fonti.  Notevoli  sono  le  due  memorie  di 
Stefano  Vittorio  Bozzo  sul  tema  Uelenco  dei  feudatari  si- 
ciliani sotto  Re  Federico  II  l'Aragonese,  edite  negli  anni  1881 
e  1882  (2).  Il  can.  Di  Giovanni,  sostenendo  una  controversia 
col  Bozzo,  scrisse  Sopra  la  descrizione  dei  Baroni  e  feuda- 
tari siciliani  circa  annum  D.  1296  (3). 

Di  molta  utilità  riesce  per  lo  studio  quasi  dell'intero  re- 
gno di  Federico  li,  per  gli  anni  dal  1302  al  1337,  cioè  dopo 
il  periodo  trattato  dall'Amari,  l'opera  del  Bozzo,  che  è  in- 
titolata Note  storiche  siciliane  del  secolo  XIV.  Avvenimenti 
e  guerre  che  seguirono  il  Vespro  dalla  pace  di  Caltabellotta 
alla  morte  di  Re  Federico  II  l'Aragonese  (1302-1337)  (4).  Il 


(1)  Fu  pubblicato  in  Napoli,  ed  è  diviso  in  sette  libri. 

(2)  Sono  inserite  nel  periodico  II  Propugnatore  di  Bologna,  voi.  XIV, 
parte  II,  pag.  259-278,  e  voi.  XV,  parte  I,  pag.  86-117. 

(3)  Trovasi  nel  voi.  XIV,  parte  II ,  del  Propugnatore ,  pag.  403-412, 
e  fu  riprodotta  nel  voi.  Filologia  e  letteratura  siciliana  del  Di  Giovanni 
cit.  Palermo,  1889,  p.  259-267. 

(4)  Fu  una  delle  più  importanti  pubblicazioni  venute  fuori  nel  1882, 
approvata  dalla  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Palermo, 
sul  parere  dei  soci  Cusa,  Vito  La  Mantia  e  Carini. 


CCIV  PREFAZIONE 


Bozzo  con  acume  e  con  le  prove  storiche  più  convenienti 
tratta  di  quell'esteso  e  fecondo  periodo,  ed  aggiunge  in  fine 
il  testo  di  trentasei  documenti,  tratti  dall'Archivio  di  Napoli 
e  per  lo  più  da  quello  del  Comune  di  Palermo.  Il  chiar. 
prof.  Giambattista  Siragusa  nel  1887  die  in  luce  il  volume 
Relazioni  fra  il  regno  di  Napoli  e  la  Sicilia  durante  il  re- 
gno di  Roberto,  cioè  dal  1309  al  1343,  esponendo  più  minu- 
tamente le  vicende  delle  guerre  di  quei  tempi,  che  erano  le 
sole  relazioni  politiche  possibili  con  gli  Angioini,  e  riferendo 
il  testo  di  ventisette  documenti  degli  archivi  di  Palermo  e  di 
Napoli.  Nel  1911  ho  pubblicato  la  monografia  La  guerra  di 
Sicilia  contro  gli  Angioini  negli  anni  1313-1320  e  la  data  dei 
Capitoli  di  nuove  gabelle  regie  per  le  galere  e  la  difesa  del 
regno,  col  testo  di  vari  documenti  inediti,  della  quale  ho 
fatto  già  menzione  (1). 

Riguardo  al  breve  dominio  di  Pietro  II  (1337  - 1342)  si 
ha  un  lavoro  del  noto  letterato  Giuseppe  La  Farina,  Matteo 
Ratizzi.  Dramma  storico  edito  a  Firenze  nel  1845.  Isidoro 
La  Lumia  trattò  storicamente  nel  1859  quel  tema  stesso  di 
fazioni  e  lotte  nella  pubblicazione  Matteo  Ratizzi.  Frammento 
di  studi  storici  sul  secolo  XIV  in  Sicilia  (2).  Michele  Giuf- 
frè-Birelli  scriveva  nel  1858  La  battaglia  di  Lipari  o  Gamiola 
Turingo.  Romanzo  storico  siciliano  concernente  V  epoca  dal 
1335  al  1348  sotto  il  governo  di  Pietro  II  d'Aragona  (3).  Bozzo 
nel  1878  dava  in  luce  la  memoria  Un  diploma  del  Re  Pie- 
tro II  relativo  all'assedio  di  Termini  nel  1338  (4). 


fi)  Cfr.  pag.  LXVIII  e  seg. 

(2)  Inserito  dapprima  quel  lavoro  nel  giornale  La  Favilla,  fu  poi  e- 
dito  separatamente. 

(3)  Il  volumetto  edito  in  Palermo  offre  anche  il  ritratto  dell'autore. 

(4)  Si  trova  nelVArch.  Stor.  Sicil.  voi.  Ili,  an.  1878,  pag.  331  e  seg. 


PREFAZIONE  CCV 


Devono  notarsi  finalmente  per  l'epoca  di  Ludovico  (1342- 
1355)  la  memoria  del  barone  Starrabba  Documenti  relativi  a 
un  episodio  tra  le  fazioni  latina  e  catalana  ai  tempi  del  Re 
Lodovico  d'Aragona  edita  nel  1884  (1),  e  l'altra  recente  del 
prof.  Vincenzo  Epifanio,  che  ha  per  titolo  Sulla  guerra  di 
Sicilia  al  tempo  di  Giovanna  I ,  secondo  i  registri  angioini 
dell'Archivio  di  Stato  di  Napoli  (2).  Tali  sono  le  pubblica- 
zioni storiche,  che  qui  conveniva  specialmente  ricordare. 

3.  Le  molteplici  collezioni  diplomatiche  italiane  e  stra- 
niere riuscirono  di  giovamento  a  questo  mio  lavoro.  Accen- 
nerò soltanto  le  più  importanti. 

Oderico  Rainaldi  di  Treviso  (1595-1671)  pubblicava  la 
vasta  raccolta  storica  e  diplomatica  Annales  ecclesiastici  ab 
anno  1198  ubi  desinit  Cardinalis  Baronius,  della  quale  fu- 
rono fatte  varie  edizioni.  Essa  è  fonte  precipua  per  quanto 
concerne  i  rapporti  della  Chiesa  Romana  con  l' isola  nelle 
vicende  dell'epoca  aragonese  sino  al  1355,  riportando  il  Rai- 
naldi grande  quantità  di  documenti,  tratti  per  intero  od  in 
parte  dall'  Archivio  Vaticano  (3).  Tale  Archivio  è  stato  da 
antico  tempo  l'inesauribile  miniera  di  ricerche  per  la  storia 
di  ogni  nazione,  ed  il  Martène  ed  il  Durand  nella  loro  col- 
lezione nel  1717  offrivano  il  testo  di  molte  lettere  dei  vari 
Papi.  Nei  tempi  moderni  VÉcole  frangaise  de  Rome  ha  dato 
in  luce  alquanti  volumi  di  regesti  dei  Papi  dalla  fine  del  se- 
colo XIII  e  per  il  secolo  XIV;  però  è  da  rilevare  che  per  lo 


(1)  Cfr.  Arch.  Stor.  Sicil.  voi.  IX,  an.  1884,  pag.  157  e  seg. 

(2)  È  inserita  pure  neìVArch.  Stor.  Sicil.  voi.  XXXIX,  an.  1914,  pagi- 
na 136  e  seg. 

(3)  È  notevole  l'edizione  di  Lucca  del  1747-56. 


CCVI  PREFAZIONE 


più  tali  collezioni  non  riguardano  che  gli  avvenimenti,  che 
riferisconsi  principalmente  alla  Francia  (1). 

La  collezione  intitolata  Syllabus  Membranarum  ad  re- 
giae  Siclae  Archivum  pertinentium  (1834),  la  Historia  diplo- 
matica regni  Siciliae  dal  1250  al  1266  del  Capasso  (1874) , 
gli  svariati  lavori  diplomatici  del  Minieri  Riccio  sul  regno 
di  Carlo  d'Angiò  e  suoi  successori,  ed  il  Codice,  diplomatico 
del  regno  di  Carlo  I  d'Angiò  di  Del  Giudice  riescono  ancor 
essi  utili  per  tale  epoca. 

Di  maggior  profitto  sono  altresì  le  note  raccolte  diplo- 
matiche siciliane,  antiche  e  moderne;  e  tra  esse  ricordo  sol- 
tanto l'opera  del  Pirri  Sicilia  Sacra,  nella  quale  è  la  men- 
zione od  il  testo  di  molti  documenti,  e  le  collezioni  di  De 
Vio,  Testa  nella  ristampa  diffinitiva  dei  Capitula  Regni  Sici- 
liae, Mongitore,  Garofalo,  Mortillar"o,  Orlando,  Silvestri,  Pol- 
laci, Starrabba,  Cosentino,  Lagumina,  Travali,  Garufi,  Giam- 
bruno  ed  altri  per  documenti  tratti  da  archivi  regi  e  tabu- 
lari di  chiese,  monasteri  e  comuni,  od  anche  da  particolari 
raccolte,  come  è  la  pubblicazione  dell'Orlando  ed  alcuna  del 
Silvestri  (2). 

Di  una  collezione  storica  e  diplomatica  siciliana  debbo 
far  qui  singolare  e  precisa  menzione,  cioè  della  Bibliotheca 
scriptorum,  qui  res  in  Sicilia  gestas  sub  Aragonum  imperio 

(1)  Su  tali  collezioni,  delle  quali  alcuna  è  stata  eseguita  per  ordine 
del  Papa  Leone  XIII,  cfr.  quanto  dice  Carini,  Le  lettere  e  i  regesti  dei 
Papi  in  ordine  al  loro  primato.  Roma,  1885,  pag.  112  e  seg.  ed  altresì 
Brom,  Guide  aux  Archives  du  Vatican.  Rome,  1910,  pag.   20  e  seg. 

(2)  Orlando  ,  Un  Codice  di  leggi  e  diplomi  siciliani  del  medio  evo. 
Palermo  ,  1857.  Silvestri  ,  I  Capibrevi  di  €r.  L.  Barberi.  Tralascio  di 
indicare  più  precisamente  le  altre  raccolte,  che  sono  ben  note  ai  cultori 
di  tali  studi,  e  sono  ricordate  nel  volume  al  proprio  luogo. 


PREFAZIONE  CCVII 


retulere  pubblicata  in  due  volumi  in  folio  in  Palermo  nel 
1791  dall'insigne  Rosario  Gregorio.  Nella  dedica  al  Viceré 
Francesco  D'Aquino,  principe  di  Garamanico,  il  Gregorio 
dice  :  «  Verum  ubi  maximo  tuo  beneficio  demandatimi  mini 
ab  clementissimo  Rege  fuit,  ut  quanta  possem  industria  jus 
publicum  siculum  expenderem  atque  illustrarem,  ita  colle- 
ctio  et  editio  monumentai  um  omnium  ad  res  Aragonenses 
pertinentium  necessaria  tibi  visa  fuit ,  ut  praecipuum  hoc 
juris  siculi  caput  involutum  perturbatumque  usque  fore  recte 
judicaveris,  si  ea  adbuc  tenebris  obruta  delitescerent  »  (1). 
Bisogna  però  notare  che  tale  collezione  se  è  preziosa 
per  il  testo  delle  cronache,  edite  ed  inedite,  del  tempo  del 
dominio  aragonese  in  Sicilia  sino  al  1361  o  poco  oltre,  non 
offre  per  la  parte  riguardante  i  documenti  che  un  saggio  di 
raccolta,  ricavato  da  archivi  pubblici  e  privati,  e  senza  al- 
cun ordine  di  data  per  tutto  il  periodo  aragonese  sino  al 
1409  (°2).  Il  saggio  è  designato  con  questo  argomento  :  Di- 


(1)  Cfr.  pag.  u2  della  dedica.  Di  quest'opera  del  Gregorio  die  estesa 
notizia  Narbonb,  Storia  della  letteratura  siciliana.  Palermo,  1859,  t.  X, 
pag.  103  e  seg. 

(2)  Gregorio,  t.  II,  pag.  428  ricorda  che  preparava  una  raccolta  di 
trattati  riguardanti  la  Sicilia ,  dai  tempi  antichi  sino  ai  suoi ,  e  che 
mons.  Alfonso  Airoldi ,  Giudice  della  Monarchia,  disponeva  un  lavoro 
de  Tratismarinis  Begum  siculorum  dominationibus  «  mouumentis  undi- 
que  conquisitis»,  e  che  perciò  il  Gregorio  si  asteneva  dal  raccogliere 
documenti  sul  Ducato  di  Atene  e  Neopatria  «imperio  siculo  regnanti- 
bus  Aragonensibus  adiectum».  Su  questa  materia  del  dominio  cata- 
lano in  Grecia  ha  pubblicato  varie  notevoli  monografìe  e  molti  docu- 
menti, ricercati  personalmente  anco  nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo, 
il  dotto  prof.  Antonio  Rubiò  y  Lluch  ,  e  indico  specialmente  :  Catha- 
lunya  a  Grecia.  Estudis  historics  i  literaris.  Barcelona  ,  1906.  —  Ate- 
nes   en   temps  dels   Catalans,  1907  (nelV Attuari   de   V  Institut  d Estudis 


CCVIII  PREFAZIONE 


plomata  ad  ius  publicum  siculum  imperantibus  Aragonen- 
sibus  pertinentia,  e  trovasi  in  fine  del  tomo  II,  a  pag.  425- 
548  diviso  in  tali  serie  : 

I.  Diplomata  ad  regni  domusque  regiae  officia  ipsamque 
regiam  domum  spectantia  (pag.  433  -  463). 

II.  Diplomata  ad  ius  publicum  feudale  siculum  perti- 
nentia, cioè  l'Elenco  dei  feudatari  siciliani  ritenuto  del  1296, 
e  l'altro  del  1408  (editi  entrambi  dal  Muscia,  Sicilia  nobilis 
nel  1692)  insieme  ad  altri  documenti  su  quella  materia  feu- 
dale (p.  464-500). 

III.  Diplomata  concessionum  feudalium  (pag.   501  -  528). 

IV.  Leges  sumptuariae,  cioè  quelle  di  Messina  del  1272 
e  1383,  e  gli  Statuti  per  Palermo  del  1423  (pag.  529-535). 

V.  Diplomata  ad  reginarum  sicularum  dotale  patrimo- 
nium  spectantia  (pag.  536-548). 

Come  ben  si  scorge,  il  Gregorio  non  si  propose  la  for- 
mazione di  una  raccolta  diplomatica  per  1'  epoca  aragone- 
se (1),  ma  die  in  luce  soltanto  molti  documenti  che  giova- 
vano a  chiarire  i  sistemi  politici  e  principalmente  feudali  di 
quell'età,  la  quale  serie  di  documenti  riesce  però  di  grande 
vantaggio  agli  studi  diplomatici,  anco  nella  mancanza  di  e- 


Catalans.  1907,  pag.  1225-254).  —  Els  Castells  Catalans  de  la  Grecia  Con- 
tinental (ivi,  1908,  pag.  364-425,  con  molte  pregevoli  incisioni).  I  do- 
cumenti furono  dal  Rubiò  y  Lluch  pubblicati  nel  t.  Ili  vEY7pa<pa  della 
versione  greca  dell'opera  del  Gregorovius  curata  dal  Lambros  col  titolo 
latopia  t^s  TCdXstòs  'AOtjvwv  xatà  toò?  (Asaoo<;  aitova?.  1906  (Cfr.  no- 
tizia in  Anuari  cit.  1908,  pag.  372,  nota  1). 

(1)  Lo  dice  il  medesimo  Gregorio  a  pag.  429  :  «  Cum  res  praecipuas 
illustrandas,  non  collectionem  quandam  diplomaticam  edendam  hic  su- 
sceperimus  ». 


PREFAZIONE  CCIX 


stese  cronache  siciliane  dei  tempi  della  regina  Maria  e  dei 
due  Martini  (1). 

Tra  le  raccolte  diplomatiche  straniere  da  me  adoperate 
farò  cenno  segnatamente  del  Godex  Italiae  diplomaticus  del 
Lunig  (1725) ,  delle  Memorias  historicas  sobre  la  marina  , 
cornerete  y  arles  de  Barcelona  del  Gapmany  (1779),  della  Col- 
le&tion  des  lois  maritimes  anterieures  au XVIII0  siede  del  Par- 
dessus (1834),  dei  Traités  de  paix  et  de  commerce  avec  les 
Arabes  de  V  Afrique  seplentr  tonale  au  moyen  àge  del  Mas 
Latrie  (1868  e  1872),  dei  Begesta  Pontifìcum  romanorum  inde 
ab  an.  1198  ad  an.  1304  del  Potthast  (Berolini,  1874),  degli 
Ada  imperii  inedita  saeculi  XIII  del  Vinkelmann  (Innshruck, 
1880)  e  degli  Ada  Aragonemia.  Qtiellen  aus  der  diplomati- 
schen  Korrespondenz  Iaymea  II  (1291-1327)  del  Finke  (Sem- 
inìi, 1908)  (2). 

La  numismatica,  che  tanto  giova  anco  per  lo  studio  di  di- 
plomi e  di  cronache,  viene  pure  in  sussidio  di  tale  studio 
su  l'epoca  aragonese;  e  mi  è  grato  qui  ricordare  (tralascian- 


(1)  Un  buon  capitolo  (il  XLV1)  Qui  tracia  com  lo  Infuni  don  Marti, 
germa  del  dit  Bey  Iohun,  fon  lo  dese  Bey  de  Arago  e  comte  de  Burcelloua 
offre  il  cronista  Pere  Tomig  ,  e  mi  piace  indicare  la  pregevole  edizione 
Bistorta  e  conquestas  del  excellentissims  e  catholics  Beys  de  Arago  venuta 
fuori  in  'Barcellona  nel  1886. 

(2)  Di  quest'ultima  raccolta  per  materie  ho  fatto  particolare  cenno 
a  pag.  268  e  503  di  questo  primo  volume.  Essa  non  è  una  collezione 
cronologica  di  documenti  ,  ma  una  scelta  di  essi  per  determinati  pe- 
riodi od  argomenti  o  luoghi  di  Europa  e  di  Oriente  ,  anche  per  mate- 
rie letterarie,  e  spesso  il  raccoglitore  abbrevia  il  testo  dei  documenti, 
o  ne  ricorda  alquanti  nelle  note,  con  le  sole  indicazioni  o  con  brevi 
estratti.  Riesce  nondimeno  utile,  ancorché  non  segua  i  consueti  sistemi 
diplomatici. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  n 


CCX  PREFAZIONE 


do  la  menzione  di  alcune  particolari  ed  incomplete  memorie 
anteriori)  un  lavoro  di  recente  pubblicato  dal  chiarissimo 
prof.  Memmo  Gagiati,  cotanto  benemerito  in  Italia  per  i  suoi 
molteplici  studi  di  numismatica.  Egli  nel  fascicolo  IX  della 
sua  opera  Le  monete  del  reame  delle  due  Sicilie  da  Carlo  1 
d'Angiò  a  Vittorio  Emanuele  II,  edito  nel  1916,  tratta  l'ar- 
gomento delle  Zecche  siciliane ,  offrendo  come  prima  parte 
(in  un  volume  di  156  pagine)  la  notizia  metodica  e  precisa 
delle  monete  coniate  per  la  Sicilia  nella  Zecca  di  Messina 
da  Carlo  I  d'Angiò  a  Ferdinando  U  il  Cattolico,  molte  delle 
quali  fan  parte  della  collezione  del  medesimo  prof.  Cagiati. 
Per  l'epoca  dal  1282  al  1355  si  hanno  dinanzi  la  descrizione 
ed  i  fac- simili  delle  varie  monete  di  ognuno  dei  sovrani 
di  quel  tempo.  Un  lavoro  complessivo  di  tal  genere  non  può 
che  essere  ben  accetto  ai  Siciliani,  ed  è  a  far  voti  che  pre- 
sto sia  compiuto  con  la  notizia  delle  monete  coniate  nelle 
altre  zecche  dell'  isola ,  mancando  tuttavia  questa  tratta- 
zione nella  grande  raccolta  Corpus  nummorum  italicorum, 
iniziata  sin  dal  1910  per  la  munificenza  e-  le  cure  auguste 
del  Re(l). 


(1)  Sono  degne  di  nota  le  leggende  delle  monete  di  Pietro  1 ,  cioè 
1'  oncia  con  questa  nel  rovescio  :  Summa  potencia  est  in  Deo  o  pure 
Christus  vincit ,  Christus  regnat .  Christus  imperai ,  ed  il  pierreale  con 
l'altra  nel  rovescio  :  Gostantia  Dei  grafia  Aragonum  Sicilie  Regina,  per 
il  dritto  della  quale,  oltre  che  per  la  conquista,  il  Re  Pietro  era  suc- 
ceduto nel  regno.  Su  1'  ordine  dato  nel  19  aprile  1283  dal  Re  Pietro  1 
per  la  coniazione  di  nuova  moneta  di  denari  cfr.  Carini,  De  rebus  cit. 
pag.  426,  ove  è  la  riproduzione  del  disegno  esistente  nel  registro  per  quella 
moneta.  E  da  ricordare  altresì  che  il  Re  Ludovico  usava  la  leggeuda 
Luclovicus  felix,  la  quale  felicità  mancava  purtroppo  nel  suo  regno  la- 
cerato dalle  fazioni,  che  si  davano  al  nemico  angioino. 


PREFAZIONE  CCX1 


VI.  Metodo  da  me  tenuto  nella  formazione  del  «  Codice 
diplomatico».  Conclusione. 

Prima  di  por  fine  a  questa  Prefazione  credo  mio  dovere 
accennare  il  metodo,  che  ho  seguito  nell'opera. 

È  mio  scopo  pubblicare  i  testi  dei  documenti  dei  Re  ara- 
gonesi di  Sicilia ,  e  pertanto  escludo  bolle ,  brevi  e  lettere 
di  Papi  o  documenti  di  autorevoli  personaggi  estranei  alla 
Corte  di  Sicilia,  tranne  in  qualche  importante  eccezione.  I 
testi  sono  da  me  dati  per  intiero  e  senza  restrizione  al- 
cuna. Se  sono  già  editi  i  documenti,  offro  le  notizie  del  con- 
tenuto di  essi  e  delle  stampe  già  eseguite  ;  e  se  le  prece- 
denti edizioni  sono  scorrette  o  con  lacune ,  ne  riferisco  il 
testo  corretto.  Per  alcuni  documenti  di  rilevante  interesse 
storico  preferisco  talvolta  di  riportarli  nel  Codice,  nonostante 
che  siano  editi  altrove.  Aggiungo  in  fine  del  testo  di  ogni 
documento  le  note  che  giovino  a  chiarire  meglio  quanto  vi 
si  contiene  per  la  storia,  la  diplomatica,  per  correzioni  ed 
altro  (l).  In  separate  serie,  per  ogni  sovrano,  aggiungo  al 
termine  di  ciascun  regno,  i  documenti  di  data  incerta,  e 
gli  altri,  che  riconosconsi  esser  falsi.  Aggiungerò  pure  nelle 
appendici  la  notizia  od  il  testo  di  quegli  altri  documenti,  che 
mi  accadrà  di  rinvenire  nel  corso  della  pubblicazione. 

Spero  che  questo  primo  volume  sarà  favorevolmente  ac- 
colto, come  è  stato  con  benevolenza  atteso,  avendo  in  esso 
riunito  ben  duecentoquarantuno  documenti  per  quasi  un  de- 
cennio dal  1289  al  1290.  L'importanza  di  essi  si  rileva  tosto 
dal  loro  contenuto  sì  per  il  regno  di  Pietro  I,  che  per  quello 
di  Giacomo  ;  e  non  posso  tralasciar  di  notare  il  rilevante 
pregio  che  offrono  per  la  storia  dell'amministrazione  tinan- 


(1)  Dell'utilità  di  annotazioni  e  confronti  nel  Codice  diplomatico  ho 
fatto  cenno  sopra,  pag.  LXXIII  e  seg. 


CCXll  PREFAZIONE 


ziaria  del  regno  di  Sicilia  i  documenti  dei  conti  dell'Ammi- 
raglio Loria,  già  editi  a  Granata,  i  quali  ho  riferito  nell'Ap- 
pendice, riveduti  e  migliorati  nella  loro  lezione  e  con  l'ag- 
giunta di  note  ed  opportuni  chiarimenti. 

I  sistemi  di  governo  e  di  amministrazione  adottati  dagli 
Aragonesi  nel  nuovo  regno  di  Sicilia  dimostransi  con  pie- 
na evidenza  dai  documenti  da  me  pubblicati.  Si  trae  inizio 
dai  documenti,  che  ci  son  pervenuti  del  tempo  del  gover- 
no repubblicano,  seguiti  dagli  altri  che  riferisconsi  esplici- 
tamente ai  preparativi  di  conquista  degli  Aragonesi.  Durante 
il  legno  di  Pietro  I  le  relazioni  tra  la  Sicilia  e  l'Aragona  erano 
continue,  notevoli  i  trattati  e  le  tregue  ,  saviamente  confe- 
riti a  distinti  personaggi  i  più  alti  uffici  dell'isola.  Ricorderò 
soltanto  come  a  31  gennaio  1284  il  Re  Pietro  I  nominasse 
da  Barcellona  il  Procida  Cancelliere  del  regno  in  tota  vita 
tua  (1).  Tale  concessione  per  tutta  la  vita  (come  quasi  av- 
venne), e  non  a  solo  beneplacito,  ridonda  ad  onore  del  Pro- 
cida, poiché  nemmeno  al  Loria  fu  concessa  in  quel  modo 
la  dignità  di  Ammiraglio  (2).  Se  tante  altre  prove  dei  me- 
liti del  Procida  verso  il  Re  Pietro  I  per  la  cospirazione  e 
la  conquista  del  regno  non  si  avessero,  la  straordinaria 
concessione  (piuttosto  fendale)  della  suprema  dignità  di  Can- 
celliere per  tutta  la  vita  è  bastevole  a  far  rilevare  quanto 
grandi  fossero  le  benemerenze  del  Procida,  né  qui  è  su- 
perfluo  il   far   di   ciò   espressa  menzione  (3).    I  rapporti  di 


(1)  Questo  documento  fu  edito  la  prima  volta  dal  Saint  -  Priest,  ed 
ora  da  me  è  dato  in  più  esatta  lezione,  riscontrato  sul  registro  origi- 
nale di  Barcellona. 

(2)  Ci'.  Carini,  De  Rebus  cit.  pag.  617  e  seg. 

(3)  Credo  utile  ricordare  altresì  per  la  cospirazione  del  Procida  l'ini- 


PREFAZIONE  CCXJII 


commercio  con  altri  popoli  d'Italia,  e  specialmente  coi  Ge- 
novesi, in  quel  tempo  appariscono  esplicitamente  regolati, 
e  con  grande  cura  (con  la  cessione  o  donazione)  vedesi  sta- 
bilita, e  poi  confermata,  la  successione   nel  regno. 

Per  il  dominio  di  Giacomo  occorre  notare  la  sollecita 
approvazione  di  importanti  costituzioni  per  il  pacifico  stato, 
e  le  nuove  che  dopo  due  anni  il  Re  sanzionava  ,•  la  reci- 
proca dichiarazione  di  difesa  tra  i  fratelli  Giacomo  ed  Al- 
fonso di  Aragona,  la  cessione  del  regno  di  Sicilia  falla  da 
quest'ultimo,  la  rinunzia  ai  diritti  sul  regno  espressamente 
convenuta  dalla  figlia  del  Re  Manfredi,  Beatrice  di  Saluz- 
zo  (1),  le  lunghe  e  difficili  pratiche  di  tregue  e  paci  eoa  il 
principe  di  Salerno,  la  Corte  di  Roma  e  gli  Angioini  di  Na- 
poli e  di  Provenza  ,  i  provvedimenti  su  la  prigionia  e  fine 
di  Alaimo  da  Lenti  ni  e  suoi  complici,  i  trattati  di  pace  con 
il  Re  di  Tunisi  ed  il  Sultano  di  Egitto  anche  su  quanto 
concerneva  la  Sicilia,  le  immunità  concesse  o   riconosciute 


portante  giudizio  dell'insigne  storico  Enrico  Hallam,  il  quale  nel  1818 
in  Londra  nella  sua  opera  Vieto  of  the  State  nf  Europe  during  the  mid- 
dle ages  affermava,  con  varie  considerazioni,  che  la  rivolta  di  Palermo 
del  1284  era  in  perfetta  connessione  di  tempo  con  le  pratiche  della  co- 
spirazione :  «Unpremeditated  as  such  an  ebullition  of  popular  fury 
must  appear,  it  fell  in,  by  the  happiest  coincidence,  with  the  previous 
conftpiracy ».  Cfr.  t.  I,  pag.  365.  L'Amari,  avendo  voluto  disgiungere 
la  rivolta  dalla  cospirazione  o  congiura  (che  riduceva  incerta,  vagante 
e  quasi  inefficace),  non  potè  ritrarre  la  vera  e  mirabile  espressione  del- 
le fonti  storiche  su  le  origini  della  dominazione  aragonese  nell'isola. 

(1)  Siffatta  rinunzia  dimostra  come  Giacomo  avesse  cura  di  allonta- 
nare qualsiasi  pretendente  al  regno  per  diritto  di  sangue,  come  peral- 
tro avea  fatto  il  Re  Pietro  I  coi  fratelli  di  Beatrice.  Vedi  sopra,  pa- 
gina CLI  e  seg. 


CCXIV  PREFAZIONE 

a  Catalani  e  Genovesi,  e  gli  obblighi  derivanti  per  la  succes- 
sione regia  in  Sicilia  dal  testamento  del  Re  Alfonso. 

Nel  volume  secondo  raccoglierò  i  documenti  del  regno 
di  Giacomo  per  il  tempo  successivo,  cioè  dal  1291  sino  al 
1295,  avendone  ricavato  abbondantissima  serie  nell'Archivio 
della  Corona  di  Aragona  in  Barcellona. 

Le  durate  fatiche  per  alquanti  anni  riescono  per  me  di 
soddisfazione  per  aver  potuto  recare  a  termine  la  raccolta 
dei  documenti  dell'intiero  regno  di  Pietro  I,  e  quasi  dell'iu- 
tiero periodo  del  regno  di  Giacomo  in  Sicilia.  Non  mi  fu 
agevole  di  dare  in  luce  il  volume  alcuni  anni  prima,  sì  per 
ritardi  involontari,  che  per  nuovi  incarichi  da  me  sostenuti, 
come  altresì  per  la  guerra  mondiale  contro  la  supremazia 
teutonica,  la  quale  guerra  tiene  dovunque  sospesa  o  sopita 
quasi  ogni  iniziativa  di  studi  fra  ansie  e  difficoltà  d'ogni  ge- 
nere (1).  Giova  far  voti  pertanto  per  il  progresso  della  civiltà 
che  presto  abbiano  fine  queste  guerre  sterminatrici,  e  che 
l'Italia  non  sia  ancora  ,  dopo  oltre  mezzo  secolo  di  unità, 
costretta  a  veder  sempre  svanire  la  speranza  di  ottenere  i 
territori  che  le  appartengono,  e  le  furori  vaticinati  dall'Ali- 
ghieri (2),  insieme  alla  libertà  dei  mari  che  la   circondano. 

Nella  formazione  di  questo  Codice  diplomatico  io  ho  sen- 
tito rinfrancarmi  fra  le   memorie   della   straordinaria  virtù 


(1)  Si  potrebbe  ripetere  per  questa  guerra  il  noto  verso  del  poèta 
rivale  di  Nerone,  cioè  Lucano  (Pharsalia  lib.  I,  v.  5)  :  Certatum  fatta 
concussi  viribus  orbis.  Non  invano  Tacito  enumerando  i  popoli  germa- 
nici del  suo  tempo,  e  le  loro  tendenze,  diceva  che  ad  essi  «  pigrum  et 
iners  videtur  sudore  adquirere,  quod  possis  sanguine  parare  »  (Germa- 
nia, §  14). 

(2)  Dante,  Inferno,  e.  XX,  v.  61-63  per  il  Trentino  :  e.  IX,  v.  112- 
114  per  l'Istria  sino  alle  coste  dalmate. 


PREFAZIONE  CCXV 


degli  antichi  progenitori,  che  lottavano  per  F  indipendenza 
e  la  libertà  di  loro  nazione  (1).  L'amore  alla  Patria  italiana 
ed  alla  Sicilia  ed  altresì  l'intento  di  ricercare  la  storica  ve- 
rità mi  sono  stati  guida  continua,  e  mi  ispirarono  a  var- 
care la  prima  volta  le  Alpi  per  ritrovare  presso  i  Pirenei 
la  notizia  sicura  delie  gloriose  vicende  dell'isola  nostra.  Al 
ritorno  in  Sicilia  mi  fu  di  incoraggiamento  l'espressione  del 
gradimento  sovrano  per  le  mie  fatiche,  con  una  lettera  del 
5  ottobre  1908  da  Racconigi  del  Ministro  della  R.  Casa,  ger 
aerale  Emilio  Ponzio  Vaglia ,  che  mi  manifestava  :  «  Sua 
Maestà  il  Re  desidera  dare  alla  S.  V.  un  particolare  atte- 
stato della  propria  benevolenza  e  considerazione  per  le  di- 
stinte benemerenze,  che  Ella  si  è  acquistate  verso  gli  stu- 
di storici ,  e  singolarmente  in  occasione  della  missione  di 
recente  compiuta  in  Ispagna  ».  La  Casa  di  Savoia,  munifica 
sempre ,  segue  cpn  vigile  sguardo  quanto  più  rechi  onore 
all'Italia,  e  l'inclito  Re  Vittorio  Emanuele  III,  rinnovando 
gli  esempì  di  sua  Stirpe,  da  più  anni  abbandonata  la  reg- 
gia, vive  sul  campo  ad  auspicare  la  nuova  grandezza  della 
nazione,  che  il  Destino  conservi  nei  secoli  venturi  unita  dalle 
Alpi  alle  vaste  regioni  della  Libia  a  testimoniare  F  antica 
civiltà  ed  il  moderno  valore  1 


(l)  11  cronista  Speciale  diceva  con  compiacimento  per  la  Sicilia: 
«Ut  breviter  immensas  eius  dotes  includam,  nou  potest  subici  a  quo- 
qnam  impugnante  Sicilia,  nisi  volens  »  (lib.  I,  cap.  I,  ediz.  Gregorio, 
cit.  t.  I,  pag.  298).  Talora  rimirando  il  vicino  tempio  di  San  Spirito,  e 
più  quando  i  raggi  del  sole  cadente  ne  rischiaravano  le  finestre  ogi- 
vali, mi  pareva  che  i  campi  dell'inizio  della  rivolta  fossero  più  vivi  e 
palesi. 


GOVERNO  REPUBBLICANO 

DI  SICILIA 

(31  marzo  a  6  settembre  1282) 


G.  La  Mantia  —  Cod.  dipi.  arag. 


NOTIZIE  PRELIMINARI 


§  1.  Forma  di  governo. 

Avvenuta  la  celebre  rivoluzione  ,  appellata  comunemente  del 
Vespro,  il  governo  di  Sicilia  fu  repubblicano  sotto  la  protezione 
della  Chiesa  sino  all'arrivo  del  Re  Pietro  III  di  Aragona ,  poi  I 
di  Sicilia. 

L'  Anonimo  nel  cap.  XXXVIII  De  rebellatione  felicis  urbis  Pa- 
normi  et  subsequenter  totius  Siciliae  (in  Gregorio  ,  Bibliotheca 
scriptorum,  qui  res  in  Sicilia  gestas  sub  Aragonum  imperio  re- 
tulere.  Panormi,  1792,  t.  II,  pag.  147)  indica  chiaramente  quale 
sia  stata  la  forma  di  governo  adottata  allora  dalla  città  di  Pa- 
lermo, cioè  la  protezione  della  Chiesa  romana,  senza  alcuna  sog- 
gezione, «  regentes  seu  tenentes  se  in  communi  quinque  mensium 
spatio  »  ,  seguendo  1'  esempio  delle  contemporanee  e  gloriose  re- 
pubbliche del  continente  italiano,  prospere  nelle  industrie  e  nei 
commerci. 

Quel  governo  si  estese  indi  fra  un  mese  all'isola  intera,  poiché 
i  Palermitani  inviarono  subito  tre  eserciti  o  compagnie  alle  tre 
parti  opposte  della  Sicilia  ,  «  quarum  hostium  ,  seu  congregatio- 
num,  una  ivit  versus  Cephaludium,  altera  versus  Castrum  Ioan- 
nis,  reliqua  tertia  versus  Calataphimi  »  (Anonimo,  ibidem). 

In  Palermo  erano  i  Capitani ,  giudici  e  consiglieri ,  ed  il  co- 
mune di  Corleone  a  3  aprile  trattava  già  la  confederazione  con 
Palermo  (V.  doc.  n.  I).  Nella  lettera  del  13  aprile  dei  Palermi- 
tani ai  Messinesi  è  detto  :  Panormitani  salutem  (V.  doc.  n.  II), 
e  quella  al  Papa  Martino  IV  è  inviata  dalla  Universitas  Siculo- 


(1282)  —  4  — 

rum,  e  si  dice  esplicitamente  :  «  litico  post  stragem  scelerum  mini- 
strorum  coelitus  destinatam  ,  levavimus  beati  Petri  vexillum  et 
Sanctam  Romanam  Ecclesiam  invocavimus  protectricem  »  (V.  doc. 
n.  VI). 

A  Messina,  dopo  il  breve  periodo  di  Baldovino  da  Mussone  , 
si  aveva  il  Capitaneus  (Alaimo  da  Lentini)  civitatum  Messanae, 
Cathaniae  et  a  Tusa  usque  ad  aguliam  Augustae,  iudices ,  con- 
silium  et  commune  eiusdem  civitatis  Messanae  (V.  doc.  n.  IV). 
In  un  documento  posteriore  (V.  n.  Vili)  Alaimo  da  Lentini  s'in- 
titola altresì  «  ac  prò  parte  Communis  Siciliae  Magister  Portula- 
nus  citra  flumen  Salsum  » . 

Per  Siracusa  sono  ricordati  gli  «homines  Communis  civitatis 
Syracusiae  karissimi  fratres  nostri  »,  nel  documento  del  15  agosto 
(V.  n.  V). 

Tali  forme  di  governo  repubblicano  od  a  comune  (in  modo 
simile  alle  altre  città  d' Italia)  influirono  poi  in  Sicilia,  durante 
il  dominio  dei  primi  Re  aragonesi,  al  riconoscimento  delle  pre- 
rogative parlamentari  e  municipali,  ed  alla  concessione  di  parti- 
colari privilegi  e  norme  per  1*  incremento  del  commercio  terre- 
stre e  marittimo. 

§  2.  Datazione  dei  documenti. 

Rimangono  vari  documenti  pubblici  e  privati,  nei  quali  è  in- 
dicato nella  datazione  l'anno  della  protezione  della  Chiesa  romana 
e  del  governo  a  comune  (felicis  Communitatis) .  Deve  però  esclu- 
dersi da  tal  novero  il  documento  ecclesiastico  del  30  marzo,  del- 
l'Archimandritato  di  Messina,  con  la  datazione  «  pontificatus  Mar- 
tini papae  IV  anno  secundo,  Caroli  regis  Siciliae  etc.  anno  sep- 
timo  decimo  »  (menzionato  dal  prof.  Cosentino,  Un  diploma  re- 
lativo al  Vespro  Siciliano,  in  Ardi.  Stor.  Sicil.,  an.  XII,  1887, 
pag.  40,  nota  2).  Esso  è  anteriore  di  un  giorno  alla  rivoluzione 
(Starrabba,  Diplomi  della  Cattedrale  di  Messina  raccolti  da  An- 
tonino Amico,  nei  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria,  Ser.  I, 
voi.  I,  Palermo  1876-1888,  pag.  123,  in  sunto).  L'indicazione  del 
pontificato  non  dimostra  pertanto  la  protezione  della  Chiesa  ro- 
mana. 

Sono  invece  del  tempo  del  governo  repubblicano  quattro  do- 
cumenti : 


—  5  —  (1282) 

T.  10  maggio,  doc.  privato  (Starrabba,  Diplomi  cit.,  pag.  123, 
n.  CX,  in  sunto).  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  214  riporta  la  da- 
tazione secondo  il  manoscritto  della  Biblioteca  Comunale  di  Pa- 
lermo, già  stampato  da  Starrabba. 

IL  19  giugno,  doc.  privato  (originale  in  pergamena,  nel  Ta- 
bulano della  Magione  ,  n.  152  ,  Archivio  di  Stato  di  Palermo) , 
edito  da  Cosentino,  Un  diploma  cit.,  pag.  52  e  seg. 

III.  luglio  o  agosto,  doc.  pubblico  del  Capitano  Alaimo  da 
Lentini  (rogato  da  un  notaro).  V.  doc.  n.  IV. 

IV.  15  agosto,  doc.  pubblico  del  Capitano  Alaimo  (V.  doc. 
n.  V). 

Su  tali  documenti  e  loro  datazione  cfr.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I, 
pag.  259,  e  Cosentino,  Un  diploma  cit.,  pag.  40  e  seg. 

L'espressione  Communis  o  Communitas  per  indicare  il  governò 
a  comune,  o  repubblicano,  esistente  in  Sicilia  nel  1282,  si  trova 
adoperata  in  vari  documenti  del  Re  Pietro  I  e  dei  suoi  successori; 
e  basta  indicare  quello  del  6  ottobre  1282  (V.  doc.  n.  IX)  ed  un 
altro  del  Re  Federico  II  del  10  maggio  1329,  nel  quale  si  legge  : 
«  quo  primo  adveniente  Communitate  Sicilie  nuper  preterita ,  et 
subsequenter  dominio  illustris  Regis  Aragonum  et  Sicilie  divi  pa- 
tris  nostri  dive  memorie»,  e  che  pubblicherò  appresso. 

§  3.  Durata  del  governo  repubblicano. 

Le  prime  notizie  della  rivoluzione  di  Palermo  si  ricavano  da 
un  ordine  dato  dal  Re  Carlo  d'Angiò,  a  8  aprile  1282,  da  Napoli, 
per  inviare  tosto  (nulla  prorsus  mora  protracta)  in  Sicilia  varie 
galere  armate  al  Vicario  Erberto  d'Orléans.  Un  sunto  di  tal  do- 
cumento fornì  nel  1876  Minieri  Riccio,  Memorie  della  guerra  di 
Sicilia  negli  anni  1282-84  (in  Arch.  Stor.  Napol.,  an.  I,  pag.  85). 
Amari  ne  pubblicò  il  testo  nell'ultima  edizione  (1886) ,  voi.  HI, 
pag.  481. 

A  9  maggio  lo  stesso  Re  Carlo   dava   annunzio  della  rivolu- 
zione, in  una  lettera  in  francese,  a  Filippo  Re  di  Francia,  pub 
blicata  da  Amari,  ediz.  di  Parigi  1843,  voi.  II,  pag.  304  e  nelle 
posteriori,  e  ristampata  da  Saint-Priest,  Histoire  de  la  conquète 
de  Naples  par  Charles  d'Anjou.  Paris,  1847,  t.  IV,  pag.  204. 

L'Infante  Fernando  di  Aragona  die  notizia  da  Parigi  a  26  mag 
gio  ad  Edoardo,  Re  d'Inghilterra ,  della  rivolta  scoppiata  in  Si 
cilia  (V.  doc.  XIII). 


(1282)  —  6  — 

A  6  settembre  il  governo  repubblicano  (tranne  un  breve  ri- 
tardo in  Messina)  era  finito  in  Sicilia,  perchè  il  Re  Pietro  veniva 
acclamato  nel  7  settembre,  ed  ordinava  nel  giorno  10  ai  vari  co- 
muni dell'isola  di  inviare  i  rappresentanti  per  la  prestazione  del 
giuramento  (Carini,  De  rebus  Regni  Siciliae,  nei  Doc.  della  Soc. 
Sicil.  di  Stor.  Patria,  ser.  I,  voi.  V,  1882,  pag.  9.  Cfr.  Amari, 
9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  290).  Nel  documento  suddetto  del  Re  Pietro 
del  6  ottobre  1282  (V.  doc.  n.  IX)  è  infatti  il  ricordo  della  re- 
pubblica o  comune  di  Messina  in  tal  modo  :  olim  communis  ci- 
vitatis  Messane. 

§  4.  Su  i  preparativi  della  rivoluzione. 

Nessun  dubbio  può  aversi  dei  preparativi ,  che  da  alquanti  anni 
gli  esuli,  e  specialmente  Giovanni  da  Procida,  disponevano  con 
sagacia  per  la  rivoluzione  nell'isola.  Nel  1280  il  Re  Pietro  si  com- 
piaceva delle  trattative  della  regina  Gostanza  con  Giovanni  da 
Procida  «  maxime  in  prosecucione  ipsius  negocii,  quod  nobis  utile 
et  honorabile  reputamus»,  e  cotanto  affare,  trattato  dalla  regina 
con  diligenza  e  dal  Procida  prudentemente  ,  o  meglio  con  circo- 
spezione (diligenciam  ipsius  et  vestram  prudenciam  commenda- 
mus),  non  poteva  essere  che  la  ricuperazione  del  regno  di  Sicilia 
(V.  doc.  edito  da  Saint  -  Priest  cit.,  t.  IV,  pag.  201). 

Il  Re  Pietro  nella  lettera  del  18  gennaio  1282  al  Re  di  Casti- 
glia  (V.  doc.  n.  X)  dimostra  chiaramente  che  i  preparativi  della 
rivoluzione  erano  quasi  al  termine,  poiché  vi  si  dice  :  «  Super  ca- 
pitulo  ilio  precipuo,  scilicet  super  recuperacione  regni  Sicilie,  ad 
quod  vestrum  auxilium  gratuita  voluntate  nobis  per  dilectum  scu- 
tiferum  nostrum  Andream  de  Procida  liberaliter  obtulistis  » .  Il 
documento  è  sottoscritto  da  Giovanni  da  Procida  ,  il  celebre  co- 
spiratore, e  reca  pure  la  sua  firma  l'altro  del  13  febbraio  seguente 
al  Principe  di  Salerno,  il  quale  per  mezzo  di  Guglielmo  Raimondo 
Moncada,  suo  inviato  al  Re  Pietro,  chiedeva  informazioni  di  quanto 
si  preparasse,  ma  non  spediva  alcuna  lettera  al  Re,  che  manife- 
stava :  «  quamquam  nullas  super  illis  literas  vestras  attulerit  »  , 
ed  allo  stesso  modo  il  Re  diceva  :  «  per  eundem  vobis  oretenus 
respondemus  »  (V.  doc.  edito  da  Carini,  Gli  Archivi  e  le  Biblio- 
teche di  Spagna.  Palermo,  1884,  parte  II,  pag.  46). 

È  notevole  il  grande  segreto  che  si  teneva  in  tale  corrispon- 


.' 


—  7  —  (1282) 

denza.  Gli  altri  documenti  che  dà  in  sunto  il  Carini  (Gli  Archivi 
cit.,  pag.  47  e  seg.)  provano  lo  scopo  celato  della  spedizione  guer- 
resca in  Sicilia.  A  10  settembre,  cioè  appena  dopo  undici  giorni 
che  il  Re  Pietro  era  dall'Africa  approdato  a  Trapani  (30  agosto), 
l'Infante  Alfonso,  suo  luogotenente  in  Aragona,  ne  dava  avviso 
da  Saragozza  per  la  difesa  del  territorio  dai  nemici  (Carini  cit., 
pag.  132). 

Il  medesimo  Carini  (pag.  46)  appella  la  lettera  sopra  ricordata 
del  18  gennaio  1282  «  documento  di  capitale  importanza  »  ,  no- 
tando che  esso  prova  nella  maniera  più  esplicita  la  cospirazione 
avvenuta  prima  della  rivolta. 

Amari  (nella  9a  edizione,  1886,  pag.  148  nota  2),  dopo  l'affer- 
mazione del  Carini  ,  chiama  «  importantissimi  »  quei  due  docu- 
menti del  18  gennaio  e  13  febbraio  1282,  ed  a  pag.  173  dice  per 
quello  del  18  gennaio  che  non  giova  a  rilevare  che  anche  nell'isola 
pervenisse  la  cospirazione  ;  ma  questa  deduzione  è  contraria  al 
vero,  poiché  ai  cospiratori  riusciva  anzi  più  facile  agire  nell'isola, 
lungi  dalla  terraferma  e  dalla  capitale ,  nei  quali  luoghi  poteva 
presto  accorrersi  per  impedire  ogni  tentativo  ed  opprimere  i  ribelli. 

Per  rilevare  ancor  meglio  la  notizia  dei  preparativi  di  cospi- 
razione, è  utile  confrontare  le  espressioni  usate  dal  Re  Pietro  nel 
documento  del  19  maggio  1282  da  Portfangos  (Carini,  cit.,  pag.  48) 
per  la  spedizione  militare ,  cioè  :  «  et  in  eo  pendet  magnum  no- 
minis  et  fame  nostre  decus  aut  dedecus  »  (che  non  potevano  ado- 
perarsi per  la  guerra  in  Africa  solamente)  con  le  altre  :  nobis  utile 
et  honorabile  reputamus,  per  le  trattative  del  Procida  con  la  re- 
gina Costanza  nel  1280  (che  ho  già  indicato),  ed  inoltre  con  quelle 
del  documento  dello  stesso  Re  Pietro  del  10  settembre  1282  in 
Palermo:  «prima  [racione]...  regnum  Sicilie  iure  domine  consortis 
et  fìliorum  nostrorum  racionabiliter  ad  nos  spectat»  (Carini,  De 
rebus  cit.,  pag.  9). 


§  5.  Pubblicazioni  speciali. 

Sul  governo  repubblicano  in  Sicilia  nei  mesi  da  aprile  ad  ago- 
sto 1282  ha  dato  particolare  notizia  Amari  nella  pregevole  me- 
moria Sull'ordinamento  della  Repubblica  Siciliana  del  1282  (nel 
fascicolo  «Sesto  Centenario  del  Vespro.  Tornata  straord.  della 
Soc.  Sicil.  per  la  Stor.  Patria».  Palermo,  1882,  pag.  17-31). 


(1282)  —  8  — 

Altre  pubblicazioni  notevoli  su  quel  governo  e  le  sue  origini 
sono  : 

Minieri  Riccio  C.  —  Memorie  della  guerra  di  Sicilia  negli  an- 
ni 1282  - 1284,  tratte  dai  registri  angioini  dell'  Archivio  di  Stato 
di  Napoli.  (In  Arch.  Stor.  Napol.,  an.  I,  1876,  pag.  85  e  seg.). 

Del  Giudice  G.  —  Bartolomeo  da  Neocastro ,  Francesco  Lon- 
gobardo, Rinaldo  de  Limogiis  giudici  in  Messina  (In  Arch.  Stor. 
NapoL,  an.  XII,  1887,  pag.  265  e  seg.). 

Sanesi  I.  —  Giovanni  di  Procida  e  il  Vespro  Siciliano  (in  Ri- 
vista storica  italiana,  voi.  VII,  Torino  1890,  pag.  489-519).  Gfr. 
la  recensione  fattane  neìVArch.  Stor.  Italiano,  serie  V,  voi.  VII 
(1891),  pag.  215. 

Savio  F.  — La  pretesa  inimicizia  del  Papa  Niccolò  III  contro 
il  Re  Carlo  I  d'Angiò  (in  Arch.  Stor.  Sicil.  ,  an.  XXVII  ,  1902, 
pag.  358  e  seg.). 

Cartellieri  0.  —  Peter  von  Aragon  und  die  sizilianische 
Vesper.  Heidelberg,  1904,  specialmente  il  cap.  VI  Die  sizilianische 
Vesper  ed  il  cap.  VII  Die  Insel  Sizilien  nach  dem  Aufstande 
(pag.  138-185). 


GOVERNO  REPUBBLICANO  DI  SICILIA 

(31  marzo  a  6  settembre  1282) 


I. 


,  aprile  3,  indizione  10a,  Palermo. 

Atto  di  confederazione  (ad  prestandum  unionem  et  fidelitatem 
et  fraternitatem)  tra  i  comuni  di  Palermo  e  Corleone  ,  che  reci- 
procamente promettono  di  recarsi  soccorso,  con  armi ,  denaro  e 
persone,  per  tutto  quanto  occorrerà,  di  rendersi  esenti  dal  paga- 
mento delle  gabelle  ed  angarie,  e  di  distruggere  il  castello  di  Ca- 
latamauro. 

Seguono  le  firme  dei  Capitani,  giudici  e  consiglieri  e  dei  te- 
stimoni. 

(Atto  in  notar  Benedetto  Chierico  di  Palermo). 

Documento  originale  in  pergamena  dell'  Archivio  municipale 
di  Corleone ,  ed  ora  esistente  nell'  Archivio  di  Stato  di  Palermo 
(Pergamene  di  Corleone,  n.  1).  Un  magnifico  fac- simile  si  ha  nel 
volume  Ricordi  e  documenti  del  Vespro  Siciliano,  edito  dalla  So- 
cietà Siciliana  di  Storia  Patria,  nel  1882. 

Una  copia  del  documento  trovasi  nel  volume  ms.  Qq.  G.  12 
del  Gregorio  fol.  215  (Biblioteca  Com.  di  Palermo),  nel  quale  si 
afferma  di  essere  tratta  dall'  originale  «  in  arca  privilegiorum  » 
dell'archivio  del  comune  di  Corleone.  Altra  trascrizione  è  nel  voi. 
Qq.  H.  14  bis  fol.  14. 

Il  testo  fu  pubblicato  da  Amari,  Un  periodo  delle  istorie  sici- 
liane del  secolo  XIII.  Palermo,  1842,  pag.  VI  dei  Documenti,  e 
nelle  successive  edizioni,  e  poi  ristampato  da  Starr abba  e  Tirri- 
to,  Assise  e  Consuetudini  della  Terra  di  Corleone  (nei  Docum. 
della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria,  Serie  II,  voi.  II,  1880,  pag.  129) 
e  da  Starrabba  nel  1882  nel  volume  dei  Bicordi  cit.,  parte  I, 
pag.  125  - 132,  con  una  breve  memoria  storica. 


(1282)  —  10  — 

Di  questo  documento  diede  precisa  notizia  nel  1756  il  P.  Bac- 
celliere Pietro  Papa,  dell'Ordine  dei  Predicatori ,  nelle  Memorie 
per  servire  alla  storia  letteraria  di  Sicilia.  Palermo  ,  parte  V, 
pag.  51.  Egli,  scrivendo  da  Corleone,  trasmise  una  copia  del  do- 
cumento al  can.  Schiavo  per  la  sua  raccolta.  È  ricordato  1'  atto 
di  confederazione  nell'  elenco  dei  documenti  trasmessi  nel  1878 
dal  Sindaco  di  Corleone  alla  Società  di  Storia  Patria  (Ardi.  Stor. 
Sicil,  voi.  Ili,  1878,  pag.  147). 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  200  nota  1,  dice  :  «  Questo  diploma 
ci  mostra  anche  il  principio  della  federazione  tra  le  nascenti  re- 
pubbliche siciliane ,  e  la  forma  del  novello  governo  municipale 
di  Palermo  » . 

I  Capitani  del  comune  di  Palermo ,  indicati  nel  documento , 
sono  :  Mastrangelo  ,  Baverio  ,  de  Orti  levo  ,  de  Ebdemonia.  Si  fa 
menzione  di  «  toto  populo  ibidem  congregato  ad  hoc  cum  delibe- 
ratione  solempni ,  et  cum  eiusdem  populi  consensu  expresso  et 
exinde  requisito  et  habito».  La  confederazione  è  fatta  a  richiesta 
degli  ambasciatori  del  comune  di  Corleone. 

Vincenzo  Di  Giovanni,  La  topografia  antica  di  Palermo.  Ivi, 
voi.  I,  1889,  pag.  253  ricorda  il  «plano  della  Chiesa  di  S.  Catal- 
do, nel  quale  fu  scritto  nel  1282  l'atto  di  confederazione»,  come 
peraltro  si  ricava  dalla  datazione  in  fine,  del  documento.  Vito  La 
Manti  a,  Antiche  consuetudini  delle  città  di  Sicilia.  Palermo,  1900, 
pag.  CCLII  offre  varie  notizie  su  tale  documento,  e  su  le  edizioni 
che  se  ne  son  fatte.  Egli  dice  :  «  Rimane  a  perpetua  memoria  ono- 
revole per  Corleone  il  documento  originale».  Riferisce  la  dispo- 
sizione concernente  il  trattamento  dei  Corleonesi  come  cittadini 
palermitani. 

Sul  munito  castello  di  Calatamauro,  che  elevavasi  in  sito  al- 
pestre ,  non  lungi  da  Corleone  ,  scrisse  il  can.  Atanasio  Schirò 
nella  memoria  «  L'antico  Castello  di  Calatamauro,  le  sue  dimen- 
sioni, le  sue  origini  e  le  sue  vicende  (in  Arch.  Stor.  Sicil.  anno 
XII,  1887,  pag.  169  e  seg.).  Lo  Schirò  nota  a  pag.  176  che  «era 
la  fortezza  più  munita  e  più  importante  nei  dintorni  »,  e  che  nel 
1282  si  voleva  distruggere  quel  castello  «  per  impedire  che  venisse 
rioccupato  dagli  Angioini  ». 

È  ricordato  il  documento  di  confederazione  in  una  lettera  del 
Vice  baiulo  e  Giurati  di  Palermo  ai  Giudici  e  Giurati  di  Corleone 
del  14  luglio  1312  per  alcune  ordinanze  da  costoro  stabilite  con- 


—  11  —  (1282) 

tro  la  libera  estrazione  di  arieti  in  favore  dei  Palermitani.  Vi 
si  legge:  «Cum  in  terra  vestra  predicta  contra  pacifìcum  statum 
civiuni  et  iurium  diete  urbis,  ac  indissolubilis  amicicie  vinculum 
Inter  homines  diete  urbis  et  terre  predicte  priscis  temporibus  ad 
honorem  et  fidelitatem  regiam  et  statum  pacificum  et  tranquil- 
lum  hominum  ipsorum  urbis  et  terre  initum  pariter  et  covine- 
xuni».  In  altra  lettera  del  28  giugno  1318  si  dice  :  «  Contra  ordi 
nacionem  duddm  initam  et  tractatam  inter  cives  diete  urbis...  de 
immunitate  ad  invicem  observanda  »  intorno  alle  gabelle  (Pol- 
laci, Gli  atti  della  città  di  Palermo  dal  1311  al  1410.  Palermo, 
1892,  pag.  97  e  195). 

A.  15  febbraio  1398  fu  fatto  un  transunto  dell'atto  di  confede- 
razione, e  si  conserva  nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo  (Perga- 
mene di  Corleone,  n.  5).  La  pergamena  è  guasta  e  corrosa  in  va- 
rie parti.  Di  tale  transunto  non  offrono  alcuna  notizia  Amari  e 
Starrabba.  Credo  utile  qui  pubblicarlo,  perchè  si  riferisce  al  più 
antico  documento  del  governo  repubblicano,  e  contiene  la  descri- 
zione del  suggello  ora  perduto. 

In  nomine  domini  Amen.  Anno  dominice  Incarnacionis 
eiusdem  millesimo  trecentesimo  nonagesimo  octavo,  mense 
frebuarii  quintodecimo  die  mensis  eiusdem  septime  indi- 
cionis,  regnantibus  serenissimis  doininis  nostris  dominis  Re- 
ge  Martino  et  Regina  Maria  dey  gracia  Rege  et  Regina  Si- 
cilie illustribus  ac  ducatuum  Athenarum  et  Neopatrie  duce 
et  ducissa,  eorum  felicis  regiminis  videlicet  dicti  domini  Re- 
gis  anno  septimo  et  diete  domine  Regine  anno  vicesimose- 
cundo  feliciter  Amen.  Nos  notarius  Antonius  de  Castellouo- 
vo  ludex  terre  Corilioni,  Iohannes  de  Philadello  de  Corilio- 
no  regius  publicus  omnium  civitatuum,  terrarum  et  locorum 
a  flumine  Salso  citra  notarius  et  ludex  ordinarius,  et  testes 
subscripti,  ad  hoc  vocati  specialiter  et  rogati,  presenti  scri- 
pto publico  notum  facimus  et  testamur  quod  presentes  co- 
rani nobis  circumspecti  viri  Crimonisius  de  Pace,  Petrucius 
Calandrinis ,  Bernardus  de  Malpulcio  et  Manfridus  Iacobi 
lurati  diete  terre  Corilioni  nomine  et  prò  parte  universitatis 

terre  Corilioni obstendiderunt  et  publice  legi  fecerunt 

quoddam  publicum  instrumentum  subscripti  tenoris  ad  cau- 


(1282)  —  12  — 

telam  diete  universitatis  sigillo  universitatis  felicis  urbis  Pa- 

normi  inposito  in  quodam  eluteo    ligneo  ap nitum  cum 

cordella  de  serico  rubeo  et  ialno,  opporteatque  eidem  uni- 
versitati  Corilioni  predictum  instrumentum  penes  se  tran- 
suntatum  habere  prò  quibusdam  negociis  eiusdem  univer- 
sitatis tractandis  in  civitate  Pa n  magna  regia  Curia 

pecierunt  predicti  Iurati  ergo  a  nobis  qui  supra  Iudice  et 
notario  nostrum  in  hac  parte  officium  implorando  ut  dictum 
instrumentum  in  presentem  formam  publicam   transuntare 

deberemus  ut  prefat eandem  vim  habeat  quam  habere 

dignossitur  instrumentum  originale  prefatum  quociens  ei- 
dem   universitati    opus  fuerit  in  civitate    predicta  et  alibi , 

quorum  Iuratorum  nomine  quo  supra  peticione  audita 

quia  iusta  petentibus  non  est  iudicialis  assensus  denegan- 
dus  utpote  iusta  et  consona  racioni,  advertentes  quod  sua 
nomine  quo  supra  intererat  prefatum  instrumentum  iterum 

obstendi  et  demostrari  fé mus  inspeximus  diligenter 

ipsumque  invenimus  purum  et  non  viciatum  non  cancella- 
tura nec  abrasum,  ymo  in  sua  propria  et  prima  figura  exi- 

stens  omni  prorsus  vicio  et  subspicione  carens nihilo 

in  eo  et  de  eo  addito  inde  mutato  seu  diminuto  preter  forte 
puntura  vel  sillabanti  virgulam  literam  seu  titulum  ex  quo 
substancia  propterea  non  mutatur,  in  presentem  formam  pu- 
blicam   auctoritate  prius  interposita  duximus  fideliter 

transuntandum.  Guius  quidem  instrumenti  tenor  per  omnia 
talis  est:  In  nomine  domini  Amen  .  .  . 

[Segue  il  testo  del  documento  del  3  aprile  1282] . 

Unde  ad  futuram certitudinem  ac  omnium  quo- 
rum interest  et  interesse  poterit  in  futurum  cautelarci  factum 
est  exinde  presens  publicum  transuntum   transuntatum  ex 

instrumento  predicto  per  manus  mei  predicti  notarii 

solito  et  subscripcione  nostrum  qui  supra  ludicis  et  notarii 
et  aliorum  subscriptorum  testium  subscripcionibus  et  testi- 
monio roboratum.  Actum  Corilioni  anno  mense  die  et  in- 
dictione  premissis. 


—  13  —  (1282) 

f  Ego  notarius  Antonius qui  supra  Iudex  testor. 

f  Ego  Iudex  Sy una  cum  predictis  Iudice  et  nota- 
no predictum  originale  vidi  et  testor. 

f  Ego  notarius  Thomasius novo  testor  ut  proximus. 

f  Ego  notarius  Thomasius  de  Vultabis  unus  ex  ludicum 
(sic)  testor  ut  proximus. 

f  Ego  notarius  Iacobus  de  Pietà de  Goriliono  te- 
stor ut  proximus. 

f  Ego  notarius  Bondi  de  Monteliono  de  Goriliono  testis 
ut  proximus. 

f  Ego  notarius  Henricus  de  Florencia  testor  ut  proximus. 

f  Ego  notarius  Angelus  Scannapecus  de  Cava  testor. 

f  Ego  notarius  Franciscus  de  Marsalia  testor  ut  proximus. 

-J-  Ego  Iohannes  de  Philadello  de  Coriliono  qui  supra 
regius  publicus  omnium  civitatum  terrarum  et  locorum  . . . 
. .  .  flumine  Salso  citra  notarius  et  Iudex  ordinarius  vocatus 
et  rogatus  premissa  omnia  scripsi  signoque  meo  noto  et 
solito  consignavi. 

Testes  Iudex  Simon  de  Galandrinis,  notarius  Thomasius 
de  Castellonovo,  notarius  Iacobus  de  Pictacholis,  notarius 
Henricus  de  Florencia,  notarius  Franciscus  de  Marsalia,  no- 
tarius Thomasius  de  Vultagio,  notarius  Bondus  de  Monti- 
liono,  et  notarius  Angelus  Scannapecus  de  Cava. 


IL 

1282,  aprile  13,  indizione  10a,  Palermo. 

Lettera  dei  Palermitani  ai  cittadini  di  Messina ,  esortandoli 
a  liberarsi  dal  dominio  tirannico  di  Carlo  d'Angiò.  Vi  si  dice  : 
«  Ecce  namque  tempus  acceptabile ,  ecce  nunc  dies  salutis  ve- 
stre»,  e  si  aggiunge:  «Surge  itaque  ,  surge,  illuminare  Givitas 
generosa,  et  noctis  caliginem  procul  pelle  » . 

Il  documento  è  riferito  in  un  codice  manoscritto  del  secolo 
XIV  di  lettere  di  Pietro  delle  Vigne  ed  altri,  segnato  di  n.  4A42, 


(1282)  —  14  - 

e  conservato  nella  Biblioteca  Nazionale  di  Parigi,  come  dice  A- 
mari.  Nel  codice ,  del  secolo  XIV  ,  delle  lettere  di  Pietro  delle 
Vigne ,  nella  Biblioteca  del  Principe  di  Fitalia  in  Palermo  ,  a 
fol.  106  r.  è  il  testo  di  tale  lettera  con  1'  argomento  :  «  Epistola 
missa  per  Panormitanos  civibus  Messane».  Cfr.  Agnello,  Noti- 
zie intorno  ad  un  codice  relativo  all'epoca  svevo  -  angioina.  Pa- 
lermo, 1835,  pag.  43,  e  Amalia  Giannone,  Il  Codice  Fitalia.  Stu- 
dio diplomatico-storico  (in  Arch.  Stor.  Sicil.,  an.  XXXIX,  1914, 
pag.  110,  n.  4). 

Neil'  altro  codice  F.  G.  22  di  carattere  del  secolo  XV  ,  nella 
Biblioteca  del  medesimo  Principe  di  Fitalia  ,  dopo  il  testo  della 
Cronaca  di  Fra  Michele  di  Piazza,  è  la  trascrizione  di  questa  let- 
tera ,  alla  quale  è  premesso  tale  argomento  :  «  Tenor  literarum 
missarum  Civibus  Messanensibus  per  Gives  Panormitanos  post 
factam  per  eos  rebellionem  ,  et  post  Gallorum  interfectionem  » . 
Ne  dà  notizia  Stefano  Vittorio  Bozzo,  Giovanni  Chiaramonte  II 
nella  discesa  di  Ludovico  il  Bavaro  (in  Arch.  Stor.  Sicil.,  voi. 
Ili,  an.  1878,  pag.  178).  Nel  voi.  ms.  Qq.  E.  142  del  Thesaurus 
Siculus  di  Francesco  Serio  e  Mongitore  (Bibl.  Gom.  di  Palermo) 
è  trascritto  il  documento,  secondo  la  lezione  data  dall' Anonimo. 

Il  testo  è  inserito  nel  cap.  XXXVIII  della  Cronaca  di  Ano- 
nimo, e  si  ha  in  Martène,  Thesaurus  novus  anecdotorum.  Parisiis, 
1717,  t.  Ili,  col.  26-28;  Muratori,  Rerum  ital.  script,  t.  X, 
col.  830  e  seg.  ;  Burmanno  ,  Thesaurus  antiqu.  et  hist.  Siciliae 
Lugduni  Batav.  1723,  t.  V,  col.  19;  Lunig,  Codex  Italiae  diplo- 
maticus.  Francofurti,  1726,  t.  Ili,  pag.  978,  però  con  data  erronea 
del  1268,  e  Gregorio,  Bibliotheca  script.  Aragon.,  t.  II,  pag.  145. 

Fu  ristampato  da  Nicolò  Palmeri  ,  Somma  della  Storia  di 
Sicilia.  Palermo,  1839,  voi.  Ili,  pag.  283,  da  Amari,  Un  periodo, 
pag.  Vili  nei  Documenti  e,  nelle  altre  edizioni  della  sua  opera , 
da  Saint  -  Priest  Histoire  de  la  conquéte  cit.  t.  IV  ,  pag.  276,  e 
dal  De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida.  Na- 
poli, 1860,  pag.  337  e  seg.  —  Varie  notizie  su  questo  documento 
dà  Amari  nella  9a  edizione,  voi.  I,  pag.  209  e  seg. 

Nella  Cronaca  di  Bartolomeo  di  Neocastro  si  ha  un  testo 
diverso  per  la  forma  ,  e  con  una  breve  risposta  dei  Messinesi , 
che  si  trova  nella  prima  edizione  che  di  quella  Cronaca  die  Amato 
De  principe  tempio.  Panormi ,  1728 ,  pag.  515  ,  ed  in  Muratori 
Rerum  ital.  script,  t.  XIII ,  col.  1032  ,   Aglioti  ,  Spiegazioni  di 


—  15  —  (1282) 

due  antiche  mazze  di  ferro.  Venezia  [Messina],  1740,  pag.  231  , 
doc.  n.  X,  Caio  Domenico  Gallo,  Gli  annali  di  Messina,  1758, 
t.  II,  pag.  131,  e  2a  ediz.  1879,  voi.  II,  pag.  116,  e  Gregorio,  Bill, 
script.  Aragon.,  t.  I,  pag.  37.  —  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  210 
afferma  che  il  Neocastro  «  foggia  a  suo  modo,  lontanissimo  da 
ogni  verosimiglianza,  e  l'epistola  e  la  risposta». 

Si  trova  un  testo  compendiato  in  lingua  catalana,  e  con  data 
inesatta  del  14  maggio,  nella  Cronica  di  D'Esclot,  edizione  Bu- 
chon  ,  Chroniques  étrangères.  Paris,  1841  ,  pag.  629.  Quel  testo 
si  riconosce  derivato  dall'  originale  latino  ,  anche  per  i  ricordi 
biblici  che  vi  si  fanno,  e  differisce  pertanto  dall'altro  fornito  dal 
Neocastro. 


III. 

2,  dopo  il  4  giugno. 


I  Siciliani  con  una  loro  protesta  al  Collegio  dei  Cardinali 
(Patres  Patrum)  dimostrano  le  oppressioni  sofferte  durante  il  do- 
minio angioino ,  giustificano  la  rivoluzione  che  inevitabilmente 
ne  avvenne,  e  manifestano  che  non  si  deve  recare  alcun  ostacolo 
ad  essa ,  poiché  (come  dicono)  :  «  Non  igitur  hec  quam  cernitis  , 
Patres,  rebellio  est,  non  recessus  ingratus  a  pie  matris  uberibus, 
sed  utroque  iure  permissa  iniuriarum  iusta  defensio  » . 

Documento  trascritto  nel  Codice  ms.  4042,  del  secolo  XIV,  di 
lettere  di  Pietro  delle  Vigne  ed  altri,  della  Biblioteca  Nazionale 
di  Parigi. 

II  testo  fu  pubblicato  la  prima  volta  da  Amari,  nella  2a  ediz. 
Parigi,  1843,  voi.  II,  pag.  305  e  seg.  Egli  nota  :  «  Tutto  porta  a 
crederlo  genuino...  La  rimostranza  sembra  scritta  nella  state  del 
1282,  e  certamente  prima  della  esaltazione  di  Pietro  d'Aragona». 
Cfr.  quanto  dice  lo  stesso  Amari  nella  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  228. 
Il  documento  appare  scritto  dopo  la  bolla  di  Papa  Martino  IV 
del  4  giugno,  e  prima  della  invocazione  di  Re  Pietro  nel  Parla- 
mento di  Palermo  (fine  di  luglio  o  principio  di  agosto),  come  in- 
dica Amari,  voi.  I*  pag.  284. 


(1282)  —  16  — 

;  __ 

Le  parole  iniuriarum  insta  defensio  devono  intendersi  per 
il  diritto  che  aveano  i  Siciliani,  secondo  le  leggi  civili  e  canoni- 
che (utroque  iure),  di  sostenere  le  prerogative  ed  immunità  con- 
cesse dai  sovrani  predecessori. 


IV. 


1282,  luglio  o  agosto,  indizione  10*,  Messina. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano  delle  città  di  Messina  e  Cata- 
nia e  da  Tusa  sino  «ad  aguliam  Augustae»,  i  Giudici,  il  Con- 
siglio ed  il  Comune  dichiarandosi  vassalli  della  Santa  Romana 
Chiesa ,  restituiscono  ,  dopo  una  prova  giudiziaria ,  alla  Chiesa 
maggiore  della  medesima  città  di  Messina  il  castello  di  Calata- 
biano  ed  un  giardino  in  Messina ,  che  erano  stati  usurpati  da 
Carlo  d'Angiò  :  «  praedictus  Rex  Carolus  per  officiales  suos  prae- 
dictam  Ecclesiam  messanensem  ipsorum  castri  et  iardini  posses- 
sione destituit,  et  contra  iustitiam  spoliavit». 

(Sono  in  fine  le  firme  di  Alaimo  e  di  altri  come  testimoni. 
L'atto  è  rogato  dal  notaro  Matteo  de  Sinagra  di  Messina). 

Il  documento  originale  si  conservava  nel  Tabulano  della  Cat- 
tedrale di  Messina,  il  quale  ora  più  non  esiste.  Una  copia  se  ne 
ha  nel  ms.  Qq.  H.  4,  fol.  147  (Bibl.  Com.  di  Palermo). 

Fu  pubblicato  da  Starrabba  ,  I  diplomi  della  Cattedrale  di 
Messina,  pag.  124. 

È  degna  di  nota  la  datazione  :  «  Tempore  dominii  Sacrosantae 
Romanae  Ecclesiae  et  felicis  Communitatis  Messanae ,  anno  pri- 
mo feliciter  amen  » . 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  259,  dice  che  questo  documento 
dimostra  che  «  esercitava  atto  ordinario  di  sovranità  il  comune 
di  Messina».  Crede  che  sia  posteriore  al  24  giugno:  «poiché  vi 
è  nominato  Capitan  di  Messina  Alaimo  di  Lentini.  Del  resto  non 
dò  giudizio  sull'autenticità  di  quest'atto».  A  pag.  265  aggiunge 
che  la  data  deve  essere  «del  luglio  o  agosto  dell'ottantadue». 

Prima  di  Alaimo  era  stato  Capitano  in  Messina  Baldovino 
Mussone  (Cfr.  Amari,  pag.  259,  nota  4).  I  giudici,  che  assiste- 


-  17  —  (1282) 

vano  il  Capitano,  nel  mese  di  maggio  erano  de  Limogiis,  Sapo- 
rito ,  Bartolomeo  de  Neocastro  (il  cronista)  e  Ansatone  (Star- 
rabba  cit.,  pag.  123).  Probabilmente  essi  continuarono  in  carica 
nei  mesi  seguenti.  Ne  fa  cenno  Amari  ,  voi.  I ,  pag.  213  e  seg. 
Giuseppe  Del  Giudice  offre  alquante  notizie  su  quei  giudici  ed 
altresì  il  testo  di  vari  documenti,  nella  memoria  Bartolomeo  da 
Neocastro,  Francesco  Longobardo ,  Rinaldo  de  Limogiis  giudici 
in  Messina  (nelYArch.  Stor.  Napol.,  voi.  XII,  an.  1887,  pag.  265 
e  seg.). 

È  noto  che  il  celebre  Alaimo  da  Lentini  fu  poi  condannato 
a  morte  nel  1287  per  delitto  di  tradimento.  Io  ho  pubblicato  il 
documento  inedito  del  4  agosto  1287  del  Re  Alfonso ,  che  scri- 
veva al  Re  Giacomo  di  Sicilia  di  avere  affidato  Alaimo  e  suoi 
nipoti  a  Bertrando  de  Cannellis  per  consegnarglieli  (Documenti 
su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la  Sicilia 
(1285-1291).  In  Anuari  (1908)  de  VInstitut  dJ  Estudis  Catalans. 
Barcelona,  pag.  352  ,  doc.  XII).  Sembra  quindi  probabile  che  la 
data  del  viaggio  fornita  dal  cronista  Bartolomeo  di  Neocastro 
non  sia  esatta.  Cfr.  su  ciò  Amari,  9*  ediz.,  voi.  II,  pag.  177. 

Dell'autenticità  di  questo  documento,  di  luglio  o  agosto  1282, 
per  il  castello  di  Galatabiano  non  potrebbe  dubitarsi,  anche  per- 
chè esiste  l'atto  di  protesta  del  1267  di  frate  Margarito,  procura- 
tore dell'Arcivescovo  di  Messina ,  e  dal  quale  si  desume  la  vio- 
lenta spoliazione  dei  beni  fatta  da  Vassallo  Amelina,  incaricato 
di  «  accipere  possessionem  dicti  castri  prò  parte  regia  ,  iuxta 
mandatum  regium  »  (Starrabba  cit.,  pag.  199). 

Su  questo  e  su  altri  documenti  del  Capitano  Alaimo  fornisce 
varie  notizie  Cartelliera  Peter  von  Aragon  cit.,  pag.  160.  —  Pi- 
sano Baudo,  Storia  di  Lentini.  Ivi,  1902,  voi.  II,  pag.  151  rife- 
risce alcune  righe  dell'  inizio  del  documento ,  attribuendolo  per 
equivoco  all'altro  del  15  agosto. 


G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag. 


(1282)  —  18  — 


V. 

,  agosto  15,  indizione  10»,  Messina. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano  di  Messina  e  Catania  e  da  Tusa 
sino  ad  Augusta ,  ed  il  Consiglio  e  Comune  di  Messina ,  per  i 
soccorsi  di  uomini  e  cavalli  spediti  durante  V  assedio  dai  Sira- 
cusani, li  esimono  dal  pagamento  dei  diritti  di  dogana  nella 
città  e  distretto  di  Messina,  perchè  in  tal  modo  «tam  ipsi  quam 
alii  ad  conferendum  nobis  similia  animantur». 

L'originale  documento  si  conservava  prima  nell'Archivio  del 
Senato  di  Siracusa,  ma  ora  è  perduto.  Esisteva  sino  all'anno  1659, 
come  affermano  Aglioti  e  Gallo,  che  indico  appresso. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  Liber  Privilegiorum  a  fol.  144  r.  nel 
Municipio  di  Siracusa. 

La  pergamena  aveva  un  sigillo  pendente,  come  è  detto  in  fine 
di  una  copia  estratta  dalla  segreteria  del  Senato  di  Siracusa  nel- 
l'anno 1659.  «  Sigillum  est  cerae  rubrae,  ex  una  tantum  parte  i- 
maginem  habens,  ex  alia  nihil.  Pendet  suspensum  serico  croceo 
et  rubeo  ad  finem  pergameni  sub  subscriptione  Notarii  » .  Dà  no- 
tizia di  questo  sigillo  Aglioti,  Spiegazione  di  due  antiche  mazze 
di  ferro.  Venezia  [Messina]  1740,  pag.  211  :  «  Osserverete  che  nel- 
l'interregno dopo  il  Vespro  siciliano  usava  Messina  per  insegna 
un  leone  rampante  ,  che  sosteneva  un  stendardo  con  la  Croce  e 
lettere  intorno  Fert  leo  vexillum  Messane  cum  Cruce  signum». 
La  figura  del  sigillo  è  nella  tav.  ultima  del  volume,  figura  II. 

Gallo,  Annali  di  Messina,  nell'Apparato.  Messina,  1756,  pag.  75, 
riproduce  quasi  con  le  stesse  parole  la  descrizione  dello  stemma 
data  da  Aglioti  ,  ed  offre  il  disegno  del  sigillo ,  in  fine ,  fig.  3. 
Nel  t.  II  degli  Annali  a  pag.  132  ;  2a  ediz.,  pag.  137,  descrive  il 
sigillo,  ed  aggiunge  :  «  II  leone  è  allusivo  al  cognome  dello  Stra- 
digò  Leontini  » . 

Il  testo  del  documento  fu  pubblicato  prima  da  Aglioti,  Spie- 
gazione cit.,  doc.  IX  col  titolo:  «Privilegio  accordato  dai  Messi- 
nesi a  Siracusani  »,  ricavandolo  dalla  copia  estratta  nel  1659  dal- 
l'originale. Gallo  ne  ristampò  il  testo  nel  t.  II,  pag.  131,  e  poi 
Previtera,  Storia  di  Siracusa  antica  e  moderna.  Napoli ,  1879, 
voi.  II,  pag.  497,  lo  riprodusse  sull'edizione  datane  dal  Gallo. 


—  19  —  (1282) 

Del  documento  dà  notizia  Amari  3a  ediz.,  voi.  1,  pag.  246  in 
nota.  Lo  accenna  pure  Cosentino,  Un  diploma  relativo  al  Vespro 
Siciliano  (in  Arch.  Stor.  Sicil.,  voi.  XII,  1887,  pag.  41,  nota  1). 
È  importante  perchè  dimostra  i  rapporti  fra  le  città  di  Sicilia  , 
che  tenevano  governo  repubblicano.  La  daiazione  è  così  designa- 
ta :  «  Tempore  dominii  Sacrosante  Romane  Ecclesie  et  felicis  Com- 
munitatis  Messane  anno  primo».  Il  notaro  Matteo  de  Synapis 
forse  è  lo  stesso  che  Matteo  de  Sinagra  indicato  nel  documento 
precedente  di  luglio-agosto  ,  e  1'  equivoco  sarà  incorso  nella  tra- 
scrizione del  1659.  Vito  La  Mantia  ,  Antiche  Consuetudini  delle 
città  di  Sicilia.  Palermo,  1900,  pag.  CXL  offre  alquanti  cenni  su 
tale  documento,  trascritto  nel  Lib.  Primi,  di  Siracusa.  Sebastiano 
Pisano  Baudo  nella  Storia  di  Lentini.  Ivi,  1902,  voi.  II,  pag.  151 
ricorda  questo  documento,  che  confonde  con  l'altro  anteriore  per 
restituzione  di  Galatabiano  ,  e  indica  lo  stemma  della  famiglia 
Lentini. 


VI. 

1282,  dopo  il  30  agosto. 

I  Siciliani  (Universitas  Siculorum)  inviano  al  Papa  Marti- 
no IV  una  lettera,  nella  quale  descrivono  lungamente  gli  eccessi, 
che  si  commettevano  dagli  Angioini  (Gallica  gens  effera,  absque 
Consilio,  sine  prudentia),  nonostante  che  sin  dal  principio  di  quel 
dominio  i  Siciliani  avessero  creduto  «  sub  pacis  copia  et  opulenta 
requie  gaudere».  Ricordano  al  Papa  che  egli  non  li  ha  voluto 
proteggere  ,  quantunque  avessero  alzato  il  vessillo  di  S.  Pietro 
ed  infocato  il  nome  della  Santa  Chiesa  Romana  ,  ma  che  Iddio 
permise  che  un  altro  Pietro  venisse  in  loro  aiuto.  Pertanto  esor- 
tano il  Papa  a  non  incrudelire  contro  di  essi. 

La  lettera  è  indicata  dal  Pirri,  Sicilia  Sacra.  Panormi  [Vene- 
tiis]  1733,  t.  1,  pag.  150,  come  esistente  in  copia  in  una  Cronaca 
della  Chiesa  vescovile  di  Girgenti ,  ed  in  un  manoscritto  presso 
l'abbate  La  Farina. 

Nel  volume  ms.  Qq.  E.  142  del  Thesaurus  siculus  di  F.  Serio 
e  Monuitore  è  segnata  tale  lettera,  citandosi  I'Anonimo. 


(1282)  —  20  — 

È  inserita  nella  Cronaca  di  Anonimo,  cap.  XL  edita  da  Mar- 
tène,  Thesaurus  t.  Ili,  col.  34-37;  da  Muratori,  Rerum  ital.  script. 
t.  X,  col.  838-841;  Burmanno,  Thesaurus  Sicil.  t.  V,  col.  26-28; 
e  Gregorio  ,  Bibliotheca  script.  Arag.  t.  II ,  p.  153  a  156. 

Fu  pubblicata  la  lettera  la  prima  volta  dal  Pirri  op.  cit.  nel- 
l'edizione originale,  1634,  t.  I,  pag.  151.  Venne  quindi  ristampata 
da  Filadelfo  Mugnos,  Raguagli  historici  del  Vespro  Siciliano.  Pa- 
lermo, 1669,  pag.  115-121  (il  testo  non  appare  alterato  da  lui,  che 
soleva  anco  inventare  documenti).  Raynaldi  ,  Annales  ecclesia- 
stici. Lucae,  1748,  t.  Ili,  pag.  538,  an.  1282,  §  19,  ne  inserisce  un 
frammento  tratto  da  un  manoscritto  del  conte  Federico  Ubaldini. 

Altre  ristampe,  ricavate  dall'edizione  del  Gregorio  ,  sono  in 
Palmeri,  Somma  della  Storia  di  Sicilia.  Palermo,  1834,  voi.  Ili, 
pag.  285,  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquète,  t.  IV,  pag.  279  ;  e 
De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida.  Napoli, 
1860,  pag.  340. 

Particolare  notizia  ne  offre  Amart,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  292. 
Pirri  crede  erroneamente,  e  senza  prove ,  che  per  presentare  la 
lettera  al  Papa  sia  stato  destinato  l'Arcivescovo  di  Palermo,  Pie- 
tro de  Santafede  ;  ma  costui  era  francese  e  non  palermitano  ,  e 
quindi  poco  propenso  ai  Siciliani ,  come  si  rileva  ora  dalla  me- 
moria dell'  illustre  archivista  Henri  Stein  ,  Testament  de  Pierre 
de  Sainte-Foi,  archevéque  de  Palerme  (1283)  inserita  nel  t.  LXXIII 
della  Bib Ho thèque  de  l'École  des  Charles.  Paris,  1912,  p.  436  e  seg., 
sebbene  1'  autore  non  escluda  la  possibilità  di  tale  missione.  A- 
mari,  pur  non  conoscendo  il  documento  edito  dallo  Stein  ,  non 
l'ammetteva,  perchè  riteneva  «  che  queir  arcivescovo  fosse  stato 
tutto  di  parte  angioina».  Op.  cit.,  pag.  293,  nota  1. — Ho  dato  an- 
nunzio della  memoria  di  Stein,  neWArch.  Stor.  Sicil.,  an.  XXXVII, 
1912,  pag.  530. 

L'altro  Pietro,  ricordato  nella  lettera,  è  evidentemente  Pietro 
di  Aragona,  venuto  allora  in  Palermo  ed  acclamato  loro  Re  dai 
Siciliani.  Notevoli  sono  le  parole  su  la  venuta  di  Pietro,  la  quale 
si  finge  quasi  inopinata  e  voluta  misteriosamente  da  Dio  :  «  Invo- 
care ex  insperato  in  presidium  nostrum  voluit  et  cum  paucis  co- 
mitibus  destinare,  quod  non  vacat  a  misterio  » . 


—  21  —  (1282) 

VII. 

,  settembre  14,  indizione  11%  Messina. 

Il  Re  Carlo  I  d'Angiò  scrive  ad  Alaimo,  inviandogli  una  per- 
gamena (nuda  membrana)  per  notarvi  quanto  egli  desidera.  Pro- 
mette a  lui  il  perdono  della  sua  ribellione,  ed  un  vistoso  assegno 
«  dummodo  nomen  nostrum  tantum  facias  invocari  per  populum  », 
e  gli  consegni  sei  cittadini  messinesi  (de  civibus  fariis)  per  la 
débita  punizione,  rimettendo  agli  altri  ogni  colpa. 

Alaimo,  in  una  breve  risposta ,  respinge  le  offerte  fatte  dopo 
le  vittorie  ottenute  nell'assedio  contro  gli  Angioini. 

Il  testo  di  queste  due  lettere,  che  forse  saranno' rese  più  brevi, 
ma  sembrano  autentiche,  è  riferito  da  Bartolomeo  di  Neocastro 
nella  Historia  Sicula  edita  da  Amato  ,  De  principe  tempio.  Pa- 
normi ,  1728,  pag.  538"  e  seg.,  Muratori,  Rerum  ital.  script., 
t.  XIII,  col.  1049,  e  da  Gregorio  ,  Biblioth.  scrip.  Arag.  ,  t.  I , 
pag.  60.  Pisano  Baudo  ,  Storia  di  Lentini.  Ivi ,  1902  ,  voi.  II , 
pag.  161  lo  ristampa,  traendolo  dal  Gregorio. 

Ne  fa  particolare  menzione  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  255. 

Sebbene  questi  due  documenti  siano  posteriori  al  10  settem- 
bre, nel  quale  giorno  il  Re  Pietro  ordinò  di  prestarsi  a  lui  dalle 
città  di  Sicilia  il  giuramento  di  fedeltà,  li  ho  compresi  in  questa 
serie,  perchè  l'assedio  in  Messina  fu  tolto  a  26  settembre ,  ed  il 
Re  Pietro  vi  entrò  a  2  ottobre.  Gfr.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  p.  306 
e  314.  A  6  ottobre  la  Comunità  (o  repubblica)  di  Messina  indi- 
ca vasi  con  olim.  —  V.  il  documento  (n.  IX)  del  1282,  aprile-set- 
tembre, per  i  conti  dei  Tesorieri. 


Vili. 

1282,  settembre,  dopo  il  36. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano  della  città  di  Messina,  «  ac  prò 
parte  Gommunis  Sicilie  magister  Portulanus  citra  llumen  Salsum», 


(1282)  —  m  — 

concede  «  de  voluntate,  Consilio  et  eonsensu  Consilii,  Iudicum  et 
Gommunis  ipsius  civitatis  Messane  ac  quorundam  proborum  viro- 
rum  Sicilie  tunc  Messane  degencium  »  a  Gualtieri  di  Caìtagirone, 
in  ricompensa  dei  danni  sofferti  da  Itti  nell'assedio  posto  in  Mes- 
sina da  Carlo  d'Angiò,  la  libera  estrazione  di  salme  quattrocento 
di  frumento  dal  porto  di  Terranova  per  fuori  regno,  dal  mede- 
simo vendute  ad  alcuni  mercanti  pisani. 

Di  questo  documento,  nel  quale  era  apposto  il  sigillo  (sub  sigillo 
Gommunis  Messane),  si  ha  memoria  precisa  in  altro  del  Re  Pie- 
tro del  5  gennaro  1283,  per  il  motivo  che,  essendo  stata  la  nave 
dei  Pisani  sequestrata  nel  porto  di  Palermo  ,  perchè  conteneva 
frumento  estratto  dalla  Sicilia  ed  in  maggior  quantità  della  con- 
cessione ,  il  Re  ordinava  che  si  permettesse  di  portarlo  ad  loca 
licita  extra  Regnum,  pagando  il  dritto  di  estrazione  per  la  quan- 
tità oltre  le  400  salme.  Carini,  De  rebus  regni  Siciliae,  pag.  254, 
e  seg. 

Amari,  9»  ediz.,  voi.  I,  pag.  265  ne  fa  «ricordo  ,  aggiungendo 
alcune  considerazioni  sulla  potestà  di  Alaimo  per  quella  conces- 
sione. 

La  data  del  documento  è  posteriore  al  26  settembre,  nel  qual 
giorno  finì  l'assedio  di  Messina  ,  ed  anteriore  al  2  ottobre.  —  V. 
quanto  ho  detto  sul  documento  del  14  settembre  (n.  VII). 

Gualtieri  di  Caìtagirone  è  notissimo  per  la  ribellione  poi  com- 
messa, con  l'intento  di  dare  la  Sicilia  nuovamente  agli  Angioini, 
e  per  la  fine  infelice,  essendo  stato  condannato  a  morte  a  22  mag- 
gio 1283.  Su  tali  fatti  basta  indicare  Amari  ,  9a  ediz.  ,  voi.  I , 
pag.  365  ;  voi.  II,  pag.  9  e  seg. 


IX. 

aprile  a  settembre,  Messina. 


Conti  resi  da  Bartolomeo  de  Brucaya  e  Berlinghieri  Taclerio, 
che  furono  già  Tesorieri  del  Comune  in  Messina  (thesaurarii  olim 
comunis  civitatis  Messane),  intorno  agli  introiti  ed  esiti  avvenuti 
durante  il  tempo  del  loro  ufficio. 


•    —  23  —  (1282) 

Si  ha  la  sola  notizia  di  tali  conti ,  che  dovevano  presentarsi 
in  ottobre  1284  per  ordine  del  Re  Pietro,  il  quale  ordinava  a  due 
cittadini  di  Messina  ,  razionali  della  Corte  ,  «  quatenus  receptis 
presentibus,  dictis  thesaurariis  corani  vestri  presencia  constitutis, 
recipiatis  ab  eis  tesaurarie  ipsorum  offìeii  racionem  debitam  et 
fìnalem  » . 

L'ordine  regio  del  6  ottobre  1282  è  pubblicato  da  Carini,  De 
rebus  Regni  Siciliae,  pag.  64. 

Ne  fa  cenno  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  259,  nota  5,  che  cita 
il  volume  dei  Bicordi. 

La  data  di  aprile  si  riferisce  all'  inizio  della  rivoluzione  in 
Messina  ,  dopo  la  metà  di  quel  mese  (Cfr.  Amari  ,  pag.  269)  ,  e 
corrisponde  a  quanto  dice  1'  Anonimo  (in  Gregorio  ,  Biblioth. 
script.  Arag.,  t.  II,  pag.  147)  che  i  Messinesi ,  prima  contrarii , 
seguirono  la  ribellione  «  in  fine  quasi  dicti  primi  mensis  dictae 
rebellionis  » ,  cioè  di  aprile. 


DOCUMENTI  FALSI 


X. 

1277  a  lu281  (nel  pontificato  di  Nicola  III). 

Alaimo  da  Lentini,  Palmeri  Abbate,  Gualtieri  di  Caltagirone 
ed  i  nobili  di  Sicilia  chiedono  la  protezione  del  Re  Pietro  di  A- 
ragona,  per  essere  liberati  dalle  oppressioni  che  soffrono.  Dicono 
che  quando  non  potranno  scrivergli,  dia  ascolto  a  quanto  gli  ma- 
nifesterà il  Procida. 

Il  testo  si  trova  nella  Historia  Conspirationis  edita  la  prima 
volta  da  Gregorio,  Biblioth.  script.  Arag.,  t.  I,  pag.  253. 

Fu  ristampato  da  N.  Palmeri,  Somma  della  Storia  di  Sicilia, 
voi.  IH,  pag.  282.  Vincenzo  Di  Giovanni  riferì  la  lettera  secondo 
le  varie  lezioni  del  Rebellamentu ,  del  Liber  Jani  de  Procita  e 
della  Leggenda  di  Messer  Gianni  di  Procida,  offrendone  i  testi 
a  riscontro  (nel  volume  Ricordi  e  documenti  del  Vespro  Siciliano, 
pag.  12).  Tale  sistema  dei  testi  paralleli,  adoperato  dal  Di  Gio- 
vanni nel  1882  ,  fu  poi  riprodotto  da  Amari  ,  9a  ediz. ,  voi.  Ili , 
pag.  26  e  seg.  ,  che  aggiunse  il  confronto  con  la  Cronaca  del 
Villani.  La  lettera  al  Re  Pietro  è  a  pag.  52,  e  non  ha  riscontro 
nel  Villani. 

Sebbene  il  documento  non  appartenga  al  tempo  della  rivolu- 
zione, e  lo  preceda  di  poco ,  non  può  omettersi  di  indicarlo  tra 
i  documenti  falsi ,  anco  per  mostrare  quali  tradizioni  corressero 
nel  secolo  XIV  su  i  preparativi  della  riscossa. 

Surita  negli  Anales  de  la  Corona  de  Aragón.  Qaragoca,  1610, 
lib.  IV,  cap.  XIII,  fa  particolare  menzione  di  questo  documento  : 
«  segun  hallo  escrito  por  un  autor  de  aquellos  tiempos  » .  Ne  fa 
cenno  Pisano  Baudo,  Storia  di  Lentini.  Ivi,  1902,  voi.  II,  pag.  165. 

Sul  valore  delle  varie  narrazioni  del  Rebellamentu  e  la  deri- 
vazione dalla  Cronaca  del  Villani  è  utile  consultare  ,   oltre   la 


—  25  —  (1282) 

nota  Appendice  di  Amari,  «Esposizione  ed  esame  di  tutte  le  au- 
torità istoriche  sul  fatto  del  Vespro  »  ,  inserita  nell'  ediz.  di  Pa- 
rigi del  1843  ed  accresciuta  nelle  posteriori,  anche  le  due  Appen- 
dici (IV  e  V)  al  lavoro  del  Cartellari,  Peter  von  Aragon  und 
die  sizilianische  Vesper  ,  pag.  216-235.  L'Appendice  IV  concerne 
la  «derivazione  della  Leggenda  »,  e  la  V  «  la  relazione  della  Cro- 
naca di  G.  Villani  »  con  le  varie  narrazioni. 

Di  recente  ha  nuovamente  trattato  questo  argomento  il  prof.  G. 
B.  Palma  nell'  importante  memoria  Lu  Rebellamentu  di  Sichilia, 
(neWArch.  Stor.  Sicil.,  an.  XXXV,  1910,  pag.  399  e  seg.). 


REGNO  DI   PIETRO  I 

(7  settembre  1282  a  IO  novembre  1285) 


GIACOMO  LUOGOTENENTE  GENERALE  DEL  REGNO 
dal  7  maggio  1283  in  poi 


NOTIZIE  PRELIMINARI 


§  1.  Nuovo  governo  monarchico  stabilito  in  Sicilia.  —  lnti= 
tolazione  regia  nei  documenti. 

Il  Re  Pietro  I,  invocato  dai  Siciliani  sin  dal  tempo  della  co- 
spirazione formatasi  in  Sicilia  ed  in  Catalogna  per  trarre  in  ro- 
vina la  dominazione  degli  Angioini,  venne  nell'isola,  per  assu- 
mervi la  regia  potestà  ,  in  seguito  al  Parlamento  tenuto  in  Pa- 
lermo in  agosto  1282  nella  chiesa  fondata  dall'Ammiraglio  Pietro 
d'Antiochia  (in  Ecclesia  Sancte  Marie  de  Admirato),  come  ricorda 
1'  Anonimo  ,  cap.  40  (in  Gregorio  ,  Bibl.  script.  Arag.  ,  t.  II , 
pag.  148). 

Fu  evidentemente  adoperata  allora  la  finzione  di  una  scelta 
quasi  improvvisa  del  nuovo  sovrano  ,  che  nelle  coste  africane 
guerreggiava  con  onore  ,  ed  era  tanto  vicino  alla  Sicilia  da  po- 
tere sollecitamente  accogliere  l' invito  che  a  lui  veniva  fatto.  I 
cronisti  Neocastro  (cap.  16  ,  in  Gregorio  cit.  ,  t.  I ,  pag.  35)  e 
D'Esclot  (cap.  85,  86  in  Buchon,  Chroniques  cit.,  pag.  631)  ma- 
nifestano quale  grande  diffidenza  si  avesse  nella  Corte  papale  ed 
in  quella  angioina  per  la  spedizione  in  Africa,  perchè  si  riteneva 
che  invece  il  Re  Pietro  «  ad  invasionem  Sicilie  motus ,  dirigat 
vires  suas  ». 

Il  medesimo  Re  Pietro  in  vari  documenti  espone  chiaramente 
l'origine  del  suo  nuovo  dominio,  e  basta  indicare  le  lettere  dei 
15  gennaio  e  9  febbraio  1283  (Carini,  De  rebus,  pag.  282,  479  e 
seg.),  nelle  quali  dice  che,  mentre  egli  trovavasi  nelle  regioni  di 
Barberia,  avvenne  (accidit ,  nobis  ibi  degentibus)  che  i  Siciliani 


(1282  -  85)  —  30  — 

per  nuove  oppressioni  degli  Angioini  inviarono  a  lui  i  propri 
ambasciatori,  richiedendolo  di  liberarli  dalla  servitù,  ed  accettare 
l'offerta  del  regno,  «et  ad  sumendum  ipsius  dominium,  pietatis 
intuitu,  postpositis  omnibus,  veniremus». 

Aggiunge  ancora  il  Re  che  i  Siciliani  avevano  dichiarato  che, 
se  egli  non  avesse  secondato  i  loro  voti,  avrebbero  preferito  se- 
guire la  religione  di  Maometto  ,  poiché  il  rimanere  sotto  il  do- 
minio degli  Angioini  «  sibi  erat  perire  quam  vivere  ,  tot  indefi- 
cienter  patibulis  terebantur  »  ;  onde  il  Re  commosso,  invece  di 
continuare  la  guerra  contro  i  Saraceni,  che  peraltro  non  recavano 
danno  ai  Cristiani  (quam  Sarvacenos  prosegui  Christianos  minime 
offendentes),  risolvette  di  recarsi  in  Sicilia.  Carlo  d'Angiò  infatti 
non  come  vero  signore  ,  «  et  ex  successione  legitimas ,  regebat 
gentem  sibi  subdita m  naturalem»,  ma  come  un  invasore;  e  per 
tal  motivo  la  Sicilia  si  ricordò  dei  precedenti  sovrani ,  «et  felicis 
non  immemor  precessorum  nostrorum  domimi,  et  a  predonis  ma- 
nibus  cupiens  eripi,  et  naturali um  dominorum  reddi  dominio». 

Dopo  tre  giorni  dal  suo  arrivo  in  Palermo,  cioè  nel  7  settem- 
bre ,  il  Re  Pietro  tenne  un  Parlamento  «  ab  totes  les  gents  de 
Palerm  e  des  viles  e  dels  Castells  de  Cecilia  que  de  cascun  lloch 
ni  havia  dels  millors  »  ,  ed  approvò  le  buone  consuetudini  del 
tempo  del  Re  Guglielmo,  e  ricevette  1'  omaggio  dei  nobili  e  dei 
buoni  uomini  delle  città  e  terre  ,  come  dice  D'Esclot  (cap.  91  , 
ediz.  Buchon,  pag.  636). 

Furono  inviati  dal  Re  a  10  settembre  ordini  ai  comuni,  che 
ancora  non  avevano  prestato  giuramento  ,  per  destinare  i  loro 
nunzi  (sindici) ,  e  se  ne  ha  notizia  nella  cronaca  del  Montaner 
(cap.  60,  ediz.  Buchon  ,  pag.  266).  Si  conserva  il  documento  di 
quell'annunzio,  nel  quale  si  legge  :  «  cum  iura  dictent  ab  univer- 
sitate  vestra  et  singulis  aliis  universitatibus  debite  fidelitatis  et 
homagii  nostre  magestati  prestentur  corporalia  iuràmenta  (Carini, 
De  rebus,  pag.  9).  Il  Re  proclamava  allora  che  per  quattro  mo- 
tivi egli  era  venuto  in  Sicilia  ,  cioè  per  il  diritto  spettante  alla 
moglie  sul  regno,  per  le  oppressioni  del  Re  Carlo  d'Angiò,  per 
l'invocazione  del  nuovo  dominio  e  del  suo  aiuto  (felix  subsidium) 
fatta  dalle  città  dell'isola  ,  ed  infine  per  il  suo  proposito  di  de- 
bellare il  nemico. 

Il  giuramento  dì  fedeltà  fu  prestato  esattamente  da  tutti  i  co- 
muni, perchè  il  Re  Pietro  a  20  ottobre  diceva  :  «  fidelitatis  et  ho- 


—  31  —  (1282  -  85) 

magii  sacramentis  nobis,  domine  regine  consorti  nostre  et  filiis 
nostris  et  heredibus  ab  universis  hominibus  terrarum  et  locorum 
predictorum  corporaliter  prestitis,  ut  est  iuris  »  (Carini,  De  rebus, 
pag.  109). 

L'espressione  iura  dictent  e  l'altra  ut  est  iuris,  adoperata  per 
il  giuramento  ,  si  riferiscono  sicuramente  alle  tradizioni  sveve , 
ossia  al  sistema  vigente  sotto  l'imperatore  Federico,  nel  IMO , 
dell'  intervento  dei  nunzi  dei  comuni  demaniali  al  Parlamento 
(Huillard  -  Bréholles  ,  Historia  diplomatica  Friderici  Secundi. 
Parisiis,  1859.  t.  V,  p.  II,  pag.  793);  e  peraltro  è  noto  che  nel  1258 
il  Re  Manfredi  cinse  la  corona  in  Palermo  ,  in  seguito  alla  ri- 
chiesta fattane  dai  nobili,  dagli  ecclesiastici  e  dai  «  singularum 
quoque  magnarum  civitatum  nuntii,  ex  parte  civitatum  suarum  », 
i  quali  intervennero  nella  cerimonia  della  coronazione  (Cronaca 
di  Iamsilla,  ediz.  Del  Re  ,  Cronisti  e  scrittori  sincroni  napole- 
tani. Napoli,  1868,  voi.  II,  pag.  200). 

Proveniva  l'obbligo  del  giuramento  al  Re,  oltre  che  dalle  nor- 
me del  diritto  feudale  comune  e  dai  patti  della  pace  di  Costanza, 
nei  quali  era  stabilito  :  «  Vassalli  nostri  a  nobis  investituram  re- 
cipiant  et  fìdelitatem  faciant  sicut  vassalli ,  caeteri  omnes  sicut 
cives»  (Lunig,  Codex  Italiae  diplomatici^,  t.  Ili,  col.  4»),  anche 
dai  ricordi  delle  leggi  di  Alfonso  il  Savio,  Re  di  Castiglia  negli 
anni  1252  a  1284,  il  quale  in  un  particolare  capitolo  sanciva  al- 
tresì «  en  que  manera  deve  honrrar  el  pueblo  al  Rey  nuevo  que 
reynare»  {Seg  linda  Partida,  tit.  XIV,  ley  XX.  Códigos  de  Espana, 
ed.  Martinez  Algubilla,  Madrid,  1885,  pag.  312). 

Il  Re  Pietro  I  per  le  continue  guerre  in  Sicilia  non  potè  co- 
ronarsi, e  sono  fantastiche  le  dipinture  e  le  iscrizioni  (ora  per- 
dute), che  vari  secoli  dopo  furono  apposte  nella  Cappella  nor- 
manna .dell'  Incoronata  allato  la  cattedrale  di  Palermo  (Amari  , 
9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  292;  voi.  IH,  pag.  443  e  seg.;  Di  Giovanni, 
La  topografia  antica  di  Palermo.  Ivi,  1890,  voi.  II,  pag.  221  e 
seg.),  e  le  altre  che  il  Viceré  Conte  di  S.  Stefano  fece  eseguire 
dopo  il  1679  nella  galleria  del  palazzo  reale,  come  attesta  Auria, 
Istoria  cronol.  dei  Viceré  di  Sicilia.  Palermo,  1697,  pag.  175. 

Ha  inizio  col  regno  di  Pietro  il  sistema  della  convocazione 
periodica  dei  Parlamenti  in  Sicilia,  che  sotto  il  dominio  del  Re 
Carlo  d'Angiò  erano  stati  del  tutto  aboliti ,  perchè  costituivano 
guarentigie  di  libertà.  Il  Re  Pietro  invece,  tenendo  conto  della 


(1282-85)  —  32  — 

volontà  del  popolo,  fu  acclamato  Re  nel  Parlamento  del  1282  in 
Palermo,  provvide  nell'altro  tenuto  in  Catania  in  novembre  (di- 
nanzi ai  sindici  scelti  dalle  popolazioni  demaniali)  prò  reforma- 
cione  status  ipsitis  provincie  [Sicilie],  abolendo  le  collette  intol- 
lerabili ed  il  diritto  di  marineria  (Carini  ,  De  rebus  ,  pag.  139 , 
196  e  225),  e  finalmente  in  quello  di  aprile  1283  in  Messina,  prima 
di  partire  dalla  Sicilia,  die  le  norme  per  il  governo,  la  luogote- 
nenza durante  il  tempo  di  sua  assenza,  e  la  successione  nel  re- 
gno (Neocastro,  Hist.  Siculo,,  cap.  63,  in  Gregorio,  Bibl.  script. 
Arag.,  t.  I,  pag.  90). 

Era  fermo  proposito  del  primo  Re  aragonese  di  non  limitare 
all'isola  soltanto  il  suo  dominio,  ma  di  estenderlo  alle  provincie 
continentali  dell'antico  regno  di  Sicilia.  Manifestava  egli  infatti 
a  20  ottobre  1282  al  Conte  Guido  di  Montefeltro,  dopo  la  vittoria 
di  Reggio  di  Calabria  :  «  Totum  Regni  residuum  ad  nostrum  do- 
minium  ,  divina  operante  clemencia  ,  credimus  convertendum  », 
ed  esortava  il  Conte  suddetto  a  recare  coi  comuni  amici  danno 
agli  Angioini  per  cacciarli  dal  regno.  Così  scriveva  pure  a  Corrado 
d'Antiochia,  ed  a  prelati,  nobili  ed  altri  di  terraferma  (Carini  , 
De  Rebus,  pag.  108,  110,  124).  11  Re  ripeteva  quelle  sollecitazioni 
in  gennaro  1283  (quando  peggioravano  le  sorti  dei  nemici  in  Ca- 
labria) ai  medesimi  Conte  di  Montefeltro  ,  e  Corrado  di  Antio- 
chia, ed  a  Francesco  Troisio  (altro  cospiratore  di  gennaio  1282), 
ad  Annibaldo  di  Milano,  ai  Romani  ed  agli  esuli  siciliani  (Ca- 
rini, cit.,  pag.  277,  279,  281). 

La  sperata  sollevazione  però  non  avvenne  ;  ma  gli  assalti  e 
le  occupazioni  di  città,  terre  e  castelli  delle  provincie  napolitane, 
e  tinanco  della  capitale  e  delle  isole  vicine  ,  per  opera  dei  Sici- 
liani, furono  frequenti  nell'epoca  del  dominio  di  Pietro  I  e  dei 
suoi  successori  sino  al  1347,  durante  il  regno  di  Ludovico,  quando 
i  cittadini  di  Napoli  (come  dice  un  cronista)  invocarono  la  pace, 
«  che  non  potiano  omni  jorno  comportari  quisti  simili  invasioni 
et  insulti  et  guerri  »  (G.  La  Mantia,  La  guerra  di  Sicilia  contro 
gli  Angioini  negli  anni  1313-1820  ecc.  Palermo,  1910,  pag.  63  e 
seg.). 

Per  l' intitolazione  sovrana  conviene  ricordare  che  I'Anonimo 
(cap.  40)  afferma  che  il  Re  Pietro  I ,  appena  venuto  in  Sicilia  , 
usava  il  suo  titolo  nei  documenti  in  questo  modo  :  «  Petrus 
dei  gratia  Rex  Aragonum  et  Siciliae  ,  regnorum  suorum  Arago- 


—  33  —  (1282  -  85) 

num  anno  septimo,  Siciliae  vero  primo  »  (Gregorio,  Bibl.  script. 
Arag. ,  t.  II ,  pag.  149).  Ciò  corrisponde  esattamente  coi  docu- 
menti del  registro  53  del  Re  Pietro.  Nel  primo  documento  di  tale 
registro  si  legge  :  «  Petrus  Dei  gracia  Aragonum  et  Sicilie  Rex  » 
nell'intitolazione,  e  così  in  alquanti  altri,  trovandosi  d'ordinario 
abbreviata  l'intitolazione  nei  registri. 

§  2.  Datazione  dei  documenti. 

È  degno  di  nota  quanto  si  ricava  dall'ultimo  documento  del 
registro  53  ,  del  30  dicembre  1282  ,  che  è  la  convenzione  per  il 
duello  tra  i  Re  Pietro  e  Carlo  d'Angiò,  che  doveva  avvenire  nella 
città  di  Bordeaux  (V.  doc.  n.  XVI). 

Viene  ricordato  in  quel  documento  del  30  dicembre  del  Re 
Pietro,  come  pure  nell'altro  consimile  del  Re  Carlo  d'Angiò  dello 
stesso  giorno,  che  sebbene  sembrino  discordare  le  date,  ciò  non 
si  avvera  affatto,  e  che  la  differenza  deriva  dal  diverso  computo, 
perchè  la  Cancelleria  del  regno  di  Aragona  e  di  altre  parti  ol- 
tramontane riconosce  l'inizio  dell'anno  dalla  Incarnazione,  men- 
tre la  Cancelleria  angioina  segue  per  il  computo  l'uso  della  Chiesa 
Romana  tociusque  fere  Ytalie  ,  cioè  dalla  Natività  ,  e  quindi  la 
data  del  30  dicembre  1282  (computo  aragonese)  e  1283  (computo 
angioino)  corrisponde  al  medesimo  anno  1282. 

L'erudito  Nicolò  Buscemi  nel  suo  pregevole  lavoro  La  vita  di 
Giovanni  da  Procida  privata  e  pubblica,  Palermo,  1836,  pag.  Vili 
dei  Documenti,  riferì  quella  parte  del  documento  sopra  ricordato 
che  concerne  il  computo  cronologico  delle  due  Cancellerie  regie. 
Sul  sistema  aragonese  del  computo  dalla  Incarnazione  dà  varie 
importanti  notizie  Gregorio,  Bibl.  Script.  Arag.  t.  I,  pag.  513-516. 

In  alcuni  documenti  contenuti  nel  reg.  53  di  Pietro  I  si  trova 
la  datazione  per  colende,  none  e  idi  secondo  il  sistema  romano; 
ma  di  consueto  vedesi  adoperato  alternatamente  quel  metodo  dal 
Re  Pietro  e  dal  suo  Luogotenente  Giacomo,  insieme  all'altro  fre- 
quente della  indicazione  più  semplice  del  numero  ordinale  del 
giorno. 

Negli  atti  notarili  alla  datazione  si  aggiungeva  l'indicazione 
del  sovrano  regnante.  Il  prof.  Cosentino  ,  Un  diploma  relativo 
al  Vespro  Siciliano  (in  Arch.  Stor.  Sicil.  an.  XII,  1887,  pag.  42) 
ha  fatto  cenno  di  un  atto  del  14  settembre  1282  esistente  nel  Ta- 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  3 


(1282-85)  —  34  — 

bulario  della  Magione  (perg.  153,  Arch.  di  Stato  di  Palermo),  e 
che  è  perciò  dei  primi  giorni  del  nuovo  regno  di  Pietro  1.  In 
quel  documento  è  detto  :  «  Regnante'  serenissimo  domino  nostro 
domino  Petro  dei  gratia  inclito  Aragonum  et  Sicilie  Rege». 

§  3.  Registrazione  dei  documenti  nella  Cancelleria  del  Regno. 

Il  metodo  di  registrazione  dei  documenti  nell'officio  della  Can- 
celleria del  regno  di  Sicilia  sotto  il  Re  Pietro  I  si  palesa  chia- 
ramente dai  registri  53  e  54  editi  dal  Carini  nel  volume  De  re- 
bus. Ne  ho  date  varie  notizie  nella  monografìa  Su  l'uso  della  re- 
gistrazione nella  Cancelleria  del  regno  di  Sicilia  dai  Normanni 
a  Federico  III  d'Aragona  (in  Arch.  Stor.  Sicil.  an.  XXXI,  1906, 
pag.  203  e  seg.).  Ho  rilevato  come  in  quell'epoca  e  sino  al  regno 
di  Federico  II  aragonese,  e  propriamente  al  1319,  non  si  avesse 
registrazione  dei  documenti  nell'officio  del  Protonotaro  del  Regno. 

L'illustre  prof.  Finke  nella  raccolta  degli  Ada  Aragonensia. 
Quellen  aus  der  diplomatischen  Korrespondenz  Jaymes  II  (1291- 
1327).  Berlin,  1908,  voi.  I,  pag.  XCIX  ,  osserva  che  «  i  registri 
di  Pietro  durante  il  periodo  del  vigoroso  dominio  siciliano  di- 
mostrano una  forma  del  tutto  diversa  (reg.  53  e  54),  che  non  si 
rinviene  sotto  il  governo  del  suo  successore  Alfonso  ». 

Per  il  periodo  posteriore  al  6  maggio  1283,  cioè  dopo  la  par- 
tenza del  Re  Pietro  I  dalla  Sicilia  per  la  Catalogna,  non  si  hanno 
registri  speciali  per  l'isola,  ma  i  documenti,  che  vi  si  riferiscono, 
sono  riuniti  con  gli  altri  che  concernono  la  Catalogna  e  1'  Ara- 
gona, e  dei  quali  ha  dato  solamente  il  riassunto  Carini,  Gli  Ar- 
chivi e  le  Biblioteche  di  Spagna  cit.,  voi.  II,  pag.  2  e  seg. 

§  4.  Luogotenenza  di  Giacomo,  figlio  secondogenito  del  Re 
Pietro.  —  Potestà  attribuite.  —  Registri  di  tale  epoca 
perduti. 

Prima  di  partire  per  la  Catalogna,  donde  dovea  recarsi  in  Bor- 
deaux per  il  duello,  il  Re  Pietro  I  convocò  il  Parlamento  in  Mes- 
sina verso  la  fine  di  aprile  del  1283.  Dice  il  cronista  Nicolò  Spe- 
ciale nell'  Historia  Sicula ,  cap.  25  (in  Gregorio  ,  Bibl.  Script. 
Arag.  t.  I,  pag.  321)  :  «  Post  haec  syndicis  universitatum  Sicilie, 


—  35  —  (1282  -  85) 

qui  Messanam  iussu  Regis  convenerant ,  Rex  Petrus  alloquutus 
est  »,  ed  aggiunge  che  raccomandò  ai  Siciliani  la  regina  ed  i  figli 
«  tamquam  dulce  pignus  et  monumentum  amoris  antiqui  »,  e  creò 
Guglielmo  di  Catanzaro  Vicario  in  Sicilia,  Alaimo  di  Lentini  Mae- 
stro Giustiziere ,  Giovanni  da  Procida  Cancelliere  del  Regno  ,  e 
Ruggiero  di  Lauria  Ammiraglio.  D'Esclot  (cap.  104,  in  Buchon, 
Chroniques  cit.,  pag.  648)  rileva  meglio  l'alta  potestà  conferita 
alla  regina  Costanza  ed  al  figlio  Giacomo,  poiché  ricorda  che  il 
Re  «  hac  stablit  sos  balles  e  sos  vicaris  per  tota  Cecilia ,  si  los 
feu  comandament  que  tots  fessen  lo  manament  de  la  reyna  e  de 
son  fili  En  Iaume  axi  com  per  eli». 

Nel  giorno  stesso  della  partenza  (6  maggio)  il  Re  elesse  in 
Trapani  il  nobile  Pietro  de  Queralt  capitano  o  Vicario  in  Sicilia 
al  di  qua  del  fiume  Salso  «  loco  et  vice  illustris  Iacobi  karissimi 
filii  nostri  »,  per  il  quale  il  Re  dice  che  «  egli  sostiene  per  nostro 
mandato  il  luogo  e  le  veci  nostre  in  generale  in  tutto  il  nostro 
regno  di  Sicilia  »  (Carini,  De  rebus,  pag.  633). 

La  dignità  di  Giacomo  era  pertanto  quella  di  Luogotenente 
generale  del  regno.  Un  documento  (che  pubblico  appresso)  del 
18  novembre  1284  del  Re  Pietro  è  diretto  :  «  Inclito  et  karissimo 
fìlio  suo  Infanti  Iacobo,  suo  in  regno  Sicilie  futuro  successori  et 
heredi  ac  generaliter  locum  eius  tenenti».  Di  esso  die  un  sunto 
Carini,  Gli  Archivi  e  le  Bibl.  di  Spagna,  voi.  II,  pag.  6. 

Il  Re  Pietro  I  dalla  Catalogna  inviava  negli  anni  1283  a  1285 
alla  regina  Costanza,  all'Infante  Giacomo,  a  Giovanni  da  Procida, 
ed  a  vari  officiali ,  alquanti  ordini  e  provvedimenti  riguardanti 
la  Sicilia;  e  si  ricava  così  la  prova  che  la  suprema  prerogativa 
reale  veniva  esercitata  in  modo  preciso  ,  e  contemperata  con  le 
facoltà  concesse  al  Luogotenente  generale  nell'isola,  e  che  il  Re 
Pietro  èra  informato  di  tutto  quanto  concerneva  i  maggiori  in- 
teressi del  regno  ,  come  riesce  manifesto  specialmente  dalla  let- 
tera al  Procida  del  29  luglio  1283  ( Saint- Priest,  Histoire  de  la 
conquète,  t.  IV,  p.  232,  e  ristampa  in  Carini  ,  De  rebus,  p.  433). 
Altri  ordini  erano  diretti  ad  officiali  di  Catalogna  ,  e  concerne- 
vano la  Sicilia. 

Non  sono  perciò  infondate,  come  le  dice  Amari,  le  notizie  per 
dichiarazione  di  successione  di  Giacomo  nel  regno  ,  che  dà  il 
Neocastro  ,  già  da  me  indicate.  Le  espressioni  erede  e  succes- 
sore derivano  senza  dubbio    dalla    cessione  del  regno  di  Sicilia 


(1282-85)  -  36    - 

(comprese  le  Provincie  continentali)  fatta  al  secondogenito  Gia- 
como, che  viene  ricordata  in  un  documento  inedito  dell'8  mag- 
gio 1285,  da  me  rinvenuto  nell'Archivio  della  Corona  di  Aragona 
in  Barcellona,  e  che  ho  pubblicato  nella  mia  memoria  Relazioni 
del  Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la  Sicilia  (ne\V  Anuari  (1908) 
de  l'Institut  d'Estudis  Catalans,  pag.  346). 

Le  potestà  attribuite  al  Luogotenente  Infante  Giacomo  certa- 
mente erano  assai  ampie.  Nondimeno  anche  la  regina  Costanza 
emanava  talvolta  ordini,  e  ciò  dimostra  il  motivo  di  esplicita  ri- 
serva, contenuta  in  un  privilegio  del  18  gennaio  1300  del  Re  Fe- 
derico II ,  la  quale  si  riferisce  ad  eventuali  concessioni  di  suo 
padre  Pietro  I,  della  madre  e  del  fratello  Giacomo. 

L'Infante  adoperava  questo  titolo  nei  suoi  documenti  :  «  laco- 
bus  Infans  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  fllius,  suus  in  regno 
Sicilie  futurus  successor  et  heres,  ac  eius  in  eodem  regno  gene- 
raliter  Locumtenens  ».  (Vito  La  Mantia,  Consolato  del  mare  e  dei 
mercanti  e  capitoli  vari  di  Messina  e  di  Trapani,  Palermo,  1897, 
pag.  V,  doc.  del  15  dicembre  1283).  Le  facoltà  del  Luogotenente, 
oltre  che  all'essere  dipendenti  in  parte  dalla  volontà  del  Re,  pare 
che  fossero  talvolta  soggette  pure  a  quella  della  regina ,  poiché 
nel  suddetto  documento  ,  riguardante  il  permesso  accordato  ai 
Messinesi  di  eligere  dovunque  un  Console,  si  legge  :  «  auctoritate 
qua  fungimur,  de  beneplacito  et  mandato  predicte  domine  regine 
domine  matris  nostre». 

L'  autorità  del  Re  Pietro  era  di  consueto  indispensabile  per 
corroborare  gli  ordini  del  Luogotenente.  Essa  doveva  venire  anco 
richiesta  nel  caso  di  ordine  dato  dalla  regina  al  Luogotenente. 
Nel  documento  sopra  ricordato  è  questa  espressa  riserva  :  «  be- 
neplacito et  mandato  predicti  domini  regis  domini  patris  nostri 
preservatis,  et  in  omnibus  semper  salvis».  Erano  quindi  le  po- 
testà di  Giacomo  quelle  che  invero  spettano  ad  un  Luogotenente, 
il  quale  per  i  privilegi  e  per  gli  affari  più  gravi  deve  ottenere 
l'approvazione  ed  il  consenso  o  beneplacito  regio. 

I  registri  del  tempo  della  luogotenenza  di  Giacomo  in  Sicilia  , 
cioè  dal  1283  al  1285,  sono  perduti,  per  le  guerre  che  avvennero 
allora  nell'  isola.  Nel  1906  ,  poco  prima  che  mi  fossi  recato  in 
Ispagna  ,  aveva  dubitato  che  i  registri  di  Giacomo  fossero  stati 
«portati  in  Aragona  nella  sua  successione  a  quel  dominio,  o  di- 
spersi nell'isola  »  {Su  Vuso  della  registrazione  cit.  in  Arch.  Stor. 


—  37  —  (1282  -  85) 

Sicil.,  an.  1906,  pag.  205).  Le  mie  ricerche  in  Barcellona  dimo- 
strarono che  non  furono  inviati  in  Catalogna  quei  registri,  che 
riguardavano  esclusivamente  la  Sicilia.  Il  prof.  Finke  negli  Ada 
Aragonensia  cit.,  voi.  I,  pag.  C  e  seg.  dà  soltanto  notizia  dei  re- 
gistri del  1291  in  poi,  esistenti  in  Barcellona. 

§  5.  Pubblicazioni  speciali. 

Per  tale  epoca  del  regno  di  Pietro  I  e  della  luogotenenza  di 
Giacomo  devonsi  qui  ricordare  : 

Féraud,  Expédition  du  roi  Pierre  III  a"  Aragon  à  Collo  au  XIII 
siede  (nella  Benne  Africaine,  Algèr,  voi.  XVI,  1872,  p.  241  e  seg.). 

Minieri- Riccio  C.  —  Il  regno  di  Carlo  I  di  Angiò  (in  Ardi. 
Stor.  Bai.,  serie  IV,  t.  4  a  7,  an.  1879-1881)  per  il  periodo  del  do- 
minio angioino  in  Napoli,  trascorso  dal  1282  al  1285,  e  le  guerre 
contro  la  Sicilia. 

Savio  F.  —  La  pretesa  inimicizia  del  Papa  Niccolò  III  con- 
tro il  Re  Carlo! d 'Angiò  (in  Ardi.  Stor.  Sicil.,  voi.  XX VII,  1902, 
pag.  358  e  seg.) ,  specialmente  il  cap.  VI  «Quando  il  Re  Carlo 
preparò  la  guerra  d'  Oriente  e  quando  i  suoi  nemici  s'  accorda- 
ono  contro  di  lui  ». 

Cartelliert  0.  —  Peter  von  Aragon  und  die  sizilianische  Ve- 
sper.  Heidelberg,  1904,  lavoro  assai  importante,  e  che  tien  conto 
delle  più  recenti  investigazioni  storiche  sui  preparativi  di  con- 
quista e  sulla  rivoluzione  del  1282. 

Gonzàlez  Hurtebise  E.  —  La  Crònica  general  escrita  por  Pe- 
dro  IV  de  Aragon.  Barcelona,  1906  (estr.  da  Revista  de  biblio- 
grafia catalana).  Offre  le  prove  per  riconoscere  in  Pietro  IV  l'au- 
tore della  cosidetta  Cronaca  de  S.  Inan  de  la  Pena,  che  comin- 
cia dai  tempi  remoti  e  termina  al  regno  di  Alfonso  IV.  Ne  ho  dato 
annunzio  neìVArch.  Stor.  Sicil.  an.  XXXI  (1906)  pag.  551  e  seg., 
rilevando  come  quella  cronaca  «  di  origine  catalana,  e  però  meno 
sospetta  di  altre  francesi  o  guelfe»  sia  rimasta  ignota  all' Amari, 
e  contenga  per  le  origini  della  rivoluzione  del  1282  il  ricordo  no- 
tevole che  conviene  riferire  :  «  Mandat  igitur  [Rex  Petrus]  statim 
nuntiis  ut  repatriarent ,  seque  regi  Carulo  Siculi  nullam  exhi- 
beant  servitutem,  quin  potius  rebellionem  incitent  et  faciant  con- 
tra  ipsum,  tamquam  eorum  terrarum  occupatorem  iniustum,  pro- 
mittens  se  esse  cum  eis  in  brevi,  Domino  suffragante.  Ob  quod 


(1282  -  85)  —  38  — 

nuntii,  facti  immodice  ilares,  in  Siciliani  revertuntur,  et  contro 
regem  Carolum  rébellionis  stininlum  scitant  incunctanter  » ,  cioè 
affrettano  la  rivoluzione  senz'altro  ritardo. 

Il  testo  di  quella  Cronaca  si  trova  nel  volume  intitolato:  Hi 
storia  de  la  Corona  de  Aragon  (la  mas  antigua  de  que  se  tiene 
noticia)....  impresa  ahora  por  primera  vez.  Zaragoza,  1876.  Gfr. 
cap.  XXXVI,  pag.  171. 

Girona  Llagostera  U.  —  Mullerament  de  V  Infant  En  Pere 
de  Cathalunya  ab  Madona  Constanca  de  Sicilia.  Barcelona,  1909. 

La  Manti  a  G.  —  Documenti  su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III 
con  la  Sicilia,  1285-1291  (ne\V  Anuari  (1908)  de  VInstitut  d'Estudis 
Catalans.  Barcelona,  1909,  pag.  340  e  seg.)  per  varie  notizie  del 
tempo  della  luogotenenza  di  Giacomo. 

Botet  y  Sisò  J.  —  Les  monedes  catalanes.  Barcelona,  1909. 

Nel  voi.  II,  pag.  69-75  sono  ricordate  le  monete  siciliane  del 
Re  Pietro  con  l'effìgie  di  lui,  e  se  ne  dà  il  fac-simile. 


REGNO  DI  PIETRO  I 


PERIODO  DEI  PREPARATIVI  DI  CONQUISTA 


XI. 


1282,  gennaio  18,  Algecira. 


Il  Re  Pietro  di  Aragona  scrive  al  Re  di  Castiglia,  dicendo  di 
avere  ricevuto  le  lettere  di  credenza  del  marchese  di  Monferrato, 
del  conte  Guido  Novello,  di  Corrado  di  Antiochia,  del  conte  Guido 
di  Montefeltro  e  di  altri  conti  e  magnati  «  Italie  ac  Regni  Sici- 
lie »  ,  per  mezzo  del  latore  Francesco  Troisio ,  il  quale  riferirà 
a  voce  la  sua  legazione  «  et  plura  alia  sibi  commissa».  Intorno 
all'importante  affare  della  ricuperazione  del  regno  di  Sicilia,  per 
il  quale  oggetto  il  Re  di  Castiglia.  generosameute  ha  promesso  il 
suo  aiuto  per  mezzo  dello  scudiere  Andrea  de  Procida,  il  Re  Pietro 
richiede  quel  Re  di  voler  sentire  quanto  diranno  il  medesimo  Pro- 
cida ed  il  Troisio,  e  di  rispondergli. 

(Il  documento  è  segnato  :  dominus  Iohannes,  cioè  da  Procida). 

È  trascritto  nel  reg.  47  ,  fol.  115  del  Re  Pietro  (Arch.  della 
Corona  d'Arag.  in  Barcellona). 

Fir  pubblicato  la  prima  volta  da  Satnt  -  Priest  ,  Hist.  de  la 
conquète  cit.  Paris  [1847],  t.  IV,  pag.  205.  Poi  venne  riprodotto 
da  Amari  nella  4'  ediz.  di  Firenze  (1851),  voi.  II,  pag.  559,  che 
dice  :  «  diploma  pubblicato  non  è  guari  »  ,  e  nel  1854  da  Salva- 
tore De  Renzi  nella  Collectio  Salernitana  ,  ossia  documenti  ine- 
diti e  trattati  di  medicina  appartenenti  alla  Scuola  medica  saler- 
nitana. Napoli  ,  1854  ,  t.  Ili ,  pag.  165  ,  doc.  n.  XIII  (cfr.  pure 
pag.  181)  ,  e  nel  18(50  dallo  stesso  De  Renzi  nell'opera  II  secolo 
decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida.  Napoli,  1860,  pag.  295,  no- 


(1282)  —  40  — 

ta  14,  premettendovi  questo  argomento  :  «  Giovanni  [da  Procida] 
si  trova  con  Francesco  Trogisio  e  con  altri  esuli  in  Aragona,  e 
probabilmente  era  Segretario  di  Re  Pietro». 

Carini,  Gli  Archivi  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  45  ne  ristampò  il 
testo  con  qualche  variante  ,  sul  registro  di  Barcellona  ;  ma  per 
equivoco  vi  ripetè  le  parole  marchionis  sino  de  Antiochia.  Egli 
lo  dice  giustamente  (a  pag.  46):  «Documento  di  capitale  impor- 
tanza ,  che  chiude  tutte  le  controversie  sulla  cospirazione  ante- 
riore al  Vespro  ,  e  di  cui  non  si  è  tenuto  quel  conto  che  meri- 
tava » . 

Nel  1886  fu  riprodotto  da  Pasquale  RiDOLA^nella  monografìa 
Federico  d'Antiochia  e  i  suoi  discendenti  (in  Arch.  Stor.  Napol., 
voi.  XI  ,  pag.  248) ,  e  nel  1889  dal  can.  Vincenzo  Di  Giovanni 
nella  memoria  I  documenti  dell'Archivio  di  Barcellona  e  il  rebel- 
lamento  di  Sicilia  contro  Re  Carlo  nel  1282  (nel  volume  Filologia 
e  letteratura  siciliana.  Nuovi  studi.  Palermo,  1889,^pag.  238). 

Varie  utili  notizie  su  questo  documento  fornisce  il  De  Renzi, 
Storia  documentata  della  Scuola  medica  di  Salerno,  Napoli,  1857, 
pag.  451,  455-456,  e  nell'elenco  dei  documenti  in  fine  delf volume, 
doc.  n.  135  e  140.  Fedele  Savio,  La  pretesa  inimicizia  del  Papa 
Niccolò  III  cit.  (in  Arch.  Stor.  Sic,  voi.  XXVII,  1903,  pag.  425) 
rileva  il  grande  pregio  di  tale  documento,  e  nota  che  il  Troisio 
era  «  un  esule  napoletano  che  nel  1266  era  statoTnegli  Abbruzzi 
a  capo  della  sollevazione  in  favore  di  Corradino». 

Amari  nell'ediz.  del  1851  (pag.  84)  fece  ricordo  diiquesto  do- 
cumento edito  dal  Saint  -  Priest  nel  1847,  ina  soltanto^  per  jle 
«  pratiche  tenute  a  quest'effetto  dalle  Corti  di"Aragona  e  Casti- 
glia  »,  senza  dimostrare  l' importanza  della  notizia  delle  cospira- 
zioni dei  Ghibellini  e  dei  due  fratelli  Procida.  Dovette  però  sop- 
primere poi  le  parole  della  la  ediz.  (pag.  48),  cioè  :  «Taccion  [gli 
storici]  del  rimanente  le  pratiche  con  l' impera tor  di  Costantino- 
poli e  coi  baroni  siciliani». 

Egli  fornì  nella  9a  ediz.,  pag.  172  e  seg.  più  estesa  menzione 
del  documento  ,  dopo  le  osservazioni  del  Carini  ,  ma  ne  trasse 
una  conseguenza  inverosimile  ,  affermando  che  «  il  documento 
non  prova  affatto  che  la  cospirazione  si  estendesse  nell'  isola  di 
Sicilia  »  ,  mentre  è  esatta  1'  altra  deduzione  che  il  Procida  «  se- 
guiva il  re,  fìdatissimo  segretario,  non  viaggiava  di  quel  tempo 
in  Sicilia  per  appiccar  fuoco  all'  insurrezione  ». 


—  41  —  (1282) 

Per  i  preparativi  della  spedizione,  avvenuti  dal  febbraio  1282 
in  poi,  sono  notevoli  la  lettera  del  Re  Pietro  del  1°  aprile  1282, 
pubblicata  nel  «  Memorial  historico  espanol.  Goleccion  de  docu- 
mentos,  opusculos  y  antiguedades  que  publica  la  Real  Academia 
de  la  Historia».  Madrid,  1851,  pag.  58,  n.  197,  e  della  quale  ri- 
ferì soltanto  alcune  parole  il  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il, 
pag.  47  ,  e  1'  altra  del  9  aprile  (V  Idus)  nella  quale  si  ricorda 
altresì  il  risultato  di  un'ambasceria  di  Francesco  Troisio ,  edita 
per  intero  dal  Carini  ,  ibidem.  Amendue  le  lettere  sono  dirette 
al  Re  di  Castiglia.  Cfr.  pure  le  osservazioni  che  il  Carini  fa  a 
pag.  192  e  che  giova  riportare  :  «  La  proroga  dell'  armata  sino 
al  1°  maggio  1282  prova  che  almeno  un  mese  prima  stavan  già 
affrettati  i  preparativi  ;  e  come  un  mese  prima  fu  la  Pasqua  , 
sembra  che  D.  Pedro  stava  disposto  [ossia  pronto  a  partire]  lo 
istesso  giorno  o  prima  del  massacro  »  [31  marzo].  Di  ciò  sono 
indizio  sicuro  il  documento  del  22  febbraio  1282  (Vili  kalendas 
marcii)  e  l'altro  di  proroga,  del  30  marzo  (in  Carini  cit.,  p.  10  e  12). 


XII. 

1282,  maggio  20,  Portfangos. 

Il  Re  di  Francia,  Filippo  III,  per  mezzo  dei  suoi  ambascia- 
tori, chiede  al  Re  Pietro  d  Aragona  a  quale  scopo  egli  prepari  i 
grandi  armamenti  (gran  apparell  de  gens  d'armes  et  de  navia), 
perchè  non  si  aveva  ancora  alcuna  certezza  del  luogo  ,  al  quale 
dovevano  dirigersi.  Sarebbe  contento  se  il  Re  Pietro  si  rivolgesse 
contro  i  nemici  della  fede  cristiana  ;  però  egli  teme  che  quegli 
armamenti  siano  contro  il  regno  di  Sicilia. 

In  un  breve  memoriale  di  risposta  il  Re  Pietro  dichiara  che 
quanto  egli  fa  è  per  servizio  di  Dio. 

Questo  documento,  con  la  risposta  del  Re  Pietro,  è  trascritto 
nel  registro  47,  fol.  118  r.  dell'Archivio  della  Corona  di  Aragona 
in  Barcellona. 

Fu  pubblicato  da  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquète  de  Naples 
cit.,  t.  IV,  pag.  203  e  seg.  Amari  lo  riprodusse  nella  ediz.  4a  di 


(1282)  —  m  — 

Firenze,  1851,  a  pag.  564,  doc.  IX,  ma  vi  tolse  però  la  risposta 
data  dal  Re  Pietro.  Neil'  indice  tale  documento  (IX)  fu  designato 
da  Amari  genericamente  così  :  «  Atti  di  un'ambasceria  di  Filippo 
l'Ardito  a  Pietro  d'Aragona,  scritti  a  Portfangos  ».  Egli  soppresse 
in  tutte  le  posteriori  edizioni  il  memoriale,  tranne  nella  9a  ediz. 
(1886),  voi.  Ili,  pag.  308.  Cfr.  quanto  dice  nel  voi.  I,  pag.  274. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  49  die  un  sunto  del 
documento.  . 

Riferisco  per  intero  il  memoriale,  perchè  offre  alcune  varianti 
con  l'edizione  data  dal  Saint-Priest. 

Ago  es  memorial  de  la  resposta  quel  Seynor  Rey  darago 
feu  a  les  paraules  que  sire  Alexandre  de  la  loese ,  e  sire 
lohan  de  Garreus  li  dixeren  de  part  del  seynor  Rey  de 
Franga. 

E  diu  que  sa  voluntat  et  son  proposit  fo  e  est  tota  via 
quel  fet  que  eli  ha  fet  aya  fet  a  enteniment  de  deu  aservir 
ago  fo  fet  a  Portfangos  xiij0  Kalendas  Iunii  anno  domini 
m°  cc°lxxx°  secundo. 

Per  la  sua  grande  reticenza  ,  quasi  a  forma  di  bisticcio  ,  il 
memoriale  non  lascia  dubbio  su  le  precise  mire  della  spedizione 
del  Re  aragonese,  e  sul  segreto  impenetrabile  che  la  circondava, 
per  non  ostacolare  i  preparativi  dell'assidua  cospirazione  sicilia- 
na ,  avendo  il  Re  Pietro  prima  della  rivoluzione  del  1282  ,  pro- 
messo agli  ambasciatori  dell'  isola  «  se  esse  cum  eis  in  brevi  , 
Domino  suffragante  »  (Cfr.  quanto  ho  detto  nelle  Notizie  prelimi- 
nari, al  §  5). 

Il  cronista  Saba  Malaspina  (ediz.  Gregorio,  Bibl.  script.  Arag. 
t.  II,  pag.  343  e  seg.  ;  e  Del  Re,  Cronisti  e  scrittori  sincroni  na- 
politani cit.,  voi.  II,  pag.  322)  riferisce  il  testo  delle  due  lettere, 
il  quale  pur  essendo  nella  sostanza  identico  a  quello  contenuto 
nei  documenti  delle  Cancellerie  reali ,  è  però  accresciuto  e  reso 
più  elevato  nella  forma,  come  peraltro  era  talvolta  costume  dei 
cronisti.  Il  Malaspina  crede  inviate  tali  lettere  innanzi  la  rivo- 
luzione del  1282  ;  ma  ciò  non  sarebbe  conforme  ai  fatti  dei  pre- 
parativi di  guerra  del  Re  Pietro.  Cfr.  Amari  ,  9a  ediz.  ,  voi.  1 , 
pag.  158  ,  che  dice  per  la  data  doversi  assegnare  «  ai  principii 
dell'ottantadue.  anzi  alle  prime  settimane  dopo  il  Vespro». 


—  43  —  (1282) 

XIII. 

1282,  maggio  26,  Parigi. 

L'Infante  Fernando,  fratello  del  Re  Pietro  III  di  Aragona  , 
raccomanda  al  Re  Edoardo  d  Inghilterra  il  mercante  Bertrando 
de  Cresuels  di  Montpellier,  e  gli  manifesta  di  aver  saputo  con  cer- 
tezza da  alcuni  mercanti  arrivati  da  Roma  (de  Curia)  che  il  Papa 
Martino  IV  verrà  presto  in  Marsiglia  e  che  varie  città  di  Sicilia 
si  sono  ribellate  al  dominio  di  Carlo  di  Angiò. 

Illustrissimo  et  victoriosissimo  principi  domino  Edwar- 
do,  Dei  gratia  regi  Angliae,  Ferrandus  filius  bonae  memo- 
riae  regis  Aragonum,  humile  manuum  osculamen.  Serenis- 
sime domine,  de  vestra  magnifica  liberalitate  confidens,  talia 
vestrae  Celsitudini  supplicare  praesumo,  quae  meis  meritis 
praesumere  non  auderem.  Hinc  est  quod  cum  Bertrandus 
de  Cresuels,  burgensis  Montispessulani,  usum  mercandi  in 
partibus  regni  vestri  exerceat  (cui,  suis  meritis  et  ipsius  pro- 
bitate  multimoda,  sim  multipliciter  obligatus)  vestrae  regiae 
Maiestati  humiliter  supplico,  quantum  possum,  quatinus  di- 
ctum  Bertrandum  velitis  habere,  contemplatione  mei,  spe- 
ciali gratiae  commendatum.  Scio  enim  ipsum  esse  talem  , 
quod  in  hiis,  quae  vestrae  dominationi  placuerint,  conabitur 
esse  gratus.  Ad  haec,  domine,  noveritis  quod  intellexi  prò 
certo  a  quibusdam  mercatoribus,  qui  de  novo  venerunt  de 
curia,  quod  Papa  prò  certo  in  brevi  veniet  Massiliam  ;  qui 
etiam  -pro  certo  dixerunt  mini  quod  quinque  civitates  Sici- 
liae  insurrexerunt  contra  regem  Karolum  et  interfecerunt 
omnes  Gallicos  habitantes  in  eis.  Alia  non  narrantur  Pari- 
siis  digna  referri.  Vigeat  vita  vestra  in  gratia  summi  Regis. 
Datum  Parisiis  VII  kalendas  Iunii. 

Documento  esistente  prima  nella  Torre  di  Londra,  in  «  Bun- 
dela  Literarum  et  Petitionum». 

Pubblicato  da  Rymer,  Foedera,  conventiones,  literae  inter  Reges 


(1282)  —  44  — 

Angliae  ecc.,  ediz.  2\  Londini,  1727,  t.  II,  pag.  201  col  titolo  :  «  De 
Francorum  in  Sicilia  occisione».  Ristampato  incompletamente 
da  Buchon,  Croniques  étrangères.  Paris,  1846,  pag.  746  in  nota,  e 
da  S.  De  Renzi,  II  secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida.  Na- 
poli, 1860,  pag.  338,  nota  5. 

Per  la  rarità  della  edizione  fattane,  e  l' importanza  del  docu- 
mento di  provenienza  della  Corte  del  Re  Pietro  d'Aragona ,  ho 
creduto  utile  di  riportarne  il  testo. 

Altro  annunzio  ,  che  precede  di  sedici  giorni  questo  dell'  In- 
fante Fernando  di  Aragona  ,  fu  dato  dal  Re  Carlo  d'  Angiò  a  9 
maggio  1282  al  Re  Filippo  di  Francia,  e  fu  pubblicato  da  Amari, 
2»  ediz.  di  Parigi  (1843),  voi.  II,  pag.  304,  che  ricorda  appena 
la  lettera  (da  lui  chiamata  avviso)  dell'Infante  Fernando  (voi.  I, 
pag.  147). 

Carini,  Gli  Archivi  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  192,  indica  que- 
sto documento  soltanto  per  le  notizie  che  ne  dà  Antonio  Bofa- 
rull  y  Brogà,  Historia  critica  (civil  y  eclesiastica)  de  Cataluna. 
Barcelona,  1876,  voi.  Ili,  pag,  192.  Viene  altresì  fatta  menzione 
dal  Carini  che  «  l' Infante  D.  Fernando  ,  commissionato  del  Re 
Pietro  a  Parigi  è  quel  medesimo...  a  cui  per  ordine  dell'istesso 
Re,  consegnò  una  somma  il  Procida».  Il  documento  del  23  mar- 
zo 1279,  che  a  ciò  si  riferisce,  fu  dato  in  luce  dal  Saint-Priest, 
Hist.  de  la  conquète,  t.  IV,  pag.  202  (dal  reg.  46  ,  fol.  34  di  Re 
Pietro>  in  Barcellona). 

Riesce  così  indubitata  la  corrispondenza  tra  Giovanni  da  Pro- 
cida e  1'  Infante  Fernando  in  Parigi  in  quel  tempo ,  ed  il  paga- 
mento di  rilevanti  somme,  diecimila  soldi  regali  di  Valenza.  Ca- 
rini cit.  a  pag.  19,  dà  il  sunto  del  documento  del  1279,  ma  per 
equivoco  interpreta  :  «  Il  detto  Procida  li  passi  [i  denari]  al  fra- 
tello di  lui  (Pietro)  Parisio  di  Ferrando  (sic)»,  mentre  deve  in- 
tendersi :  a  Fernando  fratello  di  lui  in  Parigi  ,  come  si  ricava 
dal  latino  :  «  solvi  faciat  Parisius  [corr.  Parisiis]  Ferrando  ger- 
mano nostro  ». 

Sono  note  le  intime  relazioni  tra  le  Corti  di  Aragona  e  d'In- 
ghilterra all'epoca  della  rivoluzione  di  Sicilia  del  1282.  Cfr.  pure 
su  ciò  il  doc.  XV. 


—  45  —  (1282) 

XIV. 

1282,  giugno  3,  Portfangos. 

Il  Re  Pietro  di  Aragona  ,  considerando  «  quod  nulli  morta- 
lium  notus  est  terminus  finis  sui  »,  fa  il  proprio  testamento,  col 
quale  nomina  erede  universale  V  Infante  Alfonso  in  Aragona  , 
Catalogna  e  terre  di  Valenza  ed  altri  territori,  e  nel  dominio  e 
diritti  spettanti  sul  regno  di  Maiorca  e  su  le  Contee  di  Rossi- 
glione e  Ceritania,  ed  inoltre  «  in  omnibus  etiam  aliis  bonis  et 
iuribus  nostris,  quecumque  habebiinus  tempore  obitus  nostri». 
Stabilisce  la  successione  del  secondogenito  Giacomo  nel  caso  di 
premorienza  di  Alfonso  ,  ed  in  modo  simile ,  per  gli  altri  figli  , 
istituisce  erede  «illum...  qui  nobis  supervixerit  et  primogenitus 
tunc  nobis  fuerit  ». 

Conferma  ed  approva  la  dote  ricevuta  dalla  moglie  Costanza, 
alla  quale  lascia  in  libera  facoltà  «  omnes  joyas  suas  et  totam 
vexellam  suam  auri  et  argenti  et  cameram  suam  et  alios  appa- 
ratos  suos  ».  Fa  altre  disposizioni  per  sepoltura,  donazioni  a  mo- 
nasteri ed  a  poveri,  e  per  assegni  ai  figli  ultrogeniti  ed  alle  figlie. 

(Rogato  per  gli  atti  del  notaro  Pietro  Marco  di  Barcellona). 

La  pergamena  originale  si  conserva  nell'  Archivio  della  Co- 
rona di  Aragona  in  Barcellona,  tra  le  pergamene  del  Re  Pietro, 
al  n.  302. 

Una  copia  se  ne  ha  nei  manoscritti  di  Antonino  Amico  e  di 
Schiavo,  voi.  Qq.  G.  1.  fol.  119r.  della  Biblioteca  Comunale  di 
Palermo. 

Fu  dato  in  luce  non  in  una  memoria  speciale,  come  meritava 
l' importanza  del  documento,  ma  in  fine  di  una  lunga  recensione 
scritta  dall'egregio  cav.  Giuseppe  Salvo -Cozzo,  ed  inserita  nel- 
YArch.  Stor.  Sic,  voi.  VII  (an.  1882),  pag.  437-440.  Il  Salvo - 
Cozzo  afferma  che  di  quel  documento  ebbe  copia  dal  Direttore 
dell'Archivio  di  Barcellona,  Manuele  de  Bofarull  (cfr.  pag.  432, 
nota  2). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  240  ha  dato  un  e- 
steso  sunto  di  tutte  le  disposizioni  contenute  nel  testamento,  ma 
non  ricorda  l'edizione  del  Salvo-Cozzo.  Non  si  giovò  Amari  della 


(1282)  —  46  — 

copia  del  testamento,  la  quale  si  conserva  in  Palermo,  né  dell'e- 
diz.  curata  daL  Salvo-Cozzo,  perchè  nell'ediz.  8a,  voi.  I,  pag.  192 
cita  il  Surita,  e  nella  9»,  voi.  I,  pag.  275  rimanda  al  riassunto 
formato  dal  Carini. 

Antica  notizia  di  tale  testamento  si  aveva  per  il  cenno  ,  che 
ne  fornì  lo  storico  Surita  (f  1581)  nell'opera  Anales  de  la  Co- 
rona de  Aragón.  Qaragoca  1610,  lib.  IV,  cap.  71,  t.  I,  fol.  298  r. 
Egli  dice  per  il  Re  Pietro  :  «  Habia  hecho  su  testamento  en  Port- 
fangos,  el  dia  que  se  Jiizo  a  la  vela  con  su  armada  a  la  empresa 
de  Berberia  ,  y  no  hizo  otro  codicilo  o  testamento  alguno  ,  ni 
dejò  hecha  mencion  en  el  del  reino  de  Sicilia  ,  corno  Muntaner 
afirma  ». 

Pirri,  Sicilia  Sacra,  Panormi  [VenetiisJ  1733,  t.  I,  pag.  XXXIX 
della  Chronologia  Regum,  male  interpretando  le  parole  del  Surita, 
dice  che  il  Re  Pietro  stabilì  che,  se  Alfonso  morisse  senza  figli, 
dovea  succedere  in  Aragona  Giacomo,  ed  in  Sicilia  Federico.  P. 
Bofarull,  Los  Condes  de  Barcelona  vindicados.  Barcelona,  1836, 
t.  Il,  pag.  245  offre  alquante  notizie  sul  testamento  del  Re  Pietro. 

È  notevole  nel  testamento  la  circospezione,  che  si  rivela  nella 
mancanza  assoluta  di  ogni  ricordo  dei  motivi  speciali,  per  i  quali 
il  Re  Pietro  fa  il  suo  testamento,  e  degli  avvenimenti  di  guerra 
che  allora  compievansi  in  Portfangos.  La  successione  del  primo- 
genito nel  regno  era  norma  comune  di  diritto  politico  ,  procla- 
mata solennemente  nella  legge  2»,  tit.  15,  Partida  II,  di  Alfonso, 
il  Savio,  di  Castiglia  del  1276  (Codigos  de  Espana  cit.,  pag.  315). 
iUfonso  di  Aragona,  primogenito  del  Re  Pietro,  ereditava  quindi 
di  diritto  il  regno  di  Aragona,  ed  a  lui  pure  sarebbe  appartenuto 
quant'altro  il  Re  Pietro  avesse  acquistato  innanzi  la  sua  morte, 
ed  in  tal  maniera  anche  la  Sicilia. 

Era  stato  peraltro  il  primogenito  Alfonso  riconosciuto  succes- 
sore del  padre  nei  suoi  domini  nell'anno  1276,  come  si  rileva  da 
un  documento  ,  rimasto  ignoto  all'  Amari  ,  e  diverso  dalla  sup- 
posta cessione  (9a  ediz.  voi.  I,  pag.  275),  e  da  me  pubblicato  nella 
memoria  Documenti  su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  di  Ara- 
gona cit.  (Barcelona,  1909  ,  pag.  340 ,  360).  Ho  dimostrato  pure 
in  tale  monografia  che  il  Re  Pietro,  non  avendo,  nel  testamento 
del  1282,  regolato  la  successione  nel  regno  di  Sicilia,  volle  che 
il  figlio  Alfonso  a  8  maggio  1285  in  S.  Celedonio  confermasse 
la  donazione  di  quel  regno  fatta  dal  medesimo  Re  Pietro  al  se- 


—  47  —  (1282) 

condogenito  Giacomo  probabilmente  nel  Parlamento  tenuto  in 
Messina  in  aprile  1283,  ed  altresì  (a  2  novembre  1285)  che  con- 
fermasse la  cessione  a  Giacomo  di  ogni  diritto  che  gli  potesse 
competere  su  la  Sicilia.  Ho  pubblicato  i  due  pregevoli  documenti 
inediti  a  pag.  346  e  seg.  Di  essi  Amari,  9"  ediz.,  voi.  II,  pag.  163 
e  seg.  conobbe  soltanto  il  brevissimo  argomento,  che  ne  die  Ca- 
rini, Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  180  e  182. 

Il  testamento  del  3  giugno  1282  rimase  il  solo,  che  il  primo 
Re  aragonese  di  Sicilia  abbia  fatto,  perchè  i  due  documenti  del 
2  e  3  novembre  1285  sono  :  il  primo  una  rinunzia  della  Sicilia 
alla  Chiesa  (atto  senza  valore ,  e  formato  per  illecita  ingerenza 
di  prelati),  e  l'altro  un  codicillo  per  legati  a  chiese  e  monasteri 
(Vedi  appresso  i  documenti  di  tali  date). 

Salvo -Cozzo  cit.,  pag.  431  e  seg.  sostiene  che  il  Re  Pietro 
abbia  scritto  nel  1285  «un  secondo  testamento  »  per  chiamare  al 
trono  Federico  in  Sicilia;  ma  le  espressioni  di  cronisti  o  contem- 
poranei, le  quali  egli  ricorda,  non  sono  che  alcune  riflessioni  sul 
diritto  di  Federico  a  succedere,  se  Giacomo  fosse  stato  chiamato 
in  Aragona,  secondo  il  testamento  del  3  giugno  1282. 

Per  la  dote  apportata  dalla  Regina  Costanza,  e  ricordata  nel 
testamento,  è  utile  consultare  la  monografìa  del  prof.  Daniele  Gi- 
rona  Llagostera  ,  Mullerament  de  l'Infant  En  Pere  de  Catha- 
lunya  ab  Madona  Constanga  de  Sicilia,  Barcelona,  1909,  e  della, 
quale  ho  dato  notizia  nell'  Arch.  Stor.  Sicil.  ,  an.  XXXI ,  1909, 
pag.  551  e  seg.  Un  documento  del  1264  era  stato  pubblicato  dal 
D'Achery,  Veterum  aliquot  scriptorum  Galliae  Spicilegium.  Pa- 
risiis,  1771,  t.  X,  p.  189  e  seg. 


XV. 

1282,  agosto  19,  Alcoyll  (Africa). 

Il  Re  Pietro  d' Aragona  scrive  al  Re  d'Inghilterra  Edoardo , 
per  dargli  notizia  che  egli,  lasciata  la  guerra  d'Africa  ,  si  è  ri- 
volto, a  ciò  richiesto,  (veneruntad  nos  nuncii  quorundam  locorum 
et  civitatum  Regni  Siciliae)  a  ricuperare  il  regno  suddetto,  «  ad 
habendum  et  impetrandum   ius  ,   quod  illustris  et  bona  consors 


(1282)  —  48  — 

nostra,  domina  Regina  Aragoniae  et  filii  nostri  habent  in  eodera 
Regno  » . 

Il  documento  si  conservava  nella  Torre  di  Londra  «  in  Bun- 
dela  Literarum  »  etc. 

Pubblicato  da  Rymer  ,  Foedera  ,  conventiones  ,  Uterae  Inter 
Reges  Angliae  ecc.  2a  ediz.  1727,  t.  II,  pag.  208,  con  la  data  ine- 
satta del  19  luglio.  Ristampato  da  Amari,  Un  periodo  ecc.  pag.  X 
dei  Documenti ,  e  nelle  posteriori  edizioni  ,  correggendo  la  data 
in  19  agosto  (per  le  ragioni  che  adduce),  da  Buchon,  Croniques 
étrangères  cit.  Paris,  1846,  pag.  748  in  nota,  senza  l'ultimo  pe- 
riodo, da  De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida. 
Napoli,  1860,  pag.  339,  nota  12  e  da  Vittorio  Balaguer,  Historia 
de  Cataluna.  Madrid,  1886,  t.  IV,  pag.  440. 

È  ricordato  da  Carini,  Gli  Arch.  e  le  BibL,  voi.  II,  pag.  192 
per  l'indicazione  data  nell'opera  Historia  de  Cataluna  di  Antonio 
Bofarull,  che  «non  cita  le  fonti». 

Gfr.  il  cenno  che  ne  dà  Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  287. 

L'espressione  sovente  usata  dal  Re  Pietro  per  giustificare  la 
conquista  della  Sicilia  col  nome  di  ricuperazione,  per  il  diritto 
appartenente  alla  moglie  ed  ai  figli  ,  oltre  che  in  questo  docu- 
mento, si  trova  nella  antecedente  lettera  di  lui  al  Re  di  Gastiglia 
del  18  gennaio  1282  (Gfr.  doc.  n.  XI).  Altro  esplicito  ricordo  della 
ricuperazione  «  iure  domine  consortis  et  tìliorum  nostrorum  »  si 
ha  nelle  lettere  circolari  del  10  settembre  1282  (Carini,  De  rebus, 
pag.  9)  spedite  alle  città  e  terre  di  Sicilia  per  prestare,  per  mezzo 
dei  sindici,  il  giuramento  di  fedeltà  al  Re  Pietro.  Vedi  Savio,  La 
pretesa  inimicizia  del  Papa  Niccolò  III  cit.  in  Arch.  Stor.  Sicil., 
voi.  XXVII,  1903,  pag.  427  e  seg. 

Il  napolitano  Pietro  Giannone,  Istoria  civile  del  regno  di  Na- 
poli. Ivi,  1723,  t.  Ili,  pag.  46,  lib.  XX,  cap.  V,  ricorda  tale  let- 
tera ,  edita  da  Rymer  fra  i  documenti  «  ultimamente  fatti  dare 
alla  luce  dalla  Regina  Anna».  Domenico  Tomacelli,  Storia  dei 
reami  di  Napoli  e  Sicilia  dal  1250  al  1303.  Napoli  1846,  voi.  I, 
pag.  202  e  445  dà  particolare  notizia  di  questo  documento. 


PERIODO  POSTERIORE  ALL'ACCLAMAZIONE 

IN    PALERMO 
(7  settembre) 


XVI. 

1282,  9  settembre  a  30  dicembre. 

Documenti  del  Re  Pietro  I  durante  il  tempo  della  sua  residenza 
in  Sicilia  e  dopo  V  acclamazione  a  Re,  avvenuta  il  7  settembre 
nel  Parlamento  tenuto  nella  città  di  Palermo. 

Tali  documenti  raggiungono  il  numero  di  303  sino  a  dicembre. 

Sono  trascritti  nel  registro  di  Pietro  segnato  Regest.  12,  Retri  2, 
Pars  I,  N.  53  (f.  1-106),  esistente  nell'Archivio  della  Corona  di 
Aragona  in  Barcellona.  L' indicazione  De  Rebus  regni  Siciliae 
(simile  al  titolo  De  rebus  siculis  dato  dal  Fazzello  alla  sua  opera), 
che  si  trova  apposta  in  un  foglio  che  precede  il  registro,  fu  ag- 
giunta in  epoca  assai  tarda,  e  non  appartiene  per  nulla  alla  Can- 
celleria del  Re  Pietro. 

Una  descrizione  di  questo  registro,  che  prima  era  unico  con 
l'altro  di  n.  54,  come  si  vede  dalla  numerazione  romana  dei  fogli, 
si  trova  in  Carini,  De  rebus  ,  pag.  VII  e  seg.  ,  nella  notizia  Ai 
lettori,  firmata  da  G.  Silvestri  e  compilata  su  i  notamenti  fatti 
dal  Cariai. 

L'itinerario  del  Re  Pietro  durante  il  periodo  dall'acclamazione 
sino  alla  fine  dell'anno  1282,  come  si  ricava  dal  registro,  è  que- 
sto :  9  settembre,  Palermo  ;  24  settembre  ,  Randazzo  ;  5  ottobre, 
Messina;  13  novembre,  Catania  ;  5  dicembre,  Messina. 

Il  primo  documento  ha  la  data  del  9  settembre,  e  concerne  la 
richiesta  di  animali  da  inviarsi  da  vari  comuni  a  Palermo  per 
fornimento  dell'esercito.  Il  Carini  indica  che  innanzi  a  quel  do- 
cumento è  apposta  la  «  rubrica  »,  o  meglio  la  datazione  generica  : 
«  Mense  Septembris ,  anno  domini  millesimo  ducentesimo  octua- 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  4 


(1282)  —  50  — 

gesimo  secundo.  In  Panormo».  Tale  importante  nota  cronologica 
iniziale  il  Carini  non  credette  conveniente  di  riferire  nel  testo. 

L'ultimo  documento  dell'anno  1282  (30  dicembre)  trascritto  nel 
registro  53  a  fol.  104-106  è  la  convenzione  solenne  tra  il  Re  Pietro 
ed  il  Re  Carlo  per  il  duello  da  tenersi  in  Bordeaux,  «pugna.... 
fiat  in  posse  Regis  Anglie,  videlicet  in  Vasconia  in  territorio  ci- 
vitatis  Burdegalensis».  Fu  dato  in  luce  da  De  Marca,  Marca  hi- 
spanica.  Parisiis,  1688,  che  lo  trasse  «ex  archivio  regio  Palensi», 
Martène,  Thesaurus  novus  anecdotorum.  Parisiis  ,  1717  ,  t.  Ili, 
pag.  101  «  ex  veteri  membrana  Ecclesiae  Alariensi  »,  Lunig,  Godex 
Italiae  diplomaticus.  Francofurti,  1725  ,  t.  II,  pag.  986  ,  Rymer, 
Foedera,  conventiones  cit.,  ed.  2a,  1727,  t.  II,  pag.  226,  Muratori, 
Antiquitates  italicae  medii  aevi.  Mediolani,  1742,  t.  Ili,  pag.  655 
«ex  regesto  Communis  Mutinae»,  e  ristampato  infine  da  Carini, 
De  rebus,  pag.  681-688.  Altra  identica  convenzione,  tranne  per  i 
nomi  dei  propri  aderenti,  fece  il  Re  Carlo  d'Angiò. 

Nel  voi.  ms.  Qq.  E.  142  (Bibl.  Com.  di  Palermo)  del  Thesau- 
rus Siculus  di  Francesco  Serto  e  Mongitore  è  riferito  il  testo  di 
quei  documenti,  tratto  dall'opera  del  De  Marca  Gesta  Comitum 
Barcin.,  pag.  581,  587. 

Si  trova  nel  Registro  angioino  1280  B  n.  39,  fol.  151  r.  (Arch. 
di  Stato  di  Napoli)  il  testo  della  convenzione  del  1282  approvata 
dal  Re  Carlo.  È  preceduto  dalla  lettera  di  credenza  del  6  dicem- 
bre, dal  salvacondotto  (11  dicembre),  e  dalla  nomina  degli  amba- 
sciatori per  trattare  il  duello  (26  dicembre).  Quest'  ultimo  docu- 
mento da  quel  registro  fu  tratto  e  pubblicato  da  Vivenzio  ,  Del- 
l'istoria del  regno  di  Napoli.  Ivi,  1816,  t.  II,  pag.  353  e  seg.  Del 
registro  fece  menzione  Tomacelli,  Storia  dei  reami  di  Napoli  e 
Sicilia  dal  1250  al  1303.  Napoli,  1847,  voi.  I,  pag.  448.  Minieri 
Riccio  pubblicò  alcuni  di  quei  documenti  nella  Genealogia  di 
Carlo  I  di  Angiò.  Napoli,  1857,  pag.  165-174,  e  die  il  regesto  di 
tutti  nel  lavoro  II  regno  di  Carlo  I  d'Angiò  (in  Arch.  Stor.  Ital., 
Serie  IV,  t.  4°,  1879  ,  pag.  358  e  seg.) ,  ma  con  indicazione  ine- 
satta del  registro. 

Nel  ms.  Qq.  G.  1  di  Amico  e  Schiavo  ,  fol.  134  (Bibl.  Com. 
Pai.)  si  ha  la  copia  della  convenzione  tratta  da  quel  registro 
angioino. 

Vari  documenti  di  tale  periodo,  da  settembre  a  dicembre  1282, 
appartenenti  al  registro  53  sono  indicati  nel  regesto,  sebbene  al- 
quanto indeterminato  e  conciso  e  talvolta  erroneo,  e  non  esatta- 


—  51  —  (1282) 

mente  cronologico,  formato  da  Prospero  Bofarull,  e  pubblicato 
per  cura  del  marchese  Gino  Capponi  nella  serie  Appendice  del- 
V Archivio  Storico  Italiano  ,  voi.  V  (1847),  pag.  254-257.  Del  su- 
detto  elenco  si  giovò  De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  Giovanni 
da  Procida,  Napoli,  1860.  Cfr.  pag.  337  nota  2,  pag.  387  note  8 
a  13,  pag.  388  nota  37.  Amari,  9a  ediz.  ,  voi.  I,  pag.  149  dà  al- 
cuni cenni  sull'elenco. 

I  documenti  indicati  nell'elenco  del  Bofarull  trovano  riscon- 
tro ,  tranne  per  due  con  sunto  troppo  generico ,  con  quelli  editi 
dal  Carini  : 

pag.  255,  Bofarull,  1282  settembre,  Carini,  De  rebus,  p.  1,  9. 

pag.  256,  Bofarull,  in  Carini,  p.  98  (ottobre),  676  (dicembre), 
3  (settembre). 

pag.  ivi,  Bofarull,  ottobre,  Carini,  p.  110,  84,  104. 

pag.  257,  Bofarull,  in  Carini,  p.  4  (corr.  settembre),  108  (ot- 
tobre), 124,  139. 

dicembre  7,  Carini,  pag.  675. 

pag.  254  Bofarull,  1281[2]  ,  31  dicembre,  Carini,  pag.  681. 

II  Saint-Priest  nello  stesso  anno  1847  nella  Histoire  de  la  con- 
suète, t.  IV,  pag.  211-215  die  in  luce  nell'Appendice  alcuni  docu- 
menti del  1282  ,  tratti  dal  reg.  53  del  Re  Pietro ,  fogli  2  r.  ,  29 , 
68 r.,  81. 

Nel  volume  dei  Bicordi  e  documenti  del  Vespro  Siciliano  editi 
dalla  Società  di  Storia  Patria  nel  1882,  nella  parte  II  si  trova  da 
pag.  1-245  il  testo  dei  documenti  da  settembre  a  30  dicembre  1282, 
contenuto  nel  primo  reg.  53,  trascritto  dal  Carini  in  Barcellona. 
Si  ha  pure  l'edizione  del  testo  nell'identica  forma  nel  volume  De 
rebus,  che  offre  la  trascrizione  intera  dei  registri  53  e  54,  e  del 
quale  si  compì  la  stampa  dopo  il  volume  dei  Bicordi. 

Alquanti  documenti  del  reg.  53,  che  erano  stati  solamente  per 
sunto  riferiti  dal  Carini  nei  Bicordi  e  nel  volume  De  rebus,  nella 
serie  completa  dal  n.  I  a  CCCTII,  furono  editi  per  intero  in  nu- 
mero di  55  da  G.  Silvestri  sui  manoscritti  del  Carini,  nell'4p- 
pendice  ai  Documenti  estratti  dall'Archivio  della  Corona  di  Ara- 
gona. Palermo,  1892,  pag.  1-60.  Però  anche  in  tale  Appendice  ne 
mancano  altri,  che  pubblicherò  in  una  seconda  Appendice,  aven- 
done trascritto  il  testo  in  Barcellona. 

Nel  registro  53  i  documenti  del  Re  Pietro  non  sono  riportati 
con  ordine  rigoroso  di  data  di  giorno,  e  riesce  utile  pertanto  per 


(1282)  —  m  — 

la  ricerca  consultare  l'Indice  posto  in  fine  al  volume  dei  Ricordi 
ed  all'altro  del  De  rebus,  nei  quali  si  ha  lo  Elenco  dei  documenti 
disposti  per  ordine  cronologico.  Carini  per  la  fretta  omise  inte- 
ramente (senza  darne  nemmeno  il  sunto)  il  testo  di  un  documento, 
che  pubblico  appresso,  e  di  qualche  altro  lo  diede  compendiato  o 
frammentario,  come  rileverò  nella  seconda  Appendice. 

I  documenti  n.  I  a  VII  del  19  novembre  al  30  dicembre  1282, 
che  il  Gartni  pubblicò  in  fine  del  volume  dei  Bicordi  e  dell'altro 
del  De  Rebus,  nell'Appendice  concernente  il  duello  dei  Re  Carlo 
e  Pietro  (pag.  675-688),  appartengono  al  reg.  53,  e  formano  nella 
serie  principale  i  n.i  CCXIV,  CCXLVI,  CCLXXX,  CCXC,  CCXCI, 
CCXCIV  e  CCCIII  dell'ediz.  del  Carini. 

Per  i  documenti  editi  dal  Saint-  Priest  è  da  notare  che  tro- 
vansi  nell'edizione  Carini  doc.  II  (Saint-Priest  ,  IV,  pag.  214) , 
III  (S-P ,  p.  217  in  sunto) ,  V  (S-P ,  p.  213)  ,  XC  (S-P  ,  p.  211J  , 
CCXIV  (S-P,  p.  215),  CCXLVI  e  testo  in  Appendice,  n.  II  (S-P, 
p.  215). 

Si  ha  la  menzione  esplicita  di  alcuni  documenti  del  Re  Pietro 
dell'anno  1282  nelle  cronache,  nei  Capitoli  del  regno  od  in  pri- 
vilegi, e  giova  ricordarli  : 

1.  Doc.  15  ottobre  1282  per  licenza  concessa  ai  Messinesi  di 
trasportare  da  altre  parti  di  Sicilia  i  frumenti,  che  loro  occorres- 
sero (in  Carini,  De  rebus,  pag.  101).  È  ricordato  nel  privilegio 
del  Re  Giacomo  del  1286  per  franchigie  a  Messina,  pubblicato  da 
Gallo,  Annali  di  Messina.  Ivi,  1788,  pag.  151-158,  e  ristampato 
da  Starrabba  ,  Consuetudini  e  privilegi  della  città  di  Messina. 
Palermo ,  1901 ,  pag.  251  e  seg.  La  designazione  del  documento 
del  Re  Pietro  è  a  pag.  262,  lin.  3-9  dell'ediz.  Starrabba.  Su  la 
vera  data  (1286)  del  privilegio  di  Giacomo,  che  si  era  creduto  er- 
roneamente del  1294,  cfr.  G.  La  Mantia  ,  Le  Pandette  delle  ga- 
belle regie,  antiche  e  nuove,  di  Sicilia  nel  secolo  XIV.  Palermo,  1906, 
pag.  VI,  nota  2. 

2.  Doc.  23  ottobre  1282  di  concessione  delle  terre  di  Palaz- 
zolo  e  Buccheri  e  del  casale  di  Odogrillo  ad  Alaimo  da  Lentini 
e  suoi  eredi ,  con  1'  obbligo  del  servizio  militare  (in  Carini  ,  De 
rebus,  pag.  163).  Ne  dà  notizia  il  cronista  Bartolomeo  de  Neoca- 
stro nel  cap.  63  (ediz.  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.,  t.  I,  pag.  91), 
dicendo  che  il  Re  Pietro  «tria  castra  Bucherium,  Palaciolum  et 
Odogrilum  sub  specie  dilectionis  et  pacis  dedit  Alaymo  »,  sebbene 


—  53  —  (1282) 

inesattamente  riporti  la  concessione  ad  aprile  1283,  poco  innanzi 
la  partenza  del  Re  per  la  Catalogna.  Gfr.  Amari  cit. ,  9a  ediz. , 
voi.  I,  pag.  368,  che  segue  la  data  dell'ed.  Carini.  Aveano  fatto 
cenno  della  concessione  1'  Aprile  ,  Cronologia  universale  di  Si- 
cilia. Palermo,  1725,  pag.  147,  e  Villabianca,  Sicilia  nobile.  Pa- 
lermo 1754,  parte  II,  voi.  II,  pag.  529,  e  Memorie  istoriche  degli 
antichi  uffìzi  di  Sicilia.  Palermo  1764,  pag.  79. 

3.  Doc.  12  dicembre  1282  per  esenzione  concessa  ai  Siciliani 
dal  pagamento  di  collette  e  dal  diritto  di  marineria  ,  secondo  le 
deliberazioni  del  Parlamento  di  Catania  (in  Carini  ,  De  rebus  , 
pag.  255,  e  ripetuto  a  p.  272  con  data  12  gennaio  1283  per  parte- 
cipazione al  comune  di  Monte  S.  Giuliano ,  poiché  la  comunica- 
zione delle  risoluzioni  del  Parlamento  è  del  26  novembre  1282,  a 
pag.  196).  Quel  privilegio  del  Re  Pietro  è  espressamente  confer- 
mato per  il  diritto  di  marineria  nel  cap.  XLIV  del  Re  Giacomo 
del  1286  (Ved.  Capitula  Regni  Siciliae,  ed.  Testa.  Panormi,  1741, 
pag.  25).  Il  Re  Federico  II  nel  1299  approvò  per  Caltagirone  la  fran- 
chigia dalla  tassa  di  marineria,  la  quale  franchigia  era  stata  con- 
cessa prima  (come  si  afferma)  dal  Re  Pietro  alle  città  di  Sicilia. 
Randazzini,  I  reali  privilegi  riguardanti  il  patrimonio  fondiate 
di  Caltagirone.  Ivi  1896,  pubblicò  il  documento  (p.  31).  Vito  La 
Mantia,  Antiche  Consuetudini  cit.  ,  pag.  CCLXXIV  ne  dà  parti- 
colare notizia. 


XVII. 

settembre  13,  Palermo. 


Il  Re  Pietro  I,  in  risposta  alla  lettera  inviatagli  dal  Re  Carlo, 
che  gl'imponeva  di  lasciare  subito  la  Sicilia  che  aveva  ingiusta- 
mente occupata,  «  confestim,  lectis  nostrarum  literarum  apicibus, 
a  Regno  nostro  Sicilie  cum  tua  gente  propere  discedas  »  ,  di- 
chiara che  la  sua  gente  non  è  usa  a  fuggire,  ricorda  la  fine  mi- 
seranda di  Corradino  e  le  grandi  oppressioni  dei  Siciliani ,  ed 
afferma  :  «  Iustam  namque  causam  fovemus.  Nam  hereditaria  iura 
Regni  Sicilie  ,  Ducatus  Apulie  et  Principatus  Calabrie  serenissi- 
me domine  uxoris  nostre,  filie  quondam  Regis  Manfridi,  et  amite 
Regis  Conradi  prosequimur». 


(1282)  —  54    - 

Si  ha  una  copia  di  tale  documento  a  fol.  105  del  Codice  car- 
taceo del  secolo  XIV  di  lettere  di  Pietro  delle  Vigne  ed  altri  do- 
cumenti ,  conservato  nella  Biblioteca  del  Principe  di  Fitalia  in 
Palermo.  Ne  fanno  menzione  G.  Agnello,  Notizie  intomo  ad  un 
codice  relativo  all'epoca  svevo-angioina.  Palermo  1832  ,  pag.  43, 
ed  Amalia  Giannone,  Il  Codice  Fitalia  cit.  ,  pag.  99 ,  nota  1 ,  e 
pag.  109,  n.  10. 

In  altro  Codice  F.  C.  22  di  carattere  del  secolo  XV,  della  stessa 
Biblioteca,  è  inserito  dopo  la  cronaca  di  Fra  Michele  di  Piazza  il 
testo  di  questa  lettera,  preceduta  pure  dall'altra  di  Re  Carlo.  Cfr. 
Stefano  Vittorio  Bozzo,  Giovanni  Chiaramonte  II  nella  discesa 
di  Ludovico  il  Bavaro  (in  Arch.  Stor.  Sicil.,  an.  1878,  pag.  178). 
Egli  afferma  che  quelle  lettere  «  dovean  correre  a  lor  tempo  per 
le  mani  di  tutti  » . 

Altra  copia  è  nel  voi.  ms.  Qq.  G.  1  fol.  132  di  Amico  e  Schiavo 
(Biblioteca  Comunale  di  Palermo),  ricavata  dalle  Epistolae  di  Pie- 
tro delle  Vigne,  ediz.  Amburgo,  1609;  e  si  trova  pure  nel  volume  I 
della  Storia  di  Castro giovanni  (ms.  del  secolo  XVIII)  a  fol.  91, 
che  si  conserva  nella  Biblioteca  Comunale  di  quella  città. 

Nel  volume  ms.  Qq.  E.  141  del  Thesaurus  Siculus  di  Fr.  Serio 
e  Mongitore  (Bibl.  Com.  di  Palermo)  è  ricordata  tale  lettera,  e 
si  rinvia  a  Tutini;  e  nell'altro  voi.  142  è  indicata  secondo  I'Ano- 
nimo. 

Il  testo  è  riferito  in  seguito  alla  lettera  di  Carlo  di  Angiò,  nel 
cap.  XL  della  Cronaca  di  Anonimo,  edita  da  Martène  cit.,  t.  Ili, 
col.  32-34,  Muratori,  Rerum  italicarum  Script.,  t.  X,  col.  835 
e  seg.,  Burmanno,  Thesaurus  Sicil.,  t.  V,  col.  23-25,  e  Gregorio, 
Bibl.  script.  Arag.,  t.  II,  pag.  151. 

Fu  stampato  il  documento  da  Tutini,  Discorso  dei  sette  Uffici 
del  Regno  di  Napoli.  In  Roma,  1666,  pag.  70,  che  lo  trasse  dalle 
Epistolae  di  Pietro  delle  Vigne;  e  da  Lunig,  Codex  Italiae  diplo- 
matica ,  t.  II ,  pag.  975 ,  sebbene  con  data  incerta  ed  inesatta , 
cioè  :  126.  .  .  Neil'  edizione  delle  Epistolae  di  Pietro  delle  Vigne, 
di  Basilea  del  1740 ,  è  inserito  nel  t.  I ,  pag.  222  e  seg.  in  fine 
del  libro  I.  La  lettera  fu  ristampata  da  N.  Palmeri,  Somma  della 
Storia  di  Sicilia,  voi.  Ili,  pag.  151,  e  da  Saint-Priest,  Histoire 
de  la  conquéte,  t.  IV,  pag.  286. 

La  data  si  ricava  dalla  lettera  di  credenza  del  13  settembre  per 
i  due  ambasciatori  di  Pietro  al  Re  Carlo,  cioè  Roderico  Exemeno 


—  55  —  (1282) 

de  Luna  e  Pietro  de  Queralt,  edita  da  Saint-Priest,  Hist.  de  la 
conquéte,  t.  IV,  pag.  214,  e  riprodotta  da  Carini,  De  rebus,  p.  3. 

Spondano  nella  Continuatio  Annalium  Baronii.  Lutetiae  Pa- 
risiorum,  1659,  t.  I,  pag.  277  nota  a  ragione:  «Qui  commentus 
est ,  literisque  Vineanis  inseruit ,  nec  pilum  iudicii  ac  notitiae 
historiae  habuisse  demonstrat».  Sembra  però  che  negli  antichi 
codici  di  quelle  lettere  del  Cancelliere  svevo  si  sia  voluto  con- 
servare il  testo  di  alcune  pur  notevoli  di  altre  Cancellerie ,  an- 
che se  riferivansi  in  parte  a  memorie  sveve.  Raynaldi,  Annales 
Ecclesiastici.  Lucae,  1748,  t.  Ili ,  pag.  549  ricorda  le  due  lettere 
del  Re  Pietro  e  di  Cariò  d'Angiò  con  data  erronea  del  1283  (che 
viene  corretta  da  Mansi).  Dice  che  trovansi  nel  manoscritto  del 
Conte  Ubaldini,  e  che  non  le  pubblica  :  «  quas  preteruimus  con- 
sulte, cum  non  absit  suspicio  vel  ab  auctore  aut  alio  confictas  ». 
Vito  Amico  fa  cenno  di  quelle  lettere  nella  ediz.  del  Fazzello, 
De  rebus  siculis ,  criticis  animadversionibus  atque  auctario.  Ca- 
tauae,  1749,  t.  Ili,  pag.  42,  nota  2. 

Amari,  Un  periodo  ecc.,  pag.  91-93  in  una  lunga  nota  fa  al- 
quante osservazioni  su  la  lettera  del  Re  Pietro;  ma,  non  rilevando 
le  date  diverse  delle  lettere  ,  crede  per  equivoco  questa  e  la  let- 
tera seguente  (doc.  n.  XVIII)  unico  testo,  alterato  da  alcuni  cro- 
nisti che  le  riferivano,  e  dato  in  forma  più  sicura  da  Saba  Ma- 
laspina  e  da  Iperio.  Nella  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  301  dichiara  che 
reputa  utile  di  togliere  quella  estesa  nota,  perchè  la  credenziale 
del  13  settembre  1282  ed  altre  posteriori  «  non  solamente  sono 
scritte  in  linguaggio  misurato  e  convenevole,  ma  dicono  testual- 
mente che  l'ambasceria  sarebbe  stata  esposta  a  voce».  Ciò  non 
è  conforme  al  vero  ,  perchè  nelle  lettere  di  credenza  si  usavano 
quelle  espressioni  :  que  ipsi  vobis  exponent  viva  voce,  ma  si  con- 
segnavano di  consueto  agli  ambasciatori  lettere  e  documenti. 

È  peraltro  da  tener  conto  che  1' Anonimo  nel  riportare  il  testo 
dei  documenti  dimostra  di  essere  accurato,  e  di  non  alterarlo.  La 
lettera  infatti  è  scritta  appena  il  Re  Pietro  assunse  in  Palermo 
il  titolo  di  Re  di  Sicilia  ,  come  dice  1'  Anonimo  (nell'  ediz.  Gre- 
gorio ,  pag.  149)  ,  e  corrisponde  esattamente  allo  stile  concitato 
della  lettera  del  Re  Carlo,  ed  all'altro  della  lettera  dei  Siciliani, 
allora  inviata  per  discolpa  al  Papa  Martino  IV  (Vedi  doc.  n.  VI), 
ed  è  conforme,  per  la  sostanza,  al  testo  contenuto  ,  sebbene  ab- 
breviato, in  altre  due  cronache,  delle  quali  dirò  appresso,  e  che 
sono  di  provenienza  guelfa. 


(1282)  —  56  — 

Gregorovids,  Storia  della  città  di  Roma  nel  medio  evo.  Ve- 
nezia, 1874,  voi.  V,  pag.  563,  ricorda  la  lettera  del  Re  Pietro,  se- 
condo l'edizione  fattane  dal  Martènb. 

Per  il  testo  abbreviato  riferito,  con  poco  divario,  nella  Cronaca 
del  Villani  (lib.  VII,  cap.  71,  ed.  Trieste,  1857,  pag.  142),  e  nella 
Historia  Conspirationis  Prochytae  (in  Gregorio,  t.  I,  pag.  271  ), 
e  che  Amari  ,  nonostante  la  circostanza  da  me  rilevata  ,  chiama 
«evidentemente  apocrifo»,  si  hanno  le  edizioni,  su  la  lezione  del 
Villani  ,  in  Rymer  ,  Foedera ,  conventiones  ,  2a  ed.  1727  ,  t.  II , 
pag.  225;  M.  Camera  ,  Annali  delle  Due  Sicilie.  Napoli ,  1841  , 
voi  I,  pag.  341;  Tomacelli,  Storia  dei  reami  di  Napoli  e  Sicilia. 
Napoli,  1846,  voi.  1,  pag.  447;  Buchon,  Chroniques  étrangères. 
Paris,  1846,  pag.  750  in  nota  (che  trae  da  Rymer);  De  Renzi,  Il 
secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida.  Napoli,  1860,  pag.  342, 
nota  18;  ed  i  testi  paralleli  in  Amari,  9a  ediz.,  voi.  Ili,  pag.  176 
e  seg. 

Gartellieri  ,  Peter  von  Aragon  und  die  sizilianische  Vesper 
cit.  ,  p.  57  dà  notizia  della  lettera  di  Pietro ,  la  quale  è  inserita 
nella  Cronaca  del  Villani  e  nel  Bebellamentu,  e  che  dal  Rymer 
erroneamente  si  affermò  esistere  nella  Torre  di  Londra. 


XVIII. 

,  tra  il  19  e  24  settembre,  Nicosia. 


Il  Re  Pietro  I  scrive  al  Re  Carlo,  esponendo  che,  in  seguito  al- 
l'invito dei  Siciliani  recatogli  in  Alcoyll,  è  venuto  in  Sicilia,  per- 
chè il  regno  appartiene  a  sua  moglie  ed  ai  suoi  figli,  e  che,  ar- 
rivato in  Palermo,  si  prepara  a  recar  soccorso  ai  Messinesi  as- 
sediati. Lo  esorta  quindi  a  desistere  dall'assedio,  «  ut  maturantes 
vestrum,  soluta  obsidione ,  recessum,  Messanenses  praedictos  et 
omnes  Siculos  sine  turbatione  et  molestia  dimittatis». 

Il  testo  della  lettera  si  trova  nella  Cronaca  di  Saba  Malaspina, 
nella  Continuatio  stampata  per  la  prima  volta  dal  Gregorio, 
Bibl.  script.  Arag.,  t.  II,  pag.  379,  e  poi  da  Del  Re,  Cronisti  e 
scrittori  sincroni  napoletani  cit.  ;  voi.  II,  pag.  362. 


—  57  —  (1282) 

È  pure  riferito  nella  cronaca  di  Giovanni  Iperio  (in  Martènb, 
Thesaurus  novus  anecdotorum,  t.  Ili,  pag.  763). 

Amari  ,  Un  periodo  ecc.  ,  pag.  91-93  per  equivoco  crede  che 
questa  lettera  e  la  precedente  (V.  doc.  n.  XVII)  siano  unico  testo, 
riprodotto  «  in  tante  compilazioni  diverse  »  nelle  cronache.  Dalla 
data  e  dal  contenuto  si  scorge  invece  in  modo  chiaro  che  sono 
due  separati  documenti,  emanati  in  tempo  diverso  e  per  differente 
scopo  (Cfr.  quanto  ho  detto  per  il  doc.  XVII).  Nella  9a  ediz.  , 
voi.  I,  pag.  300,  Amari  non  mutò  affatto  quel  suo  giudizio. 

La  data  si  ricava  dall'  itinerario  del  Re  Pietro ,  perchè  Saba 
Malaspina  dice  che  il  Re  «  constitutus  in  itinere  veniendi  Mes- 
sanam,  de  Nicosia  nuntium  ad  regem  Garolum  in  campo  moran- 
tem  misit».  Ciò  dovette  avvenire  tra  il  19  ed  il  24  settembre,  ri- 
levandosi dai  documenti  editi  dal  Carini,  De  rebus,  pag.  36  e  37, 
che  il  Re  Pietro  il  19  era  a  Palermo,  ed  il  24  a  Randazzo. 

Notevoli  sono  le  parole  adoperate  dal  Saba  Malaspina  ,  cioè 
che  il  Re  Pietro  mandò  «  litteras  sine  verborum  multiplicatione 
conscriptas  » ,  mentre  l'altra  lettera  del  13  settembre  è  abbastanza 
estesa. 


XIX. 


1282,  settembre  17,  Lerida. 


L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  del  Re  Pietro  I  in  Catalogna, 
ordina  a  Cerviano  di  Narbona  di  ricevere  nella  nave,  che  si  reca 
dal  Re  in  Sicilia,  Stefano  de  Seta  ed  i  suoi  compagni. 

Cerviano  de  Narbona.  Mandamus  vobis  quatenus  acol- 
ligatis  in  navi,  quam  nunc  mittimus  domino  Regi  patri  no- 
stro ,  Stephanum  de  Seta  et  homines  suos  ac  res  suas  et 
duos  equos,  et  faciatis  eidem  Stephano  et  hominibus  suis 
sua  necessaria  quomodo  ipsa  navis  applicuerit  in  Cicilia. 
Datura  Ilerde  XV0  kalendas  octobris  [1282]. 

È  trascritto  tale  documento  nel  registro  59  r.  dell'  anno  1282 
dell'Infante  Alfonso,  a  fol.  99  r.  nell'Archivio  della  Corona  di  Ara- 
gona in  Barcellona. 


(1282)  —  58  — 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  133  ne  dà  un  breve 
sunto;  ma  per  errore  indica  in  principio  de  Riaria  invece  che  de 
Narbona. 

Riesce  importante  il  documento  perchè  prova  quali  solleciti  e 
continui  rapporti  si  avessero  tra  il  Re  Pietro  e  la  sua  Corte  in 
Aragona  e  Catalogna.  Quando  l'Infante  ordinava  a  25  luglio  1282 
di  fare  acquisto  di  vettovaglie,  in  Catalogna  ed  altrove  ,  per  in- 
viarle al  Re  in  Africa,  avea  cura  di  avvertire  che  ciò  si  eseguisse 
caute  et  discrete,  probabilmente  per  il  vero  scopo  della  spedizione. 
(Carini  cit.,  pag.  130;  Amari  cit.,  9»  ed.,  voi.  I,  pag.  284).  Il  Re 
Pietro  pervenne  dall'Africa  in  Sicilia  (Trapani)  a  30  agosto,  cioè 
soltanto  diciotto  giorni  innanzi  la  data  di  questo  documento  del 
17  settembre.  L'  Infante  Alfonso  a  10  settembre  da  Saragozza  a- 
veva  già  inviato  a  vari  nobili  di  quel  regno  l' annunzio  che 
suo  padre  era  giunto  nell'isola,  come  si  rileva  dal  documento  di 
fol.  88  r.  del  medesimo  registro,  e  del  quale  riferisce  un  sunto  il 
Carini  a  pag.  132. 


XX. 

1282,  ottobre  4,  Barcellona. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  del  Re  Pietro  I  in  Catalogna, 
dà  ordine  a  Marinono  Lenguard  di  accogliere  nella  sua  nave 
R.   Calbeti  coi  suoi  fanti,  che  va  in  Sicilia  per  servizio  del  Re. 

Marinono  Lenguard.  Mandamus  vobis  quatenus  recolli- 
gatis  in  navi  vestra  R.  Calbeti,  qui  iturus  est  ad  dominum 
Regem  patrem  nostrum  in  servicio  eiusdem,  et  eos  pedites 
cum  eo  euntes,  ac  eosdem  ponatis  in  Siciliani,  ipsis  tamen 
vobis  satisfacientibus  de  nauleo  sive  logerio  competenti. 
Datum  Barellinone  IIII  nonas  octobris  [1282]. 

Trovasi  questo  documento  nel  sudetto  registro  59  dell'Infante 
Alfonso,  a  fol.  110 r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona).  Carini, 
Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  133  ne  offre  il  sunto.  È  degna  di 
nota  l'espressione  in  servicio  eiusdem  (cioè  del  Re),  in  quel  primo 
tempo  del  nuovo  dominio  aragonese  nella  Sicilia. 


—  59  —  (1282) 

XXI. 

1282,  ottobre  5,  indizione  lla,  Messina. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Giacomo  di  Fontoia,  comito  di  Siracu- 
sa, di  far  venire  subito  in  Messina  tutti  i  corniti,  nocchieri,  mari- 
nai ed  altre  persone  «  in  arte  maris  espertas  vel  utiles  »  di  quella 
città,  per  destinarli  all'armamento  delle  navi  contro  Carlo  d'An- 
giò,  che  trovansi  nel  porto  di  Messina,  «  simul  cum  aliis  nostris, 
quarum  de  hora  in  horam  Messane  prestolamur  adventum  ad  con- 
fusionem  predicti  hostis». 

Simili  lettere  a  Gualtieri  de  Falcone  comito  di  Augusta ,  al 
notaro  Matteo  Barnaba,  e  ad  Artale  de  Comito  di  Catania,  comito. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Iacobo  de  Fontoia  corniti  terre 
Siracusie  fideli  suo  graciam  suam  et  bonam  voluntatem. 
Ad  tinalem  exterminiurn  hostis  nostri  Karoli  Provincie  co- 
mitis,  et  reformacionem  tocius  regni  nostri  Sicilie  ex  destru- 
cione  ipsius  comitis  resultantem  ,  tam  per  mare  quam  per 
terram  ,  celsitudo  nostra  intendens  viriliter  profìcisci ,  vas- 
sella  nostra  in  portu  Messane  existencia  simul  cum  aliis 
nostris,  quorum  de  hora  in  horam  Messane  prestolamur 
adventum,  ad  confusionem  predicti  hostis  prestitura  armari 
mandaverimus  et  muniri.  Atque  ideo  fìdelitati  tue  districte 
precipimus  quatenus  universos  comitos ,  nauclerios  ,  mari- 
narios  et  personas  alias  in  arte  rriaris  expertas  vel  utiles 
in  eadem  terra  Syracusie,  prò  parte  Curie  nostre  cites,  eis 
sub  obtemptu  nostre  gracie  expressius  iniungendo  ut  im- 
mediate, propter  iniuncionem  tuam  huiusmodi ,  apud  Mes- 
sanam  coram  nostre  celsitudinis  se  presentent  ad  armacio- 
nem  predictorum  vassellorum  nostrorum  utilem  deputandos, 
ipsis  enim  ad  servicium  deputatis  necessarias  expensas  et 
solidos  mandabimus  et  faciemus  per  ipsam  nostrani  curiam 
exhiberi  ;  et  quia  in  celeri  eorum  adventu  nullam  moram 
volumus  intermicti ,  capitaneo  ipsius  terre  Syracusie  fideli 
nostro  per  nostras  damus  licteras  in  mandatis  ut,  ad  requi- 


(1282)  —  60  — 

sicionem  tuam,  eosdem  comitos ,  nauclerios,  marinarios  et 
personas  de  celeriter  veniendo,  cohercione  qualibet,  qua  vi- 
derit  expedire,  compellat.  Numerum  autem  personarum  ipsa- 
rum,  cura  processu  tuo  in  premissis  habendo,  ad  formam 
presencium  per  tuas  licteras  culmini  nostro  scribas,  tantam 
in  execucione  presencium  sollicitudinem  apponendo,  quod 
corani  nostri  excellencia  merito  commendaris.  Datum  ut 
supra  [Messane  anno  Domini  M°  CG°  LXXX0  secundo,  men- 
se octobris,  quinto  eiusdem,  Xf  Indicionis]. 

Similis  fuit  facta  Gaulterio  de  Falchone  comito  de  Au- 
gusta. 

Item  similis  notario  Matheo  Barnaba. 

Item  similis  Artalo  de  comito  de  Catania  comito. 

Questo  documento  fu  dal  Carini  omesso  interamente  nella  sua 
trascrizione  del  registro  53.  Non  ne  diede  perciò  alcun  sunto  o 
indicazione  nei  Ricordi  e  nel  De  rebus.  Il  documento  è  a  fol.  18  r. 
del  registro  originale  ,  e  dovrebbe  trovar  posto  dopo  quello  di 
n.  XLV,  pag.  49  dell'edizione  del  De  rebus  di  Carini,  nel  quale 
egli  per  errore  legge  in  fine  de  Fontana  invece  che  de  Fontoia. 

La  data  si  ricava  dal  documento  precedente  di  n.  XLI. 

Lo  pubblico  qui  perchè  nella  2a  Appendice  al  De  Rebus  rife- 
risco il  testo  dei  documenti,  dei  quali  fu  dato  dal  Carini  il  solo 
riassunto. 

È  importante  per  le  notizie  delle  ultime  vicende  del  famoso 
assedio  di  Messina  dal  9  al  15  ottobre  1282,  quando  il  Re  Pietro 
compiendo  i  grandi  armamenti  navali ,  sconfìggeva  la  numerosa 
flotta  nemica ,  comandata  dal  medesimo  Re  Carlo  (Cfr.  Amart  , 
9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  316  e  seg.). 


XXII. 

1282,  ottobre  9  a  15. 

Breve  relazione  dei  combattimenti,  avvenuti  durante  l'assedio 
Messina,  tra  le  navi  del  Re  Pietro  I  e  quelle  del  Re  Carlo  d'An- 


—  61  —  (1282) 

giò ,  e  del  valore  dimostrato  dal  catalano  Pietro  de  Queralt  nel 
respingere  il  nemico. 

Et  si  per  vos  [Petrum  de  Queralto  militem]  acta   in 

nostri  servicium  sunt  digna  memoria ,  et  nos  inducunt  ad 
faciendum  vobis  graciam  infrascriptam,  non  minus  illa  que 
nobilis  Petrus  de  Queralto  quondam  vester  antiquissimus 
predecessor  eg4t  viriliter  in  et  prò  servicio  serenissimi  do- 
mini Petri  Regis  Aragonum  tritavi  nostri  Ducis  predicti , 
memorie  gloriose ,  qui  cum  domino  Rege  eodem  veniendo 
ad  nobilem  civitatem  Messane,  quam  Karolus  Rex  Neapolis 
tenebat  obsessam,  cum  maximis  turmis  gencium  armatarum 
et  galearum  et  navium  in  numero  satis  ampio  ,  in  quam 
quidem  Insulam  Rex  predictus  infeliciter  declinarat  prò  sub- 
ponendo sub  eius  infesto  et  superbioso  dominio  civitatem 
predictam  ,  et  etiam  dictum  Regnum  Sicilie ,  cuius  partem 
iam  superaverat  vi  armorum,  optinuissetque  Rex  predictus 
finaliter  suum  velie,  nisi  dominus  Rex  Petrus  predictus  sibi 
potencialiter  restitisset,  ipsumque  ab  obsidione  submovisset 
predicta,  et  quo  quidem  Rege  Karoìo  supradicto  ad  [porr. 
ab]  obsidione  civitatis  iamdicte  amoto,  et  motu  Regis  pre- 
dicti ignominiose  fugiente,  ab  ea  cum  retrocessisset,  usque 
ad  Ducatum  Calabrie  cum  tota  moltitudine  sue  gentis ,  et 
galeis  et  aliis  vasis  marinis  usque  numerum  centumquin- 
quaginta  et  amplius,  ipsos  viriliter  insequendo  nobilis  Petrus 
de  Queralto  predictus  ,  cum  vigintiduabus  galeis  armatis 
associatus  armatorum  comitiva  decenti,  pollenti  strenuitate 
maxima  et  virtute,  sic  fortiter  et  viriliter  irruit  contra  eos, 
quod  in  mare  feliciter  obtenta  Victoria  de  eisdem  ,  quos 
fata  eorum  infelicia  traxerunt,  nullus  manus  nobilis  supra- 
dicti  evadere  potuit,  qui  aut  in  ipso  conflictu  potencie  sub 
gladio  trucidatus  extiterit,  aut  fuerit  ergastulo  carceri  raan- 
cipatus,  quadraginta  quinque  ex  galeis  predictis  in  civitatem 
predictam  adductis  ,  onustis  spoliis ,  predis  et  hominibus 
captivatis.... 


(1282)  —  m  — 

Tale  relazione  forma  il  preambolo  del  privilegio  di  conces- 
sione della  terra  di  Cammarata  al  discendente  omonimo  dell'an- 
tico de  Queralt,  fatta  dal  Re  Martino  nel  1393  e  trascritta  nel  re- 
gistro 18  della  Regia  Cancelleria,  an.  1392,  fol.  106  r.  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo).  Le  parole  nostri  Ducis  predicti  si  riferiscono 
a  Martino  Duca  di  Monblanco,  padre  del  Re  Martino. 

Una  copia  se  ne  ha  nel  ms.  Qq.  G.  5  di  Amico  e  Shiavo, 
fol.  544  r.  (Bibl.  Com.  di  Palermo). 

Il  testo  dell'intero  documento  del  1393  fu  pubblicato  da  Gre- 
gorio, Bibl.  script.  Arag.  t.  II,  pag.  511. 

Riproduco  questa  relazione  riveduta  sul  registro  originale , 
perchè  nell'  edizione  del  Gregorio  sono  alcune  varianti ,  delle 
quali  noterò  soltanto  che  il  Gregorio  lesse  atavi  invece  di  tri- 
tavi; ad  obsidionem  invece  di  ab  obsidione;  e  centumquadraginta 
invece  di  centumquinquaginta. 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  303  e  seg.  e  gli  altri  scrittori  non 
han  dato  alcuna  notizia  di  questa  relazione,  che  è  pregevole  per 
il  ricordo  di  quei  fatti,  quando  ancora  era  viva  la  tradizione  in 
Sicilia  e  presso  la  Corte.  La  coincidenza  del  numero  delle  navi 
quasi  identico  a  quello  indicato  dal  cronista  Muntaner,  che  pure 
riferisce  le  azioni  del  Queralt,  fa  dubitare  che  nella  relazione  sia 
stata  adoperata  la  cronaca  del  Muntaner  (Gfr.  A.  Bofarull  , 
Crònica  catalana  de  Ramon  Muntaner.  Texto  originai.  Barce- 
lona, 1860,  p.  115  e  seg.,  cap.  67).  Il  numero  minore  di  navi  de- 
signato nel  documento  del  Re  Pietro  del  20  ottobre  1282  (Carini, 
De  rebus,  pag.  109),  in  confronto  con  quello  dato  da  vari  cronisti, 
forse  deriva  dall' aversi  più  specialmente  enumerato  le  galee,  per 
le  quali  si  dice  fere  ossia  circa,  e  si  approssima  di  più  alle  in- 
dicazioni di  D'Esclot  (Vedi  Buchon,  Chroniques  étrangères  cit., 
pag.  640,  cap.  98).  Non  sembra  che  il  Muntaner  sia  incorso  in 
anacronismo,  come  osserva  Amari,  9»  ediz.,  voi.  I,  pag.  318  nota. 

Il  Queralt  avea  seguito  il  Re  Pietro  in  Africa  e  poi  in  Sicilia, 
ove  a  13  settembre  1282  fu  destinato  ambasciatore  al  Re  Carlo 
d'Angiò  (Carini,  De  rebus,  p.  3  e  484). 


—  63  —  (1283) 


XXIII. 

1283,  2  gennaio  a  26  agosto. 

Documenti  del  Be  Pietro  I  durante  il  tempo  di  sua  residenza 
in  Sicilia  sino  al  6  maggio,  e  dopo  il  suo  arrivo  nella  Catalogna 
dal  10  giugno  al  26  agosto. 

Questi  documenti  sono  nel  numero  complessivo  di  440  sino  al 
26  agosto. 

Trovansi  trascritti  nel  registro  di  Pietro  segnato  Regest.  12  , 
Petri  2.  Pars  I.  N.  53,  fogli  106  r.  a  136 ,  e  nell'altro  Pars  IL 
N.  54  fol.  137-247,  esistente  nell'Archivio  della  Corona  di  Aragona 
in  Barcellona.  Il  reg.  54  comincia  dal  documento  del  23  gennaio. 
Cfr.  Carini,  De  rebus,  pag.  VII  per  la  descrizione  dei  due  registri. 

L'itinerario  del  Re  Pietro  per  il  periodo  suddetto  dell'anno  1283 
si  desume  dai  documenti  in  tal  modo  :  2  gennaio  ,  Messina  ;  24 
febbraio,  Reggio;  14  marzo,  Solano  (in  Calabria  —  esclusi  alcuni 
doc.  da  Messina  senza  data  di  mese);  2  aprile,  Reggio  ;  5  aprile 
Messina;  1  a  6  maggio,  Trapani;  10  giugno,  El  Groyno,  (o  Gronyo 
o  Logroflo,  nella  vecchia  Castiglia);  18  giugno,  Tarazona  (in  Ara- 
gona); 26  agosto,  Groyno.  Deve  notarsi  altresì  che  il  Re  Pietro 
partì  dalla  Sicilia  il  6  maggio  ,  e  pervenne  per  mare  a  Valenza 
il  19  di  quel  mese  ,  come  attestano  le  cronache  e  i  documenti. 
Sono  estranei  alla  Sicilia  vari  documenti  dal  10  al  18  giugno  1283; 
ma  altri  del  23  giugno  in  poi  riferisconsi  a  provvedimenti  per 
l'isola. 

È  eon  data  del  2  gennaio  il  primo  documento  di  tale  anno  , 
e  contiene  la  dichiarazione  del  Re  Pietro  ,  che  promette  di  non 
offendere  il  Re  Carlo  ed  i  suoi  durante  la  dimora  in  Guascogna 
per  il  duello.  Il  documento  ultimo  (26  agosto)  è  una  lettera  del 
Re  Pietro  al  Vicario  generale  di  Sicilia  al  di  qua  del  fiume  Salso, 
Pietro  de  Queralt,  perchè  desista  dal  molestare  con  arbitrii  coloro 
che  sono  soggetti  alla  sua  giurisdizione. 

Dopo  due  fogli  e  mezzo  bianchi  nel  registro,  cioè  i  f.1  238-240 
recto  (cfr.  Carini,  De  rebus,  pag.  655,  nota  1),  si  hanno  le  indi- 
cazioni di  molti  ordini  (albarana)  inviati  a  19  aprile  1283  ai  Col- 


(1283)  —  64  — 

lettori  per  pagamenti  di  militi  ed  altro  ,  e  quindi  trovansi  varie 
ricevute  di  pagamenti  eseguiti,  dall'll  marzo  al  20  aprile  (Carini, 
De  rebus,  pag.  663  in  fine,  e  664).  Il  Carini  non  appose  alcuna 
data  nell'argomento,  ma  nell'  indice  (pag.  XXVII)  notò  :  «  paga- 
gamenti  fatti  in  varie  epoche  dell'anno  1283  ».  Altri  ordini  ai  Col- 
lettori sono  a  fol.  245-247  del  registro  ,  dopo  uno  spazio  di  due 
pagine  bianche  dall'argomento,  ed  offrono  la  data  del  23  gennaio 
1283  (Carini,  De  rebus,  p.  665  e  seg.). 

Diversi  documenti  dell'  anno  1283  ,  trascritti  nei  registri  53  e 
54,  vedonsi  indicati  nel  regesto  conciso  fornito  dal  Bofarull,  e 
pubblicato  nell'Archivio  Storico  Italiano  nel  1847,  del  quale  ho 
dato  notizia  sopra  (cfr.  doc.  XVI).  Trae  notizia  da  tale  elenco 
per  l'anno  1283  De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  Giov.  da  Pro- 
cida  cit.,  pag.  387,  nota  16  a  19,  27,  29,  37.  Addito  la  corrispon- 
denza dei  documenti  ricordati  dal  Bofarull  con  l'edizione  data 
dal  Carini.  Sono  questi  : 

pag.  254,  Bofarull  ,  1282  [1283]  gennaio  ,  Carini  ,  De  rebus, 
p.  697,  698  (gennaio),  422  (luglio). 

pag.  255,  Bofarull,  1282  [1283]  febbraio,  Carini,  p.  475,  479; 
640  (maggio),  433  (luglio). 

pag.  257,  Bofarull,  1283  febbraio,  Carini,, p.  617;  634  (mag- 
gio), 643  (giugno). 

pag.  258,  Bofarull,  1283  luglio,  Carini,  pag.  433. 

Nel  medesimo  anno  1847  il  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquète, 
t.  IV,  pag.  206,  209,  212,  232 ,  pubblicò  nell'  Appendice  vari  do- 
cumenti del  1283,  ricavati  dal  reg.  53,  fol.  121  r.,  122,  e  dal  reg.  54, 
fol.  178,  194. 

Si  ha  nel  volume  dei  Bicordi  e  documenti  del  Vespro  Siciliano 
(dato  in  luce  nel  1882  dalla  Società  di  Storia  Patria)  a  pag.  245-311 
della  parte  II  il  testo  dei  documenti  dal  2  al  25  gennaio  del  1283, 
contenuto  negli  ultimi  trentuno  fogli  del  reg.  53,  trascritto  in  Bar- 
cellona dal  Carini.  Tale  testo  è  riprodotto  nella  forma  medesima 
nel  volume  De  rebus,  pag.  245  e  seg.,  il  quale  contiene  però  gli 
altri  documenti  dell'anno  1283,  che  trovansi  nel  reg.  54,  e  man- 
cano nel  volume  dei  Bicordi. 

Fra  i  documenti  del  1283  ,  alquanti  che  il  Carini  aveva  dato 
soltanto  per  riassunto  dal  n.  CCCIV  al  DCCXLII  della  serie  com- 
pleta, vennero  per  intero  dati  in  luce  in  numero  di  92  da  G.  Sil- 
vestri sulle  trascrizioni  del  Carini,  nell'Appendice  ai  Documenti 


—  65  —  (1283) 

estratti  dall'  Archivio  della  Corona  di  Aragona.  Palermo  ,  1892, 
pag.  61-147.  Gli  altri  che  mancano  pure  in  questa  Appendice,  che 
perviene  soltanto  al  n.  CCCCXXIV  della  serie  ,  saranno  da  me 
pubblicati  nella  nuova  Appendice,  secondo  le  trascrizioni  da  me 
eseguite  in  Barcellona. 

Devesi  ricordare  anche  qui  per  i  documenti  del  1283,  che  non 
essendo  riferiti,  al  pari  di  quelli  del  1282,  con  ordine  preciso  di 
data  nei  reg.  53  e  54,  occorre  ricercare  V Elenco  cronologico  for- 
nito dal  Carini  ,  in  fine  del  volume  dei  Ricordi  e  di  quello  del 
De  rebus,  sebbene  talora  manchi  l' indicazione  di  qualche  docu- 
mento, come  per  quelli  di  n.  DGLXVI  e  DCLXVII.  Alquanti  altri 
pure  appartenenti  all'anno  1283,  dopo  il  ritorno  del  Re  in  Cata- 
logna, sono  trascritti  in  altri  registri  del  Re  Pietro,  cioè  in  quelli 
di  n.  46  e  47,  e  vengono  appresso  da  me  dati  in  luce  per  la  prima 
volta. 

I  documenti  n.  IX  e  X  del  2  e  23  gennaio  1283  ,  pubblicati 
dal  Carini  in  fine  del  De  Rebus  nell'  Appendice  sul  duello  (a  p.  697 
e  698)  sono  desunti  dal  reg.  53,  e  trovansi  ai  n.i  CCCIV  e  CCCCVI 
della  serie  principale  dell'edizione  suddetta. 

Sono  riprodotti  dal  Carini  i  documenti  del  1283  editi  dal  Saint- 
Priest  ,  e  ne  offro  l' indicazione  :  Ediz.  Carini  doc.  CCCLXVI 
(Saint-Priest,  IV,  p.  206),  CCCLXVII  (S.-P.,  p.  212),  CCCCLXVII 
(S.-P.,  p.  232),  DXXI  (S.-P.,  p.  209). 

Di  vari  documenti  del  Re  Pietro  dell'anno  1283  trovasi  il  testo 
in  antichi  manoscritti,  o  riferito  in  edizioni  precedenti  alla  pub- 
blicazione del  De  Rebus  del  Carini,  o  viene  ricordato  in  opere  e 
memorie  storiche  pure  anteriori. 

Ne  fornisco  qui  l'indicazione  : 

1.  Doc.  15  gennaio  1283.  A  vari  ghibellini  d'  Italia  perchè 
occupino  e  sollevino  le  provincie  continentali  del  regno  di  Sicilia 
(in  Carini,  De  rebus,  pag.  279).  Fu  ristampato  dal  De  Renzi,  Il 
secolo  decimoterzo  e  Giov.  da  Procida.  Napoli,  1860,  pag.  383  e 
seg.,  giovandosi  dell'edizione  del  Saint-Priest,  senza  citarla  per 
questo  documento. 

2.  Doc.  15  gennaio  1283.  Agli  esuli  del  regno  di  Sicilia  per 
lo  stesso  oggetto  (in  Carini,  De  rebus,  pag.  281).  È  riprodotto  da 
De  Renzi,  op.  cit. ,  pag.  386  nota  6 ,  traendolo  dall'edizione  del 
Saint-Priest,  ma  con  data  erronea,  perchè  vi  appose  quella  di  un 
documento  precedente  del  1282,  edito  dal  medesimo  Saint-Priest. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  5 


(1288)  —  66  — 

3.  Doc.  24  gennaio  1283.  Conferma  di  esenzione  dai  dazi  e 
collette  agli  eredi  di  maestro  Busahat  di  Palermo,  medico  ebreo 
(in  Carini,  De  rebus,  pag.  514).  11  Re  Martino  nel  1392  approvò 
(con  l'inserzione  del  testo)  il  privilegio  di  conferma  fatta  dal  Re 
Pietro  alla  concessione  del  Re  Federico  Svevo  del  1237 ,  appro- 
vata dal  Re  Manfredi ,  per  la  suddetta  immunità.  Viene  dal  Re 
Martino  ricordato  che  il  documento  del  Re  Pietro  fu  anche  con- 
fermato posteriormente  dai  Re  Giacomo,  Federico  II  aragonese  e 
Pietro  II,  e  si  dichiara  :  «  Rescripta  regum  et  principum  predi- 
ctorum. . .  serio  inspici  iussimus  et  videri».  Si  trova  il  testo  del 
privilegio  del  Re  Martino  nei  manoscritti  di  Amico  e  Schiavo  voi. 
Qq.  G.  5,  fol.  202 r.  della  Bibl.  Com.  di  Palermo,  tratto  da  un 
registro  della  R.  Cancelleria  dell'anno  1391  (fol.  123  r.)  ora  non 
più  esistente.  Il  testo  del  documento  del  Re  Pietro  fu  ristam- 
pato da  Lagumina  ,  Codice  diplomatico  dei  Giudei  di  Sicilia. 
Palermo  ,  1884  ,  voi.  I ,  pag.  26  (in  Documenti  della  Soc.  Sicil. 
di  Stor.  Patria,  I  Serie,  voi.  VI),  secondo  l'edizione  datane  dal 
Carini. 

4.  Doc.  28  gennaio  1283.  Conferma  della  concessione  (fatta 
a  23  ottobre  1282)  delle  terre  di  Palazzolo,  e  Buccheri  e  del  ca- 
sale di  Odogrillo  ad  Alaimo  da  Lentini  e  sua  moglie  Macalda  e 
loro  eredi  (in  Carini,  De  Rebus,  pag.  440).  Cfr.  per  tale  privilegio 
quanto  ho  notato  per  il  doc.  XVI  al  n.  2. 

5.  Doc.  9  febbraio  1283.  Esenzione  ai  chierici  latini  e  greci 
della  diocesi  di  Messina  dalle  collette  (in  Carini,  De  rebus,  p.  489). 
Nel  Tabulano  che  si  conserva  nella  Cattedrale  di  Cefalù,  al  n.  74 
è  una  pergamena  originale  dell'8  marzo  1283  contenente  il  tran- 
sunto di  tale  documento,  presso  il  notaro  Guglielmo  de  Simone 
di  Cefalù,  in  seguito  a  richiesta  del  Giustiziere  Ruggiero  Mastran- 
gelo.  Vi  si  dice  che  la  lettera  patente  del  Re  Pietro  era  «  suo  pro- 
prio et  solito  sigillo  cera  communi  » .  La  lettera  è  diretta  al  Mae- 
stro Giustiziere,  ed  offre  perciò  alcune  varianti  opportune,  come 
iurisdictioni  tue...  per  universitates  et  collectores  ecc.  Si  ha  una 
copia  (con  equivoci  e  lacune)  del  transunto  col  testo  del  docu- 
mento nel  ms.  di  Amico  e  Schiavo  ,  voi.  Qq.  H.  7  Diplomata 
eccl.  cephal.,  fol.  637,  con  data  8  febbraio  (Bibl.  Com.  Palermo). 
Altra  copia  è  nel  ms.  di  Gregorio,  voi.  Qq.  G.  12,  Raccolta  di 
diplomi,  f.  209,  presso  la  stessa  Biblioteca.  Fu  edito  il  documento 
in  parte  dal  Gregorio,  Considerazioni  cit.,  pag.  276,  nota  1,  che 


—  67  —  (1283) 

per  equivoco  indica  di  trarlo  dal  ms.  Qq.  H.  12.  Ristampato  da 
Amari,  9»  ediz.,  voi.  Ili,  pag.  329  sul  ms.  del  Gregorio,  senza 
notare  che  era  stato  già  edito,  tranne  la  parte  finale,  dal  mede- 
simo Gregorio. 

6.  Doc.  15  febbraio  1283.  Viene  concessa  ai  Siciliani,  secondo 
le  deliberazioni  del  Parlamento  di  Catania,  la  esenzione  dalle  col- 
lette e  dal  diritto  di  marineria  (in  Carini,  De  rebus ,  pag.  225). 
Pirri,  Sicilia  Sacra.  Panormi  [Venetiis]  1733,  t.  I,  pag.  536  af- 
ferma inesattamente  di  essere  stata  concessa  tale  esenzione  ai  cit- 
tadini di  Catania  ,  e  ricorda  che  se  ne  trova  1'  originale  nel  Ta- 
bulano di  quella  città.  Gallo,  Annali  di  Messina,  2a  ediz.,  voi.  II, 
1879,  pag.  140  offre  un  sunto  del  privilegio,  che  afferma  emanato 
per  cautela  della  città  di  Messina.  Una  copia  di  questo  documento, 
la  quale  è  in  tutto  conforme  al  testo  edito  dal  Carini,  tranne  per 
le  parole  aggiunte  :  ad  cautelam  universitatis  civitatis  Messane, 
è  nel  voi.  ms.  dei  Privilegi  di  Messina  esistente  a  Madrid  (cfr. 
Arch.  Stor.  Sic,  voi.  I,  1876,  pag.  318)  e  nell'altro  ms.  Qq.  H.  17, 
fol.  33  della  Bibl.  Com.  di  Palermo,  ed  anche  quivi  nel  voi.  ms. 
Qq.  G.  12,  fol.  207.  Se  ne  ha  un  frammento  nel  ms.  Regesto  po- 
ligrafo dei  sec.  XIV  e  XV  della  Bibl.  Fardelliana  di  Trapani  a 
fol.  321  r.,  e  nel  Libro  Rosso  della  stessa  città  a  fol.  24.  Edito 
da  Amarì,  Un  periodo,  pag.  XII  dei  Documenti  al  n.  IX,  sul  ms. 
citato  Qq.  G.  12,  e  nelle  successive  edizioni;  da  Vito  La  Mantia, 
I  privilegi  di  Messina.  Palermo,  1897,  pag.  58  (parte  non  ancora 
pubblicata)  e  da  Starrabba,  Consuetudini  e  privilegi  di  Messina. 
Palermo,  1901,  pag.  137.  Cfr.  Prefazione  di  lui,  pag.  XXI.  Sem- 
bra che  i  Messinesi  abbiano  aggiunto  le  parole  insolite  ad  cau- 
telarvi ecc.  per  mostrare  che  quell'esenzione  fosse  stata  quasi  ad 
essi -per  privilegio  speciale  concessa. 

7.  Doc.  20  aprile  1283.  Esenzione  concessa  ai  Messinesi  dal 
pagamento  dei  nuovi  statuti,  ovvero  dazi  angioini  (in  Carini,  De 
rebus  ,  pag.  617).  Ricordato  due  volte  nel  privilegio  del  Re  Gia- 
como del  1286  (non  1294)  per  Messina  anche  con  la  precisa  indi- 
cazione :  «  per  predictum  dominum  patrem  nostrum  in  primo  col- 
loquio, tunc  celebrato  in  Messana,  remissa  fuisse».  Vedi  Gallo, 
Annali  di  Messina,  2"  ediz.,  1879,  voi.  II,  pag.  160.  Il  medesimo 
Re  Giacomo  in  quell'anno  1286  vietò  ai  Secreti  di  Sicilia  di  esi- 
gere i  «nova  statuta,  que  fuerunt  per  Curiam  relaxata»,  riferen- 
dosi senza  dubbio  ad  un'abolizione  generale  avvenuta  prima  per 


(1283)  —  68  — 

tutto  il  regno,  e  forse  a  quella  approvata  dal  Re  Pietro  (Capitula 
Regni  Sicil.,  ed.  Testa,  Panormi,  1742,  voi.  I,  pag.  38,  cap.  LXIII). 
Samperi,  Messana  illustrata.  Messanae,  1742,  t.  II,  pag.  106  e  218 
ricorda  il  documento  per  la  città  di  Messina.  Gallo  ,  Annali  di 
Messina  cit.  ,  pag.  140  ne  dà  un  sunto.  Il  testo  è  trascritto  nel 
Codice  dei  privilegi  di  Messina,  esistente  a  Madrid,  a  fol.  65,  ed 
in  altre  copie.  Hartzenbusch,  nell'elenco  che  ne  fornì  (Arch.  Stor. 
Sicil.,  voi.  I,  pag.  318)  indicò  erroneamente  che  quel  documento 
fosse  sobre  administracion  de  iusticia,  perchè  interpretò  male  le 
parole  nova  statuta  contra  iusticiam.  Carini  ,  Gli  Archivi  e  le 
Bibl.,  voi.  II,  pag.  260  ripete:  «amministrazione  di  giustizia  in 
Messina».  Edito  da  Vito  La  Mantia,  I privilegi  di  Messina  cit., 
pag.  60  (parte  non  ancora  pubblicata),  e  da  Starrabba,  Consuet. 
e  priv.  di  Messina  cit.,  pag.  240,  però  con  data  28,  invece  di  20 
aprile.  Cfr.  pure  i  cenni  nella  Prefazione,  pag.  XXII. 

8.  Doc.  20  aprile  1283.  È  concessa  a  Ruggiero  de  Loria  la  di- 
gnità di  Ammiraglio  (in  Carini,  De  rebus,  pag.  617).  Fu  dato  in 
luce  la  prima  volta  dall'insigne  letterato  spagnuolo  Manuel  José 
Quintana,  Obras  completas,  parte  II,  Vidas  de  los  Espanoles  ce- 
lebres.  Madrid  ,  1852  ,  pag.  480 ,  insieme  ad  altri  documenti  ri- 
guardanti il  Loria.  Carini  non  la  alcun  ricordo  dell'edizione  del 
Quintana. 

9.  Doc.  4  maggio  1283.  Giovanni  da  Procida  è  eletto,  a  bene- 
placito regio,  Cancelliere  del  regno  di  Sicilia  (in  Carini,  De  rebus, 
pag.  640).  Inveges  ,  Annali  di  Palermo.  Ivi,  1651.  Palermo  no- 
bile ,  pag.  49 ,  riferisce  la  notizia  che  il  Procida  sia  stato  nomi- 
nato Cancelliere  nel  1283.  Ne  fa  cenno  Villabianca,  Memorie  su 
gli  antichi  uffizi  cit.,  pag.  227. 

10.  Doc.  29  luglio  1283.  Il  Re  Pietro  risponde  al  Cancelliere 
Giovanni  da  Procida  su  vari  affari  del  regno  di  Sicilia  (in  Carini, 
De  rebus,  pag.  433  e  seg.).  Ristampato  da  Amari  nella  4»  ediz., 
Firenze,  1851,  pag.  575,  sull'edizione  datane  dal  Saint-Priest. 
Venne  riprodotto  da  De  Renzi  nell'  opera  Collectio  salernitana. 
Napoli,  1853,  t.  Ili,  pag.  166,  doc.  XVI,  secondo  il  testo  pubbli- 
cato dal  Saint  -  Priest  ,  ma  apponendovi  un  argomento  in  ispa- 
gnuolo,  che  sembra  traduzione  inopportuna  dal  regesto  del  mar- 
chese Capponi  (neìVArch.  Stor.  Bai.  cit.),  e  quindi  nella  Storia 
della  Sctiola  medica  di  Salerno.  2»  ediz.  Napoli,  1857,  pag.  458, 
doc.  142.  Il  De  Renzi  incorre  in  equivoco  indicando  Coleccion  de 


—  69  —  (1283) 

Cartas  Reales.  Legajo  I.  Lo  ristampò  finalmente  nel  volume  II 
secolo  decimoterzo  e  Giovanni  da  Procida  eit.,  pag.  388,  nota  38. 


XXIV. 

1283,  marzo  31,  Saragozza. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  del  Re  Pietro  Un  Aragona,  in 
seguito  a  lettera  del  medesimo  Re  Pietro  dalla  Sicilia  per  l'invio 
nell'isola,  senza  alcuno  indugio  (festinanter),  di  tremila  uomini 
per  l'armata,  dà  gli  ordini  opportuni  a  Cerviano  de  Riaria,  cu- 
stode dei  porti  e  delle  marine  di  Catalogna  e  del  regno  di  Va- 
lenza., per  raccogliere  milizie  in  Dertosa  e  Tarracona,  e  trasmette 
il  transunto  della   lettera  del    Re  Pietro. 

Fideli  suo  Cerviano  de  Riaria,  custodi  portuura  et  ma- 
ritimarum  domini  Regis.  Noveritis  quod  dictus  dominus 
Rex  pater  noster  mandavit  nobis  per  litteras  suas  quod  fa- 
ceremus  conduci  tria  millia  hominum  ad  opus  armate  Sici- 
lie, de  quibus  sint  duo  mille  et  quadringenti  remerii  et  qua- 
dringenti  quinquaginta  ballistarii  et  nonaginta  nautxerii  et 
triginta  corniti  et  triginta  gaonerii ,  quos  homines  mandat 
ad  se  mitti  festinanter.  Quare  mandamus  vobis  ex  parte 
domini  Regis  et  nostra  quatenus  faciatis  teneri  tabulam  in 
Dertusa  et  Tarrachona  visis  presentibus ,  et  conducatis  de 
predictis  hominibus  GGL  ballistarios ,  GGGG  remerios  et 
XXX  nautxerios ,  X  comites  et  X  gaonerios ,  et  istud  nul- 
latenus  diferatis ,  alias  imputaretur  vobis  si  contra  volun- 
tatem  dicti  domini  Regis  ipsum  negocium  tardaretur.  Man- 
damus etiam  vobis  quatenus  incontinenti  cum  de  predictis 
GGG  vel  GCCG  conduxeritis  vel  amplius ,  mittatis  illos  ad 
dominum  Regem,  ita  quod  non  spectent  residuos  usque  ad 
quantitatem  predictam  qui  fuerint  conducendi ,  quoniam 
dictus  dominus  Rex  ita  mandat  fieri  per  alias  litteras  suas, 
quas  nobis  misit.  Significantes  vobis  quod  nos  mandamus 


(1283)  —  70  — 

per  litteras  Dostras  G."  de  Rocha  et  R.  de  Rivosicco  ut  qui- 
libet  eorum  conducat  mille  remerios  et  centum  ballistarios 
et  XXX  nautxerios  et  X  comites  et  X  gaonerios  ,  et  per 
eosdem  mandamus  teneri  tabulas  in  Barchinona  et  Valen- 
cia et  in  aliis  loeis  Catatonie  et  Regni  Valencie  prò  [ut] 
eisdem  videbitur  faciendum.  Datum  Cesarauguste  II  kalen- 
das  aprilis  [1288].  Et  mittimus  vobis  transumptum  littere 
domini  Regis  presentibus  interclusum. 

Documento  trascritto  nel  reg.  60,  fol.  72  del  Re  Pietro  (Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona).  Il  testo  del  transunto,  che  conteneva 
la  lettera  del  Re,  manca  nel  registro. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bill.,  voi.  II,  pag.  136  ne  dà  solamente 
un  sunto.  Amari  non  fa  alcun  cenno  di  tale  importante  provve- 
dimento ,  che  aveva  per  iscopo  di  rinforzare  l'esercito  di  Sicilia 
nella  guerra  contro  gli  Angioini.  Il  titolo  preciso  dell'Infante  Al- 
fonso nel  1283  si  trova  in  Carini,  De  rebus,  pag.  699. 

Per  altre  notizie  vedi  il  documento  seguente  (n.  XXV). 


XXY. 

1283,  marzo  31,  Saragozza. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  del  Re  Pietro  I  in  Aragona, 
dà  ordine  a  R.  de  Rivosicco,  Baiulo  del  regno  di  Valenza,  di  ra- 
dunare soldati  in  Valenza,  Gandia  ed  altri  luoghi  di  quel  regno, 
per  l'invio  di  milizie  in  Sicilia  richieste  dal  Re  Pietro  con  grande 
sollecitudine.  Rimette  il  transunto  della  lettera  regia. 

Simile  a  G.  de  Roca,  Baiulo  regio  in   Catalogna. 

Fideli  suo  R.°  de  Rivosicco,  baiulo  Regni  Valencie.  No- 
veritis  quod  dominus  Rex  pater  noster  mandavit  nobis  per 
litteras  suas  quod  faceremus  conduci  tria  millia  hominum 
ad  opus  armate  Sicilie ,  de  quibus  sint  duo  millia  et  qua- 
dringenti  remerii  et  quadringenti  quinquaginta  ballistarii  et 


—  7Ì  —  (1283) 

nonaginta  nautxerii  et  triginta  gahonerii ,  quos  homines 
mandat  ad  se  mitti  festinanter.  Quare  mandamus  vobis  ex 
parte  domini  Regis  et  nostra  quatenus  faciatis  teneri  tabu- 
lam  in  Valencia,  visis  presentibus,  et  in  Gandia  et  in  aliis 
locis  regni  Valencie,  in  quibus  videritis  faciendum,  et  con- 
ducatis  de  predictis  hominibus  mille  remerios  et  centum 
ballistarios  et  triginta  nautxerios  et  decem  comites  et  de- 
cerli gaonerios ,  et  nullatenus  diferatis  ,  alias  imputaretur 
vobis  si  contra  voluntatem  dicti  domini  Regis  ipsum  nego- 
cium  tardaretur.  Mandamus  etiam  vobis  quatenus  inconti- 
nenti cum  de  predictis  trescentos  vel  quadringentos  condu- 
xeritis  vel  amplius  mittatis  illos  ad  dominum  Regem ,  ita 
quod  non  spectent  residuos  usque  ad  quantitatem  predi- 
ctam  qui  fuerint  conducendi,  quoniam  dictus  dominus  Rex 
ita  mandat  tìeri  per  alias  litteras  suas ,  quas  nobis  misit. 
Significantes  vobis  quod  totidem  mandamus  conduci  per  G. 
de  Rocha ,  baiulum  Catalonie ,  et  teneri  tabulam  per  eum 
in  Barchinona,  et  residuos  usque  ad  complementum  diete 
quantitatis  trium  millium  hominum  mandamus  conduci  per 
Gervianum  de  Riaria  et  per  eum  teneri  tabulam  in  Dertusa 
et  Terrachona.  Datum  Cesarauguste  II  kalendas aprilis  [1283]. 
Et  mittimus  vobis  transumptum  littere  domini  Regis  pre- 
sentibus interclusum. 

Fait  facta  et  missa  similis  G.°  de  Rocha,  baiulo  domini 
Regis  in  Catatonia. 

Dal  Registro  60  del  Re  Pietro,  fol.  72  r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona) . 

Su  quei  preparativi  militari  si  hanno  altri  due  ordini  dello 
stesso  giorno  riguardanti  armamento  di  galere.  A  2  aprile  l'In- 
fante scriveva  pel  pagamento  di  somme  al  de  Roca  per  cinque- 
cento remiganti.  Ciò  dimostra  che  le  milizie,  richieste  per  la  spe- 
dizione siciliana,  furono  con  ogni  probabilità  inviate.  La  parola 
tenere  tabulam  è,  come  osserva  il  Ducange,  Glossarium  med.  et 
inf.  lat.  Niort,  1883,  t.  Vili,  pag.  8,  una  espressione  catalana  a- 
doperata  nel  senso  di  adunanza  per  sindacato  di  officiali  ;  ma  il 
Dugange  non  indica  l'altro  significato  di  far  leva  di  soldati,  che 
risulta  da  queste  due  documenti. 


(1283)  —  72  — 

XXVI. 


1283.  maggio  1,  Trapani. 


Il  Re  Pietro  1  ordina  a  Pietro  Dahivar  di  recarsi  subito,  e  per 
la  via  piti  adatta  con  biion  numero  di  cavalli,  a  Bordeaux,  nella 
quale  città  dovrà  avvenire  il  duello  tra  il  medesimo  Re  Pietro 
e  Carlo  d'Angiò  nel  primo  giorno  di  giugno. 

Documento  in  lingua  catalana  conservato  tra  le  Cartas  sueltas 
con,  fecka  del  Re  Giacomo  al  n.  167,  nell'Arcti.  della  Corona  di 
Arag\  in  Barcellona. 

Pubblicato  la  prima  volta  da  Saint  -  Pkiest,  Hist.  de  la  con- 
quéte,  t.  IV,  pag.  216,  con  l'indicazione  «  Goleccion  de  cartas  Rs. 
legajo  1»  e  la  data  inesatta  de!  1280.  Fu  ristampato  da  Carini, 
De  Ftehit-j,  paj.  703,  documento  Xll  dell'  Appendice  concernente 
il  duello,  però  senza  veruna  annotazione  della  serie  di  scritture 
donde  lo  trasse  ,  che  invece  trovasi  segnata  nelle  trascrizioni  di 
lui,  cioè:  «  N.  167  interino.  Carte  sciolte  di  Giacomo  II». 

Amari  nella  9a  edizione  non  fa  alcuna  menzione  di  tale  ordine 
trasmesso  dal  Re  Pietro  dalla  Sicilia,  cinque  giorni  prima  della 
sua  partenza  per  la  Catalogna. 


XXVII. 

1283,  dopo  l'il  giugno,  Bordeaux. 

Il  Re  Carlo  d'Angiò  in  un  suo  memoriale  consegnato  agli  am- 
basciatori, «  euntibus  ad  partes  Italie  quod  civitatibus  et  amicis 
Italie  exponent  ea  que  sequuntur»,  dà  ampia  notizia  di  quanto 
fu  stabilito  in  Messina  e  Reggio  ,  di  accordo  col  Re  Pietro ,  per 
il  duello,  e  che  il  medesimo  Re  Carlo  si  è  recato  a  25  marzo  a 
tale  scopo  in  Bordeaux,  e  che  vi  è  rimasto  sino  all' 11  giugno,  ma 
che  il  Re  Pietro  non  è  venuto ,  né  si  è  scusato ,  incorrendo  così 
nel  biasimo. 

Il  testo  venne  pubblicato  da  Muratori,  Antiquitates  italicae 
medii  aevi.  Mediolani,  1742,  t.  Ili,  pag.  649-654,  sopra  un  registro 
del  Comune  di  Modena,  a  fol.  272. 


—  73  —  (1283) 

Manca  la  data  nel  documento;  ma  dall'essere  consegnato  agli 
ambasciatori  che  venivano  in  Italia,  e  dalla  notizia  dei  fatti  com- 
piuti sino  all'  11  giugno  si  riconosce  che  è  scritto .  pochi  giorni 
dopo,  coinè  protesta  contro  il  Re  Pietro. 

Amari,  Un  periodo  cit.,  pag.  122,  e  9"  ediz.,  voi.  II,  pag.  26  lo 
dice  :  «  Manifesto  indirizzato  al  coniane  di  Modena  »  ;  però  deve 
notarsi  che  in  principio  non  si  trova  alcun  indirizzo  a  quel  Co- 
mune ,  e  sembra  quindi  che  sia  stato  soltanto  consegnato  dagli 
ambasciatori  al  Podestà  del  Comune  di  Modena  ,  come  facevasi 
per  altri  comuni  o  repubbliche  d'Italia. 

Ritenne  altresì  per  equivoco  1' Amari  che  il  documento  che  se- 
gue nella  edizione  datane  dal  Muratomi  sia  la  «  risposta  di  Pie- 
tro »  al  memoriale  del  Re  Carlo;  mentre  tale  secondo  documento 
non  è  altro  che  la  nota  convenzione  sul  duello,  formata  a  30  di- 
cembre 1282,  e  che  nel  testo  dato  dal  Muratori  termina  alle  pa- 
role prorsus  sint  liberi,  senza  le  righe  finali  che  contengono  altre 
parole  e  la  data.  Per  la  convenzione  del  30  dicembre  1282  cfr. 
quanto  ho  notato  al  n.  XVI. 

Riguardo  alle  notizie  del  viaggio  del  Re  Pietre  ia  Valenza 
(dove  era  arrivato  a  17  maggio  1283)  a  Bordeaux  «  per  so  que 
nos  hy  som  estats  personalment  et  hy  avem  feyt  co  que  al  feyt 
conven  »,  e  di  essersi  quivi  trovato  presente  a  1°  giugno  «de  si 
llegamos  personalment  a  Bordell  et  fiziemos  nuestra  presentacio 
al  Seneschal  del  Rey  Dinglaterra  »  ,  che  annunziò  il  rinvio  del 
duello,  dopo  il  qual  fatto  egli  (Re  Pietro)  se  ne  è  tornato  in  Ta- 
rasona,  «  e  somos  en  Tirasona  sanos  e  con  salut  loando  a  Dios  », 
vedansi  i  due  documenti  del  1°  giugno  1283  (ai  nobili  di  Aragona 
e  Catalogna)  e  20  giugno  (al  figlio  del  Re  di  Castiglia)  pubblicati 
da  Carini,  De  Rebus,  pag.  706  e  707,  nell'Appendice  dei  documenti 
sul  duello.  Il  primo  di  essi  è  tratto  dal  reg.  61,  fol.  156  r.  di  Pie- 
tro, e  l'altro  dal  reg.  47,  fol.  119,  esistenti  nell'Archivio  della 
Corona  d'Arag.  in  Barcellona,  sebbene  il  Carini  non  offra  di  ciò 
alcuna  indicazione. 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  26  non  ricorda  affatto  questi  due 
documenti  che  danno  la  prova  sicura  del  viaggio  del  Re  Pietro 
a  Bordeaux,  anzi  su  tale  avvenimento  dice  :  «  Se  mentissero  pure 
i  cronisti  avversi  a  casa  d'Angiò,  se  pur  fosse  falso  ,  come  non 
mi  sembra,  il  viaggio  di  re  Pietro  a  Bordeaux  »  ecc. 

Nel  Syllabus  membranarum  ad  Begiae  Siclae  Archivum  per- 


(1283)  —  74  — 

tinentium.  Neapoli,  1824,  voi.  I,  pag.  258,  nota  2  è  il  testo  di  un 
documento  del  20  novembre  1283  (tratto  dal  fascicolo  angioino 
LXV,  n.  ti),  dal  quale  si  rilevano  le  spese  sostenute  per  la  corte 
del  Re  Carlo  al  ritorno  da  Bordeaux  per  recarsi  in  Italia. 


XXVIII. 

1283,  giugno  21,  Tarasona. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  a  Bianca  signora  di  Molina,  dicendole 
che  sempre  è  stato  memore  di  lei,  e  che  al  ritorno  dalla  Sicilia 
ha  ricevuto  lettera  dell'Infante  Giacomo,  che  invia  un  ambascia- 
tore per  compire  quanto  la  suddetta  Bianca  conosce.  Il  Re  Pietro 
si  scusa  di  non  potere  per  la  guerra  recarsi  da  lei,  e  manifesta 
di  aver  rimproverato  V Infante  Sancio  per  alcune  parole  dette 
contro  la  medesima. 

Nobili  et  dilecte  donine  Bianche  domine  de  Molina.  Quia 
nobis  cordi  est  semper  actendere  ea  ,  ad  que  tenemur ,  et 
licet  in  arduis  negociis  intendere  habuerimus  hucusque , 
semper  fuimus  memores  facti  vestri  ne  vos  deciperemini , 
quia  multum  in  nobis  fìdastis ,  et  ideo  in  recessu  nostro 
de  regno  nostro  Sicilie  habuimus  cartam  a  karissimo  filio 
nostro  Infante  dompno  Iacobo,  in  qua  concedit  plenariam 
potestatem  venerabili  Roderico  Petri  Poncio,  commendatori 
de  Alcanicio ,  faciendi  et  complendi  nomine  suo  factum 
quod  scitis.  Propter  quod  mictimus  ad  vos  dictum  commen- 
datorem  ut  vos  procedatis  in  ipso  facto  prout  vobis  melius 
videbitur  ;  nos  enim  accessissemus  ad  videndum  vos ,  et 
propter  guerram  Gallicorum,  et  quia  inclitus  Infans  Sancius 
rogavit  nos  quod  iuvaremus  ipsum  ad  ordinandum  fronte- 
riam  suam,  habuimus  remanere,  et  sic  rogamus  vos  quate- 
mus  inde  nos  habeatis  excusatos.  De  facto  vestro  fuimus 
loquuti  cum  dicto  Infante  Sancio,  et  reprehendimus  ipsum 
de  verbis  que  contra  vos  dixerat,  ita  quod  penituit  ipsum 
de  hiis  que  dixerat ,  et  est  in  voluntate  faciendi  vobis  be- 


—  75  —  (1283) 

neplacitum  et  honorem.  Datum  Tirasoni  x.i°  kalendas  lulii 
[1 283]. 

Documento  trascritto  nel  registro  47  del  Re  Pietro,  fol.  119  r. 
(Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II ,  pag.  50  ne  dà  un  rias- 
sunto, senza  indicare  il  titolo  di  «signora  di  Molina». 

L'Infante  Don  Sancio  era  il  figlio  primogenito  del  Re  di  Ca- 
stiglia,  ed  a  lui  ed  all'Infante  Emanuele,  oltreché  al  sovrano,  fu 
indirizzata  dal  Re  Pietro  a  18  gennaio  1282  la  famosa  lettera  ri- 
guardante gli  accordi  per  la  conquista  del  regno  di  Sicilia  (vedi 
doc.  n.  XI).  Carini,  op.  cit.,  voi.  II,  pag.  46  completò  il  testo  di 
quella  lettera  così  :  «  (Inedito).  De  similia  [corr.  simili]  materia 
Infanti  dompno  Sancio  quod  assistat  dicto  nuncio  auxilio  et  fa- 
vore. Datum  ut  supra.  Similis  Infanti  dompno  Emaniteli». 

Altri  documenti  del  16  dicemhre  1281  e  30  gennaio  1285,  che 
concernono  la  signora  Bianca ,  sono  riferiti  in  sunto  da  Carini 
cit.,  pag.  45  e  58.  Il  Re  Pietro  trattava  nel  1281  per  dare  in  isposa 
Isabella,  figlia  di  Bianca,  all'Infante  Federico  suo  figlio. 


XXIX. 

1283,  giugno  23,  Tarasona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Pietro  de  Roca,  di  Barcellona,  di  dare 
buon  posto  (placeas)  e  vitto  in  una  delle  navi  regie,  se  desidera 
fare  in  essa  il  suo  viaggio,  a  Berengaria  de  Belpuig  ed  ai  suoi 
familiari,  dovendosi  recare  in  Sicilia  presso  il  marito  Bertrando. 

Petrus  Dei  gracia  Aragonum  et  Sicilie  rex  fìdelissimo 
suo  Petro  de  Rocha  civi  Barchinone  salutem  et  graciam. 
Cum  Berengaria  uxor  Bertrandi  de  Belpuig  intendat  ad 
partes  Sicilie  et  dictum  maritum  suum ,  volumus  et  man- 
damus  vobis  quatenus  si  ipsa  voluerit  transfretare  in  al- 
tera illarum  duarura  navium  nostrarum,  faciatis  sibi  et  fa- 
milie    sue    dari  bonas   placeas   et   victualia  eis   necessaria 


(1283)  —  76  — 

usque  in  Siciliani,  et  eciam  si  ipsa  voluerit  et  requisiverit, 
faciatis  navem  ipsam  accedere  versus  illas  partes  quas  vo- 
luerit ad  recolligendum  se.  Datum  Tarrasone  ix  kalendas 
Tulii,  anno  ut  supra  [1283]. 

Dal  registro  46  del  Re  Pietro,  fol.  9:2  (Ardi.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona) . 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  Il,  pag.  22  ne  offre  un  sunto: 
ma  col  nome  G.  invece  di  Pietro  de  Roca,  e  traducendo  se  verrà 
invece  di  se  vorrà. 


XXX, 

\L28'A,  luglio  29,  Logrono. 

Il  Re  Pietro  I  manda  a  Giovanni  da  Procida,  in  una  cedola 
acchiusa  in  altra  lettera  della  stessa  data,  le  notizie  del  suo  ar- 
rivo in  Catalogna,  del  processo  per  il  duello  di  Bordeaux  e  della 
sua  ottima  salute. 

Adventum  nostrum  ad  partes  istas  et  processum  pugne 
burdegalensis  et  felice m  continenciam  status  nostri  vobis 
signilìcamus  in  quadam  cedula,  presentibus  interclusa. 

Questa  cedola  assai  importante  ,  e  che  mostra  la  fiducia  che 
sempre  si  aveva  nel  Procida ,  è  solamente  accennata  ,  e  non  si 
trova  dopo  il  testo  del  documento  dello  stesso  giorno,  trascritto 
nel  reg.  54,  fol.  178  del  Re  Pietro,  e  pubblicato  prima  dal  Saint- 
Priest,  Hist.  de  la  conquète,  t.  IV,  pag.  232,  e  riprodotto  da  Ca- 
rini, De  rebus,  pag.  433.  Il  Saint-Priest  a  pag.  217  offre  un  cenno 
del  documento  principale,  e  riporta  le  parole  finali  che  ricordano 
la  cedola  inviata  particolarmente  al  Procida.  Carini  nota  che  dopo 
quel  documento  «seguono  nel  registro  alcuni  fogli  bianchi».  É 
probabile  che  fossero  stati  destinati  per  copiarvi  la  cedola ,  che 
dovea  essere  alquanto  estesa ,  e  che  poi  non  si  curò  più  di  tra- 
scrivere (Cfr.  pure  doc.  XXIII,  n.  10). 


—  77  —  (1283) 

XXXI 

1283,  settembre  27,  indizione  12»,  Messina. 

La  Regina  Costanza  ordina  ai  Secreti  di  Sicilia  Giovanni 
Guercio  di  Messina,  e  Nicola  de  Ebdemonia  di  Palermo  di  non 
esigere  dalla  Chiesa  di  Patti  alcuna  somma  per  diritto  di  legna- 
me, sino  ad  altro  mandato  di  lei  o  del  figlio  Giacomo,  Luogote- 
nente del  regno. 

Constancia  dei  gratia  Aragonum  et  Sicilie  regina.  Ioanni 
Guelchio  de  Messana  militi,  consiliario  et  familiari  et  Nico- 
lao  de  Empdemonia  de  Panormo  secretis  et  raagistris  pro- 
curatoribus  Sicilie  fidelibus  suis  gratiam  suam  et  bonam 
voluntatem.  Pro  parte  Pactensis  ecclesie  excellencie  nostre 
fuit  humiliter  supplicatimi  ut  cum  eadem  ecclesia  a  presta- 
cene iuris  lignaminum  exempta  semper  fueritet  immunis, 
prout  in  privilegiis  et  inquisicionibus  inde  confectis  piene 
asseritur  contineri ,  et  vos  contra  immunitatem  huiusmodi 
venientes,  procuratores  ipsius  ecclesie  ad  solvendum  vobis 
prò  parte  Curie  prò  iure  lignaminum  predictorum  certam 
quantitatem  pecunie  indebite  compellatis  et  multipliciter 
molestatis,  providere  super  hiis  misericorditer  dignaremur. 
Quibus  supplicacionibus  clementer  admissis,  fìdelitati  vestre 
precipiendo  mandamus  quatenus  ab  exacione  iuris  lignami- 
num predictorum  supersedere  debeatis  usque  ad  alium  cel- 
situdinis  nostre ,  vel  karissimi  tilii  nostri  Infantis  Iacobi , 
domini  viri  nostri  in  regno  Sicilie  futuri  successo ris  et  he- 
redis  ac  eius  in  eodem  regno  generaliter  locumtenentis,  spe- 
ciale mandatum  vobis  propterea  dirigendum.  Datum  Mes- 
sane anno  domini  M.°  CC.°  LXXX.0  1IJ°  mense  septembris 
vicesimo  septimo  eiusdem,  duodecime  indicionis,  regnorum 
nostrorum  Aragonum  anno  octavo,  Sicilie  vero  secundo. 

Documento  in  pergamena  nel  voi.  «Castello  Patti  e  Tindari  » 
dell'  Archivio  Vescovile  di  Patti  ,  a  fol.  297.  È  contenuto  in  un 
transunto  del  28  settembre, 


(1283)  —  78  — 

Giovan  Crisostomo  Sciacca  nel  volume  Patti  e  V amministra- 
zione del  Comune  nel  medio  evo.  Palermo  ,  1907  (nei  Doc.  della 
Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria.  Serie  li ,  voi.  VI)  non  ne  dà  alcuna 
notizia,  né  riferisce  il  testo. 

La  Chiesa  di  Patti  aveva  ottenuto  in  febbraio  1265  1'  ordine 
dal  Re  Manfredi  di  non  essere  molestata  per  il  diritto  di  mari- 
neria e  legname,  secondo  il  privilegio  del  Re  Guglielmo  II,  con- 
fermato da  Federico  svevo.  Il  documento  di  Manfredi  fu  pubbli- 
cato da  Carlo  Kehr  ,  Staufische  diplome  in  Domar chiv  zu  Patti 
(postumo),  nella  rivista  Quellen  und  Forschung.  aus  italien.  Ar- 
chives  ecc.,  voi.  VII,  Roma,  1904,  pag.  180.  Il  Re  Carlo  d'Angiò 
a  26  agosto  1266  confermò  quell'esenzione,  con  sua  lettera,  edita 
da  Pirri,  Sicilia  Sacra,  t.  II,  pag.  778,  e  ricordata  da  Sciacca, 
op.  cit.,  pag.  89. 

Di  Giovanni  Guercio  si  ha  memoria  nel  1283  pel  pagamento 
di  somma  a  lui  dovuta  prò  quitacione  sua  (Carini  ,  De  rebus  , 
pag.  062).  Nicola  de  Ebdemonia  è  il  celebre  Capitano  di  Palermo, 
insieme  con  Mastrangelo,  Baveno  e  Ortilevo  nel  governo  repub- 
blicano del  1282.  Cfr.  doc.  n.  I.  Altre  notizie  su  Ebdemonia  offre 
Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  201  per  gli  anni  anteriori. 

Notevoli  sono  le  espressioni  usate  dalla  regina  Costanza  per 
il  titolo  dell'Infante  Giacomo,  cioè:  «domini  viri  nostri  in  regno 
Sicilie  futuri  successoris  et  heredis  ».  Vedi  su  ciò  quanto  ho  detto 
nelle  Notizie  preliminari  al  regno  di  Pietro  1,  nel  §  4. 


XXXII. 

1283,  ottobre  4,  Tarazona. 

Il  Re  Pietro  I  concede  a  notaro  Stefano  di  Nicola  ed  a  Filippo 
Guarichi  di  Sciacca,  per  i  loro  meriti,  due  casali  siti  nella  valle  di 
Girgenti,  cioè  Burgibilluso  presso  Sciacca,  e  Tnrbuli  con  le  terre 
vicine,  che  nell'epoca  di  Carlo  d'Angiò  erano  posseduti  da  Pietro 
Nigrello  provenzale  e  che  valgono  onde  tredici  di  oro  annuali , 
con  la  condizione  che,  se  il  reddito  supera  tale  cifra ,  quanto  a 
vanza  dovrà  esser  pagato  alla  regia  Corte,  oltre  l'obbligo  del  ser- 
vizio militare  (reservato  servicio,  quod  prò  eisdem  casalibus  de- 


—  79  --  (1283) 

betur).  Il  Re  avvisa  di  ciò  la  Regina  Costanza  e  l'Infante  Gia- 
como con  lettere  simili. 

Petrus  dei  gracia  Rex  Aragonum  et  Sicilie  etc.  Illustris- 
sime domine  Gonstancie  per  eandem  graciam  eorumdem 
regnorum  Regine  karissime  consorti  sue  etc.  Notarius  Ste- 
phanus  de  Nicolao  de  Sacca  dilectus  familiaris  et  fìdelis 
noster  per  se  et  prò  parte  Philippi  Guarichii  socii  sui  de 
eadem  terra  Sacce,  dilecti  familiaris  et  fidelis  nostri,  coram 
maiestate  nostra  nuper  accedens,  nostro  culmini  supplica vit 
ut  cura  prò  exaltacione  nostri  culminis  et  honoris  ac  prò 
nostris  serviciis  exequendis  labores  et  expensas  plurimas 
sint  perpessi,  casalia  duo  que  sunt  in  insula  nostra  Sicilie 
scilicet  in  valle  Agrigenti,  quorum  unum  dicitur  Burgibillu- 
sium  positum  prope  dictam  terram  Sacce,  cuius  proventus 
et  redditus  valent  et  valere  possint  per  annum  uncias  auri 
quindecim,  et  aliud  casale  quod  dicitur  Turbuli  cum  terris 
sibi  adiacentibus  et  vicinis,  que  dicuntur  Rahalgebili,  Vulta- 
num  et  Gargocta,  quod  et  quas  tenebat  olim  Petrus  Nigrel- 
lus  provincialis  tempore  Karoli  Provincie  Gomitis  hostis 
nostri,  cuius  proventus  et  redditus  valent  et  valere  possunt 
per  annum  uncias  auri  tresdecim,  eis  graciose  concedere  de 
liberalitate  mera  et  speciali  gracia  dignaremur.  Nos  igitur 
ipsius  supplicacionibus  inclinati  et  compacientes  eisdem, 
actendentesque  grata  satis  et  accepta  servicia  predicta  et 
alia,  que  predicti  Stephanus  et  Philippus  exhibuerunt  maie- 
stati  nostre  ,  et  que  in  futurum  conferre  et  exhibere  pote- 
runt  graciora,  considerantes  eciam  quod  decet  principem 
in  conferendis  beneficiis  suis  familiaribus  et  fidelibus  esse 
munificum,  eisdem  notario  Stephano  et  Philippo,  prò  sub- 
stentacione  expensarum  vite  eorum,  casalia  ipsa  et  terras 
cum  omnibus  iuribus,  racionibus  et  pertinenciis  eorumdem 
concessimus  de  gracia  speciali,  dummodo  ad  summam  seu 
valorem  maioris  quantitatis  pecunie  supradicte  ipsa  casalia 
non  ascendant  per  annum.  Quare  volumus  et  mandamus 
vobis  quatenus  si  est  ita  quod  redditus  et  proventus  annui 


(1283)  —  80  — 

dictorum  casalium  et  terrarum  ad  maiores  quantitates  pe- 
cunie quam  dictum  est  superius  non  ascendant,  eos  in  pos- 
sessione dictorum  casalium  et  terrarum  cum  iuribus  et  per- 
tinenciis  eorumdem,  sine  alicuius  more  dispendio,  induci 
presencium  auctoritate  mandetis,  et  donacionem  vos  et  illu- 
stris  Infans  Iacobus  dilectus  f  filius]  noster,  cui  exinde  scri- 
bimus,  inde  ei  concedatis.  Verum  si  per  inquisicionem,  quam 
inde  fieri  mandabitis,  invenientur  redditus  et  proventus  ip- 
sorum  casalium  et  terrarum  valere  per  annum  ultra  quan- 
titates predictas,  vos  et  predictus  Infans  Jacobus  ea  casalia 
et  terras  eis  nichilominus  concedatis.  Ita  tamen  quod  prò 
superfluo  valore  annuo  ipsorum  ipsi  nostre  Curie  quolibet 
anno  respondere  et  satisfacere  teneantur.  Reservato  eciam 
Curie  nostre  servicio  ,  quod  prò  eisdem  casalibus  debetur, 
per  eos  Curie  nostre  prestando.  In  premissis  taliter  vos  ge- 
rentes  quod  ipsi  ad  serenitatem  nostram  fatigare  propterea 
denuo  non  cogantur.  Datum  apud  Tharasonas  quarto  octu- 
bris  anno  domini  millesimo  ducentesimo  octuagesimo  tercio. 

Documento  inserito  in  altro  dei  3  agosto  1301  del  Re  Fede- 
rico II  e  scritto  in  pergamena  originale  conservata  al  n.  17  del 
Tabulano  di  S.  Maria  della  Grotta  (Archivio  di  Stato  di  Paler- 
mo). Delle  lettere  consimili  inviate  all'Infante  Giacomo  si  fa  cenno 
nel  privilegio  del  Re  Federico.  La  pergamena,  insieme  con  altre, 
fu  nel  1883  offerta  in  vendita  al  prof.  Antonino  Salinas,  il  quale 
ne  propose  l'acquisto  all'Archivio. 

Il  medesimo  Salinas  ne  ha  dato  una  breve  notizia  nella  me- 
moria Osservazioni  intorno  a  due  diplomi  greci  riguardanti  la 
topografia  di  Palermo,  neìYArch.  Stor.  Sic,  an.  IX  (1884)  p.  91, 
n.  II.  Nel  fugace  sunto  egli  ricordò  il  privilegio  di  «  Pietro  e  Co- 
stanza», che  afferma  «dato  a  Termini  il  4  ottobre  1283»;  ma  in- 
corse in  equivoco  ritenendo  che  il  documento  fosse  pure  della  re- 
gina Costanza,  mentre  è  soltanto  a  lei  diretto  in  Sicilia,  e  che  la 
data  di  luogo  fosse  Termini  (cioè  Termini  Imerese  in  Sicilia)  , 
quando  invece  è  Tarazona  nel  regno  di  Aragona,  né  l'abbrevia- 
zione Thrnas  può  interpretarsi  altrimenti. 

t  noto  infatti  che  il  Re  Pietro  partì  dalla  Sicilia  il  6  maggio 


—  81  —  (1283) 

1283,  né  più  vi  fece  ritorno.  Dai  documenti  riferiti  in  sunto  dal 
Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  24,  163,  164,  si  scorge 
che  il  Re  Pietro  a  7  settembre  1283  era  a  Tarasona,  al  24  ad  Exea, 
ed.  a  1°  dicembre  a  Valenza. 

Per  Filippo  Guarichiolo  o  Guarichio  si  ha  notizia  in  un  docu- 
mento del  Re  Pietro  dell'8  marzo  1283  riguardante  un'inchiesta 
fatta  intorno  la  privazione,  sofferta  dal  Guarichiolo,  del  possesso 
di  una  masseria  nel  casale  Rachalmaymuni  presso  Caltabellotta 
(Carini,  De  rebus,  pag.  552).  Altro  ricordo  è  in  un  privilegio  del 
Re  Federico  II  aragonese  di  concessione  dell'  officio  di  Portola- 
noto  di  Sciacca  a  Riccio  Guarichiolo  ,  tiglio  del  tu  Filippo  ,  del 
quale  documento  fa  menzione  G.  L.  Barberi,  I  Capibrevi,  voi.  Ili, 
ed.  Silvestri,  Palermo.  1888-1907,  pag.  591  (nei  Doc.  della  Soc. 
Sicil.  di  Storia  Patria,  Serie  I,  voi.  XII)  nella  parte  da  me  data 
in  luce. 


XXXIII. 

1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  i  suoi  Consiglieri  nel  regno  di  Sicilia  di 
avere  ordinato  che  Lapo  Guindone  sia  Portolano  dell'isola  e  dei- 
regno,  insieme  a  Romeo  de  Portella,  che  tiene  quell'ufficio  al  pre- 
sente. 

Dilectis  et  fidelibus  suis  consiliariis  in  regno  Sicilie  pre- 
dicto  constitutis ,  ad  quos  presentes  pervenerint.  Noveritis 
nos  ordinasse  quod  fidelis  famìliaris  noster  Lappo  Guindo- 
ni  sit  Portulanus  tocius  insule  et  regni  nostri  Scicilie,  simul 
cura  Romeo  de  Portella,  qui  iara  predictam  Portulaniam 
procurat  et  aministrat  prò  nobis.  Quare  vobis  dicimus  et 
mandamus  quatenus  don  Lapum  prò  Portulano  habeatis  , 
simul  cum  dicto  Romeo  de  Portella,  et  eidem  in  hiis,  in 
quibus  vos  necessarios  habuerit,  ad  utilitatem  nostrani  circa 
regendum  et  administrandum  ipsum  officium  detis  consilium 
et  iuvamen.  Datura  Valentie,  II  kalendas  decembris  [1283]. 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  6 


(1283)  —  82  — 

Dal  reg.  46  di  Re  Pietro,  fol.  122r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  25  ne  offre  un  sunto 
brevissimo. 

L'espressione  «  tocius  insule  et  regni  nostri  Sicilie  »  denota  il 
vivo  desiderio  del  Re  di  conquistare  le  provincie  continentali  del 
regno,  come  affermava  nel  documento  del  20  ottobre  1282:  «  Spe- 
rantes  in  brevi...  tocius  Regni  residuum  nostro  dominio  sodare» 
(Carini,  De  rebus,  pag.  110  e  seg.). 


XXXIV. 

1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I,  nonostante  che  per  patto  Lapo  Guindone  debba 
risiedere  in  Valenza,  permette  che  sia  libero  da  tal  vincolo,  do- 
vendo recarsi  in  Sicilia  per  il  servizio  regio. 

Nos  Petrus  etc.  Concedimus  vobis  fideli  familiari  nostro 
Lappo  Guindoni  quod  licet  ex  pacto  inter  nos  et  vos  inito 
teneamini  facere  in  Valencia  residenciam  personalem  ,  prò 
eo  tamen  quod  in  partibus  Scicilie  esse  debetis  in  nostro 
servicio ,  sitis  a  predicta  residencia  absolutus,  quamdiu  in 
dictis  partibus  fueritis  in  nostro  servicio  supradicto;  set  vo- 
bis recedente  de  dictis  partibus  Scicilie  ,  teneamini  redire 
Valenciam,  facturus  ibi  dictam  residenciam  personalem.  Da- 
tum  ut  supra  [Valencie,  II  kalendas  decembris — 1283]. 

Dal  reg.  4b'  di  Re  Pietro  ,  fol.  123  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona) . 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  25  ne  dà  un  sunto. 

Si  trova  altresì  ricordato  Lapo  Guidone  o  landone  in  un  do- 
cumento dell'Infante  Alfonso  del  29  gennaio  1283,  nel  quale  viene 
designato  come  Baiulus  illustris  domine  Regine  matris  nostre, 
ed  in  quello  del  9  aprile  per  recarsi  in  Saragozza  presso  l'Infante 
(Carini,  op.  cit.,  pag.  134  e  143). 


—  83  —  (1283) 


XXXV. 

1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  dà  notizia  a  Romeo  de  Portella  di  avere  nomi- 
nato Lapo  Guindone  Maestro  Portolano  di  tutto  il  regno  e  dei- 
risola  di  Sicilia,  insieme  al  medesimo  Romeo. 

Fideli  suo  Romeo  de  Portella.  Noveritis  nos  ordinasse 
quod  fidelis  familiaris  noster  Lappo  Guindoni  sit  magister 
Portulanus  tocius  regni  et  insule  Scicilie,  simul  vobiscum. 
Quare  raandamus  vobis  quatenus  dictum  Lappum  prò  ma- 
gistro  Portulano  habeatis  simul  vobiscum,  et  ipsum  officium 
Portulanie  uti  permictatis,  dum  de  nostri  fuerit  voluntate, 
ita  quod  ambo  insimul  ipsum  officium  bene  et  fìdeliter  pro- 
curetis.  Datum  ut  supra  [Valencie,  TI  kalendas  decembris — 
1283]. 

Dal  reg.  46  di  Re  Pietro,  Ibi.  123  (Ardi.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  25  ne  dà  un  sunto 
non  preciso,  perchè  indica  il  documento  quasi  «  partecipazione  » 
dell'altro  precedente,  col  quale  il  Re  esonera  Lapo  Guindone  dal 
dimorare  nella  città  di  Valenza. 


XXXVI. 

1283,  dicembre  1,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I partecipa  a  Lapo  Guindone  di  averlo  nominato, 
a  beneplacito  regio,  Maestro  Portolano  dell'isola  di  Sicilia  e  del 
regno  ,  insieme  con  Romeo  de  Portella  ,  che  tiene  attualmente 
quelV  ufficio. 

Noverint  universi  quod  nos  Petrus  Dei  gracia  Aragonum 
et  Sicilie  rex  concedimus  vobis  Lappo  Guindoni ,  fideli  fa- 


(1288)  —  84  — 

miliari  nostro,  quod  sitis  magister  Portulanus  tocius  insule 
et  regni  nostri  Sicilie  predicti ,  simul  cura  Romeo  de  Por- 
tella,  qui  iam  predictam  portulaniam  procurat  et  arainistrat 
prò  nobis.  Ita  quod  vos  et  ipse  Romeus  insimul  bene  et  fi- 
deliter  procuretis  et  aminislretis  in  omnibus,  ad  voluntatem 
nostrani,  officium  Portulanie  predictum,  dum  tamen  de  no- 
stri fuerit  voluntate.  Mandantes  per  presentes  dicto  Romeo 
et  universis  hominibus  regni  nostri  Sicilie  predicti  quod  vos, 
simul  cum  dicto  Romeo  ,  habeant  prò  magistro  Portulano 
dum  nobis  placuerit ,  ac  superius  continetur.  Et  quicquid 
vos  ambo  simul  ordinaveritis,  vel  feceritis,  in  predicto  offi- 
cio ad  utilitatem  nostri  ratum  et  firmum  habere  promicti- 
mus  in  perpetuum.  Datum  Valencie,  kalendis  decembris. 
[1283]. 

Dal  reg.  46  di  Re  Pietro,  fol.  122  r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Ne  dà  breve  sunto  il  Carini  ,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II , 
pag.  25. 

É  notevole  pure  qui  la  distinzione  :  «  tocius  insule  et  regni 
nostri  Sicilie  » . 


XXXVII. 

1983,  dicembre  1,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Pietro  de  Cabanis  di  far  condurre  in 
Sicilia,  con  una  nave  regia,  Lapo  Guindone  con  la  sua  famiglia, 
facendo  passaggio  prima  in  Sardegna  ,  perchè  il  suddetto  Lapo 
possa  conferire  con  il  Giudice  di  Arborea. 

Petro  de  Cabanis.  Mandatnus  vobis  quatenus  faciatis 
portari  ad  partes  Sicilie  in  terida  nostra  fìdelem  familiarem 
nostrum  Lappimi  Guindoni,  et  uxorem  suam  ac  fìlium  suum 


—  85  —  (1283) 

et  eius  familiam,  et  duas  equitaturas  et  arnesium  suum,  et 
eundo  in  dictis  partibus,  faciatis  transitimi  per  Gerdeynnam 
ad  hoc  ut  possit  loqui  dictus  Lappo  cum  Iudice  Arboree. 
Datimi  ut  supra  [Valentie,  kalendis  decembris  — 1283]. 

Dal  reg.  M  di  Re  Pietro,  fol.  122S  r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona) . 

Si  ha  il  sunto  in  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  25. 


XXXVIII. 


l!283,  dicembre  15,  indizione  12,  Catania. 

L'Infante  Giacomo  ,  Luogotenente  del  regno  di  Sicilia,  per  i 
servisi  prestati  dai  Messinesi,  specialmente  nel  respingere  i  ne- 
mici, concede,  col  beneplacito  della  regina  madre,  che  nessun  Mes- 
sinese possa  essere  convenuto  nella  propria  città,  se  non  nella 
Corte  dello  Stratigoto  e  dei  Giudici  per  qualunque  causa  civile 
o  penale,  eccetto  per  i  feudi  ed  il  crimine  di  lesa  maestà.  Ordina 
altresì  che  nessun  Messinese  sia  convenuto  fuori  la  propria  città, 
se  non  per  gli  appelli,  e  che  quando  la  Regia  Gran  Corte  si  trovi 
in  Messina  si  discutano  dai  Giudici  le  cause  dei  cittadini.  Si  ri- 
serva il  beneplacito,  del  Re  per  tale  concessione. 

facobus  Infans,  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  fìiius, 
suus  in  regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres,  ac  eius  in 
eodem  regno  generalis  locumtenens.  Per  presens  privilegium 
notum  fieri  volumus  universis,  tam  presentibus  quam  futu- 
ris,  quod  actentis  gratis  et  acceptis  obsequiose  devotionis 
servichs,  que  cives  civitatis  Messane  iideles  regii  devoti  no- 
stri illustribus  domino  regi  et  domine  regine,  dominis  pa- 
rentibus  nostris  et  nobis  devote  hactenus  contulerunt ,  et 
specialiter  in  offensione  regiorum  hostium  et  nostrorum , 
expensas  et  fastidia  alacriter  subeundo,  continue  conferunt 
et  in  futurum  conferre  poterunt  graciora,  volentes  eos  no- 


(1283)  —  86  — 

vis  immunitatibus  et  benefìciis  propterea  congaudere,  dum 
iustis  laboribus  tribuenda  sit  compensacio  premiorum,  civi- 
bus  civitatis  ipsius  et  tenimenti  sui  concedimus  prò  parte 
regie  Curie,  authoritate  qua  fungimur  in  hac  parte,  de  be- 
neplacito et  mandato  illustris  domine  regine  matris  nostre, 
quod  nullus  civis  messanensis,  cuiuscumque  conditionis  exi- 
stat,  alibi  quam  in  regia  Curia  Stratigoti  et  iudicum  civitatis 
Messane  intus  in  civitate  ipsa  prò  quacumque  causa  seu 
questione  civili  cuiuscumque  quantitatis,  seu  criminali,  pu- 
blica  vel  privata ,  possit  per  aliquos  etiam  privilegiis  iuris 
communis  seu  specialis  munitos  aliquatenus  conveniri.  In 
qua  regia  Curia  ipsius  Stratigoti  et  iudicum  Messanenses 
ipsos  prò  quacumque  predictarum  causarum  volumus  et 
precipimus  conveniri ,  preterquam  de  feudis  quaternatis  et 
quota  parte  ipsorum  ac  crimine  lese  maestatis,  cui  conven- 
cioni  Messanenses  ipsos  subesse  volumus  prout  alios  fideles 
regios  Sicilie ,  sicut  iuris  diffinita  senserunt  ;  dignum  est 
enim  ut  huiusmodi  crimen,  quod  cetera  crimina  trascendit, 
sceleribus  aliorum  criminis  munimine  arceatur.  Adiicimus 
etiam  quod  nullus  ipsorum  Messanensium  prò  quacumque 
questione  modo  predicto  extra  predictam  civitatem  Messane 
aliquatenus  extrahatur,  preterquam  prò  causa  appellacionis 
questionum  discussarum  et  decisarum  in  eadem  regia  Curia 
Straticoti  et  iudicum  civitatis  Messane.  In  qua  Messanenses 
ipsos  ad  aliam  regiam  Curiam  adesse  volumus,  prout  postu- 
lat  ordo  iuris,  reservato  tamen  quod  quando  magna  regia 
Curia  fuerit  in  ipsa  civitate  Messane,  quod  magister  Iusti- 
ciarius  et  iudices  ipsius  magne  regie  Curie  audiant,  discu- 
ciant  et  terminent  prò  parte  regie  Curie  inter  cives  ipsius 
civitatis  Messane  et  quoslibet  alios  de  quibuscumque  causis 
et  questionibus  civilibus  et  criminalibus ,  publicis  seu  pri- 
vatis  ;  et  si  forte  aliqua  questio  vel  questiones  inter  cives 
civitatis  Messane  moverentur  in  magna  regia  Curia  et  ipsa 
coram  magistro  Iusticiario  et  iudicibus  ipsius  magne  Curie, 
ipsa  magna  Curia  existente  Messane ,  et  contingerit  prius 
ipsam  magnam  regiam  Curiam  de  Messana  recedere  quam 


—  87  —  (1288) 

questio  et  questiones  ipse  terminentur,  quod  cives  ipsi  prò 
terminacione  questionis  vel  questionum  eorum  de  ipsa  civi- 
tate  Messane  minime  extrahantur,  sed  omnia  merita  questio- 
nis vel  questionum  ipsarum  contenta  in  actis  ipsius  magne 
regie  Curie,  predictis  Stratigoto  et  iudicibus  Messane  per  eos 
in  regia  Curia  civitatis  ipsius  secundum  iusticiam  remaneat 
terminandum  ;  in  concessione  quoque  predicta  beneplacito 
et  mandato  predicti  domini  regis  domini  patris  nostri  pre- 
servatis  et  in  omnibus  semper  salvis.  In  huius  autem  con- 
cessionis  robur,  testimonium  et  cautelam  presens  privilegium 
eis  exinde  fieri  iussimus  et  sigillo  pendenti  nostre  celsitu- 
dinis  communiri.  Datum  Cathanie  anno  domini  millesimo 
ducentesimo  octuagesimo  tercio,  mense  decembris  XV  eius- 
dem,  XI T  lndicionis. 

Una  copia  di  questo  documento  trovasi  nel  ms.  del  secolo  XVI 
dei  Privilegi  di  Messina  (Biblioteca  Com.  di  Palermo)  a  fol.  36. 
Altra  è  nel  Codice  del  sec.  XV  esistente  in  Madrid,  a  fol.  63.  Nel 
Libro  Rosso  dei  privilegi  di  Siracusa ,  voi.  Ili ,  è  trascritto  il 
documento  suddetto  a  pag.  16  ,  e  si  dice  che  ne  gode  pure  la 
città  :  «  De  non  conveniendis  Messanensibus  extra  civitatem  Mes- 
sane ,  de  quo  privilegio  etiam  gaudent  Syracusani  in  vim  alte- 
rius  privilegii  dati».  È  riferito,  con  testo  più  abbreviato,  nel 
voi.  ms.  Regesto  Poligrafo  di  Trapani  (Bibl.  Fardelliana)  ,  cioè 
la  prima  parte  a  fol.  321  r.  con  data  1283,  e  l'argomento  :  «  Quod 
Trapanensis  non  potest  conveniri  extra  terram  Trapani»,  la  se- 
conda da  «  reservamus  etiam  quod  magister  Iustitiarius  »  sino 
alla  fine  ,  a  fol.  322,  con  data  erronea  Panhormi  1285  e  1'  argo- 
mento :  «  De  causis  inchoatis  in  Magna  Curia  Trapani  degente  , 
et  non  decisis  ,  non  extrahendis  ».  Si  altera  il  nome  Messana  e 
Messanensis  in  Trapanum  e  Trapanensis.  Trovasi  pure  in  due 
parti  inserito  nel  Libro  Rosso  di  Trapani  a  fol.  27  e  seg.  Prima 
del  testo  del  documento  è  aggiunto  :  «  Privilegium  literis  aurei s 
notandum  in  favorem  invictissime  civitatis  Drepani  ».  Simile  co- 
pia delle  due  parti  (quasi  distinti  privilegi)  è  nel  voi.  ms.  della 
Storia  di  Monte  S.  Giuliano  del  Cordici  (Bibl.  Com.  Palermo,  Qq. 
D.  48)  a  fol.  117,  con  data  Cathaniae  1283  e  come  concessi  a  Tra- 
pani. Nel  Libro  Rosso  di  Patti  è  un  frammento  di  tale  privilegio. 


(1283)  ■    —  88  — 

Esso  è  espressamente  ricordaio,  con  1*  inserzione  di  non  poca 
parte  del  testo  (come  d'ordinario  non  avviene  nelle  conferme  ge- 
neriche) nel  documento  del  Re  Giacomo  del  HO  luglio  1286  (prima 
creduto  del  1294)  di  concessione  di  immunità  a  Messina,  e  di  con- 
ferma di  vari  privilegi  anteriori.  Indicherò  soltanto  le  parole  ini- 
ziali di  approvazione:  «Rem  quoddam  privilegium  nostrum  da- 
tomi Cathanie  anno  domini  millesimo  ducentesimo  octuagesimo 
tercio,  mense  decembris,  quintodecimo  eiusdem,  duodecimae  Tn- 
dictionis,  quod  nullus  ci  vis  messanensis  »  ecc.  (Gallo,  Annali  di 
Messina,  la  ed.,  voi.  II,  pag.  136;  2a  ed.,  pag.  161;  Starrabba, 
Cons.  e  priv.  di  Messina,  pag.  262,  e  prefaz.  pag.  XXXIV). 

Fu  dato  alle  stampe  la  prima  volta  da  Vito  La  Mantja,  I pri- 
vilegi di  Messina.  Palermo,  1897,  pag.  63  (parte  non  ancora  pub- 
blicata), e  nella  memoria  Privilegi  inediti  di  Messina  del  secolo 
XIII  (edita  in  quello  stesso  anno)  a  pag.  8.  In  entrambe  le  edi- 
zioni il  La  Mantia  riferisce  in  nota  anche  il  testo  del  documento 
diviso  in  due  parti,  che  si  trova  nel  Regesto  Poligrafo  di  Trapani. 
G.  Sciacca,  Patti  e  l  amministrazione  del  comune  cit.,  pag.  530 
e  seg.  ha  pubblicato  ,  nel  1907  ,  il  frammento  che  fu  trascritto 
nel  1537  nel  Libro  Rosso  di  Patti.  Vedi  pure  pag.  79. 

Antico  ricordo  del  documento  di  Giacomo  si  ha  nella  edizione 
principe  delle  Consuetudini  di  Messina,  curata  da  Giovan  Pietro 
Appulo  nel  1498,  ed  ignota  al  Gregorio,  perchè  nel  cap.  36  De 
foro  competenti  1' Appulo  aggiunse  questa  dichiarazione  :  «  Id  quo- 
que late  habemus  in  privilegio  nobis  concesso  a  divo  rege  Iaco- 
bo,  quod  ego  Io.  Petrus  Apu.  vidi  et  legi». 

Fecero  menzione  di  questo  privilegio  Samperi,  Messana  illu- 
strata. Messanae  1742  ,  t.  II ,  pag.  107  e  218 ,  riferendo  qualche 
frammento,  e  Gallo,  Annali  di  Messina,  2a  ed.,  voi.  II,  pag.  141, 
offrendo  un  sunto  preciso.  É  indicato  nell'  elenco  dei  documenti 
del  Codice  di  Madrid  ,  fornito  da  Hartzenbusch  (in  Arch.  Stor. 
Sic.  ,  voi.  1 ,  1879 ,  pag.  318)  ,  e  nell'  altro  dato  dal  Carini  (Gli 
Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  260).  Vito  La  Mantia,  Antiche  con- 
suetudini cit.,  pag.  CXXXIV  ricorda  la  copia  esistente  nel  Libro 
Rosso  di  Siracusa,  con  lo  speciale  argomento,  ed  a  pagina  CVIII 
il  frammento  inserito  nel  Libro  Rosso  di  Patti. 

È  degno  di  nota  che  nelle  città  di  Patti,  Siracusa,  Trapani  e 
Monte  S.  Giuliano  si  abbia  avuto  cura  di  trascrivere,  in  tutto  o 
in  parte,  il  privilegio  di  Giacomo,  e  ciò  è  altra  prova  che  come 


—  89  —  (1283) 

seguivasi  da  esse  il  testo  delle  Consuetudini  di  Messina,  così  si 
adottavano  i  più  importanti  privilegi.  Si  veda  su  ciò  la  monografia 
di  Vito  La  Manti  A,  Testo  antico  delle  consuetudini  di  Messina 
adottato  in  Trapani  (1331).  Palermo,  1901.  Riguardo  alla  città  di 
Siracusa  si  ha  la  più  antica  notizia  di  concessione  esplicita  di 
privilegio  di  foro  nel  1435  del  Re  Alfonso,  sebbene  nel  1424  fos- 
sero stati  emanati  per  la  Camera  Reginale  alcuni  capitoli  perchè 
i  Siracusani  non  litigassero  altrove.  Cfr.  Vito  La  Mantia,  Anti- 
che Consuetudini  cit.,  pag.  CXLV. 

Per  la  rarità  delle  edizioni  del  privilegio  date  dal  La  Mantia, 
ho  creduto  indispensabile  riferirne  il  testo  intero. 


XXXIX. 

1283,  dicembre  15,  indizione  12,  Catania. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  del  regno  di  Sicilia,  in  con- 
siderazione dei  servizi  resi  dai  Messinesi ,  massime  nel  combat- 
tere contro  i  nemici ,  concede  ai  medesimi ,  col  beneplacito  della 
regina  madre,  di  potere  dovunque,  tanto  nel  regno  di  Sicilia,  che 
in  quello  di  Aragona,  od  anche  fuori  di  essi,  nominare  un  con- 
sole per  trattare  le  liti  civili  fra  di  loro,  le  quali  non  potranno 
discutersi  in  alcun'' altra  Curia.  Di  tale  concessione  si  riserva  Vap- 
provazione  del  Re  Pietro. 

Iacobus  Infans,  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  filius, 
suus  in ...  regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres,  ac  eius  in 
eodem  regno  generaliter  locumtenens.  Per  presens  privile- 
gium  notum  fieri  volumus  universis,  tam  presentibus  quam 
futuris ,  quod  actentis  gratis  et  acceptis  obsequiose  devo- 
cionis  serviciis,  que  cives  civitatis  Messane  fìdeles  regii  de- 
voti nostri  illustribus  domino  regi  et  domine  regine  ,  do- 
minis  parentibus  nostris  et  nobis  devote  hactenus  contu- 
lerunt,  et  specialiter  in  offensione  regiorum  hostium  et  no- 
strorum,  expensas  et  fastidia  alacriter  subeundo ,  continue 


(1283)  —  90  — 

conferunt  et  in  futurum  conferre  poterunt  graciora,  volen- 
tes  eos  propterea  novis  immunitatibus  et  beneficiis  congau- 
dere ,  dura  iustis  laboribus  tribuenda  sit  compensalo  pre- 
miorum ,  Messanensibus  ipsis  concedimus  prò  parte  regie 
Curie,  auctoritate  qua  fungini ur,  de  beneplacito  et  mandato 
predicte  domine  regine  domine  matris  nostre,  ut  ubicumque 
eos  tam  per  regnum  Sicilie,  quam  Aragonum,  extra  predictam 
civitatem  Messane  contingerit ,  vel  etiam  ubicumque  extra 
regna  prefata  inveniri,  et  sint  a  tribus  ultra  in  numero,  li- 
ceat  eis  alterum  eorum  quem  sufficientiorem  videant ,  in 
Gonsulem  ipsorum  eligere  et  constituere,  per  quem  questio- 
nes  et  cause  civiles,  que  oriri  contingerint  inter  eos,  vel  in 
quibus  ab  aliis  eos  contingerit  conveniri,  cognoscantur,  di- 
scutiantur  et  finaliter  decidantur  ad  honorem  et  fidelitatem 
ipsorum  dominorum  parentum  nostrorum  et  nostrarum  ac 
nostri  ac  heredum  et  successorum  eorum ,  et  in  nulla  alia 
Curia  corani  quolibet  alio  iudice  ,  quam  predicto  Consule, 
non  possint  de  causis  et  questionibus  ipsis  per  aliquos  e- 
tiam  privilegiorum  beneficiis  iuris  communis  seu  specialis 
vocatos  aliquatenus  conveniri;  in  concessione  quoque  pre- 
dieta  beneplacito  et  mandato  predicti  domini  regis  domini 
patris  nostri  preservatis  et  in  omnibus  semper  salvis.  In 
huius  autem  concessionis  robur,  testimonium  et  cautelam 
presens  privilegium  eis  exinde  fieri  iussimus  et  sigillo  pen- 
denti nostre  celsitudinis  communiri.  Datum  Cathanie  anno 
domini  millesimo  ducentesimo  octuagesimo  tercio ,  mense 
decembris,  quintodecimo  eiusdem,  duodecime  Indicionis. 

Il  testo  del  documento  è  riferito  nel  voi.  ms.  dei  Privilegi  di 
Messina  (nella  Bibl.  Com.  di  Palermo)  a  fol.  37  r.  ,  nel  Codice 
della  Biblioteca  di  Madrid,  e  nel  Regesto  Poligrafo  a  fol.  321  r., 
e  Libro  Rosso  di  Trapani  a  fol.  25,  con  la  sostituzione  della  pa- 
rola Trapanensibus  ecc. 

Vien  fatta  menzione  di  esso  nel  privilegio  del  Re  Giacomo  del 
30  luglio  1286  (non  1294,  come  si  era  ritenuto)  di  esenzioni  per 
Messina.  Quel  Re  confermava  in  fine,  tra  gli  altri,  «  et  quoddam 
aliud  privilegium  nostrum,  datum  Cathanie  eodem  XV  decembris 


—  91  —  (1283) 

XII  indictionis  [1283]  ,  quod  Messanenses  ubi  eos  a  tribus  ultra 
contingerit  inveniri,  possint  unum  ex  eis,  quera  sufficientiorem 
invenerint,  in  Consulem  eorum  eligere  et  statuere  »  ecc.  (Gallo, 
Annali  di  Messina,  2a  ed.,  voi.  II,  pag.  161;  Starrabba,  Cons. 
e  priv.  di  Messina,  pag.  262  e  seg.). 

Altro  esplicito  ricordo  è  in  un  documento  del  Re  Federico  II 
del  24  novembre  1330  da  Messina,  diretto  al  Giustiziere  ed  ai  giu- 
dici di  Palermo.  Il  Re  dice  che  i  Messinesi  ricorsero  a  lui,  ma- 
nifestando «  quod  cum  ex  privilegio  eis  ab  olim  indulto  ,  alio 
quam  in  civitate  Messane ,  vel  in  terris  et  locis  ubi  adsunt  ,  co- 
rani eorum  consnlibns,  qui  hac  sola  de  causa  instituti  noscuntur, 
cogi  non  debeant  aliquatenus  litigare»,  il  Giustiziere  di  Palermo, 
in  base  a  pretesi  privilegi  concessi  alla  città  di  Palermo  ,  per  i 
quali  è  stabilito  di  potersi  convenire  i  Messinesi  per  le  cause  ci- 
vili ,  li  costringeva  a  rispondere  in  giudizio.  Ordina  pertanto  il 
Re  al  Giustiziere  che  ,  se  i  Palermitani  non  possono  essere  co- 
stretti a  litigare  in  Messina,  e  se  i  Messinesi  «  in  urbe  ipsa  [di 
Palermo]  ad  litigandum  non  nisi  coram  eorum  consulibus  com- 
pellitur»,  non  costringa  i  Messinesi  a  litigare  dinanzi  a  lui.  Tale 
privilegio  del  Re  Federico  II  del  1330,  inserto  in  altro  posteriore, 
è  pubblicato,  con  data  erronea  e  qualche  equivoco  nel  testo,  da 
Antonino  Flandina,  Il  Codice  Filangeri  e  il  Codice  Speciale.  Pa- 
lermo 1891  ,  pag.  58  (in  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria , 
serie  I,  voi.  XIV). 

Nel  privilegio  falso  del  Re  Ruggiero  del  1129  per  Messina  sono 
estese  disposizioni  per  i  Consoli  del  mare  e  la  loro  Curia,  e  poi 
si  aggiungono  (riproducendo  evidentemente  alquante  parole  del 
documento  di  Giacomo)  le  norme  per  la  elezione  del  Console,  dove 
trovansi  tre  Messinesi,  o  più,  per  definire  le  liti;  però  nel  privi- 
legio di  Giacomo  ciò  ha  luogo  per  le  cause  civili ,  ed  in  quello 
falso  di  Ruggiero  si  estende  anche  alle  penali  (Cfr.  Vito  La  Man- 
tia,  I  privilegi  di  Messina,  p.  8  e  seg.  e  le  edizioni  quivi  citate). 
Sembra  che  la  falsificazione  del  privilegio  di  Ruggiero  sia  avve- 
nuta nel  1439,  per  ottenerne  1'  approvazione  del  Re  Alfonso  nel 
1440,  però  senza  l'inserzione  del  testo  del  documento  ,  come  ho 
rilevato  nella  mia  memoria  Testamento  dell'Infante  D.  Pietro  di 
Aragona,  fratello  di  Alfonso  «il  magnanimo»,  He  di  Sicilia,  del 
4  giugno  1436  (in  Atti  della  R.  Accademia  di  Scienze  di  Palermo, 
Serie  3%  voi.  X,  1914,  pag.  12).    , 


(1283)  —  9°2  — 

Il  documento  di  Giacomo  fu  dato  in  luce  da  Vito  La  Mantia 
nella  monografia  Consolato  del  mare  e  dei  mercanti  e  Capitoli 
vari  di  Messina  e  di  Trapani.  Palermo,  1897,  pag.  V  ,  nei  Pri- 
vilegi di  Messina  cit.,  pag.  (il  (parte  non  ancora  pubblicata) ,  e 
nei  Privilegi  di  Messina  del  secolo  XIII,  pag.  6.  Fu  poi  ristam- 
pato da  Starrabba,  Cons.  epriv.  di  Messina,  pag.  141.  Un  fram- 
mento era  stato  riferito  da  Samperi,  Messana  illustrata  cit.,  t.  II, 
pag.  317. 

Gallo,  Annali  di  Messina,  2"  ed.  ,  voi.  II  ,  pag.  141  dà  un 
sunto  del  documento ,  e  dice  inesattamente  che  Giacomo  «  con- 
ferma ciò  che  sta  disposto  nel  privilegio  del  re  R Uggeri  circa  la 
elezione  dei  consoli  nazionali  da  farsi  dai  Messinesi  »  ,  ed  altre 
norme  «  nella  maniera  che  nell'accennato  privilegio  del  re  Rug- 
gieri sta  disposto  ».  Si  desume  anzi  che  Giacomo  dice  privilegium 
nostrum,  e  non  di  altro  sovrano,  e  che  la  provenienza  di  quelle 
false  disposizioni  normanne  è  dalle  posteriori  di  Giacomo.  Star- 
rabba, op.  cit.  prefaz.  pag.  XXII  a  ragione  per  la  concessione 
di  Ruggiero  osserva  :  «  Il  fatto  di  veder  taciuta  questa  circostanza 
nel  presente  privilegio  dell'  Infante  Giacomo  fa  nascere  dei  so- 
spetti ,  che  rimangono  avvalorati  da  altri  documenti  ,  nei  quali 
si  torna  a  parlare  della  facoltà  di  eleggere  i  consoli,  senza  ricor- 
dar precedenti  » . 

Questa  considerazione  era  stata  fatta  da  Adolfo  Sghaube  nel- 
T  importante  lavoro  Bas  Konsulat  des  Meeres  in  Pisa.  Leipzig, 
1888  ,  nel  quale  a  pag.  269-275  esamina  l' istituzione  del  Conso- 
lato del  mare  in  Messina  dai  Normanni  in  poi,  dimostrando  che 
le  ampie  facoltà  concesse  nel  privilegio  del  Re  Ruggiero,  e  non 
ricordate  in  questo  genuino  di  Giacomo,  mostrano  la  falsità  del 
primo  documento.  Schaube  dice  (pag.  272):  «In  dieser  eingetre- 
tenen  Beschrànkung  liegt  auch  der  Grund,  dass  an  dieser  Stelle 
von  einer  Bestàtigung  jener  Dokumente  keine  Rede  ist».  Cfr. 
per  altre  notizie  qui  appresso  nei  Documenti  di  data  incerta  del  Re 
Pietro  I. 

Hartzenbusch  e  Carini  indicano  il  privilegio  di  Giacomo  nei 
loro  elenchi  del  Codice  di  Madrid  ,  citati  nel  doc.  precedente 
(n.  XXXVIII). 

Il  documento  di  Giacomo  costituiva  una  concessione  notevole 
alla  città  di  Messina,  per  la  decisione  delle  liti  civili  dei  Messi- 
nesi fuori  la  loro  città,  ed  anche  di  quelle  dei  mercanti  che  re- 


—  93  —  (1284) 

cavansi  in  altre  parti  del  regno  od  all'estero,  e  dimostra  ancora 
l' importanza  del  suo  commercio  e  1'  origine  del  Consolato  sotto 
gli  Aragonesi  in  Sicilia.  Vito  La  Mantia,  Consolato  del  mare  cit., 
pag.  VI  rileva  il  pregio  del  documento  per  la  storia  delle  istitu- 
zioni commerciali  marittime,  e  ricorda  i  più  recenti  lavori,  anco 
stranieri ,  nei  quali  non  si  ha  alcuna  notizia  di  quel  privilegio. 
Vrarì  cenni  su  di  esso  han  fornito  di  recente  i  prof.  Besta  e  Fe- 
dozzi  nella  pregevole  memoria  I  Consolati  di  Sicilia  all'  estero, 
e  i  consolati  esteri  in  Sicilia  fino  al  secolo  XIX  (nella  rivista 
«  Zeitschrift  tur  Vòlkerrecht  und  Bundesstaatrecht  ».  Breslau,  1908, 
voi.  II,  pag.  122).  Simile  prerogativa  aveano  ottenuto  in  Messina 
ed  altre  città  del  regno  di  Sicilia  i  Genovesi  dal  Re  Manfredi 
nel  1259.  Gfr.  Orlando,  Un  codice  di  leggi  e  diplomi  siciliani  del 
medio  evo.  Palermo,  1857,  pag.  104. 

Ho  pubblicato  il  testo  del  privilegio  di  Giacomo  per  la  rarità 
delle  edizioni  del  La  Mantia  e  dello  Starrabba. 


XL. 

1284,  gennaio  31,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I,  in  considerazione  dei  grandi  meriti  di  Giovanni 
da  Procida  (fama  laudabile  testimonium  perhibente),  lo  nomina 
Cancelliere  del  regno  di  Sicilia,  durante  la  sua  vita. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Nobili  et  discreto  viro  Iohanni  de 
Proxida,  militi,  dilecto  consiliario  et  familiari  suo  graciam 
suam  et  bonam  voluntatem.  De  industria  et  legalitate  ac 
tìde  tua,  fama  de  ea  laudabile  testimonium  perhibente,  ab 
experto  confisi,  te  magistrum  Gancellarium  tocius  regni  no- 
stri Gicilie ,  ad  honorem  et  fidelitatem  nostrani  nostrique 
culminis  incrementum,  in  tota  vita  tua  duximus  fiduciaiiter 
statuendum.  Fidelitati  tue  precipiendo  mandantes  quatenus 
officium  illud,  ad  honorem  et  fidelitatem  nostrani  nostreque 
Gurie  incrementum,  sic  diligenter,  fideliter  et  legaliter  stu- 
deas  exercere,  quod  ipsius  operis  officia,  per  effectum  pre- 
sentibus  comprobans  iudiciis,  te  in  conspectu  nostri  culmi- 


(1284)  —  94  — 

nis  merito  commendabilem  representent ,  et  in  te  invenire 
possimus  quod  spes  nostri  iudicii  approbavit.  Datum  Barelli- 
none ij  kalendas  Februari  [1284]. 

Dal  registro  46  del  Re  Pietro  a  fol.  160,  esistente  nell'  Arch. 
della  Cor.  di  Arag.  in  Barcellona. 

Pubblicato  da  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquéte,  t.  IV,  p.  202. 
Fu  poi  riprodotto  da  De  Renzi,  nella  Collectio  Salernitana.  Na- 
poli, 1854,  t.  Ili,  pag.  165 ,  doc.  XV  ,  con  data  erronea  1283 ,  e 
senza  indicazione  del  registro  ;  nella  Storia  documentata  della 
Scuola  medica  di  Salerno.  Napoli,  1857,  pag.  457,  doc.  141;  e  nel- 
l'opera Il  secolo  decimoterzo  e  Giov.  da  Procida.  Napoli  ,  1860, 
pag.  388 ,  rinviando  a  Saint-Priest  ,  ma  con  numero  di  pagina 
inesatto.  Amari  ne  inserì  il  testo  nella  4»  ediz.  Firenze  ,  1851  , 
pag.  582,  ricavandolo  dal  Saint-Priest,  e  correggendo  la  data  al 
modo  comune. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bill.,  voi.  II,  pag.  28,  ne  die  solamente 
un  sunto,  tralasciando  di  indicare  che  la  nomina  era  a  vita. 

Devesi  qui  notare  che  il  Re  Pietro,  a  4  maggio  1283,  cioè  men- 
tre era  tuttavia  in  Trapani  pronto  a  partire  dalla  Sicilia,  aveva 
nominato  il  Procida  Cancelliere  del  regno  a  suo  beneplacito,  cioè 
finché  fosse  di  suo  gradimento,  ed  il  testo  di  tale  documento  tro- 
vasi pubblicato  da  Carini,  De  rebus  ,  pag.  040.  Erra  pertanto  il 
De  Renzi  nel  voi.  Il  secolo  decimoterzo  cit.,  pag.  354  quando  at- 
testa che  questa  nuova  concessione  (del  1284)  fu  confermata  a  4 
maggio  1283,  e  cita  in  prova  il  breve  elenco  del  marchese  Cap- 
poni nelV Arch:  Stor.  Bai.  Appendice,  t.  V,  pag.  255. 

Mi  è  sembrato  indispensabile  dare  l'esatta  lezione  del  docu- 
mento, perchè  il  Saint-Priest  ,  e  gii  altri  editori  ,  che  lo  segui- 
rono, offrirono  un  testo  inesatto  e  monco.  Trovasi  infatti  nel  loro 
testo  :  «  et  bonam  suam  et  bonam  voluntatem  »,  e  quindi  :  «  ope- 
ris  effìcias  effectus  precibus  comprobatus  iudicis  »  (che  non  offre 
alcun  senso  grammaticale,  né  logico),  e  «commendabile»  invece 
di  «commendabilem»,  oltre  l'omissione  di  una  riga  dopo  la  pa- 
rola «  representent  » . 

Amari  nemmeno  curò  di  migliorare  la  lezione  nella  9a  ediz., 
voi.  Ili ,  pag.  349,  sui  manoscritti  del  Carini  ,  essendo  il  docu- 
mento del  4  maggio  1283  (edito  nel  De  rebus,  pag.  640)  in  gran 
parte  simile  a  questo  del  1284  ;  ma  l' interpretazione  del  Carini 


—  95  —  (1284) 

offre  ancora  :  «  effìcacis  effectus  prioribus  comprobatus  indiciis  » , 
mentre  non  è  monca  alla  fine. 


XLI. 

1284,  febbraro  25,  indizione  12,  Palermo. 

La  Regina  Costanza  ordina  al  Secreto  di  Sicilia  Ugo  Talac 
di  compiere  un'inchiesta  intorno  alle  onze  quattro  di  oro  annuali 
dovute  alla  Cappella  del  regio  palazzo  di  Palermo  per  le  lumi- 
ri  arie  da  farsi,  e  che  si  afferma  essere  state  pagate  sin  dai  tempi 
dei  Re  predecessori,  e  di  curare,  se  ciò  sia  provato,  l'esatto  adem- 
pimento. 

Segue  il  testo  dell' inchiesta  (inquisicio)  fatta  a  21  marzo  dal 
notaro  Pellegrino  di  Palermo,  dopo  la  lettera  del  24  di  quel  mese 
del  Secreto  Tagliavia. 

(L'atto,  con  l'inserzione  del  documento  regio,  è  rogato  dal  notai- 
Benedetto  di  Palermo). 

L'originale  in  pergamena  si  conserva  nel  Tabularlo  della  Cap- 
pella nel  Palazzo  reale. 

Nel  voi.  ms.  Qq.  H.  3  ,  fol.  176  (Bibl.  Gom.  di  Palermo)  del 
«  Tabularium  Basilicae  et  regiae  Cappellae  Sancti  Petri  Panormi  » 
se  ne  ha  una  trascrizione. 

Il  documento  è  ricordato  con  data  inesatta  del  1285  nelle  Regie 
Visite  di  mons.  Pozzo  del  1583,  e  di  mons.  .lordi  del  1604  (che 
crede  siano  due  del  1283  e  1285)  nella  Conservatoria  di  Registro, 
vol.i  1326  e  1330  (Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Fu  dato  in  luce  dal  beneficiale  Luigi  Garofalo,  Tabularium 
regiae  ac  imp.  Capellae  Divi  Petri.  Panormi,  1835,  pag.  87  e  seg. 
Nel  1839  Nicolò  Buscbmi  nell'  Appendix  ad  Tabularium  reg.  ac 
imp.  Capellae.  Panormi ,  pag.  28  e  seg. ,  notò  alquante  varianti 
sulla  lezione  data  dal  Garofalo. 

Rocco  Pirri  ,  Sicilia  Sacra.  Panormi  [Venetiisj  1733,  t.  Il, 
pag.  1360,  fece  menzione  di  questo  documento.  Amari,  9a  ediz., 
voi.  I,  pag.  367,  e  II,  pag.  441  lo  ricorda  per  il  tiiolo  della  Re- 
gina e  per  altre  notizie. 


(1284)  —  96  - 

È  degna  di  rilievo  la  memoria,  che  si  ha  nel  documento,  del 
Quinternns  Gaytie,  e  dei  notari  che  erano  addetti,  dai  tempi  di 
Manfredi  sino  agli  Aragonesi,  a  quell'officio  che  derivava  dall'an- 
tica Dohana  normanna.  Gfr.  su  le  attribuzioni  dei  Gaiti  la  prege- 
vole monografia  del  prof.  Enrico  Besta,  II  «  Liner  de  Regno  Sici- 
liae  »  e  la  storia  del  diritto  siculo  (in  Miscellanea  Salinas.  Pa- 
lermo, 1907,  pag.  291). 

Non  ostante  l' inchiesta  ordinata  nel  1284,  il  clero  della  regia 
Cappella  non  potè  esigere  dai  Secreti  le  rendite  ad  esso  spettanti 
per  gli  anniversari  dei  sovrani,  e  perciò  in  una  breve  istanza  del- 
l'anno 1285  chiese  alla  Regina  che  fosse  provveduto  per  il  paga- 
mento, perchè  nulla  si  era  corrisposto  da  quattordici  mesi,  ed  i 
Secreti  dichiaravano  che  il  pagamento  doveva  farsi  soltanto  in 
agosto.  Questo  documento  in  pergamena  è  pubblicato  da  Buscbmi, 
Appendix  cit.  pag.  29. 


XLII. 

1284,  aprile  9,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  al  Vicario  di  Barcellona  che,  appena  sarà 
arrivato  frate  Galcerando  de  Timor  dalla  Sicilia,  lo  avverta  di 
recarsi  per  la  sua  ambasceria  in  Saragozza,  ove  il  Re  si  troverà 
dopo  la  festa  di  Pasqua. 

Vicario  et  Baiulo  Barellinone,  vel  eorum  locumtenenti- 
bus.  Gum  frater  Gaucerandus  de  Timore  veniat  ad  nos  de 
partibus  Sicilie,  cura  pecunia  et  prò  licteris  legacionis,  raan- 
damus  vobis  quatenus ,  si  arribaverit  Barelli nonara  vel  in 
convicinio,  dicatis  eidem  ex  parte  nostra  quod  incontinenti 
veniat  ad  nos  apud  Gesaraugustam,  cum  licteris  et  aliis  le- 
gacionis predicte,  set  pecuniam  dimitat  Barchinone  in  ali- 
quo  loco  tuto.  Nos  enim  dieta  die  dominica  post  presens 
testura  Paschatis  eriraus  Gesarauguste,  concedente  Domino, 
et  istud  sibi  dicatis.  Datura  Valencie,  V°  Idus  Aprilis  [lu284]. 


—  97  —  (1284) 

Similis  fuit  missa  Vicariis  et  baiulis  Terrachone  quod 
dimiteret  sirailiter  pecuniam  in  aliquo  loco  tuto.  Datum  ut 
supra. 

Similis  fuit  missa  Vicario  et  baiulis  Dertuse.  Datum  ut 
supra. 

Dal  reg.  46  del  Re  Pietro,  fol.  176  r.  esistente  nell'Aron,  della 
Cor.  di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  29,  ne  dà  un  sunto 
e  indica  il  fol.  177  invece  del  176r.  ,  notando  per  la  prima  let- 
tera Similis:  «  che  lascino  il  danaro  in  Tarragona»  ,  mentre  il 
senso  appare  diverso,  poiché  non  i  Vicari,  ma  il  de  Timor  dovea 
lasciare  il  denaro. 

Il  de  Timor  era  persona  di  molta  riputazione  nella  Corte,  e  nel 
1288  vedesi  indicato  quale  Gran  Commendatore  dell'Ospedale  di 
S.  Giovanni  Gerosolimitano  per  la  Spagna  (Carini,  cit.,  p.  231). 


XLIII. 

1284,  aprile  9  e  11,  Valenza. 

La  regia  Corte  trasmette  varie  lettere  in  lingua  araba  (litera 
morisca)  intorno  alla  prigionia  in  Sicilia  di  Margat  saraceno , 
il  quale  promise  di  pagare,  per  suo  riscatto,  tredicimila  doppie 
d'oro,  e  sul  suo  guidatico  quando  avrà  eseguito  il  pagamento,  e 
su  quanto  dovrà  trattarsi  per  il  riscatto  suddetto. 

Fuit  missa  litera  morisca  Arrays  Manerch  quod  tradat 
barcam  armatam  Zacharie  nuncio  domini  regis,  qui  de  man- 
dato eiusdem  iturus  est  apud  Cerdeniam  in  Siciliam.  Da- 
tum Valencie  ut  supra  (in  Idus  Aprilis). 

Item  alia  litera  morisca  super  guidatico  Dols  Gallaranz, 
qui  venturi  sunt  ad  dictum  regem  super  tractatu  habendo 
racione  redempcionis  domini  Margam  sarraceni,  qui  captus 
detinetur  in  Siciliam. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  7 


(1284)  —  98  — 

Nel  reg.  43  del  Re  Pietro,  fol.  176 r.  e  178  dell'Ardi,  della 
Cor.  d'Arag.  in  Barcellona  non  si  ha  il  testo  intero  delle  quattro 
lettere  arabe,  ma  soltanto  una  breve  notizia  in  sunto  latino. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  30,  pubblicò  il  testo 
delle  prime  due  lettere  del  V  idus  aprilis  (9  aprile) ,  contenute 
nel  fol.  176  r.;  ma  incorse  in  vari  equivoci.  Ritenne  la  data  del 
10  aprile  ,  omise  la  parola  loquela  dopo  venientes  super ,  e  più 
sotto  decifrò  exagat  la  parola  Margat ,  e  dubitando  aggiunse 
«  (exeat  ?)  ».  Tralascio,  dopo  tali  avvertenze,  di  riprodurre  il  testo. 

Ho  riferito  quello  delle  due  lettere  dell' 11  aprile,  che  trovasi 
a  fol.  178,  e  che  il  Carini  omise  del  tutto;  ma  che  pure  è  note- 
vole per  gli  avvenimenti  di  guerra  dei  Siciliani  alle  Gerbe  ed  a 
Tripoli. 

Amari,  9»  ediz.,  voi.  II,  pag.  76,  78  e  215,216,  offre  speciali 
notizie  sulla  prigionia  di  Margam  Ibn  Sabir,  «  per  istrana  avven- 
tura compagno  di  carcere  al  principe  di  Salerno  »  nel  1284,  e  poi 
liberato  nel  1291,  al  cessare  della  guerra  in  Africa. 


xliy. 

1284,  aprile  10,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  Mariano  II  Giudice  di  Arborea  perchè 
faccia  consegnare  le  due  navi,  con  gli  uomini  e  le  merci ,  prese 
violentemente  in  Cagliari  dai  Pisani  mentre  dalla  Sicilia  (de  par- 
tibus  Sicilie)  recavansi  in  Catalogna,  essendo  intensione  del  Re 
«  semper  amare  et  honorare  Pisanos ,  prout  per  antecessores  no- 
stros,  et  antecessores  eciam  illustrissime  domine  regine  consortis 
nostre  semper  honorati  fuerunt  » . 

Dal  reg.  46  del  Re  Pietro,  a  fol.  178  r.  nell'  Arch.  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Pubblicato  dal  benemerito  Pasquale  Tola  ,  nel  Codice  diplo- 
matico di  Sardegna.  Torino,  1857,  pag.  395  (nella  collezione  Hi- 
storiae  patriae  monumenta  ,  t.  X).  Il  Tola  indica  così  la  pro- 
venienza :  «  Dal  Regio  Archivio  di  Barcellona.  Registro  Gratia- 
rum  Regis  Petri  Secundi  de  an.  1218  ad  an.  1284», 


—  99  —  (1284) 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II ,  pag.  30  ne  ha  dato  un 
breve  sunto,  senza  indicare  l'edizione  di  esso  nell'opera  del  Tola. 

Il  testo  offerto  dal  Tola  contiene  nondimeno  varie  inesattezze, 
che  occorre  rilevare  sul  registro  esistente  a  Barcellona.  Infatti  egli 
adopera  i  dittonghi  che  non  trovansi  nel  registro,  cangia  dompno, 
dampna  in  domino,  damna,  legge  «  parati  pacem  facere»  invece 
di  satisfacere ,  poiché  non  si  trattava  di  guerra  coi  Pisani ,  ag- 
giunge nuntium  dopo  super  hoc,  e  pone  la  data  «  tertio  Idus  » 
invece  di  IIIJ. 

Giova  qui  dare  alcuni  cenni  su  le  origini  della  predilezione 
degli  Aragonesi  per  i  Pisani.  Costoro  erano  ghibellini  e  partigiani 
dell'impero.  Furono  quindi  bene  accetti  agli  Svevi,  e  poscia  agli 
Aragonesi.  Malaterra  nella  sua  Cronaca  (lib.  II,  cap.  XXXIV, 
ed.  Burmanno,  Thesaurus  Siciliae,  t.  V,  col.  35),  narrando  i  fatti 
del  1065  attesta  che  «  Pisani  mercatores...  saepius  navali  commer- 
cio Panormum  venire  soliti  erant».  L'imperatore  Enrico  VI,  in- 
nanzi di  conquistare  il  regno  di  Sicilia,  concedeva  ai  Pisani  «  no- 
stri fidelissimi  et  imperio  semper  devotissimi  »  un  privilegio  di 
grandi  immunità  e  prerogative  ,  col  quale  assegnava  altresì  in 
feudo  metà  di  Palermo  e  Messina  ,  tutta  Mazzara  e  Trapani ,  ed 
in  ogni  altra  città,  «  quam  Tancredus  tenet,  rugam  convenientem 
Pisanis  mercatoribus»,  in  modo  simile  ad  altro  privilegio  di  Fe- 
derico I  imperatore,  del  1161.  (Flaminio  Dal  Borgo,  Disserta- 
zioni sopra  l'istoria  pisana.  In  Pisa,  1761,  t.  I,  parte  I,  pag.  159 
e  seg,;  e  voi.  Appendice  ossia  Raccolta  di  scelti  diplomi  pisani, 
pag.  24  e  34  per  il  testo  dei  documenti). 

Tale  documento  di  Enrico  VI  del  1191  fu  ristampato  per  in- 
tero nel  1889  ;  sull'  originale  esistente  nell'  Archivio  di  Stato  di 
Firenze,  nel  tomo  VI,  parte  II,  supplemento  I,  dell'Archivio  Sto- 
rico Italiano.  Firenze,  1848-1889,  «  Diplomi  pisani  e  regesto  delle 
carte  pisane,  che  si  trovano  a  stampa»,  pag.  104-114  con  note  e 
con  la  riproduzione  del  monogramma  imperiale. 

Il  Re  Corrado  nel  1252  tra  i  Capitoli  del  regno  approvati  in 
Foggia  stabilì  che  i  Messinesi  godessero  libertà  di  dogana  in  Acri 
come  i  Pisani,  «  que  dicitur  de  catena  Acon,  sicut  habetur  a  Pi- 
sanis »  (Orlando  ,  Un  codice  di  leggi  e  diplomi  sicil.  del  medio 
evo.  Palermo,  1857,  pag.  57,  nel  §  16.). 

Corrado  II  nel  1268  largiva  ai  Pisani  amplissimo  privilegio. 
Ricorderò  soltanto  quanto  concerne  la  Sicilia,  cioè  :  franchigie  e 


(1284)  —  100  — 

riduzioni  diverse  di  tasse  per  dogana  ed  altro;  restituzione  delle 
loggie ,  terre  e  case  che  avevano  in  Palermo  ,  Messina  ed  altre 
città ,  ed  inoltre  ricupero  di  rendite  «  a  tempore  discessus  Pisa- 
norum  de  regno  citra  ex  inhibitione  contra  eos  facta  per  Garolum 
Provincie  Gomitem  »;  libertà  di  tenere  loggie;  ricostruzione  della 
loggia  di  Messina  «  in  eo  modo  et  forma  et  statu,  bonitate  et  pul- 
chritudine  et  ornamento,  quibus  erat  ipsa  Logia  tempore  sue  de- 
structionis»,  e  così  per  Trapani,  ed  anche  per  Palermo,  dove  la 
loggia  «  de  novo  fuit  incepta  ,  et  postea  diruta  »  ;  nuova  costru- 
zione di  loggia  in  Girgenti,  Licata  e  Terranova;  libertà  di  tenere 
Consoli  ovunque  vogliano;  restituzione  di  multe  pecuniarie  pro- 
messe alla  Corte  del  Re  Carlo  d'Angiò,  e  consegna  di  beni,  merci, 
danaro  ed  altro  usurpati  da  ufficiali  angioini;  concessione  di  città 
di  Trapani,  Marsala  e  Salemi  ;  e  libera  estrazione  ogni  anno  di 
diecimila  salme  di  frumento  (Dal  Borgo  ,  op.  cit.  ,  voi.  Appen- 
dice, pag.  201,  ove  è  riferito  il  testo  del  privilegio). 

I  Pisani,  perchè  di  fede  ghibellina,  erano  invisi  agli  Angioini. 
Giorgio  Yver  nel  suo  erudito  lavoro  Le  commerce  et  les  mar- 
chands  dans  V  Italie  meridionale  au  XIIP  et  au  XIV  siede. 
Paris,  1902  ,  pag.  227-232  offre  alquante  notizie  sui  Pisani  ed  il 
loro  commercio  nelle  provincie  continentali  del  regno.  Ricorda 
per  equivoco  come  concesso  ai  Pisani  un  privilegio  dell'impera- 
tore Federico  dato  invece  ai  Genovesi  per  la  Sicilia.  L'Yver  giu- 
stamente osserva  per  i  Pisani  :  «  Leur  inébranlable  fidélité  à  la 
dynastie  souabe  et  leur  dévouement  à  la  cause  gibeline  rendirent 
les  relations  difficiles  entre  les  gens  de  Pise  et  les  nouveaux  maì- 
tres  de  1'  Italie  meridionale.  Charles  Ier  ne  pouvait  témoigner 
qu'une  mediocre  bienveillance  à  la  ci  té,  qui  servait  de  centre  et 
de  point  de  ralliement  à  ses  adversaires  les  plus  acharnés  » 
(pag.  228).  Nota  quindi  (p.  232)  che,  per  la  situation  trop  précaire 
dei  Pisani,  il  lóro  commercio  venne  sin  d'allora  declinando  sem- 
pre più  nell'Italia  meridionale. 

Le  espressioni  solenni  del  Re  Pietro,  nel  documento  qui  men- 
zionato ,  contengono  pertanto  un  ricordo  sincero  ed  un'  affer- 
mazione recisa  ,  provata  prima  dalle  rivendicazioni  dei  diritti 
svevi,  e  poi  dalle  alleanze  aragonesi  con  l'impero  e  dai  rapporti 
con  Pisa  sotto  Federico  II  di  Aragona. 

Si  vedano  altresì  le  lettere  del  Re  Pietro  dirette  al  Comune 
di  Pisa,  a  15  ottobre  1282  e  7  aprile  1283  (in  Carini,  De  rebus, 


—  101  —  (1284) 

pag.  104  e  591)  ,  nella  prima  delle  quali  si  dice:  «Quia  singuli 
precessores  nostri,  in  regnis  nostris  Aragonum  et  Sicilie  recolende 
memorie  esistentes,  dictum  Gommune  civitatis  Pisarum  sunt  ex 
speciali  benevolentia  prosecuti  »  ecc.  Notevole  è  pure  la  lettera 
inviata  dal  Re  ai  Pisani  a  10  febbraio  1*284  per  le  quistioni  coi 
Genovesi  ed  altro,  della  quale  è  cenno  in  Carini,  Gli  Arch.  e  le 
Bibl.,  voi.  II,  pag.  54. 

Vincenzo  Di  Giovanni  die  in  luce  i  Capitoli  del  Console  dei 
Pisani  in  Palermo  nel  voi.  Atti  e  doc.  inediti  e  rari  raccolti  per 
cura  deir  Assemblea  di  Storia,  Patria.  Palermo  ,  1864 ,  pag.  5  e 
seg.;  ma  non  riuscì  a  rintracciare  la  vera  data  di  quei  Capitoli  in 
volgare  ed  incompleti  sui  sensali.  Sembra  però  che  appartengano 
al  secolo  XV,  e  che  derivino  da  testo  più  antico  ora  perduto. 
Una  speciale  memoria  scrisse  Pasquale  Cipolla  ,  col  titolo  To- 
scana e  Sicilia.  Appunti  e  note.  Palermo,  1882,  nella  quale  sono 
utili  notizie  su  i  Pisani  sino  al  secolo  XIII. 


XLV. 

1284,  aprile  19,  indizione  12a.  Palermo. 

Il  Secreto  di  Sicilia,  Venuto  de  Pulcaro,  scrive  al  Giudice  Ro- 
berto di  Cefalù,  manifestandogli  che  ha  sentito  i  reclami  del  Ve- 
scovo di  Cefalù  Giunta ,  presentatosi  nella  «  Dohana  regia  »  ,  ed 
ordina  pertanto,  «ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate  »,  al 
medesimo  Giudice  di  fare  un'inchiesta  sul  diritto  del  sudetto  Ve- 
scovo a  percepire  la  metà  dei  proventi  della  dogana  del  mare  di 
Tusa,  ed  ove  ciò  consti,  di  vietare  che  alcuno  gli  rechi  molestia. 

Segue  il  testo  dell'inchiesta  compiuta  a  29  aprile. 

(L'atto,  con  l'inserzione  della  lettera  del  Secreto,  è  rogato  dal 
notaro  Giacomo  de  Notaro  Roberto  di  Cefalù). 

In  nomine  Dei  amen.  Anno  ab  incarnacione  eius  mille- 
simo ducentesimo ,  octogesimo  quarto ,  vicesimo  nono  die 
mensis  aprilis,  duodecime  indicionis.  Regnante  serenissimo 
domino  nostro  Petro  Dei  gracia  Rege  Aragonum  et  Sicilie, 


(12S4)  —  102  — 

regnorum  eius  Aragonura  anno  octavo,  Sicilie  vero  secundo 
feliciter  amen.  Nos  Alferius  de  Alferio  Iudex  civitatis  Ce- 
phaludi,  Iacobus  de  Notario  Roberto  publico  eiusdem  terre 
notarius,  et  subscripti  testes  ad  hoc  specialiter  vocati  et  ro- 
gati ,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et  testamur 
quod  olim  vicesimoquinto  die  mensis  aprilis  eiusdem  duo- 
decime indicionis  prudens  vir  Iudex  Robertus  de  Vassallo 
de  Gephaludo  ostendit  nobis  quasdam  licteras  sibi  missas 
a  discreto  viro  Venuto  de  Pulcaro  de  Panormo ,  una  cum 
sociis  regio  Secreto  tocius  Sicilie,  suo  noto  sigillo  cera  vi- 
ridi sigillatas,  quarum  tenor  per  omnia  talis  erat  :  Discreto 
viro  ludici  Roberto  de  Gephaludo  dilecto  amico  suo.  Venutus 
de  Pulcaro  de  Panormo  una  cum  sociis  regius  Secretus  to- 
cius Sicilie  salutem  et  sincere  dilectionis  affectum.  Accedens 
ad  Dohanam  regiam  coram  nobis  honorabilis  et  circum- 
spectus  vir  dominus  Iuncta,  venerabilis  cephaludensis  Epi- 
scopus ,  exposuit  cum  querela  quod  cum  tam  ipse ,  quam 
predecessores  sui ,  racione  predicte  sue  cephaludensis  Ec- 
clesie, medietatem  integram  iurium  et  proventuum  dohane 
maris  Thuse  a  catholicorum  Regum  Sicilie,  felicis  memorie, 
temporibus  usque  ad  hec  felicia  tempora  domini  nostri  Re- 
gis,  per  se  et  procuratores  eorum  tenuerint  et  possederint 
pacifice  et  quiete,  cabellotus  predicte  dohane  maris  presentis 
anni  duodecime  indicionis,  alia  medietate  Curie  eorumdem 
proventuum  ad  extalium  ei  concessa  non  contentus ,  eam- 
dem  medietatem,  quam  ipse  racione  diete  sue  Ecclesie  habet 
in  dohana  predicta,  per  procuratorem  dicti  domini  Episcopi 
procurari  et  exigi  non  permictit,  non  minus  in  derogacionem 
iurium  ipsius  Ecclesie,  quam  diete  sue  Ecclesie  et  ipsius  do- 
mini Episcopi  preiudicium  et  gravamen.  Gumque  nos  ex 
parte  regia  requisiverit  ut  de  premissis ,  auctoritate  nostri 
officii,  provideri  sibi  secundum  iusticiam  deberemus,  ipsius 
peticionibus,  iustis  utpote  annuentes,  et  specialiter  quia  de 
sacro  procedit  beneplacito  regio  et  mandato  ut  ecclesiarum 
iura  illesa  serventur,  inquisicionem  de  premissis  fieri  prò 
cautela  maiori  Curie  providemus  diligentem,  et  iuxta  ipsius 


—  103  —  (1284) 

merita  procedere  in  premissis.  De  vestra  igitur  fide,  probi- 
tate  et  legalitate,  fama  de  vobis  laudabile  testimonium  pe- 
rhibente,  piene  confisi,  vos  super  faciendo  cum  diligencia 
inquisicionem  predictam,  et  exequucione  ipsius  iuxta  teno- 
rem  eiusdem,  duximus  prò  parte  Curie  fiducialiter  statuen- 
dos,  vobis  ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate ,  raan- 
dantes  quatenus ,  receptis  presentibus ,  vos  ad  casale  pre- 
dichimi Thuse  personaliter  conferentes  de  premissis  tam  per 
homines  ipsius  casalis  quam  terrarum  sibi  adiacencium,  fi- 
delignos,  huius  rei  conscios  et  fideles  domini  nostri  Regis, 
per  quos  possit  inde  veritas  melius  indagari,  recepto  prius 
ab  unoquoque  ipsorum  de  veritate  dicenda  corporali  ad 
sancta  Dei  evangelia  iuramento,  inquisicionem  diligentissi- 
mam  in  testimonio  publico  faciatis ,  querentes  de  loco  et 
tempore  et  aliis  cìrcumstanciis  sicut  decet,  et  si  per  inqui- 
sicionem eamdem  in  publicam  formam  redactam  ,  per  vos 
nobis  in  Dohanam  regiam  presentandam,  vobis  piene  con- 
stiterit  eumdem  dominum  Episcopum  et  predecessores  suos, 
racione  predicte  sue  Ecclesie,  predictam  medietatem  proven- 
tuum  dohane  prescripte ,  tam  per  se  quam  per  procurato- 
rem  eorum,  tenere  et  possidere  a  predictorum  catholicorum 
Regum  Sicilie  temporibus  usque  ad  hec  felicia  tempora  do- 
mini nostri  Regis,  pacifice  et  quiete ,  et  ad  eum  et  dictam 
Ecclesiam  suam  medietatem  ipsam  pieno  iure  spedare,  ac 
Regiam  Guriam  nonnisi  unam  medietatem  ipsorum  proven- 
tuum  diete  dohane  habere,  predicto  cabelloto  eiusdem  do- 
hane ex  regia  parte  mandetis  expresse,  ut  cabellam  eamdem 
sicut  est  hactenus  consuetum  exercens,  de  predicta  medie- 
tate  spectante  ad  eumdem  dominum  Episcopum  et  eamdem 
Ecclesiam  suam  se  nullatenus  intromictat;  vosque  nichilo- 
minus ,  si  ipse  cabellotus  de  premissis  desistere  noluerit , 
de  proventibus  ipsius  medietatis  diete  Ecclesie  tantum  pre- 
scripto  domino  Episcopo  vel  procuratori  suo  prò  eo ,  prò 
eodem  presènti  anno ,  faciatis  auctoritate  presencium  cum 
integritate  qualibet  responderi,  nulla  per  eumdem  cabello- 
tum  exeomputacione  Curie  proponenda.    Caventes  vos  om- 


(1284)  —  104  — 

nino  ne  ullo  unquam  tempore  possit  aliud  inveniri,  quam 
quod  ipsa  inquisicio  continebit,  cuoi  exinde  vobis  prò  parte 
Curie  totaliter  innitamur.  Datura  Panormi  decimo  nono  a- 
prilis  duodecime  indicionis.  Ad  cuius  exequucionem  man- 
dati predictus  Iudex  Robertus  volens  intendere  diligenter , 
adhibitis  sibi  nobis  predictis  Iudice  et  notario,  ad  requisi- 
cionem  suam  prò  parte  Curie  nobis  factam,  ad  predictum 
casale  Thuse  personaliter  se  contulit,  et  de  premissis  tara 
per  homines  ipsius  casalis,  quam  terrarum  sibi  adiacencium 
fide  dignos,  huius  rei  conscios  et  fideles  domini  nostri  Re- 
gis ,  per  quos  potuit  inde  melius  veritas  indagari ,  recepto 
prius  ab  unoquoque  ipsorum  de  ventate  dicenda  corporali 
ad  sancta  Dei  evangelia  iuramento ,  subscriptis  diebus  in- 
quisicionem  diligentissimam  facere  procuravit,  cuius  inqui- 
sicionis  tenor  per  omnia  talis  est  :  In  primis  vicesimo  sexto 
predicti  mensis  aprelis,  predicte  duodecime  indicionis,  apud 
casale  Thuse.  Iohannes  de  Martino  iuratus  et  interrogatus 
si  sciret  [quodj  tara  prenominatus  dominus  Iuncta,  venera- 
bilis  cephaludensis  Episcopus,  quam  predecessores  sui,  ra- 
cione  predicte  sue  cephaludensis  Ecclesie ,  medietatem  iu- 
rium  et  proveatuum  dohane  maris  Thuse  a  catholicorum 
Regum  Sicilie  felicis  memorie  temporibus  usque  ad  hec  fe- 
licia  tempora  domini  nostri  Regis ,  per  se  et  procuratores 
eorum,  tenuerunt  et  possiderunt  pacifice  et  quiete,  dixit  quod 
sic.  Interrogatus  quo  modo  sciret,  dixit  quod  ipse  multociens 
predictis  temporibus  retroactis  vidit  procuratores  et  cabel- 
lotos  tam  predicti  domini  Iuncte,  quam  aliorum  predeces- 
sorum  suorum,  exigere  et  percipere  pacifice  et  quiete  inte- 
grane medietatem  iurium  et  proventuum  predictorum ,  et 
ipse  idem  testis  iura  predicta  prò  parte  ipsius  Ecclesie  re- 
collegit.  Interrogatus  de  tempore,  dixit  quod  iam  sunt  anni 
sexdecim  et  plus  elapsi  quod  vidit  et  exercuit  predicta.  In- 
terrogatus de  loco,  dixit  quod  in  portu  et  in  maritima  Thuse. 
Magister  Petrus  Bucellus  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut 
proximus  testis,  excepto  quod  non  recollegit  ipse  iura  pre- 
dicta, vidit  tamen  pluries  tam  predictum  Martinum  ,  quam 


—  105  —  (1284) 

plures  alios  iura  ipsa  sic  recolligere  et  habere.  Petrus 
Dictator  iuratus  et  interrogatus  dixit  per  omnia  ut  pro- 
ximus  testis.  Philippus  de  Haverio  iuratus  et  interroga- 
tus dixit  ut  primus  testis ,  et  addidit  quod  a  tempore  Im- 
peratoris  vidit  iura  ipsa  prò  parte  ipsius  Ecclesie  sic  re- 
colligi  et  haberi.  Guillelmus  de  Alberto  iuratus  et  interro- 
gatus dixit  ut  Petrus  Bucellus  secundus  testis.  Nicolaus 
de  Iurmele  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  Petrus  Bucellus. 
Nicolaus,  filius  magistri  Symeonis  ,  iuratus  et  interrogatus 
dixit  ut  Petrus  Bucellus.  Magister  Symon  faber  iuratus  et 
interrogatus  dixit  ut  Philippus  de  Haverio.  Guillelmus  de 
Iurmele  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  secundus  testis.  Ni- 
colaus de  Ramis  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  secundus 
testis.  Gualterius  de  Pitineo  habitator  Thuse  iuratus  et  in- 
terrogatus dixit  ut  secundus  testis.  —  Item  vicesimo  sep- 
timo  eiusdem  apud  Pictineum.  Pandolfus  de  Tramunto  iu- 
ratus et  interrogatus  si  sciret  [quod]  tam  prenominatus 
dominus  Iuncta  venerabilis  cephaludensis  Episcopus,  quam 
predecessores  sui ,  racione  prediate  sue  cephaludensis  Ec- 
clesie ,  medietatem  integram  iurium  et  proventum  dohane 
maris  Thuse  a  catholicorum  Regum  Sicilie  felicis  memo- 
rie temporibus  usque  ad  hec  felicia  tempora  domini  no- 
stri Regis ,  per  se  et  procuratores  eorum  ,  tenuerunt  et 
possiderunt  pacifice  et  quiete,  dixit  quod  sic.  Interrogatus 
de  causa  sciencie ,  dixit  quod  vidit  temporibus  ipsis  pro- 
curatores et  cabellotos  ipsius  Ecclesie ,  qui  per  tempora 
fuerunt ,  integram  medietatem  ipsorum  iurium ,  nomine  et 
prò  parte  ipsius  Ecclesie,  exigere  et  percipere,  et  ipsemmet 
testis  iura  ipsa  tamquam  cabellotus  ipsius  Ecclesie  recolle- 
git.  Interrogatus  de  tempore,  dixit  quod  iam  sunt  anni  vi- 
ginti  et  plus,  de  loco,  in  portu  et  maritima  Thuse.  Thoma- 
sus  de  Petralia,  habitator  Pictinei ,  iuratus  et  interrogatus 
dixit  ut  proximus,  excepto  quod  non  recollegit  iura  predi- 
cta  et  de  tempore  quod  dixit  ab  annis  sex  citra.  Guillelmus 
Garonitus  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primu»  testis.  Io- 
hannes  de  Magistro  Gonstantino  iuratus  et  interrogatus  dixit 


(1284)  —  106  — 

ut  proximus,  excepto  quod  non  recollegit  ipse  iura  predicta. 
Presbiter  Basilius  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus. 
Presbiter  Iohannes  de  Pictineo  iuratus  et  interrogatus  dixit 
ut  primus  testis,  et  addidit  se  recordari  Ecclesiarn  cephalu- 
densem  possedisse  iura  predicta  annis  quatraginta  iam  e- 
lapsis.  Nicolaus  Gritus  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  pri- 
mus testis.  Presbiter  Mercurius  iuratus  et  interrogatus  dixit 
ut  Iohannes  de  Magistro  Gonstantino.  Notarius  Basilius  iu- 
ratus et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  Notarius  Nicolaus 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  Nicolaus  Malliotus 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  Nicolaus  de  Ar- 
contissa  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis.  Io- 
hannes de  Bella  habitator  Pictinei  iuratus  et  interrogatus 
dixit  ut  primus  testis.  Notarius  Bartholomeus  iuratus  et 
interrogatus  dixit  ut  proximus.  Fredericus  de  Bartholomeo 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  Gonsta.ncius  de 
Giorgio  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  —  Item 
vicesimo  octavo  eiusdem  apud  Pollinam  Petrus  Vetulus  iu- 
ratus et  interrogatus  si  sciret  quod  dominus  luncta,  venera- 
bilis  cephaludensis  Episcopus,  tam  ipse  quam  predecessores 
sui,  racione  predicte  sue  cephaludensis  Ecclesie,  medietatera 
integram  iurium  et  proventuum  dohane  maris  Thuse  a  ca- 
tholicorum  Regum  Sicilie  felicis  memorie  temporibus  usque 
ad  hec  felicia  tempora  domini  nostri  Regis,  per  se  et  procu- 
ratores  eorum,  tenuerunt  et  possiderunt  pacitìce  et  quiete,  di- 
xit quod  sic.  Interrogatus  qualiter  sciret,  dixit  quod  vidit  mul- 
tociens  procuratores  et  cabellotos  ipsius  Ecclesie  nomine  et 
prò  parte  Ecclesie  ipsius,  iura  predicta  integre  percipere  et 
habere.  Interrogatus  de  tempore  dixit  quod  ab  annis  viginti 
citra,  de  loco,  in  portu  et  maritima  Thuse.  Oliverius  de  Ca- 
stellana iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus  testis,  et 
addidit  de  tempore  quod  a  tempore  Imperatoris  citra  vidit 
procuratores  predictos  eadem  iura  multociens  exigere  et  per- 
cipere. Nicolaus  de  Oliverio  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut 
proximus  testis.  Iohannes  de  Spusa  iuratus  et  interrogatus 
dixit  ut  Oliverius.  Matheus  de  Damiano  iuratus  et  interro- 


—  107  —  (1284) 

gatus  dixit  ut  Oliverius  testis  predictus.  Petrus  de  Antiquo 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  Oliverius  testis  predictus. 
Robertus  Magrus  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus 
testis. — Item  vicesimo  nono  eiusdem  apud  Cephaludum.  Do- 
minus  Guillelraus  de  Marino  iuratus  et  interrogatus  si  sciret 
quod  tam  venerabilis  pater  dominus  Iuncta  episcopus  ce- 
phaludensis,  quam  predecessores  sui,  racione  sue  cephalu- 
densis  Ecclesie,  medietatem  integram  iurium  et  proventuum 
donane  maris  Thuse  a  catholicorum  Regum  Sicilie ,  felicis 
memorie,  temporibus  usque  ad  hec  felicia  tempora  domini 
nostri  Regis,  per  se  et  procuratores  eorum,  tenuerunt  et  pos- 
siderunt  pacitìce  et  quiete ,  dixit  quod  sic.  Interrogatus  de 
causa  sciencie,  dixit  quod  vidit  multociens  procuratores  et 
cabellotos  eiusdem  Ecclesie,  nomine  et  prò  parte  ipsius,  ip- 
sam  medietatem  iurium  et  proventuum  integre  exigere  et 
percipere  et  habere,  et  ipse  idem  testis  cum  aliis  sociis  suis 
cabellotus  eiusdem  Ecclesie,  nomine  et  prò  parte  ipsius,  iura 
predicta  sic  exercuit  et  percepit.  Interrogatus  de  tempore , 
dixit  quod  a  tempore  felicis  memorie  boni  Imperatoris  Fre- 
derici  et  aliorum  Regum  successorum  suorum  usque  ad  hec 
felicia  tempora  serenissimi  domini  nostri  Regis  Petri  ;  de 
loco,  in  portu  et  maritima  Thuse.  Bartholomeus  VetuJa  iu- 
ratus et  interrogatus  dixit  ut  proximus  testis.  Riccardus  de 
Salomone  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis,  ex- 
cepto  de  tempore  quod  dixit  se  tantum  de  premissis  recor- 
dari  ab  annis  vigintiquinque  citra ,  et  quod  non  fuit  ipse 
cabellotus  iurium  predictorum.  lohannes  de  Gastanea  iura- 
tus et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis ,  excepto  de  tem- 
pore quod  dixit  se  tantum  de  premissis  recordari  a  tempore 
domini  nostri  Regis  Manfredi  citra.  Gracianus  Bandonus 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus  testis.  Berardus 
de  Tancredo  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis, 
excepto  quod  non  fuit  ipse  cabellotus  iurium  predictorum. 
Martinus  de  Pandolfo  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  lohan- 
nes de  Gastanea  testis  predictus.  Bonaquistus  de  Gredun- 
deo  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  Berardus  de  Tancredo. 


(1284)  -  108    - 

Thomasius  Campsor  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus 
testis.  Bartholomeus  Girasa  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut 
primus  testis.  Rogerius  de  Golioso  iuratus  et  interrogatus 
dixit  ut  Iohannes  de  Gastanea.  Benchivinus  Tuscus  iuratus 
et  interrogatus  dixit  ut  proximus.  Notarius  Guillelmus  de 
Symone  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis.  Bi- 
vianus  de  Baldo  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  Iohannes 
de  Gastanea.  Notarius  Henricus  iuratus  et  interrogatus  dixit 
ut  Iohannes  de  Gastanea.  Paganus  planellarius  iuratus  et 
interrogatus  dixit  ut  Iohannes  de  Gastanea.  Symon  Tribi- 
sacci  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  primus  testis.  Et  quia 
predicto  ludici  Roberto  per  eamdem  inquisicionem,  in  pre- 
sentem  publicam  formam  redactam,  piene  eonstitit  eundem 
dominum  Episeopum  et  predecessores  suos  racione  predicte 
sue  Ecclesie ,  predictam  medietatem  proventuum  dohane 
maris  Thuse  tam  per  se,  quam  per  procaratores  eorum  te- 
nere et  possidere  a  predictorum  catholicorum  Sicilie  Regum 
tempori  us  usque  ad  hec  felicia  tempora  dicti  nostri  Regis 
pacifìce  et  quiete,  et  ad  eumdem  et  dictam  Ecclesiam  suam 
medietatem  ipsam  proventuum  pieno  iure  spectare,  ac  Re- 
giam  Guriam  nonnisi  unam  medietatem  ipsorum  proventuum 
diete  dohane  habere,  provido  viro  Iohanni  de  Martino  cabel- 
loto  eiusdem  dohane,  auctoritate  predicti  mandati,  ex  regia 
parte  mandavit  expresse  ut  cabellam  eamdem,  sicut  est  ha- 
ctenus  consuetum,  exercens,  de  predicta  medietate  spectante 
ad  eumdem  dominum  Episcopum  et  eamdem  Ecclesiam 
suam  se  nullatenus  intromictat.  Unde  ad  futuram  memo- 
riam  et  predicti  domini  Episcopi  et  Ecclesie  sue  cautelam, 
de  premissis  factum  est  publicum  instrumentum  presens 
per  manus  mei  qui  supra  notarii,  signo  meo,  sigillo  predicti 
commissarii,  et  subscripcione  sua,  sigillo  et  subscripcione 
mei  predicti  Iudicis,  et  nostrum  subscriptorum  testium  sub- 
scripcionibus  roboratum.  Scriptum  Gephaludi  penultimo  die 
mensis  aprelis,  duodecime  indicionis  premisse. 

f  Ego  Alferius  qui  supra  Iudex  me  subscripsi  et  sigillavi. 
f  Ego  Rogerius  de  Golioso  me  subscripsi  et  testor. 


—  109  —  (1284) 

f  Ego  Guillelmus  de  Marino,  miles,  de  Gephaludo  testis 
sum. 

f  Ego  Rufìnus  de  Papia  testis  sum. 

f  Ego  Henricus  de  Letitia  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Gracianus  Bandonus  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Albertus  Placentinus  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Martinus  de  Pandolfo  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Riccardus  de  Salomone  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Iacobus  de  Notano  Roberto,  qui  supra,  publicus 
notarius  Cephaludi  rogatus  interfui  et  scripsi. 

Pergamena  originale  nel  Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù,  al 
n.  59  (Arch.  di  Stato  di  Palermo).  È  guasta  in  varie  parti,  e  con- 
tiene ancora  due  sigilli  in  cera  aderenti  alla  pergamena,  sebbene 
uno  sia  quasi  interamente  rotto. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  in  pergamena  del  sec.  XIV  dei 
Privilegi  della  Chiesa  di  Cefalù,  eseguito  nel  tempo  del  Vescovo 
Tommaso  di  Butera  (Arch.  di  Stato  di  Palermo),  a  fol.  23  r.  in 
un  transunto  del  21  novembre  1329,  con  firme  originali.  In  tale 
transunto  si  afferma  che  il  documento  era  con  «  duobus  sigillis 
de  cera ,  in  cuius  primo  sculptum  est  sigiilum  Alpherii  de  Al- 
pherio,  et  arma  in  eo  sunt  flos  quidam  seu  arbor,  in  secundo  si- 
gillo scriptum  est  :  Robertus  de  Vassallo,  et  in  medio  sunt  arma 
ad  leonem  munitum  » . 

Altra  copia  è  nel  ms.  Qq.  H.  8,  fol.  657  e  659,  Diplomata  Ec- 
clesiae  Cephaludensis  (Bibl.  Com.  di  Palermo). 

È  ricordato  questo  documento  nelle  Regie  Visite  di  mons.  Ar- 
nedo  del  1552 ,  Daneo  del  1579  e  lordi  del  1604  nella  Conserva- 
toria di  Registro,  voi.  1308,  1320,  1330  (Archivio  di  Stato  di 
Palermo). 

Dall'inizio  del  doc.  si  rileva  che  la  lettera  del  Secreto  era  si- 
gillata con  cera  verde.  È  degno  di  nota  il  ricordo  della  volontà 
del  Re  Pietro  di  mantenere  illesi  i  diritti  delle  Chiese,  ed  altresì 
il  soprannome  di  buono  dato  all'  imperatore  Federico  dal  testi- 
mone Guglielmo  de  Marino  in  Cefalù. 


(1284)  —  110  — 

XLVI. 

l!284,  maggio  7,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  alla  Regina,  avvertendola  di  dover  privare 
subito  dell'ufficio  di  Giustiziere  di  Val  di  Mazzara  Gerardo  Boxio 
pisano,  il  quale  commetteva  ingiustizie,  specialmente  contro  i  Ge- 
novesi, «  quos  tamquam  amicos  karissimos  semper  invenimus». 
Vuole  che  quell'ufficio  sia  conferito  ad  altri  «  prò  parte  nostra  et 
vestra  » .  Raccomanda  i  cittadini  e  mercanti  genovesi  al  favore 
della  Regina. 

Simile  lettera  all'Infante  Giacomo. 

Illustri  domine  Regine  etc.  Noveritis  ad  nostrani  audien- 
ciam  pervenisse  quod  Girardus  Bocxii ,  civis  pisanus ,  cui 
nos  lusticiarii  officium  commiseramus  in  valle  Mazarie,  non 
bene  se  gessit  in  ipso  officio,  gravando  quamplures  contra 
iusticiam ,  et  specialiter  Ianuenses ,  quos  tamquam  amicos 
karissimos  semper  invenimus  nos  et  nostri  ad  servicium  et 
honorem  nostrum  voluntarios  et  paratos.  Unde  cum  non 
possimus,  nec  debeamus  sustinere  quod  illi,  qui  per  nos  sta- 
tuti sunt  ut  iusticiam  tribuant  et  conservent ,  iniusticiam 
inferant  et  gravamina,  volumus  et  vobis  mandamus  quate- 
nus ,  visis  presentibus ,  impediatis  et  interdicatis  dicto  Gi- 
rardo  predictum  officium  lusticiarii,  et  ipsum  officium  alii, 
quem  noveritis  esse  discretum  et  sufficientem,  committatis 
prò  parte  nostra  et  vestra,  qui  exerceat  iusticiam  cuilibet  et 
conservet.  Preterea  vos  rogamus  ut  cives  predictos  Ianuen- 
ses et  mercatores,  sicut  speciales  amicos  nostros,  habere  ve- 
litis  vestre  gracie  comendatos.  Datum  Gesarauguste,  nonis 
maij  [1284]. 

Simili  modo  fuit  scriptum  Infanti  Iacobo.  Datum  ut  supra. 

Dal  reg.  46,  fol.  192  del  Re  Pietro ,  nell'  Arch.  della  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  33  ne  dà  soltanto 
un  breve  sunto. 

Questo  documento  è  notevole  perchè  dà  prova  delle  rivalità 
che  avvenivano  tra  Pisani  e  Genovesi  in  quel  tempo  in  Sicilia, 


—   Ili   —  (1284) 

ed  altresì  perchè  dimostra  le  ottime  relazioni  di  amicizia  tra  Ara- 
gonesi e  Genovesi,  i  quali  ultimi  erano  ghibellini  al  pari  dei  Pi- 
sani. Sin  dall'epoca  normanna  i  Genovesi  tennero  fiorente  com- 
mercio in  Sicilia  con  consoli  e  loggie.  Il  Conte  Ruggiero  in  set- 
tembre 1116  concedeva  ad  essi  libertà  di  commercio  per  le  merci 
che  non  superassero  la  somma  di  sessanta  tari  d' oro  ,  pagando 
per  il  maggior  valore  quanto  era  solito  nell'isola.  Nel  documento 
greco  ,  edito  da  Gusa  ,  I  diplomi  greci  ed  arabi  di  Sicilia.  Pa- 
lermo, 1868,  pag.  359  e  seg.,  si  legge  :  'Ava[3i(3aCóiisvov  tò  xojièp- 
xiov  (jù)  SiSovou  xt  Iva  sxaatov  auttòv,  altrimenti  il  pagamento  xa6ò)<; 
ó  tt\c,  x^Pa?  W7C0?  Iotiv,  per  il  valore  eccedente. 

Il  Re  Guglielmo  II  nel  novembre  1157  accordò  ai  Genovesi 
che  fossero  ridotti  in  iscritto  «usus  et  consuetudines  ,  quas  per 
civitates  regni  nostri  tempore  dominii  regis  Rogerii  dive  memorie 
patris  nostri  habere  soliti  sunt»,  cioè  particolari  riduzioni  di  do- 
gana per  le  merci  in  Palermo  e  Messina.  Altre  esenzioni  di  com- 
mercio nel  regno  di  Sicilia  sancì  pei  Genovesi  il  Re  Federico 
nel  1200,  e  loro  permise  di  tenere  consoli  e  Curia  come  li  ebbero 
al  tempo  di  Guglielmo  II,  e  concesse  case  pei  mercanti  in  Mes- 
sina, Siracusa  e  Trapani,  e  sicurtà  di  persona  per  mare  e  terra, 
e  contro  i  corsari  (Cfr.  Liber  iurium  Reipublicae  Genuensis  nella 
collez.  Hist.  patriae  Monum.,  t.  I,  Torino,  1854,  pag.  202  e  300). 

A  22  marzo  1259  il  Re  Manfredi  largì  ampie  immunità  ai  Ge- 
novesi ,  anco  per  loggie  e  consoli  in  Messina  ed  altre  città  del 
regno  (Orlando,  Un  Codice  di  leggi  e  dipi,  cit.,  pag.  102  e  seg.). 
Il  Re  Pietro  a  7  aprile  1283  provvedeva  su  alcuni  eccessi  di 
due  navi  genovesi  contro  i  Siciliani,  affinchè  (come  egli  diceva) 
«  per  Ianuenses  fideles  nostri  minime  offendantur,  sicut  lanuenses 
per  nostros  offendi  fideles  nostra  minime  serenitas  pateretur  »  (Ca- 
rini, De  rebus,  pag.  592  e  seg.).  Indi  l'Infante  Giacomo  per  gra- 
titudine dei  servizi  resi  dai  Genovesi  ai  suoi  predecessori,  «  dum 
precedencium  devotio  impensa  potissime  derivari  cernitur  ad  se- 
quaces»  ,  a  24  novembre  e  19  dicembre  1284  concesse  ai  Geno- 
vesi che  godessero  le  immunità,  delle  quali  aveano  fatto  uso  ai 
tempi  del  Re  Manfredi  (V.  appresso  doc.  n.  LX  e  LXIV). 

È  utile  consultare  I'Yver,  Le  commerce  et  les  marchands  cit., 
pag.  232  e  seg.  per  quanto  concerne  i  mercanti  genovesi  e  per  i 
danni,  che  risentirono  nell'epoca  angioina. 


(1284)  —  112  — 

XLVIL 

1284,  maggio  7,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  la  regina  affinchè  provveda  secondo  giu- 
stizia sull'istanza  di  Babilone  Boria,  il  quale  deve  conseguire  al- 
cune eredità  esistenti  in  Sicilia,  per  donazione  del  Re  Manfredi 
o  per  altri  dritti. 

Illustri  domine  Regine  etc.  Ex  parte  dilecti  nostri  Babi- 
lonis  de  Auria  expositum  fuit  nobis  quod  ipse  Babilonus 
habet  et  habere  debet  quasdam  hereditates  in  Sicilia ,  ex 
donacione  illustris  regis  Manfredi,  felicis  recordacionis,  pa- 
tris  vestri  seu  aliis  iuribus.  Quare  volumus  et  vos  rogamus 
quatenus,  audita  eius  peticione ,  in  ea  prout  iustum  fuerit 
procedatis  ac  procedi  faciatis.  Nobis  enim  placet  quod  ius 
suum  habeat  de  predictis.  Datum  Gesarauguste  nonis  maij 
[1284]. 

Dal  reg.  46  ,  Ibi.  192  del  Re  Pietro,  nell'  Archivio  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  33  offre  un  sunto  del 
documento. 

È  questo  Babilone  certamente  un  antico  membro  della  fami- 
glia genovese  Doria,  che  poi  si  rese  celebre  in  Sicilia  nel  regno 
di  Federico  II  aragonese  per  aver  dato  vari  strenui  ammiragli , 
che  difesero  l'indipendenza  dell'isola. 


XLVIII. 

1284,  maggio  23,  indizione  12a,  Castronovo. 

Avendo  il  regio  Consigliere  Pietro  de  Queralt,  Vicario  gene- 
rale del  regno  di  Sicilia  al  di  qua  del  Salso,  e  provveditore  dei 
regi  castelli,  ordinato  di  farsi  un'inchiesta  intorno  i  confini  del 


—  113  —  (1284) 

casale  di  Riena  ,  presso  Vicari ,  appartenente  a  Lancellotto  de 
Paccia ,  il  Baùdo  ed  i  giudici  di  Gastronovo  adempiono  V  inca- 
rico ai  medesimi  affidato. 

(L'  atto  è  rogato  dal  notaio  Giovanni  de  Teti  di  Gastronovo). 

In  nomine  Dei  eterni  àmen.  Anno  salutifere  Incarnacio- 
nis  eiusdem  millesimo  ducentesimo  octogesimo  quarto,  vi- 
cesimo  tercio  die  mensis  madii ,  duodecime  indicionis ,  re- 
gnante serenissimo  domino  nostro  Petro  Dei  gracia  inclito 
Aragonum  et  Sicilie  Rege ,  regnorum  suorum  Aragonum 
anno  octavo,  Sicilie  vero  secundo  feliciter  amen.  Nos  Guil- 
lelmus  de  Ligorio  Baiulus  Castrinovi ,  Philippus  Facticius 
et  Bartholomeus  Septempani  Iudices  eiusdem  terre,  Iohan- 
nes  de  Thetis  actorum  Curie  eiusdem  terre  notarius ,  in 
defectu  notarii  publici  nondum  in  eadem  terra  per  maie- 
statem  regiam  ordinati,  et  testes  subscripti  ad  hoc  vocati 
specialiter  et  rogati ,  presentis  scripti  serie  notum  facimus 
et  testamur  quod  nos  predictus  Baiulus  et  Iudices  supra- 
dicti,  auctoritate  cuiusdam  mandati  nobis  directi  a  magni- 
fico viro  domino  Petro  de  Queralto  ,  milite ,  domini  Regis 
Gonsiliario  et  familiare,  ac  regio  in  Sicilia  citra  fìumen  Sal- 
sum  Vicario  generali,  et  regiorum  castrorum  provisore,  si- 
gillo eiusdem  domini  Vicarii  de  cera  rubea  sigillato ,  de 
sciendis  tini  bus  casalis  Ryene  nobilis  viri  Lanzalocti  de 
Paccia,  ex  illa  videlicet  parte  tenimenti  terre  Bicari  et  leni- 
menti Margane  Sancte  Trinitatis  de  Panormo,  per  antiquio- 
res  homines  predicte  terre  Castrinovi  et  predicte  terre  Bi- 
cari de  huiusmodi  finibus  conscios  et  expertos  ac  lidedignos, 
accedentes  personaliter  cura  hominibus  infrascriptis ,  vide- 
licet diete  terre  Castrinovi  et  predicte  terre  Bicari,  per  quos 
novimus  de  predictis  finibus  posse  scire  plenius  veritatem, 
ad  locum  illud,  videlicet  ubi  dictum  casale  Ryene  terminat 
cum  tenimento  predicte  terre  Bicari,  et  tenimento  Margane 
supradicte,  didicimus  et  invenimus  per  eosdem  homines,  vi- 
delicet per  Thomasium  de  Abaiata,  Nicolaum  de  Siniscalco, 
Nicolaum  de  Iohanne  Greco  et  Symonem  de  Sarlo  de  pre- 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  8 


(1284)  —  114  — 

dieta  terra  Castrinovi,  per  Matheum  de  Amato,  Nicolaum 
de  Authore,  notarium  Sanctorum  et  Guirrucium  de  predicta 
terra  Bicari,  quod  fines  predicti  sunt  a  via  publica,  que  est 
a  Karkarello  sub  Rupa  Russa,  et  descendunt  per  vallonem 
vallonem  usque  ad  petram  grossa m,  que  est  intus  in  ipso 
vallone  ,  et  descendunt  inde  per  vallonem  vallonem  usque 
ad  aliam  petram,  que  est  intus  in  ipso  vallono,  qui  vallonus 
vocatur  Handiki  Belchelgi,  et  transeunt  inde  per  vallonem 
vallonem  ad  quendam  alium  vallonem,  qui  est  ad  diricturam 
predicte  petre  magne,  et  ascendimi  per  vallonem  vallonem 
usque  ad  latus  casalis  de  Sclavis,  quod  est  extra  pheudum 
dictum  Lanzalocti  de  Paccia,  et  deinde  ascendunt  ad  quer- 
cum  que  est  apud  bantrellas,  et  vadunt  inde  ad  l'ontanam, 
que  est  in  capite  Biccari,  et  sic  fines  predicti  terminantur. 
Unde  ad  futura m  memoriam  presens  scriptum  exinde  factum 
est  de  lìnibus  predictis,  per  manus  mei  predicti  notarii,  si- 
gno  nostro  signatum  ,  subscripcionibus  nostrum  qui  supra 
Baiuli  et  Iudicum  et  sigillo,  et  subscriptorum  testium  sub- 
scripcionibus et  testimonio  roboratum.  Actum  apud  Ca- 
strumnovum,  anno,  die,  mense  et  indicione  premissis. 

f  Ego  Guillehnus  de  Ligorio  qui  supra  Baiulus  nesciens 
scribere  per  manus  predicti  notarii  me  subscribi  feci  et  si- 
gillavi. 

f  Ego  Philippus  Faticius  qui  supra  Iudex  Castrinovi  me 
subscripsi  et  sigillavi. 

f  Ego  Bartholomeus  Septempani  qui  supra  Iudex  ne- 
sciens scribere  per  manus  predicti  notarii  me  subscribi  feci 
et  sigillavi. 

f  Ego  lohannes  de  Abandio  interfui  et  testor. 

-j-  Ego  Facius  de  Sarlo  interfui  et  testor. 

f  Ego  Matheus  de  Fristocco  interfui  et  testor. 

-J-  Ego  Antonius  de  Sancto  fladello  interfui  et  testor. 

f  Ego  Raynaldus  de  Monacho  interfui  et  testor. 

f  Ego  Andreas  de  Villaudrino  interfui  et  testor. 

f  Ee'o  Nicolaus  Spallaforti  de  Bicaro  interfui  et  testor. 


—  115  —  (1284) 

f  Ego  Iohannes  de  Mauro  de  Bicaro  interfui  et  testor. 

f  Ego  Parisius  de  Ioanne  de  Petrahelye  interfui  et  testor. 

f  Ego  notarius  Ventura  de  Panormo  habitator  Castri- 
novi me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Iohannes  de  Thetis  qui  supra  actorum  Curie  Ca- 
strinovi notarius  scripsi  et  signavi. 

Nel  margine  inferiore  si  legge  : 

Presentatum  est  in  Iudicio  XiIJ°  niadii  VIJ  Indicionis. 
XVIIJ0  aprilis  VIJ  Indicionis  apud   Panormum  presen- 
tatum in  Iudicium. 

Notarius  Ventura  —  Philippus  de  Facticio  ludex. 

Pergamena  originale  n.  8  del  Tabulano  di  8.  Martino  delle 
Scale  (Arch.  di  Stato  di  Palermo).  Nel  margine  destro  si  vedono 
tre  suggelli  rotti  in  cera  gialla  ,  posti  verticalmente  ed  aderenti 
alla  pergamena  ,  con  carta  sovrapposta  contenente  un'  impronta 
che  non  si  legge. 

Si  desume  dal  documento  che  la  lettera  del  Vicario  Queralt 
era  con  suggello  di  cera  rossa.  Sul  Queralt  cfr.  i  ricordi  da  me 
dati  nelle  Notizie  preliminari  al  regno  di  Pietro  I ,  nel  §  4  a 
pag.  35,  e  nelle  note  al  documento  XXII. 

Conviene  rilevare  la  menzione  di  non  essere  stato  nominato 
dal  Re  il  notaro  pubblico  in  Castronovo,  così  che  dovette  adibirsi 
il  notaro  degli  atti  della  Curia.  Il  tenimento  di  Margana  appar- 
teneva alla  Chiesa  della  SS.  Trinità  della  Magione  di  Palermo.  Ne 
dà  notizia  Mongitore,  Monumenta  historica  Sacrae  Domus  Man- 
sionis.  Panormi,  1725,  pag.  205.  Sul  casale  di  Riena  offre  alquanti 
cenni  Tirrito,  Sulla  città  e  comarca  di  Castronovo  di  Sicilia.  Pa- 
lermo, 1873,  pag.  215  e  seg. 


XLIX. 

1284,  giugno  1,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  annunzia  alla  Regina  che  ha  inviato  con  la  flotta 
in  Sicilia  Rodolfo  de  Manuele,  che  è  informato  della  volontà  re- 


(1284)  —  116  — 

già,  dello  stato  di  salute  della  Corte,  e  della  condizione  dei  suoi 
domini.  Vuole  che  la  Regina  senta  ed  esegua  quanto  il  medesimo 
de  Manuele  riferirà  a  voce. 

Altre  simili  all'Infante  Giacomo  ed  altri,  ed  a  varie  città  di 
Sicilia. 

Illustrissime  et  diligende  quam  plurimum  karissime  con- 
sorti sue  domine  Cfonstancie],  per  eamdem  eorumdem  re- 
gnorum  regine  illustri,  salutem  et  intime  dilecionis  constan- 
ciam  ac  continuum  incrementimi.  Gum  Radolfum  de  Ma- 
nuele, dilectum,  fìdelem  familiarem  et  consiliarium  nostrum, 
remictamus  ad  partes  Sicilie  cum  felici  stolio  nostro  galea- 
rum,  informatum  de  voluntate  et  consciencia  nostra  et  bono 
statu  nostro  et  tocius  terre  nostre,  atque  principum  consan- 
guineorum  ac  affinium  nostrorum  ,  rogamus  vos  quatenus 
quicquid  predictus  Radolfus  vobis  oretenus,  ex  parte  nostre 
excellencie,  explicabit  velitis  credere,  et  cum  solicitudine  du- 
cere ad  effectum.  Datum  in  obsidione  Albarrasin,  kalendis 
Iunii,  anno  domini  M0CC°LXXX°  quarto. 

Infanti  lacobo  —  Alaymo  de  Lentino  —  Universis  homi- 
nibus  urbis  Panormi  -  Petro  de  Queralto  —  Domine  Ma- 
halde  —  Universis  hominibus  civitatis  Trapani  —  Universis 
hominibus  civitatis  Messane  —  Beltrando  de  Bellopodio  — 
Guillelmo  Galcerandi  —  Iohanni  de  Procida  —  lusticiariis  et 
Gapitaneis  Sicilie  —  Rogerio  de  Lauria  —  Magistro  Matheo 
de  Thermis  —  Universis  hominibus  Mazarie. 

Dal  reg.  46,  fol.  204  del  Re  Pietro  ,  nell'  Archivio  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  36  ne  dà  un  breve 
sunto. 

Sono  degne  di  nota  le  espressioni  di  vivo  affetto  adoperate 
per  la  regina.  L'ambasceria  del  De  Manuele  dovette  essere  molto 
importante,  sebbene  non  se  ne  indichi  1'  oggetto  preciso  ;  ma  si 
rileva  che  egli  veniva  con  una  flotta ,  destinata  senza  dubbio  a 
maggior  difesa  del  regno.  La  lettera  è  diretta  ad  alti  personaggi 
della    maggiore   fiducia  ,  compresa  Macalda  (oltre  che  al  marito 


—  117  —  (1284) 

Alaimo  da  Lentini),  ed  alle  città  di  Palermo,  Trapani ,  Messina 
e  Mazzara,  ed  altresì  ai  Giustizieri  e  Capitani  di  Sicilia. 

Amari,  9"  ediz.,  voi.  II,  pag.  43  e  seg.  dall'invio  della  lettera 
anche  a  Mazzara  deduce  :  «  Donde  si  può  argomentare  che  la  mi- 
naccia più  prossima  di  guerra  e  di  tradimento  fosse  nella  Sicilia 
occidentale,  per  la  fazione  guelfa  che  covava  a  Mazzara  ».  Dà  pure 
alcuni  cenni  biografici  (desunti  da  vari  documenti  editi  dal  Ca- 
rini) su  Rodolfo  de  Manuele  ,  che  fu  giustiziere  del  Val  di  Gir- 
genti  dal  febbraio  1283  in  poi  (Carini,  De  rebus,  pag.  517)  e  non 
di  Val  di  Mazzara  come  dice  I'Amari. 


Ii284,  giugno  4,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  dà  notizia  alla  Regina  di  essere  a  lui  venuti 
dalla  Sicilia  gli  armigeri  Perrone  de  Caltagirone  e  Guido  Talach, 
che  hanno  atteso  ai  suoi  servizi,  «  de  quo  ab  eis  nos  reputamus 
contentos»,  e  vuole,  in  seguito  ad  istanza  dei  medesimi,  che  sia 
loro  conferito  in  Sicilia  qualche  officio  nella  Corte,  od  altro  grado 
per  equa  retribuzione. 

Simili  lettere  all'Infante  Giacomo  ed  a  Giovanni  da  Procida. 

Domine  Regine  salutem  et  incrementum  dileccionis.  Scia- 
tis  quod  dilecti  et  familiares  nostri  scutiferi  Perronus  de 
Calatagirono  et  Guidonus  Talach  in  quadam  barca  venerint 
ad  istas  *partes ,  de  partibus  Sicilie  ,  et  continue  fuerint  in 
nostro  servicio ,  de  quo  ab  eis  nos  reputamus  contentos , 
volunt  nunc  ad  propriam  remeare  ,  ad  quod  eis  defficere 
nolumus.  Et  supplicaverunt  nobis  ut,  prò  servicio  per  eos 
nobis  exhibito,  retribucionem  aliquam  eisdem  in  ipsis  par- 
tibus facere  deberemus.  Nos  autem  ignoramus  de  quo  eis 
condignam  retribucionem  possemus  facere  in  ipsis  partibus, 
voluimus  vobis  scribere  super  eo  rogantes  vos  quatenus  , 
eosdem  scutiferos  commendatos  habentes,  velitis  habere  bo- 


(1284)  —  118    - 

num  consilium  et  tractatum  ,  tam  in  provisione  eis  conce- 
denda  in  domo  nostra,  quam  in  conferendis  beneficiis  ido- 
neis  eisdera  in  retribucione  servicii  memorati.  Taliter  super 
hiis  vos  habendo,  quod  racione  ipsius  servicii  in  ipsis  par- 
tibus  condigna  premia  assignentur.  Nos  enim  istud  gratum 
et  acceptum  habebimus  ac  regraciabimur  vobis  multimi.  Da- 
tura in  obsidione  Albarransi ,  fi  nonas  Iunii ,  anni  ut  su- 
pra  [1284]. 

Similes  Infanti  Iacobo. 

Similes  lohanni  de  Procida. 

Dal  reg.  46,  fol.  205  del  Re  Pietro  ,  nell'  Arch.  della  Cor.  di 
A  rag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bill.,  voi.  II,  pag.  36,  ne  fornisce  un 
sunto. 

La  missione  del  Caltagirone  e  del  Talach  dovette  riferirsi  ai 
preparativi  di  armata  ,  dei  quali  trovasi  ricordo  nel  documento 
anteriore  (n.  XLIX). 


LI. 

1284,  giugno  1%  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  a  Rodolfo  Re  dei  Romani,  manifestan- 
dogli che  invia  a  lui  Raimondo  de  Bruncignach,  il  quale  conse- 
gnerà la  lettera,  e  darà  notizia  dell'intenzione  del  medesimo  Re 
Pietro  di  render  servizio  ed  onore  a  Rodolfo,  del  processo  o  sen- 
tenze emanate  dal  Papa  «  contra  nos  insontes  et  ignorantes,  non 
citatos  ut  iuri  convenit,  nec  convictos  »  (a  cagione  della  conquista 
della  Sicilia),  e  dell'irruzione  del  Re  di  Francia  contro  i  domini 
di  Catalogna  ed  Aragona;  e  lo  prega  di  rispondergli  su  quanto 
lo  stesso  Raimondo  gli  esporrà. 

Segue  il  testo  del  memoriale  in  lingua  catalana. 

Dal  reg.  47,  fol.  127  del  Re  Pietro  ,  nell'  Arch.  della  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona. 


—  119  —  (1284) 

Pubblicato  da  Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquéte,  t.  IV,  pa- 
gina 236-239. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il  ,  pag.  66  dà  solo  un'  in- 
dicazione generica  di  rimando  al  Saint-Priest. 

Riesce  evidente  la  grande  importanza  del  documento.  Nel  lungo 
memoriale,  che  ha  per  titolo  :  «  Mémorial  de  les  coses  quen  Ra- 
mon de  Brucinach  de  part  del  senyor  Rey  a  dir  al  Emperador 
Dalamanyna  »  ,  si  trova  il  ricordo  preciso  dei  vari  fatti ,  e  spe- 
cialmente del  viaggio  del  Re  Pietro  con  l'armata  in  Barberia,  e 
poi  in  Sicilia  chiamato  dagli  ambasciatori  dell'isola,  «  que  anas 
emparar  Sicilia  quel  iiurarien  per  lo  dret  de  la  reyna  sa  muller 
et  de  sos  fìlls  » . 

Notevole  è  ancora  quanto  vi  si  dice  per  il  «dret  quel  senyor 
rey  a  en  Savoya  per  part  de  la  reyna  sa  muller  »  ,  per  le  quali 
pretese  offre  chiara  luce  il  documento  del  Re  Pietro  del  28  otto- 
bre 1280  al  marchese  di  Monferrato  per  l' invio  di  milizie  desti- 
nate all'  acquisto  della  Savoia.  (Di  tale  documento  dà  un  esteso 
sunto  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  cit.,  pag.  42). 

Bohmer,  nell'opera  Regesta  imperii,  voi.  VI,  Innsbruck  1898, 
a  pag.  402  e  seg.,  n.  1838,  offre  alquanti  cenni  sul  documento, 
e  nota  che  da  esso  si  rileva  che  il  Re  Pietro  voleva  formare  con 
Rodolfo  una  nuova  lega  (mit  diesem  eine  nàhere  verbindung  an- 
zukniipfen  gesi'icht),  che  aveva  iniziato  sin  dal  1274,  cioè  dal  prin- 
cipio del  regno  del  medesimo  Rodolfo,  per  la  conquista  della  Si- 
cilia, come  appare  da  un  documento  di  Rodolfo  di  quel  tempo  , 
del  quale  dà  notizia  lo  stesso  Bohmer,  a  pag.  86  e  seg.    n.  302. 


LII. 


1284,  giugno  14,  Albarracin. 


Il  Re  Pietro  I  ordina  agli  ufficiali  di  Val  di  Mazzara  di  pre- 
stare aiuto  ad  Alaimo  da  Lentini,  per  sé' ed  i  suoi  beni. 

Officialibus  Vallis  Mazare  quod  manuteneant  et  defen- 
dant  magistro  Alaymo  de  domo  nostra  ipsum  et  bona  sua, 
ipso  faciente  suis  querelantibus  iusticie  compleraentum.  Da- 
timi ut  supra  [in  obsidione  Albarassin,  14  giugno  1284]. 


(1284)  —  120  — 

Dal  reg.  46,  Ibi.  2(Hr.  del  Re  Pietro,  nell'Arch.  della  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona. 

È  una  breve  nota  della  Cancelleria  nel  registro  per  1'  ordine 
emanato. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bihl.,  voi.  II,  pag.  36,  la  riferisce  per 
la  sua  concisione. 

Pare  che  quel  provvedimento  sia  avvenuto  per  i  disordini,  che 
infestavano  allora  Trapani  ed  altre  città  dell'  isola  (V.  doc.  nu- 
mero XLIX). 


LUI. 

1284,  luglio  24,  indizione  IO,  Termini. 

Il  Regio  Giustiziere  della  Contea  di  Geraci  e  di  Cefalù  e  Ter- 
mini, Raimondo  di  Pietro,  scrive,  per  parte  regia ,  al  Baialo  e 
ai  giudici  di  Caltavuturo  affinchè  immettano  nel  possesso  tempo- 
raneo dei  beni  di  Gentile  ,  abitante  di  Caltavuturo  ,  */  procura- 
tore del  Vescovo  di  Cefalù  per  il  debito  del  suddetto  Gentile  in 
onde  quattordici  per  fideiussione  prestata,  al  Vescovo,  il  quale 
debito  non  è  stato  ancora  pagato. 

Il  Bando  e  i  giudici  adempiono  l'ordine  dato  dal  Regio  Giu- 
stiziere. 

(L'atto  di  immissione,  con  l'inserzione  della  lettera  del  Giu- 
stiziere, è  rogato  dal  notaro  Salvo  de  Riccardo  di  Caltavuturo). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  dominice  Incarnacìonis 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  quarto,  die  lune,  ultimo 
mensis  Iulii ,  duodecime  indicionis.  Regnante  serenissimo 
domino  nostro  domino  Petro  Dei  gracia  Aragonum  et  Sicilie 
inclito  Rege ,  regnorum  vero  suorum  Aragonum  anno  oc- 
tavo,  et  Sicilie  secundo  feliciter  amen.  Nos  Henricus  de  Mi- 
lite Iudex  Caiatabuturi ,  Salvus  de  Riccardo  publicus  eiu- 
sdem  terre  notarius,  et  testes  subsciipti,  ad  hoc  vocati  spe- 
cialiter  et  rogati,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et 
testarnur  quod  prudentes  viri  Matheus  de  Biasio  Baiulus 
Caiatabuturi,  et  notarius  Iohannes  de  Anglerio  coniudex  no- 


—  1°21  —  (1284) 

ster,  ad  nostrani  accedentes  presenciam,  ostenderunt  nobis 
quasdam  licteras  sibi  missas  a  nobili  viro  domino  Ray  ni  lin- 
do Petri ,  regio  Iusticiario  comitatus  Giraci!,  pa ranni  Ge- 
phaludi  et  Thermarura  ,  noto  et  consueto  sigillo  eiusdem 
domini  Iustieiarh  de  cera  rubea  sigillatas,  que  [erant]  per 
omnia  continencie  infrascripte  :  Raymundùs  Petri  regius  Iu- 
sticiarius  Baiulo  et  Iudicibus  Galatabuturi  etc.  Quia  procu- 
rator  venerabilis  patris  domini  cephaludensis  Episcopi ,  in 
Regia  Curia  corani  nobis  constitutus ,  eonquestus  fuit  de 
Gentile  habitatore  Galatabuturi  de  unciis  auri  quatuorde- 
cim  ,  quas  ipse  ex  causa  fideiussionis  dare  tenebatur  pre- 
dicto  domino  Episcopo," citatus  fuit  ut  coram  nobis  in  Regia 
Curia  comparere  deberet  in  certo  termino  eidem  procura- 
tori responsurus,  quo  termino  elapso  dictus  Gentilis  nec  a- 
liquis  prò  eo  comparuit  corani  nobis,  qui  suam  vellet  con- 
tumaciam  excusare,  propter  quod  interloquendo  pronuncia  - 
vimus  proeuratorem  dicti  domini  Episcopi  l'ore  mictendum 
in  possessione  honorum  mobilium,  et  in  defectu  ipsorum  , 
stabilium  prò  mensura  debiti  declarati  causa  reservandi , 
donec  tedio  affectus  veniat  responsurus.  Quare  vobis  ex 
regia  parte,  qua  [fungimur]  auctoritate,  iniungendo  manda- 
mus  quatenus,  receptis  presentibus,  proeuratorem  dicti  do- 
mini cephaludensis  Episcopi  in  possessione  bonorum  mo- 
bilium, [et]  in  defectu  ipsorum,  stabilium,  prò  mensura  de- 
biti declarati  inducatis  et  tueatis  inductum.  Datum  Ther- 
mis ,  vicesimo  quarto  iulii  duodecime  indicionis.  Quar[um] 
auctoritate  licterarum  predicti  Baiulus  et  Iudex,  pretitulato 
die  lune,  coram  nobis  et  testibus  subscriptis,  religiosum  vi- 
rum  fratrem  Nicolaum  de  Notano  Roberto  venerabilem  ca- 
nonicum  Ecclesie  cephaludensis,  proeuratorem  predicti  do- 
mini Episcopi  induxerunt  in  possessione  partis  contingentis 
eumdem  Gentilem  de  quadam  domo  sita  in  eadem  terra  Ga- 
latabuturi iuxta  domum  Symonis  de  Teiera ,  et  si  qui  alii 
sunt  confìnes  ,  et  de  quadam  vinea  sita  in  territorio  pre- 
dicte  terre,  in  contrata  que  dicitur  Solatia,  iuxta  vineam  he- 
redum  quondam  Bartolomei   de  Alamagno  ,  in  defectu  bo- 


(1284)  —ig- 

norimi mobilium  ipsius  Gentilis  prò  mensura  predicti  de- 
biti declarati,  causa  reservandi  donec  predicius  Gentilis  te- 
dio affectus  corani  predicto  domino  Iusticiario  se  conferat, 
de  premissis  procuratori  predicti  domini  Episcopi  in  iudicio 
responsurus.  Unde  ad  futuram  memoriam  et  predicti  do- 
mini Episcopi  eautelam  presens  scriptum  publicum  exinde 
factum  est,  per  manus  mei  predicti  notarii,  signo  meo  so- 
lito, subscripcione  et  sigillo  nostro  predicti  Tudicis  et  no- 
strum, subscriptorum  testium  subscripcionibus  roboratum. 
Actum  aput  Galatabuturum  anno,  die ,  mense  et  indicione 
premissis. 

f  Ego  Hemicus  de  Milite  qui  supra  Iudex  interfui ,  me 
per  predictum  notarium  subscribi  feci ,  et  meo  sigillo  si- 
gillavi. 

f  Ego  Gulielmus  de  Gastro  Iohanne  interfui ,  me  sub- 
scribi feci  et  testor. 

f  Ego  Iohannes  de  Nicosia  interfui,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

-j-  Ego  Raynaldus  de  Giracio  interfui,  me  subscribi  feci 
et  testor. 

f  Ego  Symon  de  Galato  interfui ,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

f  Ego  lacobus  de  Salvo  interfui ,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

f  Ego  Sinibaldus  de  Errigo  interfui ,  me  subscribi  feci 
et  testor. 

f  Ego  Herricus  de  Ragulo  interfui,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

f  P]go  Nicolaus  de  Gapicio  interfui ,  me  subscribi  feci 
et  testor. 

f  Ego  Lazarus  de  Agunio  interfui,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

-j-  Ego  Iohannes  de  luliano  interfui,  me  subscribi  feci  et 
testor. 

f  Ego  Iohannes  de  Amico  interfui,  me  subscribi  feci  et 
testor. 


-  123  —  (1284) 

-}-  Ego  Gualtherius  de  Stagnetto  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Salvus  de  Riccardo  qui  supra  publicus  notarius 
terre  Galatabuturi  interfui ,  scripsi  et  meo  signo  solito  si- 
gnavi. 

Questo  documento  è  trascritto  nel  voi.  ras.  in  pergamena  del 
secolo  XIV  dei  Privilegi  della  Chiesa  di  Gefalù,  eseguito  per  or- 
dine del  Vescovo  Tommaso  di  Butera,  a  Ibi.  97  r.  (Arch.  di  Stato 
di  Palermo). 

Se  ne  ha  una  copia  nel  ms.  Qq.  H.  8  «Diplomata  Ecclesie  Ce- 
phaludensis  »  a  ibi.  914  r.  (Bibl.  Com.  di  Palermo). 

La  lettera  del  Giustiziere  era  sigillata  con  cera  rossa.  E  no- 
tevole 1'  espressione  di  coniudex  noster  usata  pel  notaro  de  An- 
glerio.  Ai  Giustizieri  era  assegnato  uno  speciale  territorio  di  loro 
giurisdizione  ,  e  se  ne  può  veder  1'  elenco  in  Carini  ,  De  rebus  , 
pag.  792,  nell'  «Indice  delle  cariche  civili  e  militari». 


LIV. 

1284,  agosto  22,  Teruel. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Giovanni  da  Procida  ed  ai  Maestri 
Portolani  del  regno  di  Sicilia  di  non  impedire  ad  A.  di  San  Bau- 
dilio  scrittore  di  Giacomo  di  Pietro,  figlio  del  medesimo  Re,  la 
donazione  del  tomolo  (de  tumino)  di  vettovaglie  dal  porto  di  Gir- 
genti,  fattagli  con  atto  dall'Infante  Giacomo. 

Simili  lettere  all'Infante. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Nobili  et  fidelibus  suis  lohanni  de 
Prochida,  consiliario  et  familiari  nostro,  et  Magistris  Portu- 
lanis  regni  Sicilie,  tam  presentibus  quam  futuris,  salutem  et 
dilecionem.  Intelleximus  quod  vos  impeditis  A0,  de  Sancto 
Baudilio,  scriptori  dilecti  filii  nostri  lacobi  Petri ,  donacio- 
nem  sibi  factam  de  tumino  victualium  Agrigenti  per  karis- 
simum  fìlium  nostrum  Infantem  Iacobum.  Quare  vobis  man- 
damus  quatenus  non  impediatis  eidem  A.,  seu  eiusdem  prò- 


(1284)  —  124  — 

curatori,  tuminum  su  p  radi  et  uni,  immo  ipsum  sibi  habete  et 
tenere  faciatis ,  prout  in  instrumento  inde  eidem  facto  per 
predictum  In  fante m  laeobum  plenius  continetur,  nisi  tamen, 
ante  dictam  donacionem  factam  dicto  A.  de  predicto  tumino, 
nos  ipsum  tuminum  alteri  concesserimus  seu  dederimus  cum 
instru mento  nostro.  Et  si  forte  post  dictum  impedimentum 
aliquid  inde  habuistis  vel  recepistis,  illud  eidem  seu  procu- 
ratori eiusdem  restituatis  et  restituì  faciatis.  Datum  Turolij, 
XI  kalendas  septembris  anno  [millesimo]  LXXX0IIIJ0. 

Item  super  eodem  facto  fuit  scriptum  deprecatorie  In- 
fanti Iacobo,  sub  eadem  forma.  Datum  ut  supra. 

Dal  reg.  43,  fol.  24  r.  del  Re  Pietro,  nell'Arch.  della  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  5  indica  così  il  do- 
cumento :  «  Lettera  di  Re  Pietro  Iohanni  de  Prochida  conciliarlo 
et  familiari  nostro  ed  ai  Maestri  Portolani  del  Regno  di  Sicilia», 
cioè  senza  determinare  per  nulla  il  suo  contenuto. 

Del  tìglio  del  Re  Pietro,  per  nome  Giacomo  di  Pietro,  si  ha 
notizia  in  alcuni  documenti  del  1283  e  del  1290 ,  dei  quali  offre 
un  sunto  il  Carini  cit.,  pag.  70  e  233.  Per  quello  dell'8  aprile  1290 
vedi  appresso. 


LV. 

Sett.  1283  —  Ag.  1284,  indizione   1*»,  Palermo. 

La  Regina  Costanza,  ordina  ai  Secreti  di  Sicilia  che  sia  for- 
mata un'inchiesta  sulla  condizione  ed  i  proventi  di  un  molino , 
sito  nella  terra  di  San  Fratello,  e  del  quale  desiderava  la  nuova 
concessione  il  notar o  Bongiovanni  de  Omobono. 

In  seguito  a  tale  ordine  fu  eseguita  dal  notaro  Ugo  ,  della 
stessa  terra,  l'inchiesta  per  accertare  le  circostanze  suddette. 

Tale  documento  della  Regina  Costanza  è  ricordato  espressa- 
mente nell'altro  dell'Infante  Giacomo,  Luogotenente  del  Re,  del- 
l'il  ottobre  1284,  indizione  13"  (Vedi  doc.  seguente,  n.  LVI). 


—  125  —  (1284) 

Si  legge  nel  documento  di  Giacomo  che  il  notaro  de  Omobono 

«  olim indicionis  nuper  preterite  aput  Panormum  ad 

presenciam  illustris  domine  Regine,  domine  matris  nostre,  acce- 

dens ,  peciit  sibi saltum  cuiusdam  molendini  »  ecc.  La 

data  della  lettera  della  Regina  si  desume  da  queste  altre  parole  : 

«  Quia  per  inquisicionem  factam  per  notarium  Hugonem 

dudum  in  predicto  anno  duodecime  indicionis per  lic- 

teras  eis  factas  cum  inserta  in  eis  forma  mandati  diete  domine». 
Si  ha  così  la  precisa  indicazione  dell'  anno  indizionale  ,  cioè  da 
settembre  1288  ad  agosto  1284,  pel  documento  della  Regina. 

Per  l'inchiesta  (inquisicio)  si  ha  un  sunto  abbastanza  esteso 
nel  documento  seguente,  al  quale  conviene  pure  rinviare  per  con- 
servare il  testo  nella  sua  integrità. 


LVI. 

1284,  ottobre  11,  indizione  13. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  Re,  dice  che  dai 
registri  della  Corte  si  è  rilevato  che  il  notaro  Giovanni  de  Omo- 
bono chiese  alla  Regina,  madre  del  medesimo  Giacomo  ,  la  con- 
cessione di  un  salto  d'acqua  per  molino  nella  terra  di  San  Fra- 
tello ,  nella  fiumara  detta  Affriano  ,  che  aveva  ottenuto  dal  Re 
Manfredi,  ma  del  ciucile  poi  «  adveniente  infelici  dominio  Comitis 
Provincie  »  fu  privato  ;  e  poiché  dalla  inchiesta  fatta  per  ordine 
della  Regina  Costanza  (V.  doc.  precedente)  risultò  la  convenienza 
di  dare  a  censo  il  salto  d'acqua  del  molino  diruto,  V  Infante  lo 
concede  al  suddetto  de  Omobono,  che  ha  fatto  la  maggiore  offerta, 
ma  con  l'obbligo  di  restaurare  il  molino  a  sue  spese. 

Iacobus  Infans  illustris  Regis  Aragonum  et  Sicilie  filius, 
suus  in  Regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres,  ac  eius  in 

eodem  Regno  generaliter  locumtenens.  Presenti 

universis  quod,  quesitis  Registris  Regie  Curie,  per  ea  inve- 
nimus  quod  notarius  Boniohannes  de  Homine  borio ,  de 
Santo  Philadelio,  elicti  domini  Regis  Sicilie  devotus  noster 


(1284)  —  126  — 

olim indicionis  nuper  preterite  apud  Panormum . 

ad  presenciam  illustris  domine  Regine,  domine  matris  no- 
stre, accedens ,  peciit  sibi  et  heredibus  suis   in  perpetuum 

sive  saltum  cuiusdam  molendini,  siti  in  territorio 

diete  terre  Sancti  Philadelli,  in  flomaria  que  dicitur  Affriani, 
construendi  per  eum  propriis  sumptibus  et  expensis,  quod 
dictus  exponens Manfridi  domini  avi  nostri,  reco- 
lende memorie,  tenuit,  sicut  dixit ,  sub  annuo  censu  uni  US 
augustalis  per  eum  et  heredes  suos  prò  aqueductu  sive  saltu 

predicti  molendini persolvendo,  et  postmodum  ad- 

veniente  infelici  dominio  Gomitis  Provincie,  hostis  illustrium 
doininorum  parentum  nostrorum  et  nostri,  ob  fidem  et  de- 

vocionem,  quain  dictus  exponens  et  pe dominum 

avum  nostrum  continue  gesserant,  quoad  vixit ,  abruptum 
extitit,  et  ad  presens  nulla  comoditas  Curie  provenit  ex  eo- 

dem,  asserens  se  per  se  et  heredes  suos  predictos 

census  anno  quolibet  per regie  Curie,  census  no- 
mine, soluturum;  et  quia  per  inquisicionem  factam  per  no- 
tarium  Hugonem,  de  predicta  terra  Santi  Philadelli,  devo- 

tura  nostrum,  ad  manus de  Pulcaro  dudum  in  pre- 

dicto  anno  duodecime  indicionis,  et  una  eum  sociis  Secre- 
torum  Sicilie  devotorum  nostrorum,  per  licteras  eis  factas, 

eum  inserta  in    eis   forma    mandati  diete  domine 

propterea  destinati ,  et  in  publicam  formam  redactam  ac 
Camere  Regie  et  Magistris  Racionalibus  Magne  Regie  Curie 
assignatam,  Curie  piene  constitit  predictum  molendinum  .  . 
...  m  subscriptis  finibus  limitatimi  totaliter  dirutum,  de- 
vastatum  et  sine  aliquo  hedificio,  quodque  nulli  proventus 
ex  eo  proveniunt,  et  tempore  quo  predictus te- 
nuit, perveniebant  ex  ipsius  proventibus  anno  quoiibet  fru- 
menti salme  odo  vel  uncia  auri  una  et  tareni  decem  ,  et 
quandoque  parum  plus,  et  quandoque  parum  minus,  et  .  . 
....  predictum  molendinum  et  aqueductum  ipsius  ad  ex- 
pensas  suas  reparari  faciebat,  et  quod  molendinum  ipsum 
non  est  de  demani is  regiis  vel  solaciis  Curie  aut  censuum 
fuit  quondam  Rogerio  de  MonCerisio  et  Guillelmo 


—  127  —  (1284) 

de  Presbitero,  et  per  excadenciam  devenit  ad  manus  Curie, 
et  quod  dictus  notarius  Boniohannes  est  fidelis  dicti  domini 

patris  nostri eandem  non  petit  sibi  fieri  in  odium 

vel  malivolenciam  alicuius,  in  dampnum  Regie  Curie  ,  vel 
dispendium  privatorum,  imiiio  ex  concessione  ipsa  utilitas 

procuratur posset  prò  unciis  auri  sexdecim  et  ta- 

renis  tribus  ,  et  post  reparacionem  ipsius  ,  proventus  eius- 
dem  molendini  valere  possent  per  annutn  frumenti  salmas 
sex  et  si  in  pec  ....  tar.  quinque  et  parum  plus,  vel  parum 
minus  ,  et  quod  inquisicione  ipsa  facta ,  et  oblacione  dicti 
census  per  predictam  terram  Sancti  Philadelli  predicti  pe- 

tentis  nomine pecunie  vel  victualium  vellet  Regie 

Curie  exhibere,  ad  predictum  notarium  Hugonem  accederet 

in  hoc  suum  et  Curie  comodimi  tractaiurus lus 

compare  ......  dicto  notario  Hugone  per  triduum  et  am- 

plius  expectatus ,  qui  prò  eoclem  censii  maiorem  quantita- 

tem  pecunie  offerret  annuatim  Cur et  melius  for 

[mojlendini  ubi  nulle  requiruntur  expense,  conce- 
dere sub  predicto  annuo  censu  de  quo Curiam  pre- 

dictas  subire  exp[ensas|  .  .  .  supervenientibus  alluvionibus 
aquarum  pluvialium  ,  molendinum  ipsum  devastaretur ,  de 

quo  predicte  aumenterentur  expense pateretur,  et 

actendentes  in  locacione  dicti  census  commodum  Regie  Cu- 
rie procurari,  eo  quod  ex  molendino  predicto,  quod  est  to- 

taliter  dirutum,  de census  acquisitur  annuatim,  in 

cuius  habicione  defectus  aliquis  intervenire  non  potest,  ei- 
dem notario  Boniohanni,  tamquam  ultimo  emptori  et  plus 

eciam  afferenti [aquejductum  sive  saltum  predicti 

molendini,  siti  in  predicta  fiumana,  construendi  de  novo  ad 

omnes  expensas  suas,  sub  annuo resurrecionis  do- 

minice  anno  quolibet  Regie  Curie  perpetuo  exolvendo,  duxi- 

mus  prò  parte eidem  notario  Boniohanni  et  here- 

dibus  suis  plenam  licenciam  et  liberano  pot nandi, 

permutando  donandi  et  vendendi,  in  eo  et  ex  eo  velie 

semper  salvo.  Fines  vero  predicti  molendini  sunt  hii 

occidente  et  aquilone  sunt  terre  ecclesie  Sancti  Bartholomei 
de XJ  octubris  XIIJ  Ind.  [1284]. 


(1284)  —  128  — 

Pergamena  originale  conservata  al  n.  165  del  Tabulano  della 
Magione  (Arch.  di  Stato  di  Palermo).  È  molto  lacera  dal  lato  de- 
stro, e  nella  parte  inferiore. 

Ho  curato  di  trascriverla  fedelmente  ,  segnando  con  punti  le 
lacune  che  la  pergamena  offre. 

È  degna  di  nota  l'intitolazione  per  intero  dell'  Infante  Giaco- 
mo, della  quale  ho  fatto  cenno  nel  §  4  delle  Notizie  preliminari 
al  regno  di  Pietro  I,  pag.  .35.  É  altresì  rilevante  l'affermazione 
della  esistenza  dei  Registra  regie  Curie  di  quel  tempo,  che  con- 
servavansi  in  Sicilia,  e  che  si  perdettero  indi  per  le  guerre.  Il  do- 
cumento contiene  ancora  notizie  utili  per  regalie,  sistemi  di  ven- 
dita all'  incanto  ed  altro.  La  parola  saltus  nel  senso  di  deriva- 
zione di  acqua  manca  in  Ducange. 

La  data  della  XIII  indizione  ,  mentre  Giacomo  era  Luogote- 
nente del  Re,  non  può  essere  che  il  1284. 


LVII. 

1384,  novembre  17,  indizione  13,  Messina. 

La  Regina  Costanza  scrive  ai  procuratori  della  Chiesa  mag- 
giore eli  Siracusa,  manifestando  che  è  sua  volontà  che  sia  fatta 
un  inchiesta  per  provare  che  Enrico  Tartaro  siracusano ,  cano- 
nico e  vicearcidiacono  messinese,  familiare  del  Re  Manfredi,  ot- 
tenne da  questo  Re  il  benefìcio  della  chiesa  di  S.  Lucia  di  Sira- 
cusa, ma  che  indi  «  adveniente  dominio  Karoli  Provincie  Comitis 
hostis  nostri»,  per  la  sua  fedeltà  agli  Svevi,  perdette  il  possesso 
del  benefìcio  ;  e  ordina  che  ,  riconosciuta  la  verità  dei  fatti  ,  sia 
il  Tartaro  rimesso  nel  possesso  del  suddetto  benefìcio. 

Il  Giudice  Guglielmo  de  Bonaventura  ed  il  notaro  eseguono 
l'ordine  regio. 

(L'atto  di  inchiesta,  con  l'inserzione  della  lettera  della  Regina, 
è  rogato  dal  notaro  Marchisio  Mirenda  di  Siracusa). 

In  nomine  Domini  amen.  Anno  clominiee  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  quarto ,  mense  decem- 
bris,  lercio  eiusdem,  terciedecime  indicionis.  Regnante  victo- 
riosissimo  domino  nostro  Rege  Petro,  Dei  grada  inclito  Ara- 


—  129  —  (1284) 

gonum  et  Sicilie  Rege ,  felicis  dominii  regnorum  suorum 
Aragonura  anno  nono,  Sicilie  vero  tercio  feliciter  amen.  Nos 
Guillelmus  de  Bonavintura  Iudex  Siracusanus ,  Notarius 
Markisius  Mirenda  publicus  regius  eiusdem  civitatis  tabellio, 
et  testes  subscripti  ad  hoc  vocati  specialiter  et  rogati,  pre- 
senti scripto  publico  notum  facimus  et  testamur  quod  pri- 
mo die  dicti  mensis  decembris  prudentes  viri  magister  la- 
cobus  de  Cannamela  Siracusie,  [Iacobus]  et  Pontius  de  Pe- 
ralata,  cives  Siracusie,  procuratores  maioris  syracusane  Ec- 
clesie, ostenderunt  nobis  et  publice  lejgi  fecerunt  quasdam 
licteras  excellentissime  domine  nostre  domine  Constando , 
illustris  Aragonum  et  Sicilie  Regine,  noto  et  vero  sigillo  e- 
iusdem  domine  nostre  Regine,  de  cera  alba  sigiliatas,  omni 
vicio  et  suspicione  carentes,  quas  vidimus  et  legimus,  con- 
tinencie  infrascripte  :  Constancia  Dei  gracia  Aragonum  et 
Sicilie  Regina  procuratoribus  maioris  siracusane  Ecclesie 
fìdelibus  suis  graciam  suam  et  bonam  voluntatem.  Intelle- 
ximus  quod  Henricus  Tartaro  siracusanus,  canonicus  et  vi- 
cearchidiaconus  messanensis ,  clericus  et  familiaris  domini 
Regis  Manfredi,  felicis  memorie,  patris  nostri,  habuit  et  pos- 
sedit  ca nomee  beneficium  ecclesie  sancte  Lucie  Syracusie, 
et  postmodum  adveniente  dominio  Karoli  Provincie  Comitis 
hostis  nostri ,  ob  fidem  servandam  dicto  domino  patri  no- 
stro fuit  destitutus  possessione  dicti  benefìcii ,  sine  cause 
cognicione.  Quare  volumus  et  mandamus  vobis  quatenus , 
si  est  ita  quod  ipse  Henricus  dictum  beneficium  canonice 
possederit,  et  adveniente  dominio  dicti  Karoli  possessione 
dicti  benefìcii  destitutus  fuerit,  ut  dictum  est,  restituatis  et 
assignetis  ei  beneficium  supradictum  seu  possessionem  e- 
iusdem  sine  strepitu.  Et  si  forte  aliqua  persona  contra  pre- 
dictum  beneficium  se  ius  habere  pretendat  contra  dictum 
Henricum,  coram  Iudice  suo  ius  suum  ordine  iudiciario  pro- 
sequatur.  Data  Messane  anno  Domini  millesimo  ducentesi- 
1110  octuagesimo  quarto,  mense  novembris,  decimo  septimo 
eiusdem,  terciedecime  indicionis,  regnorum  nostrorum  Ara- 
gonum anno  nono,  Sicilie  vero  tercio.  Qui  predicti  procura- 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  9 


(1284)  —  130  — 

tores  predictas  licteras  eiusdem  domine  nostre  Regine  cu- 
pientes,  cura  ornni  devocione  et  sollicitudine,  ducere  ad  effe- 
ctum,  de  premissis  omnibus,  nobis  presentibus,  scientibus  et 
videntibus,  per  probos  viros,  rei  conscios  et  fidedignos,  per 
quos  melius  veritas  potuit  indagari,  recepto  prius  ab  unoquo- 
que  ipsorum  de  ventate  dicenda  corporali  ad  sancta  Dei  evan- 
gelia  iuramento  ,  diligentem  inquisicionem  fecerunt.  Guius 
tenor  per  omnia  talis  est  :  Presbiter  Matheus  Syracusie,  post- 
canonicus  et  Cappellanus,  iuratus  et  interrogatus  si  Henri- 
cus  Tartaro  Syracusie  canonicus  et  vicearchidiaconus  mes- 
sanensis,  clericus  et  familiaris  quondam  domini  Regis  Man- 
fredi ,  habuerit  et  possederit  canonice  benetìcium  ecclesie 
sancte  Lucie  de  Syi  icusia,  dixit  quod  sic.  Interrogatus  de 
causa  sciencie,  dixit  quod  vidit  ipsum  Henricum  tenere  et 
possidere  predictam  ecclesiam  sancte  Lucie  tamquam  bene- 
tìcium sibi  collatum,  nescit  tamen  a  quo,  et  percipientem 
iura,  fructus  seu  proventus  ipsium  ecclesie  tamquam  bene- 
tìcialis,  et  vidit  ibi  presbiterum  Viraldum  servientem  ecclesie 
supradicte  nomine  et  prò  parte  predicti  Henrici.  Dixit  eciam 
vidisse  predictum  Henricum  fore  destitutum  possessione 
dicti  beneficii ,  sine  cause  cognicione,  adveniente  dominio 
Karoli  Provincie  Comitis,  quia  oportuit  ipsum  recedere  de 
Siracusia  ob  tidem  servandam  quondam  domino  Regi  Man- 
fredo, nescit  tamen  a  quo  fuerit  destitutus.  Interrogatus  de 
tempore ,  dixit  quod  predictus  Henricus  tenuit  et  possedit 
pacitìce  et  quiete  dictam  ecclesiam  spatio  trium  annorum 
et  amplius,  tempore  supradicti  quondam  domini  Regis  Man- 
fredi. Thomasius  clericus  Syracusie,  terciarius ,  iuratus  et 
interrogatus  dixit  per  omnia  ut  proximus,  et  addidit  quod 
ipse  testis  spacio  trium  annorum  recollegit  tamquam  pro- 
curator  ipsius  Henrici  iura,  proventus  seu  redditus  ecclesie 
predicte  a  censualibus  et  aliis  hominibus  de  Syracusia,  de- 
bitoribus  ecclesie  supradicte,  nomine  et  prò  parte  eiusdem 
Henrici.  Presbiter  Durantus  Syracusie,  terciarius,  iuratus  et 
interrogatus  dixit  quod  vidit  presbiterum  Viraldum  de  Sy- 
racusia servientem  in  ecclesia  sancte  Lucie  de  Syracusia  no- 


—  131  —  (1284) 

mine  et  prò  parte  domini  Henrici  Tartaro  syracusani  ca- 
nonici, et  recolligentem  fructus  seu  redditus,  qui  pervenie- 
bant  in  ipsa  ecclesia,  nomine  et  prò  parte  eiusdem  domini 
Henrici.  Interrogatus  de  tempore,  dixit  spacio  duorum  an- 
norum  et  amplius  iuxta  recordacionem  suam.  Dixit  eciam 
quod  predictus  Henricus  fuit  destitutus  possessione  eiusdem 
ecclesie,  nescit  tamen  a  quo;  super  aliis  interrogatus,  dixit 
se  nichil  scire.  Presbiter  Raynaldus  Russus  iuratus  et  inter- 
rogatus dixit  ut  presbiter  Matheus,  preterquam  de  tempore 
quod  dixit  spatio  duorum  annorum  et  parum  amplius ,  et 
quod  dixit  prout  ipse  testis  vidit  dictum  Henricum  facientem 
murari  ibi  quemdam  murum  tamquam  dominus  et  patronus. 
Presbiter  Viraldus  iuratus  et  interrogatus  dixit  idem  quod 
presbiter  Matheus,  et  addidit  quod  ipse  servivit  ecclesie  su- 
pradicte  sancte  Lucie  nomine  et  prò  parte  ipsius  domini 
Henrici,  et  recolligebat  et  percipiebat  introytus  et  oblacio- 
nes,  (\ue  perveniebant  ipsi  ecclesie,  nomine  et  prò  parte  e- 
iusdem  domini  Henrici  spacio  quatuor  annorum  et  amplius. 
Presbiter  Philippus  de  Sancto  Iohanne  iuratus  et  interro- 
gatus dixit  ut  primus  testis,  excepto  quod  de  tempore,  de 
quo  dixit  quod  non  recordatur  nisi  spacio  duorum  annorum 
et  parum  amplius.  Presbiter  Nicolaus  de  Sancto  Thoma  iu- 
ratus et  interrogatus  dixit  ut  proximus,  preterquam  de  tem- 
pore de  quo  dixit  spatio  annorum  triutn.  Rayrnundus  cle- 
ricus  siracusanus ,  terciarius ,  iuratus  et  interrogatus  dixit 
idem  quod  proximus.  Paulus  de  Sansone  iuratus  et  inter- 
rogatus dixit  quod  predictus  Henricus  Tartaro  tenuit  et  pos- 
sedit  canonice  ecclesiam  sancte  Lucie  de  Syracusia,  pacifice 
et  quiete,  spacio  duorum  annorum,"  prout  ipse  testis  vidit; 
ad  alia  nichil.  Lanfrancus  drapperius  iuratus  et  interrogatus 
dixit  quod  Henricus  Tartaro  tenuit  et  possedit  pacifice  et 
quiete  benefìcium  ecclesie  sancte  Lucie  de  Syracusia  in  tem- 
pore quondam  domini  Regis  Manfredi,  non  recordatur  ta- 
mèn  per  quantum  tempus ,  et  postmodum  adveniente  do- 
minio Karoli  Provincie  Gomitis  fuit  destitutus  possessione 
dicti  beneficii  sine  cause  cognicione ,  quia  oportuit  ipsum 


(1284)  —  132  — 

Henricum  exire  et  recedere  de  civitate  Syracusie  propter  su- 
pervenientes  hostes  dicti  quondam  Regis  Manfredi.  Iohannes 
Manchinus  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  proximus ,  pre- 
terquam  de  tempore  quod  dixit  quod  vidit  ipsum  Henricum 
tenere  et  possidere  dictum  benefìcium  spacio  annorum  qua- 
tuor  et  plus,  et  quod  ipse  testis  solvit  censum  procuratori 
suo  de  quadam  vinea,  quam  tenebat  in  terris  diete  ecclesie 
sancte  Lucie.  Notarius  Benedictus  iuratus  et  interrogatus 
dixit  per  omnia  ut  presbiter  Matheus,  preterquam  de  tem- 
pore quod  dixit  se  recordari  dictum  Henricum  tenere  et 
possidere  ecclesiam  predictam  sancte  Lucie  spacio  septem 
annorum  et  amplius.  Gualterius  Manchinus  iuratus  et  in- 
terrogatus dixit  ut  presbiter  Raynaldus  Russus,  preterquam 
de  tempore,  de  quo  non  recordatur.  Vivianus  Maniscalcus 
iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  Lanfrancus  drapperius.  Ray- 
naldus de  Aiuto  iuratus  et  interrogatus  dixit  ut  notarius  Be- 
nedictus ;  per  quam  quidem  inquisicionem  piene  constitit 
quod  ipse  Henricus  dictum  benefìcium  canonice  possedit , 
et  adveniente  dominio  dicti  Karoli  Provincie  Gomitis  pos- 
sessione dicti  beneficii  fuit  destitutus ,  ut  est  dictum  ,  sine 
cause  cognicione.  Et  sic  magister  lacobus  et  Pontius  pro- 
curatores  predicti  predicto  pretitulato  tercio  die  dicti  mensis 
decembris  corani  nobis  [petierunt  ut]  restituerem  et  assi- 
gnarem  eidem  Henrico  benefìcium  supradictum  et  possessio- 
nem  eiusdem,  sine  iuris  strepitu.  Unde  ad  futuram  memo- 
riam  et  predicti  Henrici  cautelarli,  presens  publicum  instru- 
mentum exinde  factum  est  per  manus  mei  predicti  tabellionis, 
nostrum  qui  supra  Iudicis,  notarii  et  subscriptorum  testium 
subscripcionibus,  signo  et  testimonio  communitum.  Actum 
Syracusie  anno,  mense  et  indictione  premissis. 

f  Ego  Guillelmus  de  Bonavintura   qui  supra  Iudex  Si- 
racusie  subscripsi. 

f  Ego  Guido  de  Mohac  testor. 

f  Ego  Benedictus  de  Sancto  Michaele  testor. 

f  Ego  Franciscus  de  Aspello  miles  testor. 


—  Ì33  —  (1284) 

f  Ego  Ichairaes  de  Notano  Philippo  testor. 

f  Ego  Rogerius  Morena  testor. 

f  Ego  Rogerius  Tartaro  testor. 

f  Ego  Paga[nus]  de  Millorcta  testor. 

f  Ego  Andreas  de  Bonocarato  testor. 

f  Ego  Leonardus  Pedelepore  testor. 

f  Ego  Biscardus  Russus  testor. 

f  Ego  Baldoynus  Russus  testor. 

f  Ego  Peregrinus  Morena  testor. 

f  Ego  Guidus  Burgesi  testor. 

■J-  Ego  Antonius  de  Pugnecto  testor. 

f  Ego  Orlandus  de  Pellayo  testor. 

■J-  Ego  Fredericus  de  Valentia  testor. 

f  Ego  Raynerius  Campisanus  testor. 

f  Ego  notarius  Markisius  Mirenda,  qui  supra,  regius  pu- 
blicus  tabellio  Siracusie  rogatus  predictis  omnibus  interfui, 
scripsi  predicta  et  meo  signo  signavi. 

Il  testo  del  documento  è  riferito  nel  voi.  ms.  in  pergamena 
del  secolo  XIV  dei  Privilegi  della  Chiesa  di  Cefalù,  eseguito  per 
ordine  del  Vescovo  Tommaso  di  Butera ,  a  fol.  71  r.  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo). 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  ms.  Qq.  H.  8  «  Diplomata  Eccle- 
siae  Cephaludensis  »  a  fol.  870  (Bibl.  Com.  di  Palermo).  Nel  ms. 
Qq.  H.  5  è  riferito  l'ordine  di  Costanza,  ma  con  data  erronea  1285. 

L'erudito  Giuseppe  Maria  Capodieci  nei  volumi  manoscritti 
delle  sue  Miscellanee  storiche  e  letterarie,  conservati  nella  Biblio- 
teca del  Seminario  di  Siracusa,  ricorda,  in  quello  concernente  Santa 
Lucia,  il  documento  della  Regina  Costanza. 

Fu  pubblicato  un  breve  frammento  di  esso  da  Pirri  ,  Sicilia 
Sacra.  Panormi  [Venetiis]  1733,  t.  II,  pag.  807,  senza  il  principio, 
da  Intelleximns,  ed  accorciando  in  varie  parti  il  privilegio  di  Co- 
stanza, come  per  altro  era  non  infrequente  costume  del  Pirri  nella 
trascrizione  dei  documenti.  Tralascia  pertanto  l'intero  testo  del- 
l'inchiesta. 

Si  accenna  in  principio  del  documento  che  la  lettera  della  Re- 
gina era  sigillata  «noto  et  vero  sigillo  eiusdem  domine  Regine, 
de  cera  alba».  Deve  notarsi  la  parola  victoriosissimus  adoperata 


(1284)  —  134  — 

pel  Re  Pietro,  e  che  dimosfra  il  sentimento  di  gloria,  che  circon- 
dava quel  Re  fra  i  Siciliani  nei  primi  anni  del  suo  dominio.  La 
data  di  regno  segnata  dalla  Regina  è  esclusivamente  per  sé,  senza 
alcun  ricordo  del  Re  Pietro.  Ciò  trova  conferma  nelle  espressioni 
usate  dal  cronista  Saba  Malaspina  (lib.  X,  cap.  24,  ediz.  Del  Re, 
Cronisti  cit.,  voi.  II,  pag.  406)  :  «  Post  haec  dompnus  Iacobus  tì- 
lius  dicti  Petri  de  Aragonia,  qui  cum  matre  tunc  Siciliae  praee- 
rat».  Tra  i  ricordi  del  documento  è  da  rilevarsi  il  fatto  dell'al- 
lontanamento del  beneficiale  Tartaro  (fedele  agli  Svevi)  da  Sira- 
cusa «adveniente  dominio  Karoli  Provincie  Comitis».  Il  nome 
terciarius  deriva  dall'assegno  della  terza  parte  della  decima  dei 
proventi  doganali,  che  face  vasi  talvolta  ai  prelati.  Garofalo,  Ta- 
bularium  reg.  Capellae  cit.,  pag.  45  e  65  pubblica  un  documento 
del  1210  per  Cappellano  terziario,  e  altro  del  1253  per  la  terzeria 
di  Salemi.  L'insigne  Can.  Stefano  Di  Chiara  nel  voi.  De  Capella 
Begis  Siciliae  ,  Panormi ,  1815  ,  pag.  40-42  die  estese  notizie  su 
le  origini  e  la  natura  della  terzeria  pei  benefici  ecclesiastici  in 
Sicilia. 

Il  cenno  concernente  le  costruzioni  di  muri  della  chiesa  di 
S.  Lucia  di  Siracusa,  e  le  terre  che  alla  medesima  appartenevano 
è  interessante ,  poiché  è  mestieri  notare  che  la  chiesa  ed  il  mo- 
nastero di  S.  Lucia  fuori  le  mura  di  Siracusa  sono  antichissimi, 
come  ricorda  Pirri,  Sicilia  Sacra,  t.  I,  pag.  655,  che  dice  altresì 
che  nel  1140  la  Contessa  Adelaide  concesse  quella  chiesa  al  Ve- 
scovo di  Cefalù  (Cfr.  t.  II,  pag.  799,  ed  i  documenti  del  1141  e 
1186  pubblicati  dall'egregio  prof.  Carlo  Garufi,  I  documenti  ine- 
diti dell'epoca  normanna  in  Sicilia.  Palermo,  1899,  pag.  41  e  207; 
in  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria,  Serie  I,  voi.  XVIII). 

Nello  stesso  voi.  in  pergamena  del  Vescovo  Butera  a  fol.  74 
è  un  documento  del  15  agosto  1285  del  Vescovo  Giunta  di  Cefalù. 
Questi  dice  di  essersi  recato  nella  chiesa  di  S.  Lucia,  che  trovò 
«  fere  destructam  ,  necnon  domos  ipsius  dirutas  et  disiectas  »  ,  e 
che  credette  pertanto  utile  di  concederla  in  beneficio  ad  Enrico 
Tartaro,  con  l'obbligo  del  pagamento  annuale  di  oncia  una  d'oro 
per  ricognizione.  È  notevole  la  menzione  che  quel  Vescovo  fa  della 
guerra  del  1282  in  poi  in  Sicilia:  «  Tum  etiam  propter  imbecilli- 
tatem  et  turbacionem  temporis,  que  satis  arditissime  et  asperrime 
extiterunt,  tlentes  super  eam  [chiesa  di  S.  Lucia}  et  nomen  Sal- 
vatoris,  qui  cunctos  gubernat,  necnon  merita  et  preces  beatissime 


—  135  —  (1284) 

virginis  Lucie,  que  in  eodem  loco  coronarli  glorie  suis  meritis  ac- 
quisivi!, affectuosissime  invocando». 

Il  noto  giureconsulto  napolitano  Michele  Maria  Vecchioni  die 
in  luce  in  Napoli  negli  anni  1762  e  17B9  due  erudite  memorie , 
la  prima  (di  pag.  152)  intitolata  «  Ragionamento  intorno  al  real 
padronato  che  al  monarca  di  Sicilia  compete,  come  regio  padrone 
della  vescovile  Chiesa  di  Gefalù,  in  sul  feudo  ossia  fondo  di  S.  Lu- 
cia di  Siracusa»,  e  l'altra  (di  pag.  159)  «  Diritti  della  Chiesa  ve- 
scovile di  Cefalù  nel  regno  di  Sicilia,  come  Chiesa  di  regio  pa- 
dronato ,  in  sul  Benefizio  di  S.  Lucia  di  Siracusa  »  ,  riportando 
larga  copia  di  notizie  e  prove  storiche  ,  anco  per  la  chiesa  di 
S.  Lucia  e  la  concessione  al  Tartaro. 


LVIJL 


1284,  novembre  17,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Matteo  da  Termini,  Maestro  Razio- 
nale di  Sicilia,  di  annotare  nei  conti  del  tutore  del  figlio  del  fu 
Raimondo  Romeo,  maestro  della  zecca,  quanto  lo  stesso  Raimondo 
consegnò  alla  Regina,  all'Infante  Giacomo,  a  Ruggiero  Loria,  a 
Giovanni  da  Precida  ed  a  Bertrando  Belle-podio;  ed,  altresì  il  da- 
naro speso  dal  Raimondo  pel  carico  di  grano  di  due  navi  por- 
tato a  Messina,  d'ordine  della  Regina. 

Matheo  de  Thennis  ,  Magistro  Racionali  Sicilie  ,  dilecto 
consiliario,  familiari  ac  fideli  suo  graciam  suam  et  bonam 
voluntatem.  Mandamus  vobis  quatenus  recipiatis  in  compo- 
tum  tutori  heredis  Raimundi  Romei  quondam  magistri  de 
la  cicha,  vel  eius  procuratori,  omnes  datas,  quas  ipse  R.  Ro- 
mei fecerit  illustrissime  domine  Regine  karissime  consorti 
nostre  et  Infanti  Iac[oboJ  filio  nostro,  seu  Rocgerio  de  Lo- 
ria aut  micer  Iohanni  de  Procida  aut  Bertrando  de  Bello- 
podio,  non  obstante  quod  idem  R.  Romei  pudixas  non  ha- 
buerit  in  predictis  datis,  dummodo  ipsi  receptas  ipsas  con-  » 


(1284)  -  136  — 

cedant.  Ceterum  cum  intellexerimus  quod  idem  R.  Romei 
quondam  ponderasset  de  grano  quandam  navem  et  lignum 
quoddam  prò  ipso  grano  de  regno  Sicilie  extrahendo ,  et 
solvisset  creitam  quam  inde  solvere  tenebatur ,  et  navem 
ac  lignum  predicta  ponderata  grano  predicto,  ad  mandatum 
illustris  regine  predicte ,  portasset  ad  civitatem  Messane  ; 
mandamus  vobis  quatenus,  si  vobis  constiterit  ita,  omnem 
habeatis  prò  recepta  pecuniam,  quam  idem  R.  Romeo  sol- 
vit  prò  creita  predicta ,  et  ipsam  in  compotum  datarum 
suarum  recipiatis.  Nos  istud  concedi mus  de  gracia  speciali. 
Rem  volumus  et  mandamus  vobis  quatenus  recipiatis  in 
compotum  expensas  legitimas  quas  idem  R.  Romei,  racione 
monete  predicte,  dicitur  fecisse,  vel  recipiatis  ei  in  compo- 
tum tantum  quantum  duo  viri  discreti  cognoverint,  qui  in 
opere  monete  fuerint  circumspecti.  Datum  Gesarauguste, 
XV0  kalendas  decembris  [1284]. 

Dal  registro  43,  fol.  68  r.  del  Re  Pietro,  nell'Aron,  della  Cor. 
d'Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  5,  più  che  un  sunto, 
dà  alcuni  appunti  su  questo  documento,  dai  quali  non  si  rileva 
alcuna  idea  del  contenuto,  poiché  egli  dice  :  «  In  quest'  atto  ,  in 
cui  si  parla  di  conti  e  di  estrazione  di  grano  ecc.  occorre  men- 
zione della  Regina  Costanza  »  ecc. 

La  parola  crejta  ,  probabilmente  dal  francese  antico  crejstre, 
aumentare  (Cfr.  Ducange,  Glossaire  francais,  ed.  Niort,  1887,  t.  TX) 
si  riferisce  alle  crescimogne  del  frumento,  delle  quali  è  cenno  al 
§  16  di  una  Prammatica  della  fine  del  secolo  XVI  (Pragmatica- 
rum  Regni  Siciliae,  t.  II,  Panormi,  1637,  pag.  247).  Nel  voi.  ms. 
Regolamento  del  Caricatore  di  Termini  del  1754  (conservato  nella 
Bibl.  dell' Arch.  di  Stato  di  Pai.)  a  fol.  15  è  stabilito  per  le  cre- 
scimogne che  gli  ufficiali  ricevitori  «  abbiano  la  cura  di  soprain- 
tendere  sopra  d'essi  [i  paliatori],  facendo  quelli  [i  frumenti]  ben 
paliare,  e  toccare  il  solo  del  magazzino,  da  quale  diligenza  nasce 
il  profitto  delle  crescimonie  » . 

Per  Matteo  da  Termini  è  giusto  ricordare  che  egli  è  ben  di- 
verso da  quel  Matteo  giudice  al  tempo  di  Re  Manfredi,  e  che  alla 
disfatta  di  costui,  si  fece  frate  dell'ordine  agostiniano,  come  narra 


—  137  —  (1284) 

la  leggenda,  e  si  venera  a  Siena  ed  a  Termini  Imerese  col  nome 
di  beato  Agostino  Novello.  Si  vedano  Vincenzo  Solito,  Termini 
Himerese,  città  della  Sicilia,  posta  in  teatro.  In  Palermo ,  1669, 
voi.  I,  pag.  9  e  seg.,  e  Pietro  Sanfilippo,  Compendio  della  vita 
del  beato  Agostino  Novello.  Palermo,  1838.  Il  toscano  Giuseppe 
Borghi  scrisse  una  mirabile  ode  in  onore  di  Matteo. 


LIX. 

1284,  novembre  18,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'  Infante  Giacomo  perchè  accetti  il 
nuovo  tutore,  che  sarà  destinato  dal  Vicario  di  Barcellona,  per 
il  figlio  del  fu  Raimondo  Romeo,  avendo  il  tutore  Pietro  di  Bo- 
nastro  presentato  la  sua  rinunzia.  Vuole  inoltre  che  siano  notate 
nel  conto  le  somme  date  dal  Raimondo  alla  Regina  e  ad  altri,  e 
sia  pagato  quanto  era  dovuto  al  medesimo,  e  che,  se  Berengaria 
vedova  di  lui  desidera  tornare  in  patria,  le  sia  permess  o 

Inclito  et  karissirao  filio  suo  Infanti  Iacobo,  suo  in  re- 
gno Sicilie  futuro  successori  et  heredi ,  ac  generaliter  lo- 
cura  eius  tenenti  salutem  et  dilecionem  sinceram.  Gum  per 
renunciacionem  Petri  de  Bonastro  ,  tutoris  fìlii  Rai  mundi 
Romei  fidelis  reponicarii  nostri  quondam,  supplicatum  no- 
bis  extiterit  quod  eidem  tìlio  Raimundi  Romei  dignaremur 
de  tutore  alio  providere,  rogamus  vos  et  volumus  quatenus 
tutorem  illum,  quem  Vicarius  Barchinone  eidem  pupillo,  ad 
requisicionem  proximorum  eiusdem  ,  duxerit  assignandum, 
vel  procuratore m  eiusdem  ad  ministrandum  bona  eiusdem 
Raimundi  Romei  recipi  faciatis,  bona  prefati  Raimundi  Ro- 
mei eidem  tutori  vel  eius  procuratori  tradì  totaliter  facien- 
tes,  prout  fuerit  faciendum.  Preterea  cum  nos  scribamus 
Magistro  Racionali  regni  Sicilie  super  datis,  quas  R.  Romei 
predictus  quondam  fecit  sine  podicxa  vobis ,  aut  domine 
regine,  vel  Rocgerio  de  Loria,  aut  Iohanni  de  Procida,  seu 


(1284)    '  —  138  — 

Bertrando  de  Bellopodio,  aut  aliis  nomine  curie,  quas  idem 
Magister  Racionalis  recipere  in  compotum  recusat,  rogamus 
vos  quatenus  mandatum  nostrum  factum  eidem,  cura  litera 
nostra,  faciatis  observari,  ut  in  ipsa  litera  continetur.  Simi- 
liter  omnia  debita,  que  debeantur  dicto  Raimundo  Romei, 
faciatis  solvi  dicto  tutori,  vel  eius  procuratori,  prout  fuerit 
faciendum.  Nihilominus  volumus,  ac  vobis  rogamus,  quate- 
nus cura  contingat  dompnam  Berengariam  ,  uxorem  dicti 
Raimundi  Romei  quondam,  velie  ad  propria  remeare ,  nul- 
lum  eidem  impedimentum,  vel  contrarium  faciatis,  nec  fieri 
permictatis ,  set  libere  cum  bonis  suis  permictatis  venire. 
Datum  Cesarauguste,  XIIIJ0  kalendas  decembris  [1284]. 

Dal  registro  43,  ibi.  68  r.  del  Re  Pietro,  nell'Aron,  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  6  ne  offre  un  sunto 
abbastanza  indeterminato  ,  cioè  :  «  Si  parla  dei  medesimi  perso- 
naggi in  quest'atto  .  .  .  circa  il  nuovo  tutore  del  figlio  di  Rai- 
mondo Romeo  ».  La  parola  reponicarius  derivata  dal  latino  repono 
e  dal  francese  antico  reponre,  ha  lo  stesso  significato  di  reposi- 
tarius  o  tesoriere.  Rezasco,  Dizionario  del  linguaggio  storico-am- 
ministrativo. Firenze,  1881,  alla  voce  Riponete  nota  essere  stata 
adoperata  per  le  entrate  pubbliche  nel  medio  evo. 

La  lettera,  ricordata  nel  documento  per  Matteo  da  Termini,  è 
la  precedente  (n.  LVIII). 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  I,  pag.  367,  accenna  questo  doc.  per  ri- 
levare il  titolo  di  Giacomo,  desumendolo  dal  Carini. 


LX. 

liJ84,  novembre  24,  indizione  13a,  Mazzara. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  concede 
ai  Genovesi,  in  ricompensa  della  loro  devozione  ai  Re  predecessori 
e  finora,  di  usare  in  Sicilia  delle  immunità  di  commercio  godute 
dal  tempo  di  suo  avo  Re  Manfredi,  dichiarando  per  tale  conces- 


—  139  —  (1284) 

sione  «  ordinacione,  mandato  et  beneplacito  predicti  domini  patris 
nostri  [regis  Petri]  in  omnibus  semper  salvis». 

11  testo  di  questo  importante  documento  trovasi  riferito  nel 
reg.  5  (a.  1360-1410) ,  fol.  228  del  Protonotaro  del  Regno  (Arch. 
di  Stato  di  Palermo),  e  nel  reg.  2  (a.  1312)  fol.  39  r.  della  R.  Can- 
celleria (ibidem).  È  pure  inserito  nel  God.  del  secolo  XIV  Pandecta 
cabellarum  Messane,  nella  Biblioteca  dell'Università  di  Cagliari. 

Nel  Codice  ms.  del  secolo  XV  (Qiiaternus  continens  cabellas) 
della  Secrezia  di  Palermo,  segnato  Qq.  E.  28,  fol.  80  (Bibl.  Com. 
di  Palermo"),  nell'altro  dello  stesso  secolo  intitolato  Constitntio- 
nes ,  ordinationes ,  capitula  regni  Siciliae ,  segnato  Qq.  H.  124 
(pure  quivi)  ,  e  nel  voi.  ms.  Liber  Pandectarum  ord.  et  const. 
Secretiae  del  1594,  fol.  85  (Arch.  di  Stato  Palermo)  il  testo  è  reso 
brevissimo,  perchè  è  riferito  per  sunto,  e  con  data  precisa,  nel- 
l'altro documento  di  conferma  del  19  dicembre  1284  dell'  Infante 
Giacomo  (Cfr.  D.  Orlando  ,  Un  codice  di  leggi  e  diplomi  sicil., 
pag.  105). 

Fu  pubblicato  da  Quintino  Sella  ,  Pandetta  delle  gabelle  di 
Messina  (nella  Miscellanea  di  Storia  Bai.,  voi.  X.  Torino,  1870, 
png.  96j. 

Le  immunità  commerciali,  che  vengono  richiamate  in  vigore 
dall'Infante  Giacomo,  sono  quelle  concesse  la  prima  volta  col  trat- 
tato di  pace  del  Re  Manfredi  coi  Genovesi  in  luglio  1257,  e  poi 
confermato  in  luglio  1261.  Il  testo  del  doc.  del  1257  (approvato 
nel  1259)  è  in  Orlando  cit.,  pag.  102  e  Sella  cit,  pag.  90;  quello 
del  1261  in  Gregorio,  Considerazioni  sulla  storia  di  Sicilia,  pa- 
gina 284,  nota  3;  nel  Liber  Iurium  reipublicae  Genaensis  (in  Hist. 
Patriae  Monum.,  voi.  I,  1854,  pag.  1346)  ed  in  Orlando,  pag.  115. 

Il  Re  Martino  con  suo  privilegio  del  2  gennaio  1403  ordinava 
che  i  marcanti  genovesi  in  Messina  fossero  giudicati  dai  loro  Con- 
soli e  non  dai  giudici,  secondo  le  loro  franchigie  (R.  Cancelleria, 
reg.  39,  a.  1401-2,  fol.  224  r.).  Si  veda  su  ciò  quanto  è  stabilito 
nel  trattato  del  Re  Manfredi  (ed.  Sella,  pag.  93).  Nel  1404,  a  9 
aprile,  lo  stesso  Re  Martino  volle  che  fossero  osservate  le  immu- 
nità concesse  ai  Genovesi  dai  Re  predecessori  ,  e  confermate  da 
lui  (R.  Cancelleria,  reg.  41,  a.  1403-4,  fol.  138  r.). 

Le  franchigie  dei  Genovesi  sono  ricordate  nella  Pandetta  di 
Palermo  (1312)  ed  in  quella  di  Messina    (formata   dopo  il  1305). 


(1284)  -   140    ~ 

iì 

Gfr.  G.  La  Mantia  ,  Le   Pandette   delle   gabelle  regie  ,  antiche  e 
nuove,  di  Sicilia  nel  secolo  XIV.  Palermo,  1906,  pag.  10  e  51. 


LXI. 

1284,  dicembre  10,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  alla  Regina  Costanza  perchè  consenta 
(placeat  similiter  vobis  istud)  a  mantenere  nell'officio  di  Maestro 
Portolano  del  Regno  di  Sicilia  Lapo  Guiandone  ;  e  se  crede  as- 
sociare altri  nell'officio  a  lui,  provveda  a  quanto  occorre. 

Simili  lettere  all'Infante  Giacomo. 

Domine  Regine.  Sciatis  quod  volumus  et  placet  nobis 
quod  fidelis  noster  Lapo  Guiandonii  habeat  et  teneat  inte- 
gre officium  Magistri  Portulani  in  regno  Sicilie ,  et  utatur 
ipso  officio  prout  consuetum  est ,  et  quod  habeat  et  reci- 
piat  iura,  que  consuevit  recipere  Magister  Portulanus  racio- 
ne  dicti  offìcii,  cura  reputemus  dictum  Lapo  satis  idoneum 
et  discretum  ad  regendum  ipsura  officium  ,  ad  regie  Curie 
comodum  et  honorem.  Quare  rogamus  vos  quatenus  pla- 
ceat similiter  vobis  istud,  ac  tamen  si  videretur  vobis  alium 
debere  associari  eidem  ad  officium  memoratum,  faciatis  id 
quod  fore  cognoveritis  faciendum.  Datum  Albaracjno,  IIIJ0 
Idus  decembris  [1284]. 

Similes  Infanti  Iacobo.  Datum  ut  supra. 

Dal  registro  43 ,  fol.  84  del  Re  Pietro  ,  neh'  Arch.  della  Qor. 
di  Arag.  in  Rarcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  7,  ne  dà  un  breve 
sunto. 

Sembra  ricavarsi  dal  documento  che  la  Regina  abbia  creduto 
di  rimuovere  il  Guiandone  dall'alta  carica  di  Maestro  Portolano, 
ed  il  Re,  usando  della  tsuprema  potestà,  si  sia  opposto  «  cum  re- 
putemus dictum  Lapo  satis  idoneum»  ecc.  Su  Guiandone  o  Guin- 
done  si  vedano  i  doc.  XXXIII  a  XXXVII  dell'  anno  1283 ,  cioè 


—  141  —  (1284) 

quando  egli  venne  da  Valenza  in  Sicilia  ed  ottenne  quell'officio , 
insieme  con  Romeo  de  Portella. 


LXIL 

1284,  dicembre  10,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  dice  a  Lapo  Guiandone  ,  Maestro  Portolano 
del  regno  di  Sicilia,  di  avere  ricevuto  le  sue  lettere,  insieme  ai  ca- 
pitoli da  lui  trasmessi ,  lo  esorta  ad  adempiere  con  zelo  il  suo 
officio,  e  promette  di  rispondere  sui  capitoli  per  mezzo  di  uno  spe- 
ciale nunzio.  Aggiunge  che  desidera  che  sia  consegnato  al  medesi- 
mo Lapo  il  castello  di  Licata,  perche  è  utile  per  l'officio  che  egli 
tiene. 

Fideli  suo  Lapo  Guiandoni  Magistro  Portulano  regni 
Sicilie,  ac  consiliario  nostro  salutem  et  graciara.  Noveritis 
nos  recepisse  literas  vestras,  simul  cum  capitulis,  que  no- 
bis  misistis,  et  tam  contenta  in  literis  ipsis,  quam  in  capi- 
tulis intelleximus  et  perpendimus  diligenter,  et  credimus 
quod  semper  procuraretis  et  intenderetis  ad  ea  omnia,  que 
nostro  cederent  comodo  et  honori.  Et  rogamus  vos  quod 
circa  ea  sitis  solicitus  et  intentus,  scientes  quod  ad  predi- 
cta  capitula  vobis  non  facimus  responsionem  ad  presens, 
cum  eam  proponamus  facere  per  nuncium  specialem  ,  ac 
tamen  placet  nobis  quod  vos  teneatis  integre  offìcium  Ma- 
gistri  Portolani  regni  Sicilie  ac  utamini  eo,  ut  est  consue- 
tum.  Et  indie  recipiatis  iura  que  Portulanus  consuevit  reci- 
pere  racione  officii  memorati.  Similiter  contìdentes  de  tìde- 
litate  vestra,  volumus  ac  placet  nobis  quod  castrum  de  la 
Licata  tradetur  vobis,  cum  reputemus  ipsum  vobis  conferre 
plurimum  ad  officium  vestrum.  Et  super  hoc  scribimus  do- 
mine Regine  ,  karissime  consorti  nostre,  et  Infanti  Iacobo, 
karissimo  fìlio  nostro.  Datum  in  Albaracjno ,  III J°  Idus 
decembris  [1284]. 


(1284)  —  142  — 

Dal  registro  43,  fol.  84  r.  del  Re  Pietro,  nell'Arch.  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  7  ne  offre  un  buon 
sunto. 

È  probabile  che  nei  capitoli  inviati  da  Lapo  si  contenessero 
osservazioni  e  proposte  su  inconvenienti  nell'  esercizio  del  suo 
officio,  per  i  quali  il  Re  non  volle  dare  risposta  per  iscritto. 

Deve  notarsi  che  invece  di  Licata  si  legge  Lacca  per  errore 
del  nome  topografico  ,  come  nel  doc.  seguente  si  trova  Liccata , 
che  ho  corretto. 


LXIIL 

li£84,  dicembre  11,  Albarracin. 

Il  Ite  Pietro  I  manifesta  alla  Regina  che  se  verrà  tolto  a  Ber- 
nardo de  Serriano  il  castello  di  Licata  }  lo  faccia  consegnare  a 
Lapo  Guiandone  Maestro  Portolano,  che  ne  ha  bisogno  per  il  suo 
officio,  e  che  è  nomo  della  massima  fiducia. 

Simile  lettera  all'Infante  Giacomo. 

Domine  Regine.  Volumus  et  vos  rogamus  quatenus  si 
propter  insufficienciam,  vel  alia  causa,  castrum  de  la  Licata 
auferri  habuerit  Bernardo  de  Serriano  ,  ipsura  castrum  fa- 
ciatis  tradi  et  deliberari  fìdeli  nostro  Lapo  Guiandoni,  Ma- 
gistro  Portulano  Sicilie,  cui  inultum  confert  dictum  castrum 
prò  administracione  sui  offìcii ,  et  est  homo  cui  domus , 
castrum  et  maius  quid  possit  fiducialiter  commendari.  Nos 
enim  isiud  gratum  habebimus  et  acceptum.  Datum  in  Al- 
barrazino  IIJ°  Idus  decembris  [1284], 

Similes  Infanti  Iacobo.   Datum  ut  supra. 

Dal  reg.  43,  fol.  84  del  Re  Pietro,  nell'Arch.  della  Cor.  d'Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  6  ne  dà  un  sunto, 
però  con  data  del  10,  invece  che  dell' 11  dicembre.  Nel  documento 


—  143  —  (1284) 

anteriore  (n.  LXII)  il  Re  diceva  che  avrebbe  scritto  alla  Regina 
ed  all'Infante. 

Il  de  Serriano  nel  1283  era  Castellano  di  Caltanissetta  (Carini, 
De  rebus,  pag.  262  ecc.).  S.  V.  Bozzo,  Note  storiche  siciliane  del 
secolo  XIV.  Palermo,  1882,  pag.  168,  offre  alcuni  ricordi  biogra- 
fici del  de  Sarria  o  Serriano  ,  e  corregge  qualche  equivoco  del- 
1'  Amari. 


LXIV. 

1284,  dicembre  19,  indizione  13a,  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  ordina 
che  sia  eseguito  il  suo  precedente  privilegio  del  24  novembre  dello 
stesso  anno  (V.  doc.  n.  LX)  concernente  la  conferma  delle  esen- 
zioni commerciali  in  Sicilia  pei  Genovesi  (in  huiusmodi  nego- 
ciacionibus),  come  ne  godevano  ai  tempi  del  Re  Manfredi. 

Il  testo  intero  si  trova  nel  reg.  5  (a.  1360-1410)  ,  fol.  228  del 
Protonotaro  del  Regno  (Archivio  di  Stato  di  Palermo).  Nel  fol. 
anteriore  (227)  è  trascritto  il  privilegio  del  Re  Manfredi  del  1257, 
confermato  nel  1259.  11  documento  di  Giacomo  è  altresì  nel  reg.  2 
(a.  1312)  della  R.   Cancelleria,  fol.  40  (Arch.  di  Stato  Pai.). 

Nel  Codice  di  Cagliari  del  sec.  XIV,  nel  voi.  ras.  del  sec.  XV 
segnato  Qq.  E.  28  ,  a  fol.  80 ,  in  quello  Qq.  H.  124  (Biblioteca 
Com.  Palermo),  e  nell'altro  del  1594,  fol.  85  (Arch.  di  Stato  Pai.) 
della  Secrezia  della  stessa  città,  è  riferito  quel  privilegio. 

Venne  pubblicato  da  D.  Orlando  ,  Un  Codice  di  leggi  cit.  , 
pag.  105  ,  e  da  Sella  ,  Pandetta  delle  gabelle  di  Messina,  cit.  , 
pag.  98. 

Deve  notarsi  che  il  testo  edito  dall'ORLANoo  offre  secondo  il 
manoscritto  Qq.  H.  124,  varie  restrizioni  in  principio,  ma  nella 
parte  finale  è  completo  :  «  Concludebatur  sic  »;  mentre  l'altro  pub- 
blicato dal  Sella  sul  Codice  di  Cagliari  contiene  il  testo  completo. 

La  data  del  29  dicembre  fornita  da  Orlando  sembra  inesatta, 
perchè  non  trovasi  in  altri  codici,  oltre  quello  da  lui  adoperato. 


(1285)  —  144  — 


LXV. 

1285,  febbraio  3,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  trasmette  a  Guglielmo  de  Roca  in  Barcellona 
alcune  lettere  per  la  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo  in  Si- 
cilia, ed  ordina  che  siano  senza  alcun  ritardo  spedite  con  la  barca, 
nella  quale  si  trova  il  frate  Picalquers,  o  con  altra,  e  (se  sarà 
possibile)  nello  stesso  giorno. 

Guilelmo  de  Rocha  civi  Barellinone.  Sciatis  quod  nos 
mictimus  domine  regine,  karissime  consorti  nostre,  et  In- 
fanti Iacobo  fìlio  nostro  apud  Siciliani  cartas  nostras,  quas 
lator  presencium  vobis  tradit ,  que  quidem  volumus  quod 
incontinenti  expediantur.  Quare  mandamus  vobis  quatenus, 
visis  presentibus,  incontinenti  faciatis  parare  et  armare  bar- 
cam  Sicilie,  in  qua  venit  frater  R.  de  Picalquers,  vel  aliam 
barcam  armatam  ,  que  possit  caute  et  cicius  preparari ,  et 
per  aliquem  hominem,  quem  ponatis  in  dieta  barca,  micta- 
tis  ad  reginam  et  Infantem  lacobum  predictos  nostras  licte- 
ras  supradictas ,  et  in  hoc  nullam  tardam  ponatis ,  set  si 
ipsa  barca  una  die  poterit  expediri ,  eamdem  barcam  ipsa 
die  expediatis.  Datum  Cesarauguste ,  IIJ°  nonas  februarii 
[1285]. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro  ,  fol.  4  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini  ,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  110  ne  dà  breve 
sunto;  ma  per  la  data  non  avverte  che  il  1284  deve  ridursi  al 
computo  comune  del  1285 ,  come  ben  si  rileva  dagli  altri  docu- 
menti di  quel  registro  (cfr.  appresso  n.  LXXXVII).  Altra  prova 
si  ha  dalla  data  di  luogo,  perchè  il  Re  Pietro  nell'inizio  del  feb- 
braio dell'anno  antecedente  dimorava  in  Barcellona  (Carini,  op. 
cit.,  pag.  164  e  seg.). 

La  celerità,  con  la  quale  si  provvedeva  per  l' invio  delle  let- 
tere reali  (et  in  hoc  nullam  tardam  ponatis),  dimostra  che  si  ri- 
ferivano ad  affari  molto  importanti  di  governo. 


—  145  —  (1285) 

LXVI. 

1285,  marzo  21,  indizione  13,  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  scrive  ai 
Doganieri  della  dogana  del  porto  di  Messina,  riferendo  il  testo 
delle  sue  precedenti  lettere  del  24  novembre  e  29  dicembre  1284 
(Gfr.  sopra,  doc.  n.  LX  e  LXIV),  secondo  le  quali  i  Genovesi  po- 
tevano godere ,  senza  alcuna  molestia  ,  delle  immunità  commer- 
ciali ,  che  i  medesimi  usavano  nel  tempo  del  Re  Manfredi  suo 
avo.  Li  avverte  inoltre  che  in  seguito  a  reclamo  del  Console  ge- 
novese in  Messina ,  che  dolevasi  che  non  fossero  dai  doganieri 
osservate  quelle  franchigie  di  commercio  ,  col  pretesto  che  «  vos 
dicitis  ignorare  »  ,  a  dirimere  la  controversia  ha  fatto  eseguire 
un'  inchiesta  dai  notari  credenzieri  della  dogana  ed  altri  probi 
uomini  circa  le  immunità  usate  dai  Genovesi  «  in  regno  Sicilie, 
et  specialiter  in  Messana  »  durante  il  dominio  del  Re  Manfredi, 
e  trasmette  ora  la  notizia  precisa  (formam  et  moduro)  delle  sud- 
dette franchigie  per  immissione  ed  estrazione  di  merci  e  per  le 
tasse  che  si  pagavano ,  affinchè   siano  inviolabilmente  adempite. 

Il  testo  di  tale  documento  si  trova  nel  reg.  5  (an.  1360-1410) 
del  Protonotaro  del  Regno  a  fol.  228,  e  nel  reg.  2  (an.  1312)  della 
Regia  Cancelleria  ,  a  fol.  40  (Archivio  di  Stato  di  Palermo).  Se 
ne  ha  pure  la  copia  nel  codice  ms.  Pandecta  cabellarum  Messane 
del  secolo  XIV  nella  Biblioteca  Universitaria  di  Cagliari,  nel  vo- 
lume ms.  Qq.  H.  124  Constitutiones  ,  ordinationes  ecc.  ,  nell'al- 
tro Qq.  E.  28  Quatemus  continens  cabellas  del  secolo  XV,  a  fol. 
80  (Bibl.  Coni,  di  Palermo)  ,  ed  in  quello  Liber  Pandectarum 
Secretiae  di  Tommaso  Marnilo  del  1594  ,  a  fol.  85-90  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo). 

Fu  dato  in  luce  la  prima  volta  da  Diego  Orlando,  Un  codice 
di  leggi  e  dipi,  siciliani.  Palermo,  1857,  pag.  105-109 ,  e  quindi 
ristampato  da  Sella  ,  Pandetta  delle  gabelle  di  Messina  (nella 
Miscellanea  di  Stor.  Ital.  Torino,  1870,  t.  X,  pag.  98-109)  sul  ma- 
noscritto di  Cagliari ,  e  con  le  varianti  che  desumonsi  dal  testo 
edito  da  Orlando. 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  10 


(1285)  —  146  — 

Amari,  9'  ed.,  voi.  II,  pag.  237,  lo  ricorda  brevemente  in  un 
riassunto  di  alcuni  documenti  riguardanti  i  Genovesi,  e  contenuti 
nell'edizione  di  Orlando;  però  egli  notò  per  equivoco  la  data  11 
marzo  invece  del  21. 

La  data  è  indicata  nel  ms.  di  Cagliari  soltanto  per  il  mese  e 
giorno  e  l'indizione  13»;  mentre  nel  Codice  Qq.  H.  124  di  Palermo 
è  segnato  l'anno  1284,  per  il  quale  è  ovvio  che  debba  ridursi  al 
1285,  modo  comune.  Orlando  avvertì  che  l'indizione  14a  era  ine- 
satta, ed  in  ciò  il  Codice  di  Cagliari  è  più  preciso. 

Il  testo  dell'inchiesta  su  le  varie  franchigie  dei  Genovesi,  con- 
tenuta in  questo  documento  ,  è  composto  di  ventuno  paragrafi , 
nei  quali  si  provvede  per  le  tasse  dovute  per  lo  scarico  di  merci 
in  Messina,  secondo  i  varii  casi,  per  mutuo  sulle  merci,  per  l'e- 
strazione di  esse  quando  riducevasi  al  peso  del  quintale  «  si  eciam 
non  essent  de  cantano»,  per  la  pesatura  delle  stesse,  e  per  tra- 
sporto ed  estrazione  di  particolari  merci  ,  rimanendo  il  divieto 
di  immunità  nel  regno  di  Sicilia  per  quelle  che  erano  comprate 
quivi.  Vayra  nella  prefazione  al  volume  del  Sella,  a  pag.  32 
dice  che  con  questo  privilegio  Giacomo  «francava  i  Genovesi  dal 
diritto  di  ancoraggio  o  falangaggio  »;  ma  ciò  è  inesatto,  perchè  in 
taluni  casi  era  dovuto. 

Nel  Codice  di  Cagliari,  che  serviva  per  gli  ufficiali  della  Do- 
gana di  Messina  (cfr.  Sella,  pag.  10 ,  per  la  nota  marginale  : 
«  fiat  ut  ex  [corr.  est]  hactenus  consuetum  in  dohana  Messane  ») 
si  legge  nei  margini  dei  fogli,  nei  quali  è  trascritto  il  documento, 
il  testo  di  una  provvista  di  Simone  Salvagio  ,  Luogotenente  del 
Siniscalco  del  regno  Giovanni  Chiaramonte,  del  12  maggio,  indi- 
zione 2"  [1335]  (cfr.  appresso  per  la  data  da  me  rinvenuta)  intorno 
alla  modificazione  pel  pagamento  di  alcune  tasse.  Sella  riferisce 
in  pie  di  pagina  quelle  note  marginali  della  provvista. 

Trovansi  nel  trattato  del  Re  Manfredi  coi  Genovesi  del  1259, 
confermato  nel  1261  (ed.  Gregorio  ,  Considerazioni ,  pag.  284  e 
seg.  e  Hist.  Patriae  Monum.  t.  VII,  Liber  Iiirium  reipublice  ge- 
nuensis,  voi.  I,  pag.  1293  e  1346)  solamente  alcune  norme  gene- 
rali sul  pagamento  di  quelle  tasse  dovute  dai  Genovesi  in  Sicilia; 
ma  in  questo  documento  dell'Infante  Giacomo  si  ha  la  descrizione 
minuta  dei  casi ,  nei  quali  applicavansi  le  speciali  tasse  con  ri- 
duzione. Giova  quindi  esso  per  la  storia  del  commercio  in  Sicilia 
non  solo  nell'  epoca  aragonese ,  ma   anco  nella  anteriore  sveva. 


—  147  —  (1285) 

Gfr.  pure  quanto  ho  detto  per  il  doc.  LX.  Enrico  Fodera  scrisse 
una  breve  memoria  Relazioni  commerciali  e  politiche  dei  Geno- 
vesi colla  Sicilia  nel  medio  evo  (in  Nuove  Effemeridi  Siciliane. 
Palermo,  1874,  Serie.  II,  voi.  I,  pag.  385  409) ,  sebbene  non  citi 
le  fonti. 


LXVII. 

1285,  aprile  17,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  manifesta  a  Raimondo  de  Munterolis  di  avere 
inteso  con  rincrescimento  che  egli  abbia  venduto  in  Maiorca,  in- 
vece che  in  Catalogna,  il  frumento  che  aveva  portato  dalla  Sicilia, 
ed  ordina  di  recare  a  lui  il  frumento  se,  anco  in  parte,  non  l'ha 
venduto,  o  altrimenti  il  danaro  insieme  con  la  nave. 

Raimundo  de  Munterolis.  Intelleximus  quod  bladum, 
quod  in  navi  nostra  de  parti  bus  Sicilie  attulistis ,  venditis 
in  Maiorica,  licet  vobis  significatum  fuerit  quod  raelius  po- 
terat  vendi  in  Gathalonia  et  ad  maius  servicium  nostrum, 
de  quo  non  modicum  cogimur  admirari.  Quare  mandamus 
vobis  quatenus ,  si  bladum  predictum  venditum  non  est, 
bladum  ipsum,  vel  si  quod  restat  ad  vendendum  aportetis 
nobis  incontinenti  cum  navi  predicta  ;  si  vero  venditum 
fuerit,  aportetis  nobis  denarios  quos  ex  eo  habuistis,  et  na- 
vem  ipsara,  et  hoc  nullo  modo  diferatis.  Datum  apud  Fi- 
guere,  XV  kalendas  maij  [1285]. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  70 r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  72  offre  il  sunto. 

Sono  notevoli  le  parole  quod  melius  poterat  vendi  in  Gatha- 
lonia, che  provano  i  vantaggi  che  si  ricavavano  dalla  vendita  dei 
frumenti  che  si  trasportavano  dalla  Sicilia. 


(1285)  —  148  — 

LXVIII. 

11285,  maggio  4,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I,  per  rimunerare  i  servizi  resi  da  Bartolotta  Ma- 
niscalco di  Messina,  gli  concede  i  casali  di  Furnari  e  Protono- 
taro  siti  nella  valle  di  Milazzo. 

Nos  Petrus  Dei  grada  etc.  Actendentes  grata  servicia 
per  vos  magistrum  Bartholottum  Menescalcum  de  Messana, 
fidelem  et  devotum  nostrum  ,  nobis  exhibita  ,  et  que  vos 
exhibiturum  in  posterum  speramus,  damus  et  concedimus 
vobis  ex  nostra  mera  liberalitate  casalia  Fumarie  et  Pro- 
tonotarii,  existencia  in  valle  Melacii,  ut  ipsa  cum  omnibus 
iuribus,  racionibus ,  proprietatibus  et  pertinenci[is]  suis  ad 
fidelitatem  nostrani  integre  habeatis,  possideatis  et  exple- 
tetis ,  absque  tamen  iuris  alterius  lesione.  Datum  Figeriis, 
1IIJ0  nonas  Maij  [1285]. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  Ibi.  132  (Arch.  Cor.  Aragona  in  Bar- 
cellona). 

Questo  documento  è  ricordato  in  altro  della  regina  Maria  del 
22  luglio  1388,  trascritto  nel  reg.  20  (a.  1418-19)  del  Protonotaro 
del  Pegno  a  fol.  76,  nel  reg.  48  (a.  1413)  della  R.  Cancelleria  a 
Ibi.  222,  nel  reg.  4,  Mercedes  (a.  1413-39)  fol.  478,  e  nel  regi- 
stro 1197  Investiturae ,  privilegia,  confìscationes  (a.  1459-89) 
della  Conservatoria  di  Registro  a  fol.  799  r.  (Archivio  di  Stato  di 
Palermo). 

È  indicato  nel  Cedolario  dei  feudi  di  Sicilia  (ms.  dei  primordi 
del  secolo  XIX).  Val  Demone,  voi.  I,  nel  reg.  n.  2464  della  Con- 
servatoria di  Registro,  a  fol.  333. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  109  offre  un  sunto 
del  documento  del  Re  Pietro. 

Se  ne  trova  la  menzione,  secondo  la  notizia  contenuta  nel  pri- 
vilegio della  regina  Maria  ,  nei  Capibrevi  di  G.  L.  Barberi  ,  I 
Feudi  del  Val  di  Demina  (nei  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Sipria 
Patria,  Serie  I,  voi.  Vili,  Palermo  1886,  ed.  Silvestri)  a  p.  134. 


—  149  —  (1285) 

La  regina  Maria  nel  1388  confermava  la  vendita  dei  casali  sud- 
detti stipulata  da  Gentile  moglie  di  Nardo  Di  Giovanni  in  favore 
del  notaro  Blasco  di  Furnari,  e  ricordava  la  concessione  fatta  in 
aprile  1204  dal  Re  Federico  II  svevo  a  Bartolomeo  de  Foggia  mae- 
stro Marescalco  e  suoi  eredi  in  perpetuo,  confermata  indi  (agosto 
1243)  al  nipote  Bartolotta  dallo  stesso  sovrano  post  tempora  coro- 
nacionis ,  e  più  tardi  approvata  con  nuova  donazione  dal  Re 
Pietro:  «per  serenissimum  principem  dominum  Petrum  Arago- 
num  et  Sicilie  Regem  ,  recolende  memorie  ,  iuxta  formam  privi- 
legii  solempnis  inde  facti,  dati  Phigeriis  (sic)  olim  anno  domini 
M°CG0LXXXV°  de  mense  maij  ». 

Il  nome  di  Bartolomeo  Maniscalco  è  celebre  per  avere  egli  in 
aprile  1282  sollevato  il  popolo  dì  Messina  contro  gli  Angioini  , 
ed  affidato  poco  dopo  a  Baldovino  Mussone  il  governo  della  città 
(Amari,  9a  ed.,  voi.  I,  pag.  212  e  213).  Nell'Elenco  dei  feudatari 
(Descriptio  feudorum)  del  tempo  del  Re  Federico  II  aragonese  si 
legge:  «D.  Bartholomeus  de  Maniscalco  prò  Gasali  Furnari» 
(Gregorio,  Bibl.  script,  arag.,  t.  II,  pag.  468,  lin.  4). 


LXIX. 

1285,  maggio  4,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  V  Infante  Giacomo  perchè ,  se  troverà 
meritevole  Tommaso  de  Ato  di  Messina  ,  lo  nomini  (auctoritate 
nostra)  notaro  credenziere  del  porto  di  Sciacca. 

Simile  lettera  a  P.  (x.  de  Ato  di  Messina  ,  per  V  ufficio  della 
staterà  del  fondaco  regio  di  essa  città. 

Infanti  Iacobo.  Audita  supplicacione  Thornasii  de  Atho, 
de  Messana,  ut  eumdera  statuere  et  ordinare  deberemus  in 
notarium  credencerium  portus  Sacce,  sub  debitis  solidis  et 
forma,  quibus  notarius  credencerius  in  portu  predicto  con- 
suevit  per  Curiain  deputari,  discrecioni  et  cognicioni  vestre 
et  Consilio  vestri  ducimus  committendum,  volentes  quatenus, 
si  dictus  Thomasius  circa  dictuni  officium   exercendum  u- 


(1285)  —  150  — 

tilis  et  sufficiens  fuerit,  eumdem  auctoritate  nostra  ordine- 
tis  et  statuatis  in  eo,  dum  tamen  alii  non  fuerit  assigna- 
tum.  Datum  Figeriis  IIIJ0  mensis  Maij  [15285]. 

Similis  P.  G.°  de  Atho  de  Messana  super  officio  statere 
regii  fundici  Messane.  Datum  ut  supra. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  94  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  77  ne  dà  il  sunto. 

Tali  provvedimenti  riescono  interessanti  per  gli  antichi  sistemi 
doganali  dell'isola. 


LXX. 

1285,  maggio  8,  S.  Celedonio. 

L'Infante  Alfonso,  primogenito  del  Re  Pietro  I  di  Aragona  e 
Sicilia,  essendo  stato  emancipato  dal  padre,  approva  e  conferma 
in  favore  di  suo  fratello  Infante  Giacomo  e  suoi  la  donazione,  che 
il  suddetto  Re  «  et  domina  Constancia  uxor  eius,  Aragonie  et  Si- 
cilie regina  ,  mater  nostra  »  fecero  al  medesimo  Giacomo  per  il 
regno  di  Sicilia  e  le  regioni  di  Puglia,  Calabria  ,  principato  di 
Capua  e  terra  di  Lavoro  «  prout  melius  et  plenius  in  instrumento 
vestre  donacionis  continetur».  Tale  conferma  è  concessa  dall' In- 
fante Alfonso  per  sé  e  successori  in  perpetuo,  senza  alcuna  con- 
dizione e  restrizione ,  con  la  promessa  di  non  contravvenire  in 
alcun  tempo,  e  di  osservarla  con  giuramento  ,  avendo  egli  rag- 
giunto Vela  legittima,  «  salvis  tamen  condicionibus,  retentionibus 
et  substitucionibus ,  si  que  sunt  in  instrumento  donacionis  pre- 
dicte  » . 

Noverint  universi  quod  nos  Infans  Alfonsus,  illustris  re- 
gis  Aragonie  et  Sicilie  primogenitus ,  confìtentes  nos  fore 
sollepniter  emancipatum  a  dicto  patre  nostro,  in  bono  ani- 
mo et  spontanea  voluntate ,  et  ex  certa  scientia  ,  cum  te- 
stimonio huius  publici  instrumenti ,  vicem  eciam  epistole 
gerentis,  laudamus,  approbamus  et  confìrmamus  vobis  ka- 


—  151  —  (1285) 

rissimo  fratri  nostro  Infanti  Iacobo  et  vestris  perpetuo  to- 
tani illam  donacionem,  quam  predictus  dominus  rex  pater 
noster  et  domina  Gonstancia  uxor  eius,  Aragonie  et  Sicilie 
regina,  mater  nostra,  vobis  fecerunt  de  predicto  regno  Si- 
cilie ,  et  de  terris  sive  locis  Apulie ,  Calabrie ,  principatus 
Gapue  et  terre  Laboris,  cum  omnibus  civitatibus,  villis,  in- 
sulis ,  castris ,  terminis  et  iuribus  universis  ad  dictum  re- 
gnum  Sicilie  et  ad  dictas  terras  sive  loca  Apulie,  Calabrie, 
principatum  Capue,  et  terre  Laboris  competentibus,  et  com- 
petere aliquo  modo  debentibus ,  seu  infra  dictum  regnum 
et  loca  supradicta  constitutis ,  prout  melius  et  plenius  in 
instrumento  vestre  donacionis  continetur.  Hanc  autem  lau- 
dacionem,  approbacionem  et  confi rinacionem  facimus ,  per 
nos  et  omnes  heredes  et  successores  nostros  ,  vobis  dicto 
fratri  nostro  et  vestris  in  perpetuum  de  predictis  omnibus 
et  singulis  pure,  libere  et  absolute,  et  sine  omni  condicione 
et  retencione,  et  sicut  melius  dici  potest  et  intelligi,  ad  ve- 
strum  vestrorumque  salvamentum  et  bonum  intellectum , 
ita  quod  de  predictis  omnibus  et  singulis  a  (lieto  patre  no- 
stro et  a  dieta  domina  matre  nostra  vobis  donatis  vestram 
possitis  facere  libere  voluntatem,  sine  contradicione  et  im- 
pedimento nostri  et  heredum  et  successorum  nostrorum  et 
alterius  cuiuscumque  persone,  promictentes  vobis  bona  tide, 
licet  absenti  et  notario  infrascripto  a  nobis  legitime  stipu- 
lanti prò  vobis  nomine  vestro,  quod  nunquam  contra  pre- 
dictam  donacionem  vobis  factam  nec  contra  hanc  confirma- 
cionem  et  laudacionem  nostrani  veniamus  per  nos  vel  per 
interpgsitam  personam,  aliquo  iure  ,  causa  vel  racione.  Et 
ut  predicta  omnia  et  singula  maiori  gaudeant  fìrmitate  [co- 
gnoscentes]  nos  pervenisse  ad  perfectam  etlegitimam  etatem, 
iuramus  per  Deum  et  eius  sancta  quatuor  evangelia,  mani- 
bus  nostris  corporaliter  tacta  ,  predicta  omnia  et  singula , 
ut  superius  dieta  sunt ,  tenere  et  observare  in  perpetuum 
inviolabiliter,  et  non  in  aliquo  contravenire  aliquo  tempore. 
Salvis  tamen  condicionibus,  retentionibus  et  subst.itucioni- 
bus,  si  que  sunt  in  instrumento  donacionis  vestre  predicte. 


(1285)  —  152  — 

Et  insuper  presentem  cartara,  quam  iussimus  fieri  auctori- 
tate  notarii  infrascripti,  fecimus  sigillo  nostro  pendenti  si- 
gillare. Actum  est  hoc  in  Saneto  Geledonio  VILI0  ldus  Ma- 
dii,  [anno  domini  M°  CG°  LXXXV0]. 

Gallabinus  de  Crudiliis. 
Benedictus  de  Gastroterciolo. 

Magister  Petrus  de  Costa  cappellanus  dicti  domini  In- 
fantis  Alfonsi. 

Magister  Ianfridus  Rubei. 
P.  de  Minorisa. 

Dal  reg.  62  del  Re  Pietro,  a  fol.  152  r.  (Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona). 

Pubblicato  da  me  per  la  prima  volta  nella  memoria  Documenti 
su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la  Sicilia. 
1285-1291  (nelV Anuarì  (1908)  de  VInstitut  d'Estudis  catalans.  Bar- 
celona, 1909)  pag.  346,  doc.  I. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  180  die  un  sunto 
fugace  del  documento,  senza  rilevare  l'importanza  eccezionale  di 
esso. 

Nella  mia  memoria  già  indicata  così  ho  scritto  (pag.  340)  per 
tale  documento  :  «  Conquistata  la  Sicilia,  e  ritornato  nel  1283  il 
Re  Pietro  in  Catalogna,  era  d'uopo  di  dar  norma  esatta  alla  suc- 
cessione nel  regno  di  Sicilia,  poiché  nel  testamento  nulla  era  su 
ciò  previsto  [Cfr.  doc.  n.  XIV].  Il  Re  Pietro  volle  pertanto  che 
il  figlio  Alfonso,  già  emancipato  dalla  patria  potestà,  confermasse 
con  un  atto  solenne  la  donazione  di  quel  regno  già  fatta  dal  me- 
desimo Re  Pietro  al  secondogenito  Giacomo.  Di  tale  donazione 
non  si  ha  alcuna  notizia;  ma  certamente  la  forma  del  governo 
della  Sicilia  dovette  essere  determinata  nel  Parlamento  tenuto  in 
Messina  nell'aprile  del  1283,  prima  che  il  Re  Pietro  si  allontanasse 
diffìnitivamente  dall'isola.  La  donazione  comprendeva  l'intero  re- 
gno di  Sicilia,  cioè  insieme  alle  provincie  continentali;  e  però  si 
dimostra  l'antico  desiderio  dei  Re  aragonesi  di  acquistare,  anco 
in  parte,  quelle  regioni». 

Amari,  9*  ediz. ,  voi.  II ,  pag.  163,  opina  che  vari  pretesti  e 
dubbi  poterono  influire  su  quel!'  atto ,  e  crede  di  trovarli  in  al- 


—  153  —  (1285) 

cuni  fatti  di  quegli  anni;  ma  egli  non  rileva  alcuna  circostanza 
di  questo  documento  solenne  ,  formato  al  tempo  dell'  emancipa- 
zione dell'Infante  Alfonso,  e  del  quale  1'  Amari  non  conobbe  il 
testo.  È  ormai  indubitato  che  il  Re  Pietro  e  Gostanza  fecero  com- 
pilare nella  loro  Cancelleria  in  Sicilia  un  instrumentum  dona- 
cionis. 

Ho  creduto  conveniente  ristampare  tale  documento  di  Alfonso, 
anco  per  aversene  migliore  notizia  fra  noi. 


LXXI. 

1285,  maggio  21,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Raimondo  Alamanni,  Baiulo  di  Bar- 
cellona ,  di  permettere  che  Raimondo  Mar  quei  possa  inviare  in 
Sicilia  la  sua  nave,  fornita  di  alquanti  marinai  e  serventi,  di- 
spensati dal  recarsi  all'esercito,  se  la  nave  partirà  fra  tre  setti- 
mane. 

Raimundo  Alamandi ,  baiulo  Barellinone.  Noveritis  nos 
concessisse  Raimundo  Marcheti  quod  navera  suam,  que  ve- 
nit  de  partibus  Sicilie,  possit  mittere  nunc  ad  ipsas  partes 
Sicilie,  et  quod  possit  ipsam  navem  amarinare  de  illis  ho- 
minibus,  qui  nunc  prò  marinariis  in  ea  venerunt,  vel  si  de 
illis  defecerint ,  possit  alios  in  ipsa  mittere  loco  ipsorum  , 
ita  quod  inter  omnes  in  ipsa  navi  sint  XXXV  marinarli  et 
III  serviciales  ;  quare  mandamus  vobis  quatenus  predictos 
XXXV  marinarios  et  III  serviciales  non  compellatis,  ratione 
preseritis  exercitus ,  dum  tamen  recesserint  infra  111  septi- 
manas  a  confeccione  presencium  computandas.  Datum  ut 
supra  [Coli  de  Panissars,  12  kalendas  iunii,  1285]. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  104  r.  (Ardi.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  81  ne  dà  un  breve 
sunto  e  legge  quattro  settimane,  invece  di  tre.  Di  altri  marinai 
venuti  pure  da  Sicilia,  e  dispensati  dal  rimanere  nell'esercito  di 


(1285)  —  154  — 

Catalogna  è  notizia  per  l'ordine  precedente  del  5  maggio  dato  per 
Attobono  di  Trapani,  (cfr.  Canini  cit.,  pag.  113). 

L'oggetto  di  questi  viaggi  frequenti  in  Sicilia  si  desume  me- 
glio dai  documenti  che  seguono,  cioè  per  la  tratta  dei  frumenti. 

Il  Marquet  era  allora  viceammiraglio  in  Barcellona.  (Amari  , 
9'  ed.,  voi.  II,  pag.  68,  137). 

Ducange  non  registra  la  parola  servicialis,  ossia  servente,  ma 
invece  l'altra  di  serviciabilis,  che  ha  un  significato  alquanto  di- 
verso. 


LXXII. 

1285,  maggio  1%  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I,  avendo  inteso  che  alcuni  mercanti  si  recano  in 
Sicilia,  con  la  nave  di  Raimondo  Marquet,  per  estrarre  frumento, 
ordina  al  medesimo  di  indurre  i  suddetti  mercanti  a  comprare 
la  tratta  presso  Bernardo  legatario  in  Barcellona  ,  poiché  egli 
(il  Re  Pietro)  ha  bisogno  di  molto  danaro  per  l'armata. 

Raimundo  Marcheti.  Intelleximus  quod  aliqui  mercatores 
vadant  in  Siciliani  in  navi  vestra  prò  extrahendo  biado  de 
partibus  Sicilie,  unde  cura  nos  mittamus  Bernardum  de  Se- 
galario,  fidelera  scriptorera  nostrum,  apud  Barcbinonara  ad 
vendendum  tractam  seu  exituram  biadi  Sicilie  ipsis  merca- 
toribus  et  aliis,  prò  eo  quia  multum  indigemus  denariis  prò 
armata  et  aliis  necessariis  nostris,  rogamus  vos,  sicut  pos- 
sumus ,  quod  inducatis  predictos  mercatores  ad  emendum 
tractam  seu  exituram  predictam  a  dicto  Bernardo ,  taliter 
facientes  quod  incontinenti  tradant  ipsius  exiture  [precium] 
predicto  Bernardo.  Data  in  Collo  de  Pani^ars,  XI  kalendas 
iunii  anno  predicto  [1285]. 

Dal  reg.  5(5  del  Re  Pietro,  a  fol.  105  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  81  offre  un  sunto. 


—  155  —  (1285) 

Per  i  solleciti  preparativi  dell'armata  contro  il  Re  di  Francia 
occorrevano  grandi  somme,  per  ottenere  le  quali  il  Re  Pietro  or- 
dinava anche  di  dare  in  pegno  oggetti  preziosi  o  di  far  mutui , 
come  si  ricava  dal  documento  dello  stesso  giorno  a  Sabastida,  e 
da  quello  del  23  maggio  al  Vescovo  di  Gerona,  dati  in  sunto  dal 
Carini  cit.,  pag.  81  e  seg. 


LXXIII. 


1285,  maggio  22,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  dà  allo  scrittore  regio  (scriptori  nostro)  Ber- 
nardo Segalario  ampia  facoltà  di  permettere  ai  mercanti,  ai  quali 
avrà  venduto  la  tratta  ,  di  recarsi  in  Sicilia  con  navi ,  padroni 
di  esse  e  marinai,  e  vuole  inoltre  che  il  Segalario  tenga  presso 
di  sA  in  Barcellona  coloro,  che  saranno  utili  per  tale  affare  della 
vendita,  dovendo  poscia  essi  recarsi  all'esercito. 

Nos  Petrus  dei  gracia  etc.  Concedimus  plenariam  pote- 
statem  vobis  fìdeli  scriptori  nostro  Bernardo  de  Segalario 
licenciandi,  ex  parte  nostra,  mercatores,  quibus  nomine  no- 
stro vendideritis  tractam  sive  exituram  biadi  de  partibus 
Sicilie ,  ad  eundum  ad  partes  ipsas  Sicilie  prò  ipso  biado 
aportando,  et  licenciandi  eciam  naves  et  lembos,  in  quibus 
dictos  mercatores  ire  contingerit,  ad  eundum  ad  partes  pre- 
dictas  Sicilie  cum  patronis  seu  dorainis  ipsarum  navium  et 
lemborum  et  nautis,  marinariis  ac  servicialibus  necessariis 
ad  easdem.  Possitis  eciam  licenciare  quoscumque  necessa- 
rios  habueritis,  prò  vendicione  diete  traete  seu  exiture,  ad 
remanendum  vobiscum  in  Barchinona,  dum  vobis  necessarii 
fuerint  et  utiles  ad  predicta;  postea  vero  redire  ad  nostrum 
exercitum  teneantur.  Volumus  tamen  per  vos  super  hiis  ta- 
lem  cautelam  et  diligenciam  adhiberi  ab  illis  ,  qui  redituri 
sunt  ad  exercitum,  quod  fraus  nullatenus  commictatur.  Data 
ut  supra  [XI0  kalendas  iunii  1285]. 


(1285)  —  156  — 

Dal  reg.  56  a  fol.  105  r.  del  Re  Pietro  (Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  82  fornisce  il  sunto 
assai  conciso. 

Si  scorge  chiaramente  che  il  Segalario,  come  scrittore  o  con- 
tabile dell'  armata ,  adempiva  con  sollecitudine  quegli  incarichi 
svariati  a  lui  affidati  in  tempo  di  guerra.  Il  Segalario  si  sotto- 
scrisse come  testimonio  cristiano  nel  trattato  di  pace  tra  il  Re 
di  Tunisi  Abdelehehit  ed  il  Re  Alfonso  d'  Aragona  conchiuso  a 
30  luglio  1287.  (Cfr.  appresso,  doc.  di  tale  data). 


LXXIV 


1285,  maggio  22,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Ruggiero  de  Loria,  Ammiraglio  dei 
regni  di  Aragona  e  Sicilia ,  di  non  arrecare  impedimento  o  ri- 
tardo ad  alcuni  mercanti  di  Barcellona,  che  hanno  avuto  licenza 
di  estrarre  dalla  Sicilia  il  grano,  «  quo  in  partibus  Gathalonie 
plurimum  indigetur»  ,  essendo  stato  pagato  alla  regia  Corte  il 
diritto  di  tratta  «  seu  exiture  dicti  grani». 

Nobili  et  dilecto  viro  Rogerio  de  Lauria,  regnorum  Ara- 
gonum  et  Sicilie  Admirato  salutem  et  dilecionem.  Gum  ra- 
cione  grani ,  quo  in  partibus  Gathalonie  plurimum  indi- 
getur ,  concesserimus  quibusdam  mercatoribus  Barellinone 
quod  possint  granum  extraliere  de  partibus  Sicilie ,  et  sit 
nobis  de  iure  traete  seu  exiture  dicti  grani  plenarie  sati- 
sfactum,  mandamus  vobis  quatenus  mercatoribus  predictis, 
de  quibus  vobis  constiterit  per  literas  nostras  directas  Ma- 
gistris  Portulanis  nos  concessisse  tractam  dicti  grani,  non 
faciatis  nec  fieri  permictatis  impedimentum  aliquod  vel  de- 
tenimentum,  nec  eciam  navibus,  nautis  seu  marinariis  na- 
vium  seu  lignorum  ,  in  quibus  granum  ipsum  voluerint  a- 
portare.  (Nos  enim  si  quid  eis  impedimentum  fieri  contin- 
gerit,  tenemur  ad  restitucionem  dampni  et  detenimenti.  Da- 


—  157  —  (1285) 

tum  apud  Collem  de  Panicars,  XJ°  kaletidas   lunii ,   anno 
domini  M°  GG°  LXXX0  quinto. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  106  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  82  ne  dà  il  sunto. 

È  noto  che  il  Loria  fu  nominato  Ammiraglio  di  Aragona  e 
Sicilia  nel  1283  ,  e  se  ne  ha  il  documento  (20  aprile)  edito  la 
prima  volta  da  Quintana,  Obras  completas  cit.,  Apéndices,  p.  480, 
doc.  I,  e  ristampato  (senza  citarlo)  da  Carini,  De  rebus,  pag.  617. 
Sui  motivi  dell'  unione  di  quelle  due  dignità  Amari  ,  9a  ediz.  , 
voi.  II,  pag.  135,  dice  che  il  Re  Pietro  non  «  ignorava  che  allora 
la  Catalogna  non  avrebbe  potuto  mai  metter  in  mare  un  grosso 
navilio  :  al  contrario  egli  avea  visto  in  Sicilia  quel  grande  numero 
di  audaci  marinai  e  quella  prontezza  ad  armare  in  corso». 

Il  documento  da  me  dato  in  luce  mostra  come  la  Sicilia  gio- 
vasse a  fornire  grandemente  di  grano  la  Catalogna  e  l'armata. 

La  parola  detenimentum  nel  signilicato  di  ritardo  manca  in 
Ducange. 


LXXV. 

1285,  maggio. 29,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'  Infante  Giacomo  affinchè  faccia  re- 
stituire al  milite  Giovanni  di  Mazzarino,  di  Piazza,  (che  il  sud- 
detto Infante  ha  inviato  al  Re)  i  beni  di  lui,  che  erano  stati  posti 
sotto  sequestro,  ed  anche  quelli  che  erano  stali  occupati  da  alcuni 
con  violenza ,  essendo  contrario  a  ragione  che  il  de  Mazzarino 
venga  privato  dei  beni  innanzi  il  giudizio,  che  dovrà  subire  presso 
il  Re. 

Simile  lettera  per  il  milite  Adenolfo  di  Mineo. 

Infanti  Iacobo.  Noveritis  quod  Iohannes  de  Maczarino, 
miles  de  Plasia,  quem  ad  nos  misistis,  constitutus  in  pre- 
sencia  nostra,  nobis  exposuit  quod,  ipso  existente  in  posse 
vestro,  bona  sua  mobilia,  stabilia  ac  sese  movencia  omnia 


(1285)  —  158  — 

fuerint  sibi  per  Guriam  vestram  emparata  et  capta ,  que 
bona,  ut  asserit,  sic  sibi  emparata  et  capta  vos  ei  restituì 
mandavistis.  Exposuit  eciam  nobis  quocl  quidam  homines 
ipsarum  parcium,  propria  auctoritate,  occupaverunt  aliqua 
de  bonis  lohannis  predicti,  in  eius  iniuriam,  et  in  nostre  do- 
minacionis  preiudicium  et  gravamen.  Unde  cum  idem  Jo- 
hannes in  posse  nostro  existat  ad  subeundum  iudicium  no- 
strum ,  et  non  sit  racioni  consentaneum  quod  ante  prola- 
tam  sentenciam  bonis  suis  privetur,  vel  quod  fìat  exequucio 
contra  eum,  rogamus  et  dicimus  vobis  quatenus,  si  qua  de 
bonis  eiusdem  lohannis  de  Maczarino  a  Curia  vestra  em- 
parata remanent  sive  capta,  ea  omnia  procuratori  suo  de- 
semparare  et  restituì  faciatis.  Et  nichilominus  eis,  qui  ali- 
qua de  bonis  eiusdem  lohannis  occupasse  dicuntur ,  man- 
detis  ut  ea  retinere  non  presumant,  immo  ea  procuratori 
suo  predicto  restituant  incontinenti  ;  quos  occupatores  ad 
hoc,  si  necesse  fuerit,  compellatis,  protegentes  et  defenden- 
tes  uxorem  et  domum  ipsius  lohannis  ne  ab  aliquo  contra 
iusticiam  aggraventur.  Datura  apnd  Goliem  de  Panissars , 
IIIJ0  kalendas  Iunii,  anno  domini  millesimo  CG°  octogesimo 
quinto. 

Similis  prò  Adinolfo  de  Mineo  milite. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  113  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  83  ne  dà  un  sunto 
brevissimo,  dal  quale  non  si  rileva  alcuna  notizia  dei  motivi  del 
provvedimento.  Egli  legge  de  Plagia  invece  che  de  Plasia,  donde 
risulta  la  pronunzia  più  conforme  pel  nome  di  Piazza. 

Il  Mazzarino  insieme  ad  Adenolfo  di  Mineo  aveva  nel  1283 
tentato  la  ribellione  contro  il  Re  Pietro  ,  come  ricordano  i  cro- 
nisti, ed  entrambi  furon  presi  prigionieri,  al  pari  di  Alaimo,  per 
i  beni  del  quale  si  emanarono  simili  ordini  (Cfr.  doc.  della  stessa 
data,  al  n.  LXXVIII). 

Vedasi  quanto  dice  Amari,  9a  ediz.  voi.  I,  pag.  369,  e  voi.  II, 
pag.  89,  anco  sulla  fede  dei  documenti  dati  per  sunto  dal  Carini. 


-  159  —  (1285) 

LXXVI. 

1285,  maggio  29,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  Maestri  Portolani  di  Sicilia  di  per- 
mettere a  Pietro  di  Molleto,  di  Barcellona,  latore  della  regia  let- 
tera, l'estrazione  con  una  o  due  navi  da  qualunque  porto  o  spiag- 
gia dell'isola  «  ad  extraccionem  tamen  victualiuni  deputatis  »,  di 
salme  duecento  di  frumento  od  orso  da  trasportarsi  in  Catalo- 
gna, essendo  stato  pagato  il  diritto  di  esitura  alla  regia  Corte. 
Vuole  che  non  si  rechi  alcun  impedimento  o  ritardo  al  di  Mol- 
leto «  propter  magnani  necetìsitatem  frumenti  et  ordei,  quam  ad 
presens  habemus  in  partibus  istis»,  né  si  chieda  cauzione. 

Simili  lettere  (a  24  ottobre)  per  Filippo  Villasecca,  di  Barcel- 
lona, per  cento  salme;  per  Castelliono  de  Bas  e  soci  per  seicento 
salme  ,  e  per  G.  de  Fonoleto  e  Ferrarono  Burgeri  per  centocin- 
quanta salme. 

Magistris  Portulanis  Sicilie.  Gum  Petrus  de  Molleto,  ci- 
vis  Barellinone,  lator  presencium,  emerit  a  regia  Curia  exi- 
turam  frumenti  salmarum  ducentarum,  vel  ordeura  ad  exti- 
macionem  dicti  frumenti,  secundum  consuetudinem  ipsarum 
pareium,  et  de  iure  ipsius  exiture  sit  nobis  et  Curie  nostre 
satisfactum  ,  sicut  constat  nobis  per  fidelem  thesaurarium 
nostrum  Bernardum  Scriba m,  qui  pecuniam  ipsam  recepit; 
fidelitati  vestre  precipiendo  mandamus  quatenus  permigta- 
tis  predictum  P.  de  Molleto,  vel  quem  voluerit  loco  sui,  ex- 
trahere,de  quocumque  portu  seu  maritima  Sicilie  maluerit, 
ad  extraccionem  tamen  victualium  deputatis,  cum  uno  vel 
duobus  vassellis,  in  quibus  frumentum  vel  ordeum  predictum 
oneretur,  predictam  quantitatem  frumenti  salmarum  CC  vel 
ordei  ad  extimacionem  ipsius  frumenti ,  ut  superius  conti- 
netur ,  ferendamm  ad  partes  nostras  Cathalonie,  et  in  hoc 
uullum  impedimentum  vel  dilacionem  faciatis  vel  fieri  per- 
mictatis,  sicut  non  cupitis  nostre  celsitudini  dispiacere.  Scien- 
tes  quod  si  culpa  vestra  oporteret  dictum  P.  de  Molleti  ali- 


(1285)  —  160  — 

quam  moram  trahere ,  vel  in  aliquo  dampnificari ,  vestris 
humeris  totaliter  inherernus,  propter  magnarci  necessitatene 
frumenti  et  ordei ,  quam  ad  presens  habemus  in  partibus 
istis,  et  quia  nos,  nisi  vos  expediveritis  incontinenti,  tene- 
mur  restituere  dampna  et  dispendia  ,  que  ipsum  subire 
propterea  oportet.  Signifìcamus  vobis  preterea  de  ferendo 
dicto  biado  ad  partes  istas  non  oportet  vos  aliarci  petere 
caucionem,  cum  iam  nobis  cautum  fuerit  super  eo.  Datum 
apud  Gollem  de  Panissars  IIIJ0  kalendas  lunii  [1285]. 

Similis  Filippo  de  Villasecca  mercatori  Barchinone  de 
C.  salmis. 

Similis  fuit  facta  Gasteliono  de  Bas  et  sociis  suis  de 
DG.  salmis  frumenti.  Datum  Barchinone  IX  kalendas  no- 
vembris. 

Similis  fuit  facta  G.°  de  Fonoleto  et  Ferrarono  Burgeri 
de  CL.  salmis  frumenti.  Datum  IX  kalendas  novembris. 
Fuit  mandatum  prò  Bernardo  Scriba,  qui  recepit  ipsos  de- 
narios  ad  opus  solucionis  armate,  et  mandavit  prò  ea  Ber- 
ti ardus  de  Segalar. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  115  (Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  83  offre  un  sunto 
assai  conciso,  che  termina  :  «  Quindi  permettetegli  ecc.  Altri  per- 
messi simili  »;  e  riferisce  il  nome  di  Mollo  invece  che  di  Molleto. 
Nel  doc.  del  31  luglio  1285  (Gfr.  appresso  doc.  n.  XGIV)  Carini 
riporta  «  P.  di  Mol  ...  »,  e  nell'indice:  «Pietro  di  Mollto». 

Sono  degne  di  nota  l'espressione  secundum  consuetudine™,  ip- 
sarum  par  cium  ,  cioè  della  Sicilia  per  il  prezzo  del  frumento  e 
dell'  orzo  ,  e  la  menzione  dei  «porti  destinati  all'  estrazione  delle 
vettovaglie,  perchè  nel  tempo  di  guerra,  per  precauzione  contro 
le  clandestine  estrazioni  da  parte  del  nemico,  si  limitava  il  nu- 
mero dei  porti  per  quell'  estrazione  ,  e  talvolta  anco  la  quantità 
dei  cereali. 

In  fine  del  documento  è  detto  che  allo  scriba  Bernardo  de  Se- 
galar fu  inviato  il  danaro  «ad  opus  solucionis  armate». 


—  161  —  (1285) 

LXXVII. 

1285,  maggio  29,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Ruggiero  Loria,  Ammiraglio  dei  regni 
di  Aragona  e  Sicilia,  di  non  recare  alcun  impedimento  o  ritardo, 
a  causa  dell'armata  di  Sicilia,  alla  partenza  della  nave  di  Pietro 
de  Prunariis,  cittadino  di  Barcellona,  il  quale  deve  trasportare 
frumento  od  orzo  dalla  Sicilia  «ad  partes  nostras  Cathalonie  », 
avendo  il  medesimo  pagato  il  diritto  di  estrazione ,  e  perchè  si 
ha  grande  scarsezza  di  cereali  «  in  partibus  istis  ad  presens  » . 

Simili  a  Castiglione  de  Bas. 

Rogerio  de  Loria  regnorum  Aragonum  et  Sicilie  Admi- 
rato.  Volumus  et  mandarnus  vobis  quatenus  Petro  de  Pru- 
nariis, civi  Barchinone  ,  vel  navi  sue  et  taride  afferentibus 
ad  partes  nostras  Cathalonie  frumentum  vel  ordeum  ipsius 
Petri  vel  mercatorum  ,  quia  a  Curia  nostra  regia  in  parti- 
bus  istis  exituram  emerunt,  sicut  vobis  de  ìpsis  empcioni- 
bus  exiture  constare  poterit  per  licteras  patentes,  quas  su- 
per hoc  mictimus  Magistris  Portulanis ,  vel  mercatori  bus 
ipsius,  nautis  videlicet,  marinariis  et  servicialibus  dictarum 
navis  et  taride,  non  faciatis  nec  fieri  permictatis  impedimen- 
tum  aliquod  vel  detenimentum  racione  armate  Sicilie,  cura 
nos  habeamus  magnam  necessitatem  in  partibus  istis  ad 
presens  frumenti  et  ordei ,  precipue  etiam  quia  si  impedi- 
rentur,  tenemur  eis  restituere  dampna  et  dispendia,  que  eos 
subire  propterea  oporteret.  Datum  apud  Collem  de  Panis- 
sars, IHJ°  kalendas  Iunii  [1285]. 

Simiiis  fuit  facta  Castilioni  de  Bas.  Datum  Barchinone 
IX0  Kalendas  novembris. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  115  r.  (nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  TI,  pag.  84  ne  dà  un  sunto 
brevissimo. 
»  G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  11 


(1285)  —  162  — 

Il  ricordo  dell'armata  di  Sicilia  si  riferisce  ai  preparativi  della 
flotta  ,  che  dovea  recarsi  in  Catalogna  per  portarvi  soccorso  ,  al 
comando  dell'Ammiraglio  Loria,  come  avvenne  in  agosto  di  tale 
anno.  Cfr.  Amari  ,  9a  ediz.  ,  voi.  II ,  pag.  139 ,  il  quale  osserva 
(pag.  137)  che  «  forse  Ruggiero  prendea  dallo  stesso  fondo  [delle 
tratte]  la  sussistenza  dell'armata  in  Sicilia». 

Lo  scopo  di  tale  armata  si  desume  chiaramente  dal  documento 
che  segue ,  cioè  :  «  prò  expugnanda  et  invadenda  armata  regis 
Francie,  Dei  auxilio  mediante». 


LXXVIII. 

1285,  maggio  29,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'Infante  Giacomo,  dicendo  di  essergli 
pervenute  le  sue  lettere  ed  i  capitoli  concernenti  la  prigionia  (su- 
per facto)  del  principe  di  Salerno.  Risponde  pertanto  di  volere 
che  sia  inviato  a  lui  in  Catalogna  il  principe  suddetto  ,  quanto 
più  presto  sarà  possibile,  accompagnato  con  navi  e  galee  armate. 
Riguardo  ad  Alaimo  da  Lentini,  ed  ai  capitoli  spediti  col  frate 
Galcerando  de  Tous  ,  si  duole  che  siano  stati  fatti  prigioni  la 
moglie  ed  i  figli  di  Alaimo,  e  confiscati  i  loro  beni  e  dati  ad  altri 
prima  di  farsi  il  giudizio  presso  la  Corte  regia.  Curerà  la  pro- 
tezione dei  beni  di  Raimondo  Alamanni  e  di  Arnaldo  di  Villa- 
nova,  e  di  rimunerarli.  Desidera  conoscere  perchè  si  richiede  la 
sua  intenzione  sul  fatto  della  concessione  dei  casali ,  dopo  di  a- 
verne  assegnato  senza  darne  notizia  a  lui.  Avverte  V  Infante  di 
avere  scritto  a  Loria  per  mandare  subito  dodici  navi  e  trenta 
galee  dell'armata  di  Sicilia  per  espugnare  quella  del  Re  di  Francia. 

Altra  lettera  a  Ruggiero  Loria  per  l'invio  delle  suddette  navi 
con  persona  idonea  all'armata. 

Infanti  lacobo.  Recepimus  literas  vestras  ,  quas  nobis 
misistis  per  Salvatorelli  Petri  latorem  presencium,  et  teno- 
rem  ipsarum  literarum  et  capitula  nobis  raissa  super  facto 
principis  intelleximus  diligenter,  ad  que  vobis  taliter  respon- 


—  163  —  (1285) 

demus ,  primo  scilicet  ad  factum  dicti  principis  quod  cre- 
dimus  et  speramus  quod  venia t  ad  nos,  sicut  prò  certo  in- 
telleximus,  et  ex  quo  ipse  veniet ,  non  oportet  super  ipsis 
capitulis  respondere  ;  volumus  tamen  et  mandamus  quod, 
si'  forte  adhuc  non  recessit  de  partibus  ipsis ,  quod  quam 
cicius  poteritis  nobis  ipsum  mictatis,  et  veniat  bene  custo- 
ditus  et  associatus  navibus  et  galeis  armatis,  cum  iam  ad- 
ventus  ipsius  sit  multum  publicatus.  Super  facto  vero  Alay- 
mi  de  Lenti  no  et  aliorum  capitulorum  ,  que  nobis  misistis 
per  fratrem  Galcerandum  de  Tous ,  sciatis  quod  multum 
miramur  de  vobis ,  et  de  Consilio  vestro  ,  quia ,  sicut  prò 
certo  inteJleximus,  vos  cepistis  seu  capi  fecistis  uxorem  di- 
cti Alaymi  et  fìlios,  et  eciam  omnia  bona  eorum  sunt  iam 
divisa  et  data  aliis,  non  servato  iuris  ordine,  nec  alia  bona 
forma.  Novus  ordo  preposterus  est,  facere  execucionem  an- 
tequam  sentencia  proferatur,  et  ex  quo  eum  nobis  misistis 
ad  subeundum  iudicium,  non  debuissetis  absque  sentencia 
vel  mandato  nostro  taliter  processisse,  cum  hoc  videatur 
derisio  nostre  Curie  et  contemptus.  Et  ex  quo  isto  modo 
procedere  volebatis,  fuisset  melius  quod  non  misissetis  eum 
nobis.  Preterea  nos  non  recepimus  licteram  papalem  ut  di- 
citur  sibi  missam  ,  nec  per  confessiones  ibi  missas  prò  fa- 
cto ipso  cognoscere  possumus,  donec  -sit  in  meliori  ordina- 
cene. Cum  autem  fuerit  in  statu  quo  esse  debet,  nos  prout 
de  iure  fuerit,  procedemus.  Super  aliis  autem  literis  depre- 
catoriis  nobis  missis  prò  R.  Alamanni  et  R.  de  Villanova 
et  aliis  nos  bona ,  que  habent  in  partibus  istis,  habemus 
et  habebimus  commendata,  et  eis  remuneracionem  faciemus 
de  serviciis  nobis  et  vobis  exhibitis  per  eosdem.  Ad  dona- 
ciones  vero  casalium  respondemus  quare  nos  requiritis  in 
istis,  ex  quo  sine  requisicione  in  consciencia  nostra  fecistis 
alias  donaciones,  et  quod  iam  scitis  voluntatem  nostram  et 
intencionem  super  donacionibus  faciendis.  Preterea  sciatis 
quod  nos  scribimus  nobili  Rogerio  de  Loria  quod  mictat 
nobis  incontinenti  duodecim  taridas  et  triginta  galeas  arma- 
tas  de  armata  Sicilie,  quas  necessarias  habemus  prò  expu- 


(1285)  —  164  — 

gnanda  et  invadenda  armata  regis  Francie,  dei  auxilio  me- 
diante. Et  mictimus  specialiter  super  hoc  Salvatorem  pre- 
dictum  dicto  Almirato  ut  hoc  expediat  festinanter.  Vos  e- 
ciam  hoc  procuretis ,  quantum  poteritis,  celeriter  expedire. 
Datum  apud-Collem  de  Panissars,  I1IJ0  kalendas  Iunii  [1285]. 
Item  fuit  scriptum  predicto  Rogerio  quod  predictas  ta- 
ridas  et  galeas  mictet  festinanter  per  aliquem  discretum  vi- 
rum,  et  idoneum  ad  ipsam  armatam. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  Ibi.  116  r.,  nell'Arch.  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini  ,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  ,  voi.  II,  pag.  84  ne  fornisce  un 
larghissimo  sunto.  Egli  ricorda  altresì:  «Un  brano  di  quest'im- 
portante documento  è  stato  da  me  pubblicato  nella  Sicilia- Vespro. 
Palermo,  1882».  Bisogna  però  avvertire  che  tale  pubblicazione 
non  è  altro  che  la  traduzione  italiana  (a  pag.  19)  di  qualche  pe- 
riodo concernente  Alaimo  da  Lentini,  e  non  giova  per  nulla  alla 
diplomatica ,  perchè  è  contenuta  in  «  Numero  unico  »  illustrato 
(Milano,  tip.  fratelli  Treves),  e  d'indole  esclusivamente  popolare, 
come  dice  lo  stesso  Carini.  Vi  si  riscontrano  gli  errori  :  da  Vil- 
larosa  (invece  di  Villano  va),  e  calli  (invece  di  Colli)  di  Panissars. 

Nel  1886  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II ,  pag.  89,  si  doleva  di  non 
conoscere  il  contenuto  preciso  del  documento  nella  sua  originale 
forma,  e  diceva  :  «  Non  ho  sotto  gli  occhi  il  testo,  ma  un  sunto, 
o  forse  parafrasi,  del  canonico  Carini,  il  quale  di  certo  non  ag- 
giunse, né  tolse  alcuna  circostanza  a  questo  importantissimo  do- 
cumento » . 

Ne  dò  il  testo  trascritto  accuratamente  sull'originale  registro. 

A  niuno  può  certamente  sfuggire  l'alto  interesse  storico  e  di- 
plomatico di  cotale  lettera  del  Re  Pietro.  Da  essa  si  rileva  con 
quanta  energia  si  provvedesse  dal  sovrano  ad  impedire  abusi  ed 
ingiustizie  nella  Corte  di  Sicilia,  e  presso  il  suo  Vicario  Giacomo. 
Per  la  partenza  del  principe  di  Salerno  il  Re  dice  che  «  iam  ad- 
ventus  ipsius  sit  multum  publicatus  » .  Notevole  è  ancora  il  rim- 
provero per  la  prigionia  di  Alaimo  e  la  confisca  dei  suoi  beni , 
contro  ogni  forma  di  dritto,  rilevando  la  sconvenienza  :  «  facere 
execucionem  antequam  sentencia  proferatur  »  ,  la  qual  cosa  ap- 
pare piuttosto  derisio   nostre  Curie  et  contemptus.  Altre  notizie 


—  165  —  (1285) 

riguardano  la  lettera  del  Papa  mandata  ad  Alaimo  ,  e  le  prove 
che  si  raccoglievano  per  il  giudizio  contro  di  costui.  Frate  Gai- 
cerando  de  Tous  era  monaco  dell'ordine  cisterciense  di  S.  Greus, 
e  adempì  in  tale  anno  importanti  missioni  politiche  (Carini,  op. 
cit.,  voi.  II,  pag.  59,  93,  181). 

Sembra  che  R.  Alamanni  sia  quel  Raimondo,  che  poi  in  no- 
vembre 1285  seguì  il  principe  di  Salerno  nel  suo  trasferimento 
nelle  prigioni  di  Catalogna  (Amari  ,  voi.  II,  pag.  153).  Rinaldo, 
o  meglio  Arnaldo,  di  Villanova  è  il  celebre  medico  fisico  del  Re 
Pietro.  A  5  aprile  di  questo  anno  il  Villanova  avea  ottenuto  dal 
Re  la  concessione  di  una  parte  del  castello  di  Otter,  e  poco  tempo 
dopo  conseguì  un  assegno  di  duemila  soldi  barcellonesi ,  e  fu 
testimone  nelle  false  donazioni  del  morente  Re  Pietro,  inventate 
dai  prelati  (Carini  cit.,  voi.  II,  pag.  110,  119  e  ;206).  Venne  indi 
nell'isola  nel  1309,  e  molta  parte  ebbe  nelle  quistioni  religiose  e 
nelle  relazioni  politiche  tra  la  Corte  di  Federico  II  e  quella  di 
Aragona.  L'illustre  prof.  Antonio  Rubiò  y  Lluch  ha  pubblicato, 
non  è  guari,  nel  suo  erudito  lavoro  Documents  per  l'historia  de 
la  cultura  catalana  mig-eval.  Barcelona,  1908,  voi.  I,  pag.  5 
a  56  vari  documenti  dal  1285  al  1312  riguardanti  il  Villanova. 

Le  rimostranze  per  le  concessioni  dei  Casali  fatte  da  Giacomo 
mostrano  che  l'alta  prerogativa  regia  non  si  voleva  su  ciò  im- 
mutare, anzi  doveano  eseguirsi  le  norme  già  emanate,  «  volunta- 
tem  nostram  et  intencionem  super  donacionibus  faciendis  » .  (Ve- 
dasi pure  il  documento  anteriore,  n.  XXXII).  Per  i  fatti  dell'ar- 
mata siciliana  basta  rinviare  ad  Amari,  9a  ediz.,  voi.  IL  pag.  138 
e  seg. 

Nella  cronaca  del  Neocastro,  cap.  92  (ed.  Gregorio,  Bibl.  script. 
Arag.,  t.  I,  pag.  129)  si  ha  una  lettera  concitata,  evidentemente 
composta  dal  cronista  ,  con  la  quale  il  Re  Pietro  rimprovera  il 
figlio  Giacomo  per  il  ritardo  dell'  invio  del  prigione  principe  di 
Salerno;  ma  tali  sentimenti  coincidono  però  col  testo  della  vera 
lettera. 


(1285)  —  166 


LXXIX. 

1285,  maggio  30,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Bernardo  scriba  di  fornire  agli  am- 
basciatori del  Re  di  Tunisi  quanto  ai  medesimi  occorre  per  la 
spesa  di  una  giornata  per  carni  e  pane. 

Bernardo  Scribe  quod  donet  nunciis  regis  Tunicii  diaf- 
famo sive  expensam  unius  diei,  scilicet  duas  vaccas,  viginti 
arietes,  et  XL  solidos  panes.  Datum  in  Colle  de  Panissars, 
IIJ°  kalendas  Iunii. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  27,  nell'Aron.  Cor.  di  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  116  dà  un  sunto,  e 
indica  il  foglio  28  invece  di  27  ,  e  1'  anno  1284 ,  che  deve  però 
essere  ridotto  a  modo  comune,  al  pari  di  altri  documenti- che  se- 
guono. 

Quegli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi  Abu  Hafs  (Bohap)  eran 
venuti  al  Colle  di  Panissars  per  conchiudere  il  trattato  di  pace 
del  2  giugno  1285  tra  quel  Re  e  l'Aragona  e  la  Sicilia  (Vedi  ap- 
presso, doc.  LXXXI). 

La  parola  diaffamo  manca  in  Ducange;  però  è  spiegata  in  que- 
sto documento  stesso  con  le  parole  expensa  unius  diei.  Carini 
nel  sunto  traduce  diaffa,  ma  senza  alcuna  evidente  ragione  filo- 
logica. 


LXXX. 


1285,  maggio  31,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  allo  scriba  Bernardo  di  consegnare  gli 
abiti  convenienti  all' ambasciatore  dell'Infante  Giacomo. 

Bernardo  scribe  quod  donet  Salvatori  Petri,  nuncio  In- 
fantis  Iacobi ,  vestes  sibi  competentes.  Datum  in  Colle  de 
Panissars,  pridie  kalendas  Iunii  [1285]. 


—  167  —  (Ì285) 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  27,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  116  ne  offre  il  sunto. 

L'ambasciatore  Salvatore  di  Pietro  avea  portato  al  Re  Pietro 
le  lettere  ed  i  capitoli  diversi  spediti  dall'Infante  Giacomo,  e  tor- 
nava indi  in  Sicilia  a  recare  le  risposte  regie,  come  si  rileva  dal 
documento  precedente  n.  LXXVIII. 


LXXXI. 

1285,  giugno  2,  Colle  de  Panissars. 

Trattato  di  pace  per  quindici  anni  tra  Pietro  Re  di  Aragona 
e  di  Sicilia  e  Miralmomeni  Bohap  Re  di  Tunisi.  Si  provvede  con 
tale  trattato  per  sicurtà  ai  Saraceni  che  trafficano  nelle  terre  del 
Re  Pietro,  o  che  abitano  nelle  terre  soggette  al  Re  di  Tunisi,  re- 
stituzione di  oggetti  naufragati  o  rubati,  casi  di  inseguimento  di 
navi  cristiane  o  saracene,  o  che  viaggiano  contro  nemici,  sicurtà 
ed  altro  per  i  Cristiani  nelle  terre  del  Re  di  Tunisi,  pagamento 
delle  tasse  di  dogana ,  dritto  ai  sudditi  del  Re  Pietro  di  tener 
fondachi  e  consoli  a  Tunisi  ed  altrove',  obbligo  del  Re  di  Tunisi 
di  pagare  ogni  anno  al  Re  di  Aragona  e  di  Sicilia  il  tributo  di 
33,333  bisanti  ,  facoltà  al  sudetto  Re  di  Aragona  di  nominare  i 
capi  dei  Cristiani  col  soldo  cerne  al  tempo  del  nobile  Guglielmo 
Moncada,  libertà  di  culto  e  di  scuole  per  i  medesimi.  Il  Re  Pie- 
tro si  obbliga  di  ottenere  la  ratifica  della  Regina  sua  moglie  e 
dell'Infante  Giacomo  per  il  regno  di  Sicilia. 

(Seguono  il  segno  del  Re  e  le  firme  dei  testimoni ,  ed  alcuni 
capitoli  aggiunti  per  l'obbligo  del  Re  di  Tunisi  del  pagamento 
del  tributo  dei  tre  anni  scorsi ,  e  di  danaro  ed  altro  dovuti  al 
tempo  del  Re  Carlo  d  Angiò). 

Questo  documento  in  lingua  catalana  si  trova  nel  reg.  47  del 
Re  Pietro,  a  fol.  81,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Fu  dato  in  luce  da  Capmany  ,  Memorias  historicas  sobre  la 
marina  ,  comercio  y  artes  de  la  antigua    ciudad   de   Barcelona. 


(1285)  —  168  — 

Madrid,  1779,  t.  IV,  doc.  VI,  pag.  9  e  seg.  Egli  suddivide  il  testo 
in  XL  articoli,  premettendovi  il  numero,  ed  in  alcune  parti  mi- 
gliora qualche  espressione  del  catalano  antico,  per  renderla  più 
comprensibile.  A  pag.  12  trascrive  inesattamente  fondecs  de  mer- 
caderies  e  consols  invece  di  mercaderies,  fondecs  e  consols. 

Il  medesimo  storico  catalano  ristampò  nel  volume  Antiguos 
tratados  de  paces  y  alianzas  entre  algunos  Reyes  de  Aragon  y 
diferentes  principes  infieles  de  Asia  y  Africa,  desde  el  siglo  XIII 
hasta  el  XV,  pubblicato  in  Madrid  nel  1786,  per  ordine  del  Re, 
quel  trattato  del  1285  ,  però  con  data  erronea  del  13  giugno  (a 
pag.  39  e  seg.),  traducendolo  «  fiel  y  literal mente  del  idiòma  an- 
tiguo  lemosiDO  al  castellano»,  e  rendendolo  più  breve. 

Mas  Latrie  nell'opera  Traités  de  paix  concemant  les  relations 
avec  les  Ardbes  de  l'Afrique  septentrionale  au  moyen  age.  Paris, 
1868 ,  pag.  286  e  seg.  riprodusse  il  testo  originale  del  trattato , 
ricavandolo  dall'edizione  del  Capmany,  Memorias  cit. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II  ,  pag.  37  e  seg.  ne  offre 
più  che  il  sunto,  una  traduzione  o  meglio  parafrasi;  ma  non  in- 
dica affatto  che  il  testo  era  stato  pubblicato  prima  dal  Capmany 
e  dal  Mas  Latrie. 

Amari  ,  9a  ediz.,  voi.  I ,  pag.  367,  e  specialmente  nel  voi.  II, 
pag.  130  e  seg.  dà  varie  utili  notizie  su  questo  trattato,  senza  ri- 
cordare l'edizione  del  Mas  Latrie  ;  però  non  sembra  esatta  l'af- 
fermazione che  «  sperava  il  re  che  non  cascasse  mai  [il  trattato] 
nelle  mani  del  papa,  e  non  fornisse  nuovo  argomento  a  processi 
della  curia  romana». 

Per  tale  documento  di  eccezionale  importanza,  anco  per  la  no- 
tizia del  commercio  esterno  della  Sicilia  con  1'  Africa  settentrio- 
nale, rileverò  soltanto  che  Pietro  stipulava  il  trattato  tanto  come 
Re  di  Aragona  che  di  Sicilia,  e  che  ricordava  espressamente  per 
Giacomo  qui  deu  esser  hereter  apres  nos,  mentre  per  Alfonso  dice: 
«flls  nostre  maior  et  hereter  apres  nos  en  les  dits  Regnes»  [di 
Aragona,  Valenza  e  Catalogna].  Si  desume  ancora  l'esistenza  di 
Consoli  di  Sicilia  e  Catalogna  nella  Tunisia  in  quel  tempo,  e  l'ob- 
bligo del  tributo  dall'epoca  di  Carlo  d'Angiò,  ricordandosi  altresì 
in  fine  il  frumento  che  Lorenzo  Ruffo  «  et  ses  caballers  trameseren 
de  Sicilia,  el  temps  que  Karles  la  tenia,  per  vendre  a  Tunis». 

Capmany,  nel  t.  Ili  Suplemento  a  las  Memorias,  pag.  204,  os- 
serva :  «No  consta  que  antes  del  ano  1285  por  algun  tratado  de 


—  169  —  (1285) 

paz  se  habiese  asegurado  el  tràfico  y  la  navegacion  en  aquellas 
tierras  »  [di  Africa],  e  fornisce  quindi  un  pregevole  riassunto  delle 
disposizioni  contenute  in  esso.  A  pag.  205  ricorda  per  Guglielmo 
Moncada  che  «  esto  illustre  caballero  fué  el  primer  gobernador  , 
que  habia  puesto  en  el  alcàzar  de  Tùnez  el  Rey  Don  Pedro  en 
1281  »,  e  per  il  tributo  dovuto  a  Carlo  d'Angiò  nota  che  esso  pro- 
veniva dall'  anno  1276  «  en  que  Omar  Muley  se  hizo  tributario 
suyo.  Este  tributo  anual  lo  pagaban  los  Reyes  de  Tùnez  desde 
1145,  quando  Rogerio  II  Rey  de  Sicilia  los  sujetó». 

Rimase  nondimeno  ignoto  al  Capmany  un  trattato  del  14  feb- 
braio 1271  per  dieci  anni ,  conchiuso  dal  Re  Giacomo  I  di  Ara- 
gona, e  ristampato  da  Mas  Latrie,  Traités  cit.,  pag.  280  e  seg. 
sull'  edizione  datane  da  Champollion  e  Reinaud.  Altro  trattato 
posteriore,  del  21  novembre  1301,  del  Re  Giacomo  II  «que  ase- 
gurase  a  los  Catalanes  las  ventajas  ya  consignadas  en  los  tratados 
de  14  de  Febrero  de  1271  y  2  de  Iunio  de  1285  »  è  stato  pubbli- 
cato col  testo  arabo  ,  traduzione  contemporanea  e  fac-simili  dal- 
l'illustre prof.  Andrea  Gimenez  Soler  ,  Episodios  de  la  historia 
de  las  relaciones  entre  la  Corona  de  Aragón  y  Tunez  nell'Armari 
de  l'Institut  d'Eshidis  Catalans.  Barcelona,  1907,  pag.  212  e  seg. 


LXXXII. 

1285,  giugno  3,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  l'Infante  Giacomo  di  non  permettere 
che  i  mercanti  o  gli  abitanti  di  Barcellona  portino,  nel  presente 
anno,  frumento  o  biada  dalla  Sicilia  (de  partibus  Sicilie),  tranne 
per  quelli  che  acquisteranno  il  diritto  di  tratta  dalla  regia  Corte 
in  Catalogna  (in  partibus  istis). 

Simili  lettere  alla  Regina,  a  Loria,  ai  Maestri  Portolani  ed 
a  Giovanni  da  Procida. 

Infanti  lacobo.  Rogamùs ,  dicimus  et  inibemus  vobis 
quatenus  non  permictatis  quod  aliqui  mercatores,  vel  habi- 
tatores  Barchinone ,  extrahant  vel  extrahere  possint  anno 


(1285)  —  170  — 

presenti  frumentum ,  vel  aliquod  genus  biadi  de  partibus 
Sicilie,  immo  istud  prohibeatis  et  faciatis,  sicut  cupitis  no- 
stre celsitudini  compiacere  ;  exceptis  tantum  illis,  qui  a  re- 
gia Curia  nostra  in  partibus  istis  predicti  frumenti  et  biadi 
emerint  exituram,  quos  volumus  posse  extrahere  de  parti- 
bus  ipsis  quantitates  a  nobis  eis  concessas ,  sicut  de  ipsis 
quantitatibus  Magistris  Portulanis  per  nostras  patentes  li- 
teras  dedimus  in  mandatis.  Datum  apud  Collera  de  Panis- 
sars,  I1J°  nonas  Iunii. 

Similis  domine  Regine  —  Rogerio  de  Loria  —  Magistris 
Portulanis  —  f ohanni  de  Procida. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  118  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Cartni,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  85  dà  il  sunto  del 
documento. 

È  evidente  lo  scopo  di  quella  proibizione,  destinata  ad  impe- 
dire la  carestia  del  frumento  durante  la  guerra,  ed  a  provvedere 
pei  bisogni  dell'armata. 


LXXXIII. 

1285,  giuguo  4,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  al  Baiulo  di  Barcellona,  R.  Alamanni, 
di  pagare  le  spese  di  locazione  convenuta  (logherium  )  a  coloro, 
che  fornirono  gli  animali  per  il  viaggio  degli  ambasciatori  del 
Re  di  Tunisi  sino  al  Colle  di  Panissars,  presso  il  medesimo  Re 
Pietro. 

R.°  Alamanni,  Baiulo  Barchinone,  quod  solvat  illis  qui 
conduxerunt  bestias,  quas  nuncii  illustris  regis  Tunicii  ad- 
duxerunt  apud  Collem  de  Panizars,  logherium  quod  eis  de- 
betur  prò  tempore ,  quo  iidem  nuncii  ipsas  bestias  tenue- 
runt,  prout  cura  ipsis  convenistis,  et  est  fieri  assuetura.  Da- 


-  171  —  (1285) 

tum  apud  Gollem  de  Panissars ,  pridie  nonas  Iunii ,  anno 
predicto. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  27  r.  nell'  Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  110  offre  un  breve 
sunto,  ma  con  data  erronea  del  31  maggio,  mentre  le  parole  pridie 
nonas  Iunii  indicano  sicuramente  la  data  del  4  giugno. 

Cfr.  il  doc.  LXXIX  per  altre  spese  per  quegli  ambasciatori. 


LXXXIV. 


1285,  giugno  5,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  R.  Alamanni  di  pagare  a  quelli,  che 
fornirono  le  bestie  per  il  viaggio  degli  ambasciatori  del  Re  di  Tu- 
nisi al  Colle  di  Panissars,  le  nuove  spese  per  il  ritorno  in  Bar- 
cellona. 

i 
R.°  Alamanni  quod  solvat  illis  qui  conduxerunt  bestias, 
quas  nuncii  illustris  regis  Tunicii  adduxerunt  apud  Coilem 
de  Panissars,  expensas  novas,  quas  facti  sunt  in  veniendo 
[et]  redeundo  cum  ipsis  nunciis  Barchinone.  Datum  apud 
Coilem  de  Panizars,  nonis  Iunii,  anno  predicto. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  27  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  116,  omise  intera- 
mente il  sunto  di  questo  documento,  che  giova  a  mostrare  l'iti- 
nerario seguito  dagli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi. 


(1285)  —  172  — 


LXXXV. 

1285,  giugno  5,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  Guglielmo  de  Roca  per  la  consegna  di 
due  mila  soldi  agli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi  per  loro  prov- 
visione. 

Guiilelmo  de  Rocha  quod  donet  nunciis  regis  Tunicii 
duo  milia  solidos,  quos  dominus  rex  eis  donat  prò  quieta- 
cene  seu   expensis  eorum.   Datum   ut  supra  fnonis    [unii 

1285]. 

Dal  reg.  58,  fol.  28  r.  del  Re  Pietro  Arch.  Cor.  Arag.  in  Bar- 
cellona). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  117  riporta  il  sunto. 

È  altro  documento  pregevole  per  la  notizia  di  quell'ambasce- 
ria, tra  le  fazioni  di  guerra  nella  Catalogna. 


LXXXVI. 

1285,  giugno  5,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  al  Vicario  di  Barcellona  ,  od  ai  suoi 
luogotenenti,  di  non  vietare  ad  Abramo  Mosse  ed  Abramo  Cachar, 
ebrei  di  quella  città,  di  recarsi  in  Sicilia  con  le  proprie  merci , 
tranne  se  siano  proibite ,  né  di  molestarli  ,  durante  il  viaggio , 
per  quanto  essi  devono  per  prestazioni  e  tributi  (in  peitis  sive 
questiis),  ai  quali  sono  tenuti  gli  Ebrei  di  Barcellona. 

Vicario  et  baiulo  Barellinone,  vel  eorum  locum  tenenti- 
bus,  quod  non  impediant  Abraham  Mosse  et  Abraham  Qa- 
char,  socium  suum,  iudeos  Barellinone,  super  viatico  quod 
facturi  sunt  apud  Siciliam,  cum  mercibus  suis,  exceptis  re- 


—  173  —  (1285) 

bus  prohibitis;  et  in  hoc  nullum  faciant  impedimentum  ipsis 
assecurantibus  idonee  solvere  parte m  suatn  in  hiis,  que  Iu- 
dei  Barellinone  nunc  nobis  dare  debent ,  et  in  aliis  peitis 
sive  questiis  que  fient ,  ipsis  existentibus  in  viatico ,  et  si 
qui  adhuc  debent  de  peitis  preteritis.  Datum  in  Collo  de  Pa- 
nissars,  nonis  iunii  [1285]. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  122,  nell'Aron.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  86  dà  un  sunto  so- 
lamente per  metà  del  documento,  tralasciando  di  notare  l'obbligo 
del  pagamento. 

Il  divieto  di  esportazione  di  merci  proibite  si  riferiva  a  quelle, 
che  potevano  usarsi  in  guerra.  Riesce  utile  il  documento  per  il 
ricordo  della  speciale  condizione  degli  Ebrei  in  Catalogna,  e  delle 
tasse  alle  quali  erano  soggetti. 

L' insigne  storico  Iosé  Amador  De  los  Rios  nella  sua  impor- 
tante opera  Historia  social,  politica  y  religiosa  de  los  Iudios  de 
Espana  y  Portugal.  Madrid,  1876,  t.  II,  pag.  5  e  seg.  ricorda  e- 
spressamente  i  vantaggi  che  il  Re  Pietro  I  ricavava  per  la  guerra 
dai  tributi  degli  Ebrei,  mentre  si  trovava  nel  Colle  de  Panissars. 
Egli  dice  :  «  Contribuian  los  judios  a  todas  estas  empresas  con 
su  actividad  y  sus  tesoros.  Don  Pedro,  que  atendiendo  al  decoro 
de  su  esposa  dona  Constanza,  le  habia  donado,  al  coronarla  reina 
de  Aragon,  la  ciudad  de  Gerona ,  con  las  pingiies  rentas  de  su 
ya  famosa  juderia  ,  no  solamente  aceptaba  sus  servicios  para  la 
provision  y  ordenacion  de  sus  ejércitos  y  armadas,  comò  los  ha- 
bia aceptado  el  Conquistador  [Giacomo  I],  sino  que  acudia  tam- 
bien,  no  sin  frecuencia,  a  las  aljamas  de  Aragon,  Valencia  y  Ca- 
taluna,  en  demanda  de  extraordinarios  tributos». 


LXXXVII. 


1285,  giugno  8,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  Berengario  de  Conques  perchè  esamini 
quanto  è  dovuto  dalla  nave  regia,  chiamata  «Bonaventura»,  che 


(1285)  —  174  — 

si  trova  nella  spiaggia  di  Barcellona  ,  e  deve  partire  per  la  Si- 
cilia per  trasportare  frumento  «ad  usum  ac  sustentacionem  gentis 
exercituum  nostrorum  »  in  Catalogna,  e  si  obblighi  al  pagamento 
a  Raimondo  Fiveller  e  Giacomo  Dalmazzo  della  somma  suddetta 
derivante  sì  dal  mutuo  fatto  in  Genova  per  le  spese  occorse  nel 
viaggio  dalla  Sicilia  in  Genova  e  poi  sino  all'arrivo  in  Barcel- 
lona, che  dal  resto  di  altro  mutuo  conchiuso  in  Palermo,  ed  as- 
suma quindi  il  comando  della  nave  per  recarsi  in  Sicilia. 

In  una  nota  che  precede  il  documento  si  legge  di  essere  stato 
lacerato  a  31  luglio,  perchè  il  pagamento  fu  eseguito  invece  con 
la  concessione  di  tratte  di  frumento  dall'isola. 

Berengario  de  Conques.  Cum  navis  nostra  vocata  Bo- 
naventura nunc  existens  in  plagia  Barellinone,  quam  per 
vos  ad  partes  Sicilie  duci  mandamus  prò  afferendo  in  ea 
grano  ad  servicium  nostrum  ,  et  usum  ac  sustentacionem 
gentis  exercituum  nostrorum,  sit  obligata  Raimundo  Fivel- 
lerii  et  Iacobo  Dalmacii  prò  quadam  pecunie  summa,  quam, 
ad  solvendurn  logerium  marinariorum,  qui  navem  ipsam 
de  Sicilia  in  Ianuam,  et  exinde  ad  dictam  plagiano  Barelli- 
none nuper  adduxerunt ,  et  ad  emendum  exarceam  et  pa- 
naticam  et  faciendum  alias  expensas  eidem  navi  utiles  et 
necessarias,  atque  ad  satisfaciendum  dicto  Raimundo  Fivel- 
lerii  in  eo,  quod  sibi  restabat  ad  solvendurn  de  mutuo  per 
eum  facto  Panormi  fìdeli  nostro  Raimundo  de  Munterols 
super  eamdem  navem  et  naulum  ipsius ,  mutuaverunt  in 
civitate  lanue  et  mutuo  receperunt  a  P.  de  Molleto  et  Phi- 
lippo  de  Villasicca ,  mercatoribus  Barchinone ,  volumus  et 
mandamus  vobis  quatenus,  certificatus  prius  per  albaranum 
nostrum  sive  P.  de  Libiano  ,  magistri  racionalis  Curie  no- 
stre, de  summa  pecunie  debita  Raimundo  Fivellerii  et  Iaco- 
bo Dalmacii  et  aliis  mercatoribus  predictis  racione  mutui 
supradicti,  obligetis  vos  eisdem  in  solvenda  eis,  facto  dicto 
viagio,  ea  quantitate  pecunie,  quam  in  dicto  albarano  vide- 
ritis  contineri.  Dictam  vero  navem,  cum  exarcia  et  appara- 
tibus  suis ,  et  administracionem  eiusdem  recipiatis  et  em- 
paretis ,  ac  cum  ea ,  dirigeute  Domino,  navigetis  ad  partes 


—  175  —  (1285) 

Sicilie,  prout  vobis  dedimus  in  mandatis.  Datura  apud  Pa- 
nicars,  VI0  idus  iunii  [1285]. 

In  principio  di  questo  documento  si  legge  : 

Recuperavimus  presentem  litteram,  et  leniavimus  ipsam, 
quia  alias  fuit  creditoribus  satisfactum  in  exitura  fruraenti 
de  Sicilia,  prout  notatum  est  in  libro  comuni  in  kalendario 
li  kalendas  augusti,  anno  [M°GG°]  LXXXV0. 

Dal  reg.  58,  fol.  30  r.  del  Re  Pietro,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  117,  ne  dà  un  sunto 
incompleto  in  varie  parti,  ed  anche  per  l'omissione  della  notizia 
di  revocazione  dell'ordine  per  nuova  forma  di  pagamento. 

Il  documento  riesce  interessante  per  il  ricordo  di  usi  marit- 
timi per  locazione  di  marinai ,  compra  di  sartie  (exarcia)  e  pa- 
natica, e  convenzione  di  mutuo  su  la  nave  ed  il  suo  nolo. 

La  parola  in  Kalendario,  nella  nota  che  è  premessa,  ha  il  si- 
gnificato di  data,  per  il  provvedimento  segnato  in  altro  registro 
{libro  comuni). 

Il  de  Conques  nel  1279  era  portiere  della  Gasa  di  S.  Vincenzo, 
e  recò  allora  una  rilevante  somma  a  Giovanni  da  Procida  in  Pa- 
rigi. Gfr.  quanto  ho  detto  a  pag.  44.  —  Per  il  de  Munterols,  vedi 
prima,  doc.  n.  LXVII. 


LXXXVIII. 

1285,  giugno  9,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Raimondo  Marquet  di  permettere  che 
G.  Benincasa  ,  dopo  aver  consegnato  la  somma  da  lui  ricevuta 
per  suo  soldo  «  ratione  armate»,  attenda  al  servizio  della  nave 
regia,  chiamata  «  Bonaventura  »,  che  sarà  condotta  da  Berengario 
de  Conques  per  trasporto  di  frumento  dalla  Sicilia.  Vuole  altresì 
che  consegni  al  de  Conques  travi  e  legno  per  rinforzare  l'albero 
della  nave  suddetta. 

Raimundo  Marqueti.  Cura  G.  Benencasa  sit  necessarius 
ad  servicia  navis  nostre  vocate  Bonaventura,  quam  per  fi- 


(1285)  —  176  — 

delem  nostrum  Berengarium  de  Gonques  duci  mandavimus 
ad  partes  Sicilie  prò  afferendo  frumento  ad  servicium  et 
usum  nostrum  et  gentis  nostre,  volumus  et  mandamus  vo- 
bis  quatenus  recuperata  a  dicto  G.  pecunia  per  eum  recepta 
prò  logerio  suo  ratio  ne  armate,  in  quam  ut  intelleximus 
erat  iturus,  eum  ad  diete  navis  servicia  dimittatis.  Tradatis 
etiam  dicto  Berengario,  vel  cui  voluerit,  trabes  et  aliam  fu- 
stam  nostram,  si  quam  habetis  ydoneam  ad  fortificationem 
arboris  diete  navis.  Datum  ut  supra  [Coli  de  Panisars,  V 
idus  iunii  1285]. 

Dal  reg.  56  del  Re  Pietro,  a  fol.  124  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  87  offre  un  sunto, 
con  data  inesatta  dell '8  giugno. 

Raimondo  Marquet  era  barcellonese  ,  ed  in  maggio  aveva  ot- 
tenuto ,  insieme  a  Berengario  Maioli ,  di  tenere  ufficio  di  am- 
miraglio su  i  marinai  dell'  armata  di  Catalogna  e  Valenza  (Cfr. 
Carini  cit.  ,  pag.  71  e  79).  Si  ha  frequente  memoria  di  lui  nella 
cronaca  del  Muntaner,  edita  da  Bdchon,  Chroniques  étrangères. 
Paris,  1846,  pag.  343,  cap.  CXXTX  e  seg. 


LXXXIX. 

1285,  giugno  20,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  vuole  che  G.  de  Roca  fornisca  quanto  occorre 
a  Riccardo  de  Canalibus ,  a  suo  fratello  ed  al  loro  scudiere  in 
Barcellona,  innanzi  di  partire  per  la  Sicilia. 

G.°  de  Roca  quod  provideat  Rixardo  de  Canalibus  et 
Roberto  fratri  suo ,  et  uno  scutifero  eorum,  dum  fuerint 
Barchinone ,  et  transmeaverint  apud  Siciliani.  Datum  Bar- 
binone, XII0  kalendas  iulii  [1285]. 


—  177  —  (1285) 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  31,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  117  ne  dà  un  sunto. 

Il  documento  prova  che  i  fratelli  de  Canalibus  erano  inviati 
per  qualche  missione,  ed  infatti  si  conosce  che  Riccardo  a  30  giu- 
gno die  notizia  al  Re  della  buona  disposizione  degli  abitanti  del 
continente  del  regno  a  sottomettersi  al  suo  dominio  (Carini  cit., 
pag.  89). 

Per  Guglielmo  de  Roca» si  veda  il  doc.  n.  LXXXV. 


xo. 

1285,  giugno  21,  indizione  13a,  Catanzaro. 

Pietro  Ruffo  di  Calabria,  Conte  di  Catanzaro,  insieme  a  trenta 
nobili  e  probi  uomini  della  stessa  Terra  indicati  per  nome,  sta- 
bilisce ,  per  V  interposizione  di  alcuni  nobili  e  religiosi  uomini , 
con  Guglielmo  Calcerando  di  Cartelliano,  Capitano  e  Vicario  ge- 
nerale del  Re  di  Aragona  {Pietro)  «  a  Faro  citra  usque  ad  con- 
tìnia  terrarum  Sacrosante  reverende  Romane  Ecclesie»,  una  tre- 
gua o  sospensione  delle  operazioni  di  guerra  nelV  assedio  delta 
Terra  di  Catanzaro  da  parte  del  suddetto  Re  di  Aragona,  e  segna 
in  venti  capitoli  le  varie  condizioni  della  tregua  medesima.  Con 
essi  si  permette  al  Conte  Ruffo  ed  agli  abitanti  di  Catanzaro  di 
chiedere  aiuti  di  uomini  e  soldati  al  Legato  del  Re  Carlo  II  od 
a  Roberto,  Conte  di  Artois,  Bando  del  regno,  per  continuare  le 
ostilità;  altrimenti,  non  ottenendo  il  soccorso,  essi  dovranno  la- 
sciare la  Terra,  tranne  per  coloro  che  volessero  passare  sotto  il 
dominio  del  Re  di  Aragona  ,  i  quali  non  saranno  privati  delle 
loro  possessioni.  Le  due  parti  promettono  di  non  recarsi,  durante 
la  tregua,  danno  a  vicenda,  potendo  anzi  gli  abitanti  della  Terra 
portare  vettovaglie  e  raccogliere  le  messi  nel  territorio.  I  patti 
della  tregua  dovranno  essere  sottoposti  alla  ratifica  del  Re  di  Ara- 
gona, della  Regina  e  del  figlio  Giacomo. 

Seguono  le  firme  del  Giudice  e  dei  testimoni. 

(Atto  in  notar  Giovanni  de  Archipresbitero  di  Catanzaro).  j 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  12 


(1285)  —  178  — 

In  nomine  domini  Amen.  Anno  incarnacionis  eiusdem 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  quinto,  die  Iovis,  vice- 
simo  primo  mensis  iunii,  tercie  decime  indicionis,  apud  Ca- 
tanzarium ,  tempore  Baliatus  illustris  viri  domini  Roberti 
egregii  Comitis  Atrabatensis ,  heredis  et  successoris  dive 
memorie  domini  Karoli  quondam  Ierusalem  et  Sicilie  regis, 
in  regno  Sicilie  Balii  Generalis ,  Baliatus  eius  anno  primo 
feliciter  amen.  Nos  Petrus  Rufus  de  Calabria,  Dei  et  regia 
gratia  Comes  Catanzarii,  presenti  scripti  serie  notum  faci- 
mus  universis  atque  fatemur,  in  presencia  Rogerii  de  Cu- 
sencia  iudicis  civitatis  Catanzarii  et  Iohannis  de  Archipre- 
sbitero  publici  notarii  civitatis  eiusdem ,  in  quos  consensi- 
mus  tamquam  in  nostros  iudicem  et  notarium,  cum  scire- 
mus  ipsos  nostros  iudicem  et  notarium  non  esse ,  necnon 
infrascriptorum  nobilium  et  proborum  virorum  de  Catan- 
zaro videlicet  :  domini  Roberti  Filmaynardi,  iudicis  Goffredi, 
Bartholomei  de  Domino  Baldo ,  Andree  de  Prato  ,  Arnoni 
de  Domino  Goffredo,  Roberti  de  Iudice  Henrico  et  notarii 
Mathei  de  Matheo,  Deodati  Pildire,  Puchii  Pisani,  Gualterii 
Mitro,  Stephani  Mathei ,  Andree  Guberna,  domini  Riccardi 
de  Domino  Baldo,  Nicolai  de  Spoleto,  Guillermi  Quatroppa, 
domini  Gualterii  Filmaynardi,  Riccardi  Gacti,  Iacobi  Vallecti, 
Petroni  de  Sigillatore ,  Guidonis  de  Petrono ,  Guillermi  de 
Astoe,  Renaldi  Romagnani,  Petri  Squillacheti,  Iohannis  de 
Milina,  iudicis  Iohannis  de  Iohannico,  Pauli  Christiani,  iu- 
dicis Marci  Galioti,  Iohannis  de  Protopapa,  Iacobi  Fiuma- 
ne et  Nicolai  de  Magistro  Iacobo,  qui  ad  hec  interfuerunt 
vocati  et  rogati,  quod  cum  nobilis  et  egregius  vir  dominus 
Guillelmus  Galzarandus  de  Cartilliano,  domini  regis  Arago- 
num  consiliarius  et  familiaris,  regni  Sicilie  Mariscalcus,  re- 
gius Vicarius ,  et  castrorum  Sicilie  provisor  citra  flumen 
Salsum ,  necnon  a  Faro  citra  usque  ad  confinia  terrarum 
sacrosante  reverende  Romane  Ecclesie ,  sicut  se  consuevit 
scribere,  Capitaneus  et  Vicarius  generalis,  cum  exercitu  suo 
prò  parte  regis  Aragonum  obsedisset  terram  nostram  Ca- 
tanzarii, et  tam  nos  quam  homines  ipsius  terre  nostre  Ca- 


—  179  —  (1285) 

tanzarii  coegisset  ad  obediendura  eidem  ,  prò  parte  regis 
Aragonum,  ac  nos  et  homines  diete  terre  nostre  in  hoc  sibi 
resistentes  guasto  vinearum  et  segetum,  necnon  aliis  dam- 
pnis  et  gravaminibus  per  eura  nobis  illatis  in  personis  et 
rebus  per  dies  plures  dampnificasset  et  diversimode  afflixis- 
set ,  mediantibus  aliquibus  nobilibus  et  religiosis  viris  ad 
infrascriptarn  treugam,  pacta  et  concordiarn  devenimus  cum 
domino  Gapitaneo  supradicto,  videlicet  quod  ab  eodem  do- 
mino Guillelmo  nos  et  omnes  homines  terre  Gatanzarii  et 
tenimenti  sui ,  necnon  exteri  morantes  ibidem  ,  terminum 
mictendi  ad  dominum  legatura  regis  licteras  seu  nuncios , 
vel  ad  dominum  Gomitem  Atrabatensem  seu  ad  alium,  prò 
requirendo  subsidio  ad  eisdem,  quatraginta  scilicet  dierum 
recepimus,  numerandorum  a  die  lovis  vicesimo  primo  men- 
sis  iunii,  terciedecime  indicionis  in  antea,  in  quibus  diebus 
non  computentur  dies  in  quibus  fìeret  eis  impedimentum 
ab  aliquibus ,  qui  sunt  vel  erunt  infra  eumdem  terminum 
ex  parte  domini  regis  Aragonum,  qui  nuncii  secure  vadant 
et  redeant  per  mare,  terras  et  loca  subiecta  fidei  et  domi- 
nio dicti  regis  Aragonum  ,  quibus  nunciis  si  aliquid  esset 
ablatum  in  via  per  fideles  predicti  domini  regis  Aragonum, 
idem  dominus  Guillermus  Gapitaneus  restituì  faciat  omnia 
dampna  nunciis  ipsis  per  eosdem  illata  et  liberari  faciet,  si 
quera  nunciorum  ipsorura  capi  contingerit,  infra  quem  ter- 
minum si  tale  auxilium  seu  exforcium  nobis  veniet  seu  mic- 
titur ,  quod  nos  possimus  defendere  et  bellare  in  campo 
cum  eo  et  exercitu  suo ,  ubicumque  fuerit  idem  dominus 
Capitaneus  citra  Farum,  tara  nos  quam  domina  Comitissa 
uxor  nostra  et  omnes  homines  in  predicta  terra  nostra  Ga- 
tanzarii morantes,  occasione  pactorum  presenciura,  que  cum 
eo  inimus ,  minime  teneamur  eidem  vel  alicui  alteri ,  et  si 
forte  nos  et  predicti  homines  Catanzarii  infra  predictum 
terminum  quatraginta  dierum  exforcium  seu  auxilium  tale 
habere  non  poterimus,  quo  nos  possimus  defendere  et  pu- 
gnare cum  ipso  et  exercitu  suo  in  campis,  ut  dictum  est, 
nos,  predicta  domina  Comitissa  uxor  nostra  et  filii  nostri, 


(1285)  —  180  — 

necnon  et  homines  in  ipsa  terra  Gatanzarii  morantes,  cives 
seu  exteri,  Gallici  seu  Latini,  libere  et  secure  possimus  exire 
de  locis  et  terris  fidei  et  dominio  predicti  domini  regis  A- 
ragonum  subiectis,  in  personis  et  rebus  cum  omnibus  hiis, 
.qui  nos  sequi  voluerint,  habito  ab  eodem  domino  Gapitaneo 
ydoneo  et  securo  conducto,  prestando  nobis  ab  eo  de  gente 
sua,  et  relieta  terra  et  bonis  nostris  stabilibus  eidem  Gapi- 
taneo prò  parte  dicti  domini  regis  Aragonum  ,  ita  tamen 
quod  quicumque  de  hominibus  morantibus  in  predicta  terra 
Catanzarii ,  civibus  seu  exteris,  morare  voluerit  sub  domi- 
nio et  fidelitate  domini  regis  Aragonum  secure  morentur, 
et  habeant  liberum  arbitrium  morandi ,  eundi  et  redeundi 
quocumque  voluerint  ad  terras  et  loca  fidelitati  et  dominio 
dicti  regis  subiecta ,  nullumque  malum  meritum  reddatur 
nobis  vel  eis  seu  alicui  ex  eisdem ,  occasione  fidei  quam 
usque  nunc  tenuimus ,  tenemus  et  gerimus  seu  tenent  et 
gerunt  erga  quondam  dominum  nostrum  regem  Karolum  et 
eius  heredes,  vel  etiam  alicuius  dampni  seu  iniurie  illati  seu 
illate  per  nos  et  eosdem  homines  vicinis  aliquibus  seu  ali- 
cui de  gente  predicti  Gapitanei  seu  dicti  regis  Aragonum  in 
personis  et  rebus  eorum ,  tempore  guerre,  de  quibus  con- 
querentes  aliqui  contra  nos  vel  eosdem  habitatores  terre 
nostre  Catanzarii,  cives  vel  exteros,  nullatenus  audiri  debe- 
bunt ,  nec  etiam  predicte  terre  nostre  Gatanzarii  homines 
possessionibus  suis,  quas  nunc  tenent  et  possident ,  desti- 
tuente iuris  ordine  non  servato.  Item  quod  omnes  habita- 
tores predicte  terre  nostre  Catanzarii,  tam  cives  quam  ex- 
teri „  qui  sunt  in  Gatanzario ,  possint  secure  redire  ad  do- 
mos  suas,  et  bona  eorum  stabilia ,  que  tenuerunt  tempore 
quondam  domini  nostri  regis  Karoli ,  tam  ipsi  scilicet  de 
Nicotera,  Neocastro,  Squillacio,  Mayda,  Marturano,  Syrano, 
quam  aliunde  ;  et  si  forte  bona  eorum  ab  aliquo  seu  aliqui- 
bus detinentur ,  et  iam  capta  et  occupata  per  aliquem  vel 
aliquos  sunt,  promisit  idem  dominus  Guillelmus  Capitaneus 
restituere  et  restituì  facere  possessiones  eorum  ipsorum  ho- 
norum volentibus  ad  fidem  ipsius  regis  Aragonum  redire , 


—  181  —  (1285) 

iure  tamen  cuiuslibet  alterius  semper  salvo.  Promisit  eciam 
idem  Capitaneus  nobis  firmiter  cum  toto  exercitu  suo  de 
toto  tenimento  Gatanzarii  statini  recedere,  factis  cautelis  et 
instrumentis  de  treuga  predicta,  nec  inferet  eciam  idem  Ga- 
pitaneus seu  pacietur  inferri  dampna  seu  molestias,  in  per- 
sonis  vel  rebus,  nobis  vel  eciam  alicui  de  vassallis  nostris 
predictis  per  vicinos ,  vel  eciam  per  gentem  exercitus  sui , 
vel  per  alios  de  gente  regis  Aragonum,  per  terram  seu  per 
mare,  infra  terminum  predictorum  quadraginta  dierum,  nec- 
non  postquam  predicti  vassalli  nostri  redierint  ad  fìdem 
predicti  domini  regis  Aragonum,  ita  tamen  quod  nos  et  ha- 
bitatores  terre  nostre  Gatanzarii  illis ,  qui  iam  ad  fìdem 
domini  regis  Aragonum  redierunt ,  vicinis  scilicet  vel  aliis 
in  personis  vel  rebus  nulla  inferamus  dampna ,  molestiam 
vel  iacturam.  Gonvenimus  eciam  et  promisimus  eidem  do- 
mino Guillelmo  Gapitaneo,  ex  causa  treuge  predicte,  quod 
nos  et  predicti  habitatores  Gatanzarii,  tam  cives  quam  ex- 
teri,  nullas  municiones  de  novo  faciemus  in  castro  et  terra 
predictis,  et  nullum  fodrum  seu  victualia  inferemus,  vel  in- 
ferri faciemus  in  terra  et  castro  predictis,  et  eciam  messes 
omnes,  quas  interim  recolligerimus  nos  et  predicti  vassalli 
nostri  extra  ipsam  terram,  conservabimus  et  conservari  fa- 
ciemus in  areis  vel  massariis  consuetis,  vel  in  terris  et  lo- 
cis  fidelitati  et  dominio  dicti  regis  Aragonum  subiectis.  Li- 
ceat  tamen  nobis  et  hominibus  Gatanzarii,  civibus  ac  ex- 
teris,  indigentibus  victualibus  prò  vita  et  sustentacione  no- 
stra, et  animalium  nostrorum,  et  dictorum  hominum  habi- 
tatorum  diete  terre ,  et  animalium  suorum  ,  prò  predicto 
tempore  tantum  quadraginta  dierum  intromictere  et  inferre, 
seu  intromicti  facere  et  inferre,  victualia  et  alia  necessaria 
victui  nostro  et  eorumdem  et  animalium  suorum,  iuxta  ar- 
bitrium  nostrum  et  prescriptorum  triginta  virorum  de  terra 
Gatanzarii,  prestito  iuramento  a  nobis  et  eis ,  tacto  corpo- 
raliter  libro,  quod  ultra  quantitatem  predictam  prò  vita  et 
sustentacione  nostra  et  eorum  et  animalium  nostrorum  et 
suorum  prò  predicto  tempore,  ut  predictum  est,  non  infe- 


(1285)  —  182  — 

reraus  nec  inferri  ab  aliquibus  paciemur.  Gonvenimus  eciam 
cum  eodera  domino  Capitaneo  et  promisimus  quod  nos  et 
habitatores  diete  terre  nostre  Gatanzarii,  et  alii  vassalli  no- 
stri, libere  possiraus  et  possint  metere  segetes  seu  messes 
nostras  et  eorum  ,  recolligere ,  ac  timonias  facere  tam  in 
Gatanzario,  Rocaffallucca  et  pertinenciis  suis,  quatti  Tachina 
et  Castello  maris  et  pertinenciis  suis.  Ac  eciam  conveni- 
mus  cum  eodem  Capitaneo  ex  causa  treuge  predicte  quod 
liceat  nobis  et  habitatoribus  Catanzarii,  tam  civibus  quam 
exteris ,  infra  supradictum  terni inum  secure  ac  libere ,  prò 
nostre  et  eorum  voluntatis  arbitrio,  ire  et  redire  per  terras 
et  territoria  seu  tenimenta  Catanzarii,  Roccefalluce,  Tachine 
et  Castellorum  maris,  habendo  liberum  gressum  et  regres- 
sum ,  itum  et  reditum  per  tenimenta  Symonis  Sellari ,  Ta- 
berne  Barbarie  et  Genetocastri,  per  que  necessario  transi- 
tur  ad  predictas  terras  Tachine  et  Castellorum  maris ,  ita 
tamen  quod  non  liceat  eis  et  nobis  ire  ad  predictam  ter- 
ram  Castellorum  maris  nisi  dominus  Iohannes  frater  noster 
prestiterit  iuramentum,  sicut  in  pactis  inter  nos  et  predictum 
Capitaneum  habitis  continetur,  ac  eciam  omnia  pacta  facta 
nobiscum  promissa ,  concessa  et  acceptata  in  persona  no- 
stra robur  lirmitatis  habeant  et  obtineant  in  persona  do- 
mini Iohannis  Rufi  fratris  nostri ,  dum  tamen  prius  idem 
domnus  Iohannes  frater  noster  iuramentum  per  totum  vi- 
cesimum  quartum  diem  presentis  mensis  iunii  prestet  si- 
mile iuramento  prestito  a  nobis,  ut  in  serie  presentis  scripti 
plenius  continetur,  in  eadem  treuga  et  convencione ,  iuxta 
formam  et  condicionem  predictorum  et  infrascriptorum  Ga- 
pitulorum.  Cui  eciam  Capitaneo  promisimus  per  iuramen- 
tum, fidem  et  legalitatem  nostram  quod  consanguineis,  flliis 
et  rebus  eorum ,  qui  iam  ad  fidem  dicti  regis  Aragonum 
devenerunt,  in  ipsa  terra  Gatanzarii  vel  extra  morantibus , 
nulla  de  cetero  infra  predictum  terminum  gravamina  seu 
molestias  inferemus  vel  paciemur  inferri,  dummodo  non  ve- 
niant  ad  segetes  suas  colligendas,  vel  ad  offendendum  vel 
impugnandum  nos  vel  aliquem  de  vassallis  nostris.  Nos  au- 


—  Ì83  —  (Ì285) 

tem  et  predicti  triginta  viri  de  Catanzario  superius  nomi- 
nati iuravimus  ad  sancta  Dei  evàngelia ,  tacto  corporaliter 
libro,  in  fide  et  legalitate  nostra,  in  presencia  predictorum 
Iudicis  et  notarii  et  predictorum  virorum,  firmiter  actendere 
et  observare  treugam,  convenciones  et  pacta  predicta  illesa 
sine  fraude,  dolo  et  aliqua  diminucione,  atque  in  nullo  con- 
trafacere  vel  venire,  et  si  contigerit  quod  nos  violaverimus 
ea  omnia,  que  promisimus  vel  aliquid  predictorum,  veniendo 
contra  treugam  et  convenciones  predictas,  quod  omnes  ipsi 
qui  iuraverint  nobiscum  de  consensu  nostro  et  nostre  be- 
neplacito voluntatis,  eodem  iuramento  teneantur,  tam  prò 
se  ipsis,  quam  nomine  et  prò  parte  hominum  universitatis 
ipsius ,  ut  sindici  eorum  in  quos  sponte  ordinatos  et  con- 
stitutos  ad  hec  unanimiter  consenserunt,  redire  ad  fidem  et 
dominium  ipsius  regis  Aragonum,  et  quod  predicti  homines 
et  universitas  ipsius  terre  Gatanzarii  sint  contra  nos  ,  non 
obstante  aliquo  iuramento  fìdelitatis  et  homagii,  quo  nobis 
sunt  vel  fuerunt  astricti,  de  quibus  homagio  et  fìdelitate,  si 
contra  predicta  fecerimus  vel  aliquod  predictorum,  eos  dein- 
de duximus  absolvendos.  Ipse  etiam  dominus  Guillelmus 
Gapitaneus  et  omnes  infrascripti  viri  nobiles,  videlicet:  do- 
minus Raynaldus  de  Sancto  Felicio,  Ribaldus  de  Sfar,  do- 
minus Bonamicus  de  Randacio,  Rodericus  Chanzus  de  Bir- 
gaz,  Bernardus  de  Billuri,  Guillelmus  Galvans,  Galzaranus 
Saccurt ,  Garzias  Ghimenis  et  Bernardus  de  Cor  promise- 
runt  et  iuraverunt  ad  sancta  Dei  evàngelia,  tacto  corpora- 
liter libro,  firmiter  observare  sine  dolo  et  fraude  nobis  et 
hominibus  babitantibus  in  Catanzario,  tam  civibus  quam 
exteris  ,  treugam  ,  convenciones  et  pacta  predicta  ;  et  sub 
eodem  iuramento,  fide  et  legalitate  sua  promisit  nobis  dictus 
Gapitaneus  se  curaturum  et  facturum  quod  predictus  rex 
Aragonum,  domina  regina  uxor  eius  et  domnus  Iacobus  fi- 
lius  eorum  adimpleant  omnia  supradicta,  et  rata  habeant 
sub  fide  et  legalitate  sua.  Nos  eciam  predictus  Comes  et 
prefati  babitatores  Catanzarii  convenimus  et  promisimus , 
sub  eodem  iuramento  prestito,  fìdelibus  dicti  domini  regis 


(1285)  —  184  — 

Aragonum  infra  predictum  terminum  in  personis  et  rebus 
nullam  inferre  molestiam  vel  iacturam.  Unde  ad  cautelam 
Curie  prefati  domini  regis  Aragonum  ,  et  predicti  domini 
Guillermi  Gapitanei,  factum  est  de  premissis  omnibus  pre- 
sens  scriptum  publicum,  per  manus  Iohannis  de  Archipre- 
sbitero  publici  notarii  civitatis  Gatanzarii,  sigillo  nostro  et 
sigillo  Gapitanie  prefati  domini  Guillermi ,  ac  subscripcio- 
nibus  predictorum  Iudicis  et  notarii  et  quorumdam  [de]  ex- 
pressatis  viris  scribere  scientibus  roboratum.  Scriptum  Ca- 
tanzarii,  anno  die  mense  et  indicione  premissis., 

f  Ego  Rogerius  de  Gusencia  Iudex  Catanzarii  qui  supra 
subscripsi. 

f  Ego  Robertus  Filmaynardus  miles  de  Catanzario  qui 
supra. 

•J-  Ego  Bartholomeus  de  domino  Baldo  de  Catanzario 
qui  supra. 

f  Ego  Gualterius  Filmaynardus  de  Catanzario  qui  supra. 

f  Ego  Gofridus  Franciscus  de  Catanzario  dictus  ludex 
qui  supra  subscripsi. 

f  Ego  Matheus  de  Matheo  qui  supra. 

■j-  Ego  Nicholaus  de  Magistro  lacobo  qui  supra. 

-j-  Iohannes  de  Iohannicio  qui  supra. 

f  Ego  Gualterius  Micro  qui  supra. 

f  Ego  Marcus  Guliotus  dictus  Iudex  qui  supra. 

•j-  Ego  Iohannes  de  Archipresbitero  qui  supra  publicus 
notarius  civitatis  Gatanzarii  presens  scriptum  scripsi  et  sub- 
scripsi. 

Dalla  pergamena  di  n.  487  del  Re  Pietro,  conservata  nell'Arch. 
della  Cor.  di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  203  e  seg.  ne  fornisce 
un  sunto,  nel  quale  incorre  in  vari  equivoci,  perchè  dice  che  la 
tregua  avvenne  «  per  opera  di  alcuni  religiosi  »  soltanto,  mentre 
sono  nobili  e  religiosi,  trascrive  Galcerando  di  Castiglione  invece 
di  Cartelliamo,  menziona  un  «  Legato  pontificio»,  che  è  piuttosto 
appellato  Legatus  regis,  e  indica  «Baiulo,  ossia  tutore»,  il  Conte 
d'Artois,  che  è  Balio  ossia  governatore  e  non  tutore  di  alcuno. 


—  185  —  (1285) 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  66,  101  e  103  offre  vari  cenni  sul 
Conte  Ruffo  e  su  questa  tregua. 

Conviene  rilevare  nel  documento  l'indicazione  degli  anni  del 
Baliato  del  Conte  di  Artois,  la  dignità  del  Re  di  Aragona,  cioè 
di  Pietro ,  che  non  viene  menzionato  col  nome  di  Re  di  Sicilia 
dai  fedeli  angioini,  i  titoli  che  usava  il  de  Cartelliano  ,  sicut  se 
consuevit  scribere  ,  per  la  sua  potestà  in  Sicilia  ed  in  Calabria 
nel  tempo  della  guerra  e  delle  conquiste  nel  continente,  e  la  di- 
stinzione degli  abitanti  di  Catanzaro  in  Gallici  seti  Latini,  cioè 
Provenzali  o  naturali  dei  luoghi. 

Il  Re  Carlo  I  elevò  il  Conte  Ruffo  al  grado  di  «Capitano  ge- 
nerale a  guerra  del  Giustizierato  di  Calabria,  cioè  dalla  porta  di 
Roseto  fino  al  Faro  »  a  27  luglio  1284.  Cfr.  Mixieri  -  Riccio  ,  Il 
regno  di  Carlo  I  oVAngiò  da  gennaio  1284  a  dicembre  1285  (nel- 
T  Arch.  Stor.  Bai.  ,  serie  IV  ,  t.  VII ,  1881 ,  pag.  23).  A  questo 
Conte  Ruffo  aveva  il  Re  Pietro  scritto  in  febbraio  1283  per  esor- 
tarlo a  liberarsi  dal  dominio  angioino  in  terraferma  (Carini,  De 
rebus,  pag.  479  e  seg.). 

Della  potestà  di  Balio  affidata  a  Roberto  è  esplicito  ricordo  in 
un  documento  del  6  gennaio  1285  del  Re  Carlo  I,  «  cum  in  regno 
nostro  presens  habeat  et  habere  valeat  satis  plenam  plenitudi- 
nem»,  durante  la  prigionia  del  figlio  Carlo  II.  Minieri  -Riccio, 
Saggio  di  Codice  diplomatico.  Napoli,  1878,  voi.  I,  pag.  213.  Deve 
qui  notarsi  che  Giannonb,  Storia  civile  del  regno  di  Napoli.  Mi- 
lano, 1821,  voi.  V,  pag.  355  osserva  che  il  Re  di  Francia,  Filippo, 
inviò  a  Napoli  il  figlio  Roberto,  Conte  di  Artois,  «  dubitando  che 
la  compagnia  del  Legato  con  una  donna  ed  un  fanciullo  non  re- 
casse pregiudizio  alle  supreme  regalie  del  Principe.  .  .  Con  tutto 
ciò  per  lo  bisogno  che  s'aveva  allora  del  Pontefice,  e  per  l'accu- 
ratezza del  Legato,  non  ne  fu  questi  escluso». 

In  tate  documento  della  tregua  sono  menzionati  la  Contessa, 
moglie  di  Pietro  Ruffo,  ed  il  fratello  di  costui,  a  nome  Giovanni, 
che  doveva  giurare  la  tregua  sino  a  24  giugno.  Come  è  detto  in 
fine,  il  documento  conteneva  i  sigilli  del  Conte  Ruffo  e  del  Ca- 
pitano de  Cartelliano.  Quest'ultimo  è  ricordato  nei  Capitoli  del- 
l'officio del  Secreto  di  Sicilia  del  1310,  pubblicati  nel  mio  lavoro 
Le  Pandette  delle  gabelle  regie,  antiche  e  nuove,  di  Sicilia  nel  se- 
colo XIV.  Palermo,  1906,  pag.  Ili  lin.  17  «...  et  in  terris,  que 
fuerunt  quondam  nobilis  Guillelmi  Galcerandi  de  Cartelliano,  et 


(1285)  —  186  — 

terra  Salem,  Gonradum  Calandanum  militein,  habitatorem  Sacce... 
loco  tui...  duximus  statuendos  »  ecc.  I  nomi  di  coloro,  che  giu- 
rano col  de  Gartelliano,  sono  evidentemente  siciliani  e  catalani. 


XOI. 

1285,  giugno  27,  indizione  13\  Palermo 

Inchiesta  fatta  da  Giacoma  de  Milite,  Maestro  procuratore  del 
regno  di  Sicilia  al  di  qua  del  fiume  Salso,  in  seguito  ad  ordine 
regio,  intorno  le  immunità  commerciali  dei  Genovesi  nell'isola. 

Tale  documento  è  ricordato  nella  sentenza  del  2  aprile,  9a  in- 
dizione ,  1311  ,  emanata  da  Corrado  Lancia  di  Gastelmainardo , 
Maestro  razionale  della  Magna  Curia,  sur  un  reclamo  del  Console 
dei  Genovesi  in  Palermo  circa  il  pagamento  di  tasse  nell'  immis- 
sione di  merci  per  terra  ed  estrazione  per  mare.  La  suddetta  sen- 
tenza è  trascritta  nel  Codice  del  sec.  XIV  della  Bibl.  Universi- 
taria di  Cagliari ,  e  fu  pubblicata  da  Sella  ,  Pandetta  delle  ga- 
belle di  Messina  (in  Miscellanea  Stor.  Ital.,  t.  X,  1870,  pag.  87 
e  seg.). 

Riferisco  le  parole,  nelle  quali  trovasi  la  menzione  della  in- 
chiesta, cioè:  «Quia  nobis  constitit....  eciam  per  inquisicionem 
de  hiis  a  [corr.  et]  similibus  factam  olim  in  civitate  predicta 
[Panormij  anno  domini  MCGLXXXV0,  mense  iunii,  XXVII0  eius- 
dem,  XIIP  indicionis,  per  quondam  dominum  Iaconiam  de  Milite, 
regium  Secretarium  et  Magistrum  procure  [corr.  procuratorem] 
Sicilie  citra  flumen  Salsum,  de  mandato  regio  sibi  propterea  per 
licteras  destinato  » . 

Una  inchiesta  intorno  alle  franchigie  doganali  dei  Genovesi 
era  stata  nel  medesimo  anno  eseguita ,  come  rilevasi  dal  docu- 
mento dell'Infante  Giacomo  del  21  marzo  1285  (cfr.  doc.  n.  LXVI). 
È  da  notare  però  che  quelP  inchiesta  fu  formata  dai  notari  e  cre- 
denzieri della  dogana  di  Messina  e  da  alcuni  probi  uomini ,  ed 
invece  questa  del  De  Milite  avvenne  in  Palermo,  con  particolare 
incarico,  e  probabilmente  per  il  ripetersi  di  nuove  molestie  fiscali 


—  187  —  (1285) 

contro  i  Genovesi.  L'  espressione  de  hiis  et  similibus  dimostra 
che  la  nuova  inchiesta  eseguita  dal  De  Milite  riguardava  non  solo 
il  caso  di  pagamento  di  terza  parte  di  tassa  di  dogana  per  im- 
missione ed  estrazione  (Orlando,  Un  codice  di  leggi  e  dipi.  cit. 
pag.  108),  ma  anche  la  definizione  di  altre  controversie.  Il  man- 
dato regio  sarà  stato  certamente  dell'Infante  Giacomo. 

La  famiglia  De  Milite  è  nota  in  Sicilia  sin  dal  1282 ,  perchè 
Bartolotto  de  Milite  fu  uno  dei  Consiglieri  della  repubblica  sici- 
liana di  quel  tempo  in  Palermo  (Gfr.  Amari  ,  9a  ediz. ,  voi.  I , 
pag.  200).  Si  hanno  altresì  ricordi  di  Giovanni  e  Rinaldo  de  Mi- 
lite negli  anni  1317  e  1326  (Bozzo,  Note  stor.  sicil.  del  sec.  XIV, 
pag.  439  e  £49).  Gli  eredi  di  Matteo  de  Milite  ed  Orlando  de  Mi- 
lite avevano  feudi  in  Sicilia,  durante  il  regno  di  Federico  II  ara- 
gonese (Gregorio,  Bibl.  Script,  arag.,  t.  II,  pag.  468,  469). 


XOII. 

1285,  giugno  30,  Barcellona 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Berengario  de  Vilardello  di  ricevere 
nella  propria  nave,  col  pagamento  del  nolo  per  il  viaggio,  P.  E- 
neci  che  si  reca  in  Sicilia  per  servizio  regio  e  dell'Infante  Gia- 
como. 

Berengario  de  Vilardello.  Gum  P.  Eneci  proponat  tran- 
sfretare  ad  partes  Sicilie  ad  servicium  nostrum  et  Infantis 
Iacobi ,  sciatis  quod  volumus  et  placet  nobis  quod  ipsurn 
recolligatis  in  navi  vestra,  que  nunc  itura  est  ad  dictas  par- 
tes ,  ips*o  solvente  vobis  naulum  suum  prò  passagio  suo 
[Datum  Barchinone,  11°  kalendas  iulii  1285]. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  140 ,  nell'  Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

La  data,  che  manca ,  si  desume  dal  documento  precedente  e 
dall'altro  che  segue  nel  registro. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  90  dà  un  breve  sunto. 


(1285)  —  188 


xeni. 

1285,  luglio  15,  Barcellona 

Il  Re  Pietro  I  avverte  i  Maestri  Portolani  del  regno  di  Si- 
cilia affinchè  permettano  ai  mercanti  di  Barcellona,  che  ottennero 
la  licenza  (prima  dell'ordine  di  proibizione)  ed  a  quelli  che  ora 
si  recano  in  Sicilia  con  la  nave  di  Pietro  de  Prunariis,  di  estrarre 
frumento  ed  orzo  dall'  isola  per  portarlo  in  Barcellona,  pagando 
però  il  dritto  di  estrazione  ed  altro  consueto. 

Magistris  Portulanis  regni  Sicilie.  Licet  mandaverimus 
et  prohibuerimus  vobis  per  Jiteras  nostras  ne  per  aliquos 
mercatores  ,  seu  habitatores  Barellinone  permicteretis  ex- 
trahi  frumentum,  vel  aliquod  genus  biadi  de  partibus  Sici- 
lie anno  presenti,  nunc  ad  supplicacionera  proborum  homi- 
num  Barellinone  concessimus  et  mandamus  vobis  quatenus 
mercatores  et  habitatores  diete  civitatis  ante  dictam  prohi- 
bicionem  nostrani  in  ipsis'  partibus  existentes ,  necnon  et 
istos  mercatores  euntes  in  presenti  viatico  ad  partes  ipsas 
in  navi  Petri  de  Pruneriis,  permictatis  extrahere  frumentum 
et  quodlibet  aliud  genus  biadi  de  partibus  Sicilie,  afferen- 
dum  ad  partes  Barchinone,  prohibicione  nostra  predicta  in 
aliquo  non  obstante,  ipsis  tamen  mercatoribus  seu  habita- 
toribus  solventibus  ius  exiture  et  alia  iura ,  que  prò  ipso 
biado  solvere  in  ipsis  partibus  teneantur.  Datum  Barchi- 
none Idus  Iulii  [1285]. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro  a  fol.  153,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  BibL,  voi.  II,  pag.  94  ne  offre  un  sunto 
alquanto  esteso. 

Il  divieto  di  estrazione  di  frumento  era  stato  imposto  dal  Re 
a  3  giugno  dello  stesso  anno  (cfr.  doc.  n.  LXXXII).  La  revoca 
parziale  di  quel  provvedimento  si  scorge  essere  avvenuta  «  ad  sup- 
plicacionem  proborum  nominimi  Barchinone  »,  cioè  del  magistrato 


—  189  —  (1285) 

municipale.  Il  De  Prunariis  o  Pruneriis  è  ricordato  pure  nel  do- 
cumento del  29  maggio  (n.  LXXVII). 


XOIV. 

1285,  luglio  31,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  Maestri  Portolani  di  Sicilia  di  per- 
mettere a  de  Molleto,  di  Barcellona,  la  libera  esportazione  da  qua- 
lunque porto  dell'isola  di  salme  431  di  frumento  od  orzo,  da  re- 
carsi in  Catalogna,  essendo  stato  pagato  il  diritto  competente  per 
l'estrazione. 

Altre  lettere  per  Filippo  de  Villasecca  per  salme  431,  per  B. 
Fiviller  per  salme  673  e  per  Giacomo  Dalmazzo  per  salme  813. 

Il  diritto  di  estrazione  importa  soldi  di  Barcello'/ta  18784 ,  la 
qual  somma  era  dovuta  dal  Re  a  vari  mutuanti  in  Genova 
per  diversi  debiti  e  spese  della  sua  nave  maggiore,  che  sono  stati 
in  tal  modo  soddisfatti. 

Simili  lettere  all'Infante  Giacomo. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Magistris  Portulanis  Sicilie  fideli- 
bus  suis  graciam  suam  et  bonam  voluntatem.  Gum  P.  de 
Molleto  civis  Barellinone  emerit  a  Curia  nostra  exituram 
frumenti  quadringentarum  triginta  unius  salmarum  ad  ge- 
neralem  mensuram,  extrahendarum  de  insula  Sicilie  et  af- 
ferendarum  ad  partes  Catalonie,  vel  ordeum  ad  extimacio- 
nem  dicii  frumenti  secundum  consuetudinem  Sicilie,  et  de 
precio  sive  iure  diete  exiture  sit  per  dictum  Petrum  nostre 
Curie  satisfactum  ,  fìdelitati  vestre  precipiendo  mandamus 
quatenus  permictatis  eumdem  Petrum  ,  vel  nuncium  aut 
nuncios  suos,  extrahere  de  quocumque  seu  quibuscumque 
portubus  Sicilie,  ad  extraccionem  victualium  deputatis ,  in 
uno  vel  pluribus  vassellis ,  predictas  CCCC.XXXJ.  salmas 
frumenti ,  vel  ordeum  si  maluerit ,  ad  extimacionem  dicti 
frumenti  vel  partis  ipsius  frumenti,  absque  omni  iure  exi- 


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(1285)  —  190  — 

ture,  non  exacta  eciam  ab  eo  de  afferendo  dicto  frumento 
vel  ordeo  ad  partes  Gatalonie,  cum  nobis  cautum  sit,  iura- 
toria  vel  alia  caucione.  Super  hiis  autem  non  faciatis  dicto 
mercatori  impedimentum  aliquod,  nec  fieri  permictatis,  cum 
nos  promiserimus  sibi  restituere  dampna  et  dispendia ,  si 
qua  eum  vel  nuncios  suos  contingat  subire  prò  vestri  im- 
pedimento, negligencia  seu  defectu  ;  de  quibus  dampnis  et 
dispendiis,  si  per  vos  evenerint ,  vestris  humeris  incumbe- 
mus.  Caventes  preterea  ne  pretextu  presencium  maior,  vel 
alia  victualium  quantitas,  seu  quoque  prohibita,  in  fraudem 
nostre  Curie  extrahantur,  sicut  inde  cupitis  ipsi  Curie  non 
teneri  et  penarum  periculum  evitare.  Datum  Barchinone  ij° 
kalendas  augusti,  anno  Domini  millesimo  CCLXXX0  quinto. 

Similis  fuit  facta  ad  dictos  Magistros  Portulanos  prò 
Philippo  de  Villasicca  de  quadringentis  triginta  una  salma. 

Similis  fuit  facta  ad  dictos  Magistros  Portulanos  prò  R.° 
Fivillerii  de  sexcentis  septuaginta  tribus  salmis. 

Similis  fuit  facta  ad  dictos  Magistros  Portulanos  prò  la- 
cobo  Dalmacii  de  octingentis  et  tresdecim  salmis ,  excepto 
quod  non  fuit  in  bac  facta  mencio  de  ordeo. 

Que  omnes  salme  frumenti  predicte  sunt  in  summa  duo 
millia  trescente  quadragintaocto.  Que  fuerunt  vendite  dictis 
mercatoribus  ad  racionem  quatuor  tarenorum  prò  iure  exi- 
ture,  et  duorum  solidorum  prò  tarino,  et  ipsarum  parcium 
ad  dictam  racionem  est  novem  millia  tres  centi  XC  duo 
tareni  ;  et  valent  ad  racionem  predictam  de  duobus  solidis 
prò  tarino  decem  et  octo  millia  septingentos  octoginta  qua- 
tuor solidos  Barchinone. 

Quam  pecuniarum  summam  dictus  Rex  debebat  dictis 
mercatoribus ,  qui  eam  per  quantitates  predictas  mutuave- 
rant  in  Ianua  prò  solvendis  debitis  et  faciendis  expensis 
navis  sue  maioris,  de  quibus  debitis  et  expensis  fuit  facta 
racio  coram  Petro  de  Libiano,  et  recuperavit  cartas  dicto- 
rum  debitorum  et  tenet  cartoraJium  diete  navis,  continens 
dictas  expensas  per  minutum  et  totum  compotum  navis 
ipsius,  et  dominus  rex  posuit  eis  in  solutum   dicti   debiti 


-  191  —  (1285) 

dictam  summam  pecunie,   prò   qua  eis   vendidit   exituram 
diete  quantitatis  frumenti. 

Super  hac  materia  fuit  scriptum  domino  Infanti  Iacobo 
quod  non  permictat  dictos  mercato res  impedire  super  dicti 
biadi  extraccione.  Datum  ut  supra. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  173 ,  nell'  Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  99  e  100  ne  dà  il 
sunto,  lasciando  però  incompleto  (P.  di  Mol.  .  .  .  )  il  nome  del 
de  Molleto. 

Questo  documento  è  notevole  per  il  ricordo  degli  usi  commer- 
ciali della  considerevole  e  frequente  estrazione  dei  frumenti  dalla 
Sicilia,  poiché  vi  si  rinvengono  le  indicazioni  della  salma  ad  ge- 
neralem  mensuram  vigente  nell'  isola  ,  del  prezzo  del  frumento 
«ad  extimacionem  secundum  consuetudinem  Sicilie»,  dei  porti 
destinati  all'estrazione  delle  vettovaglie ,  delle  cauzioni  con  giu- 
ramento che  dovevano  prestarsi  per  il  trasporto  al  luogo  deter- 
minato, ed  altresì  del  prezzo  di  quattro  tari  a  salma  per  l'estra- 
zione del  frumento,  che  viene  calcolato  a  due  soldi  barcellonesi 
per  ogni  tari,  secondo  il  valore  della  moneta. 

Deve  pure  rilevarsi  il  ricordo  del  cartoralium  navis ,  o  gior- 
nale di  bordo  ,  che  conteneva  l'elenco  ossia  il  conto  delle  spese 
per  minutum.  La  voce  cartoralium  manca  in  Ducange  ,  e  vi  è 
registrata  soltanto  quella  di  chartularium  e  per  significato  in  parte 
diverso. 

Il  nome  di  Pietro  Libiano  è  abbastanza  conosciuto,  perchè  a 
26  aprile  1282  a  lui  fu  affidata  la  sorveglianza  sui  pescatori  di 
Valenza,  che  non  recavansi  all'armata  (Carini,  cit.,  pag.  13),  e 
nel  1283  la  cura  per  conti  e  pagamenti  di  navi  in  Sicilia  (Carini, 
De  rebus,  pag.  248,  561),  ed  egli  a  25  novembre  1285  fu  testimone 
nell'atto  solenne  di  difesa  promessa  dall'Infante  Alfonso  in  Ma- 
iorca al  fratello  Giacomo  ed  al  regno  di  Sicilia  ,  e  nell'  altro  di 
nomina  dell'Ammiraglio  Loria  per  ricevere  simile  giuramento  da 
Giacomo  per  l'Aragona.  Tali  due  ultimi  documenti  sono  stati  pub- 
blicati da  me  nélY  Attuari  (1908)  del  Vlnstitut  d'Estudis  catalatts. 
Barcelona,  1909,  pag.  347  e  348. 


(1285)  —  192 


xov. 

1285,  agosto  1,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  annunzia  ai  Secreti  di  Sicilia  che,  avendo  bi- 
sogno di  non  poca  quantità  di  vettovaglie  per  sussidio  dell'eser- 
cito contro  i  nemici,  che  hanno  già  invaso  la  Catalogna,  trasmette 
Berengario  de  Conques  per  acquistarne  in  Sicilia,  ed  ordina  per- 
tanto che  sia  al  medesimo  Berengario  permessa  con  la  nave  «  Bo- 
naventura »  la  libera  estrazione,  senza  il  pagamento  del  diritto  di 
dogana  od  altro. 

Simile  lettera  ai  Maestri  Portolani.  —  Altra  all'Infante  Gia- 
como perchè  aiuti  Berengario,  dal  quale  conoscerà  lo  stato  di  sa- 
lute del  Re  e  le  condizioni  nelle  quali  si  trova  la  Catalogna.  — 
Altra  a  Giovanni  da  Procida. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Secretis  Sicilie  fidelibus  suis  gra- 
darci suam  et  bonam  voluntatem.  Quia  prò  sustentacione 
equitum  et  clientum  nostrorum,  quos  prò  defensione  regno- 
rum  nostro  rum  ac  hostium  repulsione,  qui  terram  nostram 
illicite  aggredì  iam  ceperunt,  in  Barchinona  congregari  ius- 
simus,  non  modica  quantitate  victualium  indigentes,  Beren- 
garium  de  Conques  familiarem  et  fidelem  nostrum  ad  par- 
tes  Sicilie  prò  emendis  victualibus,  et  ad  civitatem  Barchi- 
none  afferendis ,  duximus  transmittendum;  fidelitati  vestre 
firmiter  et  districte  precipiendo  mandamus  quatenus  eum- 
dem  Berengarium  ,  aut  nuncium  vel  nuncios  suos ,  a  quo- 
cumque  seu  quibuscumque  portubus  Sicilie  in  navi  nostra 
vocata  Bonaventura,  seu  in  quocumque  vel  quibuscumque 
aliis  vassellis  elegerit,  extrahere  libere ,  et  sine  aliquo  iure 
dohane,  vel  solucione  granorum  portuum  custodibus  debi- 
torum,  aut  alia  quacumque  exactione,  absque  molestia  per- 
mictatis  illam  seu  illas,  quas  extrahere  voluerit,  victualium 
quantitates,  non  quesita  eciam  ab  eo   vel   nunciis   suis   de 


—  193  —  (1285) 

afferendis  Barchinonam  victualibus  ipsis,  cum  nos  inde  cauti 
simus,  iuratoria  vel  alia  caucione.  Significaturi  nobis  per  li- 
teras  vestras  quantitatem  seu  quantitates  victualium  ipsorum, 
que  et  in  quibus  vassellis ,  et  a  qnibus  portubus  extracta 
fuerint,  et  quibus  temporibus  particulariter  et  distincte.  Ca- 
ventes  actente  ne  dictus  Berengarius  de  mora  sui  reditus 
cum  dictis  victualibus,  si  forsan  accideret  per  vestrum  de- 
fectum  seu  negligenciam,  se  valeat  excusare,  sicut  inde  non 
cupitis  nostre  celsitudini  displicere.  Datum  Barchinone,  ka- 
lendis  Augusti,  anno  domini  M°  GGLXXX  quinto. 

Simili  modo  scripsimus  Magistris  Fortulanis  quod  sine 
aliquo  iure  exiture  permictant  etc. 

Super  hac  materia  scripsimus  domino  Infanti  lacobo 
quod  in  predictis  prestet  dicto  Berengario  favorem,  addito 
quod  de  statu  domini  regis  et  terre  liuius  poterit  per  eum 
certifìcari,  cui  super  hoc  credat  etc. 

Super  hac  eciam  materia  fuit  scriptum  lolìanni  de  Pro- 
cida  quod  in  premissis  assistat  dicto  Berengario  Consilio  et 
auxilio  opportunis. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  173  r.  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl. ,  voi.  Il ,  pag.  100  dà  un  breve 
sunto,  riferendo  alcune  parole  dell'inizio  del  documento. 

Amari,  9.  ediz.,  voi.  II,  pag.  137  lo  ricorda  appena  con  que- 
sto cenno:  «e  mandò  [il  Re  Pietro]  addirittura  una  sua  propria 
nave  a  caricare  grano  nell'isola». 

Riesce  evidente  da  tale  ordine  regio  quanti  aiuti  apprestasse 
la  Sicilia  alla  Catalogna  per  fornimento  di  uomini  e  di  vettova- 
glie in  quel  tempo.  Il  pericolo  dell'invasione  delle  milizie  del  Re 
Filippo  di  Francia,  e  la  necessità  di  prepararsi  al  combattimento 
erano  stati  manifestati  dal  Re  Pietro  a  28  luglio  (Carini  ,  cit.  , 
pag.  98).  Quei  fatti  narra  distesamente  il  cronista  D'Esclot  (ediz. 
Buchon,  Chroniques  étrangères,  pag.  715  e  seg.,  cap.  CLIX,  che 
dice  :  «  Quant  lo  rey  d'Arago  hac  estat  lonch  temps  en  la  ciutat 
de  Barcelona,  segon  que  d'amunt  es  dit ,  e  hac  ordenat  sos  fets 
per  mar  e  per  terra  ,  hac  en  volentat  de  anar   eli  personalment 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  13 


(1285)  —  194  — 

vers  Gerona  e  de  donar  als  Francesos  batalla,  si  les  sues  gents 
pogues  repiegar».  Gfr.  pure  l'ediz.  Cronica  del  Bey  En  Pere  data 
da  Ioseph  Gorolbu,  in  Barcelona,  1885,  pag.  329. 

Notevole  è  la  menzione  del  diritto  dei  grani  dovuto  ai  custodi 
dei  porti,  e  delle  lettere  nelle  quali  si  registravano  le  vettovaglie, 
che  estraevansi ,  per  quantità ,  luogo  e  tempo  ,  particulariter  et 
distincte.  Dall'indicazione  contenuta  nella  lettera  all'Infante  Gia- 
como si  rileva  che  il  de  Conques  doveva  informarlo  di  tutto  quanto 
avveniva  in  Catalogna.  L'altra  diretta  al  Procida  mostra  che  di 
consueto  nei  più  ardui  affari  era  richiesto  il  suo  consiglio.  Il  de 
Conques  doveva  pure  trasportare  pece  e  catrame,  come  si  dice  nel 
documento  che  segue. 


XCVI. 

1285,  agosto  1,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  custodi  dei  porti  e  delle  spiaggie  di 
Sicilia  che,  se  Berengario  de  Conques  venderà  in  tutto  od  in  parte 
la  pece  ed  il  catrame  (che  egli  porta  in  Sicilia  con  la  nave  della 
Corte,  detta  Bonaventura)  a  persone  che  vorranno  estrarre  quelle 
merci  dall'isola,  ne  permettano  l'estrazione,  però  con  la  cauzione 
di  non  portarle  a  luoghi  di  nemici. 

Petrus  etc.  Custodibus  portuum  et  maritime  Sicilie ,  ad 
quos  etc.  Fidelitati  vestre  precipiendo  etc.  quatenus  si  Be- 
rengario de  Conques  familiaris  et  fìdelis  noster  vendiderit 
personis ,  volentibus  extrahere  de  insula  Sicilie  et  deferre 
extra  regnum  picem  et  quitranum  ,  quam  et  quod  dictus 
Berengarius  portat  ad  partes  ipsas  in  navi  Curie  nostre  vo- 
cata  Bonaventura,  vel  partem  diete  picis  et  quitraminis,  per- 
mictatis  ipsam  picem  et  quitranum  extrahi  de  insula  Sici- 
lie per  emptores  ipsorum,  recepta  prius  ab  ipsis  emptoribus 
sufficienti  et  idonea  caucione  quod  ipsam  picem  et  quatra- 
num  non  deferant  ad  aliquas  partes ,  seu  loca  inimicorum 
nostrorum,  ne  inimici  nostri  rebus  ipsis  contra  nos  valeant 
se  iuvare.  Datum  ut  supra  [kalendis  augusti,  1285]. 


—  195  —  (1285) 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  173  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.  ,  voi.  Il,  pag.  100  lo  indica  sol- 
tanto così  :  «  Simili  [lettere]  ai  Custodi  dei  porti  e  delle  marine 
di  Sicilia  »  ,  mentre  qui  l'oggetto  della  lettera  è  ben  diverso  dal 
precedente,  trattandosi  di  pece  e  catrame ,  e  non  di  vettovaglie. 

È  degna  di  nota  l'espressione  :  «  ne  inimici  nostri  rebus  ipsis 
contra  nos  valeant  se  iuvare  »  ,  per  impedire  il  contrabando  di 
guerra.  La  forma  quitranum  manca  in  Ducange,  che  riporta  quella 
di  catranum. 


xovn. 

1285,  agosto  11,  S.  Celedonio. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  baroni  ed  ufficiali  di  non  recare  per 
otto  giorni  alcuna  molestia  ad  A.  Galaart ,  P.  de  Alamanno  e 
Adamo  tesoriere  del  Principe  di  Salerno,  nell'occasione  della  loro 
ambasceria  per  parte  del  suddetto  Principe. 

Baronibus ,  militibus ,  peditibus  ,  officialibus  et  subditis 
nostris  aliis  universis,  ad  quos  presentes  pervenerint.  Man- 
damus  vobis  quatenus  A.  Galaart ,  P.  de  Alamanno  et  A- 
dam ,  thesaurarium  illustris  Principis  Salerni ,  qui  ad  nos 
venerunt  cura  legacione  dicti  Principis,  familiam,  equitatu- 
ras  vel  res  eorum,  eundo  scilicet,  stando  et  redeundo,  non 
offendatis  nec  offendi  ab  aliquo  permictatis,  set  eisdera  gui- 
datis  et  assicuratis  a  nobis  provideatis  de  securo  transitu 
et  ducatu.  Presente  autem  guidatico  elapsis  octo  diebus,  a 
confectione  presencium  continue  computandis,  minime  du- 
raturo. Datum  apud  Sanctum  Celedonium  III0  idus  Augu- 
sti [1285]. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  182  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl. ,  voi.  II ,  pag.  101  ,  dà  un  breve 


(1285)  —  196  — 

sunto  ;  ma  aggiunge  per  equivoco  la  parola  milite  ad  Alamanao 
(corr.  Alamanno),  e  trascrive  «  Tesoriere  »,  quasi  fosse  cognome 
di  Adamo,  seguito  in  ciò  dall' Amari. 

Su  quei  fatti  dell'  ambasceria  mandata  dal  Principe ,  e  su  i 
maneggi  che  avvenivano  intorno  la  sua  prigionia,  si  veda  Amari, 
9a  ediz.,  voi.  Il,  pag.  151  e  seg.  ,  ed  inoltre  il  documento  sopra 
riferito  al  n.  LXXVIII. 


XOVITI. 

1285,  agosto  \%  S.  Celedonio. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  la  Regina  di  ritenere  come  scusato  A. 
Galaart  se  non  tornerà  prigione  in  Sicilia  nel  tempo  stabilito,  poi- 
ché è  stato  prolungato  al  medesimo  il  termine  per  presentarsi. 

Simili  lettere  all'Infante  Giacomo  ed  a  Loria. 

Domine  Regine.  Noveritis  nos  elongasse  ob  causarci  A. 
Galaart  ab  homagio  et  promissione,  quibus  se  obligavit,  de 
redeundo  ad  capcionem  nostram  in  partibus  Sicilie,  donec 
nos  ei  mandatum  fecerimus  super  eo  ;  unde  si  forte  ipse 
non  redierit  ad  capcionem  predictam  termino,  quo  se  redi- 
turum  obligavit,  habeatis  ipsum  excusatum,  donec  ut  dictum 
est ,  ei  mandatum  aliud  super  hoc  duxerimus  faciendum. 
Datum  apud  Sanctum  Geledonium  ij°  Idus  Augusti  [1285]. 

Similis  Infanti  lacobo.  —  Rogerio  de  Loria. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  182  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  101,  riporta  un  sunto 
di  tale  lettera. 

11  Galaart  aveva  ottenuto  il  salvocondotto  con  il  documento 
anteriore.  Si  rileva  da  quest'altro  ordine,  speciale  per  lui,  che  sia 
stato  un  provvedimento  richiesto  dalle  difficoltà  che  sorgevano 
per  quell'affare,  come  nota  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  152. 


197  —  (1285) 


XOIX. 

1284  settembre  a  1285  agosto,  indizione  13a. 

L'Infante  Giacomo,  ^Luogotenente  generale  del  Re,  in  seguito 
alla  lettera  del  suo  genitore  Pietro  diretta  alla  Regina  ed  a  lui, 
concede  con  sue  lettere  (tantum modo  nostris  licteris  destinatis)  al 
milite  Guido  Talac  il  casale  di  Arcudaci ,  sito  nel  territorio  di 
Monte  S.  Giuliano,  con  tutti  i  dritti  e  pertinenze,  a  beneplacito 
regio  e  di  lui  stesso. 

Questo  documento  dell'Infante  Giacomo  è  ricordato  in  altro  di 
lui  del  27  maggio  1286  ,  indizione  14%  anno  primo  del  regno  di 
Giacomo  (Vedi  appresso  il  doc.  di  tale  data),  col  quale  conferma 
in  perpetuo  a  Guido  Talac  e  suoi  eredi  il  casale  di  Arcudaci , 
perchè  l' Infante  aveva  per  quella  concessione  destinato  soltanto 
sue  lettere,  e  non  un  privilegio,  secondo  le  norme  della  Cancel- 
leria regia. 

Si  trova  il  documento  del  1286  nel  reg.  4 ,  an.  1413-39  della 
Conservatoria  di  registro  (Mercedes)  a  fol.  629,  e  nel  reg.  701,  a 
fol.  178  r.  (Arch.  di  Stato  di  Palermo).  Se  ne  ha  pure  copia  nel 
voi.  ms.  Qq.  G.  1,  fol.  187  r.  e  nell'altro  Qq.  G.  4,  fol.  36  r.  (Bibl. 
Goni,  di  Palermo). 

Conviene  qui  riferire  quanto  concerne  la  menzione  delle  lettere 
del  1285  del  Re  Pietro  e  dell'Infante  Giacomo.  Vi  si  dice  :  «  Quod 
cum  olim  infra  annum  terciedecime  indicionis  nuper  preterite  ad 
literas  illustris  domini  regis  Aragonum  et  Sicilie  domini  patris 
nostri,  dare  memorie,  tunc  illustri  domine  regine  domine  matri 
nostre  et  nobis  proinde  directas,  sibi  [al  Talac]  liberaliter  et  gra- 
ciose  concessimus  Casale  Arcudachii,  situm  in  tenimento  Montis 
Sancii  Iuliani,  cum  omnibus  iuribus  et  pertinenciis  suis,  usque 
ad  beneplacitum  illustrium  dominorum  parentum  nostrorum  vel 
nostrum,  super  hoc  sibi  tantummodo  nostris  licteris  destinatis  , 
et  privilegio  aliquo  a  nostra  Curia  non  obtento». 

Il  Talac  era  armigero  insieme  con  Perrono  di  Caltagirone,  co- 
me si  ricava  dal  documento  del  19  aprile  1283  (Carini,  De  rebus, 
pag.  656),  e  dall'altro  del  4  giugno  1284  (Vedi  sopra,  n.  L).  Del 


(1285)  —  198  — 

casale  di  Arcudaci  si  ha  il  ricordo  nel  Regesto  svevo  del  1239 
(G arcani,  Constitutiones  regni  Siciliae,  Neapoli,  1786,  pag.  269), 
e  in  alcuni  doc.  del  1282  e  1283  (Carini,  op.  cit.,  pag.  11  e  364). 
Varie  notizie  su  quel  casale  offre  il  P.  Giuseppe  Gastronovo  , 
Erice  oggi  Monte  San  Giuliano  in  Sicilia.  Palermo,  1873,  voi.  I, 
pag.  159. 


c. 

1285,  settembre  19,  Darnils. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  il  Baiulo  di  Amposta  di  avere  permesso 
a  Pericono  Disona,  cittadino  di  Lerida,  di  estrarre  per  mare  e 
condurre  in  Sicilia  cinquecento  sporte  di  pece,  ed  ordina  al  me- 
desimo Baiulo  di  non  recare  impedimento  all'estrazione ,  dopo 
che  egli  avrà  ricevuto  idonea  sicurtà  dal  Disona  di  non  portare 
la  pece  altrove. 

Petro  lordani,  baiulo  Emposte.  Noveritis  nos  concessisse 
licenciam  Perecono  Disona,  mercatori  et  civi  Ilerdensi,  ex- 
trahendi  per  mare  et  portandi  apud  Siciliam  quingentas 
esportas  de  pegunta.  Quare  mandamus  vobis  quatenus  re- 
cipiatis  ab  eo  fìrmam  et  idoneam  cautionem  quod  predi- 
ctam  peguntam  portet  sive  mittat  apud  Siciliam,  et  non  alibi, 
et  quod  teneatur  aportare  et  ostendere  vobis  albaranum 
illustris  domine  Regine,  karissime  consortis  nostre,  vel  In- 
fantis  Iacobi,  quod  dictam  peguntam  portaverit  sive  mise- 
rit  apud  Siciliam,  quod  quidem  albaranum  teneatur  osten- 
dere per  totum  mensem  Aprilis  primo  venturum  ;  et  re- 
cepta  ab  eo  huiusmodi  cautione,  permitatis  ipsum  extrahere 
per  Empostam  peguntam  predictam  usque  ad  dictam  quan- 
titatem,  et  super  ea  extrahenda  nullum  impedimentum  vel 
contrarium  eidem  fieri  permitatis ,  et  retineatis  ab  eo  pre- 
sentem  litteram,  ut  de  ea  possitis  nobis  reddere  rationem. 
Datum  in  parrochia  de  Darnils ,  XIII0  kalendas  octobris 
[1285]. 


-  199  —  (1285) 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  203  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  104  offre  un  sunto, 
e  trascrive  Perono  invece  di  Pericono. 

Il  Disona  doveva  per  garenzia  della  Corte  esibire  l'attestazione 
della  Regina  o  dell'  Infante  Giacomo  «  quod  dictam  peguntam 
portaverit  si  ve  miserit  apud  Siciliani  » .  Tale  ordine  aveva  per 
iscopo  di  evitare  che  pervenisse  ai  nemici  quella  materia  desti- 
nata ad  usi  di  guerra.  Amposta  è  un  comune  nella  provincia  di 
Tarragona. 


CI. 

1285,  ottobre  10,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  1  ordina  a  Rodrigo  Eximeni ,  procuratore  del 
regno  di  Valenza  ,  di  non  recare  impedimento  a  Pericono  Cer- 
dano,  abitante  di  Valenza,  che  estrae  per  mare  pece,  olio,  sparto, 
carta,  zoccoli  e  riso  per  portarli  in  Sicilia.  Lo  avverte  di  richie- 
dere la  sicurtà  di  500  moraboiini  alfonsini  d'oro,  e  V attestazione 
della  Regina  e  dell'Infante  Giacomo. 

Roderico  Eximini ,  procuratori  regni  Valencie  vel  eius 
locumtenenti  salutem.  Noveritis  nos  concessisse  de  gratia 
speciali  Pericono  Cerdani,  vicino  Valencie,  quod  possit  ex- 
trahere  per  se ,  vel  per  alium  ,  de  regno  Valencie  quadra- 
ginta  quintalia  de  pice,  et  centura  iarras  de  oleo,  et  centura 
cestos  de  esparto ,  et  centum  quinquaginta  palomeras  de 
esparto,  et  triginta  caxias  de  papiro ,  et  centum  duodenas 
de  esclops ,  et  XL  pondera  de  arrocio ,  et  ipsa  [per  mare] 
portare  seu  portari  tacere  ad  partes  Sicilie.  Quare  manda- 
mus  vobis  quatenus,  recepta  per  vos  ab  eo  securitate  ydo- 
nea  per  quingentos  morabatines  auri  aifonsinos  quod  pre- 
dieta  omnia  portet  per  se  vel  per  alium  ad  partes  Sicilie 
predictas  et  non  alibi,  et  quod  hinc  ad  festum  Peutecostes 
proxime  venturum   atulerit   albaranum   ab   illustri   domina 


(1285)  —  200  — 

Regina  consorte  nostra,  vel  ab  Infante  Iacobo  fìlio  nostro, 
continens  quod  predicta  porta'verit  ad  partes  Sicilie  predi- 
ctas,  quod  quidem  albaranum  nobis  vel  scribanie  nostre  vo- 
bis  constiterit  presentasse ,  permitatis  ipsum  ,  et  quem  vel 
quos  voluerit  loco  sui ,  extra here  res  predictas  de  regno 
Valencie ,  et  nullum  in  eo  hnpedimentum  vel  contrariuin 
faciatis.  Datum  Barellinone,  XV  kalendas  novembris  [1285]. 
G.  Scriba  repositarius. 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  214  r.,  nell'Aron.  Cor.  Arag. 
in  Rarcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl. ,  voi.  II ,  pag.  107,  dà  un  sunto 
alquanto  esteso,  anco  per  la  distinzione  della  quantità  delle  merci. 
Riferisce  come  dubbia  la  parola  cestos  del  testo  ,  mentre  essa  è 
voce  sicura  catalana. 

Sono  degui  di  nota  la  parola  vicino  derivata  dal  catalano  vicin, 
abitante  ,  ed  il  ricordo  delle  monete  di  morabotini  e  della  scri- 
bania  regia,  od  ufficio  di  cancelleria. 

Da  questo  e  dal  documento  precedente  riesce  chiaro  che  in  Si- 
cilia si  avea  allora  urgente  bisogno  di  provviste  di  guerra  per 
reprimere  sommosse. 


CU. 

1285,  ottobre  18,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  fa  una  dichiarazione  di  debito  (albaranum  de- 
biti) di  300  soldi  barcellonesi  in  favore  di  Alaimo  da  Lentini  per 
suo  assegno  del  mese  di  agosto,  e  di  altri  1680  soldi  sino  al  12 
del  mese  presente,  da  pagarsi  nella  prossima  festa  di  S.  Andrea 
{cioè  a  30  novembre). 

Trovasi  nel  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  63  r.  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Fu  pubblicata  da  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  120 
e  seg.  Aggiunge  però  egli  in  fine  queste  parole  :  «  Este  pago  lo 
hizo  de  orden  del  Rey,  Muce  de  Portella»,  che  non  sono  nel  re- 
gistro. 


—  201  —  (1285) 

Olili 

1<M>,  ottobre  18,  Barcellona 

II  Re  Pietro  I  fa  una  dichiarazione  di  debito  di  soldi  barcel- 
lonesi  540  per  assegno  del  mese  di  agosto  in  favore  di  Adinolfo 
di  Mineo,  e  di  altri  735  soldi  sino  al  12  del  mese  presente. 

Item  fecimus  albaranum  debiti  Adinolfo  de  Mineo  de 
quingentis  quadraginta  duobus  solidis  barchinonensibus , 
qui  sibi  debentur  de  quitacione  sua  mensis  augusti  proxime 
preteriti,  et  de  septingentis  triginta  quinque  solidis  barchi- 
nonensibus ,  qui  restant  sibi  ad  solvendum  de  quitacione 
sua  usque  ad*  diem  veneris  duodecimam  diem  ,  in  introitu 
presentis  mensis  octobris,  quos  denarios  promisit  dominus 
Rex  solvere  in  primo  venturo  ffestoj  Sancti  Andree.  Data 
Barchinone ,  XV0  kalendas  Novembris  [1285].  Bernardus 
Scriba. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  Ibi.  63  r.,  nelFArch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  121,  ne  dà  il  sunto 
alquanto  indeterminato. 

Si  rileva  dal  documento  n.  LXXVIII  sopra  riferito  che  Alaimo 
da  Lentini  era  stato  mandato  in  Barcellona  ab  subeundum  indi- 
cium.  Adinolfo  di  Mineo  era  il  suo  presunto  complice  nella  con- 
giura. Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  89  nota  2,  nel  riportare  quasi 
con  le -stesse  le  parole  il  contenuto  del  precedente  documento,  ed 
il  sunto  di  questo  osserva  :  «  Sia  buona  coscienza  e  amor  del  giu- 
sto, sia  timore  di  destar  più  pericolosi  movimenti  in  Sicilia  ,  il 
Re  fece  pagare  in  Barcellona  larga  pensione  ad  Alaimo  ed  al  suo 
nipote  Adenolfo  di  Mineo». 


(1285)  —  202 


OIV. 

1285,  ottobre  22,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Bernardo  Scriba  di  pagare  all'ammi- 
raglio Ruggiero  Loria  onde  di  oro  1400  per  lo  stipendio  di  un 
mese  ai  corsari,  che  vennero  con  lui  dalla  Sicilia. 

Bernardo  Scriba  quod  solvat  et  compleat  Rogerio  de 
Loria  mille  et  quadringentas  uncias  auri  prò  solucione  fa- 
cienda  de  uno  mense  corsariis ,  qui  cum  eo  venerunt  in 
galeis,  quas  adduxit  de  partibus  Sicilie.  Datum  Barchinone, 
X  kalendas  novembris  [1285].  P.  de  Sancto  Clemente. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  81,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in 
Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II,  pag.  122  ,  dà  un  sunto 
del  documento,  e  poscia  con  l'indicazione  (ivi)  ne  riferisce  il  breve 
testo,  quasi  altro  documento,  con  data  inesatta  del  23. 

Credo  utile,  anche  per  l'anomalia  di  tale  inserzione,  di  ripor- 
tare quell'ordine  con  qualche  variante  nella  lezione.  Il  Loria  in- 
sieme all'armata  era  arrivato  dalla  Sicilia  in  Barcellona  a  24  a- 
gosto  ,  in  seguito  alle  insistenze  del  Re ,  come  riferiscono  i  cro- 
nisti, Cfr.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  142  e  seg.  Quei  corsari 
stipendiati  erano  gente  di  mare  ,  adoperata  per  andare  in  corso 
contro  i  nemici. 


oy. 

1285,  ottobre  24,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'  Infante  Giacomo  ,  manifestandogli 
che  ha  permesso  a  Bartolomeo  de  lo  Legale  ed  al  figliuolo  suo 
Giovanni,  abitanti  di  Castrogiovanni,  di  tornare  salvi  in  Sicilia, 
e  di  dimorare  in  qualunque  luogo,  tranne  in  Castrogiovanni,  e 
provvedere  secondo  il  diritto  sui  loro  beni.  Vuole  pertanto  che  non 
sia  recato  ai  medesimi  alcun  ostacolo. 

Infanti  Iacobo.  Sciatis  quod  nobis  placuit  quod  Bartho- 
lomeus  de  lo  Legale  et  Iohannes  fìlius  eius,  fideles  homines 


—  203  —  (1285) 

nostri  de  Castro  Iohanne ,  redeant  apud  Siciliani  salve  et 
secure ,  et  dum  in  Castro  Iohanne  non  stent,  possint  in 
quibuslibet  aliis  locis  nostris  Sicilie  habitare ,  super  bonis 
suis  et  rebus  que  habent  in  Castro  Iohanne  exequentes 
ius  suum,  et  de  eisdem  mediante  iusticia  ordinantes.  Quare 
mandamus  vobis  quatenus  dictis  Bartholomeo  et  Iohanni 
filio  suo  super  redeundo ,  ut  dictum  est ,  in  Siciliani ,  et 
stando  ibidem  salve  et  secure,  dum  in  Castro  Iohanne  non 
stent,  nullum  eis  impedimentum  vel  contrarium  faciatis  nec 
fieri  permictatis,  [cum]  de  gracia  sibi  duxerimus  conceden- 
dum.  Datum  Barchinone  ,  IX0  kalendas  novembris.  R.  E- 
scorna.  * 

Dal  reg.  57  del  Re  Pietro,  a  fol.  224  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  108  e  seg.  ne  dà  un 
sunto  assai  conciso ,  dal  quale  non  si  ricava  il  vero  scopo  del 
provvedimento. 

Bartolomeo  de  Lo  Legale  insieme  a  Ruggiero  de  Mauro  dovette 
in  ottobre  1282  consegnare  ,  per  ordine  regio  ,  il  castello  di  Ca- 
strogiovanni  a  Rodrigo  Eximene  de  Luna,  e  fu  inoltre  permesso 
che  gli  Angioini  ed  oltramontani,  che  vi  dimoravano,  potessero 
allontanarsi.  Soffrirono  poi  Lo  Legale  e  de  Mauro,  da  parte  del 
popolo ,  la  spoliazione  dei  loro  beni  per  offese  commesse  contro 
il  Giustiziere  ,  e  vennero  sequestrati  i  beni  e  iniziata  la  causa , 
finché  in  gennaio  1283  fu  ordinato  di  darsi  quei  beni  al  de  Luna, 
e  di  arrestare  Bartolomeo  coi  figli  ed  il  de  Mauro  come  traditori 
per  corrispondenza  tenuta  col  figlio  del  Re  Carlo  d'  Angiò  (Cfr. 
Carini,  De  rebus,  pag.  78,  115,  232,  302  e  369) 

Il  nuovo  permesso  era  pertanto  una  vera  grazia,  e  quasi  un 
perdono,  che  il  Re  Pietro  concedeva  a  Lo  Legale,  anche  con  la 
facoltà  di  far  valere  in  giudizio  le  sue  ragioni  per  i  beni. 


(1285)  —  204 


OVI. 

1285,  ottobre  24,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  dichiara  di  avere  ricevuto  da  Lapo  Faciola, 
Vicario  di  Valenza,  onde  di  oro  150  spedite  da  Lapo  Guiandoni 
Portolano  di  Sicilia  per  acquisto  di  pece,  scope  e  verghe,  ed  esatte 
dal  Tesoriere  Bernardo  Scriba;  e  vuole  che  Matteo  di  Termini, 
Maestro  Razionale  di  Sicilia,  annoti  tale  somma  ad  introito. 

Nos  Petrus  etc.  Recognoscimus  et  confitemur  vobis  Lapo 
Faciole ,  Vicario  Valencie  ,  quod  habuimus  et  recepimus  a 
vobis  centum  quinquaginta  uncias  auri,  quas  Lapo  fandoni 
Portulanus  noster  Sicilie  nobis  misit  prò  emenda  pegunta, 
scopa  et  acutis ,  quas  quidem  nos  non  licenciaviraus  emi 
per  vos  ,  sed  ipsas  uncias  recepì  fecimus  per  Bernardum 
Scribam  fidelem  thesaurarinm  nostrum.  In  cuius  rei  testi- 
monium  presens  vobis  fecimus  albaranum  ,  sigilli  nostri 
munimine  roboratum  ,  volentes  et  mandantes  quod  magi- 
ster  Matbeus  de  Tennis ,  magister  racionalis  regni  nostri 
Sicilie,  dictas  centumquinquaginta  uncias  recipiat  dicto  Lapo 
in  computo  receptarum.  Datum  Barellinone,  X°  kalendas  no- 
vembris  [1285]. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  114,  nell'  Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  128  offre  un  brevis- 
simo sunto  incompleto. 

Il  documento  è  notevole  per  i  sistemi  finanziari  vigenti  allora, 
nei  rapporti  con  la  Sicilia. 


OVII. 

1285,  ottobre  26,  Barcellona. 


Il  Re  Pietro  I  nomina  Console  in  Tunisi,  per  i  fondachi  dei 
Catalani  e  Siciliani,  F.  Maioli,  con  facoltà  di  esercitare  la  giù- 


—  205  —  (1285) 

stizia  civile  e  criminale,  di  adempire  quanto  i  consoli  precedenti 
hanno  fatto,  e  di  esigere  i  diritti  spettanti  alla  regia  Cprte.  Con- 
cede altresì  al  medesimo  di  poter  eligere  altri  che  faccia  le  sue 
veci,  e  vuole  che  per  lo  stipendio  ed  altre  spese  si  rimetta  all'ar- 
bitrio regio. 

Noverint  universi  quod  nos  Petrus  Dei  gracia  Aragonum 
et  Sicilie  rex  concedimus  et  comendamus  vobis  fideli  no- 
stro F.  Mayoli  consulatus  nostros  Tunicii,  videlicet  alfundi- 
corum  Gathalanorum  et  Siculorum  ,  ita  scilicet  quod  vos 
sitis  consul  dictorum  alfundicorum,  et  possitis  exercere  ac 
exerceatis  loco  nostri  iusticias  tam  civiles  quam  criminales, 
et  generaliter  omnia  tacere,  que  alii  consules,  qui  hactenus 
ibi  fuerunt ,  exercere  et  tacere  consueverunt ,  et  iura  ad 
dictos  consulatus  et  aifundicos  pertineneia  exigere  et  reei- 
pere  ac  tenere,  et  ea  nobis  fìdeliter  reservare.  Concedentes 
vobis  quod  possitis  alium  consulenti  seu  consules  in  dictis 
alfundicis  substituere  loco  vestri,  ydoneos  tamen  et  fideles, 
qui  predicta  omnia  et  singula  exerceant  et  exercere  ac  fa- 
cere  valeant  loco  vestri.  De  salario  autem  et  expensis,  que 
in  predictis  et  circa  predicta  vos  tacere  oportebit ,  stabitis 
ad  arbitriura  et  voluntatem  nostrani.  Datum  Barellinone  VII0 
kalendas  novembris,  anno  domini  M°  GG°  LXXX0  quinto. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  114  r.  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  129,  ne  dà  un  sunto 
alquanto  indeterminato  ,  e  ricorda  impropriamente  :  «  con  godi- 
mento ,di  tutti  i  dritti  »  quanto  nel  testo  si  legge  per  gli  obblighi 
di  amministrazione  e  di  esazione  di  tasse. 

Con  questo  ed  i  tre  documenti,  che  seguono  dello  stesso  giorno 
(n.i  CVIII  a  GX)  ,  il  Re  provvedeva  in  modo  sicuro  su  quanto 
concerneva  il  consolato  di  Sicilia  in  Tunisi.  Per  il  trattato  del 
2  giugno  1285,  del  quale  ho  dato  notizia  sopra  (doc.  n.  LXXXI), 
era  stabilito  al  §  37  che  il  Re  di  Tunisi  doveva  concedere  i  fonda- 
chi di  Sicilia  e  di  Catalogna  (los  fondecs  de  Sicilia  è  de  Catalu- 
nya)  con  tutti  i  dritti  consueti,  e  «  quel  senyor  Rey  [Pietro]  y  meta 
consols  aquells  que  volra».  La  distinzione  di  fondachi  dei  Cata- 


(1285)  —  206  — 

lani  e  dei  Siciliani  deriva  dal  trattato  del  14  febbraio  1271  con- 
chiuso col  Re  Giacomo  I  di  Aragona,  detto  il  Conquistatore,  nel 
quale  al  §  28  fu  convenuto  «  qu'  els  homens  de  la  terra  o  de  la 
senyoria  nostra  ajen  à  Tunis  un  consol  o  dos,  qui  demanen  tots 
lurs  drets  è  lurs  custumas  en  la  duana  »  (Mas  Latrib,  Traités  de 
paix  et  de  commerce  cit.,  pag.  283). 

Sembra  pertanto  che  fossero  nel  1285  in  Tunisi  i  consoli  dei 
Catalani  oltre  quelli  dei  Siciliani.  Pervenuti  in  unico  sovrano  i 
domini  dell'Aragona  e  della  Sicilia,  Pietro  continuò  a  mantenere 
quella  distinzione,  ma  elesse  un  solo  console  per  i  mercanti  e  sud- 
diti di  entrambi  quegli  stati.  Tale  appare  la  novità  che  ,  con  la 
nomina  del  Maioli ,  avveniva  ;  e  si  potrebbe  desumere  dalle  pa- 
role :  consulibus  regnorum  nostrorum  et  Sicilie  contenute  nel  do- 
cumento seguente  (n.  GVII1),  che  il  console  dei  Siciliani  fosse  an- 
cora quello  del  tempo  angioino,  poiché  non  si  conosce  altra  no- 
mina di  console  fatta  anteriormente  dal  Re  Pietro. 

Minieri-Riccio,  Il  regno  di  Carlo  I  dal  1275  al  1283  (in  Arch. 
Stor.  Bai.,  S.e  3a,  t.  XXIV,  1876,  pag.  402)  fa  esplicito  ricordo 
di  un  documento  del  28  dicembre  1275  (Reg.  ang.  1275  B  n.  23, 
fol.  77),  col  quale  il  Re  affidava  per  un  anno,  da  febbraio  1276 
sino  a  gennaio  1277  l'esazione  di  «  omnia  iura,  redditus  et  pro- 
ventus,  que  Curia  nostra  habet  et  habere  debet  in  consulatu  et 
fundico  Tunisi!,  cum  omnibus  iustitiis,  rationibus  et  pertinentiis 
eorum,  cum  quibus  vendi  et  concedi  consueverunt  hactenus  pre- 
decessoribus  suis,  prout  retroactis  temporibus  usque  in  presentem 
annum  »,  e  ciò  in  seguito  all'incanto  ed  al  bando  emanato  in  va- 
rie città  più  importanti  di  Sicilia. 

Il  Re  Giacomo,  col  privilegio  del  16  febbraio  1286  (e  non  29 
luglio  1294,  come  erroneamenfe  si  era  prima  creduto)  per  immu- 
nità a  Messina,  concedeva  per  grazia  speciale  che  il  console  dei 
Siciliani  in  Tunisi  fosse  un  messinese,  di  elezione  regia  (Cfr.  ap- 
presso tra  i  doc.  del  1286). 

Yver  ,  Le  commerce  et  les  marchands  cit.  ,  pag.  136 ,  nota  : 
«  Selon  Camera,  Charles  I.er  aurait  mème  possedè  des  domaines 
en  Tunisie.  Aucune  justification  n'est,  il  est  vrai,  apportée  à  l'ap- 
pui  de  cette  affirmation,  et  la  seule  propriété  royale  pourrait  bien 
ètre  précisément  ce  fondouk,  qui  appartenait  à  la  Curia,  «  quem 
nostra  curia  habet  in  terra  Tunisii  »  (reg.  1275  B,  fol.  171)».  La 
parola  alfundicus  mostra  la  provenienza  diretta  di  quel  nome  dal- 


—  207  —  (1285) 

l'idioma  arabo,  come  ricorda  anche  per  le  altre  d'indole  commer- 
ciale, cioè  :  dogana,  gabella,  magazzino,  sensale,  tariffa,  1' Amari, 
Storia  dei  Musulmani  di  Sicilia.  Firenze,  1868,  voi.  Ili,  p.  887, 
e  pure  V.  Mortillaro,  Idea  di  un  glossario  delle  voci  siciliane 
derivanti  dall'arabo  (in  Arch.  Stor.  Sicil.,  an.  VI  ,  1881,  p.  132 
e  seg.).  L'aveva  registrato  prima  il  Ducange,  che  notò  :  TJnde  vox 
videtur  arabica. 

F.  Maioli  è  noto  per  l'incarico  a  lui  affidato  in  Catalogna,  in 
maggio  e  giugno  1285,  per  costringere  a  venire  all'esercito  i  re- 
nitenti ed  altresì  per  fare  composizione  con  essi  (Gartni  ,  Gli 
Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  123  e  seg.). 


OVIII. 


i 

lu285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  Consoli  dei  Catalani  e  Siciliani  in 
Tunisi  di  formare  con  il  nuovo  console  F.  Maioli  i  conti  d'  in- 
troito dei  fondachi  ,  e  di  consegnare  al  medesimo  quanto  spetta 
alla  regia  Corte. 

Petrus  Dei  gracia  Aragonum  et  Sicilie  rex  fidelibus  suis 
consulibus  alfundicorum  Tunicii  regnorum  nostrorum  et 
Sicilie,  salutem  et  graciam.  Mandamus  vobis  quatenus  com- 
putetis  de  biis,  que  percepistis  et  habuistis  de  iuribus  omni- 
bus alfundicorum  nostrorum  ,  cum  fideli  nostro  F.  Mayoli , 
cum  n©s  dictorum  alfundicorum  comendaviinus  consulatus, 
et  eidem  detis  et  tradatis  loco  nostri  quecumque  nobis  tor- 
nare habueritis  de  computis  supradictis ,  alias  mandamus 
eidem  quod  vos  et  bona  vestra  compellat.  Datum  Barchi- 
none  vij°  kalendas  novembris,  anno  predicto  [1285]. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  114  r.  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  129  ne  dà  il  sunto, 


(1285)  —  208  — 

riportando  senza  spiegazione   la   parola   alfondici  che  trova  nel 
testo. 

La  parola  tornare  ha   qui    il  significato  di  restituire  ,  e  così 
trovasi  registrata  in  Ducange. 


OIX. 

1285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  1  ordina  a  Bertrando  Misuraca  di  apprestare  fa- 
vore ed  aiuto  a  F.  Maioli,  che  è  stato  nominato  console  dei  f on- 
datiti dei  Catalani  e  Siciliani  in  Tunisi,  ed  altresì  di  consegnare 
in  mutuo  al  medesimo  (se  occorra)  la  quantità  di  denaro  neces- 
saria per  l'acquisto  della  gabella  di  Tunisi,  secondo  i  patti  con- 
tenuti nel  trattato  col  Re  di  Tunisi. 

Petrus  Dei  gracia  etc.  Dilecto  suo  Bertrando  de  Misu- 
raca salutem  et  dilectionem.  Noveritis  nos  comendasse  fi- 
deli  nostro  F.  Mayoli ,  quem  una  vobiscum  ad  partes  Tu- 
nicii  destinamus ,  consulatus  alfundicorum  nostrorum  Ga- 
thalanorum  et  Siculorum  Tunicii.  Quare  mandamus  vobis 
circa  ea  ,  in  quibus  vestrutn  auxilium  requisierit ,  favorem 
eidem  et  consilium  impendatis.  Preterea  cum  in  paccionibus 
initis  inter  nos  et  regem  Tunicii  illustrem  contineatur  quod 
Gathalani  habeant  gabellanti  Tunicii  prò  precio  et  denario 
quod  alii  dare  vellent,  volumus  et  vobis  mandamus  quatenus 
si  ad  opus  diete  empcionis  gabelle  dictus  F.  indiguerit  pe- 
cunia, vos  permictatis  ipsum  percipere  et  retinere  de  quan- 
titate  pecunie ,  quam  vos  et  ipse  recepti  estis  prò  nobis  a 
dicto  rege  Tunicii,  illam  quantitatem  quam  ad  opus  empcio- 
nis predicte  necessariam  habuerit,  recepto  inde  ab  eo  pu- 
blico  instrumento.  Nos  enim  concessimus  dictam  quantita- 
tem sibi  mutuare  de  gracia  speciali ,  si  contingerit  ipsum 
emere  gabellarli  predictam.  Datum  Barellinone  vij°  kalendas 
novembris,  anno  predicto  [1285]. 


—  209  —  (1285) 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  114  r.  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  129  ne  offre  il  sunto. 

Conviene  notare  quanto  si  rileva  dal  documento ,  cioè  che  il 
Misuraca  era  inviato  insieme  col  Maioli  ad  partes  Tunicii,  e  che 
egli  esigeva  le  somme  dal  Re  di  Tunisi  dovute  al  Re  Pietro.  La 
gabella  ossia  1'  esazione  dei  dazi ,  che  erano  stabiliti  in  Tunisi, 
doveva  essere  rilevante,  tanto  che  i  Catalani,  conoscendone  gl'in- 
troiti, vollero  nel  trattato  del  2  giugno  1285  (cfr.  sopra  doc.  nu- 
mero LXXXI)  esser  preferiti  nella  concessione  di  quella  gabella 
agli  altri,  anche  ai  Siciliani.  Si  legge  infati  nel  §  39  del  trattato  : 
«  Item  qu'el  dit  Miralmomeni  [cioè  il  Re  di  Tunisi]  atorg  als  Ca- 
talans,  d'avant  tots  altres  homens,  la  gabela  de  Tunis  à  preu  cu- 
vinent».  Capmany,  Memorias  historicas  cit.,  t.  III.  pag.  205,  nel 
ricordare  le  condizioni  principali  del  trattato,  così  spiega  quella 
clausola  :  «  Que  la  gabela  de  Tùnez  se  concediese  a  los  Catalanes 
en  un  regular  arrendamiento,  con  preferencia  a  otra^  qualquiera 
nacion  » . 


ox. 


1285,  ottobre  26,  Barcellona. 


Il  Re  Pietro  I  annunzia  ai  mercanti  e  sudditi  del  regno  di 
Sicilia ,  dimoranti  in  Tunisi  nel  fondaco  dei  Siciliani ,  di  aver 
nominato  F.  Maioli  console  del  fondaco  dei  Catalani  in  Tunisi, 
con  potestà  civile  e  criminale,  e  vuole  che  al  medesimo  prestino 
obbedienza. 

Simili  lettere  ai  mercanti  e  sudditi  dell'  Aragona  e  di  Cata- 
logna pure  residenti  a  Tunisi. 

Petrus  Dei  gracia  Aragonum  et  Sicilie  rex.  Universis 
mercato ribus  et  aliis  regni  nostri  Sicilie  fìdelibus  nostris  in 
alfundico  Siculorum  Tunicii  commorantibus  graciam  suam 
et  bonam  voluntatem.  Noveritis  nos  concessisse  et  comen- 
dasse  fideli  nostro  F.  Mayoli  consulatum  nostrum  Cathala- 
norum  alfundici  Tunicii,  ut  ipse  sit  consul  ibidem,  et  exer- 
G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  14 


(1285)  —  210  — 

ceat  per  se,  vel  per  substitutum  ab  eo  in  dicto  alfundico  , 
iusticias  civiles  et  criminales,  et  alia  omnia  faciat  que  alii 
consules,  qui  hactenus  ibi  fuerunt,  facere  et  exercere  con- 
sueverunt.  Quare  mandamus  vobis  quatenus  eumdem  F. 
Mayoli  vel  substitutum  ab  eo  habeatis  in  consulem  nostrum 
alfundici  Cathalanorum  Tunicii,  et  eidem  tamquam  consuli 
obediatis,  ac  respondeatis  de  omnibus ,  de  quibus  consue- 
vistis  nostro  consuli  responde  re.  Datum  Barchinone  vij° 
kalendas  novembris,  anno  predicto  [1285]. 

Similes  fidelibus  suis  universis  mercatoribus  et  aliis  ho- 
minibus  Aragonie  et  Cathalonie ,  existentibus  in  alfundico 
nostro  Cathalanorum  Tunicii  salutem  et  graciam.  Datum 
Barchinone  ut  supra. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  114  r.  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  129  ne  dà  un  sunto. 

Il  Maioli  era  console  dei  Catalani  e  dei  Siciliani,  come  appare 
dal  privilegio  di  nomina  (cfr.  doc.  n.  CVII);  ma  è  qui  invece  in- 
dicato soltanto  per  il  grado  di  console  dei  Catalani ,  al  quale  i 
Siciliani  devono  prestare  obbedienza.  Sembra  che  sin  d'allora  si 
mirasse  a  formare  di  quel  consolato  una  dipendenza  esclusiva 
dell'Aragona,  oltre  il  diritto  al  tributo  che  si  contrastava  alla  Si- 
cilia ,  e  per  il  quale  si  protestava  dal  Re  Giacomo  con  il  docu- 
mento dell'8  marzo  1287  (cfr.  appresso  per  il  testo). 

È  degno  di  nota  il  ricordo  delle  attribuzioni  esercitate  dai  con- 
soli anteriori  in  Tunisi,  «qui  hactenus  ibi  fuerunt»  ecc.,  e  del- 
l'obbedienza da  prestarsi  al  nuovo  console  «  de  omnibus,  de  qui- 
bus consuevistis  nostro  consuli  respondere»,  le  quali  parole  di- 
mostrano la  precedente  amministrazione  tenuta  dall'altro  console, 
che  non  è  indicato  per  nome. 


CXI. 

1285.  novembre  °2,  Tarracona. 

L'Infante  Alfonso  di  Aragona,  primogenito  del  Re  Pietro,  ed 
emancipato  dalla  patria  potestà  per  la  sua  maggiore  età,  volendo 


—  211  —  (1285) 

eseguire  i  voti  dei  suoi  genitori,  e  procurare  il  vantaggio  e  l'o- 
nore di  suo  fratello  Infante  Giacomo ,  cede  al  medesimo,  in  se- 
guito alla  concessione  a  costui  fatta  del  regno  di  Sicilia,  del  prin- 
cipato di  Capua  e  del  ducato  di  Puglia ,  dal  Re  Pietro  e  dalla 
regina  Costanza  «  prout  in  testamentis  vel  concessionum  instru- 
mentis  hec  et  alia  plenius  continentur  »  ,  tutti  i  diritti  che  gli 
competono  sul  regno  di  Sicilia  «  tam  voce  paterna  quam  materna, 
aut  qualibet  alia  racione  »  ,  rinunziando  per  l'avvenire  ad  ogni 
pretesa  contraria ,  ed  ordinando  a  tutti  i  sudditi  di  quel  regno 
di  prestare  obbedienza  al  suddetto  Giacomo  come  a  loro  Re  e  si- 
gnore naturale,  nella  stessa  guisa  che  eran  tenuti  di  fare  verso 
lui  (Alfonso)  prima  della  donazione  e  concessione  del  Re  Pietro 
e  di  Costanza. 

Noverint  universi  quod  cum  illustrissimi  domini  Petrus 
Dei  grada  Aragonum  et  Sicilie  rex  et  Constancia  eius  uxor 
per  eamdem  regina  dederint,  concesserint  seu  ex  causa  he- 
reditatis  assignaverint  infanti  Iacobo,  eorum  lìlio  karissimo, 
regnum  Sicilie,  principatum  Gapue  et  ducatum  Apulie,  cum 
omnibus  insulis,  iurisdicionibus  et  pertinenciis  eorumdem, 
vel  partem  omnium  predictorum ,  prout  in  testamentis  vel 
concessionum  instrumentis  hec  et  alia  plenius  continentur, 
Nos  Infans  Alfonsus,  eorumdem  regis  et  regine  primogeni- 
tus,  nostri  iuris  effectus  et  a  patria  potestate  per  emancipa- 
cionem  liberatus,  volentes  votivis  magnitìcenciis  parentum 
annuere  et  obsecundare ,  ut  expedit  atque  decet ,  et  com- 
modum  et  honorem  et  promocionem  fratris  nostri  ut  pro- 
prium  est,  ampliando  predicta  et  robur  plenissimum  confe- 
rendo, idcirco  per  nos  et  nostros  absolvimus,  diffinimus  et 
perpetuo  remittimus  vobis  karissimo  infanti  Iacobo  supra- 
dicto  absenti  tanquam  presenti,  omnes  peticiones,  questio- 
nes  et  demandas  reales  et  personales,  utiles  et  directas  et 
etiam  mixtas  et  cuiusque  iuris  vel  racionis  nos  habemus 
vel  habere  debemus ,  seu  speramus  habere ,  tam  voce  pa- 
terna quam  materna ,  aut  qualibet  alia  racione ,  que  dici 
vel  cogitari  possit ,  in  toto  regno  Sicilie  et  principatu  Ga- 
pue et  Salerni  et  ducatu  Apulie  et  in  omnibus  insulis,  co- 


(1285)  —  212  — 

mitatibus,  iurisdicionibus  et  omnibus  aliis  pertinenciis  om- 
nium predictorum  et  singulorum  ,  tamquam  si  in  presenti 
instrumento  essent  specialiter  enumerati ,  et  sine  omni  re- 
tencione  et  excepcione  quam  ibi  vel  inde  non  facimus  ali- 
qua  racione ,  absolventes  vos  et  vestros  et  bona  predicta 
ab  omni  peticione,  questione  seu  demanda  quam  possemus 
facere  seu  movere  racione  legitime  vel  supplementi  eiusdem, 
vel  quolibet  alio  quovis  iure.  Ita  quod  de  cetero  non  pos- 
simus  vos  vel  vestros  in  iudicio  vel  extra  convenire  vel  e- 
ciam  agravare ,  faciendo  vobis  et  vestris  super  premissis 
finem  legalem  et  pactum  perpetuum  de  non  petendo.  In- 
super  damus ,  concedimus  et  cedimus  per  nos  et  omnes 
nostros  omnes  acciones,  raciones  et  iura  nobis  competentes 
seu  competencia,  competituras  seu  competitura,  et  quas  spe- 
ramus  nobis  competere  contra  quascumque  personas.  Ita 
quod  predictis  possitis  uti,  agere  ac  experiri  contra  quos- 
cumque  retinentes  aliquid  de  predictis ,  ut  nos  poteramus 
ante  huiusmodi  donacionem,  concessionem  seu  eciam  con- 
firmacionem,  constituentes  vos  procuratorem  ut  in  rem  ve- 
stram  propriam.  Mandantes  comitibus,  ducibus ,  baronibus 
et  richis  hominibus,  militibus  ,  civibus,  hominibus  villarum 
et  omnibus  habitatoribus  omnium  predictorum  et  singulo- 
rum presentibus  et  futuris ,  cuiuscumque  gradus  ,  status  , 
dignitatis,  sexus  et  condicionis  existant,  ut  vobis  tamquam 
eorum  regi  et  domino  naturali  obediant,  ut  nobis  teneban- 
tur  ante  huiusmodi  donacionem  et  concessionem  ac  eciam 
cessionem.  Et  ut  vobis  [quam]  nobis  ex  nunc  ut  ex  tunc 
ipsos  absolvimus  ab  omni  vinculo  et  obligacione  ,  quibus 
nobis  tenentur  racionibus  supradictis.  Et  ut  premissa  omnia 
et  singula  maiori  gaudeant  fìrmitate ,  recognoscentes  nos 
esse  maiores  decem  et  novem  annis,  iuramus  quod  contra 
predicta  vel  aliquid  predictorum  non  venimus.  Sic  Deus 
nos  adiuvet  et  hec  sancta  Dei  Evangelia  coram  nobis  po- 
sita  et  a  nobis  corporaliter  manu  tacta.  Quod  est  actum 
Tarracone  quarto  [nonas]  novembris  [1285]. 


—  213  —  (1285) 

Dal  reg.  62  del  Re  Pietro,  a  fol.  161  r.,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Se  ne  ha  pure  il  testo  nel  transunto  fatto  eseguire  in  Messina, 
a  richiesta  del  Cancelliere  del  regno  Giovanni  da  Precida  a  18 
febbraio  1287  ,  tra  le  pergamene  del  Re  Pietro  ai  n.i  496  e  497, 
nel  medesimo  Archivio  di  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  ,  voi.  Il ,  pag.  182  dà  un  fugace 
sunto  del  documento,  aggiungendo  per  errore  le  parole  «  e  contèe 
annesse»,  che  non  corrispondono  al  testo  dopo  le  altre  «  cum  om- 
nibus insulis»,  perchè  l'espressione  comitatibus  è  adoperata  nel 
senso  di  territori  e  non  di  contee,  né  il  regno  di  Sicilia  oltre  le 
isole  ebbe  contee  annesse.  Fornisce  altresì  il  Carini  a  pag.  206  e 
seg.,  con  varietà  di  parafrasi,  il  sunto  delle  due  pergamene  qui 
ricordate,  senza  notare  che  contengono  lo  stesso  documento,  per- 
chè non  sono  che  due  copie  di  esso. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  Documenti  su  le  relazioni  del 
Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la  Sicilia  (nelV Anu'ari  (1908)  de 
Vlnst.  d'Estud.  catal.,  pag.  346,  doc.  II).  Ho  creduto  conveniente 
riprodurlo  per  la  sua  importanza. 

L'Infante  Alfonso  era  nato  nel  1265,  e  divenne  pertanto  mag- 
giore di  età  ed  emancipato  nel  1285.  Nel  documento  dell'8  mag- 
gio 1285  (cfr.  sopra  n.  LXX)  Alfonso  dice  infatti  :  «  confìtentes 
nos  fore  sollepniter  emancipatum  a  dicto  patre  nostro  »  ,  ed  in 
quest'  altro  :  «  recognoscentes  nos  esse  maiores  decem  et  novem 
annis  » . 

Col  primo  documento  dell'8  maggio  Alfonso  confermava  la  do- 
nazione del  regno  di  Sicilia  fatta  dal  Re  Pietro  al  figlio  Giacomo, 
e  ricordava  per  essa  «  prout  melius  et  plenius  in  instrumento  ve- 
stre  donacionis  continetur».  Tale  donazione  dovette  essere  fatta 
certamente  nel  Parlamento  di  Messina  tenuto  in  aprile  1283;  né 
i  Siciliani  avrebbero  tollerato  che  il  Re  Pietro  lasciasse  1'  isola 
per  sempre,  senza  assicurare  che,  dopo  la  morte  di  lui,  essa  sa- 
rebbe rimasta  indipendente  dall'  Aragona  e  con  proprio  sovrano 
e  governo.  Si  desume  ciò  anche  dalla  mancanza  della  menzione 
del  testamento  per  la  donazione  del  regno  di  Sicilia  a  Giacomo; 
ed  infatti  non  è  alcun  cenno  per  la  successione  di  Giacomo  nel 
testamento  di  Pietro  1  del  3  giugno  1282  (V.  sopra  doc.  n.  XIV). 

Il  contemporaneo  Neocastro  (nel  cap.  LX1II,  in  Gregorio  , 
Bibl.  script,  arag.,  t.  1,  pag.  91)  dice  chiaramente,  con  espres- 


(1285)  —  214  — 

sioni  che  sembrano  tratte  da  un  atto  solenne  e  giuridico  poste- 
riormente fatto,  che  il  Re  Pietro  manifestò  nel  Parlamento  :  «  Quia 
vices  regum  et  hominum  singuloruin  in  manu  Dei  sunt,  si  forte, 
prout  Immane  fragilitatis  est  proprium,  quomodocumque  in  hoc 
viagio  nos  abesse  contingeret ,  ordinamus  ex  nunc  et  statuimus 
ut  dominus  fìlius  noster  Iacobus  indolis  commendande  nobis  in 
regno  Sicilie  succedat,  Friderico  fratri  suo,  tamquam  maior  natu, 
vobis  volentibus,  preferendus  » .  Di  tale  risoluzione  si  ha  la  prova 
da  vari  documenti  dal  15  dicembre  1283  sino  al  2  giugno  1285, 
perchè  nell'  intitolazione  l' Infante  Giacomo  adopera  le  parole  : 
«  suus  [cioè  di  Pietro]  in  regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres  », 
e  così  pure  il  Re  Pietro  ,  scrivendo  a  lui  (Cfr.  doc.  XXXVIII , 
XXXIX,  LVI,  LIX  e  LXXXI). 

Nel  trattato  col  Re  di  Tunisi  del  2  giugno  1285 ,  cioè  poste- 
riore di  quasi  un  mese  alla  conferma  dell'8  maggio  fatta  da  Al- 
fonso della  donazione  del  regno  di  Sicilia  a  Giacomo,  è  detto  in 
fine  al  §  40,  che  quel  trattato  dovrà  pure  essere  approvato  «  per 
l'infant  en  Iacme  fili  nostre ,  qui  deu  eser  hereter  apres  nos  en 
lo  dit  regne  [di  Sicilia],  e  farem  à  els  fermare  otorgar»,  e  dal- 
l' Infante  Alfonso  «  fili  nostre  mayor  è  hereter  apres  nos  en  los 
dites  regnes  »  ,  cioè  di  Aragona ,  Valenza  e  Catalogna  (V.  pure 
sopra  pag.  46  e  seg.). 

La  successione  di  Giacomo  nel  regno  di  Sicilia  era  pertanto 
notoria  e  ben  definita  ,  specialmente  dopo  la  conferma  suddetta 
di  Alfonso  dell'8  maggio.  Sembra  però  che  il  Re  Pietro,  ricono- 
scendo vicina  la  sua  morte  (avvenuta  il  10  novembre),  abbia  vo- 
luto che  per  maggior  garenzia  Alfonso  facesse  in  quei  giorni  (2 
novembre)  la  rinunzia  a  qualunque  dritto  sul  regno  di  Sicilia 
(volentes,  dice  Alfonso,  votivis  magnificenciis  parentum  annuere 
et  obsecundare) ,  perchè  (come  ho  ricordato)  nel  testamento  del  3 
giugno  1282  nulla  era  disposto  per  la  successione  in  Sicilia,  tanto 
che  nella  rinunzia  di  Alfonso  fu  detto  per  il  dritto  di  Giacomo 
«  prout  in  testamentis  vel  concessionum  instrumentis  »  ,  adope- 
randosi la  congiunzione  disgiuntiva,  e  non  la  copulativa  et,  quasi 
ad  equipararne  gli  effetti.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  156  e  164 
non  conoscendo  il  testo  dei  due  documenti  di  Alfonso,  da  me  dati 
in  luce,  non  potè  ricavare  notizia  sicura  su  gli  ultimi  atti  del  Re 
Pietro  ,  né  provare  1'  assurdità  del  documento  della  stessa  data, 
compilato  da  ecclesiastici  per  mostrare   agli   Angioini  che  il  Re 


—  215  —  (1285) 


avesse  rinunziato   alla   Sicilia ,  divenendo  «  qual  è  quei  che  di- 
svuol ciò  ch'ei  volle»  come  diceva  l'Alighieri. 

Tale  documento  del  tutto  incoerente  del  2  novembre,  e  l'altro 
del  3  per  legati  a  monasteri  e  chiese  sono  da  me  compresi  tra  i 
Documenti  falsi  del  regno  di  Pietro  I  (V.  appresso  doc.  n.  GXXXII 
e  CXXXIII).  Esporrò  quivi  le  ragioni,  per  le  quali  devono  i  due 
documenti  ritenersi  falsi,  e  non  corrispondenti  alla  vera  volontà 
del  sovrano. 


DOCUMENTI  DI  DATA  INCERTA 


OXII. 


Il  Re  Pietro  1  concede  alla  città  di  Messina  che  la  Curia  del 
Mare  sia  retta  dai  Consoli,  da  eligersi  dai  mercanti  della  stessa 
città,  e  da  confermarsi,  per  parte  regia,  dallo  Stratigoto. 

Questo  documento  senza  data  è  ricordato  nell'altro  del  Re  Gia- 
como dell'anno  1286  (prima  ritenuto  erroneamente  del  1294)  per 
immunità  a  Messina  ,  con  queste  parole  :  «  Privi legium  vero  in- 
dultum  eidem  civitati  per  predictum  dominum  patrem  nostrum 
super  regenda  Curia  maris  per  consules  ,  ad  hoc  eligendos  per 
mercatores  civitatis  eiusdem,  et  per  Straticotum  Messane  prò  parte 
nostre  Curie  conflrmandos ,  eidem  universitati  Messane  tenore 
presencium  confirmamus  (Cfr.  ed.  Gallo,  Annali  di  Messina,  1758, 
t.  II ,  pag.  155 ,  e  Starrabba  ,  Cons.  e  privil.  di  Messina  cit. 
pag.  259  e  seg.). 

Si  ha  1'  affermazione  sicura  della  esistenza  della  Curia  del 
mare  in  Messina  ai  tempi  del  Re  Pietro  nelle  altre  parole  del 
Re  Giacomo ,  che  ordinava  che  i  consoli  della  Curia  dovevano 
esercitare  il  loro  ufficio  «  prout  a  tempore  predicti  privilegii  eis 
indulti  [cioè  dal  Re  Pietro]  iuxta  ipsius  tenorem  usque  nunc  e- 
xercuerunt  consulatum  predictum  »,  rimanendo  i  proventi  presso 
lo  Stratigoto  di  Messina  ,  che  li  esigeva  per  conto  della  regia 
Corte. 

Nel  privilegio  di  Giacomo  sono  ricordati  tre  documenti  del 
Re  Pietro  per  Messina ,  cioè  questo  per  l' istituzione  della  Curia 
del  mare,  l'altro  per  l'esenzione  dal  pagamento  dei  nuovi  statuti 
o  tasse  angioine  (V.  sopra,  pag.  67,  n.  7),  ed  il  terzo  per  impor- 
tazione di  frumento  libera  dal  diritto  di  dogana  (V.  pag.  52,  n.  1), 
che  è  la  remota  origine  della  gabella  del  Campo  delle  vettovaglie 
di  Messina  {in  campo  nostro  victualium  civitatis  ipsius),  che  tro- 
vasi poi  regolata  nella  Pandetta  approvata  verso  il  1305,  non  ri- 


—  217  —  (1282  -  85) 

cordato  affatto  dal  Vayra  nella  prefazione  all'  ediz.  del  Sella  , 
Pandetta  di  Messina  cit.,  pag.  24  e  seg.,  né  da  Francesco  Crispi, 
Nella  causa  del  regio  campo  delle  vettovaglie.  Roma,  1880,  voi.  I, 
pag.  13,  che  segue  il  Vayra  senza  aggiungere  alcuna  ricerca  ori- 
ginale. Il  Re  Pietro  estese  anzi  con  altro  privilegio  del  4  gennaio 
1283  (Carini,  De  rebus,  pag.  251,  e  testo  in  Appendice  di  Silve- 
stri, pag.  70  e  seg.  )  ai  Siciliani  la  franchigia  per  importazione 
di  vettovaglie  in  Messina  ;  onde  appare  che  il  campus  noster,  o 
luogo  di  deposito  regio,  sia  una  istituzione  di  origine  aragonese. 

I  riscontri  precisi  delle  menzioni  dei  privilegi  del  Re  Pietro 
contenute  nel  documento  di  Giacomo  denotano  la  indubitabile  au- 
tenticità di  quest'ultimo  privilegio. 

Particolare  cenno  del  documento  di  Pietro  I  per  la  Curia  del 
mare  in  Messina  fece  Schaube  Das  Konsulat  des  Meeres  in  Pisa 
cit.  pag.  271.  Egli  crede  che  appartenga  al  1283,  appena  liberata 
la  Sicilia,  «  bald  nach  der  Befreiung  der  Insel  »,  ed  offre  un  sunto 
esatto  del  suo  contenuto,  notando  che  il  Consolato  del  mare  in 
Messina  si  dimostra  come  un'  istituzione  locale  :  «  erscheint  da- 
nach  als  eine  in  Messina  eingeburgerte  Institution  ».  Il  documento 
del  15  dicembre  1283  dell'Infante  Giacomo  (V.  sopra  doc.  nume- 
ro XXXIX),  che  concede  ai  Messinesi  di  poter  eligere  un  Console 
nel  regno  di  Sicilia  ,  in  Aragona  ed  altri  stati ,  dove  fossero  tre 
Messinesi  o  più,  e  l'altro  del  Re  Federico  II  del  24  novembre  1330 
(da  me  pure  ricordato  quivi,  pag.  91),  col  quale  si  ordinava  l'e- 
satta osservanza  di  quel  privilegio,  danno  chiara  prova  della  isti- 
tuzione del  Consolato  del  mare  vigente  allora  in  Messina;  e  sono 
perciò  prive  di  fondamento  le  osservazioni  contrarie  dello  Schaube 
e  di  altri  autori  stranieri,  ricordati  dal  mio  genitore  nella  memoria 
Consolato  del  mare  cit.,  pag.  VI. 

A  Siracusa  era  pure  nel  1323  il  Console  del  mare,  perchè  in 
quel  tempo  fu  chiesto  al  Re  Pietro  II,  Luogotenente  del  Re  Fe- 
derico II,  che  1'  elezione  di  quel  Console  si  facesse  «  per  merca- 
tores  civitatis  eiusdem,  et  non  per  alias  personas»,  e  così  fu  ap- 
provato dal  Re  Pietro  II,  come  si  rileva  dal  privilegio  pubblicato 
la  prima  volta  da  Vito  La  Mantta,  Consolato  cit.,  pag.  X. 

L'origine  della  Curia  del  consolato  del  mare  di  Messina  pro- 
viene probabilmente  dagli  Aragonesi.  Capmany,  Memorias  histo- 
ricas  cit.,  voi.  I,  parte  2»,  pag.  95,  afferma  che  nello  stesso  tempo 
Che  fu  conquistata  la  Sicilia ,  i  Catalani  si  giovarono  della  prò- 


(1282  -  85)  —  218  — 

tezione  dei  sovrani,  ed  intrapresero  la  loro  navigazione  diretta  e 
lo  stabilimento  di  offici  di  commercio  nei  vari  porti  del  regno. 
Ricorda  altresì  (pag.  183)  che  da  un  ordinamento  del  1258,  con- 
fermato dal  Re  Giacomo  I ,  si  ricava  che  la  città  di  Barcellona 
aveva  i  suoi  Consoli  «  para  juzgar  las  controversias  maritimas  y 
mercantiles  en  terras  estranas  »  (certamente  con  le  norme  del  di- 
ritto o  consuetudinarie),  però  a  bordo  dei  bastimenti,  non  avendo 
ancora  essi  «  residencia  fixa.  .  .  con  lonja  y  tribunal  sedentario»; 
ed  aggiunge  che  con  un  privilegio  di  Giacomo  I  del  1266 ,  con- 
fermato nel  1268,  quella  città  ottenne  di  potere  «  elegir  de  su  pro- 
pria autoridad  los  Gonsules  que  juzgase  necesarios  para  proteger 
sus  factorias  y  bastimentos  en  todos  los  puertos  y  mercados  de 
su  contratacion  » ,  la  qual  prerogativa  è  dal  Capmany  definita  «una 
de  las  majores  regalias  à  que  podia  entonces  aspirar  la  ciudad 
mas  independente » .  È  manifesta  cosi  la  somiglianza  dell'istitu- 
zione del  Consolato  di  Messina  ,  e  non  riesce  quindi  difficile  di 
ritrovarne  l'origine  dalla  Catalogna. 

Heyd,  Histoire  du  commerce  du  Levant  au  moyen-àge.  Leipzig, 
1885,  voi.  I,  offre  varie  notizie  per  la  Sicilia,  ed  a  pag.  475  giu- 
stamente osserva  :  «  Les  Vèpres  siciliennes  avaient  forme  la  base 
d'  une  union  intime  entre  les  Aragonais  et  les  Catalans  d'  une 
part  et  les  Siciliens  de  l'autre;....  dans  le  port  de  Messine,  la 
marine  catalane  était  presque  comme  chez  elle». 

Riguardo  alle  leggi,  che  concernevano  la  Curia  del  Consolato 
del  mare  di  Messina ,  derivate  senza  dubbio  da  antiche  consue- 
tudini, deve  qui  notarsi  che  esse  furono  approvate  dal  Re  Fede- 
rico II  aragonese  nel  1325  (cfr.  doc.  di  tale  data)  ed  hanno  que- 
sto titolo  :  «  De  officio  Consulum  maris  et  capitulis  de  ordinacio- 

nibus  officii  eiusdem prout  servantur  in  civitate   Messane  et 

aliis  terris  et  locis  huius  regni  Sicilie»,  se  pure  questa  non  è  con- 
ferma di  capitoli  più  antichi.  Furono  date  in  luce  la  prima  volta 
da  Vito  La  Mantia,  Consolato  cit.  pag.  3  e  seg.  Verso  quel  tempo 
Pisa  aveva  pure  il  Breve  Curie  maris  Pisane  civitatis  del  1305, 
diviso  in  130  capitoli,  oltre  il  testo  in  volgare  del  1322,  riformato 
nel  1343.  (Cfr.  Bonaini,  Statuti  inediti  della  città  di  Pisa  dal  XII 
al  XIV  secolo.  Firenze,  1857,  voi.  Ili,  pag.  345-643).  Un  lungo 
capitolo  ha  titolo  De  sensalibus,  cioè  lo  stesso  argomento  dei  Ca- 
pitoli del  console  dei  Pisani  in  Palermo ,  da  me  ricordati  sopra 
(pag.  101),  ed  i  cap.  96  e  111  si  riferiscono  a  censi  in  Palermo 


—  219—  (1282-85) 

ed  a  dritti  da  ricuperare  in  Messina.  La  città  di  Genova  nell'  i- 
nizio  del  secolo  XV  (1403-1407)  manteneva  1'  officio  di  Gazarla  , 
il  quale  «  teneatur  et  debeat  tractare,  querere  et  vigilare  et  totuiu 
suum  inclinare  ad  facta  et  negotia  navigandi,  omnia  et  singula 
que  ad  utilitatem  et  commodum  navigantium  crediderint  preme- 
re ».  Tali  leggi  marittime  sono  riferite  nel  volume  Leges  Genuen- 
ses,  della  collez.  Hist.  Patriae  Monum.  Torino,  1901 ,  t.  XV1I1 , 
pag.  731-848. 

Altri  capitoli  della  Curia  del  mare  di  Messina  del  secolo  XV 
trovansi  nel  codice  in  pergamena  2  Qq  E.  140  della  Bibl.  Gom. 
di  Palermo  pubblicato  da  Starrabba,  Consuet.  e  privil.  di  Mes- 
sina cit.  pag.  273  a  302,  con  l' inserzione  del  privilegio  falso  del 
Re  Ruggiero,  la  quale  mostra  1'  uso  che  voleva  farsene  per  am- 
biziose pretese,  notando  trovarsi  il  «  privilegiu  in  la  banca  di  li 
Iurati  »  (pag.  301).  È  inesatta  l'affermazione  dello  Starrabba  che 
la  prima  parte  di  quei  Capitoli  sia  del  secolo  XIV. 

Vincenzo  Ferrarotto  (f  1608)  nel  suo  lavoro  Della  premi- 
nenza dell'officio  di  Stradicò  della  città  di  Messina.  Cosenza,  1671, 
pag.  140  e  seg.  ricorda  il  diritto  dei  Messinesi  di  eliggere  i  Con- 
soli del  mare,  i  quali  «  eleggono  poi  tutti  gli  altri  Consolati  »  in 
Sicilia  ed  all'estero  e  che  cotali  Consoli  erano  chiamati  i  primi 
Consoli  dei  Messinesi,  e  gli  altri  Consoli  dei  Siciliani».  Dice  an- 
cora per  il  suo  tempo  che  nella  «  elettione  di  Consoli  [del  mare 
di  Messina]  non  interviene  il  Stradicò». 

Una  monografia  ha  pubblicato  Andrea  Finocchiaro-Sartorio 
col  titolo  II  diritto  marittimo  di  Messina.  Appunti.  Roma,  1904, 
nella  quale,  giovandosi  pure  dei  testi  editi  da  Vito  La  Mantia  e 
da  Starrabba  e  delle  posteriori  Istruzioni  del  Consolato  di  Mes- 
sina del  1728,  offre  un'esposizione  metodica  di  quella  legislazione. 
Il  Finocchiaro  dice  (pag.  13)  :  «  É  solo  lecito  affermare  che  il  con- 
solato del  mare  di  Messina  se  non  al  secolo  XII,  rimonta  almeno 
al  XIII  »,  ed  inoltre  per  il  testo  delle  sue  leggi  osserva  :  «  Certa- 
mente sembra  assai  probabile  che  alle  più  antiche  fonti  che  vi  si 
riferiscono  abbia  servito  di  guida,  più  che  altro  ,  il  modello  pi- 
sano, sia  per  la  evidente  rassomiglianza  del  loro  contenuto,  sia 
perchè  le  relazioni  tra  Pisa  e  Messina  dovettero  essere  alquanto 
intime  anche  prima  della  dominazione  sveva»  (pag.  11,  nota). 

Su  P  importanza  del  commercio  in  Sicilia  nelle  epoche  nor- 
manna e  sveva,  specialmente  coi  Genovesi,  Pisani,  Toscani,  Ve- 


(1282-85) 


neziani  e  Marsigliesi ,  lo  sviluppo  di  alquanti  istituti  giuridici 
commerciali,  e  le  speciali  prerogative  che  godeva  Messina,  è  utile 
consultare  l'opera  recente  di  Schaube,  Handelsgeschichte  der  ro- 
manischen  Vòlker  des  Mittelmeergebiets  bis  zum  ende  der  Kreuz- 
zuge.  Miinchen,  1906,  pag.  456-517  «  Unter-Italien  und  Sizilien  ». 


CXIII. 


Il  Re  Pietro  1  ordina  di  restituirsi  agli  eredi  di  Gerardo  Mai- 
meni  una  casa  in  legname,  appartenuta  a  costui,  sita  in  Messina, 
e  che  era  stata  data,  al  tempo  del  Re  Carlo  d'Angiò,  come  bene- 
ficio al  canonico  Aldoino,  dopo  la  confisca  fattane  al  Maimeni  , 
che  andò  in  esilio  per  la  sua  fedeltà  agli  Svevi. 

É  ricordato  in  un  documento  del  14  febbraio  1316  del  Re  Fe- 
derico II  aragonese ,  che  menziona  altra  lettera  di  lui  di  aprile 
8a  indizione  1310 ,  dalla  quale  si  ricava  che  Pietro  Ruffo  di  Ca- 
labria, Vicario  di  Sicilia  sotto  il  Re  Manfredi,  aveva  fatto  ridurre 
a  via  pubblica  un  fondo  del  canonico  Aldoino  e  vari  altri  immo- 
bili appartenenti  ad  alcuni  borghesi  di  Messina,  e  che  erano  siti 
vicino  il  castello  a  mare  della  medesima  città,  dando  in  cambio  ad 
ognuno  di  quei  borghesi  oncia  una  di  oro  ,  ma  nessuna  somma 
equivalente  al  canonico  Aldoino.  Dice  altresì  il  Re  che  poi ,  al 
tempo  del  Re  Carlo  d'Angiò,  «tempore  dominii  quondam  regis 
Karoli  primi  »,  fu  data  in  cambio  ad  Aldoino  una  casa  costruita 
in  legname  nel  «convicinio  sedilium  [luoghi  per  edificare]  civitatis 
eiusdem  »  ,  presso  la  casa  di  Roberto  Pardo  ,  e  che  era  apparte- 
nuta al  fu  Gerardo  Maimeni ,  il  quale  per  conservare  la  fede  ai 
Re  svevi  dovette  andare  in  esilio.  É  appunto  questa  casa  che, 
dopo  cacciati  gli  Angioini,  viene  restituita  agli  eredi  del  Maimeni. 
Per  tali  fatti  si  veda  appresso  il  doc.  di  aprile  1310. 

Qui  riferisco  soltanto  le  parole  del  documento  per  quanto  si 
attiene  all'epoca  aragonese  :  «  Quo  primo  adveniente  Comunitate 
Sicilie  nuper  preterita  [ossia  il  governo  repubblicano] ,  et  subse- 
quenter  dominio  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  divi  patris 
nostri,  dive  memorie,  [il  Re  Pietro]  heredibus  quondam  Gerardi, 


—  221  —  (1282-85) 

taraquam  fìdelibus  et  oppressis  prò  dieta  fide  servanda,  cum  aliis 
bonis  suis  fuit  per  Curiam  restituta». 

Il  documento  del  Re  Federico  li  del  1316  è  inserito  nel  reg.  11 
della  R.  Cancelleria  (an.  1367)  fol.  128 ,  neh"  Arch.  di  Stato  di 
Palermo. 

È  evidente  che  il  privilegio  del  Re  Pietro  deve  essere  poste- 
riore al  29  luglio  1283,  perchè  nel  documento  dello  stesso  Re,  di 
tale  data,  contenuto  nel  reg.  54,  fol.  178  (V.  sopra  doc.  n.  XXX) 
si  accenna  una  transazione  che  il  Re  voleva  che  si  facesse  per 
quel!'  affare  ,  scrivendo  dalla  Catalogna  (Logrono)  al  Cancelliere 
del  regno  di  Sicilia,  Giovanni  da  Procida  in  tali  termini:  «De 
peticione  tamen  Aldovini ,  nobis  existentibus  in  partibus  ipsis 
[cioè  in  Sicilia],  audivistis  intencionem  nostrani,  et  placeret  nobis 
quod  inde  tractaretur  aliqua  ydonea  composicio,  quam  nobis  si- 
gnificare debeatis».  Saint-Priest  ,  Hist.  de  la  conquéte  ,  t.  IV, 
pag.  234. 


CXIV. 


Il  Re  Pietro  I  concede  ,  a  beneplacito  suo  e  dei  suoi  succes- 
sori, a  G.  di  Calcerando  de  Carteliano  una  casa  con  sue  perti- 
nenze, sita  in  Messina,  e  che  un  tempo  appartenne  a  Matteo  de 
Riso. 

Menzionato  in  altro  privilegio  del  Re  Giacomo  dell'  8  aprile 
1294 ,  dato  in  Gerona  ,  de  consciencia  regis  ,  e  trascritto  nel  re- 
gistro 194  del  Re  suddetto,  a  fol.  2  (Arch.  Cor.  Aragona  in  Bar- 
cellona). 

Con  tale  privilegio  (V.  appresso,  an.  1294)  Giacomo  dava  li- 
cenza al  Carteliano  di  vendere  quella  casa. 

Conviene  riferire  le  parole  contenenti  il  ricordo  del  documento 
del  Re  Pietro  :  «  Cum  ipse  [de  Carteliano]  tam  ex  donacione  et 
concessione  illustrissimi  domini  regis  Petri,  inclite  recordacionis, 
patris  nostri,  sibi  facta  usque  ad  ipsius  domini  regis  et  heredum 
suorum  ordinacionem  et  mandatum,  quam  confìrmacione  nostra 
sibi  et  heredibus  suis  in  perpetuum  exinde  facta,  teneat  et  pos- 
sideat  quoddam  hospicium  cum  pertinenciis  suis,  quod  olim  fuit 


(1282  -  85) 


Mathei  de  Riso  in  civitate  Mecane  existens,  sub  certis  modis,  for- 
mis  et  condicionibus  in  privilegio  diete  confirmaeionis  nostre  con- 
tentis  ...  ». 

La  conferma  del  Re  Giacomo  ,  come  ben  si  scorge ,  estese  la 
concessione  agli  eredi  del  Garteliano  in  perpetuo. 

Riguardo  al  de  Garteliano  cfr.  le  notizie  date  sopra  (doc.  nu- 
mero XG). 


cxv. 

Il  Re  Pietro  I  concede  alcune  franchigie  al  comune  di  Milazzo. 

Se  ne  ha  la  notizia  nei  capitoli  di  Milazzo  approvati  dal  Re 
Martino  a  27  aprile  1392,  in  obsidione  Panormi.  Il  comune  chie- 
deva nell'inizio  di  quei  capitoli  la  conferma  degli  antichi  privilegi, 
«  li  quali  ne  foro  concessi  per  la  santa  bona  memoria  imperatore 
Frederico  e  la  santa  bona  memoria  hi  Re  Pery  vecho  e  per  con- 
sequens  tucti  li  altri  Reali,  li  quali  so  stati  ab  antiquo  tempore». 
Con  tale  soprannome  di  vecchio  o  antico  s'intende  Pietro  I,  per- 
chè (come  è  noto)  regnò  poscia  in  Sicilia  Pietro  II  dal  1337  al  1342. 

11  testo  dei  capitoli  approvati  dal  Re  Martino  si  trova  nel 
reg.  20  (an.  1392)  della  R.  Cancelleria  ,  fol.  30  (Arch.  di  Stato 
Pai.).  Una  copia  se  ne  conserva  nel  ms.  Qq.  G.  5,  fol.  29,  della 
Bibl.  Com.  di  Palermo.  Dal  Re  Martino  fu  concessa  1'  approva- 
zione agli  abitanti  di  Milazzo  «  prout  dictis  privilegiis  melius  usi 
fuerunt  ». 

L'erudito  barone  Giuseppe  Piaggia,  Illustrazione  di  Milazzo. 
Palermo,  1853,  pag.  119,  riporta  il  testo  intero  dei  capitoli  so- 
pra ricordati. 


OXVI. 


Il  Re  Pietro  I  conferma  a  Filippo  Guarichi  e  suoi  eredi  la 
concessione  di  alcuni  lenimenti  di  terre,  dette  Misilabes,  Sacaro 
e  Misilmyon,  siti  nel  territorio  di  Sciacca,  per  il  censo  annuale 


(1282  -  85) 


di  salme  trenta  di  frumento  della  misura  generale;  la  quale  con- 
cessione era  stata  fatta  al  suddetto  Filippo  nel  tempo  del  Re  Carlo 
d'Angió  da  Giacomo  Ruffolo  di  Ramilo  ,  Maestro  Portulano  di 
Sicilia,  insieme  con  Giacomo  Pironti. 

Ricordato  nel  documento  del  Re  Federico  II  aragonese  del  16 
agosto  1299,  confermato  ed  ampliato  a  3  agosto  1301,  e  trascritto 
nella  pergamena  17  del  Tabularlo  di  S.  Maria  della  Grotta  (V.  so- 
pra doc.  n.  XXXII).  Vi  si  legge  per  la  conferma  del  Re  Pietro  : 
«  que  [concessio]  postmodum  ei  et  suis  heredibus,  tam  per  predi- 
ctum  dominum  patrem  nostrum,  quam  nos  confi  rinata  fuit».  11 
prof.  Salinas,  Osservazioni  intorno  a  due  dipi,  greci  cit.,  pag.  92 
si  limita  soltanto  a  notare  :  «  Si  ricorda  inoltre  .  .  .  i  tenimenti 
detti  »  ecc. 


OXVII. 


La  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo,  Luogotenente  gene- 
rale del  regno,  in  seguito  alle  lettere  del  4  ottobre  1283  ai  mede- 
simi trasmesse  dal  Re  Pietro  I  (V.  sopra  doc.  n.  XXXII),  ordi- 
nano a  Venuto  de  Pulcaro,  di  Palermo  ,  Secreto  di  Sicilia  ,  che 
faccia  eseguire  un'inchiesta  sul  valore  delle  rendite  dei  Casali  di 
Burgibilluso  e  Turbuli  con  terre  e  molini,  nella  valle  di  Girgenti. 

E  menzionato,  nel  documento  indicato  sopra  (n.  GXVI) ,  con 
queste  parole  :  «  Quarum  auctoritate  [cioè  delle  lettere  del  Re  Pie- 
tro a  Costanza  ed  alV  Infante]  ad  licteras  predictorum  domine 
matris  et  domini  fratris  nostrorum  Venuto  de  Pulcaro  de  Panor- 
mo»  ecc.  (Gfr.  appresso  doc.  del  1299).  Dice  il  Re  Federico  II  che 
fu  quindi  formata  l'inchiesta  «  sicut  quaternus  eiusdem  [inquisi- 
cionis]  sub  sigillo  dicti  Venuti  ad  eos  [Regina  ed  Infante]  pro- 
inde missus  piene  et  particulariter  distinguebat  » .  Notevole  è  il 
computo  della  moneta,  che  si  dice  adottato  in  quella  inchiesta  : 
«grosso  pondere  ad  generale  converso»,  ossia  a  quello  usato  co- 
munemente nell'isola.  Ducange  alla  voce  Pondus  nota  alcune  di- 
stinzioni di  peso  nelle  monete,  come  pondus  Caroli,  Palata  ecc. 
Di  Venuto  de  Pulcaro  si  ha  notizia  qui  sopra  (doc.  n.  XLVj. 


(1282  -  85)  —  224 


OXVIII. 

La  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo,  Luogotenente  gene- 
rale del  regno ,  stabiliscono  che  sia  esaminata  dai  Giudici  della 
regia  Gran  Corte  l'inchiesta  ordinata  precedentemente  per  i  ca- 
sali di  Burgib  illuso  e  Turbuli. 

Questo  nuovo  ordine  è  così  mentovato  nel  documento  del  Re 
Federico,  sopra  citato  (n.  CXVI)  :  «Et  postmodum  predicta  in- 
quisicione  de  mandato  predictorum  domine  matris  et  domini  fra- 
iris  nostrorum  discussa  et  examinata  per  tunc  iudices  Magne 
Regie  Curie  »  ecc.  Il  risultato ,  che  se  ne  ebbe,  fu  quello  di  es- 
sersi rinvenuto  un  difetto  nel  valore,  «  in  causa  sciencie  per  de- 
ponentes  in  inquisicione  predicta»,  onde  i  giudici  furono  di  pa- 
rere di  doversi  rifare  l' inchiesta,  che  poi  fu  evitata  per  un  au- 
mento offerto  dai  concessionari. 


OXIX. 


La  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo,  Luogotenente  gene- 
rale del  regno ,  per  i  meriti  e  la  fedeltà  dimostrata  da  Stefano 
di  Nicola  e  Filippo  Guarichi,  ordinano  ai  giudici  Guglielmo  de 
Licata  e  Gualtiero  de  Gaudioso,  di  Cammarata ,  di  immetterli 
nel  possesso  dei  Casali  e  territori  di  Burgibilluso  e  Turbuli,  se- 
condo quanto  è  disposto  nella  lettera  del  Re  Pietro  del  4  ottobre 
1283,  (V.  sopra  doc.  n.  XXXII),  con  l'obbligo  di  pagare  onde  72 
annuali  d'oro  (come  si  è  ricavato  dall'inchiesta,  insieme  all'  au- 
mento) e  di  adempire  quanto  si  deve  per  il  servizio  militare. 

Altro  documento  ricordato  in  quello  del  Re  Federico  II  del 
1299  (indicato  sopra  n.  CXVI).  Si  rileva  da  esso  che:  «predicti 
domina  mater  et  dominus  frater  nostri.  .  .  .  per  eorum  licteras 
iniunxissent  »  ecc.,  e  che  il  de  Nicola  ed  il  Guarichi  furono  im- 
messi nel  possesso  «modo  et  forma  in  eisdem  licteris  denotatis». 


(1282  -  85) 


oxx. 

La  Regina  Costanza  trasmette  a  vari  baroni  della  Marca,  del- 
l'Abruzzo  e  di  altri  luoghi  del  regno  sue  lettere,  per  esortarli  a 
recare  aiuto  a  Corrado  d'Antiochia  e  ribellarsi  agli  Angioini. 

La  notizia  di  queste  lettere  della  Regina  Gostanza  viene  data 
dal  cronista  Saba  Malaspina  (lib.  X,  cap.  XXIV,  ediz.  Del  Re, 
Cronisti  e  scritt.  sincr.  cit.,  voi.  II,  pag.  404)  con  queste  parole  : 
«  Hi  sane  regnicolae  cum  ex  parte  prefatae  dominae  [Constantiae] 
ad  nonnullos  barones  Marchiae  ,  Aprutii  ,  alterius  partis  regni , 
litteras  detulissent  ».  Soggiunge  che  coloro  che  le  portavano  fu- 
rono presi  prigioni  in  Terracina  «  cum  omnibus  litteris  dominae 
memoratae.  ...  et  litteris  inventis  ad  dominum  papam  trans- 
missis  ». 

Su  la  verità  di  tali  fatti  non  può  esservi  alcun  dubbio,  poiché 
il  Malaspina,  d'origine  guelfa,  doveva  ben  conoscerli  alla  Corte 
di  Roma.  La  data  di  quegli  avvenimenti  è  1'  anno  1284.  È  evi- 
dente che  l'audace  ghibellino  Corrado  d'  Antiochia  non  solo  vo- 
leva riacquistare  allora  i  suoi  castelli  nell'  Abruzzo  ,  ma  prepa- 
rarvi insieme  con  gli  esuli  una  rivolta,  tanto  che  la  regina  Co- 
stanza, «domina  Constantia  uxor  Petri  de  Aragonia  quandam 
quantitatem  auri  de  Sicilia  per  quosdam  nuntios  catalanos  et  re- 
gnicolas  ipsi  Conrado  prò  suorum  militum  stipendiis  destina- 
va». Cotali  soccorsi  dimostrano  che  gli  Aragonesi  non  avevano 
tralasciato  di  incitare  ,  con  ogni  mezzo  (come  negli  anni  1282  e 
1283,  cfr.  Carini,  De  rebus,  p.  108  e  seg.  e  478  e  seg.) ,  le  Pro- 
vincie continentali  del  regno  ed  i  fedeli  ghibellini  a  ribellarsi  al 
dominio  angioino,  allo  scopo  di  dare  esecuzione  all'antico  disegno 
di  impadronirsi  di  quelle  regioni;  ed  ora  la  figlia  medesima  del 
Re  Manfredi  rinnovava  gli  entusiasmi  fra  i  sostenitori  della  causa 
sveva. 

Il  Rettore  della  Campagna  e  Marittima  per  parte  della  Chiesa, 
alleato  con  gli  Angioini,  rese  vani  gli  sforzi  degli  esuli.  Infatti 
il  Papa  Martino  IV  con  una  lettera  del  15  ottobre  1284  si  con- 
gratulava col  Rettore  di  Campagna  per  avere  sconfitto  i  sediziosi 
(Cfr.  Potthast,  Regesta  pontificum  romanorum.  Berolini  ,  1874, 
voi.  I,  n.  22181).  Il  Re  Carlo  d'Angiò  poco  dopo  (a  8  novembre) 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  15 


(1282-85) 


dava  ordine ,  in  seguito  a  quei  fatti ,  al  Giustiziere  di  Abruzzo 
ultra  di  reprimere  ogni  sollevazione,  poiché  indarno  i  ribelli  cre- 
devano «  nostrani  fore  diminutam  potenciam  » .  Ciò  si  ricava  dal 
Reg.  Ang.  1283  A.  n.  45,  fol.  8 ,  e  dì  questo  documento  dà  un 
esteso  sunto  Minieri  -  Riccio  ,  II  tegno  di  Carlo  I  oV  Angiò  (in 
Arch.  Stor.  Bai.,  serie  IV,  t.  VII,  1881,  pag.  309). 

Si  veda  quanto  narrano  per  quella  rivolta  Gregorovius,  Sto- 
ria della  città  di  Roma  nel  medio  evo.  Venezia ,  1874 ,  voi.  V , 
pag.  565;  Amari,  9"  ediz.,  voi.  li,  pag.  55  e  93  ;  e  Pasquale  Ri- 
dola  nella  sua  pregevole  memoria  Federico  d'Antiochia  e  i  suoi 
discendenti  (in  Arch.  Stor.  Nap.,  voi.  XI,  1886,  pag.  251  e  seg.). 


OXXI. 


La  Regina  Costanza  dà  notizia  ai  Secreti  di  Sicilia  al  di  qua 
del  Salso  di  aver  nominato  Matteo  di  Catania  credenziere  del 
fondaco  di  riva  e  serviente  della  dogana  del  cacio  di  Palermo  , 
a  suo  beneplacito. 

Questo  privilegio  della  regina  Costanza  è  ricordato  in  una  sup- 
plica del  Baiulo  e  dei  Giurati  di  Palermo  al  Re  Federico  II  ara- 
gonese del  16  settembre,  lla  indizione,  1311 ,  con  la  quale  chie- 
devano che  fossero  confermati  al  notaro  Matteo  gli  uffici  doga- 
nali ,  che  gli  erano  stati  concessi  dalla  regina  Gostanza  ,  e  con- 
fermati poi  dal  Re  Giacomo. 

È  detto  nella  supplica  :  «  ut  cum  illustris  domina  tunc  Arago- 
num  et  Sicilia  Regina  domina  mater  vestra  eumdem  Matheuin 
in  notarium  credencerium  l'undici  rive  et  servientem  dohane  casei 
civitatis  eiusdem,  usque  ad  voluntatis  sue  beneplacitum,  ordina- 
rit,  prout  continetur  in  quibusdam  patentibus  licteris  diete  do- 
mine Regine  Secretis  Sicilie  citra  flumen  Salsum  tunc  presentibus 
et  futuris  propterea  destinatis». 

Le  parole  tunc  Aragonum  et  Sicilie  regina  mostrano  chiara- 
mente che  il  documento  di  Gostanza  fu  emanato  nel  tempo  ante- 
riore al  regno  di  Giacomo,  che  ebbe  inizio  dall' 11  novembre  1285. 
La  supplica  sopra  indicata  si  trova  nel  Reg.  di  Lettere  dell'anno 
1311-12  a  fol.  63  r.  (Arch.  Gom.  di  Palermo),  ed  è  pubblicata  da 
Pollaci,  Gli  atti  della  città  di  Palermo  cit.,  pag.  127  e  seg. 


—  WI  —  (1282  -  85) 

Devesi  notare  per  le  norme  sul  fondaco  di  riva,  per  il  quale 
si  pagava  una  tassa  nella  compra  o  nell'  estrazione  di  panni  di 
lana  dai  mercanti  esteri,  che  esse  leggonsi  in  uno  speciale  capi- 
tolo dell'  antica  Pandetta  sveva  di  Palermo ,  edita  da  Pollaci  , 
senza  alcuna  indicazione  precisa  dell'  epoca ,  a  pag.  328.  Per  la 
dogana  del  cacio  non  si  ha  capitolo  particolare;  ma  pare  che  sia 
compresa  fra  le  merci  regolate  nella  dogana  di  terra  (pag.  317  , 
lin.  11-12),  per  alcune  delle  quali  poteva  essere  durante  il  regno 
di  Pietro  I  un  officio  separato  nella  dogana  per  il  maggior  traffico. 


OXXII. 


L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno ,  ordina 
a  Pietro  de  Queralt ,  Gran  Siniscalco  e  Vicario  generale  in  Si- 
cilia al  di  qua  del  fiume  Salso ,  che  constandogli  che  il  feudo  o 
casale  di  Favarotta  sia  stato  posseduto,  dal  tempo  dell'  impera- 
tore Federico  sino  alla  morte  del  Re  Manfredi,  da  Guido  di  Mo- 
dica, e  che  il  suddetto  casale  non  sia  integro  ma  disabitato  ,  lo 
assegni  al  de  Modica  per  suo  sostentamento  ,  col  godimento  dei 
frutti  sino  all'epoca  della  venuta  del  Re  Pietro,  e  durante  il  be- 
neplacito regio  e  di  lui  per  l'avvenire. 

Ricordato  da  Giovanni  Luca  Barberi  nei  Capibrevi,  voi.  Ili, 
I  feudi  del  Val  di  Mazzara  cit.  (ed.  Silvestri)  pag.  76  e  seg. 
Egli  dice  che ,  essendo  insorta  una  quistione  per  violazione  dei 
confini  del  feudo,  fu  presentato  il  processo;  ma  avendolo  esami- 
nato (revoluto  per  me  processu),  non  vi  trovò  il  documento  ori- 
ginario ,  onde  si  convinse  «  possessores  ipsos  dictum  antiquum 
privilegium  absconditum  et  sub  silentio  retinuisse».  Il  Viceré  e- 
manò  allora  un  ordine  perchè  i  possessori  mostrassero  «  dictum 
antiquum  privilegium»,  e  ciò  fu  eseguito  a  19  dicembre  1510. 

Il  Barberi  narra  pertanto  che  fu  esibito  un  transunto ,  fatto 
nel  1486 ,  di  un  atto  rogato  presso  notar  Giovanni  de  Biscardo 
di  Licata  del  1283 ,  nel  quale  si  asserisce  che  la  moglie  del  fu 
Guido  di  Modica  ed  i  suoi  antecessori  possedettero  il  feudo  di 
Favarotta  ed  il  casale  allora  abitato,  al  tempo  dell'imperatore  Fe- 
derico e  del  Re  Manfredi ,  ma  che  poi ,  succeduto  il  dominio  di 


(1282  -  85)  —  228  — 

Carlo  d'  Angiò  ,  il  feudo  fu  concesso  da  quel  Re  ad  Isnardo  de 
Trinca  La  Boyra,  e  dopo  ancora  «  eodem  comite  Carulo  debellato, 
ipsoque  regno  ad  dominium  domini  regis  Petri  seu  domini  In- 
fantis  Iacobi  eius  geniti  reducto»,  Guido  espose  all'Infante  l'e- 
silio e  le  fatiche  sostenute  ,  e  che  il  feudo  o  casale  apparteneva 
a  lui  per  parte  della  moglie. 

Segue  la  menzione  del  contenuto  del  privilegio  di  Giacomo  in 
tal  modo  :  «  Domino  Petro  de  Queralt ,  magno  Siniscalco  et  ge- 
nerali Vicario  in  Sicilia  citra  flumen  Salsum  ,  prefatus  dominus 
Infans  Iacobus  ad  eius  literas  precepit  quod  ,  constito  ei  casale 
ipsum  a  tempore  dicti  domini  imperatoris  Federici  usque  ad  mor- 
tem  prefati  domini  regis  Manfridi  per  eandem  uxorem  dicti  Gui- 
donis  habitum  et  possessum  fuisse,  dictumque  casale  et  feudum 
integrum  non  fuisse  sed  exhabitatum,  utique  prò  ipsius  Guidonis 
vite  sustentacione,  usque  tamen  ad  dicti  domini  regis  Petri  eius 
patris  adventum  ac  ad  ipsorum  beneplacitum,  de  dicti  casalis  seu 
feudi  fructibus  eidem  Guidoni  responderi  facere  debuisset;  dum- 
modo  de  huiusmodi  assignacione  tria  publica  consimilia  scripta 
annotacionis  proventuum  feudi  ipsius  et  servicii  quod  Curie  regie 
deberetur,  ac  confinium  feudi  iamdicti  fieri  fecisset,  conservanda 
unum  scilicet  per  ipsum  dominum  Petrum  de  Queralto  prò  sui 
compoti  redditione,  aliud  per  Secretos  et  magistros  Procuratores, 
tercium  vero  ut  ipsi  domino  Infanti  transmicteretur  » . 

Nelle  sue  interpretazioni  feudali  a  vantaggio  del  fisco,  il  Bar- 
beri osserva  inesattamente  che  non  fu  concesso  corpus  et  domi- 
nium dicti  feudi,  ma  la  sola  rendita  ,  e  con  la  clausola  «  usque 
ad  adventum  domini  regis  Petri  ».  Quest'altra  affermazione  è  pure 
erronea,  ed  il  Barberi  la  ripete  nell'allegazione  (a  pag.  82),  di- 
cendo che  non  poteva  darsi  il  possesso  del  feudo,  e  che  le  lettere 
erano  nulle  perchè  l'Infante  Giacomo  «  non  erat  Rex,  nullumque 
tenebat  dominium,  dicto  domino  rege  Petro  eius  patre  subsi- 
stente  »  ,  ed  altresì  perchè  il  Re  Pietro  al  suo  arrivo  in  Sicilia 
non  le  confermò. 

È  chiaro  che  il  dire  che  Giacomo  (che  era  Luogotenente  ge- 
nerale del  regno)  non  aveva  potestà  di  concedere  nuovamente,  an- 
che col  beneplacito  regio,  il  casale,  è  assurdo;  ed  inoltre  che  male 
spiegò  il  Barberi  le  parole  del  privilegio  (nonostante  date  in 
sunto)  :  «  de  dicti  casalis  seu  feudi  fructibus  eidem  Guidoni  re- 
sponderi facere  debuisset»,  che  non  significano  altro  che  il  Que- 


(1282  -  85) 


ralt  doveva  rendere  conto  al  de  Modica  di  tutti  i  frutti  sino  al 
tempo  della  venuta  del  Re  Pietro,  e  non  già  «  quia  non  apparet 
licteras  easdem  cuna  dicto  beneplacito  prefatum  dominum  regem 
Petrum  in  eius  adventu  confirmasse»,  perchè  non  è  conforme  al 
vero  che  Giacomo  avesse  emanato  privilegi  prima  che  il  Re  Pie- 
tro avesse  conquistato  la  Sicilia,  o  che  almeno  questi  vi  fosse  ve- 
nuto altra  volta  dopo  il  1282  dalla  Catalogna. 


OXXIII. 


Pietro  de  Queralt ,  Vicario  generale ,  avvisa  Nicola  Canigla 
[corr.  Tagliavia]  e  Giovanni  di  Caltagirone,  Secreti  e  maestri  Pro- 
curatori al  di  qua  del  fiume  Salso,  perchè  eseguano  quanto  l'In- 
fante Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  ordina  per  l'as- 
segnazione del  casale  e  feudo  di  Favarotta  a  Guido  de  Modica 
(V.  doc.  precedente). 

1  Secreti  scrivono  a  Girolamo  de  Caro  e  Rustico  de  Marto- 
rana,  di  Licata,  per  l'esecuzione,  i  quali  riferiscono  le  informa- 
zioni assunte. 

La  menzione  di  queste  lettere  del  Queralt  trovasi  pure  nel  vo- 
lume dei  Capibrevi  del  Barberi,  indicato  nel  doc.  anteriore.  Que- 
sti (a  pag.  77)  ricorda  che  fu  rilevato  che  le  rendite  del  casale 
erano  di  oncie  sei  annuali,  del  quale  valore  e  di  quello  del  ser- 
vizio militare,  e  dei  confini  del  feudo  «  ac  metis  sive  terminis  et 
limitibus  eiusdem  feudi  »  furono  formati  tre  atti  consimili,  rogati 
dal  notaro  Giovanni  de  Biscardo. 

Per  le  attribuzioni  del  Queralt  vedi  sopra  pag.  35  e  112. 


CXXIV. 


L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  concede 
a  Rodolfo  de  Manuele  il  casale  di  Burgibilluso,  che  era  ricaduto 
alla  regia  Corte  per  la  rinunzia  del  notaro  Stefano  di  Nicola  e 
di  Filippo  Guarichi  (cfr.  doc.  n.  XXXII  e  GXIX). 

Tale  documento  dell'Infante  Giacomo  è  ricordato  dal  Re  Fede- 
rico II  aragonese  nel  suo  privilegio  del  1299,  confermato  a  3  ago- 


(1282  -  85)  —  230  — 

sto  1301  (indicato  sopra  al  n.  XXXII),  con  queste  parole  :  «  pre- 
dicto  Gasali  Burgi  [billusii]  quondam  Radulfo  de  Manuele  militi 
per  predictum  dominum  fratrem  nostrum  graciose  concessum». 
Siccome  il  Re  Federico  II  menziona  appresso  l'usurpazione  com- 
messa pel  casale  di  Turbuli  da  Manfredi  Maletta,  quando  Giaco- 
mo «in  regno  Sicilie  presidebat»,  cioè  quando  era  Re  (dal  1286 
in  poi),  sembra  sicuro  che  il  privilegio  pel  De  Manuele  sia  stato 
emanato  nel  tempo  anteriore  della  luogotenenza. 

Non  può  per  altro  supporsi  che,  seguita  la  devoluzione  al  fìsco 
per  il  feudo  di  Burgibilluso,  e  l'amministrazione  temporanea  di 
esso  affidata  al  notaro  Trinchio  per  parte  della  regia  Corte  ,  sia 
trascorso  molto  tempo,  dopo  il  1283,  per  la  concessione  fatta  dal- 
l'Infante Giacomo  al  de  Manuele. 

Gfr.  il  doc.  XLIX  per  altre  notizie  su  de  Manuele,  e  su  le  ca- 
riche da  lui  tenute. 


DOCUMENTI  FALSI 


cxxy. 

1282,  agosto  28,  Catania. 

Il  Re  Pietro  I,  per  i  meriti  di  Arnaldo  de  Bocabert,  visconte  del 
castello  di  Bocabert,  maggiordomo  di  Aragona,  essendosi  egli  pre- 
sentato a  lui  con  150  militi  armati  a  proprie  spese,  e  venuto  con 
la  flotta  per  l'acquisto  del  nuovo  regno  di  Sicilia,  ed  in  conside- 
razione delle  gesta  dei  predecessori  di  lui,  discendenti  dalla  stirpe 
dei  Be  goti  di  Spagna  per  linea  diretta,  concede  per  ora  in  conto 
dei  servizi  suddetti  la  terra  ed  il  castello  di  Cammarata  in  Si- 
cilia, col  mero  e  misto  impero. 

Petrus  dei  gratia  Rex  Aragonum  ,  Valentiae ,  Siciliae , 
Sardiniae  etc.  Inclito  militi  consanguineo  et  nepoti  nostro 
dilecto  Arnaldo  de  Rocabert,  Vicecomiti  terrarum  et  castri 
Rocabert,  maiori  domo  regni  nostri  Aragonum  et  dapifero. 
Gum  tu,  dilecte  noster,  cum  tuis  centum  quinquaginta  mi- 
litibus  armatis  ad  tuas  expensas  coram  nobis  contulisti,  et 
simul  in  nostra  maritimarum  classe  valde  ac  benigne,  prò 
acquisitione  nostri  novi  regni  Siciliae,  cum  tua  laude  asso- 
ciasti ;  idcirco  attendentes  nos  tuis  magnis  meritis,  virtuti- 
bus  et  servitiis  continue  praestitis ,  tam  in  rebus  gestis , 
quam  in  aliis  maioribus  et  importantissimis  nostrorum  re- 
gnorum  occasionibus ,  pariterque  tui ,  tuorum  inclitorum 
praedecessorum  ,  et  praesertim  vicecomitum  Arnaldi ,  Gu- 
glielmi ,  Ufridi,  Gaufridi,  Guerai,  Dalmai,  Alarichi  et  Ame- 
richi  de  Rocaberti,  proavi ,  avi ,  patris  et  fratrum  tui ,  qui 
et  tu  ex  regia  stirpe  gotorum  regum  Hispaniae  ex  directa 
linea  tratti,  taliter  quod  nos  et  tu  ex  una  eademque  stipite 
nati  sumus,  prò  qua  quidem  concedimus  et  damus  tibi  prò 


(1282-85) 


modo  in  compotum  praedictorum  servitiorum  terram  et 
castrum  Cammaratae  in  hoc  regno  Siciliae  existentes,  cum 
iuribus  et  pertinentiis  suis  omnibus  meroque  et  mixto  im- 
perio et  cladii  potestate ,  salvis  etc.  Datum  Cathanae ,  28 
Augusti  1282. 

Il  testo  è  riferito  da  Filadelfo  Mugnos,  nella  sua  opera  Teatro 
genealogico  delle  famiglie  nobili  di  Sicilia.  Palermo  ,  1647 ,  par- 
te III,  lib.  Vili,  famiglia  Rocaberti  (dopo  la  pag.  numerata  232). 
È  abbastanza  noto  il  discredito  del  Mugnos,  il  quale  mescolava 
nei  suoi  lavori  notizie  inesatte  ed  inventate,  insieme  a  documenti 
falsi,  per  soddisfare  maggiormente  1'  orgoglio  e  le  ambizioni  dei 
nobili  del  suo  tempo 

Non  si  ha,  tra  i  registri  di  Pietro  I,  alcun  documento  per  con- 
cessione di  Gammarata  al  Rocabert;  anzi  sembra  che  allora  quel 
comune  fosse  demaniale,  perchè  era  quivi  dato  avviso  dal  Re  Pie- 
tro in  ottobre  1282  per  mandare  i  propri  rappresentanti  al  Par- 
lamento di  Catania:  «quatuor  ex  vobis  de  melioribus,  mediocri- 
bus  et  popularibus  vestrum  .  .  .  eligatis  »  Gfr.  Carini,  De  rebus, 
pag.  140).  La  famiglia  Rocaberti  è  di  origine  catalana,  né  si  scorge 
memoria  di  suoi  discendenti  in  Sicilia.  Dalmacio  ,  insieme  con 
altri  nobili ,  era  nel  maggio  1283  richiesto  dall'  Infante  Alfonso 
per  recarsi  con  uomini  ed  armi  a  Lerida,  all'arrivo  del  Re  Pietro 
(Carini,  De  rebus,  cit.  p.  703).  Amari,  9a  ed.  ,  voi.  II,  pag.  133 
ricorda  il  Visconte  di  Rocaberti ,  signore  di  Peralada  in  Catalo- 
gna nel  1285  e  strenuo  difensore.  Del  frate  Dalmacio  dell'ordine 
del  Tempio,  prigioniero  del  Sultano  d'Egitto  nel  1303,  di  Gugliel- 
mo arcivescovo  di  Tarragona  nel  1309  ,  e  di  Gerao  proposto  dal 
Re  Giacomo  nel  1317  come  canonico  di  Tortosa ,  forniscono  no- 
tizia vari  documenti  in  Finke  ,  Ada  aragonensia  cit.  ,  voi.  II , 
pag.  744,  770,  792.  S.  V.  Bozzo  menziona  Guerao  ambasciatore 
del  Re  Giacomo  nel  1318  alla  Corte  del  Papa  in  Avignone  (Note 
storiche  sicil.  cit.,  pag.  461). 

La  falsità  compiuta  del  Mugnos  ,  oriundo  spagli uolo ,  riesce 
evidentissima  dallo  stile  strano  ed  insolito  del  documento  ,  dal 
titolo  di  Re  di  Sardegna  dato  al  Re  Pietro  ,  che  non  possedeva 
affatto  quell'isola,  dal  ricordo  dell'  esser  venuto  il  Rocaberti  in- 
sieme col  Re  alla  conquista  del  nuovo  regno  di  Sicilia,  dalla  de- 


—  233  —  (1282  -  85) 

signazione  di  vari  Rocaberti  (quasi  ricavata  da  qualche  antica 
genealogia  spagnuola),  dulie  concise  ed  interrotte  frasi  riguardanti 
le  forinole  di  giurisdizione  feudale,  ed  infine  dalla  data  (28  ago- 
sto 1282,  da  Catania),  cioè  prima  dell'arrivo  del  Re  Pietro  in  Tra- 
pani, che  fu  a  30  agosto,  come  nota  Amari,  voi.  I,  pag.  287. 


OXXVI. 

1282,  ottobre  24,  indizione  11,  Messina. 

It  Re  Pietro  I,  per  la  fede  sincera  dimostrata  dal  milite  Gual- 
tieri di  Caltagirone  ,  che  non  ha  curato  pericoli  e  dispendi  per 
il  servizio  regio ,  conferma  il  privilegio  (inserito  per  intero)  del 
14  aprile  1253,  col  quale  il  Re  Manfredi  concede  in  feudo  al  me- 
desimo Gualtieri  il  castello  e  la  terra  di  Giarratana  ,  siti  nel 
Giustizierato  della  Valle  di  Noto,  per  sé,  suoi  eredi  e  successori. 

Petrus  Dei  gratia  Aragonum  et  Sicilie  Rex.  Quamquam 
regalis  cura  regiminis  nos  impellat  fìdelium  nobis  obsequen- 
tium  merita  compensare  dignorum  vicissitudine  premiorum, 
magis  ante  illorum  debemus  remunerare  servicia,  qui  pre- 
decessoribus  nostris  regibus  et  nobis  totis  viribus  fideles 
se  semper  exhibuerunt,  et  exhibent  ad  presens  famulatum. 
Per  presens  igitur  privilegium  notum  fieri  volumus  univer- 
sis,  tam  presentibus  quam  futuris,  quod  presens  in  Curia 
nostra  nobilis  miles  Gualterius  de  Calatagirono  celsitudini 
nostre  ostendit  et  presentavit  quoddam  privilegium  conces- 
sionis  sive  donacionis  sibi  suisque  heredibus  et  successori- 
bus  per  illustrem  dominum  regem  Manfridum,  olim  Sicilie 
regem,  memorie  recolende,  predecessorem  nostrum,  conti- 
nentie  talis  :  Manfridus  Dei'  gratia  Rex  Sicilie ,  Ducatus  A- 
pulie  et  Principatus  Capue.  Etsi  cunctis  fidelibus  nostris 
obsequiosa  servicia  eorum  premiis  et  muneribus  compen- 
sare tenemur ,  illis  tamen  quos  fìdei  constancia  digniores 
reddit  dexteram  nostre  liberalitatis  prò  meritis  extendere 
debemus.  Presentis  itaque  privilegii  serie  notum  fieri  volu- 


(1282  -  85)  —  234  — 

mus  universis,  tam  presentibus  quam  futuris ,  quod  atten- 
dentes  fidelitatem  sinceram  grataque  servicia  que  tu,  nobi- 
lis  Gualterius  de  Galataierone ,  familiaris  et  fidelis  noster , 
prompto  animo  fideliter  et  devote  culminibus  nostris  presti- 
tisti,  nullis  parcendo  laboribus,  iacturam  bonorum  minime 
curando,  mortis  pericula  obeundo  prò  nostri  nominis  et  ho- 
noris] exaltatione,  nostrorumque  hostium  oppressione  et  di- 
spersione. Ne  igitur  tot  tantaque  servicia  inremunerata  per- 
transeant,  tibi  tuisque  heredibus  et  successoribus  castrum 
et  terram  Iarratane  in  lusticiariatu  Vallis  Nethi ,  predicti 
nostri  regni  Sicilie,  posita,  cum  omnibus  iuribus,  pertinen- 
ciis,  tenimentis,  hominibus,  vassallis,  territoriis,  casalibus , 
possessionibus,  iurisdicionibus,  dignitatibus  et  preeminentiis 
quibuscumque  concedimus  et  donamus,  que  videlicet  de  de- 
manio in  demanium  ,  et  que  de  servicio  in  servicium.  Ita 
tamen  quod  castrum  et  terram  predictam  in  capite  a  nostra 
Curia  teneatis  et  possideatis ,  ipsique  nostre  Curie  militari 
servicio  servire  teneamini ,  ana  videlicet  unciarum  viginti 
prò  quolibet  equo  armato ,  iuxta  usum  et  consuetudinem 
dicti  nostri  regni,  secundum  annuos  redditus  et  proventus 
dictorum  castri  et  terre  et  pertinenciarum  suarum  ,  quod 
servicium  ipse  nobilis  Gualterius,  presens  in  Curia  nostra, 
sponte  obtulit  et  promisit  se  dictosque  suos  heredes  et  suc- 
cessore^ prestaturos ,  faciens  manibus  et  ore  homagium  , 
iuxta  sacrarum  dicti  regni  constitucionum  imperialium  con- 
tinenciam  et  tenorem.  Quodque  vivant  iure  Francorum,  vi- 
delicet quod  maior  natu  minoribus  fratribus  et  coheredibus 
suis  et  masculus  feminis  preferatur ,  quodque  sint  incole 
dicti  regni  nostri  Sicilie  et  in  eodem  regno  sub  nostra,  he- 
redum  et  successorum  nostrorum  fidelitate  et  dominio  ha- 
bitent  et  morentur.  Retentis  tamen  et  expresse  reservatis , 
que  a  presenti  concessione  nostra  omnino  excludimus,  iu- 
ribus lìgnaminum,  necnon  mineriis ,  salinis ,  solaciis  et  fo- 
restis  antiquis,  que  velut  ex  antiquo  ad  regiam  dignitatem 
spectancia,  nostro  demanio  volumus  reservari,  et  quod  ad 
ea  omnia  et  singula  occasione  presentis  donacionis  nostre 


—  235  —  (1282  -  85) 

et  [concessionis]  non  extendant  manus  suas.  Si  vero  perti- 
nencie  dictorum  castri  et  terre  usque  ad  mare  protenduntur, 
ius,  dominium  et  proprietas  tocius  lictoris  et  pertinenciarum 
ipsorum ,  in  quantum  a  mare  infra  terram  per  iactum  ba- 
liste ipse  pertinencie  protenduntur,  tamquam  ad  regiam 
dignitatem  spectancia ,  in  nostris  demanio  et  dominio  re- 
serventur,  quodque  eciam  in  pertinenciis  supradictis  dicto- 
rum castri  et  terre  animalia  et  equitature  araciarum,  mas- 
sariarum  et  marescallarum  nostrarum  libere  sumere  valeant 
pascua,  prout  hactenus  et  consuetum  est.  Ad  huius  autem 
concessionis  et  donacionis  futuram  memoriam  et  robur  per- 
petuo valiturum  presens  privilegium  exinde  fieri  iussiinus, 
et  maiestatis  nostre  sigillo  communiri.  Datum  in  castris 
apud  Barlectam  regni  Neapolis ,  die  XIV  aprilis ,  XV  indi- 
ctionis,  anno  domini  MCCLIII,  per  manus  Raynaldi  Secre- 
tarli et  fidelis  nostri  in  defectu  Cancellarli.  Et  maiestati 
nostre  humiliter  et  devote  supplicavit  ut  sibi  et  suis  here- 
dibus  et  successoribus  in  perpetuum  castrum  et  terram  pre 
dictam ,  cum  omnibus  iuribus,  racionibus,  pertinenciis,  iu- 
risdicionibus  et  aliis ,  prout  in  dicto  privilegio  continetur , 
de  benignitate  regia  confirmare  dignaremur.  Guius  suppli 
cacionibus  benigniter  admissis ,  considerantes  illibatam  fi 
dem  dicti  nobilis  militis  erga  celsitudinem  nostram  serva 
tam ,  prò  qua  contra  diversos  insultus  nostrorum  hostium 
viriliter  se  opponens,  vitam  suam  periculis,  et  facultates  et 
bona  sua  iacturis  et  dispendiis  multimode  exponere  non 
metuit,  familiamque  suam  deserere  prò  nobis  obsequendo 
non  curavit.  Nolentes  igitur  tam  grandia  et  accepta  servicia 
absque  premio  pertransire,  eidem  nobili  militi,  suisque  suc- 
cessoribus legitimis  de  suo  corpore  legitime  descendentibus 
castrum  et  terram  Iarratane  predicta,  cum  omnibus  iuribus 
et  pertinenciis  suis,  vassallis,  vassallagiis,  territoriis ,  casa- 
libus,  possessionibus,  vineis,  olivetis,  terris  cultis  et  incultis, 
planitiis,  montibus,  pascuis,  pratis,  neraoribus,  arboribus  do- 
mesticis  et  silvestribus,  aquis,  aquarum  decursibus,  molen- 
dinis,  molendinorum  saltibus,  piscacionibus,  venacionibus, 


(1282  -  85)  —  236  — 

iurisdicionibus,  dignitatibus  et  preeminentiis  quibuscumque 
[concedimus],  que  videlicet  de  demanio  in  demanium,  et  que 
de  servicio  in  servicium,  sub  debito  tamen  et  consueto  mili- 
tari servicio,  ana  videlicet  unciarum  viginti  prò  quolibet  equo 
armato ,  secundum  annuos  redditus  et  proventus  castri  et 
terre  predicte,  iuxta  sacrarum  regalium  et  imperialium  con- 
stitucionum  dicti  nostri  regni  continenciam  et  tenorem , 
quod  servicium  dictus  nobilis  miles  per  se  et  suos  succes- 
sores  nobis  et  successoribus  nostris  sponte  facere  et  prestare 
promisit,  prestans  proinde  fidelitatis  debitum  iiiramentum, 
et  faciens  manibus  et  ore  homagium  iuxta  sacrarum  con- 
stitucionum  imperialium  eiusdem  regni  continenciam  et  te- 
norem. Ita  tamen  quod  predictus  nobilis  miles  suique  suc- 
cessores  predicti  castrum  et  terram  predicta  in  capite  a 
nostra  Curia  teneant  et  cognoscant ,  quodque  vivant  iure 
Francorum  ,  scilicet  quod  maior  natu  minoribus  fratribus 
et  coheredibus  suis  et  masculus  feminis  preferatur,  ac  sint 
incole  regni  nostri  predicti  et  in  eodem  regno  sub  nostro 
nostrorumque  heredum  et  successorum  dominio  et  fìdeli- 
tate  habitent  et  morentur.  Retentis  tamen  et  expresse  re- 
servatis ,  que  a  presenti  confirmacione  seu  de  novo  dona- 
cione  et  concessione  nostra  omnino  excludimus ,  iuribus 
lignaminum,  si  que  in  dictis  castro  et  terra  et  pertinenciis 
suis  predictis  nostre  Curie  debentur ,  necnon  mineriis ,  sa- 
linis,  solaciis  et  defensis  antiquis,  si  que  in  eisdem  castro 
et  terra  et  pertinenciis  suis  predictis  reperiuntur,  tamquam 
ex  antiquo  ad  Curiam  nostram  pertinentibus  eidem  nostre 
Curie  volumus  reservari,  et  quod  ad  ea  omnia  et  singula, 
occasione  presentis  nostre  confirmacionis,  et  nove  donacio- 
nis  et  concessionis  non  extendant  aliquatenus  manus  suas. 
Et  si  dicti  castri  et  terre  pertinencie  usque  ad  mare  pro- 
tenduntur,  ius,  proprietas  et  dominium  tocius  lictoris  per- 
tinenciarum  ipsarum,  in  quantum  a  mari  infra  terram  per 
iactum  baliste  ipse  pertinencie  protenduntur,  tamquam  ex 
antiquo  ad  regiam  dignitatem  spectancia,  in  nostris  dema- 
nio et  dominio  reserventur.  Insuper  ammalia  et  equitature 


—  237  —  (1282  -  85) 

araciarum,  massariarum  et  marescallarum  nostrarum  libere 
sumere  valeant  pascua  in  teniraentis  et  pertinenciis  djcto- 
rum  castri  et  terre.  Ad  huius  autem  nostre  confirmacionis 
aut  nove  concessionis  et  donacionis  memoriam  et  robur 
perpetuo  valiturum ,  presens  privilegium  exinde  fieri ,  et 
maiestatis  nostre  sigillo  pendenti  iussimus  coramuniri.  Da- 
tum  Messane  XXIV  die  mensis  octobris ,  XI  indicionis , 
anno  dominice  incarnacionis  MGGLXXXII,  regnique  nostri 
anno  primo. 

4 

Questo  documento  trovasi  trascritto  nel  volume  ms.  Qq.  H.  13, 
fol.  46  (del  sec.  XVIII)  della  Bibl.  Com.  di  Palermo.  Non  se  ne 
scorge  però  alcuna  notizia  nei  registri  del  Re  Pietro.  Il  privilegio 
inserto  del  Re  Manfredi  è  inedito  ,  perchè  manca  nell'  opera  di 
Bartolomeo  Gap  asso  ,  Historia  diplomatica  regni  Sicilie  inde  ab 
anno  1250  ad  annum  1266.  Neapoli,  1874.  Winkelmann,  Ada  im- 
perii inedita.  Innsbruck,  1880,  pag.  220 ,  pubblicò  un  documento 
del  1222  dell'  imperatore  Federico  II ,  traendolo  dalla  medesima 
fonte ,  e  notò  di  essere  una  impudente  falsificazione  moderna  : 
«  unverschàmte  falschung  der  neuzeit». 

Falsi  sono  senza  dubbio  il  privilegio  del  Re  Pietro  e  1'  altro 
inserto  del  Re  Manfredi.  Il  dettato  ed  il  sistema  di  forinole  pro- 
lisse, propri  dei  secoli  XIV  e  XV,  sui  quali  fu  foggiato  il  docu- 
mento (come  può  vedersi  in  Gregorio  ,  Bibliotheca  scriptorum 
aragon.,  t.  Il,  pag.  501  e  seg.)  lo  provano  abbastanza;  ed  è  anzi 
rimarchevole  che  le  formole  del  documento  svevo  siano  quasi 
identiche  alle  altre  del  periodo  aragonese ,  contrariamente  ai  si- 
stemi di  quelle  Cancellerie.  Le  espressioni  de  demanio  in  dema- 
ninn/C  et  que  de  servicio  in  servicium,  proprie  dei  giuristi,  adope- 
rate nei  due  documenti,  la  datazione  apud  Barlectam  regni  Nea- 
polis  in  quello  svevo,  e  le  frasi  dell'altro  :  prò  nobis  obsequendo, 
ed  il  ricordo  regalinm  et  imperialium  constitucionum,  mentre  si 
conosce  che  il  Re  Pietro  I  non  emanò  costituzioni ,  sono  pure 
indizi  sicuri  della  falsificazione. 

Nondimeno  Vito  Amico,  Lexicon  topographicum  siculum.  Pa- 
normi,  1757,  t.  I,  pag.  279  accolse  come  veri  quei  documenti,  e 
scrisse  per  Giarratana  che  «  sub  Manfredo  Gualterius  de  Calata- 
jerone  possidebat ,  cui  post  exactos  Gallos  Petrus  Aragonensis 
dominium  confirmavit  » . 


(1282  -  85)  —  238  — 

Conviene  notare  che  Gualtieri  fu  uno  dei  quaranta  militi,  che 
a  30  dicembre  1282  sottoscrissero  la  convenzione  per  il  duello 
tra  il  Re  Pietro  e  Carlo  d'Angiò.  Per  altre  notizie  si  veda  sopra, 
doc.  n.  Vili. 


OXXVII. 

1282,  ottobre  27,  indizione  11,  Messina. 

Il  Re  Pietro  I,  volendo  rimunerare  la  fedeltà  ed  i  servisi  resi 
«  signanter  in  acquisitone  dicti  regni  nostri  »  da  Giovanni  e  Pie- 
tro di  Antiochia,  padre  e  figlio,  concede  ai  medesimi  in  feudo  la 
terra  ed  il  castello  di  Cerami,  che  prima  erano  posseduti  da  Ro- 
berto Arnoldo,  al  quale  furono  confiscati  per  crimine  di  ribellione. 

Petrus  Dei  gratia  Aragonum  et  Sicilie  Rex.  Decet  ma- 
gnificentiam  regiam  illos  gratiis  et  favoribus  ampliare,  quos 
antiqua  fidelitas  et  gratuitorum  serviciorum  oblacio  reddunt 
benefìciorum  largitione  condignos.  Actendentes  igitur  puram 
fidem  et  devocionem  sinceram  ,  nec  minus  servicia  nimis 
grata  serenitati  nostre  fideliter  prestita  per  nobiles  milites 
Iohannem  et  Petrum  de  Antiochia,  patrem  et  filium,  signan- 
ter in  acquisicione  dicti  regni  nostri  ,  et  que  prestaturos 
speramus  in  futurum ,  eisdem  miiitibus  Iohanni  et  Petro 
terram  et  castrum  de  Ghirami  in  dicto  regno  posita  et  in 
valle  Demone ,  que  detinebantur  per  Robertum  Arnoldum 
publicum  hostem  et  proditorem  nostrum ,  et  nostre  Curie 
legitime  per  dictum  crimen  devoluta  et  confiscata,  cum  om- 
nibus hominibus,  iuribus  et  pertinentiis  eorum  damus,  con- 
cedimus  et  donamus  liberaliter  et  gratiose.  Ita  tamen  quod 
dicti  Iohannes  et  Petrus  eadem  terram  et  castrum  in  capite 
a  nostra  Curia  teneant  et  cognoscant,  et  inde  diete  nostre 
Curie  militari  servitio  servire  teneantur ,  quodque  vivant 
iure  Francorum,  videlicet  quod  maior  natii  minoribus  fra- 
tribus   et  coheredibus  suis  et  masculus  feminis  preferatur. 


—  239  —  (1282  -  85) 

Et  si  in  terra  et  castro  predictis  sint  aliqui  barones  et  feu- 
datarii,  qui  prò  baroniis  et  feudis  eorum  servire  in  capite 
nostre  Curie  tenentur,  ipsi  nostre  Curie  serviant  ut  tenen- 
tur.  Retentis  tamen  et  expresse  reservatis ,  que  a  presenti 
donacione  et  concessione  nostra  omnino  excludimus ,  iuri- 
bus  lignaminurn,  si  qua  in  dictis  terra  et  castro  et  predictis 
pertinentiis  suis  Curie  nostre  debentur ,  necnon  mineriis  , 
salinis,  solaciis ,  forestis  et  defensis  antiquis,  tamquam  ad 
nostrani  Curiam  ex  antiquo  pertinentibus.  Si  vero  pertinen- 
tie  diete  terre  et  castri  usque  ad  mare  protenduntur ,  ius , 
proprietas  et  dominium  totius  lictoris  et  pertinentiarum  ip- 
sarum,  in  quantum  a  mari  infra  terram  per  iactum  baliste 
ipse  pertinentie  protenduntur ,  tamquam  ad  regiam  digni- 
tatem  spectantia  ipsi  nostro  demanio  et  dominio  reserven- 
tur.  Ammalia  insuper  et  equitature  aratiarum  ,  marescalla- 
rum,  massariarum  nostrarum  libere  sumere  valeant  pascua 
in  tenimentis  et  pertinentiis  diete  terre  et  castri  predictis. 
Fidelitate  nostra ,  heredum  et  successorum  nostrorum  ac 
militari  servitio  semper  sai  vis ,  stante  ho  magio  facto  et  fi- 
delitate coram  nobis  per  dictos  milites  Tohannem  et  Petrum 
prestita.  Ad  huius  autem  nostre  donationis  et  concessionis 
futuram  memoriam  et  perpetuam  firmitatem  presens  fieri 
fecimus,  et  nostri  sigilli  munimine  roborari.  Datum  Messa- 
ne, die  XXVII  octobris,  XI  indictionis,  regnis  nostri  anno 
primo  [1282]. 

Dal  volume  ms.  Qq.  H.  13  della  Bibl.  Com.  di  Palermo  ,  a 
fol.  100 ,  nel  quale  volume  il  Winkelmann  additava  contenersi 
vari  documenti  svevi  falsificati  (cfr.  doc.  precedente,  n.  CXXVI). 

Manca  ogni  ricordo  di  tale  concessione  per  il  tempo  del  Re 
Pietro  ;  e  soltanto  nell'  Elenco  dei  feudatari  dell'  epoca  di  Fede- 
rico II  aragonese ,  si  legge  :  «  D.  Petrus  de  Antiochia  miles  prò 
Mistretta,  Rigitano,  Capitio  et  duabus  partibus  Cirami  (Gregorio, 
Bibliot.  script,  aragon.,  t.  Il,  pag.  467).  La  concessione  di  quella 
terra  non  è  perciò  insussistente,  ma  non  appartiene  al  regno  di 
Pietro. 

Si  desume  la  falsità  anche   per  questo  documento  dallo  stile 


(1282  -  85)  —  240  — 

improprio  ,  ed  inoltre  dalla  notizia  del  ribelle  Roberto  Arnoldo 
che  è  sconosciuto,  dall'espressione  homagio  facto  et  fidelitate  co- 
rani nobis,  e  dall'altra  :  «  fecimus  .  .  .  sigilli  munimine  in  dorso 
roborari  »,  che  proverebbe  come  la  concessione  di  un  feudo  si  fa- 
cesse quasi  con  una  lettera,  più  che  con  un  privilegio. 

La  famiglia  Antiochia  è  assai  celebre  per  la  sua  fedeltà  agli 
Svevi,  e  poi  ai  sovrani  aragonesi.  Gfr.  sopra,  doc.  XI,  del  tempo 
«dei  preparativi  di  conquista». 


CXXVII1. 

1283,  dopo  rtl  giugno. 

Il  Re  Carlo  1  d'Angiò  annunzia  che  nel  giorno  1°  giugno  si 
presentò,  secondo  i  patti,  in  Bordeaux  innanzi  Giovanni  Greilly, 
Siniscalco  del  Re  d'Inghilterra,  per  il  duello,  ma  che  il  Re  Pie- 
tro non  comparve,  né  si  scusò,  nonostante  che  egli  (Re  Carlo)  lo 
avesse  aspettato  sino  alla  sera,  avendo  il  Re  di  Francia,  Filippo, 
assicurato  che  avrebbe  dato  libero  passaggio  al  Re  Pietro.  Dice 
altresì  che  il  Re  Pietro  fu  visto  sano  di  corpo  avanti  il  1°  giugno, 
e  vicino  alla  città  di  Bordeaux,  nella  quale  poteva  in  quel  giorno 
presentarsi,  ina  che  ciò  egli  non  eseguì. 

Sciat  vestra  nobilitas  quod  die  martis  prima  die  iunii 
nuper  preterite  secundum  pacta  et  conventiones  prelibatas, 
corani  Iohanne  de  Greilli  milite  Senescalco  regis  Angliae 
illustris  et  aliis  compluribus  iusticiariis ,  ballivis  et  officia- 
libus  dicti  regis,  locum  ipsius  in  Vasconia,  et  specialiter  in 
civitate  Burdegalensi,  tenentibus,  nos  in  dieta  civitate  pre- 
senta vim.us  ad  beJlum,  de  quo  supra  fit  mentio,  cun  centum 
militibus  nostris  faciendum  paratos,  Petro  praedicto  quon- 
dam rege  Aragonum  minime  comparente  et  se  nullatenus 
excusante.  Et  sciatis  quod  ipsum  Petrum  a  mane  ad  vespe- 
ram  usque  expectavimus,  ipsius  desiderantes  adventum,  te- 
nentes  prò  firmo  quod  dominus  et  nepos  noster  Philippus 
rex  Francorum  nuntiis  dicti  Petri  obtulit  quod  ipsum    Pe- 


—  241  —  (1282  -  85) 

trum  et  suos  per  litteras  suas  et  iuramentum  super  hoc 
praestandum  prò  se  et  omnibus  baronibus  et  gentibus  suis 
ibidem  existentibus  assecurare  volebat ,  qui  barones  per 
litteras  et  iuramenta  assecurationem  modo  simili  offerebant 
ex  abundanti,  licet  praedictus  rex  Franciae  et  nos  ad  hoc 
nullatenus  teneremur ,  maxime  cum  securitas  quam  eidem 
Petro  feceramus ,  sufficeret  prò  ut  in  dictis  convention  ibus 
continetur,  nec  aliquatenus  per  dictum  regem  Franciae  aut 
alios  amicos  nostros  frangi  deberet,  sed  illam  intendebat 
inviolabiliter  observare.  Et  licet  idem  Petrus  a  pluribus  fide 
dignis  visus  fuisset  sanus  corpore  ante  dictam  primam  diem 
iunii,  et  ita  dictae  civitati  propinquus  quod  poterat  se  dieta 
die  praesentare,  si  vellet,  in  civitate  praedicta  propter  pro- 
missiones  et  assecurationes  a  rege  et  baronibus  ei  factas , 
sicut  praedictum  est,  nihilominus  nec  venit,  nec  se  aliqua- 
tenus excusavit. 

Tale  lettera  fu  pubblicata  da  Pietro  De  Marca  nell'opera  Mar- 
ca hispanica.  Parisiis ,  1688,  col.  592,  col  titolo:  «  Literae  en- 
ciclicae  Karoli  regis  Sicilie  de  rebus  a  se  gestis  in  Vasconia  »  , 
e  con  l'indicazione  di  averla  tratta  «  ex  eodem  archivio  regio  Pa- 
lensi».  Venne  poi  ristampata  dal  Burmanno,  Thesaurus  Siciliae, 
cit.,  t.  V,  col.  72,  con  lo  stesso  argomento  dato  dal  De  Marca. 

Vari  sospetti  inducono  a  ritenere  falso  questo  documento  ,  il 
quale  non  ha  alcuna  intitolazione  regia,  né  datazione.  Esso  sem- 
bra derivato  dalla  lettera  vera  del  Re  Carlo  d'Angiò,  posteriore 
all'11  giugno,  inviata  alle  città  italiane,  e  pubblicata  dal  Mura- 
tori (cfr.  sopra,  doc.  XXVII).  Siccome  in  tale  lettera,  dopo  avere 
enumerato  le  ingiustizie  del  Re  Pietro,  e  gli  obblighi  per  presen- 
tarsi al  duello,  si  faceva  in  fine  un  breve  cenno  della  venuta  del 
Re  Carlo  in  Bordeaux  al  25  maggio  e  della  dimora  sino  all'  11 
giugno  ,  senza  che  il  Re  Pietro  venisse ,  forse  sembrò  meglio  a 
qualche  erudito  di  foggiare  una  nuova  lettera,  che  desse  notizia 
dei  latti  della  presenza  del  Re  Carlo  al  campo  nel  1°  giugno. 

La  lettera  falsa  di  Carlo  segue  nell'edizione  del  De  Marca  su- 
bito dopo  il  testo  dei  due  documenti,  in  gran  parte  conformi,  di 
convenzioni  del  duello  (V.  sopra,  doc.  XVI,  pag.  50).  Quegli  che 
inventò  la  lettera,  adoperò  locuzioni  simili  al  testo  della  lettera 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  16 


(1282  -  85)  —  242  — 

vera,  perchè  in  quest'ultima  si  dice  :  insuper  amicitiam  vestram 
scire  volumus,  e  nell'altra  :  sciai  nobilitas  vestra.  Inoltre  il  fal- 
sificatore volle  formare  quasi  unico  testo  di  quei  documenti  di 
convenzione  per  il  duello,  di  dicembre  1282,  con  questo  del  1283, 
dopo  l'il  giugno,  perchè  si  dice  :  secundum  pacta  et  conventiones 
prelibatas,  e  poi  :  bellum  de  quo  supra  fit  mentio,  ed  altresì  :  prout 
in  dictis  conventionibus .  Non  è  però  affatto  a  presumersi  che 
il  Re  Carlo  per  dar  notizia  dell'esito  del  duello  avesse  messo,  in- 
nanzi il  documento,  il  lungo  testo  di  quelle  convenzioni,  né  ciò 
fu  fatto  nella  lettera  vera  di  protesta  del  Re  Carlo  (V.  sopra , 
doc.  XXVII  cit). 

Termina  il  documento  falso  con  le  parole  :  «  sicut  predictum 
est,  nihilominus  nec  venit  [il  Re  Pietro]  nec  aliquatenus  se  ex- 
cusavit»,  le  quali  sono  identiche  a  quelle  della  lettera  vera.  Ap- 
pare così  manifesto  che  questa  breve  lettera  falsa  si  voleva  so- 
stituire al  cenno  fugace  della  lettera  genuina  di  protesta. 

Strana  è  ancora  l'espressione  sanus  corpore  per  il  Re  Pietro. 
La  notizia  che  il  Re  Carlo  aspettò  dalla  mattina  sino  alla  sera, 
sembra  tratta  dalla  cronaca  del  M  al  aspi  na  che  dice  :  «  expectans 
per  meridiem  ,  et  plusquam  etiam  »  (in  Gregorio  ,  Bibl.  script, 
arag.,  t.  II,  pag.  402).  Amari  ,  9a  ediz.  ,  voi.  II ,  pag.  25  e  seg. 
indica  per  quei  fatti  del  duello  le  varie  cronache  ,  dove  vedonsi 
ricordati;  ma  non  accenna  i  dubbi  che  sorgono  per  questa  lettera 
di  Carlo,  la  quale  egli  anzi  non  menziona  affatto. 

È  evidente  che  il  partito  guelfo  intendeva  spargere  sempre  mag- 
gior biasimo  su  quanto  concerneva  la  mancata  presenza  del  Re 
Pietro  al  duello,  e  di  ciò  è  chiara  conferma  la  prolissa  narrazione 
del  Malaspina  pei»  quei  fatti  (ed.  Gregorio  cit.,  pag.  386-402).  Il 
Re  Pietro,  partito  da  Valenza  a  17  maggio  1283,  trova  vasi  a  26 
maggio  a  Tarazona ,  ed  a  1°  giugno  a  Bordeaux  ,  e  di  là  a  Ba- 
iona  nei  Pirenei,  come  si  ricava  dai  documenti  editi  da  Carini, 
De  rebus  (pag.  705  e  seg.). 

Devesi  qui  avvertire,  per  non  incorrere  in  equivoci,  che  Bur- 
manno,  op.  cit.,  col.  89-94,  dopo  il  testo  dei  documenti  sul  duello, 
i  quali  trae  dal  De  Marca  ,  aggiunge  quello  di  due  lettere  del 
Papa  Martino  IV ,  una  del  21  marzo  1282  e  V  altra  senza  data. 
Egli  dice  :  «  Quibus  duas  literas  a  Martino  IV  pontifice  exara- 
tas,  et  ad  hanc  rem  facientes  ex  iamiam  memorato  Francisco  Du- 
chesne  addidimus  »,  cioè  perchè  riguardano  l'epoca  del  Re  Pietro 


.  —  243  —  (1282  -  85) 

di  Aragona.  L'erudito  tedesco  non  si  avvide  che  la  lettera ,  che 
egli  riporta  con  questo  titolo  :  «  Martini  IV  papae  epistolae  e- 
xemplar  responsivae  epistolae  Petti  regis  Arragonum»  (sic),  di- 
mostra invece,  dai  fatti  che  vi  si  ricordano,  che  essa  apparteneva 
al  Papa  .Onorio  III,  e  che  era  una  violenta  risposta  ad  altra  del- 
l'imperatore Federico  II,  e  non  di  Pietro  d'Aragona.  Il  testo  fu 
dato  poi  in  luce  nel  1726  da  Liìnig,  Codex  Italiae  diplomaticus, 
t.  Il,  col.  867  e  seg.,  come  documento  di  Papa  Onorio.  Gfr.  Pot- 
thast,  Regesta  pontif.  rom.  cit.,  t.  I,  n.  7581  ad  an.  1226. 


OXXIX. 

1283,  agosto  13,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  dà  licenza  a  Pietro  d'  Antiochia ,  milite ,  che 
possiede  la  terra  di  Cerami  per  concessione  del  Re  Pietro,  di  ce- 
dere la  terza  parte  di  essa  terra  per  dote  della  figlia  Bettuccia 
data  in  isposa  a  Luigi  La  Manna. 

Iacobus  dei  gratia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  prin- 
cipatus  Gapue.  Notum  fieri  volumus  universis  tara  presen- 
tibus  quara  futuris  quod  presens  in  Curia  nostra  nobilis 
miles  Petrus  de  Antiochia,  baro  terre  et  castri  Cerami,  hu- 
militer  et  devote  exposuit  quod  cum  ipse  ex  reali  conces- 
sione sibi  et  quondam  Iohanni  genitori  suo  ohm  per  sere- 
nissimum  regem  Petrum  reverendum  genitorem  nostrum 
habeat,  teneat  et  possideat  dictam  terram  et  castrum  Cera- 
mi ,  cumque  teneatur  assignare  dotem  congruam  Aloysio 
la  Manna  et  promessam  in  nuptiis  celebratis  inter  ipsum 
et  Bectuciam  filiam  dicti  Petri ,  neque  habeat  unde  dotem 
predictam  satisfacere,  supplicavit  idcirco  ut  ei  licentiam  ter- 
tiam  partem  eiusdem  terre  Chirami  assignandi  dicto  Aloy- 
sio prò  dotibus  predictis  concedere  dignaremur.  Qua  sup- 
plicatione  per  nos  clementer  admissa,  quia  ad  hoc  accedit 
consensus  Friderici  de  Antiochia  fìlli  primogeniti  dicti  Petri 


(1282  -  85)  —  244  — 

et  fratris  ipsius  Bectucie ,  actendentes  puram  fidem  et  de- 
vocionem  sincerarli  tam  dictorum  Petri  et  Foderici ,  quam 
Aloysii  predicti,  concedimus  eis  licentiam  et  plenariam  fa- 
cultatem  assignandi  tertiam  partem  diete  terre  Chirami  prò 
dotibus  diete  Bectucie  eius  filie  dicto  Aloysio  ,  dummodo 
tamen  indivisa  terra  predicta  remaneat ,  stante  quod  hec 
talis  nostra  licentia  non  ledit  constitutiones  dicti  nostri  re- 
gni ,  sed  quoad  fructus  et  redditus  ipsius  terre  procedat 
assignatio  antedicta.  Quapropter  omnibus  et  singulis  officia- 
libus  nostris  in  eodem  regno  constitutis  et  constituendis 
dicimus,  precipimus  et  mandamus  quatenus  presentem  no- 
strani licentiam  fìrmiter  habeant,  teneant  et  observent,  haberi 
teneri  et  observàri  per  omnia  faciant  per  quoscumque ,  nil 
in  contrarium  temptaturi  prò  quanto  gratiam  nostram  ca- 
ram  habent  iramque  et  indignationem  cupiunt  evitare.  Da- 
tum  Messane,  anno  dominice  incarnacionis  MGC[L]XXXIII 
mense  augusti,  XIII  eiusdem,  prime  indietionis,  regni  nostri 
anno  III. 

Dal  voi.  ms.  Qq.  H.  13,  fol.  110,  della  Bibl.  Gom.  di  Palermo, 
con  indicazione  incostante  dei  dittonghi,  che  non  si  usavano  nel 
secolo  XIII. 

Non  occorre  recar  molte  prove  per  dimostrare  la  falsità  di  que- 
sto documento.  La  designazione  della  dignità  di  Re  per  Giacomo 
al  1283,  quando  ancora  era  Infante  e  Luogotenente  ,  l' indizione 
erronea  che  dovrebbe  essere  XI,  le  formole  insolite  e  troppo  sem- 
plici del  testo ,  e  le  espressioni  :  «  prò  quanto  gratiam  nostram 
caram  habent,  iramque  et  indignationem  cupiunt  evitare»,  pro- 
prie dei  documenti  regi  del  secolo  XV  e  posteriori,  tolgono  qua- 
lunque carattere  genuino  al  privilegio.  La  concessione  indicata 
del  Re  Pietro  è  quella,  pure  falsa,  del  27  ottobre  1282,  per  il  ca- 
stello di  Cerami  donato  a  Giovanni  e  Pietro  d'Antiochia ,  padre 
e  figlio  (V.  sopra,  doc.  GXXVII). 

Dalla  Bescriptio  feudorum  compilata  durante  il  regno  di  Fe- 
derico II  aragonese ,  si  ricava  che  il  milite  Pietro  di  Antiochia 
possedeva  due  parti  della  terra  di  Cerami  (ed.  Gregorio  ,  Bibl. 
script,  arag.,  t.  II,  pag.  467,  lin.  49),  ed  una  terza  parte  spettava 
agli  eredi  del  giudice  Giovanni  de  Manna.  Si  ha  pertanto  qual- 


—  245  —  (1282  -  85) 

che  base  di  vero  per  la  concessione  agli  Antiochia,  ed  anche  per 
il  trasferimento  ai  de  Manna  ;  ma  nonostante  ciò  ,  il  documento 
di  Giacomo  (come  quello  del  Re  Pietro)  è  certamente  falso. 


oxxx 

1284,  dopo  il  5  maggio. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  al  Papa  Martino  1 V  dolendosi  delle  ac- 
cuse ingiuste  contro  di  lui  (Re  Pietro)  mosse  dal  Re  Filippo  di 
Francia,  e  della  conseguente  privazione  dei  suoi  domini  di  Ara- 
gona e  Catalogna,  ed  assegnazione  al  figlio  del  suddetto  Re  Fi- 
lippo. Ricorda  varie  massime  evangeliche  intorno  la  moderazione 
che  dovrebbe  usare  la  Chiesa,  «  nec  est  de  ara  pontificis  ,  ut  de- 
linquenti venia  denegatur»,  per  non  far  subire  ai  figli  innocenti 
la  pena  dei  delitti  dei  genitori,  e  lo  supplica  perchè  revochi  la 
sentenza  di  privazione  e  freni  V  audacia  del  Re  di  Francia ,  al- 
trimenti sarà  egli  (Re  Pietro)  costretto  a  chiamare  i  Saraceni 
contro  gli  Angioini  e  gli  Italiani.  Dice  di  avere  egli  assunto  la 
difesa  della  Sicilia ,  non  solo  per  essere  stato  invocato  da  quel 
popolo  contro  le  oppressioni  degli  Angioini,  ma  anche  per  il  di- 
ritto alla  successione  del  Re  Manfredi,  e  che  i  domini  di  Aragona 
e  Catalogna ,  prima  invasi  dai  Saraceni ,  furono  convertiti  dai 
suoi  antecessori  alla  fede  cristiana. 

Il  testo  di  questa  pretesa  lettera,  senza  data,  è  riferito  dal  cro- 
nista Bartolomeo  di  Neocastro,  al  cap.  73  (ed.  Gregorio,  Bibl. 
scriptorum  arag.,  t.  I,  pag.  99  e  seg.). 

I  documenti ,  ai  quali  la  lettera  del  Re  Pietro  potrebbe  rife- 
rirsi ,  sono  quella  serie  di  bolle  e  brevi,  che  il  Papa  Martino  e- 
manò  dal  21  marzo  1283  sino  al  5  maggio  1285  intorno  la  priva- 
zione dei  regni  di  Aragona,  Valenza  e  Catalogna,  dei  quali  atti 
pontifici  ed  altri  connessi  die  in  parte  cenno  Amari,  9a  ed.,  vo- 
lume I,  pag.  275  e  seg.  ed  il  riassunto  il  Carini,  Gli  Arch.  e  le 
Bibl.,  voi.  II,  pag.  194-200,  su  le  pergamene  esistenti  nell'Archi- 
vio di  Barcellona. 

La  bolla  del  Papa  Martino  IV,  data  in  Orvieto  a  21  marzo  1283, 


(12S2  -  85)  —  246  — 

non  contiene  altro,  per  la  privazione  del  regno  di  Aragona,  che 
le  parole  :  «  exponimus  eadem  regnum  et  terras  occupanda  catho- 
licis,  de  quibus  et  prout  sedes  apostolica  duxerit  providendum 
in  dictis  regno  et  terris  eiusdem  Ecclesie  Romane,  ut  premittitur, 
iure  salvo».  Non  si  menziona  affatto  alcuna  concessione  al  figlio 
del  Re  di  Francia.  Per  questa  bolla  di  scomunica  e  deposizione 
del  Re  Pietro  conviene  notare  che  essa  fu  pubblicata  nel  1882 , 
come  inedita  in  gran  parte  (avendone  riferito  soltanto  frammenti 
il  Raynaldi)  dal  chiar.  mons.  Gioacchino  Di  Marzo,  con  un  ar- 
gomento alquanto  improprio,  nel  voi.  Bicordi  e  doc.  del  Vespro 
sicil.  cit.,  pag.  91  e  seg.,  e  così  ritenne  1' Amari,  9a  ed.,  voi.  II, 
pag.  7.  Fu  poi  riprodotta  la  bolla,  nello  stesso  anno  1882,  dicen- 
dola inedita  (e  per  migliorare  la  lezione  del  Di  Marzo),  nel  voi. 
I  Papi  ed  i  Vespri  Siciliani.  Roma,  pag.  135-151 .  Il  testo  intero 
invece  era  ben  noto  sin  dal  1726  per  1'  edizione  data  da  Lunig, 
Codex  Italiae  diplomaticus,  t.  II,  col.  999  a  1014,  e  fu  ristampato 
nel  Bullarium  diplomatum  et  primi,  romanorum  pontif.  Aug. 
Taurinor.,  1859,  t.  IV,  pag.  54-66,  la  quale  edizione  del  Bollano 
era  indicata  nel  1884  dallo  stesso  Carini,  op.  cit.,  pag.  194. 

Altra  bolla  più  esplicita,  che  concerne  la  privazione  del  regno 
di  Aragona  contro  il  Re  Pietro  ,  è  quella  del  27  agosto  1283  da 
Orvieto  (cfr.  Potthast,  Begesta  pontif.  rom.,  cit.  n.  22061).  Con 
essa  il  Papa  permetteva  al  Cardinale  di  S.  Cecilia  di  trattare  col 
Re  Filippo  di  Francia  per  1'  assegnazione  del  regno  di  Aragona 
e  della  Catalogna  ad  uno  dei  suoi  figli ,  escluso  il  primogenito. 
A  5  maggio  1284  il  Papa  Martino  IV  emanava  la  bolla ,  con  la 
quale  concedeva  quei  regni  a  Carlo  di  Valois,  figlio  del  Re  Filippo. 

Dopo  tal  tempo  (maggio  1284)  potè  avvenire  la  trasmissione 
della  lettera  di  protesta  del  Re  Pietro.  Non  si  ha  però  di  tale  let- 
tera alcuna  menzione  nei  registri  di  quel  Re.  Deve  pertanto  rite- 
nersi che  essa  sia  stata  compilata  dal  cronista  Neocastro,  for- 
mandone quasi  una  conclone,  al  pari  degli  storici  dell'antichità, 
e  con  una  breve  risposta  assoluta  del  Papa.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II, 
pag.  7  e  seg.,  attenendosi  al  testo  delle  bolle,  non  ricorda  la  pre- 
sunta lettera  del  Re  Pietro ,  la  quale  sarebbe  stato  conveniente 
di  rigettare. 

Può  desumersi  donde  sia  provenuta  l'occasione  della  compo- 
sizione della  lettera  riferita  dal  Neocastro.  L'Infante  Alfonso  di 
Aragona,  a  27  febbraio  (III  kalendas  marti!)  1283,  forse  preve- 


—  247  —  (1282  -  8ò) 

derido  quanto  il  Papa  Martino  IV  voleva  compiere  contro  il  Re 
Pietro,  scrisse  al  Papa,  prima  che  questi  emanasse  la  bolla  del 
21  marzo  ,  una  lettera,  nella  quale  ricordava  che  suo  padre  era 
stato  chiamato  al  regno  di  Sicilia,  e  che  egli  (Alfonso)  aveva  ot- 
tenuto il  diritto  alla  successione  del  regno  di  Aragona  (V.  su  ciò, 
doc,  XIV,  pag.  46),  e  lo  pregava  quindi  di  non  recar  danno  a  lui 
ed  al  suo  regno  (che  sono  innocenti),  se  voleva  punire  il  Re  Pietro 
(cfr.  il  sunto  esteso  in  Carini  cit.,  pag.  134). 

Era  il  noto  principio,  che  derivava  dal  diritto  romano  (Cod. 
IX,  9,  §  5,  Ad  legem  Iuliam  maiestatis),  cioè  che  i  figli  innocenti 
non  debbano  esser  tenuti  per  la  colpa  dei  padri ,  come  diceva 
Dante  per  il  Conte  Ugolino  (Inf.,  XXXIII ,  v.  85-90).  Il  Re  Fe- 
derico II  aragonese  nel  1296  moderava  per  le  mogli  e  le  figlie  dei 
ribelli  feudatarii  gli  eccessi  delle  confische  (Capitala  regni  Sici- 
liae,  cap.  VI  di  Federico,  ed.  Testa  cit.,  t.  I,  pag.  50). 

Le  parole  innocuus  ftlius  della  lettera  dell'Infante  Alfonso  tro- 
vansi  in  modo  simile  nella  cronaca  del  Neocastro  ;  ond'  è  evi- 
dente che  la  lettera  dell'Infante,  trasformata  ed  alterata,  die  oc- 
casione ad  una  nuova  lettera  del  Re  Pietro  ,  che  deve  ritenersi 
falsa,  perchè  non  conforme  ai  fatti,  né  emanata  dalla  Cancelleria 
regia. 

Il  Re  Alfonso  nel  1290 ,  richiedendo  il  Potestà  ed  il  comune 
di  Genova  a  stringere  lega  con  lui ,  ripeteva  quelle  proteste  ,  e 
l'espressione  «non  tamen  debuit  de  iure  puniri,  ob  delictum  pa- 
tris,  heredem  »  ,  nel  doc.  da  me  dato  in  luce  nell' Anuari  (1908) 
de  Vinsi.  d'Estudis  Calalans.  Barcelona,  1909,  pag.  360  e  seg. 


CXXXI. 

1285,  maggio  27,  indizione  11%  Termini. 

Federico,  tenendo  in  considerazione  i  meriti  di  Francesco,  de 
Milo  e  quelli  del  figlio  Giovanni  Luigi ,  milite ,  concede ,  a  suo 
beneplacito,  a  costui  l'officio  di  Provveditore  dei  castelli  di  Sicilia, 
che  era  stato  prima  conferito  al  defunto  suo  padre. 

Facte  sunt  patentes  litere  in  hec  verba  :  Fridericus  etc. 
Notum    fieri    volumus  universis  tam  presentibus  quam  fu- 


(1282  -  85)  —  248  — 

turis  presentes  commissionis  literas  inspecturis  quod  acten- 
dentes  fìdelia  servicia  per  quondam  nobilem  Franciscum 
de  Milo  militem  de  Trapani  prorapto  animo  et  devote  no- 
bis  prestita  dum  vitam  duceret  in  humanis,  nec  minus  grata 
obsequia  per  nobilem  Iohannem  Aloysium  de  Milo  militem 
genitum  suum  nobis  ferventer  exhibita.  Ad  humilem  sup- 
plicationem  eiusdem  nobilis  militis  loan  Aloysi  officium  Pro- 
visoris  castrorum  nostrorum  in  dicto  regno  Sicilie ,  quod 
dictus  nobilis  miles  Franciscus  genitor  suqs  tempore  mor- 
tis  sue  ex  regia  commissione  tenebat  et  exercebat ,  dicto 
nobili  militi  Ioannucio,  nostro  tamen  beneplacito  perdurante, 
et  donec  aliter  per  nos  fuerit  provisum,  recepto  prius  ab  eo 
debito  et  consueto  ad  sancta  Dei  quatuor  evangelia  iura- 
mento  de  officium  predictum  legaliter  et  fideliter  exercendo, 
committimus  et  conferimus  cum  omnibus  honoribus,  lucris, 
emolumentis,  dignitatibus  ,  prerogativis  ,  preeminentiis  ,  iu- 
risdictionibus  et  aliis  ad  dictum  officium  spectantibus  et 
competentibus.  Mandantes  per  presentes  ipsas  omnibus  et 
singulis  officialibus  maioribus  et  minoribus  et  presertim 
magnifico  Protonotario,  consiliario  et  fideli  nostro,  vel  eius 
locumtenenti,  ad  quos  seu  quem  pertinet  et  presentes  pre- 
sentate fuerint,  quatenus  dictum  nobilem  militem  Ioannem 
Aloysium  de  Milo  in  possessionem  dicti  officii  inducant , 
inductumque  manuteneant  et  defendant,  dicto  tamen  nostro 
beneplacito  perdurante ,  eumque  in  provisorem  regiorum 
castrorum  nostrorum  babendo,  reputando  et  tractando,  ipsi 
respondeant ,  et  responderi  faciant  de  omnibus  lucris  et 
emolumentis  solitis  et  consuetis,  et  ad  dictum  officium  le- 
gitime  spectantibus  et  pertinentibus ,  contrarium  minime 
faciendo ,  vel  fieri  permictendo  prò  quanto  gratia  regia  ei 
cara  est,  iramque  et  indignationem  nostram  cupiunt  evitare. 
In  cuius  rei  testimonium  presentes  fieri  et  sigilli  nostri 
munimine  roborari.  Datum  Thermis  XXVTI  madii,  XI  in- 
dictionis,  anno  dominice  incarnacionis   MGGLXXXV. 

Dal  voi.  ms.  Qq.  H  13,  fol.  109  della  Bibl.  Com.  di  Palermo. 
Riesce  agevole  il  riconoscere  la  falsità  di  questo  documento. 


—  249  —  (1282-85) 

Federico  nel  1285  non  era  né  Luogotenente,  né  Re,  e  non  poteva 
quindi  emanare  privilegi.  Non  si  ha  nemmeno  notizia  che  in 
quell'anno  (e  neanco  durante  il  regno  di  Pietro)  esistesse  l'officio 
del  magnifico  Protonotaro  o  del  suo  Luogotenente,  «  ad  quos  seu 
quem  pertinet  et  presentes  presentate  fuerint»  (cioè  le  lettere). 
Dalle  mie  ricerche  si  rileva  anzi  che  prima  del  1319  non  si  trova 
ricordo  di  registri  del  Protonotaro  (cfr.  G.  La  Mantia,  Su  l'uso 
della  registrazione  cit.  in  Arch.  Stor.  Sicil. ,  an.  XXXI ,  1906 , 
pag.  208). 

La  sanzione  penale  in  fine  del  documento  :  prò  quanto  gratia 
regia  ecc.  non  appartiene  ai  documenti  regi  di  tale  tempo.  È  da 
menzionare  altresì  che  la  data  è  segnata  in  cifre  romane  1385 , 
ma  è  corretta  in  principio  in  numerazione  ordinaria  :  1285. 

Si  ha  notizia  di  un  Francesco  Milo  per  la  concessione  di  una 
vigna  presso  Trapani,  a  lui  fatta  dal  Re  Giacomo  nel  1288,  che 
Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  179  indica  inesattamente  per  Ber- 
nardo, e  come  riportata  nel  voi.  ms.  Qq.  G.  3,  fol.  6,  invece  di 
G.  4,  della  Bibl.  Com.  di  Palermo.  Di  altro  Bernardo  de  Mili  di 
Messina  è  ricordo  in  un  registro  angioino  del  1294  (Amari  cit., 
pag.  257). 


OXXXII. 

* 

1285,  novembre  %  Villafranca. 

Il  Re  Pietro  I,  in  presenza  di  notaro  e  testimoni,  in  seguito 
al  giuramento  su  gli  Evangeli,  prestato  nelle  mani  del  confessore, 
di  obbedire  agli  ordini  (mandatis)  della  Chiesa  romana,  ed  altresì 
all'ordine  imposto  al  Re  dal  confessore  medesimo  (mandato  sita 
facto  ex  parte  dicti  guardiani  confessoris)  di  restituire  il  regno 
di  Sicilia  alla  Chiesa,  ed  i  prigionieri  dovunque  siano ,  e  di  ri- 
mettere nel  loro  stato  le  chiese  di  Saragozza,  Barcellona,  Tarra- 
gona  e  Gerona ,  adempisce  quanto  gli  ha  imposto  il  confessore. 
Ordina  pure  il  Re  di  rimettere  le  ingiurie  commesse  e  di  pagare 
i  debiti,  che  siano  a  conoscenza  «  manumissorum  seu  executorum 
sui  testamenti  seu  sue  ultime  voluntatis  ».  Dopo  ciò  il  guardiano 
ha  inteso  la  confessione  dei  peccati  del  Re,  e  lo  ha  liberato  dalla 


(1282  -  85)  —  250  — 

scomunica,  avendo  quindi  il  Re  ricevuto  il  viatico  «  cum  multa 
devolione  et  reverentia». 

(Atto  in  notar  Raimondo  Escorna,  scrittore  regio.  Mancano  le 
firme,  o  almeno  l'elenco,  dei  testimoni). 

Pergamena  di  n.  495  del  regno  di  Pietro  I  (neh"  Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona),  nella  quale  è  trascritto  questo  ed  il  docu- 
mento che  segue  (n.  GXXXIII). 

Trovasi  pure  nel  registro  55  del  Re  Pietro,  a  fol.  20  r.  (nel  me- 
desimo Archivio),  però  cancellato  con  due  linee  trasversali. 

Pubblicato  la  prima  volta  da  Saint-Priest  ,  Hist.  de  la  con- 
suète, t.  IV,  pag.  239  e  seg.  e  poi  ristampato  dal  cav.  Giuseppe 
Salvo-Gozzo  in  fine  di  una  estesa  recensione  bibliografica ,  nel- 
V Arch.  Stor.  Sicil.,  an.  VII,  1883,  pag.  442  e  seg.,  da  una  copia 
inviatagli  da  Manuele  de  Bofarull  (come  egli  dice).  Il  Salvo  Cozzo 
però  nella  stampa  fa  precedere  a  questo  documento  l'altro  del  3 
novembre,  che  nella  pergamena  495  è  trascritto  dopo  quello  del  2 
novembre. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  204  dà  un  sunto  del 
documento,  sul  testo  riferito  nella  pergamena ,  e  non  ricorda  la 
ristampa  di  Salvo  Cozzo.  Per  la  trascrizione  contenuta  nel  regi- 
stro 55  il  Carini,  riproducendo  in  parte  le  parole  di  Saint-Priest, 
nota  soltanto  a  pag.  70  :  «  Testamento  di  Re  Pietro  al  letto  di 
morte.  Vedi  i  sunti  delle  pergamene». 

È  da  ricordare  che  il  Carini  chiama  inesattamente  testamento 
quest'atto,  e  dice  che  fu  fatto  alla  presenza,  mentre  invece  è  per 
ordine  del  monaco  guardiano;  né  corrisponde  al  testo  che  il  Re 
«dichiara di  rimettersi  in  tutto  agli  ordini  della  Romana  Chiesa», 
perchè  ciò  è  soltanto  giuramento  che  serve  alla  dichiarazione  della 
celebre  restituzione  del  regno  di  Sicilia,  quasi  «  per  viltate  il  gran 
rifiuto  »  del  Papa  Celestino  V. 

Ho  collocato  tra  i  documenti  falsi  questo  documento,  nel  senso 
che  esso,  formato  dall'umile  monaco  guardiano  di  Villafranca,  e 
da  alcuni  prelati ,  non  corrisponde  affatto  alle  volontà  estreme 
del  Re  Pietro,  anzi  contiene  risoluzioni  che  costui  non  avrebbe 
mai  accolto,  oltre  le  frasi  irreverenti  verso  il  Re.  Quando  ancora 
non  si  conosceva  quell'atto  ,  Amari  ,  Un  periodo  ecc.  (pag.  166) 
nel  1842  riteneva  che,  per  avere  l'assoluzione,  il  Re  Pietro  non 
dispose  intorno  la  successione  al  regno  di  Sicilia.  Saint-Priest, 
Hist.  de  la  eonquéte,  t.  IV,  pag.  167,  avendo  nel  1847  trovato  il 


—  251  —  (1282  -  85) 

documento  ,  affermava  che  il  Re  avesse  restituito  il  regno  alla 
Chiesa,  «dont  il  se  reconnut  Vhomme  lige  »,  e  denominava  quella 
scrittura,  quasi  teologicamente,  Acte  de  contrition.  L'Amari,  mo- 
dificando talvolta  le  sue  opinioni ,  secondo  i  documenti  che  in 
quasi  mezzo  secolo  venivan  fuori,  nel  1851  (ediz.  4%  Firenze,  pa- 
gina 298)  per  la  notizia  di  essere  l'atto  cancellato  manifestava  i 
suoi  dubbi  in  tal  modo  :  «  Fu  opera  del  successore  o  comando 
dello  stesso  Pietro,  che  ricusasse  di  segnare  quest'atto  preparato 
dai  preti,  che  speravano  domare  il  lione  mentre  aveva  la  febbre  ?  ». 

Antonio  de  Bofarull,  Historia  critica  de  Cataluna  cit.  (t.  Ili, 
pag.  519)  nel  1876  confutava  I'Amari  perchè  riteneva  nullo  l'at- 
to, mentre  nel  registro  è  cancellato  pel  motivo  che  non  appar- 
tiene al  1285,  e  la  pergamena  è  intatta.  Carini  in  una  lettera  al 
Salvo-Cozzo  nel  1883  (in  Arch.  Stor.  Sicil. ,  an.  VII,  pag.  443) 
ricordava  1'  opinione  di  Manuele  Bofarull  e  di  Pellas  y  Fargas 
(corr.  Forgas)  favorevole  all'autenticità,  col  sostenere  che  le  linee 
fossero  state  apposte  da  mano  posteriore. 

Salvo-Cozzo  (Arch.  Stor.  Sicil.  cit.  ibidem)  credeva  di  trovare 
inesatto  il  Surita,  e  che  il  Re  Pietro  avesse  scritto  un  secondo 
testamento,  ina  poi,  per  avere  l'assoluzione,  lo  avesse  annullato, 
e  restituito  il  regno  di  Sicilia  alla  Chiesa.  Carini  ,  Gti  Arch.  e 
le  Bibl.,  voi.  II  ,  pag.  204  e  206,  affermava  che  quel  documento 
non  fu  annullato,  perchè  si  hanno  altri  documenti  cancellati  in 
altre  parti  dello  stesso  registro,  e  lo  dimostrano  alcune  tarde  note 
nel  verso  della  pergamena. 

Finalmente  Amari,  9*  ediz.  voi.  II,  pag.  154  e  seg.  lo  ritenne 
falso,  senza  reticenze,  dichiarando  :  «  In  faccia  al  Papa  i  prelati 
di  corte  squadernarono  la  promessa  riparazione  »,  e  giustamente 
osservò  :  «  Non  è  testamento  [rigettando  l'espressione  del  Carini] 
per  la  forma,  né  per  la  sostanza,  perchè  non  istituisce  eredi,  né 
contiene  se  non  che  una  serie  di  dichiarazioni  e  di  fatti,  parte 
del  re  e  parte  d'altre  persone,  attestati  da  un  notaio».  Conchiu- 
deva pertanto  :  «  L'  atto  del  notaio  li  dà  [i  fatti]  come  li  imba- 
stirono i  prelati  di  corte,  volendo  riconciliare  il  re  con  la  Chiesa 
o  almeno  farlo  comparire  riconciliato». 

Aggiungerò  qui  le  prove  che  fanno  ritenere  falso  il  documento. 
Per  la  forma  è  da  notare  che  la  natura  del  documento  è  del  tutto 
anormale  ,  né  i  testimoni  che  si  dicono  sottoscritti  •  apposero  le 
loro  firme,  forse  per  vergogna  di  un  simile  atto.  Le  linee  di  can- 


(1282  -  35) 


cellazione,  che  sono  nel  registro,  indicano  evidentemente  che  il 
documento  non  ha  valore  per  la  Cancelleria  regia,  e  certamente 
furono  tracciate  nello  stesso  tempo.  La  pergamena  conservata  a 
rotolo  fra  molte  altre  ,  come  ancora  è  costume  nell'  Archivio  di 
Barcellona ,  restò  obliata  e  non  fu  cancellata.  É  ben  noto  nella 
diplomatica  che  le  linee  trasversali  in  un  registro  annullano  il 
documento,  e  se  ne  ha  l'esempio  nei  registri  angioini  di  Napoli 
del  1276  -  77  (cfr.  Durrieu  ,  Les  archives  angevines  de  Naples. 
Paris,'  1886,  t.  I,  pag.  225  e  seg).  In  quelli  aragonesi  di  Sicilia 
del  tempo  di  Ludovico ,  e  nei  posteriori ,  si  annullava  con  li- 
nee, e  si  aggiungeva  :  Vacat  o  Cassantur  quia  registrate  [UtereJ 
sunt  infra,  o  quia  non  processerunt.  Vedansi  la  mia  memoria  Su 
i  frammenti  di  due  registri  originali  degli  anni  1353-55  di  Lu- 
dovico d'Aragona,  Re  di  Sicilia  (neìVArch.  Stor.  Sicil.,  an.  XXX, 

1905,  pag.  504)  e  l'altra  Su  l'uso  della  registrazione,  cit.  an.  XXXI, 

1906,  pag.  213  e  215. 

Secondo  il  cronista  D'Esclot  (cap.  168,  ed.  Bughon,  Croniques, 
pag.  734)  il  Re  Pietro  quando  rispose  al  vescovo  di  Valenza  di 
volersi  confessare  «  a  penes  podia  parlar,  tant  era  feble».  Amari, 
9a  ediz.,  voi.  Il,  pag.  156,  crede  che  ancora  egli  avesse  coscienza 
dei  suoi  atti,  per  la  rinunzia  compiuta  in  quel  giorno  dall'Infante 
Alfonso  in  favore  di  Giacomo  per  il  regno  di  Sicilia  ;  ma  qui  è 
da  notare  che  in  quella  rinunzia  non  interveniva  per  nulla  il  Re 
Pietro,  ma  certo  se  ne  adempiva  il  volere,  forse  manifestato  prima, 
e  noto  altresì  dall'8  maggio  precedente  (cfr.  doc.  LXX). 

È  appunto  quel  documento  del  2  novembre  di  rinunzia  fatta 
da  Alfonso,  e  dato  da  me  in  luce  per  la  prima  volta  in  Barcel- 
lona nel  1908  (cfr.  sopra,  doc.  CXI)  che  spiega  la  falsità  dell'altro 
liturgico  scritto  da  ecclesiastici  ,  e  compiuto  nello  stesso  giorno 
della  rinunzia  di  Alfonso,  per  far  dubitare  della  priorità  di  tem- 
po ,  ed  anche  per  frapporre  equivoci  sull'  oggetto  della  rinunzia 
vera  dalla  falsa.  Il  vescovo  di  Valenza  Iosberto  era  stato  nomi- 
nato fidecommissario  nel  testamento  del  1282  ,  onde  il  ricordo 
«testamenti  seu  sue  ultime  voluntatis»  è  esclusivamente  per 
quello;  e  le  parole  di  Muntaner  (cap.  145 ,  ediz.  Boparull  cit., 
pag.  287)  :  «  lo  senyor  rey  volch  quel  seu  testament  se  publicas 
altra  vegada  »  dimostrano  una  nuova  lettura  di  quelle  ultime  vo- 
lontà del  1282  fatta  nel  1285. 

I  cronisti  D'Esclot,  Muntaner  e  Speciale,  non  distinguendo 


—  253  —  (1282  -  85) 

le  disposizioni  contenute  nel  testamento  del  1282,  il  solo  formato 
dal  Re  Pietro  (V.  sopra,  doc.  XIV) ,  da  quelle  espresse  nella  ri- 
nunzia di  Alfonso,  ritennero  pure  norme  testamentarie  quelle  per 
la  successione  al  regno  di  Sicilia  ;  ma  i  fatti  corrispondono  con 
precisione  nel  loro  complesso,  e  nessuna  notizia  esplicita  è  presso 
i  cronisti  per  rinunzia  del  regno  di  Sicilia  alla  Chiesa.  Questo  è, 
insieme  agli  altri ,  argomento  validissimo  della  falsità  dell'  atto 
compiuto  con  tanto  mistero  dagli  ecclesiastici  di  Villafranca. 


OXXXIII. 

1285,  novembre  3,  Villafranca. 

Il  Re  Pietro  I,  volendo  aggiungere  altre  disposizioni  al  suo 
testamento  già  fatto  (volens  aliqua  addere  in  ordinacione  seu 
testamento  per  eum  iam  facto)  ,  ordina  al  notaro  di  scrivere  i 
suoi  codicilli  (in  hunc  modum  fieri  codicillos).  Pertanto  ,  es- 
sendo «in  nostro  pieno  sensu  et  memoria»,  il  suddetto  Re  ma- 
nifesta di  voler  sepoltura  nel  monastero  di  Santa  Creus,  al  quale 
concede  i  castelli  chiamati  Fores  ,  Ca  Real  e  Cabra.  Concede  al 
monastero  di  Poblet  il  castello  detto  Apiaria  ,  e  lascia  a  varie 
Chiese  somme  determinate  di  denaro.  Ordina  che  i  dieci  anelli, 
conservati  nelle  casse  regie  ed  appartenenti  al  vescovo  di  Iahen, 
si  restituiscano  al  medesimo;  che  a  Domenico  de  Osca,  portiere,  si 
paghino  due  mila  soldi  barcellonesi,  e  che  si  consegnino  a  P.  Gar- 
cesio  Darroz,  armigero,  le  case  ed  eredità  di  Camerana.  Desidera 
che  i  suoi  figli  Alfonso  e  Giacomo  facciano  quante  elemosine  vor- 
ranno ,  per  la  salute  della  sua  anima  e  per  le  offese  non  ripa- 
rate (et  prò  iniuriis  oblitis). 

(Atto  in  notar  Raimondo  Escorna,  scrittore  regio.  Sono  indi- 
cati i  nomi  dei  testimoni). 

È  trascritto  tale  documento  nella  pergamena  di  n.  495  del  re- 
gno di  Pietro  (nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona),  dopo  il  testo 
del  documento  precedente,  che  è  datato  del  giorno  innanzi  (nu- 
mero CXXXII). 

Si  ha  altresì  nel  reg.  55  del  Re  Pietro,  a  fol.  21  (nello  stesso 


(1282  -  85)  —  254  — 

Archivio)  ;  ma  quivi  il  documento  è  cancellato  trasversalmente, 
come  quello  anteriore. 

Pubblicato  dapprima  dal  cav.  G.  Salvo-Gozzo  in  fine  della 
rassegna  bibliografica  già  ricordata  (in  Ardi.  Stor.  Sicil.,  an.  VII, 
1883,  pag.  440  e  seg.)  ,  secondo  la  copia  rimessagli  da  Manuele 
de  Bofarull  ,  ma  però  per  equivoco  prima  del  documento  del  2 
novembre. 

Ristampato,  sul  testo  contenuto  nella  pergamena,  da  Carini, 
Gli  Arch.  e  le  Blbl. ,  voi.  Il  ,  pag.  204  e  seg.  ,  senza  mentovare 
l'edizione  fattane  dal  Salvo-Gozzo,  anzi  notando  :  «  non  mai  fi- 
nora pubblicato  » . 

Quella  pergamena  495  era  stata  ricordata  nel  1876  da  Antonio 
de  Bofarull  ,  Historia  de  Cataluiìa  cit.  con  le  parole  :  «  que  se 
encuentra  al  pie  de  la  misma  »  ,  cioè  del  documento  precedente. 
Il  Carini  dà  notizia  (a  pag.  206)  del  codicillo  scritto  «  a  pie  del 
menzionato  documento»,  e  riferisce  alcune  indicazioni  poste  da 
archivisti  dal  secolo  XVI  in  poi  nel  verso  di  quella  pergamena, 
ma  che  non  offrono  veruna  importanza  per  l'autenticità  del  do- 
cumento. 

Riesce  evidente  che  questo  documento,  chiamato  codicillo,  non 
è  altro  che  una  scrittura  formata  specialmente  dal  monaco  guar- 
diano e  dagli  altri  prelati,  perchè  varie  chiese  ed  alcune  persone 
avessero  potuto  godere  lasciti  considerevoli  di  beni  e  di  danaro 
per  la  pretesa  ultima  volontà  del  Re.  È  degno  anzi  di  nota  che 
tra  coloro,  i  quali  sono  beneficati,  trovasi  Damiano  Osca  che  non 
solo  appare  legatario,  ma  testimone,  e  così  Pietro  Garcesio  Darroz 
testimone  e  legatario  ad  un  tempo.  È  strano  poi  che  due  atti,  com- 
piuti in  giorni  diversi  (2  e  3  novembre) ,  si  siano  scritti  in  una 
stessa  pergamena,  contro  i  sistemi  notarili  e  giuridici  prevalenti 
dovunque  ,  e  che  nel  primo  documento  si  siano  omessi  i  nomi 
dei  testimoni  ed  aggiunti  nell'altro. 

Il  ricordo  che  si  fa  in  fine  per  le  abbondanti  elemosine  a  chie- 
se, e  le  espressioni  prò  iniuriis  oblitis  indicano  abbastanza,  anco 
nello  stile  ,  l'origine  ecclesiastica  del  falso  documento  ,  il  quale 
fu  appellato  codicillo  per  renderlo  dipendente  dal  testamento  del 
1282  di  Portfangos  e  valido,  e  non  (come  inesattamente  crede  il 
Carini)  perchè  testamento  fosse  quello  di  sopra,  del  2  novembre 
1285,  contenente  la  strana  rinunzia  e  la  confessione  dei  peccati. 

Sembra  che  1'  Amari  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  155  e  seg.  non  abbia 


—  255  —  (1282  -  85) 

esaminato  (nemmeno  sul  testo  dato  dal  Salvo  Cozzo)  tale  docu- 
mento del  3  novembre,  perchè  attribuisce  al  Carini  l'espressione 
codicillo,  che  è  invece  nel  documento  medesimo,  ed  afferma  inol- 
tre che  i  testimoni  sono  diversi  da  quelli  del  documento  del  2 
novembre,  mentre  in  questo  mancano  del  tutto  i  nomi,  né  sono 
testimoni  quelli  indicati  soltanto  come  presenti  ad  un  preteso  giu- 
ramento del  Re  Pietro. 

La  disposizione  riguardante  la  scelta  del  Re  per  la  sua  sepol- 
tura nella  chiesa  del  monastero  di  Santa  Creus  è  una  ripetizione 
di  quanto  si  contiene  in  principio  del  testamento  del  1282,  quasi 
con  le  stesse  parole:  «  Eligi  mus  sepulturam  nostram  in  mona- 
sterio  Sanctarum  Crucum»,  e  qui  invece:  nobìs  sepulturam.  Lo 
scopo  di  tale  ripetizione  è  evidente,  perchè  con  questo  documento 
falso  si  lasciavano  nientemeno  dal  Re  al  monastero  castelli  e 
ville  diverse  in  proprietà  e  con  grandi  immunità,  mentre  nel  te- 
stamento del  1282  non  si  dava  altro  che  vistose  elemosine. 

Per  la  falsità  dell'  atto  si  ha  altra  chiara  prova  dall'  attesta- 
zione che  il  Re  trova  vasi  «in  nostro  pieno  sensu  et  memoria», 
mentre  è  sicuro  dalle  affermazioni  del  cronista  catalano  D'Esclot 
(cap.  168,  ediz.  Coroleu  ,  Barcelona  ,  1885  ,  pag.  369)  che  il  Re 
dopo  la  confessione  fu  talmente  vinto  dalla  malattia  «  tant  lo  a- 
febli,  que  quaix  no  veya  ne  oya  sino  a  gran  pena».  Non  poteva 
pertanto  il  Ee  pensare  allora  a  tutte  quelle  chiese ,  ed  anche  ai 
dieci  anelli  del  vescovo  di  Iahen  ,  che  si  trovavano  nelle  arche 
regie.  Amari  cit.,  pag.  156  giustamente  osserva  quindi  che:  «il 
codicillo.  .  .  non  par  dettato  da  Pietro  padrone  di  sé  stesso,  né 
pare  che  lo  avrebbe  consentito  un  uomo  che  udisse  ,  intendesse 
e  potesse  esprimere  la  sua  volontà  ,  sì  numerose  e  stravaganti 
donazioni  fa  a  varie  chiese  e  monasteri  ,  tanti  legati  ei  lascia  a 
vescovi  ed  a  scudieri  » . 

La  Cancelleria  regia  aragonese  avvedutamente  (anco  per  i  si- 
stemi archivistici  da  me  accennati  per  il  doc.  precedente  CXXXIT) 
cancellava  pertanto  ,  nel  registro  in  serie  cronologica  degli  atti 
regi,  anche  questo  del  3  novembre,  appunto  perchè  conosceva  la 
indebita  intrusione  di  ecclesiastici,  e  lasciava  in  oblìo  la  famosa 
pergamena  contenente  due  atti  diversi  e  non  di  un  solo  giorno, 
ma  di  due  giorni  differenti  ;  e  peraltro  la  Corte  aragonese  ed  il 
successore  Alfonso  come  non  erano  proclivi  ad  abbandonare  ad 
altri  la  Sicilia,  nemmeno  avrebbero  pagato  con  facilità  tutti  que- 
gli enormi  legati  alle  chiese  e  loro  aderenti. 


(1282-85)  —  256  — 


CXXXIV. 

Senza  data. 

Il  Re  Pietro  I  d'Aragona  concede  la  terra  di  Grotte ,  presso 
Girgenti,  a  Federico  Sances. 

Tale  documento,  senza  alcuna  data,  è  menzionato  da  Mugnos, 
Teatro  genealogico.  Palermo,  1647,  t.  Ili,  pag.  316. 

Non  si  trova  alcuna  notizia  di  simile  concessione  nei  registri 
del  Re  Pietro,  e  nemmeno  se  ne  ha  ricordo  nell'Elenco  dei  feu- 
datari dell'  epoca  di  Federico  II  aragonese  (in  Gregorio  ,  Bibl. 
script,  arag.  ,  t.  II ,  pag.  464  e  seg.)  ,  escludendosi  in  tal  modo 
l'esistenza  di  una  terra  feudale,  di  nome  Grotte ,  anche  in  quel 
tempo. 

Vito  Amico,  Lexicon  topographicum  siculum.  Gatanae ,  1759, 
t.  II,  parte  I,  pag.  273 ,  scrive  :  «  Gruttas  a  Petro  Aragonio  Ro- 
dericus  Sances  accepit,  unde  Vigintimilii  tenuere».  Il  suo  cenno 
deriva  probabilmente  dalle  indicazioni  fornite  dal  Mugnos  ,  le 
quali  spesso,  come  per  questo  documento,  erano  semplici  inven- 
zioni di  lui. 


REGNO  DI   GIACOMO 

(succ.  11  nov.  1285,  coron.  2  feb.  1286, 
abdica  3  nov,  1295) 


FEDERICO  LUOGOTENENTE  GENERALE  DEL  REGNO 
dal  12  luglio  1291  in  poi. 


G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  17 


iiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii 
iììiNTilìiiiiiiìiliiiiiìi^^ 


NOTIZIE  PRELIMINARI 


§  1.  Successione  di  Giacomo  al  regno  di  Sicilia.  —  Sua  co= 
ronazione.  —  Successione  in  Aragona,  ritenendo  arbitra- 
riamente la  Sicilia.  —  Abdicazione.  —  Intitolazione  regia 
nei  documenti. 

L'Infante  Giacomo,  secondogenito  del  Re  Pietro  I,  succedeva 
nel  1285  nel  regno  di  Sicilia,  dopo  la  morte  del  padre  avvenuta 
in  Villafranca  di  Spagna  nel  10  novembre  di  quell'anno.  Gol  suo 
testamento  del  1282  (V.  doc.  n.  XIV)  il  Re  Pietro  aveva  provve- 
duto per  la  successione  nei  regni  di  Aragona  ,  Valenza  e  Cata- 
logna ,  e  su  quanto  altro  acquistasse  in  favore  del  primogenito 
Alfonso,  e  per  la  sostituzione  degli  altri  fratelli  nel  caso  che  pre- 
morisse Alfonso  o  altro  figlio  del  medesimo  Re  Pietro. 

Prima  di  ritornare  nell'Aragona  ,  il  Re  Pietro  in  aprile  1283 
con  un  instrumentum  donacionis  aveva  in  Messina  concesso  al- 
l'Infante Giacomo  il  regno  di  Sicilia,  compresa  la  parte  continen- 
tale di  esso,  e  faceva  poi  confermare  quella  donazione  dal  figlio 
Alfonso  a  8  maggio  1285 ,  quando  costui  pervenne  all'  età  mag- 
giore (cfr.  doc.  n.  LXX).  L'Infante  Alfonso,  pochi  giorni  innanzi 
la  morte  del  Re  Pietro,  cedeva  altresì  a  Giacomo  a  2  novembre 
di  quell'anno  tutti  i  diritti,  che  gli  potevano  competere  sul  regno 
di  Sicilia,  e  sin  d'allora  ordinava  ai  nobili  ed  al  popolo  del  re- 


(1285  -  95)  —  260  — 

gno  medesimo  di  obbedire  a  Giacomo  «tamquam  eorum  regi  et 
domino  naturali»  (cfr.  doc.  n.  CXI).  Nulla  dirò  della  pretesa  ri- 
nunzia dello  stesso  giorno  di  Pietro  al  regno  di  Sicilia,  perchè  è 
un  documento  falso,  inventato  da  ecclesiastici  (V.  doc.  n.  CXXXII). 

Era  consuetudine  invalsa  specialmente  nella  Spagna  nel  medio 
evo  «  que  el  seùorio  del  reyno  no  lo  oviesse  si  no  el  fijo  major, 
despues  de  la  muerte  de  su  padre».  Ciò  è  ricordato  nelle  sue 
leggi  da  Alfonso  il  Savio,  Re  di  Castiglia  dal  1252  al  1284  (Se- 
guitela Partida,  tit.  XV,  ley  II,  Codigos  de  Espana  ed.  Martinez 
Alcubilla  ,  cit. ,  pag.  315).  L  Infante  Giacomo  dal  giorno  della 
morte  del  Re  Pietro  era  perciò  di  diritto  investito  della  potestà 
sovrana  ,  in  seguito  alla  donazione  del  regno  di  Sicilia  ed  agli 
altri  documenti  sopra  ricordati.  Nondimeno  la  notizia  della  morte 
di  Pietro  giunse  con  molto  ritardo  (15  dicembre)  a  Giacomo,  per 
la  differita  partenza  della  flotta  del  Loria  dalla  Catalogna  a  ca- 
gione della  tempesta,  che  continuò  durante  il  viaggio  per  la  Si- 
cilia; onde  1' Anonimo,  non  tenendo  conto  delle  norme  del  diritto 
pubblico,  affermava  che  Giacomo  «  incepit  dominare  in  dicto  re- 
gno Siciliae  XV  decembris,  XIV  indictionis  predictae,  dicto  anno 
domini  1285»  (cap.  47,  ed.  Gregorio,  Bibl.  scriptor.  arag.,  t.  II, 
pag.  160).  In  un  contratto  di  enfiteusi  di  casa  a  Pellegrino  Chin- 
done  in  Messina,  del  20  novembre  1285,  si  legge  ancora  invariata 
la  designazione  del  sovrano  :  «  Regnante  illustrissimo  domino  no- 
stro domino  Petro,  dei  gracia  excel] entissimo  rege  Aragonum  et 
Sicilie  (perg.  n.  162  del  Tab.  di  S.  Maria  Maddalena  di  Valle  Gio- 
safat.  —  Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Giacomo  cinse  la  corona  regia  in  Palermo  a  2  febbraio  1286, 
nella  festa  della  Purificazione  della  Vergine,  come  narrano  i  cro- 
nisti Neocastro  (cap.  102),  Speciale  (lib.  Il,  cap.  9)  e  Muntaner 
(cap.  148).  È  degno  di  nota  quanto  dice  il  Neocastro,  cioè  che, 
essendo  privi  i  Siciliani  di  un  sovrano ,  «  iam  de  coronando  In- 
fante sagaciter  provident ,  coronam  parant»  (cap.  101,  ed.  Gre- 
gorio cit.,  pag.  144),  rilevandosi  da  tali  espressioni  la  completa 
indipendenza  del  regno  di  Sicilia  da  quello  dell'Aragona .  come 
era  stata  volontà  del  Re  Pietro.  Intanto  il  Papa  Onorio  IV  a  11  a- 
prile  1286  scomunicava  Costanza  e  Giacomo  che  fomentavano  la 
rivoluzione  nell'  isola,  a  23  maggio  lanciava  altra  scomunica  con- 
tro Giacomo  che  si  era  fatto  coronare  Re  di  Sicilia,  ed  a  18  no- 
vembre approvava  le  proteste  e  dichiarazioni  (processimi)  contro 


—  261  —  (1285  -  95) 

il  Re  Giacomo  e  scomunicava  i  prelati  intervenuti  alla  corona- 
zione (cfr.  Potthast  ,  Regesta  pontif.  rom.  cit.  n.  22414 ,  22449 
e  22537). 

11  Re  Giacomo  convocò  il  Parlamento  negli  anni  1286,  1288  e 
1291,  come  si  rileva  dalle  cronache  dianzi  ricordate,  e  per  rendere 
più  salda  la  monarchia  emanò  alquante  sue  costituzioni  *  (in  so- 
lemni  nostra  Curia)  per  tutto  il  regno,  seguendo  le  memorie  nor- 
manne e  sveve,  e  specialmente  l'esempio  del  celebre  imperatore 
Federico  II.  I  cronisti  tributano  elogi  a  Giacomo  per  la  sua  giu- 
stizia ed  il  saggio  governo;  e  Speciale  afferma  che  quegli,  «  cau- 
sami omnium  Siculorum,  dum  regno  Sicilie  prefuit ,  tanta  felici- 
tate gerebat,  ut  quasi  omnes  habilatores  Sicilie  sub  eo  fìerent  in 
modico  tempore  locupletes  »  (cap.  9,  ediz.  Gregorio  cit.,  pag.  338). 

Per  la  conquista  delle  provincie  continentali  del  regno  si  scorge 
sotto  Giacomo  essere  stato  più  vivo  il  proposito  e  costante  l'ese- 
cuzione. Nella  provvista  di  Simone  Salvagio  del  1335,  intorno  alle 
tasse  da  pagarsi  dai  Genovesi  (V.  sopra,  doc.  LXVI ,  pag.  146), 
i  territori  che  appartenevano  alla  Sicilia  al  tempo  dell'ambasce- 
ria di  Gualtiero  Bellanti  e  Nicoloso  de  Abrignali  (cioè  nel  1290) 
sono  indicati  così  :  «  terre  et  loca  posita  ultra  Farum,  que....  erant 
sitò  dominio  regio,  videlicet  a  Castello  Albace  inclusive  ad  petram 
Rosseti  ducatus  Calabrie»  (Sella,  Pandetta  di  Messina  cit.,  pa- 
gina 105  e  110).  Quella  regione  sarebbe  la  Calabria,  come  notava 
il  Gregorio,  Considerazioni  cit.,  pag.  88. 

Moriva  in  Barcellona  a  8  giugno  1291  il  Re  Alfonso  III  di  Ara- 
gona ,  al  quale  sì  per  il  testamento  del  Re  Pietro  I  (cfr.  doc. 
n.  XIV),  come  per  1'  altro  dello  stesso  Re  Alfonso  del  10  marzo 
1287  (V.  appresso,  doc.  di  tale  data)  doveva  succedere  il  fratello 
Giacomo  Re  di  Sicilia.  È  qui  da  rilevare  che  Giacomo  era  obbli- 
gato per  i  due  testamenti  suddetti  e  la  donazione  del  Re  Pietro, 
a  trasmettere  il  regno  di  Sicilia  all'altro  fratello  Federico.  Il  Re 
Alfonso  stabiliva  infatti  che  Giacomo  ,  succedendo  in  Aragona, 
«  donet,  diffìniat  et  concedat  Infanti  Frederico  fratri  nostro  et  suo 
regnum  Sicilie ,  et  alias  terras  et  loca  ,  que  sunt  de  pertinentiis 
ipsius  regni»;  anzi  Alfonso,  se  Giacomo  non  adempiva  quella 
condizione,  lo  dichiarava  decaduto  dalla  successione  al  regno  di 
Aragona  ,  al  quale  chiamava  l' Infante  Federico  (cfr.  Testa  ,  De 
vita  et  rebus  gestis  Friderici  II  Siciliae  regis.  Panormi ,  1775  , 
pag.  232  e  seg.). 


(1285-95)  —  %m  — 

Fu  quindi  una  vera  infrazione  alle  estreme  volontà  dei  Re  Pie- 
tro ed  Alfonso  quella  commessa  da  Giacomo  nel  ritenere  per  sé 
il  regno  di  Sicilia,  insieme  all'altro  di  Aragona,  e  fu  essa  al- 
tresì l'origine  della  nuova  e  funesta  politica  straniera  di  Giacomo, 
propensa  alla  Chiesa,  che  avversava  inesorabilmente  1'  esistenza 
del  regno  di  Sicilia  sotto  il  dominio  degli  Aragonesi.  A  ragione 
diceva  il  cronista  Speciale  :  «  Quod  si  testamentum  patris  [Re 
Pietro]  in  suis  viribus  consistebat,  ex  tunc  regnasse  debuit  [corr. 
regnare  debuisset]  in  Sicilia  Fridericus»  (lib.  II,  cap.  17,  in  Gre- 
gorio, Bibl.  script,  arag.  cit.,  pag.  345). 

L'annunzio  della  morte  di  Alfonso  fu  recato  a  6  luglio  a  Mes- 
sina dall'ambasciatore  Raimondo  de  Minorisa;  ed  il  Re  Giacomo 
partì  da  Trapani  il  93  dello  stesso  mese  per  assumere  il  nuovo 
regno  di  Aragona  (Neocastro,  cap.  115  a  117,  ed.  Gregorio  cit. 
p.  219  e  seg.).  Sui  fatti  di  quella  successione  di  Giacomo  è  una 
minuta  descrizione  in  lingua  catalana  ,  quasi  una  cronaca  ,  nel 
reg.  55  del  Re  Pietro  I  a  fol.  31  e  seg.  (nell'  Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona) ,  la  quale  fu  edita  la  prima  volta  da  Coro  leu  e 
Pella  nel  pregevole  lavoro  Las  Cortes  catalanas  ec.  Barcelona, 
1876,  pag.  165,  e  poi  ristampata,  omettendo  risposte  e  giuramenti, 
che  seguono,  da  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II,  pag.  243 
e  seg.  ,  e  traendola  dal  Coroleu  ,  senza  notare  il  registro  della 
Cancelleria  aragonese. 

Le  pertinaci  insidie  degli  Angioini  e  della  Chiesa  Romana  vin- 
cevano, in  un  lustro  di  dominio,  l'incerta  resistenza  di  Giacomo, 
che  proclamava  nel  novembre  1295  (in  seguito  al  trattato  di  pace 
col  Re  Carlo  II  ed  il  papa  Bonifazio  Vili)  la  sua  abdicazione  e 
rinunzia  del  regno  di  Sicilia  alla  Chiesa  ,  ottenendo  così  i  ne- 
mici quanto  dopo  la  morte  del  Re  Pietro  I,  nonostante  l'atto  falso 
di  rinunzia  del  1285,  non  avevano  potuto  conseguire.  Neocastro 
in  una  orazione  detta  dagli  ambasciatori  a  Giacomo,  mettendo  in 
evidenza  i  propositi  di  opposizione  dei  Siciliani  alla  pace,  rileva  : 
«  Considera  quod  si  prò  pace  hac  tuos  scienter  offenderis  Siculos, 
ita  quod  Ecclesie  vel  Gallicorum  dominio,  te  paciente,  tradamur, 
adnichilabitur  siquidem  alterius  gloria  regni  tui  ».  Riferisce  altresì 
nella  risposta  di  Giacomo  anche  le  espressioni  :  «  dum  sanguis 
inerit,  nec  labor  atit  metus  a  regni  nostri  demanio  insulam  no- 
strani Sicilie  separabit»,  e  con  la  narrazione  di  tali  pericoli  della 
Sicilia  pone  fine  alla  sua  cronaca  (cap.  124,  ed.  Gregorio  cit. , 
pag.  237). 


(1285  -  95) 


Speciale  ,  con  acerbo  e  quasi  poetico  rimprovero ,  ricorda  la 
fine  del  regno  di  Giacomo  nell'isola,  con  queste  parole  :  «  Quam- 
vis  in  exitu  amara  dulcibus  raiscuisset,  et  quam  ipse  idem  prius 
ad  gaudium  compegerat,  in  lamentabile  Carmen  Siculorum  cytha- 
ram  postea  convertisset»,  dopo  la  pace  con  gli  Angioini  fatta  «eo 
[pontifice]  iubente  contra  fratrem  et  Siculos»  (cap.  9,  ediz.  cit., 
pag.  338;  cfr.  pure  cap.  22,  pag.  349).  Dice  il  Muntaner  che  il 
Re  Giacomo  inviò  nunzi  in  Sicilia  al  Maestro  Giustiziere  ed  al 
Maestro  Secreto  perchè  abbandonassero  l'isola  e  la  Calabria  alla 
Chiesa  romana  (cap.  184,  ed.  Buchon,  Croniques  cit.,  pag.  396). 
I  documenti  di  partecipazione  di  quella  rinunzia  nel  1295  si  con- 
servano in  uno  speciale  quaderno  nell'Archivio  della  Corona  di 
Aragona  in  Barcellona,  e  furono  pubblicati  dal  barone  Starrabba 
(in  seguito  a  copia  trasmessagli  da  Manuele  de  Bofarull)  nella 
memoria  qui  appresso  notata. 

L'intitolazione  regia  di  Giacomo  nei  docu Dienti  e  nei  Capitoli 
del  regno ,  dal  1286  in  poi ,  è  questa  :  «  Iacobus  Dei  gratia  Rex 
Sicilie,  Ducatus  Apulie  et  Principatus  Capue».  Comprendeva, 
come  si  scorge,  anche  le  provincie  continentali  del  regno,  men- 
tre i  due  ultimi  titoli  il  Re  Pietro  non  aveva  usato  (cfr.  Capi- 
tuia  regni  Siciliae,  ed.  Testa  cit.,  t.  1,  pag.  5,  e  doc.  del  12  feb- 
braio 1286  riferito  qui  appresso).  JL'  anno  di  regno  traeva  prin- 
cipio costantemente  dal  dì  della  coronazione,  come  si  ricava  dagli 
atti  notarili  (V.  perg.  del  1288,  al  n.  121  del  Tabulano  della  Ma- 
gione, in  Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Dopo  la  successione  di  Giacomo  al  regno  di  Aragona,  si  ha, 
con  poco  divario,  l'intitolazione  in  tal  modo  nei  documenti  :  «  Ia- 
cobus divina  favente  clemencia  Aragonum,  Sicilie,  Maioricarum 
et  Valencie  Rex  et  Barchinone  Comes  »  (cfr.  appresso  ,  doc.  15 
luglio  1291).  Il  cronista  Neocastro  ricorda  che  Giacomo  univa, 
dal  1291  in  poi ,  al  titolo  di  Re  di  Sicilia  l'altro  dell'  Aragona  : 
«  contentus  sub  vocabulo  regni  Sicilie ,  cuius  sceptrum  assuin- 
pserat ,  Rex  Aragonum  appellari  »  (cap.  18 ,  ed.  Gregorio  cit.  , 
pag.  219).  Narra  altresì  che  Giacomo  si  recò  dalla  Sicilia  nel  1291 
in  Valenza,  dove  arrivò  a  16  agosto,  e  che  fu  coronato  a  8  set- 
tembre in  Barcellona. 


(1285  -  95)  —  264  — 


§  2.  —  Datazione  dei  documenti. 

Il  sistema  di  datazione  nei  documenti  del  Re  Giacomo  in  Si- 
cilia appare  che  sia  stato  quello  della  indicazione  del  numero  or- 
dinale del  giorno  e  del  nome  del  mese,  seguito  dalla  indizione  e 
dall'anno  del  regno.  Dopo  la  successione  in  Aragona  la  data- 
zione è  di  consueto  regolata  per  colende,  none  e  idi,  secondo  il 
metodo  classico  romano,  e  trovasi  anzi  adoperata  con  maggiore 
frequenza,  che  non  si  rileva  nel  tempo  del  Re  Pietro  1. 

Alla  datazione  seguiva  negli  atti  notarili  l'indicazione  del  no- 
me del  sovrano.  Così  in  un  atto  del  26  ottobre  1286 ,  rogato  in 
Messina  ,  si  legge  :  «  Regnante  illustrissimo  domino  nostro  do- 
mino Iacobo  Dei  gratia  excellentissimo  rege  Sicilie,  Ducatus  A- 
pulie  et  Principatus  Gapue  »  (perg.  105  del  regno  di  Alfonso,  in 
Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona).  In  altro  atto  del  6  aprile  1295 
in  Siracusa  si  ha  invece  questa  indicazione  :  «  Regnante  domino 
nostro  excellentissimo  rege  Iacobo  dei  gratia  inclito  Aragonum, 
Sicilie,  Maioricarum  et  Valentie  Rege,  ac  Comite  Barchinone,  fe- 
licis  dominii  regnorum  suorurn  Aragonum  anno  quinto  ,  Sicilie 
vero  decimo  feliciter  amen  »  (Voi.  ms.  in  perg.  del  sec.  XIV  dei 
Privil.  della  Chiesa  di  Cefalù  ,  a  fol.  73  r.  in  Arch.  di  Stato  di 
Palermo) . 

§  3.  Registrazione  dei  documenti  nella  Cancelleria  del  regno 
nell'epoca  del  dominio  di  Giacomo  in  Sicilia,  e  dopo  la 
successione  all'Aragona. 

La  registrazione  che  era  allora  in  uso  nella  Cancelleria  regia 
in  Sicilia  non  ci  è  nota,  perchè  mancano  i  registri  del  regno  di 
Giacomo  nell'isola  degli  anni  1285  al  1291,  i  quali  dovettero  per- 
dersi nelle  guerre  continue  di  quell'epoca,  non  trovandosene  af- 
fatto alcuno  nell'Archivio  della  Corona  di  Aragona  in  Barcellona, 
ove  rimase  soltanto  quello  del  1282-83  ,  che  il  Re  Pietro  portò 
seco  dalla  Sicilia.  È  indubitata  l'esistenza  dell'archivio  della  Can- 
celleria ,  che  vedesi  ricordato  in  un  documento  del  Re  Giacomo 
del  1288  con  le  parole  :  «  que  in  archivo  Curie  conservantur  »  , 


—  265—  (1285-95) 

il  qual  documento  è  riferito  dal  Barberi,  I  Capibrevì  cit.,  voi.  I, 
I  feudi  di  Val  di  Noto,  pag.  429,  ed.  Silvestri. 

Del  tempo  del  dominio  di  Giacomo  in  Aragona  e  Sicilia,  cioè 
dal  1291  al  1295,  i  registri  sì  conservano  in  Barcellona.  Essi,  co- 
me quelli  del  regno  di  Pietro  I ,  non  offrono  alcuna  distinzione 
per  la  Sicilia,  perchè  i  documenti  riguardanti  l'Aragona  e  la  Si- 
cilia sono  trascritti  insieme  nei  registri ,  senza  alcuna  distribu- 
zione per  ragion  di  luogo. 

I  registri  di  Giacomo,  nei  quali  sono  documenti  per  la  Sicilia, 
offrono  la  designazione  di  Commune  primum  ecc.  di  Giacomo  II, 
cioè  (come  è  notato  nel  reg.  90)  :  «  Registrum  continens  mandata 
regia  de  diversis  negociis  communibus  »,  ossia  (come  si  dice  nel 
reg.  92)  :  «  Litere  iusticie,  commissiones  causarum  etc.  »;  ed  altri 
vengono  denominati  Gratiarum,  il  qual  titolo  è  ancor  meglio  de- 
finito nel  reg.  194  così  :  «  Registrum  donacionum,  priviiegiorum 
et  aliarum  graciarum».  Finalmente  altri  registri  hanno  l'indica- 
zione Sigilli  secreti  secretorum  o  Pecunie  o  Solutionum. 

Per  una  anomala  trascrizione  di  documenti  nel  reg.  55  del  Re 
Pietro  degli  anni  1282  e  seguenti,  rinviensi  a  fol.  23  questa  an- 
notazione :  «  Sexto  kalendas  septembris  in  Barchinona  ,  in  ad- 
ventu  domini  regis  Iacobi,  anno  domini  M°  CG°  XG°  primo»  e  se- 
gue il  testo  della  cronaca  della  successione  alla  corona  di  Ara- 
gona, e  quello  dei  documenti  del  Re  Giacomo  estranei  però  alla 
Sicilia ,  contrariamente  a  quanto  sembra  che  affermi  il  Carini  , 
Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  70:  «  Questo  registro  contiene 
documenti  molto  interessanti  relativi  al  regno  di  Giacomo  II,  che 
però  ho  tralasciato  » . 

Uevesi  qui  notare  che  nel  reg.  323  di  Giacomo,  con  la  tarda 
designazione  «  Varia  36.  Revocationum  Sicilie,  Sardinie  et  inhi- 
bitionum  Iacobi  II  »  ,  trovansi  alligati  nove  fogli  isolati  per  la 
rinunzia  di  Giacomo  al  regno  di  Sicilia  nel  1295,  che  possono  ri- 
tenersi piuttosto  un  quaderno  o  breve  registro ,  come  ho  notato 
nella  memoria  Su  l'uso  della  registrazione  cit.  (in  Arch.  Stor, 
Sicil.  1906,  pag.  206). 

Alquante  utili  notizie  su  la  registrazione  nella  Cancelleria  del 
Re  Giacomo,  per  il  solo  tempo  di  suo  dominio  dal  1291  in  poi, 
fornisce  il  Finke,  Ada  aragonensia.  Quellen  cit.,  voi.  I,  pag.  XCV 
a  CXXI1. 


(1285  -  95) 


§  4.  Luogotenenza  di  Federico  figlio  terzogenito  del  Re  Pie- 
tro —  Potestà  attribuite — Registri  di  tale  epoca  perduti. 

Il  Re  Giacomo  ,  innanzi  di  recarsi  a  Valenza  per  cingere  la 
corona  del  regno  di  Aragona  nel  1291 ,  tenne  un  Parlamento  in 
Messina,  e  nominò  Vicario  del  regno  di  Sicilia  il  fratello  Fede- 
rico ,  come  ricorda  il  cronista  Speciale  :  «  Rem  Siculis  ,  conve- 
nientibus  ad  eum  syndicis  in  generali  colloquio  ,  patefecit  ;  Fri- 
dericum  fratrem  eius,  tunc  dictum  Infantem,  in  regno  Sicilie  Vi- 
carium  sibi  constituit  »  (cap.  17,  ed.  Gregorio  cit.,  pag.  345). 

Da  Messina  partì  Giacomo  il  12  luglio,  e  pervenne  a  Palermo 
e  poi  a  Trapani,  salpando  per  la  Catalogna  a  23  di  quel  mese , 
come  narra  il  Neocastro,  il  quale  ricorda  con  quanta  manifesta- 
zione di  affetto  Giacomo  nominasse  il  fratello  suo  Vicario  nel- 
l' isola  :  «  Propter  quod  te  super  regimine  Sicilie  constituo  ,  ut 
Siculos,  prestita  tibi  auctoritate,  salubri  ter  regas»,  e  come  dicesse 
alla  madre  regina  Gostanza  :  «  Eris  super  eos  [Siculos]  veluti  tur- 
ris  fortitudinis  et  arbor  ramosa  ,  sub  cuius  umbra  spaciantes 
quiescant»  (cap.  115,  ed.  cit.,  pag.  213). 

Il  catalano  Muntaner  è  più  esplicito  nel  riferire  quanto  fu 
stabilito  nel  Parlamento  di  Messina  da  Giacomo  per  il  governo 
di  Sicilia  :  «  E  comanals  [ai  Siciliani]  madona  la  regina,  que  la 
guardasen  e  qué  la  tenguessen  per  cap  e  per  senyora;  e  axì  ma- 
teix  los  mana,  que  haguessen  per  cap  e  per  major  e  per  senyor, 
axì  com  la  sua  persona,  l'infant  Fraderich,  e  que  faesen  tot  quant 
eli  manas  e  volgues  ,  axì  com  fazien  per  eli  (cap.  175 ,  ediz.  A. 
de  Bofarull,  Barcelona,  1860,  pag.  333). 

La  potestà  di  Luogotenente  generale  concessa  al  fratello  Fe- 
derico era  pertanto  simile  a  quella  conferita  a  Giacomo  nel  1283 
dal  Re  Pietro  ,  anzi  può  affermarsi  che  una  più  sicura,  e  vigile 
corrispondenza  intervenisse  tra  il  Re  e  l'Infante  Federico,  la  quale 
sotto  Pietro  I  non  si  ebbe  a  cagione  delle  continue  guerre  ,  che 
al  tempo  di  Re  Giacomo  diminuivano  per  dar  luogo  agli  intrighi 
diplomatici. 

Adoperavasi  da  Federico  nella  sua  nuova  dignità  il  titolo  in 
tal  modo  :  «  Fridericus  Infans,  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie 
domini  fratris  sui  in  regno  Sicilie  generaliter  locumtenens»,  co- 


—  267  —  (1285  -  95) 

me  si  ricava  dai  documenti,  e  da  quello  di  marzo  1292  per  Rug- 
giero de  Milite,  che  riferirò  innanzi. 

Dalla  Catalogna  il  Re  Giacomo ,  esercitando  la  suprema  pre- 
rogativa, emanava  incessantemente  ordini  e  concessioni,  e  li  in- 
viava alle  primarie  autorità  del  regno  di  Sicilia ,  e  fra  esse  al 
Cancelliere  dei  regni  di  Aragona  e  Sicilia,  Giovanni  da  Procida, 
e  di  frequente  al  fratello  con  questo  titolo  :  «  Inclito  et  karissimo 
fratri  suo  dompno  Infanti  Frederico,  tenenti  in  regno  Sicilie  ge- 
neraliter  locum  suum  »  (cfr.  appresso ,  il  doc.  del  15  settem- 
bre 1292). 

Appare  evidente  dai  registri  di  Giacomo  che  1'  autorità  della 
regina  madre,  dopo  la  morte  del  Re  Pietro,  svaniva  quasi  del 
tutto  negli  affari,  né  poteva  essere  altrimenti.  Si  trovano  infatti 
raramente  lettere  dirette  alla  regina,  ed  in  una  di  esse,  con  tale 
indirizzo  :  «  illustri  domine  matri  sue  domine  Constancie,  dei  gra- 
da Aragonum  et  Sicilie  regine»,  il  Re  Giacomo  a  27  settembre 
1292  (V.  tale  doc.)  raccomandava  Bartolotto  Tagliavia  per  la  con- 
cessione a  lui  fatta  di  alcune  rendite  della  Secrezia  di  Palermo, 
e  desiderava  «ipsum  per  illustrem  Infantem  Fridericum  etc.  fa- 
vorabiliter  et  benigne  tractare  faciatis». 

Neocastro  ci  rende  testimonianza  della  prudenza  e  della  giu- 
stizia dell'Infante  Federico  nell'esercizio  del  suo  Vicariato  (cap. 
118,  ed.  cit.,  pag.  219).  La  fama  ne  giunse  sino  ai  Romani,  che 
nel  1294  elessero  Federico  a  loro  Senatore;  ma  dissentirono  dal 
popolo  gli  Orsini  ed  i  Colonna  per  quella  scelta,  ed  il  cardinale 
Pietro  Colonna  annunziava  al  Re  Giacomo  «  quod  si  populus  te- 
neret  Capitolium  et  alia  fortilicia,  et  vellet  ea  tradere  domino  Fre- 
derico, quod  posset  negocium  ad  fìnem  debitum  pervenire»  (cfr. 
Finke,  Acta  aragon.  Quellen  cit.,  voi.  I,  pag.  16  e  seg.).  Non  si 
trova  alcun  cenno  di  tale  fatto  notevolissimo  nella  Storia  della 
città  di  Roma  del  Gregorovius,  ed.  Venezia,  1874 ,  voi.  V ,  pa- 
gina 586  e  seg. 

Mancano  per  l'epoca  della  luogotenenza  di  Federico  in  Sicilia 
(luglio  1285  a  novembre  1295)  i  registri  della  Cancelleria,  che  ri- 
masero nell'isola  e  si  perdettero  nelle  guerre  come  gli  altri  della 
luogotenenza  di  Giacomo  (V.  sopra,  pag.  36).  Si  ha  precisa  no- 
tizia nel  1294  dei  registri  dei  Maestri  Razionali  della  Magna  Curia 
di  Sicilia,  come  ho  rilevato  nella  memoria  Su  l'uso  della  registra- 
zione, cit.  pag.  207). 


(1285  -  95)  —  268 


§  5.  Pubblicazioni  speciali. 

Per  l'epoca  del  regno  di  Giacomo  e  della  luogotenenza  di  Fe- 
derico occorre  qui  menzionare  : 

Minieri-Ricgio  C.  —  Genealogia  di  Carlo  II  a"  Angiò ,  Re  di 
Napoli  (in  Arch.  Stor.  Nap.,  an.  VII,  1882,  pag.  5  e  seg.,  201  e 
seg.). 

Starrabba  R.  —  Documenti  riguardanti  l'abdicazione  di  Gia- 
como II  d'  Aragona  al  trono  di  Sicilia  (1295)  (nell'  Arch.  Stor. 
Sicil.,  an.  VII,  1883,  pag.  275-293). 

Amari  M.  —  Trattato  stipolato  da  Giacomo  II  di  Aragona  col 
Sultano  d'Egitto  il  29  gennaio  1293  (nelle  Memorie  della  R.  Ac- 
cademia dei  Lincei.  Serie  3a,  voi.  XI,  Roma,  1883,  pag.  423  e  seg. 

La  Mantia  G.  —  Documenti  su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III 
con  la  Sicilia  — 1285-1291  (nelVAnuari  (1908)  de  VInstitut  d'Estu- 
dis  catalans.  Barcelona,  1909,  pag.  340  e  seg.).  Contiene  alquante 
notizie  del  tempo  del  regno  di  Giacomo  in  Sicilia  sino  al  1291. 

Finke  E.  —  Ada  aragonensia.  Quellen  sur  deutschen,  italieni- 
schen,  franzòsischen,  spanischen,  sur  Kirchen  und  Kulturgeschichte 
aus  der  diplomatischen  Korrespondenz  Iaymes  II  (1291  - 1327). 
Berlin,  1908,  vol.i  2.  —  Sebbene  non  concerna  il  periodo  del  do- 
minio di  Giacomo  dal  1285  al  1291,  è  interessante  tale  pubblica- 
zione (distribuita  secondo  speciali  materie  o  regioni)  per  il  tempo 
posteriore,  cioè  dopo  la  successione  di  Giacomo  all'Aragona  nel 
1291  sino  alla  rinunzia  del  regno  di  Sicilia  nel  1295. 

Klupfel  L.  —  Die  àussere  Politik  Alfonsos  III  von  Aragonien 
(1285-1291).  Mit  einem  Anhang  :  Beitràge  sur  Geschichte  der  in- 
neren  Politik  Alfonsos.  Berlin,  1911-12.  —  L'A.  ricorda  nella  pre- 
fazione, pag.  VII  :  «  Sulla  scorta  di  alcuni  lavori,  che  negli  anni 
più  recenti  son  venuti  fuori,  oltre  al  materiale  ancora  inesplorato, 
il  quale  in  parte  da  Mantia  [corr.  G.  La  Mantia]  è  stato  pubbli- 
cato »  [nella  memoria  già  notata]  ecc. 

Rohde  Hans  E.  —  Der  Kampf  um  Sizilien  in  der  Iahren  1291- 
1302.  Berlin,  1913.  —  Offre  nella  prima  parte,  sinora  pubblicata, 
una  esposizione  delle  vicende  della  lotta  e  della  politica  di  quel 
tempo  sino  al  1295 ,  giovandosi  spesso  delle  viete  fonti  e  della 
raccolta  del  Finke  sopra  ricordata. 

Botet  y  Sisò  J.  —  Les  monedes  catalanes.  Barcelona,  1909. — 
Nel  voi.  II,  pag.  80-94  sono  menzionate  le  monete  siciliane  ap- 
partenenti al  regno  di  Giacomo,  e  si  offre  il  fac-simile  di  altre. 


REGNO  DI  GIACOMO 


cxxxv. 

i 
1285,  novembre  25,  Maiorca. 

U  Infante  Alfonso  di  Aragona ,  primogenito  del  defunto  Re 
Pietro  I,  per  soddisfare  il  desiderio  dei  suoi  genitori,  e  procu- 
rare V  onore  di  suo  fratello  Infante  Giacomo ,  promette  sponta- 
neamente, in  presenza  di  Ruggiero  Loria,  Ammiraglio  dei  regni 
di  Aragona  e  Sicilia,  di  difendere  con  tutte  le  sue  forze  il  sud- 
detto fratello  suo  ed  il  regno  di  Sicilia  «  contra  omnes  personas 
de  mundo».  Promette  altresì  di  confermare  tale  sua  esplicita  di- 
chiarazione appena  cingerà  la  corona,  «  cum  regale  sumpserimus 
diadema»,  e  per  maggior  cautela  presta  ora  omaggio  al  fratello 
Giacomo,  secondo  le  consuetudini  vigenti  in  Catalogna,  e  special- 
mente in  Barcellona. 

È  in  fine  il  segno  di  croce  dell'Infante  Alfonso. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  Moratoni  di  Maiorca). 

Novenni  universi  presentem  seriem  inspecturi  quod  nos 
Infans  Alfonsus  domini  Petri  inclite  record acionis  excellen- 
tissimi  regis  Aragonum  et  Sicilie ,  et  serenissime  domine 
regine  Constancie  eius  uxoris  primogenitus,  volentes  voti- 
vis  magnificenciis  parentum  annuere  et  obsecundare,  ut  ex- 
pedit ,  atque  decus ,  promocionem ,  comodum  et  honorem 
fraternum  ut  proprium  prosequi,  ampliando  predicta  et  ro- 
bur  pienissime  conferendo.  Idcirco  gratuito  animo  et  spon- 
tanea voluntate  convenimus  et  promittimus  bona  fide,  per 
firmam  et  solempnem  stipuiacionem,  karissimo  Infanti  la- 
cobo  fratri  nostro,  absenti  tamquam  presenti,  et  vobis  no- 


(1285)  —  270  — 

bili  Rogerio  de  Loria  Almirallo  nostro  et  dicti  karissimi 
fratris  nostri,  et  eciam  vobis  notario  infrascripto  tamquam 
publice  persone,  nomine  et  vice  dicti  fratris  nostri  recipien- 
tibus,  et  prò  ipso  a  nobis  legitime  stipulantibus,  quod  nos 
nostro  corpore  et  avere  ac  toto  posse  et  viribus  nostris 
totisque  gentibus  et  terris  nostris  defendemus  et  iuvabimus 
dictum  Infantem  Iacobum  ,  karissimum  fratrem  nostrum  , 
necnon  et  regnum  Sicilie,  principatum  Capue  et  Salerni  et 
ducatum  Apulie,  et  omnes  comitatus ,  iurisdicciones  et  in- 
sulas  predictis  omnibus  et  singulis  adiacentes  ,  et  omnia 
alia  bona  et  iura  dicti  karissimi  fratris  nostri  contra  omnes 
personas  de  mundo  cuiuscumque  gradus,  status,  dignitatis, 
sexus  vel  condicionis  existant,  semper  dum  nobis  fuerit 
vita  comes.  Promittimus  eciam  quod  hec  omnia  et  singula 
supradicta  laudabimus  et  confirmabimus,  cum  instrumento 
nostre  bulle  dependentis  munimine  roborato ,  statini  cum 
regale  sumpserimus  diadema.  Et  ut  hec  omnia  et  singula 
semper  maiori  gaudeant  fìrmitate,  et  omnis  dubitacio  inde 
removeatur,  promictimus  predicta  omnia  et  singula  semper 
rata,  grata  et  firma  habere,  tenere,  actendere  et  compiere. 
Sic  Deus  nos  adiuvet  et  eius  sancta  quatuor  Evangelia  co- 
rani nobis  posita ,  et  a  nostris  manibus  tacta  corporaliter 
et  iurata.  Et  ad  cautelam  omnium  predictorum  et  singulo- 
rum  habendam,  scienter  et  consulte  facimus  vobis  iam  dicto 
nobili  Rogerio  de  Loria,  nomine  et  vice  dicti  carissimi  fra- 
tris  nostri ,  homagium  ore  et  manibus  ad  consuetudinem 
Catatonie ,  et  secundum  usaticos  Barchinone  de  omnibus 
et  singulis  supradictis.  Actum  est  hoc  in  Maiorica  septimo 
calendas  decembris  anno  ab  incarnacione  domini  millesimo 
GG°  LXXX0  quinto. 

Signum  ££<  Infantis  Alfonsi  domini  Petri  inclite  recorda- 
tionis  regis  Aragonum  primogeniti  appositum  hic  per  ma- 
num  Petri  Marchisii  notarii  nostri,  loco,  die  et  anno  prefi- 
xis,  et  ad  maiorem  cautelam  huic  instrumento  sigillum  no- 
strum apponi  fecimus  per  eumdem. 

Testes  huius  rei  sunt  Gonradus  Laneea,  Blasius  Exemini 


—  271  —  (1285) 

de  Agerbe ,  Petrus  Garcie  de  Noe,  Albertus  de  Mediona , 
Petrus  de  Libiano,  Belengarius  de  Gastilione  Assessor  Cu- 
rie Maiorice  et  Petrus  Marchisii  dicti  domini  Infantis  no- 
tarius. 

Signum  Guillelmi  Moratoni  notarii  puplici  Maiorice  et 
Curie  eiusdem ,  qui  mandato  dicti  domini  Infantis  Alfonsi 
hoc  scripsit  et  clausit  die  et  anno  prefixis. 

Dal  reg.  63  del  Re  Alfonso  II  a  fol.  97  nell'  Arch.  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona.  Manca  quivi  la  data,  perchè  il  foglio  è  tar- 
lato in  quella  parte  e  restaurato,  ed  offre  qualche  omissione  verso 
la  fine. 

Il  testo  si  trova  pure  inserito  nel  transunto  fatto  eseguire  in 
Messina  a  18  febbraio  1287  dal  Cancelliere  del  regno  Giovanni  da 
Procida,  e  nella  conferma  del  4  agosto  1287  fatta  dal  Re  Alfonso, 
tra  le  pergamene  di  Alfonso  II ,  ai  n.  129  e  152  del  medesimo 
Archivio  di  Barcellona  (cfr.  appresso  per  tali  documenti). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  210  dà  soltanto  un 
breve  sunto  dei  due  documenti  trascritti  nelle  pergamene  citate, 
e  chiama  impropriamente  scrittura  il  documento  del  Re  Alfonso 
per  la  promessa  di  difendere  Giacomo. 

Pubblicato  da  me  per  la  prima  volta  nella  memoria  cit.  Do- 
cumenti su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  di  Aragona  con  la 
Sicilia  (neìVAnuari  (1908)  de  VInstitut  d'Estudis  catalans.  Bar- 
celona, 1909)  pag.  347,  doc.  III. 

Il  documento,  oltre  l'antica  e  precisa  menzione  data  dal  Su- 
rita  nel  secolo  XVI  (Anales  de  Aragon,  lib.  IV,  cap.  75),  fu  ri- 
cordato da  Antonio  de  Boparull  nella  Historia  critica  de  Cata- 
luna  cit.  t.  Ili  (1876)  pag.  539.  Amari,  9a  ediz.  voi.  II,  pag.  165 
ne  fa  cenno  sul  sunto  dato  da  Carini. 

Ho  creduto  utile  di  riprodurne  il  testo  per  1'  importanza  che 
esso  ha  per  la  notizia  degli  avvenimenti  dell'  inizio  del  nuovo 
regno  di  Giacomo.  Questo  e  gli  altri  due  documenti  della  stessa 
data  (25  novembre)  si  riferiscono  infatti  alla  reciproca  dichiara- 
zione dei  due  fratelli  di  difendersi  e  di  prestarsi  omaggio.  Of- 
frono la  data  di  Maiorca,  perchè  l'Infante  Alfonso  dimorava  al- 
lora in  quell'isola  da  lui  assediata,  essendosi  allontanato  da  Vil- 
lafranca  pochi  giorni  innanzi  la  morte  del  Re  Pietro,  come  narra 


(1285)  —  272  — 

Muntaner  (cap.  143,  ediz.  Buchon,  Chroniques  cit.  pag.  362).  Il 
preambolo  di  questo  documento  è  in  parte  conforme  all'altro  del 
2  novembre  per  la  rinunzia  fatta  da  Alfonso  di  ogni  pretesa  sul 
regno  di  Sicilia  (V.  sopra,  doc.  n.  CXI). 

È  degno  di  nota  il  ricordo  dell'  omaggio  prestato  secondo  le 
consuetudini  di  Catalogna  e  Barcellona  ,  come  fu  eseguito  pure 
dal  Loria  (cfr.  appresso,  doc.  GXXXVII).  Riesce  qui  indispensa- 
bile il  dare  un  cenno  di  quelle  leggi  che  erano  richiamate  in  vi- 
gore in  occasioni  solenni,  anco  in  tempi  posteriori  in  Sicilia,  ma 
che  appare  non  esser  ben  conosciute  nell'isola,  ne  da  Francesco 
Testa  nell'  ediz.  Capitula  Regni  Siciliae  (Panormi,  1741  ,  t.  I , 
pag.  49),  poiché  cita  soltanto  l'opera  di  Galderò,  Decis.  Catalon. 

Tralascio  di  notare  i  manoscritti  esistenti ,  dei  quali  alcuno 
trovasi  pure  in  Sicilia  (Bibl.  Naz.  Palermo  ,  ms.  sec.  XVI ,  se- 
gnato X,  2).  Il  testo  delle  Costituzioni  di  Catalogna,  che  hanno 
inizio  dal  secolo  XII  e  propriamente  dal  regno  di  Alfonso  I  di 
Aragona  in  poi,  fu  (per  ordine  del  Re  Ferdinando  I  di  Castiglia 
nel  1413)  raccolto  e  diviso  in  dieci  libri  ,  e  venne  stampato  in 
Barcellona  la  prima  volta  nel  1495  ,  e  riprodotto  poi  nel  1588  , 
nel  1704  e  nel  1909. 

Brunet,  Manuel  du  Libraire,  Paris,  L861,  voi.  II,  pag.  239, 
affermava  che  la  prima  edizione  delle  Costituzioni  di  Catalogna 
fosse  posteriore  al  mese  di  ottobre  1481,  poiché  vi  si  trova  rife- 
rito il  testo  di  una  prammatica  di  queir  anno  e  manca  in  fine 
del  volume  la  data,  la  quale  non  esiste  nemmeno  negli  esemplari 
conservati  in  Barcellona  nell'Archivio  della  Corona  d'Aragona , 
in  quello  dell' Ayuntamiento  (Municipio)  e  nella  Biblioteca  dell'U- 
niversità. 

Vito  La  Mantia  nella  memoria  Su  i  libri  rari  del  secolo  XV 
esistenti  nella  Biblioteca  Lucchesiana  di  G-irgenti,  pubblicata  in 
Bologna  nella  rivista  II  Propugnatore  (voi.  XIV,  1881,  pag.  153 
e  seg.),  avendo  esaminato  l'esemplare  delle  Costituzioni  conser- 
vato in  Girgenti,  rilevò  la  vera  data  di  quella  edizione  principe, 
apposta  in  fine  del  foglio  CGCXLII,  con  queste  parole  :  La  pre- 
sent  obra  es  stada  stampada  en  la  insigne  Ciutat  de  Bargalona. 
Et  acabada  a  XX  del  mes  de  Febrer  any  Mil.  CCCC.LXXXXV. 

Haebler,  Bibliografìa  Iberica  del  siglo  XV,  Leipzig  1903,  pa- 
gina 316,  rinveniva  poi  quella  data  in  altro  esemplare  posto  in 
vendila  a  Parigi  presso  la  libreria  Maisonneuve  nel  1894.  Egli  ri- 


—  273  —  (1285) 

tiene  che,  essendo  morto  il  tipografo  durante  la  stampa  delle  Co- 
stituzioni, si  appose  la  data  finale  soltanto  en  pocos  ejemplares. 
Gli  Usatici  di  Barcellona ,  che  rimontano  al  1068 ,  vennero  in 
luce  dapprima,  sul  testo  tradotto  in  catalano  ,  nell'  edizione  del 
1495  delle  Costituzioni.  Nel  1544  fu  pubblicato  1'  originale  testo 
latino  col  titolo  Antiquiores  Barchinonensium  leges,  quas  vulgus 
Usaticos  appellai.  Altre  edizioni  del  testo,  secondo  la  lezione  di 
vari  manoscritti  ,  offrono  Giraud  ,  Essai  sur  V  histoire  du  droit 
francais  au  moyen  àge.  Paris,  1846,  t.  II,  pag.  465-509;  Helfferich, 
Entstehung  und  Geschichte  des  Westgothenrechts.  Berlin  ,  1858 , 
pag.  429-462;  e  Marichalar  e  Manrique,  Historia  de  la  legisla- 
cion  de  Espana.  Madrid,  1863,  t.  VII,  pag.  232-279.  Nel  1896  per 
cura  della  E.  Academia  de  la  Historia  di  Madrid  fu  riprodotto 
quel  testo  in  fine  del  t.  I  delle  Cortes  de  los  antiguos  reynos  de 
Aragon,  y  de  Valencia  y  principado  de  Cataluna  (Appendice  II). 

Speciali  notizie  storiche  e  giuridiche  su  gli  Usatici  forniscono 
gli  autori  sopra  indicati ,  ed  inoltre  Fjcker  ,  Ueber  die  Usatici 
Barchinonae  und  deren  Zusammenhang  mit  den  Exceptiones  le- 
gum  Bomanorum,  Innsbruch,  1886;  Antequera  ,  Historia  de  la 
legislacion  espanola.  Madrid,  1895,  pag.  202  e  seg.,  Balari,  Ori- 
gines  historicos  de  Cataluna.  Barcelona,  1899,  pag.  415  e  seg., 
De  Hinojosa,  El  régimen  senorial  y  la  cuestion  agraria  en  Ca- 
taluna. Madrid,  1905. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  I,  pag.  28,  affermò  erronea- 
mente nel  1884  per  gli  Usatici  e  le  Costituzioni  di  Catalogna  che  : 
«  quest'opera  servì  di  modello  ai  codici  marittimi  delle  altre  na- 
zioni». Confondeva  così  le  leggi  e  consuetudini  di  Catalogna  con 
la  celebre  raccolta  delle  leggi  del  Consolato  del  Mare  ,  che  non 
hanno  alcun  riferimento  con  le  Costituzioni  di  Catalogna. 

Sembra  evidente  che  i  capitoli  per  l'omaggio  e  giuramento  da 
prestarsi ,  accennati  in  questo  documento  di  Alfonso  ,  siano  il 
cap.  33  del  lib.  IV,  tit.  27  delle  Constitutiones  di  Catalogna,  ed 
il  cap.  82  degli  Usatici  di  Barcellona. 

Il  segno  di  croce  fu  apposto  nell'originale,  per  volere  dell'In- 
fante Alfonso,  dal  notaro  Pietro  Marchese,  come  è  espressamente 
indicato.  Il  Re  Alfonso  poi  a  15  marzo  1286  (in  adempimento 
della  promessa  fatta)  ordinava  che  fosse  pagata  a  Bernardo  de 
Sarriano  la  somma  di  cinquantamila  soldi  mutuati  per  le  spese 
dell'invio  di  soldati  per  difesa   del  Re  Giacomo.  Ho  pubblicato 

G.  La  Mantia  —  Cod.  dipi.  arag.  18 


(1285)  —  274  — 

nelYAnuari  cit.,  pag.  349  al  n.°  V  il  documento  suddetto  del  15 
marzo. 

Per  altre  notizie  si  veda  quivi,  a  pag.  341. 


CXXXVI. 

1285.  novembre  25,  Maiorca. 

L'Infante  Alfonso  di  Aragona  nomina  l'Ammiraglio  Ruggiero 
Loria  suo  procuratore  per  ricevere  dall'Infante  Giacomo,  quando 
cingerà  la  corona,  o  prima,  «  cum  sumpserit  dyadema  regale  vel 
antea  »  il  giuramento  di  difendere  il  suddetto  Alfonso  ed  il  regno 
di  Aragona,  anco  per  nuove  conquiste  contro  i  Cristiani  od  i  Sa- 
raceni. Vuole  pertanto  che  il  Loria  richieda  da  Giacomo  le  cau- 
tele e  sicurtà  in  modo  conforme  all'  atto  dello  stesso  giorno  del 
medesimo  Alfonso  in  favore  di  Giacomo  (V.  doc.  precedente),  il 
quale  dovrà  rilasciare  altro  atto  simile  con  sigillo  pendente  circa 
la  cessione  dei  regni  (cfr.  doc.  n.  CXI). 

È  in  fine  il  segno  di  croce  dell'Infante  Alfonso. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  Moratoni  di  Maiorca). 

Noverint  universi  presenterei  seriem  inspecturi  quod  nos 
Infans  Alfonsus,  domini  Petri  inclite  recordacionis  excellen- 
tissitni  Aragonum  et  Sicilie  regis,  et  serenissime  domine  re- 
gine Gonstancie  eius  uxoris  primogenitus,  cum  hoc  presenti 
publico  instrumento  utili  et  firmiter  valituro  scienter  et 
consulte  facimus ,  constituimus  et  ordinamus  vos  nobilem 
Rogerium  de  Loria  Almirallum  nostrum  maris  et  terre,  pre- 
senterò et  recipientem ,  certuni  et  specialem  procuratorem 
nostrum  ad  petendum,  demandandum  et  recipiendum,  prò 
nobis  et  nomine  nostro,  ab  Infante  Iacobo  karissimo  fratre 
nostro,  oum  idem  frater  noster  sumpserit  dyadema  regale 
vel  antea,  iuramentum  ad  sancta  quatuor  Dei  Evangelia, 
et  homagium  ore  et  manibus  ad  consuetudinem  Catalonie 
et  secundum  usaticos  Barchinone ,  quod  ipse  karissimus 
frater  noster  suo  corpore  et  avere  ac  toto  posse  et  viribus 


—  275  —  (1285) 

suis  totisque  rebus,  gentibus  et  terris  suis  defendet  et  iu- 
vabit  nos  et  omnes  gentes  nostra  s  et  regnum  Aragonum  , 
Maiorice  et  Valencie  et  comitatum  Barellinone ,  et  omnes 
alios  comifatus  et  iurisdicciones  nustras,  et  omnes  insulas 
predictis  omnibus  et  singulis  adiacentes,  et  omnia  alia  bona, 
res  et  iura  nostra  presencia  pariter  et  futura,  contra  omnes 
et  singulas  personas  de  mundo  cuiuscumque  gradus,  status, 
dignitatis,  sexus  vel  condicionis  existant,  semper  dum  sibi 
fuerit  vita  comes,  et  quod  idem  frater  noster,  semper  dum 
vixerit,  iuvabit  nos  suo  corpore  et  avere  ac  toto  pieno  posse 
totisque  rebus,  viribus,  terris  et  gentibus  suis  per  mare  et 
terram  et  alia  quelibet  loca  mundi  et  gentes  nostras  ad  ca- 
piendum  ,  adquirendum  ,  lucra ndum  ,  habendum  et  adqui- 
standum  regnum  et  regna,  comitatus  et  quaslibet  alias  te r- 
ras ,  provincias  et  insulas  ,  castra ,  iuredicciones  et  omnia 
alia  quelibet  bona  et  iura  tam  Gliristianorum,  quam  Sarra- 
cenorum  ,  que  a  quibuscumque  personis  nos  quocumque 
modo  capere,  habere,  adquirere  seu  adquistare  voluerimus 
ad  totam  nostra  m  liberam  voluntatem..  Gonstituimus  igitur 
vos  dictum  nobilem  Rogerium  de  Loria  procuratorem  no- 
strum ad  petendum  et  recipiendum  ab  eodem  karissimo 
fratre  nostro  omnes  alias  cauciones  seu  securitates,  firmas 
convenciones  et  pacta,  super  quibus  et  de  quibus  nos  eidem 
karissimo  fratri  nostro,  vobis  presentibus,  fecimus,  et  con- 
cessimus  publicum  instrumentum,  factum  per  manum  Guil- 
lelmi  Moratoni  notarii  publici  Maiorice  et  Curie  eiusdem 
sub  die  et  anno  infrascriptis.  Ita  quod  dictus  frater  noster 
nobis*  faciat  de  predictis  instrumentum,  sue  bulle  depen- 
dentis  munimine  roboratum  ,  et  ad  petendum  ,  demandan- 
dum  et  recipiendum  ab  eodem  karissimo  fratre  nostro  si- 
mile instrumentum  diffinicionis  et  cessionis  de  regnis  et  de 
aliis  terris  nostris,  prout  fecimus  et  concessimus  nos  eidem. 
Constituimus  insuper  vos  procuratorem  nostrum  ad  facien- 
dum,  exercendum  et  expediendum  cum  dicto  karissimo  fra- 
tre nostro  in  predictis  et  circa  predicta  omnia  alia  genera- 
liter ,  que  necessaria  fuerint  in  premissis.  Nos  enim  comi- 


(1285)  —  276  — 

tentes  et  cedentes  vobis  in  hiis,  procuratorio  nomine,  loca, 
iura,  vices  et  acciones  nostras,  proraittimus  vobis  et  etiam 
subscripto  notario,  nomine  et  vice  dicti  fratris  nostri  reci- 
pientibus,  et  eidem  fratri  nostro  absenti  tamquam  presenti, 
nos  ratum,  gratum  et  firmum  perpetuo  habituros  et  obser- 
vaturos,  ulloque  tempore  revocabimus  quicquid  in  predictis 
et  circa  predicta  per  vos  processum  et  actum  fuerit  sive 
gestum.  Sic  Deus  nos  adiuvet  et  eius  sancta  quatuor  Evan- 
gelia, coram  nobis  posita  et  a  nostri  manibus  tacta  corpo- 
raliter  et  iurata.  Actum  est  hoc  in  Maioricis  septimo  kalen- 
das  decembris,  anno  ab  incarnacene  domini  millesimo  GG° 
LXXX0  quinto. 

Signum  ££(  Infantis  Alfonsi,  domini  Petri  inclite  recorda- 
cionis  regis  Aragonum  primogeniti,  appositum  hic  per  ma- 
num  Petri  Marchisii  notarii  nostri,  loco,  die  et  anno  prefixis, 
et  ad  maiorem  cautelam  huic  instrumento  sigillum  nostrum 
apponi  fecimus  per  eundem. 

Testes  huius  rei  sunt  Gonradus  Lancee ,  Blasius  Exi- 
meni de  Agerbe,  Petrus  Garcie  de  Noq,  Arbertus  de  Medio- 
na,  Petrus  de  Libiano,  Berengarius  de  Gastilione  Assessor 
in  Curia  Maiorice  et  Petrus  Marchisii  dicti  domini  Infantis 
notarius. 

Signum  Guillermi  Moratoni  notarii  publici  Maiorice  et 
curie  eiusdem,  qui  de  mandato  dicti  domini  Infantis  Alfonsi 
hoc  scripsit  et  clausit  die  et  anno  prefixis. 

Dalla  perg.  di  n.  130  del  Re  Alfonso  li ,  neh'  Ardi.  Cor.  di 
Arag.  in  Barcellona  ,  la  quale  pergamena  contiene  il  transunto 
eseguito  a  Messina  a  18  febbraio  1287  per  ordine  del  Cancelliere 
del  regno  Giovanni  da  Procida. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  211  offre  un  sunto 
ricavato  dalla  suddetta  pergamena  di  inserzione  del  documento; 
ma  inesattamente  rileva:  «che  aiuterà  il  fratello  [Alfonso]  nel 
difendere  il  regno  »,  mentre  il  testo  ha  in  modo  chiaro  defendet 
et  iuvabit  nos. 

Pubblicato  da  me  per  la  prima  volta  nella  memoria  cit.  Do- 
cumenti su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  d'  Aragona  (nell'  A- 


-  <ÌÌ1  —  (1285) 

nuari  (1908)  pag.  348,  doc.  IV).  Ne  riporto  qui  il  testo  per  aver- 
sene migliore  notizia  in  Italia. 

Antonio  Bofarull  nella  Hist.  de  Cataluna  cit.,  t.  Ili,  p.  539 
e  541  nel  fare  nel  1876  esplicito  ricordo  di  questi  due  documenti, 
deplorava  (come  ho  detto  nell'  Armari)  che  non  fossero  noti  ad 
Amari,  ed  aggiungeva  :  «  lo  que  no  es  estrano  ,  por  no  haberse 
tornado  la  pena  de  visitar  nuestros  archivos». 

È  anche  qui  ripetuto  V  obbligo  dell'  omaggio  derivante  dalle 
consuetudini  di  Catalogna.  I  testimoni  indicati  in  fine  sono  gli 
stessi  che  intervengouo  nel  precedente  e  nel  posteriore  documento. 
Per  vari  tra  essi  si  ha  notizia  nei  registri  del  Re  Pietro.  Corrado 
Lancia  è  il  notissimo  ghibellino  e  parente  della  regina  Costanza 
(Amari,  9*  ed.,  voi.  I,  pag.  141).  Il  segno  di  croce,  apposto  per 
parte  dell'Infante  Alfonso,  contenevasi  nell'originale  pergamena. 
In  adempimento  di  quanto  Alfonso  esponeva  in  quest'atto,  l'Am- 
miraglio Loria  prometteva  a  lui  nello  stesso  giorno  di  farsene 
consegnare  altro  simile  di  dichiarazione  di  difesa  da  parte  di  Gia- 
como (V.  doc.  seguente).  Costui,  divenuto  Re,  soddisfaceva  il  de- 
siderio del  fratello  Alfonso,  emanando  in  Palermo  a  12  febbraio 
1286  l'atto  richiesto  (cfr.  doc.  n.  CXXXIX). 


OXXXVII. 

1285,  novembre  25,  Maiorca. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  promette  all'Infante  Alfonso  di 
Aragona  di  fargli  prestare  dal  fratello  Giacomo,  successore  ed 
erede  del  Re  Pietro  nel  regno  di  Sicilia  ,  il  giuramento  per  la 
difesa  dei  regni  appartenenti  al  medesimo  Alfonso,  e  che  curerà 
di  fare  apporre  nell'atto  le  cautele  e  sicurtà  conformi,  e  di  non 
consegnare  ciascuno  dei  due  atti  emanati  da  Alfonso,  cioè  il  pri- 
mo per  cessione  del  regno  di  Sicilia  e  l'altro  per  la  difesa,  pri- 
ma che  Giacomo  non  ne  presenti  altro  consimile  da  parte  di  lui. 

È  in  fine  il  segno  di  croce  di  Ruggiero  Loria. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  Moratoni  di  Maiorca). 

Noverint  universi  quod  nos  Rotgerius  de  Loria  conveni- 
mus  et  promittimus  bona  fide  vobis  illustrissimo   domino 


(1285)  —  278  — 

Infanti  Alfonso,  domini  Petri  inclite  recordacionis  regis  A- 
ragonum  et  Sicilie  primogenito ,  nos  facturos  et  curaturos 
quod  dominus  Infans  Iacobus,  frater  vester,  fìlius,  succes- 
sor  et  heres  dicti  domini  regis  in  regno  Sicilie,  faciet  iura- 
mentum  ad  sancta  Dei  evangelia ,  et  instrumentum  publi 
cum,  sua  bulla  sigillatum,  et  prestabit  nobis  homagium  no- 
mine vestro,  secundum  consuetudinem  Gathalonie  et  usati- 
cos  Barchinone,  quod  suo  proprio  corpore  et  avere  totisque 
gentibus,  terris,  posse  et  viribus  suis,  semper  dum  sibi  vita 
comes  fuerit ,  iuvabit  et  detendet  vos  et  gentes  vestras  et 
regnum  Aragonum,  Maiorice  et  Valencie,  comitatum  Barchi- 
none ceterasque  terras  et  iurisdiciones,  comitatus ,  iura  et 
bona  vestra  contra  omnes  personas  de  mundo ,  cuiuscum- 
que  gradus,  status,  dignitatis,  sexus  vel  condicionis  existant, 
et  ad  adquirendum  etiam  capiendum  ,  habendum  ,  lucran- 
dum  et  adquistandum  regna,  comitatus,  insulas,  provincias 
ceterasque  terras,  iura  et  iurisdiciones  tam  Christianorum 
quam  Sarracenorum,  a  quibuscumque  personis  vos  capere, 
adquirere  sive  adquistare  vel  habere  volueritis.  Promittimus 
etiam  nos  facturos  et  curaturos  cum  eodem  domino  fratre 
vestro  quod  ipse  laudabit,  concedet  et  approbabit  vobis 
omnes  alias  condiciones,  securitates,  cauciones  et  pacta  con- 
tentas  in  quodam  folio  papireo  per  alphabetum  diviso,  quod 
vos  nobis  in  presenti  tradidistis.  Promittimus  insuper  vo- 
bis quod  nos ,  per  nos  vel  aliam  interpositam  personam  , 
extraneam  vel  privatam,  non  trademus,  dabimus  vel  delibe- 
rabimus  iamdicto  fratri  vestro  vel  alii  nomine  ipsius  instru- 
mentum diffinicionis  et  cessionis,  quod  vos  nobis  in  presenti 
tradidistis,  et  eidem  fratri  vestro  concessistis  de  regno  Si- 
cilie, principatus  Gapue  et  Salerni  et  ducatu  Apulie  et  de 
aliis  contentis  in  instrumento  predicto  ,  nec  instrumentum 
etiam  quod  vos  iamdicto  fratri  vestro  fecistis  et  concessi- 
stis de  defendendo  et  iuvando  ipsum  et  regnum  Sicilie , 
principatum  Capue  et  Salerni  et  ducatum  Apulie  et  omnes 
alias  terras  et  insulas  dictis  terris  adiacentes,  et  sibi  perti- 
nentes  ex  donatione  dicti  domini  regis  patris  vestri,  quous- 


—  279  —  (1285) 

que  dictus  dominus  Iacobus  frater  vester  fecerit  nobis  ho- 
magium  nomine  vestro  et  sacramentum  de  predictis  omni- 
bus observandis  per  eum,  et  fecerit  inde  fieri  instrumentum 
bullatum  sua  bulla,  quod  penes  nos  teneamus  et  tenebimus 
ante  traditionem  dictorum  vestrorum  instrumentorum,  hoc 
modo  videlicet  quod  ipso  domino  Infante  Iacobo  tradente 
nobis  loco  vestri  instrumentum  diffìnitionis  vel  paccionis 
predicte,  nos  teneamur  sibi  t radere  et  restituere  simile  in- 
strumentum de  vestris,  et  alterum  retinere  et  penes  vos  re- 
ducere ,  nisi  ipse  dominus  frater  vester  faceret  illud  idem. 
Et  prò  predictis  complendis  et  observandis  facimus  inde 
vobis  homagium  ore  et  manibus,  secundum  consuetudinem 
Catbalonie  et  usaticos  Barchinone.  Et  hec  omnia  et  singula 
iuramus  per  Deum  et  eius  sancta  quatuor  Evangelia  mani- 
bus  nostris  propriis  tacta  actendere  et  compiere.  Actum  est 
hoc  in  Maiorica,  septimo  kalendas  decembris,  anno  domini 
millesimo  GG°  octuagesimo  quinto. 

Signum  Q5|  Rotgerii  de  Loria  predicti,  qui  hec  laudamus, 
iuramus  et  firmamus. 

Testes  huius  rei  sunt  Gorradus  Lancee,  Blasius  Exemini 
de  Agerbe ,  Petrus  Garcie  de  Noe, ,  Arbertus  de  Mediona , 
Petrus  de  Libiano,  Berengarius  de  Gastilione  Assessor  Cu- 
rie Maiorice,  et  Petrus  Marchisii  domini  Infantis  notarius. 

Signum  Guillermi  Moratoni  notarii  publici  Maiorice,  qui 
hec  scribi  fecit  et  clausit  die  et  anno  quo  supra. 

Dalla  perg.  di  n.  15  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  208  ne  dà  il  sunto; 
però  dice  impropriamente  «  con  obbligo  di  aiutarlo  [Alfonso]  nella 
difesa  del  regno»,  rendendo  meno  chiaro  il  senso  del  testo. 

Sono  degni  di  nota  in  questo  pregevole  documento  le  espres- 
sioni di  «  successor  et  heres  dicti  domini  regis  [Petri]  in  regno 
Sicilie  »  per  Giacomo,  il  ricordo  del  foglio  cartaceo  (papireo)  di- 
viso per  lettere  d'alfabeto,  e  contenente  la  copia  del  documento 
riguardante  la  difesa  del  regno,  ed  altresì  il  grande  riserbo,  che 
era  imposto  al  Loria,  di  non  esibire  i  due  documenti  di  Alfonso 


(1286)  —  280  — 

se  prima  non  fossero  stati  consegnati  gli  altri  simili  da  Giacomo, 
«  quousque.  .  .  fecerit  nobis  homagium  »  ecc. 

Le  parole  instrumentum  diffinitionis  (adoperate  in  questo  e  nel 
precedente  documento)  per  la  cessione  del  regno  di  Sicilia  fatta 
da  Alfonso  a  Giacomo  a  2  novembre  1285  (cfr.  doc.  CXI)  provano 
che  quel  documento  era  destinato  a  togliere  ogni  controversia 
(diffìnitio)  per  la  successione  di  Giacomo. 

È  qui  pure  menzionato  per  Loria  l'omaggio,  come  viene  usato 
nella  Catalogna.  Il  segno  di  croce  apposto  dall'  ammiraglio  di- 
mostra che  egli,  probabilmente  per  1'  alta  dignità  ,  sia  stato  di- 
spensato dal  sottoscrivere. 


CXXXVI1I. 

1286,  febbraio  5,  indizione  14»,  Palermo. 

Costituzioni  emanate  dal  Re  Giacomo,  per  il  pacifico  stato  del 
regno  ,  nella  solennità  della  sua  coronazione  in  Palermo  a  2  feb- 
braio ,  e  pubblicate  nel  Parlamento  generale  allora  tenuto  nella 
stessa  città. 

Il  Re  dichiara  nel  preambolo  che  è  suo  intendimento,  nell' ap- 
provare tali  costituzioni,  di  procurare  V incremento  della  monar- 
chia, che  si  rafforza  «  quando  nulla  est  voluntatum  dissensio  do- 
mini ad  subiectos»,  ed  altresì  quando  le  aspirazioni  dei  nobili  e 
del  popolo  (tam  nobilium  quam  populorum  affectio)  siano  concor- 
di nel  promuovere  la  potenza  del  sovrano. 

Sono  distribuite  le  Costituzioni  in  43  capitoli ,  secondo  V  an- 
tica distinzione ,  la  quale  deriva  dai  manoscritti. 

Le  rubriche  dei  vari  capitoli  sono  queste  : 

fi.  De  manutenendis  ecclesiis  ecclesiasticisque  personis,  et  bo 
nis  ipsorum  manutenendis  et  defendendis]. 

[II] -VI.  De  non  imponendis  col  lectis  in  regno  Sicilie,  nisi  in 
quatuor  casibus  infrascriptis. 

VII.  Quantum  prò  quolibet  predictorum  casuum  sit  exigen- 
dum. 

Vili.  De  non  exigendo  mutuum  per  dominum  regem,  vel  eius 
offìciales,  a  regniculis ,  et  de  pena  offìcialium  mutuum  exigen- 
cium  quoquo  modo. 


—  281  —  (1286) 

IX.  De  prohibita  donacione  demanii  per  dominimi  regem  vel 
officiales. 

X.  De  prohibita  frequenti  mutacione  monete,  et  ea  semel  tan- 
tum in  vita  domini  nostri  regis  in  regno  cudenda  ,  et  aliis  ca- 
pitulis. 

XI.  Quod  non  liceat  alicui  officiali  aliquos  invitos  ad  aliqua 
officia  deputare,  et  de  ceteris  aliis  capitulis. 

XII.  De  non  compellendis  hominibus  universitatum  per  offi- 
ciales Curie  ad  custodiam  captivorum. 

XIII.  De  non  cogendis  universitatibus  ad  mictendum  sub  ea- 
rum  expensis  pecuniam  ad  regiam  Guriam. 

XIV.  Quod  comites,  barones,  Iustitiarii  aliique  officiales  Curie, 
iudices,  notarii  et  alii  familiares  eorum  ab  universitatibus  terra- 
rum  prò  parte  universitatum  ipsarum,  aliqua  ratione ,  occasione 
vel  causa,  xenia,  pecuniale  servicium,  esculenta  et  poculenta  seu 
res  alias  prò  iure  sigillorum  ,  seu  prò  scribendis  et  sigillandis 
quaternis  aliquatenus  non  recipiant. 

XV.  De  prohibita  offìcialibus  carceratione  hominum,  qui  pre- 
stare possunt  idoneam  fìdeiussoriam  caucionem. 

XVI.  De  celeri  expedicione  causarum  civilium  per  Baiulos,  Se- 
cretos,  Iustitiarios  et  alios  officiales  facienda. 

XVII.  Quod  non  liceat  offìcialibus  Curie  procedere  contra  ali- 
quem  ad  suggestionem  seu  denunciacionem  aliquorum  ,  sed  de- 
nunciatores  ipsi  caveant  de  prosequenda  lite. 

XVIII.  Quod  nullus  officialis  cognos^at  de  crimine  suspicionis 
seu  prodicionis  sine  mandato  regio,  preterquam  usque  ad  fìdeius- 
soriam caucionem  tantum. 

XIX.  Ne  stipendiarii,  vel  aliis  sequentes  Curiam  ,  eorum  au- 
ctoritate  hospicia  vel  robas  capiant  ab  invitis,  nec  etiam  ani  malia 
vel  equitaturam. 

XX.  Ad  idem,  prò  secunda  et  lercia  parte  rubrice. 

XXI.  De  non  compellendo  aliquo  vendere  vinum,  victualia  nec 
suas  vegetes  consignare. 

XXII.  De  contrahendis  matrimoniis  et  dandis  in  dotem  feu- 
dalibus  et  non  feudalibus  absque  licentia  Curie  ,  salvo  servicio 
quod  prò  ipso  feudo  Curie  debetur. 

XXIII.  De  non  spoliandis  seu  destituendis  possessoribus  qui- 
buscumque,  de  fìdeiussoribus  et  de  illis,  qui  dicuntur  invenisse 
thesaurum. 


(1286)  —  282  — 

XXIV.  De  vassellis  passis  naufragiutn  et  rebus  naufragiorum. 

XXV.  De  prohibita  inquisicione  contram  certa tn  personatn. 

XXVI.  Ne  prò  generalibus  inquisitionibus  aliquid  ab  univer- 
sitatibus  exigatur,  sed  detur  copia  actorum  inquisitis. 

XXVII.  De  celeri  decisione  cause  inter  fiscum  et  privatimi. 

XXVIII.  Quod  forestarii  non  molestent  aliquos  in  cultura  ter- 
rari! m  suarum,  seu  in  percepcione  fructuum  impediant  occasione 
ipsius  foreste  ,  et  de  amovendis  forestis  de  novo  factis  tempore 
Karoli. 

XXIX.  Quod  nullus  compellatur  per  aliquem  offìcialem  ad  ina- 
ni ictendos  porcos  suos  ad  glandes. 

XXX.  Quod  nullus  prò  animali  Silvestro  extra  defensam  vel 
limite  defense  invento  punialur. 

XXXI.  Quod  comites  et  barones  non  coganiur  propriis  sum- 
ptibus  facere  teridas  vel  aliqua  alia  vassella. 

XXXII.  De  concedendo  baliatu  per  regiam  Curiam  alicui  de 
proximioribus  consanguineis  pupilli  post  obitum  patris  comitis, 
baronis  seu  feudatarii. 

XXXIII.  De  successione  feudalium. 

XXXIV.  Quod  nullus  subfeudatarius  compellatur  de  feudo, 
quod  ab  aliquo  feudatario  tenet,  servire  Curie. 

XXXV.  Quod  feudatarius  sine  licencia  Curie  possit  concedere 
bona  subfeudataria  publicata  per  Curiam  cum  onere  servicii  con- 
sueti. 

XXXVI.  Quod  vassalli  baronum  non  cogantur  per  Curiam  ad 
aliqua  privata  officia. 

XXXVII.  De  magistris  iuratis. 

XXXVIII.  Quod  vassalli  baronum  et  aliorum  non  compellan- 
tur  ire  ad  novas  communancias  inviti. 

XXXIX.  Quod  barones  vel  alii  extra  regni  confinia  nec  servire 
personaliter,  nec  adiumenta  prestare  cogantur. 

XL.  De  castellanis  et  castrorum  servientibus. 

XLI.  Ad  idem. 

XLII.  Ut  offìciales  de  cetero  terciam  partem  furto  rum  vel  re- 
rum amissarum  non  exigant  a  patronis. 

XLIII.  Ut  accusati  ante  litem  contestatam  possint-componere. 

XLIV.  De  confìrmatione  privilegiorum  remissionum  iurium 
marinariorum,  indultorum  per  illustrem  dominum  regem  Petrum. 

XLV.  Quod  nulla  universitas  teneatur  prò  clandestinis  homi- 
cidiis  solvere  Curie  aliquam  pecunie  quantitatem. 


283  —  (1286) 


XLVI.  Quod  nullus  officialis  Curie  cogat  aliquos  habentes  res 
mobiles  Karoli ,  Gallicorum  et  Provincialium  captas  per  eos  ad 
restitucionem. 

XLV1I.  Quod  officiales  tempore  Karoli  de  eorum  officiis,  que 
gesserunt ,  non  teneantur  Curie  reddere  rationem  ,  vel  aliquid 
abinde  solvere. 

Seguono,  dopo  il  testo  dei  capitoli  sopra  indicati ,  le  formole 
di  corroborazione  e  datazione. 

Il  testo  di  tali  Costituzioni  del  Re  Giacomo  del  1286  si  con- 
serva in  vari  codici  manoscritti  del  secolo  XV.  Essi  sono  : 

I.  Codice  Filangieri ,  in  pergamena  ,  nell'  Archivio  del  Conte 
S.  Marco  in  Palermo.  Flandina,  Il  codice  Filangieri  e  il  codice 
Speciale  (in  Doc.  della  Soc.  Sicil.  di  Stor.  Patria  ,  Serie  l ,  vo- 
lume XIV  ,  Palermo  ,  1891)  non  dà  alcuna  notizia  dell'  epoca  di 
questo  manoscritto;  ma  il  bar.  Starrabba,  Cons.  e  priv.  di  Mes- 
sina cit.,  pag.  XVI  dice  :  «  Il  fatto  costante  di  esservi  [nella  prima 
parte  antica  del  manoscritto]  registrato  un  documento  del  1436  ci 
induce  a  credere  che  esso  non  può  essere  anteriore  a  quell'anno  ». 
In  tale  codice  i  Capitoli  sono  scritti  di  seguito  e  senza  alcuna 
rubrica.  Flandina  offre  in  nota  le  varianti  con  la  ristampa  data 
dal  Testa,  ultimo  editore  dei  Capitoli  del  regno,  nel  1741.  È  ine- 
satta pertanto  l'affermazione  del  Flandina  che  il  codice  Filangieri 
contenga  il  più  antico,  corretto  ed  intero  testo,  perchè  il  mano- 
scritto non  ha  data  certa,  ed  è  contemporaneo  ad  altri  dello  stesso 
secolo,  e  (come  dice  Starrabba)  «  presso  a  poco  coevo  »  a  quello 
da  lui  dato  in  luce  e  che  è  della  metà  del  secolo  XV,  e  la  lezione 
è  talvolta  scorretta  e  monca,  e  non  contiene  le  rubriche.  Quel  co- 
dice apparteneva  prima  al  Senato  di  Palermo,  e  ne  fece  ricordo 
Gregorio  ,  Opere  scelte ,  pag.  42  ;  ma  per  equivoco  asserì  :  «  La 
forma  defta  scrittura  annunzia  un'epoca  assai  antica,  e  forse  vi- 
cina ai  tempi  di  Giacomo  » . 

II.  Codice  in  pergamena  di  consuetudini  e  privilegi  di  Mes- 
sina, conservato  nella  Bibl.  Com.  di  Palermo,  ai  segni  2  Qq.  E. 
140,  a  fol.  13-20.  Starrabba,  Cons.  e  privil.  della  città  di  Mes- 
sina cit.,  pag.  VII,  ne  attribuisce  l'epoca  alla  metà  del  secolo  XV, 
e  dice  (pag.  XI)  che  il  testo  di  Costituzioni  contenuto  in  quel 
codice  «  è  forse  il  più  antico  tra  quanti  ne  sono  a  noi  pervenuti  ». 
Vito  La  Mantia  ,  Testo  antico  delle  Consuetudini  di  Messina  a 


(1286)  -  284  — 

dottato  in  Trapani  (1331).  Palermo,  1901,  pag.  XII,  ha  definito 
il  codice  «  una  delle  copie,  senza  alcuna  autenticità,  possedute  o 
da  nobili  famiglie  o  da  ricchi  commercianti  ».  In  questo  codice 
si  riscontra  l'anomalia  che  i  Capitoli  di  Giacomo  sono  trascritti 
dopo  quelli  di  Federico  II  aragonese,  né  può  giustificarsi  tale  er- 
rore per  il  maggior  valore  delle  leggi  di  Federico  o  per  le  elevate 
parole  del  preambolo  (come  opina  Starrabba,  pag.  IX);  ma  piut- 
tosto sembra  che  l'amanuense  li  abbia  copiato  prima,  credendo, 
per  ignoranza ,  che  appartenessero  a  Federico  svevo.  I  capitoli 
sono  ordinatamente  riferiti  con  le  rubriche  per  ognuno  di  essi , 
ma  senza  numerazione  alcuna.  É  notevole  in  principio  la  rubrica 
De  manutenendis  —  defendendis ,  la  quale  manca  in  altri  mano- 
scritti ,  e  prova  che  la  distinzione  dei  capitoli  di  Giacomo  adot- 
tata da  Testa  nella  sua  edizione  è  inesatta.  Manca  nel  codice  il 
preambolo  spettante  al  cap.  II ,  e  che  dal  Testa  ,  nonostante  la 
nota  da  lui  apposta  :  «  Hoc  potius  consequentium  capitulorum 
prooemium  est,  quam  capitulum  ab  aliis  distinctum»,  fu  lasciato 
come  cap.  I  e  privo  di  determinazione  regia.  Il  testo  contenuto 
in  tale  manoscritto  offre  pure  lacune  ed  equivoci  ,  ma  in  varie 
parti  è  migliore  dell'altro  del  codice  Filangieri.  Starrabba  nelle 
note  indica  minutamente  le  varianti  col  codice  suddetto.  È  altresì 
da  rilevare  quanto  osserva  Starrabba  (pag.  101,  nota  2),  cioè  che 
dopo  l'ultimo  capitolo  di  Giacomo  (ed.  Testa,  c.  47)  sono  quat- 
tro righe  vuote  e  raschiate.  Aggiungo  che  i  Messinesi  ciò  fecero 
per  togliere  le  parole  che  denotavano  l'approvazione  dei  capitoli 
durante  la  coronazione  regia  in  Palermo  ,  anzi  avendole  prima 
trascritte,  credettero  più  conveniente  raschiare  quelle  righe,  spe- 
rando di  cancellarne  la  memoria. 

III.  Manoscritto  nella  Biblioteca  Nazionale  di  Madrid,  con  que- 
sto titolo  :  «  Gonstitutiones  et  observantie  edite  a  Friderico  et  la- 
cobo  Sicilie  regibus».  Di  tale  codice  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl. 
voi.  I,  pag.  181,  si  limita  a  dare  la  breve  indicazione  di  catalogo, 
senza  farne  alcuna  descrizione  od  accennare  almeno  la  data  del 
codice.  È  probabile  però  che  quest'altro  manoscritto,  se  non  ne 
fornì  l'apografo,  derivi  da  quello  messinese  da  me  dianzi  accen- 
nato (al  n.  II),  riscontrandosi  pure  in  esso  l'anomalia  della  tra- 
scrizione in  ordine  inverso  delle  costituzioni  di  Giacomo  e  Fede- 
rico. Potè  il  codice  esistente  in  Madrid  provenire  da  acquisti  fatti 
da  Sdrita  o  da  altri  negli  archivi  ecclesiastici  di  Sicilia ,  e  dei 
quali  dà  cenno  Carini  cit.  pag.  398  e  seg. 


—  285  —  (1286) 

IV.  Regesto  poligrafo  dei  secoli  XV  e  XVI  nella  Bibl.  Fardel- 
liana  di  Trapani ,  a  fol.  125  e  seg.  Al  testo  delle  Costituzioni  è 
premesso  questo  argomento  :  «  Gonstitutiones  immunitatum  edite 
per  illustrerà  dominum  Tacobum  dei  gratia  regem,  in  testo  coro- 
nationis  sue  ».  La  trascrizione  appare  del  secolo  XV.  Ne  diedero 
notizia  Giuseppe  Polizzi,  Su  un  regesto  poligrafo  ecc.  Trapani, 
1873,  pag.  17,  e  Vito  La  Mantia,  Antiche  Consuet.  delle  città  di 
Sicilia  cit.  pag.  XXVI,  nota  2. 

V.  Codice  di  costituzioni  e  capitoli  di  Sicilia,  formato  d'  or- 
dine di  Giovan  Matteo  Speciale  nel  1492,  e  conservato  nella  Bibl. 
Com.  di  Palermo  ai  segni  Qq.  H.  124.  È  utile  notare  che  questo 
codice  contiene  il  testo  delle  costituzioni ,  rimontando  a  quelle 
celebri  dell'  imperatore  Federico  ,  e  facendole  seguire  da  alcuni 
capitoli  del  Re  Corrado,  ed  immediatamente  dalle  costituzioni  di 
Giacomo  (fol.  61  r.  a  68);  onde  sembra  che  nella  serie  si  trala- 
sciassero di  proposito,  per  le  invise  memorie  angioine,  le  costi- 
tuzioni ed  i  capitoli  emanati  per  la  Sicilia,  senza  la  solennità  dei 
Parlamenti,  durante  il  dominio  di  Carlo  I  d'Angiò. 

Diego  Orlando,  Un  codice  di  leggi  e  dipi,  cit.,  pag.  59  fornì 
alcuni  cenni  intorno  il  testo,  ricordando  che  i  capitoli  di  Giacomo 
sono  riferiti  «collo  stesso  ordine»,  che  trovasi  nell'edizione  del 
Testa,  ed  inoltre  «  che  la  lezione  del  mss.  offre  qualche  variante, 
ma  di  poca  importanza  » ,  e  rilevò  soltanto  la  variante  negli  ar- 
gomenti dei  cap.  IX  e  X.  L'Orlando  incorse  in  equivoco  nel  ri- 
tenere che  Testa  «  trovando  la  collezione  [dei  capitoli  di  Giaco- 
mo] senza  data,  vi  appone  come  probabile  quella  del  1288»;  per- 
chè Orlando  non  si  avvide  che  due  sono  le  serie  di  Capitoli  di 
Giacomo,  cioè  la  prima  del  1286  e  l'altra  del  1288,  come  ben  si 
scorge  ancora  dall'  argomento  in  questo  codice  «  a  tempore  sue 
coronationis  in  antea  »,  che  significa  :  nella  coronazione  e  negli 
anni  seguenti  (sebbene  in  fine  sia  la  data  erronea  del  1285  per 
le  due  serie).  É  superflua  quindi  la  lunga  nota  dell'ORLANDO  per 
la  data  1285,  che  non  è  affatto  errata,  ma  rappresenta  il  computo 
dell'anno  ab  incarnatione,  per  la  prima  serie  dei  capitoli. 

VI.  Codice  intitolato  Liber  Regiae  Monarchiae,  compilato  nel 
1556  d'ordine  del  Viceré  De  Vega  ,  e  conservato  prima  nell'Ar- 
chivio di  Stato  di  Torino,  e  dal  1893  in  quello  di  Palermo. 
Cfr.  Starrabba,  Diplomi  di  fondazione  delle  Chiese  episcopali  di 
Sicilia  {neìV  Arch.    Stor.   Sic.   an.  XVIII,  1893,  pag.  Ili,  n.  1). 


(1286)  —  286  — 

Vi  si  trova  nei  fol.  288-293  il  testo,  con  qualche  variante,  di 
alcuni  capitoli,  cioè  del  preambolo  e  cap.  I  Tunc  status  Princi- 
pis  —  actus  nostros  (a  fol.  291),  del  cap.  XXII.  In  matrimoniis  — 
decessisse  (a  fol.  292)  e  del  cap.  XXXVII.  In  terris  vero  —  amo- 
veri  (a  fol.  288).  Tralascio  di  indicare  altre  posterioriori  copie 
di  quel  manoscritto,  che  sono  ricordate  nella  suddetta  memoria 
dello  Stahrabba. 

'  VII  e  Vili.  Di  un  Codice  manoscritto  delle  «  Constitutiones 
regni,  nel  quale  sono  registrate  diverse  costituzioni ,  riti ,  ordi- 
nazioni e  capitoli  del  regno  nel  dominio  del  serenissimo  Re  Gia- 
como ,  in  carte  161  »  ,  non  indicato  per  data  ,  si  ha  notizia  dal- 
l'inventario delle  scritture  della  R.  Cancelleria  eseguito  nel  go- 
verno di  Vittorio  Amedeo  II  in  Sicilia  nel  1714 ,  e  riferito  da 
G.  Spata,  Sulle  carte  di  Sicilia  esistenti  nei  regii  Archivi  di  Cor- 
te in  Torino.  Roma,  1872,  pag.  82  6.  Negli  originali  registri  (ora 
perduti)  della  Cancelleria  del  Re  Giacomo  nell'  isola  dovea  tro- 
varsi il  testo  di  quei  Capitoli.  I  più  antichi,  che  ora  rimangono 
trascritti  in  parte,  sono  quelli  approvati  dal  Re  Martino  nel  1398 
(Protonotaro  del  regno,  reg.  13,  an.  1398-1400,  fol.  103.  —  Arch. 
di  Stato  di  Palermo.  —  Cfr.  ediz.  Testa,  t.  I,  pag.  151  eseg.). — 
Altro  codice  ms.  appartenente  al  barone  di  Asaro,  e  che  servì  per 
l'edizione  principe  dei  Capitoli  del  regno  curata  da  Appulo  nel 
1497,  non  più  esiste.  Il  codice  è  menzionato  da  Appulo  nella  Gra- 
tulatio  in  tal  modo  :  «  Nolo  vos  praeterire  primum  [volumen]  u- 
nius  dumtaxat  auctoritate  Codicis  vetustissimi ,  quem  studiosus 
baro  Asari  nobis  commodavit ,  confectum  esse  ;  reliqua  multo- 
rum  collatione  peracta».  Può  quindi  ritenersi  che  quel  codice 
doveva  almeno  essere  anteriore  di  un  secolo  al  1497,  e  compilato 
nel  secolo  XIV  o  nei  primordi  del  XV. 

Antichi  ricordi  si  hanno  delle  costituzioni  emanate  dal  Re 
Giacomo  nel  1286.  Il  Re  Federico  II  aragonese  nel  1296  ne  faceva 
espressa  menzione  nei  cap.  II,  XV  e  XXX,  richiamando  in  vigore 
o  ampliando  «  constitutiones  editas  per  regem  Aragonum  fratrem 
nostrum,  tum  regem  Siciliae»  (ediz.  Testa,  t.  I,  pag.  47  e  segj. 
Nel  1398  il  Re  Martino  manifestava  esser  suo  proposito  «  nova 
constituere  nec  minus  vetusta  servare»,  ed  ordinava  l'esatta  os- 
servanza delle  Costituzioni  dell'imperatore  Federico,  «  nec  non  se- 
renissimornm  principum  et  dominorum  regum  colendae  memo- 
riae  ,  tam  regis  Iacobi   Aragonum  et  Siciliae  regis ,  quam  regis 


—  °287  —  (1286) 

Federici  senioris  praedeeessorum  nostrorum  »  (cap.  XXXVII,  ed. 
Testa,  pag.  154). 

Notevole  è  il  privilegio  dello  stesso  Re  Martino  del  3  luglio  1397 
per  revocazione  al  demanio  della  Terra  di  Cammarata,  nel  quale 
trovasi  questo  esplicito  ricordo  delle  Costituzioni  di  Giacomo,  e 
segnatamene  del  cap.  IX  (ed.  Testa,  pag.  9),  e  che  conviene  ri- 
ferire :  «  Tamen  quia  iamdiu  gloriosissimus  princeps  dominus  Rex 
Iacobus  olim  Aragonum  et  Sicilie  Rex  dum  vite  comodis  [frue- 
retur]  et  huius  regni  gubernacula  possideret ,  non  sine  diligenti 
consideracione  advertens  fore  expediens  regie  dignitati  suisque 
Melibus  non  modicum  fructuosum  sui  demani  a  alienari  aliqua- 
tenus  non  debere,  ex  sue  provisionis  edicto  mandat  tam  ipsum, 
quam  heredes  et  successores  suos  in  eodem  regno  et  quoscumque 
alios  offieiales  a  prescriptorum  demaniorum  donacionibus  absti- 
nere  debere,  et  dictum  edictum  per  eumdem  dominum  Regem  Ia- 
cobum  in  regno  predicto  extitit  inviolabiliter  observatum  ».  La 
trascrizione  originale  del  privilegio  trovasi  nei  reg.  9,  an.  13955-97, 
del  Protonotaro  del  regno,  a  Ibi.  88  r.  Il  Re  Ferdinando  I  di  Ca- 
stiglia  a  1°  settembre  1414,  confermando  quel  privilegio  di  Mar- 
tino, menzionava  nuovamente  le  Costituzioni  di  Giacomo.  Tirrito, 
Sulla  città  e  comarca  di  Gastronovo.  Palermo,  1873,  pag.  336  e 
seg.  ha  pubblicato  il  testo  di  quei  documenti,  secondo  un  tran- 
sunto fatto  nel  1482,  però  con  vari  equivoci,  e  crede  inesattamente 
di  Giacomo  una  precedente  concessione  in  feudo  fatta  da  Martino 
per  quella  Terra. 

Indicherò  ora  le  varie  edizioni  delle  Costituzioni  di  Giacomo, 
cioè  comprese  nella  collezione  dei  Capitoli  del  Regno  ,  od  edite 
separatamente  su  antichi  manoscritti,  o  riferite  in  opere  speciali 
dei  commentatori  : 

I  ediz.  principe  di  Giovan  Pietro  Appulo  ,  intitolata:  Rega- 
lium  constitutionum,  pragmaticarum  et  capitiilorum  huius  regni 
liber  trinus  et  unus.  Messina,  Bruges,  1497.  Offrono  la  descrizio- 
ne di  questa  rarissima  edizione  il  can.  Domenico  Schiavo  nelle 
Memorie  per  servire  alla  storia  lett.  di  Sicilia.  Palermo,  1750, 
t.  I,  parte  VI,  pag.  3-13;  G.  Mira,  Manuale  teorico  -  pratico  di 
bibliografia.  Palermo,  1862,  voi.  II,  pag.  388;  Vito  La  Manti  a  , 
Notizie  e  documenti  su  le  consuetudini  delle  città  di  Sicilia  (in 
Arch.  Stor.  Bai.  Ser.  IV,  t.  VII,  an.  1881,  pag.  317);  G.  Oliva, 
L'arte  della  stampa  in  Sicilia  nei  secoli  XV  e  XVI  (nalVArch. 


(1286)  —  288  — 

Stor.  Sic.  Orient.  Catania,  an.  VII,  1911,  p.  120-122),  ed  altri.  Le 
cost.  di  Giacomo  sono  contenute  nei  fol.  3  a  10.  Nel  Proemio  del 
lib.  Ili  a  fol.  124  Appulo  dice:  «  Orsi  primum  ab  rege  Iacobo, 
primo  legum  latore  post  pulsos  et  contritos  Gallos  ».  Non  vi  è 
alcuna  numerazione  dei  capitoli. 

II.  ediz.  di  Alfonso  Cariddi,  Messina,  Spira,  1526.  Di  questa 
pregevole  ristampa  die'  particolare  notizia  con  facsimile  (tav.  III) 
il  sac.  Filippo  Evola,  Storia  tipografico  -  letteraria  del  secolo 
XVI  in  Sicilia.  Palermo,  1878,  pag.  192,  e  poi  Oliva,  L'arte  della 
stampa  cit.  pag.  378.  A  fol.  4-11  è  il  testo  delle  costituzioni  di 
Giacomo.  È  premessa  una  notizia  biografica  dei  Re  di  Sicilia  sino 
a  Giacomo,  riprodotta  nell'ediz.  del  1655.  I  capitoli  sono  nume- 
rati al  margine. 

III.  ediz.  di  Ramondetta  e  Finamore.  Venezia,  1575,  con  le 
solite  incisioni.  A  pag.  1-14  le  cost.  di  Giacomo.  La  biografia 
dei  sovrani  (che  precede)  è  resa  breve  e  rifatta  con  uno  stile  più 
elevato  dal  Finamore.  Ciò  ricorda  il  chiar.  can.  G.  Beccaria,  An- 
gelo Zanchisetti  e  la  collezione  dei  Capitoli  del  regno  sotto  il  Vi- 
ceré Giovanni  De  Vega.  Palermo,  1901,  pag.  24.  Egli  crede  che 
Finamore  si  sia  giovato  dei  manoscritti  di  Zanchisetti  per  quel- 
le biografìe. 

IV.  ediz.  Palermo,  Cirillo,  1623.  A  pag.  1-12  trovasi  il  testo 
delle  costituzioni  di  Giacomo.  Vi  manca  il  preambolo  Ut  igitur 
del  cap.  II. 

V.  ediz.  Venezia.  Hertez,  1655.  A  pag.  1-11  cost.  di  Giacomo. 
Gregorio,  Opere,  pag,  36  osserva  giustamente  che  le  varie  edi- 
zioni da  C aridd)  a  questa  del  1655  e  le  altre  di  Muta  e  Cutelli 
(V.  appresso  ,  n.  IX  e  X)  «  sono  state  tutte  copiate  sulla  prima 
edizione  di  Giovan  Pietro  Appulo». 

VI.  ediz.  del  can.  Francesco  Testa,  Palermo,  1741.  Questa 
edizione  contiene  utili  annotazioni,  richiami  e  schiarimenti  sto- 
rico-giuridici. Su  le  novità  arrecate  dal  Testa  in  confronto  alle 
precedenti  edizioni  dà  notizia  Gregorio  ,  Opere ,  pag.  37  e  seg. 
Nel  t.  I  pag.  5-28  dell'ed.  Testa  sono  i  capitoli  di  Giacomo. 

VII.  ediz.  di  Flandina  nel  voi.  Il  Codice  Filangieri  ed  il 
Codice  Speciale  cit.  pag.  65  -  82,  capitoli  di  Giacomo  ,  senza  ru- 
briche né  numerazione,  secondo  il  codice  del  Conte  S.  Marco,  so- 
pra notato  al  n.  I  dei  manoscritti. 

Vili.  ediz.  di  Starrabba  nel  voi.  Cons.  e  privil.  di  Messina 


—  289  —  (1286) 

cit.  pag.  68-101,  cost.  di  Giacomo,  sul  manoscritto  2  Qq.  E.  140 
qui  sopra  indicato  al  n.  II  dei  mss.  I  Capitoli  non  offrono  nu- 
merazione di  rubriche. 

IX.  Muta  Mario.  Cupitulorum  regni  Siciliue  potentissimi  regis 
Iacobi  expositiones.  Panormi,  1605,  t.  I.  Vi  è  riferito  il  testo,  se- 
guito da  esteso  commento  per  ogni  capitolo. 

X.  Cutelli  Mario.  Codicis  legum  sicularum  libri  quatuor  a 
totidem  Siciliae  et  Arugoniue  regibus  lutar um,  cum  glossis  sive 
notis  iuridico-politicis.  Messanae  ,  1636.  I  capitoli  di  Giacomo, 
coi  quali  ha  inizio  l'opera,  sono  da  pag.  1  a  87. 

Alcuni  capitoli  del  Re  Giacomo,  cioè  22,  23,  32,  33,  furono 
ristampati  da  Vito  La  Mantia,  Leggi  civili  del  regno  di  Sicilia 
(1130-1816)  raccolte  ed  ordinate.  Palermo,  1895,  pag.  18, 32,  65  e  107. 

Han  fornito  speciale  notizia  dei  capitoli  di  Giacomo  vari  au- 
tori, manifestando  disparate  opinioni,  e  basta  menzionare  Mon- 
gitore,  Purlumenti  generuli  di  Sicilia.  Palermo,  1749,  t.  I,  pag. 
41;  Giannone,  Istoria  civile  del  regno  di  Napoli.  Milano,  1825 , 
voi.  V,  pag.  390  ;  Pecchia  ,  Storia  civile  e  politicu  del  regno  di 
Nupoli.  Ivi,  1783,  t.  III,  pag.  139  e  seg.  ;  Gregorio,  Opere,  Pa- 
lermo, 1845,  pag.  35  e  270  e  seg.;  Palmeri,  Somma  della  storia 
di  Sicilia.  Palermo,  1840,  voi.  IV,  pag.  12;  Tomacelu,  Storiu 
dei  reumi  di  Nupoli  e  Sicilia.  Napoli,  1846,  voi.  II,  pag.  55;  De 
Renzi,  Il  secolo  decimoterso  e  Giovanni  da  Procidu.  Napoli,  1860, 
pag.  394  ;  Vito  La  Mantia  ,  Storia  dellu  legisluzione  di  Sicilia. 
Palermo,  1866,  voi.  I,  pag.  112,  122,  154  e  seg.,  ed  Amari,  9.  ediz. 
voi.  II,  pag.  166  e  seg.  —  Se  ne  ha  pure  cenno  per  qualche  sin- 
golo capitolo  in  T.  Gargallo,  Memorie  patrie  per  lo  ristoro  di 
Siracusu.  Napoli,  1791,  t.  II,  pag.  346  ;  F.  P.  Avolio,  Leggi  in- 
torno ullu  pesca.  Palermo,  1805,  pag.  149;  Pardessus,  Collection 
des  lois  muritimes.  Paris,  1831,  t.  V,  pag.  233,  e  V.  Dì  Giovanni, 
Lu  topogrufiu  unticu  di  Pulermo.  Ivi,  1889,  voi.  I.  pag.  108. 

1  Capitoli  del  Re  Giacomo,  come  gli  altri  del  Re  Federico  II 
aragonese  e  suoi  successori ,  sono  di  grande  importanza  per  la 
storia  del  diritto  della  Sicilia.  Gregorio,  Opere  cit.  pag.  36,  non 
esitò  ad  affermare  che  «  le  leggi  allora  stabilite  [dai  Re  arago- 
nesi] non  sono  da  riputarsi  da  meno  delle  costituzioni  sveve  e 
normanne  ».  11  cronista  Neocastro  (cap.  CU,  ed.  Gregorio  cit. 
pag.  144)  fornisce  espressa  notizia  che,  nel  giorno  della  corona- 
zione ,  il  Re  Giacomo  confermò  le  immunità  concesse  al  regno, 

G.  La  Mantia  —  Cod.  dipi.  arag.  19 


(1286)  —  290  — 

come  avean  fatto  i  sovrani  negli  antichi  tempi,  ed  altre  nuove 
ne  largì  «et  alie  de  novo  eis  [ai  Siciliani]  graciose  conferuntur  », 
che  sono  appunto  i  Capitoli  del  1286.  Deve  notarsi  che  il  napo- 
litano Pecchia  (op.  cit.  pag.  141)  dubitò  dell'autenticità  dei  ca- 
pitoli di  Giacomo,  perchè  vi  si  trovano  adottati  vari  altri  conte- 
nuti nella  bolla  del  16  settembre  1285  del  Papa  Onorio  IV  ,  ed 
osservò  :  «  Chi  dunque  potrà  ammettere,  per  vere  e  per  legittime, 
leggi  contrarie  ai  fatti  rapportati  da  tutti  gli  storici  di  quella 
età?».  Gregorio  (pag.  39)  espose  però  le  prove  che  dimostrano 
la  completa  autenticità  delle  costituzioni  di  Giacomo. 

Vennero  esse  comprese  nella  collezione  delle  Costituzioni  del 
regno  di  Sicilia,  come  seguito  a  quelle  dell'  imperatore  Federico 
ed  alle  altre  di  Corrado  IV,  nei  vari  codici  manoscritti  che  se  ne 
formarono.  Ciò  si  rileva  ancor  meglio  dal  Codice  Qq.  H.  124 
dell'anno  1492,  da  me  sopra  ricordato. 

È  d'  uopo  qui  notare  che  la  collezione  dei  capitoli  del  regno 
contenuta  nei  manoscritti  e  nelle  posteriori  edizioni ,  e  che  co- 
mincia dall'epoca  di  Giacomo,  si  presenta  acefala,  e  sembra  che 
ciò  sia  accaduto  per  incuria  ed  anche  per  difficoltà  nei  tempi  di 
guerra  di  rintracciare  le  costituzioni  del  primo  Re  aragonese  di 
Sicilia,  Pietro.  Le  costituzioni  dei  Re  aragonesi  non  sono  esclu- 
sivamente approvate  nei  Parlamenti ,  ma  anche  fuori  di  essi  ; 
anzi  è  manifesto  che  doveva  esistere  in  Sicilia  il  testo  di  molte 
costituzioni  emanate  dal  1265  al  1282  dal  Re  Carlo  I  d' Angiò 
per  l'intero  regno  (terraferma  ed  isola),  e  che  fu  invece  conser- 
vato in  Napoli ,  che  era  sede  principale  del  dominio  degli  An- 
gioini (Cfr.  Giannone,  Storia  civile  cit.  voi.  V,  pag.  318  e  seg., 
e  testo  dei  Capitoli  nell'ediz.  Cervoni  dei  Capitula  regni  utrius- 
que  Siciliae.  Neapoli,  1773,  t.  II,  pag.  1-40).  Io  ho  potuto  rin- 
venire i  Capitoli  approvati  dopo  il  1272  dalla  regia  Corte  per  la 
tassa  di  sigillo  in  Sicilia ,  e  che  i  Re  aragonesi  poi  adottarono 
senza  alcuna  indicazione  dell'  origine  angioina.  V.  la  memoria 
Capitoli  angioini  sul  diritto  di  sigillo  della  Cancelleria  regia  per 
la  Sicilia  posteriori  al  1272  (nell'  Arch.  Stor.  Sicil.  an.  XXXII, 
1907,  pag.  425  e  seg.). 

I  Re  aragonesi  pertanto  abolirono  ogni  ricordo  di  leggi  ap- 
provate dagli  Angioini,  e  le  esclusero  dalle  loro  collezioni.  Non- 
dimeno in  alcuni  codici  manoscritti  rimase  il  testo  di  vari  pri- 
vilegi, ordini  e  costituzioni  del  Re  Carlo  I,  come  vedesi  nel  Co- 


—  291  —  (1286) 

dice  del  Principe  Fitalia  fol.  100  r.  e  seg.  (doc.  edito  da  Vito 
La  Manti  a,  Antiche  consuet.  cit.  pag.  244),  ed  altresì  nel  Codice 
Speciale  ,  in  pergamena  e  miniato  ,  dei  Privilegi  di  Palermo  Qq. 
H.  125  (doc.  edito  da  Flandina  11  Codice  Filangieri  ecc.  pag.  90), 
nell'altro  2  Qq.  E.  140  pubblicato  da  Starrabba,  Cons.  e  priv. 
di  Messina,  pag.  129-136,  e  nel  voi.  ras.  Qq.  G.  2.  (doc.  edito 
da  L.  Siciliano,  Consuetudini  di  Palermo  —  in  Doc.  Soc.  Sicil. 
Stor.  Patria,  Serie  II,  voi.  IV,  Palermo  1894,  pag.  204),  esistenti 
nella  Bibl.  Gom.  di  Palermo. 

Venivano  dal  Re  Federico  II  aragonese  nel  1296  confermati 
i  privilegi  e  le  «  constitutiones,  ordinationes  et  leges  »  emanate 
dall'imperatore  Federico,  da  Manfredi,  e  dal  «  gloriosissimus  Rex 
Aragonum  et  Siciliae,  reverendissimus  pater  noster»  [cioè  Pietro], 
e  da  Giacomo  (cap.  2  del  Re  Federico,  ed.  Testa,  t.  I,  pag.  47). 
Non  è  dubbio  quindi  che  il  Re  Pietro  I  abbia  approvato  costi- 
tuzioni e  leggi  ;  ma  il  Re  Martino  in  un  capitolo  esplicito  De  ob- 
servatione  Constitutionum  imperialium  et  aliorum  principum 
Siciliae  Begum,  non  fa  alcun  cenno  di  quelle  del  Re  Pietro.  Se 
non  furono  raccolte  le  costituzioni  di  cotesto  Re,  di  esse  trovasi 
però  il  testo  sparso  nei  registri  53  e  54  nell'Archivio  della  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Sono  infatti  vere  e  proprie  norme  generali  e  costituzioni  per 
tutto  il  regno  le  lettere  del  1282  per  la  prestazione  del  giuramento 
(Carini,  De  rebus,  pag.  9),  per  le  attribuzioni  dei  Giustizieri  se- 
condo il  testo  «  constitucionum  regni  Sicilie  editarum  et  obser- 
vatarum  »  cioè  dell'imperatore  Federico  (p.  58  e  73),  giurisdizione 
della  Gran  Corte  (p.  92  e  100),  elezione  dei  Maestri  Giurati  (pa- 
gina 180),  processi  per  gli  omicidi  clandestini  «  iuxta  formam  con- 
stitucionum super  hoc  editarum  per  quondam  dominum  Frideri- 
cum  olim  Romanorum  imperatorem ,  recolende  memorie ,  et  ap- 
probatarum  prò  parte  Curie  nostre»  (pag.  185),  uffici  di  Maestri 
Giurati,  sciurta  ed  altro  (p.  208) ,  esenzione  ,  sancita  nel  Parla- 
mento di  Catania,  da  collette  e  diritto  di  marineria  (p.  225  e  272), 
devoluzioni  di  beni  alla  Curia  (p.  250),  sottrazione  di  sale  nelle 
saline  (p.  289),  unione  delle  isole  di  Malta  e  Gozo  al  dominio  di 
Sicilia  nel  1283  (p.  422),  coniazione  di  nuova  moneta  di  pierreali 
(p.  425),  ed  infine  nomina  di  Queralt  a  Vicario  generale  dell'isola 
(p.  632).  Non  è  quindi  Giacomo  il  primus  legum  lator,  come  er- 
roneamente diceva  Appulo. 


(1286)  —  292 


Altra  importante  quistione  è  quella  di  riconoscere  quanta  parte 
dei  Capitoli  del  Papa  Onorio  IV  siasi  adottata  nei  Capitoli  di  Re 
Giacomo.  É  noto  che  dopo  scoppiata  in  Sicilia  nel  1282  la  grande 
rivoluzione  contro  gli  Angioini,  il  Re  Carlo  I  si  affrettò  a  10  giu- 
gno dello  stesso  anno  di  approvare  per  le  Provincie  continentali 
i  Capitoli  super  bono  statu  del  regno  ,  e  indi  il  Principe  di  Sa- 
lerno Carlo,  a  30  marzo  1283,  altri  ne  promulgò  nel  Piano  di  San 
Martino  (Cfr.  ediz.  Cervoni  cit.,  t.  II,  pag.  25  e  seg.  e  41  e  seg.). 
Per  l'ingerenza  che  i  Papi  non  cessavano  di  esercitare  nel  regno 
di  Sicilia,  durante  la  prigionia  del  Principe  di  Salerno  in  Cata- 
logna, a  11  e  16  lebbraio  1285  il  Papa  Martino  IV  non  tralasciò 
di  emanare  ordini  per  un'  inchiesta  sul  buono  stato  del  regno, 
dopo  la  morte  del  Re  Carlo  I  (ediz.  Raynaldi,  Annales  eccl.,  t.  Ili, 
pag.  592  e  seg.),  e  quindi  il  successore  Onorio  IV  a  16  settembre 
di  quell'anno  provvide  ampiamente  su  le  riforme  da  adottare  nel 
regno  (ediz.  Lunig,  Codex  Italiae  diplom. ,  cit.  t.  II ,  pag.  1023 
e  seg.). 

Da  tutta  cotale  legislazione  emanata,  da  giugno  1282  al  1285, 
con  tardo  pentimento  dagli  Angioini  (ancor  con  insolite  forme  par- 
lamentari) e  dalla  Chiesa  romana  al  duplice  scopo  di  evitare  la 
ribellione  in  terraferma  e  di  adescare  i  Siciliani  all'antico  domi- 
nio ,  nelle  costituzioni  di  Giacomo  si  trasse  rilevante  profitto. 
Giannone  cit.  (pag.  390)  notò  espressamente  come  vari  capitoli 
di  Onorio  fossero  stati  accolti  da  Giacomo  nelle  sue  nuove  leggi 
per  tutto  il  regno,  e  Gregorio  ne  fece  più  preciso  ricordo  (p.  39). 
Tomacelli,  Storia  dei  reami  di  Napoli  e  di  Sicilia  cit.,  voi.  II. 
p.  55,  dice  con  inesatto  giudizio  per  i  Capitoli  di  Giacomo  :  «  E- 
rano  in  parte  una  copia  meschina,  in  parte  una  parodia  più  me- 
schina delle  costituzioni  di  Onorio»,  ed  aggiunge  contro  il  vero 
che  «prestamente  scherniti  da  lui  [Giacomo]  e  maladetti  dai  suoi 
ministri,  furon  violati».  Egli  ristampa  la  bolla  di  Onorio  a  pa- 
gina 364-384. 

Conviene  rilevare  che  l'avere  i  giureconsulti  dell'epoca  del  Re 
Giacomo  adottato,  in  tutto  od  in  parte,  e  con  ordine  diverso,  il 
testo  di  molti  capitoli  di  Onorio  fu  una  necessità  politica,  perchè 
gli  Angioini  non  avessero  potuto  più  trovare,  col  pretesto  di  ri- 
forme ,  aderenti  e  fautori  in  Sicilia;  e  se  si  ricorse  alla  trascri- 
zione letterale  di  varie  parti  di  quel  testo,  forse  ne  fu  cagione  la 
ristrettezza  del  tempo ,  essendosi  determinato  ,  non  molto  prima 


—  293  —  (1286) 

della  coronazione  di  Giacomo,  di  stabilire  una  nuova  legislazione 
fondamentale  per  le  speciali  condizioni  del  regno. 

Credo  utile  aggiungere  un  prospetto  numerico  dei  capitoli  di 
Onorio  adottati  negli  altri  del  Re  Giacomo.  Ne  offro  il  confronto 
sul  testo  dei  Capitoli  di  Onorio  dato  dal  Giannone  (ediz.  Napoli, 
1723,  t.  Ili,  pag.  94-107)  su  la  bolla  originale  esistente  nel  mo- 
nastero di  Cava,  col  riscontro  dei  numeri  dei  Capitoli  di  Giaco- 
mo, che  trovansi  nell'ultima  edizione  del  Testa. 


Capitoli  di  Onorio  Capitoli  di  Giacomo 

I.  Ideoque  ut  omnino  cesset  (p.97).  II  a  VII.  Collette. 

II.  Simili  quoque  prohibitioue   (p.  X.  Mutazione  di  moneta. 
98). 

III.  In  homicidiis  clandestinis  (ivi).  XLV.  Pena  per  omicidi  clandestini. 

IV.  Eidem    provisioni    adiiciendo  Manca. 
(ivi). 

V.  Nec  ad  mutuandum  regi  (ivi).  Vili.  Mutuo  al  Re  od  alla  Corte. 
—  Concedimus  autem  (p.  99).  Manca. 

VI.  Ad  captivorum  custodiam  (ivi).  XII.  Custodia  dei  prigionieri. 

VII.  Gravamen    quod   in   pecunia  XIII.    Danaro    da    mandarsi    alla 
(ivi).                                        •  Corte. 

Vili.  Illud   quod   in  eodem  regno  XL.    Riparazione    dei    castelli    ed 
(ivi).  altro. 

IX.  Circa  personas  accusatas  (ivi).  XVIII.  Accuse  e  fideiussioni. 

X.  Circa    destitutionem    possesso-  XXIII.  Destituzione  di  possesso,  e 
rum  [corr.  possessionumj.  (ivi).  ritrovamento  di  tesoro. 

XI.  Regibus   futuris   prò   tempore  Manca. 
(ivi). 


(1286)  —  294  — 


Capitoli  di  Onorio  Capitoli  di  Giacomo 

XII.  Victualia   vero   quaelibet   (p.  XXI.  Vendita   di    vino   e  vettova- 
100).  glie. 

XIII.  Ecclesiasticae  seecularive  per-  Manca. 
sonae  (ivi). 

XIV.  Abusum    contra    naufragos  XXIV.  Navi  e  beni  naufragati, 
(ivi). 

XV.  Quaerelam  gravem   hominum  XIX.  Divieto  ad  officiali  di  entrare 
(ivi).  in  case. 

XVI.  Similiter   prohibemus    ne   in  XXI.  Vendita  forzata  di  vino  e  vet- 
locis  (p.  101).  tovaglie. 

XVII.  In   matrimoniis    in    quibus  XXII.  Matrimonii   di    feudatari  ed 
(ivi).  altri. 

XVIII.  Providendo  praecipimus  ut  XXV.  Inchieste  contro  privati. 
(p.   102). 

XXVI.  Divieto   di   esigere   somme 
da  Università  per  tale  oggetto. 

XIX.  Huiusmodi   praecepto  adiici-  XXVII.  Cause  tra  fìsco  e  privati, 
mus  (ivi). 

XX.  Providendo  districtius  inhibe-  XXVIII.  Forestarì  per   coltura   di 
mus  (ivi).  terre. 

XXI.  Omnes  ecclesiasticae  (ivi).  Manca. 

XXII.  Abusiones   castellanorum  XL.  Castellani,  per  trasporto  di  pa- 
(ivi).  glia  ed  altro. 

XXIII.  Eiusdem  provisionis  edicto  XIV.  Divieto  ad  officiali   per  doni 
(ivi).  e  tasse  di  sigillo. 

XXIV.  Ammalia  deputata  molendi-  Manca. 
nis  (p.  103). 


—  295  —  (1286) 


Capitoli  di  Onorio  Capitoli  di  Giacomo 

XXV.  De  creatione  officialium  (pa-    Manca. 
gina  103). 

XXVI.  Super  eo  quod   regnicolae    Manca. 
(ivi). 

XXVII.  Prohibemus  nequisque  (ivi)    XXX.  Animali  trovati  presso  le  fo- 

reste regie. 

XXVIII.  Nullus  comes,  baro  (ivi).     XXXI  e  XL1V.  Costruzione  forzata 

di  navi,  e  marineria. 

XXIX.  Si  contingerit  baronem.  XXXII.  Baliato  per  minori  nei  feudi. 

XXX.  Si  aliquem  feudum  (ivi).  XXXIII.  Successione  nei  feudi. 

XXXI.  Nullus  subfeudatarius  (pa-    XXXIV.  Servizio  militare  nei  feudi, 
gina  104). 

XXXII.  Si   contingat   subfeudata-    XXXV.  Beni  feudali  confiscati, 
rium  (ivi). 

XXXIII.  Vassalli  baronum  (ivi).        XXXVI.  Offici  imposti  a  vassalli  dei 

baroni. 

XXXIV.  In  terris  ecclesiarum  (ivi).    XXXVII.   Maestri  Giurati  in  terre 

di  chiese  ecc. 

XXXV.  Ad   novas    communantias    XXXVIII.  Divieto  di  trasferimento 
(ivi).  a  nuovi  comuni. 

XXXVI.  Barones  vel  alii  (p.  105).     XXXIX.  Divieto  di  servizio  milita- 

re agli  abitanti  fuori  regno. 

XXXVII.  Caeterum  ut  contra  (ivi).    Manca. 

XXXVIII.  Ad  maiorem  quoque  (ivi).    Manca. 

XXXIX.  Licet   autem    praemissae    Manca. 
(p.  106). 


(1286)  —  296  — 

Sono  del  tutto  nuove,  e  non  ricavate  dai  Capitoli  di  Onorio, 
le  costituzioni  del  Re  Giacomo  segnate  coi  n.i  I ,  IX ,  XI ,  XV- 
XVII,  XX  ,  XXIX  ,  XLI-XLIV  e  XLVI-XLVII.  Una  speciale  co- 
stituzione intorno  il  divieto  di  alienazione  dei  beni  demaniali  era 
stata  nel  1272  approvata  dal  Re  Carlo  I  d'Angiò  per  tutto  il  regno 
di  Sicilia  (ediz.  Cervoni,  cit.,  pag.  9),  e  sembra  che  da  essa  de- 
rivi il  cap.  IX  di  Giacomo. 

Sul  capitolo  XXXII  Si  aliquem  dello  stesso  Giacomo  riguar- 
dante le  norme  della  successione  feudale,  il  quale  è  stato  cagione 
di  molte  dispute  innanzi  e  dopo  1'  abolizione  della  feudalità  in 
Sicilia  (1812),  scrisse  un  particolare  ed  esteso  commento  nel  1563 
Giuseppe  Cumia,  In  regni  Siciliae  capitulum  Si  aliquem  de  suc- 
cessione feudalium  (cfr.  Vito  La  Manti  a,  Stor.  legisl.  Sicil.  cit., 
voi.  II,  p.  I,  pag.  72).  Notevole  è  la  Dissertazione  (II)  del  Gre- 
gorio su  quel  Capitolo  inserita  nelle  Opere,  pag.  609  e  seg.,  per- 
chè la  Dissertaz.  I  è  stato  provato  di  recente  appartenere  al  fi- 
scale Simonetti  (V.  la  mia  memoria  Di  un  progetto  di  descrizione 
dei  feudi  della  Sicilia  nell'anno  1802  ,  in  A rch.  Stor.  Sicil.,  vo- 
lume XXXVII,  1912,  pag.  472  e  seg.).  Alquante  notizie  su  quella 
materia  ha,  non  è  guari,  fornito  L.  Genqardi,  Sulla  falsa  inter- 
pretazione data  al  capitolo  «  Si  aliquem  »  nella  seconda  metà  del 
secolo  XVI11  (in  Circolo  Giuridico.  Palermo,  voi.  XL,  an.  1909, 
pag.  102). 

Non  è  qui  il  luogo  di  ristampare  o  rivedere  il  testo  delle  co- 
stituzioni di  Giacomo  ,  né  di  dare  altri  cenni  sul  contenuto  di 
quelle  leggi.  Basta  soltanto  ricordare  il  chiaro  prospetto  dei  ca- 
pitoli di  Onorio,  che  è  stato  offerto  da  Leon  Cadier  ,  Essai  sur 
V administration  du  royaume  de  Sicile  sous  Charles  I  et  Charles  II 
d'Anjou.  Paris  ,  1891  ,  pag.  122-137  «  Les  reformes  du  Pape  Ho- 
norius  IV».  Amari,  9*  ed.,  voi.  II,  pag.  167  e  seg.  non  desume 
affatto  i  caratteri  giuridici  delle  costituzioni  di  Giacomo,  poiché 
dà  qualche  breve  cenno  di  alcune ,  e  per  altre  dice  :  «  men  rile- 
vano, furono  bandite  nel  brio  del  coronamento». 


297  -  (1286) 


OXXXIX. 

1286,  febbraio  12,  indizione  14»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  per  adempire  la  volontà  dei  suoi  genitori  e 
curare  i  vantaggi  del  fratello  Re  Alfonso,  promette,  in  presenza 
di  Ruggiero  Loria,  procuratore  speciale  di  costui,  di  difendere  il 
suddetto  fratello  ed  i  suoi  regni  di  Aragona,  Valenza  e  Maiorca 
e  la  Contea  di  Barcellona,  anche  nell'acquisto  di  nuovi  territori 
contro  i  Cristiani  ed  i  Saraceni,  e  presta  giuramento  di  osservare 
fedelmente  quanto  promette,  e  rende  V omaggio ,  secondo  le  consue- 
tudini di  Catalogna  e  gli  Usatici  di  Barcellona. 

È  in  line  il  segno  o  monogramma  del  Re  Giacomo  (che  viene 
qui  riprodotto).  Alla  pergamena  era  appeso  il  sigillo  regio. 

Seguono  le  firme  dei  testimoni. 

(Atto  in  notar  Marchisio  di  Siracusa,  di  Palermo). 

Dalla  pergamena  originale  di  n.  48  del  regno  di  Alfonso  IT  , 
conservata  nell'Arch.  della  Cor.  di  Arag.  in  Barcellona. 

Una  copia  se  ne  ha  nel  ms.  Qq.  G.  1  di  Amico  e  Schiavo  nella 
Bibl.  Com.  di  Palermo  a  fol.  147  r.,  ed  altra  nel  ms.  Qq.  G.  12, 
fol.  221  ,  di  Gregorio  (pure  quivi)  tratta  dalla  precedente  e  con 
data  1285. 

Pubblicato  da  Niccolò  Buscemi,  La  vita  di  Giovanni  da  Pro- 
cida.  Palermo,  1836'  ,  doc.  VI ,  pag.  XVI  e  seg.  Nel  Proemio  ai 
Documenti,  a  pag.  V,  ricorda  :  «  L'originale  si  conserva  in  Bar- 
cellona nella  cassa  dei  diplomi  sul  l'atto  di  Sicilia»,  la  quale  in- 
dicazione egli  trae  dalla  copia  eseguita  dall'AMico.  Fu  pure  stam- 
pato il  testo  da  Saint  Priest  ,  Ilist.  de  la  conquète  cit.  ,  t.  IV 
(1847),  pag.  291  e  seg.  Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pa- 
gina 209  ne  dà  un  sunto  con  data  del  1285  (da  ridursi  al  modo 
comune),  e  menziona  alcuni  testimoni  sottoscritti  nell'  atto,  tra- 
lasciando i  nomi  degli  altri. 

Trovasi  il  ricordo  di  questo  documento  in  De  Renzi,  Collectio 
salernitana.  Napoli,  1854,  t.  Ili,  pag.  177,  doc.  XVII,  che  ne  offre 
un  sunto,  e  nell'altro  lavoro  di  lui,  Il  secolo  decimoterzo  e  G.  da 
Procida.  Napoli ,  1860,  pag.  394  e  410  nota  3  ;  Amari  ,  9*  ediz., 


(1286)  —  298 


voi.  II,  pag.  165,  nota  4,  che  riferisce  i  nomi  di  tutti  i  testimoni, 
ma  non  si  dimostra  sicuro  sul  testo  della  perg.  48  (dato  in  sunto 
da  Carini),  perchè  dice  :  «  Par  che  sia  lo  stesso  documento  pub- 
blicato dal  Buscemi  »;  e  G.  Del  Giudice  ,  Bartolomeo  de  Neoca- 
stro, F.  Longobardo,  R.  de  Limogiis  giudici  in  Messina  (in  Arch. 
Stor.  Nap.,  voi.  XII,  1887,  pag.  271). 

Il  testo  dato  dal  Buscemi  offre  inopportu- 
namente  i  dittonghi  ,  che  mancano  nell'origi-  "T~  *-H 
naie ,  1'  omissione  della  parola  semper  prima 
di  dum  vixerimus  (pag.  XVI ,  lin.  24),  la  di- 
zione usantias  invece  di  usaticos  (pag.  XVII, 
lin.  21),  e  qualche  inversione  nell'ordine  delle 
sottoscrizioni,  che  riscontrasi  anche  nel  Saint- 
Priest.  Ho  creduto  utile  per  la  diplomatica  ri- 
ferire in  fac- simile  il  monogramma  del  Re  Giacomo  {lacobus), 
poiché  nelle  edizioni  citate  non  si  ha  che  il  solo  segno  di  croce." 

Questo  documento  trae  origine  dagli  altri  due  da  me  sopra  ri- 
feriti (n.i  CXXXVI  e  CXXXVII)  del  25  novembre  1285  dell'  In- 
fante Alfonso  e  del  Loria,  i  quali  provvedevano  allora  in  Maiorca 
affinchè  Giacomo,  appena  coronato  Re  di  Sicilia,  avesse  giurato 
di  difendere  Alfonso,  in  modo  simile  alla  dichiarazione  fatta  da 
costui  pure  a  25  novembre  di  quell'anno  (V.  sopra,  doc.  CXXXV). 

Buscemi,  De  Renzi  e  Del  Giudice  cit.  e  Federico  Lancia,  Dei 
Lancia  di  Brolo.  Palermo,  1879  ,  pag.  68  ,  hanno  rilevato  l' im- 
portanza del  documento,  per  la  menzione  della  dignità  di  Cancel- 
liere del  regno  di  Giovanni  da  Procida,  per  la  firma  del  cronista 
Neocastro  ,  per  il  suggello  apposto  ed  altro.  Il  Buscemi  anzi  os- 
serva a  ragione  (pag.  V)  :  «  Molti  illustri  personaggi  la  [scrittura] 
sottoscrissero,  che  tanta  parte  ebbero  nelle  cose  operate  da  Gio- 
vanni [da  Procida]  ».  Può  ritenersi  infatti  che  in  un  atto  così  so- 
lenne quei  nomi  rappresentavano  persone  tra  le  più  benemerite, 
e  che  erano  del  tutto  devote  al  dominio  aragonese  ,  insieme  al 
Procida,  come  se  ne  ha  prova  in  cronache  e  documenti. 


—  299  —  (1286) 

OXL. 

1286,  febbraio  16,  indizione  14a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  a  richiesta  degli  ambasciatori  della 
città  di  Messina  ,  per  la  conferma  di  prerogative  ed  immunità 
agli  abitanti  di  quella  città,  ed  altresì  dei  privilegi  concessi  ai 
medesimi  dai  sovrani  predecessori,  e  da  lui  innanzi  di  coronarsi, 
ed  in  considerazione  dei  grandi  servizi  resi  ai  suoi  genitori  ed 
a  lui,  con  gravi  sacrifici  e  pericoli,  durante  la  guerra,  conferma 
varie  immunità  : 

1.  I  giudici ,  da  eligersi  ogni  anno,  debbono  essere  cinque, 
cioè  tre  legisti  e  tre  idioti,  e  confermarsi  dal  Re. 

2.  Risiederà  in  Messina  un  giudice  annuale  da  nominarsi 
dalla  regia  Corte  per  decidere  le  cause  delle  prime  appellazioni, 
proposte  contro  le  sentenze  dello  Stratigoto  e  dei  giudici  della 
stessa  città. 

3.  Un  Messinese  sia  Console  dei  Siciliani  residenti  in  Tunisi, 
debba  essere  nominato  dal  Re,  e  non  esiga  le  rendite  del  fondaco 
regio,  senza  espresso  mandato  (poiché  l'esazione  è  affidata  ad  al- 
tri) ,  ed  abbia  per  propria  abitazione  alcune  stanze  nel  fondaco 
medesimo. 

4.  Per  evitare  i  danni  derivanti  dalta  varietà  dei  diritti  di 
dogana  di  mare  e  di  terra ,  dall'  anno  seguente  di  15*  indizione 
in  poi  si  pagheranno  dai  mercanti  esteri  ai  gabelloti  e  creden- 
zieri, ai  quali  spetta,  le  tasse  competenti  e  non  altro. 

5.  Coloro  che  daranno  a  nolo  le  proprie  navi  ad  altri,  per 
trasporto  di  merci,  non  siano  tenuti  pagare  alla  dogana  di  mare 
i  tari  tre  di  oro  per  cento  ,  ma  invece  ne  siano  obbligati  i  pa- 
droni che  hanno  noleggiato  le  navi  medesime. 

6.  Nel  caso  di  carico  e  scarico  di  merci  in  altri  navi  nel 
porto  di  Messina,  si  pagherà  soltanto  metà  dei  dritti  di  dogana 
ai  gabelloti  e  credenzieri. 

7.  Se  per  guasto  delle  navi  od  altro  pericolo  dovranno  le 
merci  scaricarsi  e  porsi  a  terra ,  non  si  pagherà  alcun  dritto  ; 
ma  se  saranno  quivi  vendute ,  è  dovuta  la  tassa  stabilita ,  e  se 
si  caricano  in  altra  nave,  si  pagherà  metà  della  tassa. 

8.  Si  costruiscano  dalla  regia  Corte  le  navi  per  trasporto 


(1286)  —  300  — 

di  animali  (uxeria)  da  Catona  a  Messina  e  viceversa,  e  si  paghi 
il  consueto  dritto.  Nel  caso  che  manchino  le  navi  della  Corte,  non 
si  pagherà  alcuna  tassa. 

9.  Sono  esenti  i  Messinesi  dal  pagamento  di  tassa  di  bale- 
stre per  le  navi,  che  recansi  alle  parti  oltramarine. 

10.  È  vietato  estrarre  vino  dal  territorio  della  città  di  Mes- 
sina, tranne  per  uso  del  palazzo  della  regina  madre  e  del  Re  e 
dei  loro  familiari. 

11.  I  banchieri  (campsores)  di  Messina  paghino  soltanto,  per 
l'antica  assisa  del  cambio,  onde  di  oro  sessanta  ogni  anno,  e  gli 
affìtti  delle  botteghe  della  Corte,  nelle  quali  tengono  il  cambio. 

12.  È  confermato  il  privilegio  concesso  dal  Re  Pietro  per  la 
Curia  dei  Consoli  del  mare  in  Messina  ,  i  quali  saranno  scelti 
dai  mercanti  e  confermati  dallo  Stratigoto ,  che  terrà  i  proventi 
per  parte  della  regia  Corte. 

13.  I  Messinesi  sono  esenti  dal  pagare  i  nuovi  statuti,  che 
erano  stati  aboliti  dal  Re  Pietro  nel  primo  Parlamento  (primo 
Colloquio)  tenuto  in  Messina. 

14.  Lo  Stratigoto,  i  giudici  ed  i  notai  degli  atti  della  città 
di  Messina  sono  annuali. 

15.  Se  alcuno  sarà  tenuto  nelle  carceri  regie ,  se  non  per- 
notta, non  pagherà  alcun  dritto;  ma  se  pernotta,  pagherà  soltanto 
grana  dieci  quando  sarà  liberato,  secondo  la  costituzione  dell'im- 
peratore Federico. 

16.  1  Messinesi  possono  estrarre  liberamente  le  vettovaglie 
dai  porti  di  Sicilia  per  recarle  a  Messina,  se  così  fu  concesso  dal 
Re  Pietro. 

17.  Sono  confermati  i  seguenti  privilegi  concessi  ai  Messi- 
nesi, cioè  : 

a)  dell'imperatore  Federico,  dato  in  Messina  a  1°  maggio 
1197  per  libera  estrazione  ed  immissione  di  merci  in  quella  città. 

b)  del  Re  Pietro,  dato  in  Messina  a  20  aprile  1283  ,  per 
abolizione  dei  nuovi  statuti  in  Messina. 

e)  del  medesimo  Giacomo ,   dato  in  Catania  a  15  dicem- 
bre 1283  per  il  privilegio  di  foro  dei  Messinesi. 

d)  del  medesimo  Giacomo,  del  15  dicembre  1283,  per  ele- 
zione di  un  Messinese  a  Console  dei  Siciliani  fuori  dell'  isola. 

Seguono  le  formole  della  corroborazione  e  della  datazione  del 
documento. 


—  301  — ,  (1286) 

Il  testo  di  questo  notevole  privilegio  trovasi  in  vari  mano- 
scritti : 

1.  Transunto  in  pergamena  del  4  aprile,  13»  indizione,  1315 
presso  il  notaro  Vassallo  de  Ianulo  di  Messina  (nell'Archivio  Co- 
munale di  Trapani).  La  pergamena  è  alta  cm.  74,  larga  54,  molto 
guasta  nei  margini  laterali,  ed  incollata  su  altra  pergamena.  È 
scritta  in  nitido  e  piccolo  carattere  gotico.  Sono  in  fine  le  sotto- 
scrizioni originali  dei  giudici  e  testimoni  e  del  notaro.  Le  estese 
formole  del  transunto  vennero  pubblicate  (sul  testo  riferito  nel 
Regesto  Poligrafo)  da  Vito  La  Mantia,  Antiche  consuet.  di  Sicilia 
cit.  pag.  XXXIX  e  seg.  È  detto  nel  transunto  che  innanzi  il  no- 
taro de  Ianulo  si  presentò  il  nunzio  od  ambasciatore  di  Trapani, 
Tommaso  de  Maida,  ed  espose  che,  avendo  il  Re  Federico  II  ara- 
gonese permesso  [21  febbraio  1314]  ai  Trapanesi  di  usare  le  pre- 
rogative ed  immunità  concesse  ai  Messinesi,  era  desiderio  della 
città  di  Trapani  di  aver  copia  di  quei  privilegi.  Recatisi  infatti 
il  nunzio  ed  il  notaro  presso  i  giudici  e  Giurati  di  Messina  otten- 
nero da  essi  di  ricercare  il  Tesoro  della  città,  nel  quale  si  si  con- 
servavano i  privilegi,  e  fra  gli  altri  i  Giurati  «  ostenderunt  nobis 
privilegium  unum  illustris  domini  regis  Iacobi  ,  olim  Sicilie  et 
nunc  Aragonum  regis,  sub  pendenti  sigillo  ex  cera  rubea ,  sub- 
scripti  tenoris  ». 

In  questa  pergamena,  la  quale  per  la  data  (1315)  è  la  più  vi- 
cina all'epoca  del  regno  di  Giacomo,  si  trovano,  oltre  le  varianti 
(che  ricorderò  appresso)  la  corroborazione  e  datazione  in  fine,  che 
mancano  negli  altri  codici ,  tranne  nel  Regesto  Poligrafo  e  nel 
Libro  Rosso.  Ne  riferisco  il  testo  :  «  Ad  huius  autem  nostre  con- 
cessionis  et  confirmacionis  memoriam  et  [robur  perpetuo]  valitu- 
rum,  sibi  exinde  presens  privilegium  fieri  iussimus  et  nostre  maie- 
statis  sigillo  muniri.  Datum  Panormi  anno  domini  millesimo  du- 
centesimo  octuagesimo  quinto ,  mense  februarii  ,  sexto  decimo 
eiusdem,  quartedecime  indicionis,  regni  nostri  anno  primo». 

2.  Regesto  Poligrafo,  ms.  del  secolo  XV  nella  Biblioteca  Far- 
delliana  di  Trapani.  Contiene  a  fol.  342  e  seg.  la  copia  intera  del 
transunto  del  1315  da  me  descritto,  con  1'  inserzione  del  privilegio 
di  Giacomo,  e  perciò  con  le  formole  di  corroborazione  e  datazione 
del  1285  (m.  e.  1286).  Si  ha  inoltre  in  tal  codice  la  trascrizione 
separata  di  varie  parti  dello  stesso  privilegio,  con  argomenti  di- 
stinti e  talvolta  con  Datum  Panormi  1285,  e  spesso  aggiungendo 


(1286)  .  -  302  — 

terra  Trapani  o  universitas  terre  Trapani  o  Trapanenses,  quasi 
che  il  privilegio  fosse  stato  concesso,  sin  dall'origine,  ai  Trapa- 
nesi. A  fol.  321  r.  sono  riferiti  nel  loro  testo  i  §§  3,  10,  11,  12, 
13,  16  ;  a  fol.  322  i  §§  2,  15  ;  a  fol.  326  r  e  327  i  §§  1,  2,  14  ;  a 
fol.  332  r.  i  §§  4,  5,  6,  7,  8  e  9,  cioè  vi  è  sparso ,  come  distinti 
privilegi  con  l' intitolazione  :  Bex  Iacobus  Rex  Sicilie  etc. ,  il  te- 
sto di  tutti  i  sedici  paragrafi,  che  compongono  il  privilegio  di  Gia- 
como, escluso  il  §  17  per  la  conferma  di  determinati  documenti 
con  data.  Gli  argomenti  apposti  ai  singoli  paragrafi  sono  questi  : 
§  1.  De  iudicibus  annualibus.  —  §  2.  De  indice  primarum  appel- 
lacionum.  —  §  3.  De  iure  consulis  Thunisii.  —  §  4  -  8.  De  iuribus 
dohane  et  navili.  —  §  9.  De  remissione  balistarum  exaccionis.  — 
§  10.  De  vino  non  immictendo  in  terra  Trapani.  —  §  11.  De  cam- 
psoribus.  —  §  12  (riunito  col  §  3). — §  13.  Que  mercantie  sunt 
libere  et  exempte.  —  §  14.  Quod  iudices  et  actorum  notarii  sunt 
annuales.  —  §  15.  De  carceratis  et  iure  carcerum.  —  §  16.  Quod 
victualia  sunt  exempta  a  iure  dohane. 

3.  Codice,  in  pergamena,  di  consuetudini  e  privil.  di  Mes- 
sina, della  metà  del  sec.  XV  ,  nella  Bibl.  Gom.  di  Palermo  ,  ai 
segni  2  Qq  E  140.  A  fol.  69-73  è  il  testo  intero  del  documento. 
In  fine  di  esso  resta  un  piccolo  spazio  in  bianco,  nel  quale  do- 
vea  trovarsi  la  data,  che  è  in  tal  modo  omessa  del  tutto.  Star- 
rabba  in  una  breve  memoria  su  tale  codice  (inserita  in  Arch. 
Stor.  Sic.  an.  1899,  pag.  285,  e  seg.)  fornì  la  descrizione  di  esso, 
e  vari  estratti  e  sunti  del  privilegio  di  Giacomo  (pag.  299-302). 

4.  Codice  in  pergamena  della  fine  del  sec.  XV  nella  R.  Ac- 
cademia di  Storia  in  Madrid,  a  fol.  69  e  seg.  Nell'antico  elenco 
dei  documenti  di  quel  codice  si  legge  :  «  Otra  [cedula]  del  misno 
rey  [Iaime]  confirmando  los  privilegios  anteriormente  otorgados 
à  Mesina»,  senza  la  data  (cfr.  l'elenco  pubblicato  da  La  Lumia, 
sulla  copia  dell'HARTZEMBUscH,  in  Arch.  Stor.  Sic.  an.  I,  1876 , 
pag.  318 ,  n.  22).  Una  descrizione  più  estesa  diede  per  quel  co- 
dice nel  1884  Carini  ,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  258  e 
seg.  Egli  indica  il  documento  genericamente  in  tal  modo  :  «  Gia- 
como Re.  Lungo  privilegio  confermativo  dei  precedenti  »  ,  cioè 
senza  alcun  ricordo  del  contenuto  e  della  data  che  vi  manca 
(pag.  260). 

5.  Codice  cartaceo  del  secolo  XVII  dei  privilegi  di  Messina, 
segnato  Qq.  H  17  (Bibl.  Com.  di  Palermo)  a  fol.  39  r  -  49.  Ter- 


—  303  —  (1286) 

mina  il  privilegio  così  :  «  constiterit  per  privilegia  supradicta. 
Data  in  principio  retrofolii»;  ma  quivi  non  è  altro  che  la  men- 
zione di  un  privilegio  di  Pietro  I  del  20  aprile  1283,  fatta  da  Gia- 
como. 

6.  Libro  Bosso  dei  privilegi  di  Trapani,  ms.  dell'  inizio  del 
sec.  XVII  nell'Arch.  comunale  di  essa  città.  A  fol.  123  e  seg.  è 
il  testo  integro  del  privilegio  del  Re  Giacomo,  con  data  16  feb- 
braio 1285,  e  con  le  formole  del  transunto  del  4  aprile  1315.  Tro- 
vasi pure  la  copia  di  varie  parti  disgregate  del  documento  nei 
fol.  25-27,  50-51,  e  78-79. 

Fu  pubblicato  il  privilegio  di  Giacomo  la  prima  volta  da  Gaio 
Domenico  Gallo,  Annali  di  Messina.  Ivi,  1758,  t.  II,  pag.  151- 
158,  e  II  ediz.,  pag.  155-161,  però  con  data  erronea  del  1294,  con 
qualche  lacuna,  e  fra  le  memorie  di  queir  anno.  È  stato  poscia 
ristampato  nel  1901,  sul  codice  2  Qq  E  140  della  Bibl.  Com.  di 
Palermo,  da  Starrabba,  Cons.  e  privi,  di  Messina,  pag.  251-264, 
con  l' indicazione  delle  varianti  che  riscontransi  nell'ediz.  prece- 
dente del  Gallo. 

Alquanti  ricordi  di  questo  privilegio  si  hanno  fra  gli  scrit- 
tori. Samperi  (f  1654)  nell'opera  Messana  nobilis  et  exemplaris. 
Messanae,  1742,  t.  II,  pag.  109  menzionava  il  documento  con  data 
Barchinone  III  kalendas  augusti  1294  [29  luglio],  e  riferiva  al- 
cune righe  di  esso  ,  ed  a  pag.  219  e  316  ne  offriva  altro  cenno, 
specialmente  per  il  console  messinese  in  Tunisi.  Nell'altro  lavoro 
Iconologia  della  gloriosa  vergine  Maria.  Ivi,  1644,  a  pag.  27  ri- 
portava le  parole  del  preambolo  da  actendentes  sino  sunt  per- 
dessi, con  la  sola  indicazione  generica  del  privilegio,  e  senza  data. 
Gallo  nell'Apparato  agli  Annali,  la  ediz.  pag.  66,  ricorda  pure 
il  documento  di  Giacomo  con  data  Barchinone  1294.  Gregorio, 
in  un  suo  scritto  Del  corallo  di  Trapani  (in  Opere  ,  pag.  757) 
notava  che  i  Trapanesi  avevano  ottenuto  da  Giacomo  nel  1289 
la  facoltà  di  eliggere  un  Console  in  Tunisi ,  ed  aggiungeva  : 
«  quando  prima  dai  soli  Messinesi  sceglievasi  »;  ma  ciò  non  è  che 
evidente  errore ,  trattandosi  del  privilegio  di  Giacomo  del  1286 
per  Messina. 

Ferro  ,  nella  Guida  per  gli  stranieri  in  Trapani.  Ivi,  1825, 
a  pag.  70  offre  pure  la  stessa  notizia  data  dal  Gregorio  ,  ma  è 
più  esatto  quando  indica  :  «  Privilegio  dato  in  Palermo  nel  1286», 
che  è  la  vera  data  di  quel  documento.  Vito  Cusumano,  Storia  dei 


(1286)  —  304  — 

Banchi  di  Sicilia.  Palermo,  1887,  voi.  I,  pag.  59  ricorda  un  do- 
cumento di  Giacomo  del  1285  per  i  banchieri  in  Trapani ,  e  ne 
inserisce  il  testo,  traendolo  dal  Libro  Rosso  di  quella  città.  Egli 
non  conobbe  però  che  quello  era  un  frammento  del  privilegio 
per  Messina,  e  che  avea  la  data  del  1286  ,  anzi  credette  di  rile- 
vare dalla  tassa  1'  importanza  di  Trapani  in  quel  tempo,  e  fece 
rimontare  l'origine  di  quei  banchieri  nientemeno  che  al  X  secolo. 

Da  vari  scrittori  moderni  fu  indicato  di  consueto  il  documento 
di  Giacomo  con  la  data  1294  (fornita  dai  messinesi  Sampbri  e 
Gallo)  ,  e  così  pure  da  Starrabba  ,  Cons.  e  priv.  di  Messina , 
pag.  XXXIV.  Schaube,  Das  Konsulat  des  Meeres  in  Pisa,  Lei» 
zig  ,  1888 ,  pag.  269  ricorda  il  documento  del  Re  Pietro  I  per  i 
Consoli  del  mare  menzionato  nell'altro  di  Giacomo  del  1294.  Egli 
dice  :  «Dessen  wesentlichen  Inhalt  in  die  von  seinem  Sohne  Iay- 
me  II  in  lahre  1294  den  Messinesen  angestellte  urkunde  aufge- 
nommen  ist»,  e  nota  la  prerogativa  di  nomina  di  consoli  dei  Si- 
ciliani all'estero  confermata  nel  privilegio  dello  stesso  Giacomo, 
«  von  demselben  als  Kònig  in  der  gedachten  Urkunde  von  1294 
bestatigt  »  ,  come  1'  altra  immunità  concessa  da  Giacomo  per  la 
nomina  dei  consoli  in  Tunisi,  che  viene  da  Schaube  specialmente 
considerata. 

Questo  amplissimo  privilegio  di  Giacomo  per  Messina  prova 
quanta  gratitudine  e  benevolenza  serbassero  i  Re  aragonesi  verso 
quella  città,  che  tanto  avea  contribuito  a  respingere  le  aggressioni 
degli  Angioini  nell'isola.  È  degno  di  nota  che  il  preambolo,  dalle 
parole  Tunc  status  principis  sino  quam  futuris,  è  tratto  dall'al- 
tro che  trovasi  nelle  Costituzioni  dello  stesso  Re  del  5  febbraio. 
Sembra  che  non  sia  stato  troppo  conveniente  adottare  le  espres- 
sioni riguardanti  tutto  il  regno  anco  per  le  franchigie  concesse 
ad  una  sola  città,  se  pure  ciò  non  si  volle  dai  Messinesi. 

I  §§  4-8  per  i  diritti  di  dogana  mostrano  come  si  arrecassero 
novità  all'antica  Pandetta  doganale,  che  poi  venne  riformata  dopo 
il  1305  e  prima  del  1312.  Per  la  tassa  di  balestre  si  veda  quanto 
dice  Andrea  d'IsERMA  (f  1316)  nell'opera  Ritus  regiae  Camerae 
Summariae  regni  Neapolis,  pubblicata  in  Napoli  nel  1689  da  C. 
N.  Pisano  (pag.  498).  Isernia  afferma  :  «  Hoc  ius  novum  est  per 
Fridericum  imperatorem  impositum». 

Noterò  per  la  data  del  privilegio  che  riesce  evidente  che,  es- 
sendosi omessa  nei  codici  di  provenienza  messinese  (diversamente 


—  305  —  (1286) 

da  quanto  avveniva  nei  codici  trapanesi)  la  data  vera:  Palermo, 
16  febbraio  1286,  forse  perchè  denotava  la  coronazione  di  Giaco- 
mo in  Palermo  (5  febbraio  1286)  ,  il  privilegio  di  Giacomo  per 
Messina  sia  rimasto  senza  alcuna  data.  Gallo  nel  secolo  XVIII, 
non  trovandola,  credette  di  assegnare  la  Stessa  data  di  altro  pri- 
vilegio (che  precede  nei  codici)  per  immissione  di  vino  in  Mes- 
sina, del  1294,  III  kalendas  augusti,  cioè  29  luglio,  ed  affermò 
altresì ,  con  troppo  ardimento  ,  che  Giacomo  fu  coronato  Re  in 
Messina ,  citando  per  prova  la  Storia  di  uno  straniero  ,  lo  spa- 
gnuolo  Mariana.  La  vera  data  del  privilegio  è  quella  del  1286 , 
che  ho  ricavato  dal  transunto  originale  in  pergamena  del  1315  , 
eseguito  dal  notaro  Vassallo  de  lanulo,  e  sopra  ricordato.  Ne  diedi 
nel  1906  espressa  notizia  ,  con  prove  storiche  ,  nel  voi.  Le  Pan- 
dette delle  gabelle  regie  cit.,  pag.  VI  e  seg. 

Non  è  superfluo  aggiungere  che  la  data  del  1286  sorge  altresì 
dallo  stesso  privilegio,  perchè  nel  preambolo  di  esso  è  detto  che 
gli  ambasciatori  di  Messina  chiesero  a  Giacomo  di  approvare , 
«antequam  assumeremus  regni  nostri  Sicilie  dyadema»,  le  desi- 
derate franchigie.  Da  ciò  si  ricava  che  i  capitoli  furono  presentati 
innanzi  la  coronazione,  per  ottenerne  la  san/ Ione  dopo  quella  so- 
lennità. 

Starkabba  nel  1901  non  riusciva  a  spiegare  come  il  Re  Gia- 
como nello  stesso  giorno  (29  luglio  1294)  stabilisse  il  divieto  di 
immissione  di  vino  da  luoghi  siti  fuori  il  territorio  di  Messina, 
e  notava  (pag.  259,  n.  9)  :  «  Si  ha  qui  dunque  un  bis  in  idem,  e 
per  sopraggiunta,  sotto  una  data  identica».  La  spiegazione  è  in- 
vece sicura  dal  confronto  delle  date  dei  due  privilegi,  perchè  col 
primo  del  1286  si  vieta  l'estrazione  del  vino  dal  territorio  di  Mes- 
sina, e  con  l'altro,  veramente  del  1294,  si  estende  quel  beneficio, 
proibendo  che  altri  ne  immetta  da  luoghi  non  appartenenti  a  quel 
territorio. 

Riguardo  alle  varianti  ne  indico  alcune  più  notevoli  contenute 
nel  Transunto  del  1315  (T)  in  confronto  col  testo  edito  da  Star- 

RABBA   (S). 

S  p.  251  1.  1  Sicilie  etc.  —  T  ag.  ducatus  Apulie  et  principatus 
Capue. 

(ivi)  lin.  6  —  T  om.  subiectorum. 

S  p.  253  1.  7  concedimus  —  T  ag.  et  donamus. 

S  p.  254  1.  14  predictorum  —  T  ag.  ambasatorum. 

G.  La  Mantia  —  Cod.  dipi.  arag.  20 


(1286)  —  306  — 

S  p.  258  1.  15  transducendis  —  T  transeundis. 

S  p.  259  §  12,  11,  13—  T  §  11,  12,  13  (ordine  da  me  adottato). 

S  p.  260  1.  24  Sicle  — T  Sicilie. 

S  p.  261  1.  9  rura  —  T  riva 

(ivi)  1.  11  usu  —  T  ag.  constitucione. 

S  p.  262  1.  16  primo  madii  XI  ind.  —  T  undeciruo  madii,  quin- 
tedecime indicionis  (Friderici  corr.  Henrici). 

S  p.  263  1.  13  tota  —  T  quota. 

(ivi)  1.  21  per  terminacionem  —  T  prò  terminacione. 

S  p.  264  1.  26  omessa  la  data  —  T  ag.  la  data  Ad  huius  sino 
anno  primo. 


CXLI. 

1286,  febbraio  18,  indizione  14a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  per  rimunerare  i  Catalani  per  i  servizi  resi 
al  defunto  Ite  Pietro  I  ed  a  lui,  ed  anche  per  l'affetto  verso  suo 
fratello  Alfonso,  Ite  di  Aragona,  concede  ai  soli  abitanti  della  Ca- 
talogna «  et  non  aliis  »  di  potere  estrarre  dai  porti  della  Sicilia 
il  frumento  e  l'orso  necessari  per  loro  sostentamento  nei  terri- 
tori della  Catalogna,  pagando  per  il  diritto  di  estrazione  tari  tre 
per  ogni  salma  di  frumento,  e  tari  1  e  grana  10  per  l'orzo.  Or- 
dina ai  Maestri  Portolani  di  eseguire  quanto  viene  da  lui  sta- 
bilito ,  anco  per  la  fideiussione  di  non  portare  le  vettovaglie  al- 
trove, e  per  la  notizia  dello  scarico  al  luogo  designato. 

Il  testo  si  trova  nel  reg.  2  (an.  1312)  della  R.  Cancelleria  , 
fol.  58  r.  -65r.,  con  data  1285  (m.  e.  1286),  nell'  Arch.  di  Stato 
di  Palermo.  É  inserto  in  altro  privilegio  di  conferma  del  Re  Fe- 
derico li  aragonese  del  3  aprile  1296  (cfr.  appresso). 

Un'  antica  copia  (del  secolo  XV)  del  privilegio  inserto  nella 
suddetta  conferma,  si  conserva  in  un  quaderno  in  pergamena  di 
sei  fogli,  al  n.  3335  delle  Cartas  sueltas  con  fecha  del  regno  di 
Giacomo,  nell' Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Si  ha  pure  il  testo  nel  voi.  ms.  Pandecta  cabellarum  Messane 
del  secolo  XIV  nella  Bibl.  Universitaria  di  Cagliari,  nel  Quater- 


—  307  —  (1286) 

nus  delle  gabelle  di  Palermo,  segnato  Qq,  E.  28,  a  fol.  90,  nel- 
1'  altro  Qq.  H.  124  Constitutiones  ,  ordinationes  del  1492  ,  nella 
Bibl.  Com.  di  Palermo,  ed  in  quello  della  Secrezia  di  Palermo, 
di  Manilio,  del  1594,  a  fol.  96-101  r.  (Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Altra  copia  è  nel  ms.  Qq.  G.  1  di  Amico  a  fol.  149  e  165  r. , 
della  Bibl.  Com.  di  Palermo.  Nell'altro  ms.  Qq.  G.  4  fol.  14  (pure 
quivi)  si  ha  la  notizia,  senza  l'inserzione,  e  dicesi  tratto  il  docu- 
mento del  1296  dal  reg.  del  Protonotaro  del  regno,  an.  1392  B, 
fol.  91  r.,  che  ora  più  non  esiste;  ed  in  quello  Qq.  G.  5,  fol.  38 
e  56  r.  è  anco  indicato,  senza  inserirlo,  notandosi  che  il  doc.  del 
1296  è  contenuto  nella  conferma  della  regina  Maria  e  dell'Infante 
Martino,  data  in  Barcellona  a  24  novembre,  14"  indizione,  1391. 

Pubblicato  la  prima  volta  nell'opera  (postuma)  di  Testa,  De 
vita  et  rebus  gestis  Friderici  II.  Panormi,  1775,  pag.  240  e  seg., 
insieme  alla  conferma  del  1296;  poi  da  Capmany,  Memorias  histo- 
ricas  sobre  la  marina  de  Barcelona.  Madrid,  1779,  t.  II,  pag.  62 
e  seg.,  traendolo  dal  «Lib.  I  Virido,  fol.  268,  A.  M.  B.  (Archivio 
Municipale  di  Barcellona),  ed  infine  da  Sella,  Pandetta  delle  ga- 
belle di  Messina  (in  Mise.  Stor.  ltal.,  voi.  X,  Torino,  1870,  pa- 
gina 121  e  seg.). 

Varie  menzioni  trovansi  di  questo  privilegio.  Schiavo  ,  Me- 
morie per  la  stor.  lett.  di  Sicilia.  Palermo,  1756,  t.  I,  parte  VI, 
pag.  51  lo  ricordava  per  ricavare  la  notizia  del  prezzo  di  fru- 
menti ed  orzi  in  quel  tempo;  ma  non  riconobbe  che  era  soltanto 
l' importo  della  tassa  e  non  già  il  valore  della  merce.  Gregorio, 
Opere.  Palermo,  1845 ,  pag.  352  e  768  ;  Pardessus  ,  Collect.  des 
lois  maritimes  cit.,  t.  II,  pag.  LXV1I;  Orlando,  Un  cod.  di  leggi 
e  dipi.,  pag.  91;  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  170  e  236;  Heyd, 
Hist.  du  commerce  du  Levant.  Leipzig,  1885,  pag.  475  e  Di  Gio- 
vanni, Topogr.  ant.  di  Palermo.  Ivi,  1889,  voi,  I,  pag.  357  ed 
altri  ne  fanno  particolare  cenno. 

Il  Re  Alfonso  III  nella  lettera  del  5  novembre  al  Re  Giacomo, 
da  me  pubblicata  nella  memoria  Doc.  su  le  relazioni  di  Alfon- 
so III  ecc.  (in  Anuari  (1908)  cit.  ,  pag.  351  ,  doc.  IX) ,  menzio- 
nava tale  documento  di  Giacomo  ,  perchè  desiderava  che  fosse 
resa  perpetua  l' immunità  concessa  ai  Barcellonesi  o  Catalani. 
Riesce  altresì  notevole  il  privilegio  di  Giacomo  per  la  precisa  e 
sicura  indicazione  dei  metodi  di  estrazione  usati  dal  governo,  e 
dell'esistenza  di  vari  Consoli  dei  Catalani  in  Sicilia. 


(1286)  —  308  — 


OXLII. 

1286,  febbraio  22,  indizione  14a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo,  in  considerazione  della  fede  e  devozione  dimo- 
strata dai  Catalani  verso  il  defunto  Re  Pietro  1,  la  regina  ma- 
dre e  lui  ,  concede  ai  medesimi  di  potere  eliggere  nel  regno  di 
Sicilia  un  console,  che  decida  le  cause  civili  ,  salvo  V  appello  al 
Re,  ed  escluse  le  cause  criminali.  Stabilisce  inoltre  che,  nel  caso 
di  naufragio  sofferto  dai  Catalani  nel  suddetto  regno  ,  possano 
senza  licenza  della  Corte,  tanto  prima,  che  dopo  il  triduo,  ricu- 
perare le  navi  e  gli  oggetti  naufragati,  nonostante  la  consuetu- 
dine contraria. 

Questo  documento  con  data  del  1285  (m.  e.  1286)  è  inserito 
nella  conferma  del  Re  Federico  II  aragonese  del  3  aprile  1296 , 
ed  è  trascritto  negli  stessi  codici  e  volumi  indicati  per  il  doc. 
precedente  (n.  GXLI),  e  che  qui  non  occorre  ripetere. 

Pubblicato  da  Testa  ,  De  vita  et  rebus  gestis  Friderici  II , 
pag.  240;  Capmany;  Memorias  sobre  la  marina  de  Barcelona  cit., 
t.  II,  pag.  49,  dal  «Libro  I  Virido  ,  fol.  251.  A.  M.  B.  (Arch. 
Municip.  di  Barcellona)  separatamente,  ed  a  pag.  62  col  testo  della 
conferma  del  1296;  e  da  Sella,  Pandetta  delle  gabelle  di^Messina 
cit.,  pag.  123-125. 

È  ricordato  esplicitamente  tale  privilegio  da  Capmany  nel  t.  I, 
pag.  95  e  seg.,  e  195,  dicendo  che  Giacomo  era  «deseoso  de  fo- 
mentar el  trafico  de  los  Catalanes  en  aquella  isla  »  ;  Gregorio  , 
Opere,  pag.  352;  Orlando  ,  Un  cod.  di  leggi  ecc.  ,  pag.  91  ,  che 
erroneamente  indica  come  due  privilegi  distinti  il  contenuto  del 
documento;  Amari,  9a  ediz.  voi.  Il,  pag.  170;  Di  Giovanni,  Topogr. 
ant.  di  Palermo,  voi.  I,  pag.  357,  che  ne  inserisce  quivi  un  fram- 
mento nella  memoria  che  concerne  La  Loggia  dei  Catalani;  e  da 
Besta  e  Fedozzi,  I  consolati  di  Sicilia  all'estero  ,  e  i  consolati 
esteri  in  Sicilia  fino  al  sec.  XIX  cit.,  pag.  135  (secondo  i  cenni 
del  Capmany),  che  riferiscono  la  notizia  dei  più  antichi  consolati 
stranieri  nell'  isola  nell'  epoca  dei  Normanni ,  cioè  pei  Genovesi 
(1116  e  1194),  Veneziani  (1144)  e  Pisani  (1190). 

L'insigne  Capmany,  t.  I  pag.  97  menziona  un  privilegio  del  Re 


—  309  —  (1286) 

Carlo  II  d'Angiò  del  18  luglio  1299  per  simile  prerogativa  con- 
cessa ai  Catalani  per  elezione  del  console  nel  regno  di  Sicilia,  ed 
altre  immunità.  Quel  documento,  confermato  poi  dal  Re  Roberto 
a  12  gennaio  1308,  fu  pubblicato  per  intero  dal  Capmany  nel  t.  II, 
pag.  65  e  seg.  È  abbastanza  notevole  per  i  grandi  elogi  che  il 
Re  Carlo  esprime  per  Giacomo  allora  non  più  Re  di  Sicilia,  e  che 
guerreggiava  contro  il  fratello  Federico,  per  ridare  la  Sicilia  agli 
Angioini,  «qui.  .  .  contra  hostes  nostros  et  rebelles  Siculos,  im- 
mo  contra  Fridericum  de  Aragonia  fratrem  suum  ,  qui  insulam 
Sicilie  occupat ,  sudores  bellicos  et  labores  immensos  subest  et 
su  bit  indefesse  ». 


CXLIIL 

1286,  febbraio  22,  indizione  14%  Palermo. 

Il  Re  Giacomo,  riputando  conveniente  usare  speciale  riguardo 
alle  Chiese  ed  agli  ecclesiastici ,  in  seguito  a  supplica  di  frate 
Federico  de  Boia,  Precettore  generale  delle  Case  della  sacra  Mi- 
lizia dell'  Ospedale  di  S.  Maria  dei  Teutonici  di  Gerusalemme  in 
Sicilia  e  Calabria ,  ed  in  considerazione  della  vita  e  del  culto  , 
«  quibus  Magister  Domus  predicti  Hospitalis  et  fratres  sui  clarere 
noscuntur»,  prende  sotto  la  sua  protezione  la  Casa  suddetta,  e 
conferma  tutti  i  castelli,  casali,  uomini  e  beni,  che  possiede  per 
concessione  dei  Re  e  principi  e  largizioni  dei  fedeli,  e  come  ap- 
pare dall'approvazione  data  dal  suo  avo  Re  Manfredi.  Conferma 
inoltre  le  immunità  da  cotesto  sovrano  conferite  alla  Casa,  cioè 
l'esenzione  dal  pagamento  di  dazi  e  collette,  e  da  angarie  e  ser- 
vizi: di  non  potere  esser  rimossi  dal  possesso  dei  beni;  la  fran- 
chigia dai  diritti  di  portatico,  plateatico,  falangaggio,  ripatico  e 
teloneo,  nell'immissione  ed  estrazione,  per  i  beni  e  proventi  che 
i  frati  mandano  oltremare  per  il  loro  uso  ;  V  immunità  per  ac- 
que, erbe  e  legna  nelle  terre  del  demanio,  per  quanto  ad  essi  bi- 
sogna; ed  il  libero  passaggio  del  Faro  nell'andare  dalla  Sicilia 
in  Calabria  e  viceversa. 

Il  testo  con  data  1285  (m.  e.  1286)  si  trova  nella  pergamena 
di  n.  167  del  Tabulano  della  Magione  (Arch.  di  Stato  di  Palermo). 


(1286)  -  310  — 

È  scritto  con  elegante  e  nitido  carattere  ,  e  con  una  bella  capo- 
lettera ornata  del  nome  del  Re.  Pende  nel  margine  inferiore  un 
laccio  di  seta  rossa  e  gialla,  che  sosteneva  il  sigillo,  ora  non  più 
esistente. 

È  inserito  pure  il  privilegio  nelle  posteriori  conferme  concesse 
dai  sovrani,  e  se  ne  ha  perciò  il  testo  nella  perg.  330  del  12  di- 
cembre 1299  e  perg.  369  del  5  luglio  1302  del  Re  Federico  II  ara- 
gonese, perg.  633  del  12  dicembre  1346  del  Re  Ludovico  ,  perg. 
700  del  17  giugno  1399  del  Re  Martino. 

Nel  registro  155  (an.  1484)  della  R.  Cancelleria,  a  fol.  134,  è 
trascritto,  in  una  conferma  del  1483,  l'intero  testo  con  data  ine- 
satta del  1385,  invece  di  1285,  insieme  al  privilegio  di  conferma 
del  1299  (per  errore  detto  del  1390). 

Una  copia  se  ne  ha  nel  voi.  ms.  intitolato  Privilegi  concessi 
atti  Teutonici,  del  sec.  XV  a  fol.  29  (nell'Arch.  di  Stato  di  Pa- 
lermo, al  n.  7),  e  quivi  è  riferito  altresì  nei  fol.  31,  46  r.,  49  r., 
55  r.,  108  e  120  col  testo  delle  posteriori  conferme  sino  al  1484. 

È  indicato  il  documento,  con  data  erronea  del  1280 ,  nel  vo- 
lume 1326,  an.  1583,  della  Conservatoria  di  Registro  (Regie  Vi- 
site), che  contiene  la  Visita  di  mons.  Pozzo  per  la  chiesa  della 
Magione. 

Pubblicato  da  Monqitore  ,  Monumenta  Sacrae  Domus  Man- 
sionis.  Panormi,  1721,  pag.  46  e  seg.  ,  che  ricorda:  «  Autogra- 
phum  asservatur  in  Archivo  Mansionis  in  membranis  »  ,  ed  ac- 
cenna le  altre  conferme. 

Vito  Amico  nelle  aggiunte  al  Pirri  ,  Sicilia  Sacra.  Panormi 
[Venetiis]  1733,  pag.  1341  r.  indica  il  documento  per  la  notizia 
del  Precettore  de  Boia.  Mortillaro  nell'i£fewco  cronologico  delle 
pergamene  della  Magione.  Palermo,  1858,  pag.  77  lo  registra  per 
equivoco  all'anno  1285,  invece  che  al  1286. 

È  degno  di  nota  in  questo  privilegio  il  ricordo  delle  tasse  con 
i  vetusti  nomi,  provenienti  dall'epoca  normanna,  come  si  rileva 
dall'importante  opera  dell'illustre  F.  Chalandon,  Histoire  de  la 
domination  normande  en  Italie  et  en  Sicile.  Paris  ,  1907  ,  t.  II, 
pag.  690  e  seg.  La  menzione  espressa  della  costituzione,  che  di- 
cesi di  Ruggiero  e  Guglielmo,  si  riferisce  a  quella  che  trovasi  nel 
lib.  Ili,  tit.  29  De  rebus  stabilibus  non  alienandis  Ecclesiis;  ed  è 
ancora  da  rilevare  che  si  accenna  :  «  etiam  ipsius  domini  avi 
nostri  [Manfridi]  constitutionibus  comprehensa  »,  che  prova  pure 
l'esistenza  di  costituzioni  approvate  dal  Re  Manfredi. 


—  311  —  (1286) 

OXLIV. 

1286,  maggio  24,  indizione  14a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  scrive  a  Bartolomeo  di  Castiglione,  Secreto  di 
Sicilia  al  di  qua  del  Salso,  perchè  in  adempimento  della  sentenza 
profferita  dalla  regia  gran  Corte  nella  causa  tra  Filippa  vedova 
di  Perrone  Marchisotto  e  la  figlia  Fenicia  contro  Raimondo  de 
Minorisa,  procuratore  della  Corte  dei  conti  ,  per  restituzione  di 
alcune  parti  di  terre  site  nelle  fiumare  di  Rametta  e  di  Muti,  già 
possedute  dalla  suddetta  Filippa  col  marito  e  la  figlia  nel  tempo 
del  Re  Manfredi,  e  poi  confiscate  alle  stesse  Filippa  e  Fenicia 
dal  Re  Carlo  d'Angiò  per  la  fedeltà  dimostrata  al  Re  Manfredi, 
immetta  nel  possesso  di  quelle  terre  le  attrici,  formando  di  tale 
assegnazione  cinque  consimili  atti  per  cautela  della  Corte  e  delle 
parti. 

Iacobus  dei  gracia  etc.  Bartholomeo  de  Castellione  etc. 
Quia  in  questione  dudutn  in  magna  nostra  Curia ,  corani 
Magistro  Iusticiario  regni  Sicilie  et  iudicibus  magne  nostre 
Curie,  agitata  inter  Iacobum  de  Rebecca,  procuratorem  ut 
constitit  prò  parte  Philippe  mulieris  vidue  prò  una  tercia, 
et  Fenicie  fiiie  eiusdem  Philippe  prò  duabus  terciis,  actri- 
cum  ex  una  parte ,  et  Raymundum  de  Minorissa  procura- 
torem Curie  racionum  ex  altera,  super  peticione  restitucionis 
possessionis  duarum  peciarum  terrarum,  sitarum  in  floma- 
ria  Ramecte ,  iuxta  terras  sancte  Marie  de  monacis ,  et  si 
qui  alii  sunt  confines ,  necnon  et  alterius  pecie  terrarum , 
que  vocatur  de  Ansaldo,  in  flomaria  Muti,  iuxta  terras  ma- 
gistri  Bartholomei  de  Archidiacono ,  et  prope  pantanum  , 
et  si  qui  alii  sunt  confines,  quas  terras  predicta  Philippa , 
una  cum  Perrono  Markisotto  viro  suo  et  patre  eiusdem 
Fenicie,  tempore  felicis  dominii  illustris  quondam  regis  Man- 
fredi, avi  nostri  memorie  recolende,  tenuit  et  possedit,  quo 
tempore  predictus  quondam  Perronus  mortuus  extitit,  su- 
perstitibus  sibi  predicta  uxore  et  fìlia  heredibus  suis  prò 


(1286)  —  312  — 

porcionibus  supradictis,  secundum  .consuetudinem  civitatis 
Messane,  post  cuius  Perroni  obitum  diete  actrices  tenuerunt 
et  possiderunt ,  hereditario  iure ,  terras  easdem  usque  ad 
tempus  dominii  quondam  Karoli ,  comitis  Provincie ,  per 
quem  et  officiales  suos  ob  fidem  et  devocionem,  quam  ipse 
et  sui  precessores  erga  predichiti)  regem  Manfredura,  avum 
nostrum,  gesserunt,  fuerunt  possessione  ipsarum  terrarum 
per  violenciam  destitute ,  et  earum  possessio  pervenit  ad 
Curiam,  que  nunc  eas  tenet  et  possidet ,  secundum  asser- 
cionem  predicti  procuratoris  actricum  ipsarum ,  processo 
ordinario  iure  constitoque  eisdem  [de]  intencione  actri- 
cum ipsarum  et  dicti  procuratoris  sui,  omnibus  sollempni- 
tatibus  observatis,  sentenciam  proferentes  in  scriptis ,  pre- 
fati magister  Iusticiarius  et  iudices  condempnarunt  magi- 
strum  Iohannem  de  Peregrino,  procuratorem  Curie  substi- 
tutum,  ut  constitit  per  predictum  Raymundum  procuratorem 
Curie,  et  prefatum  Raymundum  necnon  et  eandem  Curiam 
Philippo  Saporito  procuratori  substituto  Iacobi  de  Rebecca 
procuratori  predictarum  Philippe  prò  una  tercia  et  predicte 
Fenicie  filie  sue  prò  duabus  terciis ,  et  eidem  Iacobo  de 
Rebecca  et  prefate  Philippe  et  Fenicie  ad  restitucionem  pos- 
sessionis  terrarum  ipsarum  ,  faciendam  eisdem  Philippe  et 
Fenicie  et  dictis  suis  procuratoribus  prò  eisdem ,  ad  hec 
omnia  fisci  patrono  seu  advocato  presente.  Verum  quia  nihil 
prodest  ferri  sentencias,  tara  diftinitivas  quam  interlocuto- 
rias  eciam,  nisi  eas  exequucio  debita  subsequatur,  fidelitati 
tue  precipiendo  rnandamus  quatenus,  receptis  presentibus, 
prefatam  Philippam  prò  una  tercia,  necnon  et  eandem  Fi- 
niciam,  filiam  eiusdem  Philippe,  prò  reliquis  duabus  terciis, 
in  possessione  predictarum  duarum  peciarum  terrarum,  si- 
tarum  in  flomaria  Ramecte ,  iuxta  terras  sancte  Marie  de 
monacis ,  et  si  qui  alii  sunt  confi nes ,  que  ad  presens  prò 
parte  nostre  Curie  procurantur,  seu  procuratorem  actricum 
ipsarum  prò  eis  reducas ,  prò  exequeione  sentencie  supra- 
dicte.  De  cuius  inducione  seu  assignacione  predictarum  dua- 
rum peciarum  terrarum  facta  per  te  matri  et  filie  antedictis 


—  313  —  (1286) 

duo,  ac  de  toto  processu  tuo  habito  in  premissis  cura  forma 
presentis  fieri  facias  quinque  publica  consimilia  instrumenta, 
quorum  uno  magistro  Iusticiario  et  iudicibus  supradictis , 
alio  magistro  Racionali  magne  nostre  Curie  et  tercio  ad  Ca- 
meram  nostram  per  fidum  tuum  nuncium  destinatis,  quar- 
tum  penes  te  retineas  tui  raciocinii  tempore  producendum, 
et  quintum  prefatis  rnatri  et  fìlie  ad  cautelam  earum  assi- 
gnes.  Datum  Messane  anno  domini  millesimo  ducentesimo 
octuagesimo  sexto,  mense  madii,  vicesimo  quarto  eiusdem, 
quartedecime  indicionis,  regni  nostri  anno  primo. 

Dalla  pergamena  di  n.  164  del  Tabularlo  di  S.  Maria  Madda- 
lena poi  S.  Placido  di  Galonero  in  Messina  (Archivio  di  Stato  di 
Palermo). 

La  lettera  regia  è  inserita  in  altra  del  Secreto  di  Sicilia,  Bar- 
tolomeo di  Castiglione,  che  dava  incarico  a  25  maggio  seguente 
a  Riccardo  Candiloro,  Vicesecreto  delle  Valli  di  Demone  e  di  Mi- 
lazzo ,  per  V  immissione  in  possesso  ,  come  si  scorge  dal  docu- 
mento da  me  appresso  pubblicato  (n.  CXLVI). 

È  notevole  nella  lettera  di  Giacomo  l' indicazione  della  pre- 
senza del  maestro  Giustiziere  nella  decisione  della  lite  ,  e  delle 
forme  procedurali  anco  per  l' intervento  dei  procuratori ,  ed  al- 
tresì la  menzione  della  consuetudine  di  Messina  relativa  alla  co- 
munione dei  beni  fra  coniugi,  cioè  la  cons.  4,  Defuncto  patre  et 
matre  ab  intestato,  pars  premortili  cui  cedat,  secondo  il  testo  dato 
da  Vito  La  Manti  a,  Antiche  consuet.  cit.,  pag.  36,  il  quale  nella 
Prefazione,  a  pag.  LXV  e  seg.  espone  vari  ricordi  delle  consue- 
tudini di  Messina  contenuti  nelle  costituzioni  sveve  ed  in  docu- 
menti dal  1203  al  1280. 


OXLV. 

1286,  maggio  27,  indizione  14a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  a  supplica  del  milite  Guido  Talac, 
ed  in  considerazione  dei  servizi  resi  ai  suoi  parenti  ed  a  lui , 
tanto  in  Catalogna  che  in  Sicilia  ,  conferma  al  medesimo  ed  ai 


(1286)  —  314  — 

suoi  eredi  in  perpetuo  il  casale  di  Arcudaci  ,  sito  nel  territorio 
di  Monte  8.  Ginliano,  e  che  prima  era  stato  concesso  soltanto  a 
beneplacito.  È  imposto  V obbligo  del  servizio  militare,  di  tenere  il 
feudo  «  in  capite  »  dal  Re,  dell'ordine  di  successione,  delle  riserve 
per  diritti  del  fìsco,  tiro  di  balestra  per  le  spiaggie,  ed  altro ,  e 
sotto  l'osservanza  delle  costituzioni  poco  innanzi  [5  febbraio]  ap- 
provate dal  medesimo  Re  nel  Parlamento  tenuto  in  Palermo. 

Jacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  Ducatus  Apulie  et  Prin- 
cipatus  Capue.  Per  presens  privilegium  notum  fieri  volu- 
mus  universis  quod  prò  parte  Guidonis  Talac ,  militis  ,  fa- 
miliaris  et  fidelis  nostri,  fuit  celsitudini,  nostre  humiliter  sup- 
plicatum  quod  cum  olirti,  infra  annum  terciedecime  indicio- 
nis  nuper  preterite,  ad  licterasillustris  domini  regis  Aragonum 
et  Sicilie  domini  patris  nostris,  dare  memorie,  tunc  illustri 
domine  regine  domine  matri  nostre  et  nobis  proinde  dire- 
ctas,  sibi  liberaliter  et  graciose  concessimus  casale  Arcuda- 
chii,  situm  in  teniraento  Montis  Sancti  Iuliani,  cum  omnibus 
iuribus  et  pertinenciis  suis,  usque  ad  beneplacitum  illustrium 
dominorum  parentum  nostrorum  vel  nostrum,  super  hoc  si- 
bi tantummodo  nostris  licteris  destinatis ,  et  privilegio  ali- 
quo  a  nostra  Curia,  non  obtento,  et  nobis  humiliter  suppli- 
cato per  eum  ut  predictam  concessionem  sibi  suisque  he- 
redibus  confirmare  in  perpetuum,  et  casale  ipsum  de  novo 
concedere  de  benignitate  regia  dignaremur.  Nos  igitur  ac- 
tendentes  puram  fidem  et  devocionem  sinceram,  quam  pre- 
dictus  Guido  erga  dictos  dominos  parentes  nostros  et  nos 
prompto  zelo  gessit  et  gerit,  necnon  grata  satis  et  accepta 
servicia  dictis  dominis  parentibus  nostris  et  nobis,  tam  in 
Gatalonia  quam  in  Sicilia,  per  eum  fideliter  et  devote  pre- 
stita ,  et  que  in  futurum ,  dante  domino ,  conferre  poterit 
graciora,  eidem  Guidoni  suisque  heredibus  in  perpetuum  ca- 
sale ipsum  cum  omnibus  iuribus,  racionibus  et  pertinenciis 
suis ,  videlicet  que  sunt  de  demanio  in  demanium,  et  que 
de  servicio  in  servicium,  de  liberalitate  mera  et  speciali  gra- 
cia concedimus,  donamus  et  pieno  favore  regio  confìrmamus, 
sub  servicio  unius  militis  per  eum  Curie  nostre  prestando. 


—  315  —  (1286) 

Ita  tamen  quod  ipse  silique  heredes  predictum  casale  a  no- 
stra Curia  sub  predicto  servicio  in  capite  teneant  et  cogno- 
scant,  et  exinde  servire  ipse  Curie  teneantur,  et  vivant  inde 
iure  Francorum,  videlicet  quod  maior  natu  minoribus  fra- 
tribus  et  coheredibus  suis,  et  feminabus  raasculus  prefera- 
tur  ,  et  quod  [si]  in  eodem  casali  et  tenimento  eius  sunt  ali- 
qui  baroaes  et  pheudotarii,  qui  de  baroniis  et  pheudis  eorum 
servire  in  capite  nostre  Curie  teneantur ,  nobis  et  nostris 
heredibus,  et  non  sibi,  servicium  propterea  debitum  et  con- 
suetum  exhibeant ,  et  quod  illi  quibus  in  eodem  casali  et 
tenimento  eius  aliqua  iura,  possessiones  et  bona  per  pre- 
dictum dominum  patrem  nostrum  vel  serenissimam  domi- 
nami reginam  dominam  matrem  nostram,  seu  nostrani  excel- 
lenciam  sunt  concessa,  ipsa  tenere  debent  in  capite,  prout 
eis  per  predictos  dominos  parentes  nostros  et  nos  exinde 
sunt  concessa,  quodque  ad  iura  lignaminum,  defensas  an- 
tiquas,  salinas  et  solacia  nostra,  si  que  sunt  in  eodem  ca- 
sali et  tenimento  eius,  que  [sicut]  nostro  demanio  et  velut 
ex  antiquo  ipsi  demanio  pertinencia,  volumus  eidem  dema- 
nio reservari,  auctoritate  presentis  concessionis  manus  suas 
aliquatenus  non  extendant  ;  et  si  forte  tenimentum  seu  per- 
tinence  diete  casalis  currerent  usque  ad  mare .  ius ,  domi- 
nium  et  proprietas  tocius  litoris  et  maritime  pertinenciarum 
ipsius  casalis,  in  quantum  a  mari  infra  terram  per  iactum 
baliste  ipse  pertinencie  protenduntur,  tanquam  ex  antiquo 
ad  regiam  dignitatem  pertinencia  in  nostro  demanio  et  do- 
minio reserventur.  Et  quod  animalia  massariarum,  aracia- 
rum  et  marescallarum  nostrarum  libere  sumere  valeantpa- 
scua  in  eodem  casali  et  tenimento  suo,  fidelitate,  mandato, 
constitucione  nostra  pridie  edita  in  solemni  Curia  nostra 
celebrata  in  civitate  Panormi,  predicto  servicio  et  cuiuscum- 
que  alterius  iuribus  semper  salvis.  Ad  huius  autem  conces- 
sionis et  confirmacionis  nostre  memoriam,  ac  robur  perpe- 
tuo valiturum ,  sibi  exinde  presens  privilegium  fieri  iussi- 
mus ,  et  magestatis  nostre  pendenti  sigillo  muniri.  Datum 
Messane  anno  domini  millesimo  ducentesimo   octuagesimo 


(1286)  —  316  — 

sexto,  vicesimo  septimo  eiusdem,  quartedecime  indicionis,  re- 
gni nostri  anno  primo. 

Dai  registro  4  della  Conservatoria  di  Registro  (Mercedes)  an- 
no 1413-39,  a  fol.  629  e  seg.  (Arch.  di  Stato  di  Palermo),  nel  quale 
trovasi  inserito  in  conferma  del  1296  del  Re  Federico  li  aragonese. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  701  ,  fol.  178  r.  della  medesima 
Conservatoria,  che  contiene  le  trascrizioni  fatte  nel  secolo  XVIII. 
Altre  copie  sono  nei  volumi  mss.  Qq.  G.  1,  fol.  187  r.,  e  Qq.  G.  4 
fol.  36  r  (Bibl.  Gom.  di  Palermo),  ed  in  entrambi  si  indica  :  «  Ex 
libro  magno  confìrmationum  prìvilegiorum  etc.  in  officio  regii 
Gonservatoris»,  cioè  dal  reg.  4  sopra  notato. 

È  utile  accennare  che  nel  ms.  Qq.  G.  1  manca,  dopo  le  parole 
curie  nostre  prestando ,  tutta  la  parte  del  documento  sino  alle 
parole  iuribus  semper  salvis.  A  fol.  189  r.  dello  stesso  volume 
vedesi  nel  margine  una  breve  genealogia  di  Guido  Talac  e  suoi 
discendenti. 

La  lettera  del  Re  Pietro  I  dell'anno  di  13a  indizione  [1284-85], 
che  è  qui  indicata  dal  Re  Giacomo,  non  si  conserva  nel  suo  testo, 
ed  è  stata  da  me  notata  sopra  ,  fra  i  documenti  del  Re  Pietro 
(doc.  n.  XCIX). 


OXLVI. 

1286,  maggio  31,  indizione  14a,  Monforte. 

Il  Vicesecreto  delle  Valli  di  Demone  e  Milazzo,  Riccardo  Can- 
diloro,  essendo  stato  avvertito  con  lettera  {inserta)  del  Secreto  di 
Sicilia,  Bartolomeo  di  Castiglione,  del  25  maggio,  per  curare  l'im- 
missione in  possesso  di  alcune  terre  nella  fiumara  di  Rametta , 
appartenenti  a  Filippa  e  Fenicia  Marchisotto ,  ordinata  dal  Re 
Giacomo  con  lettera  del  24  maggio  (cfr.  doc.  n.  GXLIV),  adem- 
pie l'incarico  affidatogli. 

In  nomine  domini  amen.  Anno  eiusdem  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  sexto,  mense  madii,  ul- 
timo eiusdem,  quartedecime  indicionis.  Regnante  serenissimo 


—  317  —  (1286) 

domino  nostro  domino  lacobo,  dei  gracia  inclito  Sicilie  re- 
ge,  ducatus  Apulie  et  principatus  Capue,  regni  eius  anno 
primo  feliciter  amen.  Nos  Philippus  Morabitus  Iudex  terre 
Montisfòrtis,  Michael  de  Presbitero  Nicolao  regius  publicus 
eiusdem  terre  notarius  et  testes  subscripti ,  ad  hoc  vocati 
specialiter  et  rogati ,  presenti  scripto  publico  notum  faci- 
mus  et  testamur  quod  Riccardus  Gandiloro,  Vicesecretus  et 
vicemagister  procurator  Curie  vallium  Demone  et  Milacii , 
ostendit  nobis  quasdam  licteras  sibi  missas  a  nobili  viro 
domino  Bartholomeo  de  Gastellione ,  regio  Secreto  et  ma- 
gistro  procuratore  Sicilie  citra  flumeri  Salsum,  continencie 
talis  :  Provido  viro  Riccardo  Gandiloro  Vicesecreto  et  Vice- 
magistro  procuratori  vallium  Demone  et  Milacii  etc.  Bartho- 
lomeus  de  Castelione  regius  Secretus  et  magister  procurator 
Sicilie  citra  flumen  Salsum  etc.  Nuper  a  sacra  regia  Maie- 
state  sacras  recepimus  licteras  in  hac  forma  : 

[Segue  il  testo  della  lettera  del  Re  Giacomo  del  24  mag- 
gio 1286]. 

Cum  igitur  ad  exequucionem  predicti  sacri  mandati  regii 
nos  oporteat  procedere  cum  effectu,  nec  ad  id  exequendum 
possimus  personaliter  interesse  aliis  serviciis  regiis  occupati, 
exequucionem  ipsius  vobis ,  loco  et  vice  nostri,  prò  parte 
Curie  duximus  totaliter  commictendam  ,  prudencie  vestre 
ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate,  mandamus  quate- 
nus  predicti  sacri  mandati  regii  forma  diligenter  inspecta , 
et  in  omnibus  observata,  receptis  presentibus ,  magistrum 
Bartholomeum  de  Bella  de  Messana,  procuratorem  predicta- 
rum  actricum  prò  una  tercia ,  nomine  et  prò  parte  diete 
Philippe,  et  prò  reliquis  duabus  terciis  nomine  et  prò  parte 
predicte  Fenicie,  in  possessione  predictarum  duarum  pe- 
ciarum  terrarum  ,  sitarum  in  fiumana  Ramecte  ,  iuxta  ter- 
ras  sancte  Marie  de  monacis,  et  si  qui  alii  sunt  confi nes, 
que  ad  presens  prò  parte  regie  Curie  procurantur,  induca- 
tis  prò  exequucione  sentencie  supradicte.  De  cuius  inducio- 
ne  seu  assignacione  predictarum  duarum  peciarum  terrarum 
facta  per  vos  predicto  magistro  Bartholomeo  duo,  ac  de  to- 


(1286)  —  318  — 

to  processu  vestro  habito  in  premissis,  cuoi  forma  presen- 
tis ,  fieri  faciatis  quinque  publica  consimilia  instrumenta , 
quorum  unum  prefatis  matri  et  filie  ad  cautelam  earum 
assignetis ,  reliqua  quatuor  nobis  mietere  debeatis.  Reten- 
turi  nobis  et  remissuri  ea,  que  vobis  superius  est  iniunctum. 
Datura  Messane  vicesimo  quinto  madii,  quartedecime  indi- 
cionis  [1286J.  Ad  quarum  licterarum  exequucionem  predictus 
Vicesecretus  debito  effectu  procedens,  pretitulato  ultimo  die 
dicti  mensis  madii,  nobis  presentibus  et  videntibus,  induxit 
prò  exequucione  sentencie  supradicte  predictum  Bartholo- 
meuin  de  Bella,  procuratorern  actricum  predictarum,  nomi- 
ne et  prò  parte  actricum  ipsarura,  videlicet  prò  una  tercia 
nomine  et  prò  parte  predicte  Philippe,  et  prò  reliquis  dua- 
bus  terciis  nomine  et  prò  parte  predicte  Fenicie ,  in  pos- 
sessione predictarum  duarum  peciarum  terrarum  sitarum 
in  fiumana  Ramecte  iuxta  terras  sancte  Marie  de  monacis, 
et  si  qui  alii  sunt  confines.  Unde  ad  futuram  memoriam  et 
tam  regie  Curie,  quam  predictarum  Philippe  et  Fenicie  filie 
sue  cautelam,  facta  sunt  exinde  quinque  publica  consimilia 
instrumenta  per  manus  mei  predicti  notarii,  sigillo  et  sub- 
scripcione  meique  predicti  Iudicis  ac  subscriptorum  testium 
testimonio  communita.  Actum  in  Monteforte  anno,  mense,  die 
et  indicione  premissis. 

f  Ego  Philippus  Morabitus  Iudex  Montisfortis. 

f  Ego  Stephanus  de  Presbitero  testor. 

-j-  5Ef(ó  'Itóàvvec  Tuarqp  {jLàpTopoo. 

f  Ego  presbiter  Iohannes  de  Sancto  Georgio  testor. 

f  Ego  Alexius  Salvasuctus  testor. 

f  Ego  presbiter  Petrus  de  Sancto  Micaele  testor, 

f  Ego  Nicolaus  de  Presbitero  testis  sum. 

f  Ego  Perronus  de  Presbitero  testis  sum. 

f  Ego  Iohannes  de  Morabito  testor 

f  Ego  Perrectus  Gugilarius  testis  sum. 

f  Ego  Girardus  de  Presbitero  monaco  testor. 

f  Ego  Nicolaus  de  Perrectis  testor. 


—  319  —  (1286) 

f  Ego  Iohannnes  de  Perrectis  testis  sum. 

f  Ego  Nicolaus  Suppa  testor. 

f  Ego  Guillelmus  de  Iohanne  Marco  testor. 

f  Ego  Michael  de  Presbitero  Nicholao  regius  publicus 
Montisfortis  notarius  preraissis  interfui  et  rogatus  subscripsi 
ìdioysipux;. 

Dalla  perg.  di  n.  164  del  Tabularlo  di  S.  Maria  Maddalena 
in  Messina  (Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Si  rileva  da  questo  documento  1'  esatta  e  sollecita  corrispon- 
denza tra  il  Secreto  di  Sicilia  ed  i  Vicesecreti  per  quanto  con- 
cerneva gli  affari  del  fisco.  Tra  le  firme  se  ne  trova  in  fine  una 
in  greco,  con  traduzione  in  latino  appostavi  nel  secolo  XVII,  oltre 
la  parola  ISto^stpoù?  (di  propria  mano;  aggiunta  dal  notaro;  e  ciò 
dimostra  che  nella  regione  messinese  le  tradizioni  di  popolazioni 
greche  non  fossero  ancora  spente.  Un  tardo  esempio,  oltre  quelli 
del  1280  e  1342  (non  del  1291,  come  per  equivoco  riporta  Gusa, 
I  diplomi  greci  ed  arabi  di  Sicilia.  Palermo,  1868,  pag.  746,  nu- 
mero 198,  perchè  il  doc.  è  del  tempo  del  Re  Pietro  II)  è  un  atto 
in  lingua  greca  dell'anno  1338  stipolato  nella  terra  di  Fiumedi- 
nisi,  che  rimase  ignorato  dal  Cusa,  e  fu  pubblicato  (con  versione) 
dall'egregio  benef.  Ignazio  Di  Matteo,  Una  pergamena  inedita, 
in  greco,  del  1338  fin  Arch.  Stor.  Sicil.  an.  XXVIII,  1903,  pag.  460 
e  seg).  Altro  atto  in  greco,  che  il  Gusa  (pag.  746  n.  199)  erronea- 
mente assegnò  agli  anni  1331-35,  è  stato  dimostrato  dal  prof.  Ga- 
rufi appartenere  invece  agli  anni  1192-94,  nella  sua  memoria  Un 
documento  greco  ritenuto  del  secolo  XIV  e  la  diplomatica  greco-si- 
cula  (in  Arch.  Stor.  Bai.  Serie  5a,  an.  1898,  pag.  73  e  seg.).  L'af- 
fermazione del  Garufi  (pag.  77)  che  l'uso  di  scrivere  gli  atti  in 
greco  sia  cessato  in  Sicilia  nel  principio  del  sec.  XIV  non  sa- 
rebbe però  corroborata  da  prove,  per  l'esistenza  degli  atti  del  1338 
e  1342  da  me  dianzi  notati.  Cfr.  su  i  giudici  e  stratigoti  greci  in 
Messina  la  memoria  del  medesimo  Garufi  ,  Su  la  Curia  strati- 
goziale  di  Messina  nel  tempo  normanno  -  svevo  (in  Arch.  Stor. 
Messinese,  an.  V,  1904,  pag.  1  e  seg). 


(1286)  —  320  — 


OXLVII. 

1286,  prima  del  21  giugno. 

La  Regina  madre  Costanza  ed  il  Re  Giacomo  trasmettono  al 
Re  Alfonso  III  di  Aragona,  per  mezzo  delV Ammiraglio  Ruggiero 
Loria,  una  lettera,  con  la  quale  avvertono  il  suddetto  Re  che  essi 
non  sono  disposti  a  trattare  una  pace  vantaggiosa  (uberiorem), 
se  loro  non  rimarrà  V  isola  di  Sicilia ,  e  che  è  vano  altrimenti 
spedire  nuovi  nunzi,  perchè  non  otterranno  nulla,  ed  anzi  la  loro 
missione  (nunciorum  missio)  potrebbe  arrecare  ai  medesimi  grave 
pericolo. 

(La  notizia  di  questa  lettera  è  contenuta  nell'altra  del  Re  Al- 
fonso al  Principe  di  Salerno,  del  21  giugno). 

Egregio  et  inclito  viro  domino  Karolo,  illustri  Principi 
Salernitano.  Alfonsus  dei  gracia  rex  Aragonum  etc.  Nove- 
ritis  nos  ex  parte  domine  regine  matris  nostre  ac  domini 
Iacobi  fratris  nostri  [per]  nobilem  Rogerium  de  Lauria  al- 
miratum  nostrum  [quam]  eorum,  licteras  recepisse,  et  tam 
per  ipsum  Rogerium  quam  per  eorum  licteras  cercioratos 
ac  certificatos  fuisse  expresse  quod  nullam  omnino  compo- 
sicionem  seu  pacem  uberiorem  facerent,  nisi  eis  saltem  in- 
sula Sicilie  remaneret,  et  quod  prò  alia  composicione  tra- 
ctanda  nullo  modo  ad  eos  nostros  nuncios  micteremus,  cum 
non  possunt  in  hac  parte  aliud  obtinere ,  et  posset  predi- 
ctorum  nunciorum  missio  eis  afferre  periculum  valde  ma- 
gnum;  quare  rogamus  vos  quatenus  si  in  Siciliam  non  mi- 
ctimus  sicut  vobiscum  condixeramus  et  ordinaveramus,  nos 
habere  velitis,  si  placuerit,  excusatos.  Et  super  bis  credatis 
Guillelmo  Durfortis,  quem  ad  vos  propterea  duximus  trans- 
mictendum.  Datum  Barchinone  XI  kalendas  Iulii  [1286]. 

Dal  reg.  n.  60  del  regno  di  Alfonso  II,  a  fol.  125  (Arch.  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona). 

Tale  lettera  importantissima  di  Alfonso,  sconosciuta  al  Carini 
ed  all' Amari,  è  stata  da  me  pubblicata  in  Barcellona  nella  me- 


—  321  —  (1286) 

moria  Documenti  su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  cit.  nell'il- 
nuari  (1908)  pag.  349,  doc.  VI,  ed  ho  creduto  conveniente  qui  ri- 
produrla. 

Essa  dimostra  le  pratiche  che  tenevansi  col  principe  di  Saler- 
no, prigione  nel  cartello  di  Siurana  in  Catalogna,  per  gli  affari 
di  Sicilia,  e  le  divergenze  che  sorgevano. 

Manca  il  testo  della  lettera  di  Costanza  e  di  Giacomo,  che  per 
buona  ventura  fu  dal  Re  Alfonso  riferita  in  sunto  nella  propria 
al  principe  di  Salerno.  Il  Re  Alfonso  nello  stesso  giorno  assicu- 
rava il  fratello  Giacomo,  in  risposta  alla  sua  lettera  ed  alle  co- 
municazioni a  voce  del  Loria,  che  il  principe  di  Salerno  era  ben 
custodito,  e  che  egli  (Alfonso)  non  avrebbe  trattato  alcuna  pace 
senza  l'esplicito  consenso  di  Giacomo,  e  giova  riportarne  le  pa- 
role per  quest'ultima  parte  :  «  Fraternitati  vestre  presentibus  in- 

notescat quod  de  eodem  principe  aliqua  convencio,  ordi- 

nacio  seu  composicio  non  Set  absque  cosciencia,  consensu,  ordi- 
ne et  voluntate  fraternitatis  vestre  ,  et  de  hoc  sicuri  estote  prò 
firmo  et  nullatenus  dubitetis,  quia  nostri  semper  adest  firmi  pro- 
positi tam  de  hiis ,  quam  de  omnibus  aliis  nil  aliud  tractare  et 
facere,  nisi  ea  que  de  vestri  cosciencia,  consensu  et  voluntate  pro- 
cedant  ».  Quest'altro  doccumento  fu  da  me  pure  edito  nel  1909  nel- 
YAnuari  cit.,  pag.  350,  doc.  VII.  Cfr.  ancora  pag.  342  per  altre 
notizie. 

Le  proposte  di  pace  furono  poi  riprese  nel  marzo  dell'  anno 
seguente  (V.  doc.  del  1287). 


OXLVIII. 


1286,  luglio  19,  indizione  14a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  concede  a  Guglielmo  Conto,  portiere,  ed  alla 
moglie  Venuta  di  Messina,  e  loro  eredi  in  perpetuo,  il  casale  di 
Ramina,  sito  nella  Valle  di  Milazzo,  prima  posseduto  da  Palmieri 
de  Riso,  ribelle,  ed  una  casa  sita  in  Messina  nella  contrada  Con- 
ceria, che  era  appartenuta  a  Nicoloso  de  Riso  figlio  di  Corrado, 
che  nel  combattimento  navale  contro  gli  Angioini  (in  conflictu  ga- 
learum  Provincialium)  nell'isola  di  Malta  fu  preso  prigioniero. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  21 


(1286)  —  322  — 

È  imposto  l'obbligo  della  successione  col  diritto  dei  Franchi,  con 
la  riserva  per  quanto  spetta  al  demanio,  anco  per  la  foresta  regia 
detta  Linaria,  secondo  la  costituzione  «  pridem  edita  in  solemni 
Curia  nostra  celebrata  in  ci  vitate  Panormi  ». 

La  pergamena  originale  si  conservava  nell'Archivio  del  Prio- 
rato Gerosolimitano  in  Messina. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  ms.  Qq.  H.  12  Diplomatum  mi- 
litum  S.  Iohannis  Hierosolimitani  et  Templariorum  di  Antonino 
Amico,  a  fol.  164  (nella  Bibl.  Gom.  di  Palermo).  Altra  più  mo- 
derna, cioè  del  primo  ventennio  del  secolo  XIX,  è  nel  voi.  14:24 
bis  della  Conservatoria  di  Registro  (Regie  Visite)  al  n.  9  (nel- 
l'Arch.  di  Stato  di  Palermo)  ;  nel  quale  voi.  sono  trascritti  vari 
doc.  dell'Ordine  gerosolimitano.  Tale  copia  contiene  varie  inesat- 
tezze, anco  per  il  nome  del  Casale,  che  è  detto  Becinina  ,  e  per 
la  provenienza  che  si  designa  dal  registro  del  Protonotaro  del 
regno,  fol.  337  (sic). 

Pirri,  Sicilia  Sacra,  Panormi  [Venetiis]  1733,  t.  II,  pag.  937 
pubblicò  un  breve  e  ristretto  frammento  della  prima  parte  del  pri- 
vilegio, e  con  data  di  luglio  senza  indicazione  del  giorno.  Gre- 
gorio ,  Bibl.  script,  arag.  t.  II,  pag.  500  ne  die  il  testo  intero, 
ricavandolo  dal  suddetto  ms.  di  Amico.  Il  Gregorio  indica  però 
per  equivoco  quel  ms.  Qq.  H.  60,  invece  di  Qq  H.  12,  e  premette 
al  privilegio  questo  argomento  indeterminato  :  «  Formula  conces- 
sionis  feudalis  cum  nonnullis  clausulis  feudalibus  ». 

Viene  ricordato  tale  documento  da  Gregorio,  Opere,  pag.  212 
in  nota,  e  da  Amari,  9a  ediz.  voi.  I,  pag.  215,  ma  con  data  ine- 
satta del  9,  invece  del  19  luglio. 

La  battaglia  navale  in  Malta  era  avvenuta  nel  1283 ,  con  la 
sottomissione  dell'isola  all'ammiraglio  Loria,  come  narra  1' Amari, 
voi.  II,  pag.  15  e  seg.  ricordando  questo  documento  per  la  pri- 
gionia di  Nicoloso  de  Riso  (pag.  17,  nota  2).  L'antica  foresta  re- 
gia Linaria,  sita  nella  valle  di  Demona,  era  (come  ricorda  il  Bar- 
beri, Capibrevì ,  ediz.,  Silvestri  cit.,  voi.  II,  pag.  41)  «  una  ex 
antiquis  forestis  et  principalibus  regaliis  regii  patrimonii,  regie 
Secrecie  nobilis  civitatis  Messane  annexa  et  incorporata».  Dei 
feudi  Bambali  o  Bamina  e  Casalotto  dà  notizia  lo  stesso  Barbe- 
ri (voi.  cit.,  pag.  35)  per  il  tempo  posteriore,  e  dice  che  sono  «  in 
confinibus  territorii  terrarum  Tripi  et  Montis  Albani». 


323  —  (1286) 


oxlix. 

1286,  luglio,  indizione  14a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  annunzia  ai  doganieri  della  dogana  Paliario- 
rum  di  Messina  di  avere  assegnato  a  Baliano  Bivaigna,  di  quella 
città,  e  suoi  eredi,  onde  due  di  oro  annuali,  in  compenso  di  un 
casaleno,  che  il  suddetto  Baliano  intendeva  costruire  innanzi  la 
Loggia  dei  Catalani,  per  la  quale  costruzione  fu  fatto  a  lui  di- 
vieto, perchè  danneggiava  quella  Loggia,  che  per  mandato  del  Re 
allora  si  edificava.  Ordina  pertanto  che  sia  pagata  la  somma  an- 
nuale stabilita  al  Bivaigna  ,  sino  a  quando  sarà  dato  a  lui  un 
cambio  equivalente. 

Iacobus  dei  gracia  etc.  Dohaneriis  dohane  paliariorum 
Messane ,  tam  presentibus  quam  futuris  etc.  Cura  Baliano 
Bivaigne,  de  Messana,  fideli  nostro  et  heredibus  suis ,  prò 
excambio  cuiusdam  casalini  sui ,  siti  in  dieta  civitate  Mes- 
sane ante  Logiam  Catalanorum,  iuxta  domum  Iobannis  Ci- 
ribelli  et  secus  vias  publicas,  quod  edificare  intendebat  prò 
suis  tamen  utilitatibus  peragendis,  et  sibi  per  Guriam  no- 
strani fuisset  inhibitum  quod  ipsum  non  edificaret,  prò  eo 
quod  predicti  casalini  edificacio  fieri  non  posset  absque  dam- 
no  et  preiudicio  Logie  supradicte,  que  de  mandato  excellen- 
cie  nostre  construitur,  donec  sibi  et  suis  heredibus  de  ali- 
quo  equivalenti  excambio  de  excadenciis  nostre  Curie  pro- 
videri  serenitas  nostra  mandet,  in  unciis  auri  duabus  ponde- 
ris  generalis  per  annum,  a  XV0  die  presentis  mensis  lulii 
huius  XIIIJ6  indicionis  in  antea  duxerimus  providendum  , 
qui  Balianus  predictum  casalinum  in  manibus  nostre  Cu- 
rie resignavit,  et  cessit  cuilibet  iuri  et  adoni,  quod  et  quam 
ipse  et  dicti  sui  heredes  in  eo  habebant,  habent  et  habere 
possunt  forsitan  in  futurum.  Fidelitati  vestre  raandamus  qua- 
tenus  eidem  Baliano  et  dictis  suis  heredibus,  donec  sibi  vel 
eisdem  heredibus  suis,  de  equivalenti  excambio,  ut  prescri- 
bitur,  per  Guriam  nostrani  provideatur,  predictas  uncias  auri 


(1286)  —  324  — 

duas  eiusdera  ponderis  generalis  per  annum,  a  predicto  XV0 
die  presentis  mensis  lulii  in  antea,  de  pecunia  Curie  nostre, 
que  est  vel  erit  per  manus  vestras,  racione  donane  ipsius, 
prò  huiusmodi  excambio  exhibere  et  solvere  prò  parte  Cu- 
rie studeatis,  recepturi  exinde  ad  vestri  cautelam  idoneam 
apodixam.  Datum  Messane,  anno  domini  M°  CC°  LXXXVP, 
mense  lulii  eiusdem  X1I1J6  indicionis ,  regni  nostri  anno 
primo. 

Dal  reg.  3  (an.  1343)  della  Regia  Cancelleria,  fol.  94r.-96r.  (Arch. 
di  Stato  di  Palermo).  Il  documento  è  inserto  in  altro  del  1°  set- 
tembre dello  stesso  anno  ,  da  me  appresso  riferito.  Se  ne  trova 
pure  il  testo  nel  reg.  4  (an.  1340)  a  fol.  75. 

Col  nome  di  dohana  paliariorum  si  intendeva  allora  in  Mes- 
sina la  dogana  di  terra.  Nella  Pandetta  di  Messina  posteriore  al 
1305  sono  le  regole  per  l'esazione  della  «  Gabella  dohane paliario- 
rum Messane»,  come  si  ricava  dal  testo  del  sec.  XIV  da  me  dato 
in  luce,  riveduto  sui  manoscritti  (V.  Pandette  delle  gabelle  regie 
cit.,  pag.  51,  ed  altresì  pag.  Vili).  Manca  invece  nel  codice  di  Ca- 
gliari edito  da  Sella  quella  denominazione,  che  è  sostituita  dal- 
l'altra :  Cabella  dohane  terre,  forse  ritenendosi  più  chiara  in  rap- 
porto al  capitolo  che  precede  su  la  gabella-di  dohana  maris  (cfr. 
Pandetta  delle  gabelle  di  Messina,  pag.  68).  Il  nome  Paleariorum 
indicava  la  contrada  ,  nella  quale  sorgeva  la  dogana.  In  un  do- 
cumento del  20  novembre  1285  ed  in  vari  altri  è  infatti  la  men- 
zione della  contrada  de  paleariis  fuori  le  mura  di  Messina  e  presso 
magna  via  publica  ad  oriente,  ed  altresì  della  contrata  dohane 
regie  paleariorum  (perg.  162,  179,  206,  286,  493,  765  del  Tabula- 
rio  di  S.  Maria  Maddalena,  e  perg.  345  e  346  del  Tab.  di  S.  Maria 
di  Malfino,  nell'Arch.  di  Stato  di  Palermo).  Si  riscontra  quel  nome 
sino  ai  primordi  del  secolo  XV  insieme  ad  altri  per  le  contrade 
dei  setaiuoli,  auripellari,  coppulari  ecc.  in  Messina,  onde  riesce 
probabile  che  si  riferisse  ai  mercanti  di  paglia  (cfr.  Ducange  , 
voce  Palearia,  horreum  palearum). 

Degna  di  nota  è  altresì  la  menzione  della  Loggia  dei  Catalani 
che  veniva  in  quegli  anni  costruita.  Dal  documento  del  1268  del 
Re  Corrado  II  per  i  Pisani  ricordato  da  me  sopra  (pag.  99  e  seg.) 
si  rileva  che  quel  Re  prometteva  di   far  ricostruire  la  loggia  di 


325  —  (1286) 


Messina  nella  stessa  forma  e  bellezza  architettonica,  come  era  in- 
nanzi la  sua  distruzione.  Sembra  pertanto  che  il  Re  Giacomo  anco 
per  i  suoi  Catalani  abbia  curato  di  fornire  comoda  e  decorosa  se- 
de per  trattarvi  gli  affari  del  loro  commercio,  né  può  darsi  altro 
speciale  significato  alle  parole  :  «  que  de  mandato  excellencie  no- 
stre construitur  ». 


CL. 

1286,  agosto,  indizione  14a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  accogliendo  la  supplica  del  suddiacono  maestro 
Enrico  di  Messina  ,  legittima  il  figlio  di  lui  nato  da  Francesca 
donna  libera,  e  lo  ammette  in  tutti  i  diritti  paterni  e  materni , 
tranne  se  feudali,  secondo  le  leggi  romane  e  le  consuetudini  della 
città  di  Messina,  ed  in  tutti  gli  atti  ed  onori,  nonostante  qual- 
siasi legge  contraria. 

Tacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Dignum  esse  decrevimus  et  consentaneum  ra- 
cioni  ut  hii ,  quos  interdum  in  legitimis  actibus  defectus 
natalium  impedit ,  legitiraacionis  honore  per  principem  re- 
parentur,  et  si  quando  regius  vel  imperialis  favor  fidelium 
supplicacene  requiritur,  liberaliter  largiatur.  Hinc  est  quod 
cum  magister  Henricus  de  Messana  clericus  subdiaconus , 
tìdelis  noster,  prò  legitimacione  Iohannis  fìlli  sui,  habiti  et 
suscepti  ex  Francisca  de  Messana  muliere  soluta,  nostre  cel- 
situdini supplicarit,  nos  ipsius  supplicacionibus  inclinati,  di- 
ctum  Iohannem  naturalem  esse  scientes,  de  plenitudine  po- 
testatis  nostre  et  ex  certa  sciencia  legitimamus  eundem,  et 
ipsura  ad  omnia  iura  legitima  restituì mus,  ut  tatnquam  legi- 
timus  et  de  legitimo  thoro  natus  in  bonis  paternis  et  raa- 
ternis,  que  feudalia  non  existant,  succedat,  tam  secundum 
iura  romana,  quam  eciam  secundum  consuetudines  civitatis 
Messane,  obtentas  et  observatas  in  eadem  civitate  Messane 


(1286)  —  326  — 

in  successione  liberorum,  et  ad  omnes  actus  publicos  et  ci- 
viles  honores,  si  se  casus  ingesserit,  adtnictatur,  et  in  cun- 
ctis  aliis  suam  libere  prosequi  valeat  accionem ,  obiecione 
prolis  inlicite  in  posterum  quiescente ,  et  lege  aliqua  non 
obstante,  et  illa  precipue  que  legitirnare  spurios,  nisi  ex  certa 
sciencia,  non  permictit.  Ad  huius  autem  legitimacionis  et  gra- 
cie  nostre  memoriara  et  robur  perpetuo  valiturum  presens 
scriptum  fieri  per  magistrum  Vinchiguerram  de  Palicio  de 
Messana  regni  Sicilie  Prothonotarium,  dilectum  consiliarium, 
familiarem  et  fìdelem  nostrum,  et  sigillo  pendenti  maiesta- 
tis  nostre  iussimus  communiri.  Datum  Messane  anno  do- 
mini millesimo  ducentesimo  octuagesimo  sexto,  mense  au- 
gusti eiusdem  quartedecime  indicionis  ,  regni  nostri  anno 
primo. 

Dalla  perg.  91  del  regno  di  Alfonso  li  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

È  d'uopo  notare  che  nella  pergamena  trovasi  apposta  una  leg- 
giera linea  di  cancellazione  dalle  parole  tam  secundum  tura  sino 
successionibus  liberorum.  Sembra  però  che  tale  linea  sia  stata 
segnata  posteriormente  ,  e  non  abbia  alcun  valore.  Nella  perga- 
mena rimase  in  fine  molto  spazio,  e  certamente  per  capriccio  fu- 
rono scritte  le  parole  Iacobus  dei  grada  ed  altre  del  tutto  inu- 
tili. Si  legge  infatti  in  una  trascrizione  moderna  del  privilegio 
questa  annotazione  dell'archivista  catalano:  «  Este  documento 
n.  91  parece  ser  un  borrador  inutil,  si ,  a  mas  de  las  emiendas 
que  tiene,  se  entretubo  el  escribiente  en  poner  varios  nombres  y 
escribir  otras  cosas  inconexas  quisa  para  provar  la  piuma  ».  Non- 
dimeno è  inesatta  l'affermazione  che  il  documento  sia  una  bozza 
inutile  ,  soltanto  perchè  contiene  qualche  errore  ed  inoltre  vari 
sgorbi  fatti  per  provare  la  penna  in  tempo  posteriore. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  Il,  pag.  209  dà  un  sunto  fu- 
gace del  documento,  e  nota  per  errore  l'indizione  XV  invece  del- 
la XIV. 

Notevoli  sono  nel  privilegio  il  ricordo  della  esclusione  dei  beni 
feudali  (se  ve  ne  siano)  dagli  effetti  della  legittimazione,  essendo 
quei  beni  regolati  da  leggi  particolari ,  ed  inoltre  la  menzione 
delle  leggi  romane  (cioè  lib.  V,  tit.  27  del  Codice  di  Giustiniano 


—  3°27  —  (1286) 

e  Novelle  74  e  89)  e  delle  consuetudini  di  Messina,  per  le  quali 
si  dice  espressamente  :  obtente  et  observate  in  eadem  civitate,  pro- 
vandosi in  tal  modo  che  fossero  allora  riunite  in  codice  ,  anco 
perchè  simile  è  il  titolo  che  esse  hanno  :  obtente  et  approbate  in 
contradictorio  iudìcio  nell'  edizione  principe  (1498)  di  Appulo  , 
derivata  da  manoscritti  ora  perduti.  La  consuetudine  di  Messina 
è  la  XXII  De  exheredatione  liberorum  et  spuriis  (ediz.  Vito  La 
Mantia  ,  Ant.  Consuet.  cit.,  pag.  40).  Si  desume  altresì  che  nei 
primordi  del  dominio  di  Giacomo  fosse  investito  della  dignità  di 
Protonotaro  del  regno  Vinciguerra  Palizzi. 


OLI. 

1285  settembre  a  1286  agosto,  indizione  14a. 

Il  Re  Giacomo  concede  in  rimunerazione  delle  sue  benemeren- 
ze a  Pietro  de  Ansatone,  Giudice  della  regia  Gran  Corte,  consi- 
gliere e  familiare,  ed  ai  suoi  eredi  iu perpetuo  onde  venti  d'oro  an- 
nuali su  vari  beni  ricaduti  per  confìsche  (de  excadenciis  et  morti- 
ciis)  alla  regia  Corte,  cioè  di  Alaimo  da  Lentini,  Francesco  de 
Imperatore,  Matteo  Scaletta,  Gualtieri  di  Caltagirone,  e  di  Bar- 
rasi Cadell  e  Guglielmo  Raimondo  provenzali,  e  con  l'obbligo  del 
militare  servizio'  (unius  militis). 

Questo  documento  è  ricordato  dal  Re  Giacomo  nell'altro  del 
31  maggio  1288  (cfr.  appresso)  per  conferma  della  suddetta  con- 
cessione. Il  ricordo  del  privilegio  anteriore  è  con  tali  parole  : 
«  Gum  ei  [ad  Ansalone]  tamquam  benemerito  suisque  heredibus 
in  perpetuum,  de  excadenciis  et  morticiis  Curie  nostre,  in  annuo 
redditu  unciarum  viginti  auri,  sub  servicio  unius  militis  ,  de  li- 
beralitate  nostra  et  speciali  gratia  nostra  sereni tas  providisset», 
dicendosi  ancora  che  «  olim  in  anno  XIIII  inditionis  primo  pre- 
terite »  fu  ordinata  l'immissione  in  possesso.  Sebbene  non  si  ri- 
levi da  quella  menzione ,  pare  che  Giacomo  avesse  come  Re ,  e 
non  nella  dignità  di  Luogotenente  generale,  fatto  quella  conces- 
sione ;  e  perciò  l'anno  di  14a  indizione  deve  intendersi  meglio  dal 
febbraio  1286,  dopa  la  coronazione,  altrimenti  Giacomo   avrebbe 


(1286)  —  328  — 

indicato  quella  circostanza ,  anco  per  il  beneplacito  regio.  Una 
copia  del  documento  del  1288  trovasi  nel  voi.  ms.  Qq.  G.  12  di 
Gregorio,  a  fol.  225  (Bibl.  Gom.  di  Palermo),  tratta  dall'  opera 
ms.  del  Barberi,  e  della  quale  offro  ora  cenno. 

Giovan  Luca  Barberi  diede  notizia  del  privilegio  della  14a  in- 
dizione (1285-86)  nel  riferire  il  testo  della  conferma  del  1288 
e  trattando  dei  feudi  o  casali  di  Saccolino  ,  Racalgibili ,  Aliano 
e  Longarino,  che  erano  tra  i  beni  assegnati  (cfr.  Barberi.  I  Ca- 
piòvevi,  voi.  I,  I  feudi  di  Val  di  Noto,  ediz.  Silvestri  cit.,  pag.  428 
e  seg.). 

Interessante  è  la  menzione  precisa  dei  beni  confiscati  al  cele- 
bre Alaimo  da  Lentini  ed  agli  altri  ribelli  in  Lentini,  Messina, 
Lardarla,  Siracusa,  Noto,  Catania,  Aci  e  Piazza.  Noterò  soltanto 
quelli  appartenenti  ad  Alaimo,  cioè  i  censi  dovuti  su  alcune  vi- 
gne in  Lentini,  oltre  vari  fondi,  una  casa  o  taberna  ed  un  giar- 
dino in  Catania  nella  contrada  di  porta  di  Aci  (de  Jacio),  ed  un 
altro  giardino  detto  de  Calatarosata  in  Aci. 

Su  la  confisca  dei  beni  di  Alaimo  già  avvenuta  nel  1285  ,  e 
della  quale  si  doleva  il  Re  Pietro  I  in  maggio  di  quell'  anno 
cfr.  sopra,  doc.  LXXVIII. 


OLII. 

1285,  settembre  a  1286  agosto,  indizione  14a. 

Il  Re  Giacomo  ordina  con  s«e  lettere  al  Secreto  e  Maestro  Pro- 
curatore di  Sicilia  al  di  qua  del  fiume  Salso,  Bartolomeo  di  Ca- 
stiglione, di  immettere  il  giudice  Pietro  de  Ansatone  nel  possesso 
dei  beni  e  terre  al  medesimo  assegnati  (cfr.  doc.  precedente)  per 
il  valore  di  onde  venti  di  oro  annuali. 

In  seguito  a  tale  ordine  il  Secreto  esegue  V  immissione  in 
possesso. 

La  menzione  precisa  di  tale  documento  dì  Giacomo  trovasi 
pure  nell'altro  di  conferma  del  31  maggio  1288,  come  per  il  pri- 
vilegio di  concessione  (doc.  CLI),  al  quale  conviene  rinviare  per 
altre  notizie.  Il  Re  dice  :  «  ad  mandatum  nostrum  tunc  per  lit- 
teras  ei  [al  Secreto]  factum  » . 


—  329  —  (1286) 

Barberi,  cit.,  pag.  428  offre  il  sunto  del  documento  per  l'ordi- 
ne al  Secreto,  ma  con  qualche  inesattezza,  quasi  che  la  devolu- 
zione di  quei  beni  al  fisco  fosse  avvenuta  dopo  la  concessione  del- 
l'assegno all'Ansalone  (et  exinde  per  excadenciam  ecc.). 


OLIII. 

1286,  settembre  1,  indizione  15a,  Messina 

II  Re  Giacomo  annunzia  ai  gabelloti  e  credenzieri  dell'  arco 
del  cotone  di  Messina  che  Baliano  Bivaigna  è  stato  pagato  dai 
gabelloti  della  dogana  Paleariorum  per  la  rata  da  luglio  ad  a- 
gosto  dell'assegno  a  lui  accordato  con  la  lettera  di  luglio  scorso 
(cfr.  doc.  GXLIX),  e  che  il  medesimo  Bivaigna  ha  restituito  alla 
regia  Corte  la  suddetta  lettera.  Ordina  pertanto  che  da  ora  in- 
nanzi debbano  invece  essi  pagare  le  onde  due  di  oro  annuali  al 
Bivaigna,  sino  a  che  sarà  provveduto  per  un  equivalente  cambio . 

Iacobus  dei  gracia  Rex  Sicilie  etc.  Cabellotis  seu  cre- 
denceriis  arcus  cuctoni  Messane,  tam  presentibus  quam  fu- 
turis  etc.  Pridem  [dohaneriis]  dohane  Paleariorum  Messane, 
tam  presentibus  quam  futuris,  per  nostras  patentes  licteras 
scriptum  extitit  in  hac  forma  : 

[Segue  il  testo  del  documento  di  luglio  1286]. 

Veruni  quia  supradictus  Balianus  celsitudini  nostre  hu- 
militer  supplicavit  quod,  satisfacto  sibi  per  dohanerios  pre- 
dicte  dpbane  Paleariorum  anni  XIIU6  [indicionis]  nuper  pre- 
terite de  tarenis  auri  septem,  granis  X  ponderis  generalis, 
contingentibus  eum  prò  rata  mensis  unius  et  dierum  XV , 
numeratorum  a  predicto  XVe  die  mensis  iulii  diete  XIIIJ6 
indicionis  in  antea  usque  per  totum  mensem  augusti  indi- 
cionis eiusdem,  de  summa  predicta  quantitatem  pecunie  a 
kalendis  presentis  mensis  septembris  huius  XV0  indicionis 
sibi  per  nos  tribui  mandaremus,  eius  supplicacionibus  be- 
nigne admissis,  predictis  patentibus  licteris   nostris   predi- 


(1286)  —  330  — 

ctis  dohaneriis  dohane  Paleariorum  proinde  directis,  per  eun- 
dern  Balianum  in  manibus  nostre  Curie  resignatis,  mandavi- 
mus  et  fecimus  lacerari.  Quare  fidelitati  vestre  precipiendo 
mandamus  quatenus ,  predicti  prioris  mandati  nostri  pre 
dictis  dohaneriis  directi  forma  diligenter  actenta  et  in  omni- 
bus observata,  donec  sibi  propterea  de  equivalenti  excambio 
serenitas  nostra  provideat,  dictas  uncias  auri  duas  a  predi- 
ctis  kalendis  septembris  XVe  indicionis  in  antea,  de  pecu- 
nia Curie  nostre,  que  est  vel  erit  per  manus  vestras  racione 
cabelle  arcus  cuctoni  predicti,  prò  predicto  excambio  exhi- 
bere  et  solvere  prò  parte  nostre  Curie  debeatis ,  recepturi 
ab  eo  exinde,  ad  Curie  vestrique  cautelam ,  ydoneam  apo- 
dixam.  Datum  Messane  anno  ìncarnacionis  dominice  M°  CC° 
LXXXVJ,  mense  septembris,  primo  eiusdem,  XV  indicionis, 
regni  nostri  anno  primo. 

Dal  reg.  3  (an.  1343)  della  R.  Cancelleria  ,  fol.  95  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo).  Il  documento  trovasi  inserto  in  altro  del  20 
marzo  1293  di  Federico ,  Luogotenente  del  Re  Giacomo.  Il  testo 
è  riferito  altresì  nel  reg.  4  (an.  1340)  a  fol.  75,  in  una  conferma 
posteriore. 

È  evidente  che  per  il  modo  più  facile  di  pagamento  fu  quel- 
l'assegno destinato  sui  proventi  della  gabella  dell'arco  del  cotone. 
Tali  cambiamenti  di  destinazione  di  pagamento  su  cespiti  di  ga- 
belle ed  altri  rami  finanziari  erano  allora  frequenti ,  secondo  i 
bisogni  e  le  spese  dell'erario. 

Le  regole  per  la  gabella  dell'arco  del  cotone  trovansi  nella  Pan- 
detta  di  Messina  posteriore  al  1305  (cfr.  il  testo  riveduto  nel  mio 
voi.  Le  Pandette  delle  gabelle  regie  cit.,  pag.  64). Le  città  di  Pa- 
lermo e  Trapani  avevano  pure  simile  gabella  (ivi,  pag.  21  e  35). 


OLIV. 

J286,  ottobre  2,  indizione  15a,  Messina. 

Beatrice,  figlia  del  Re  Manfredi,  col  consenso  del  curatore  Fe- 
derico Lancia,  Conte  di  Squillaci,  in  considerazione  dei  benefici 


—  331  —  (1286) 

ricevuti  da  suo  nipote,  il  Re  Giacomo  di  Sicilia,  specialmente  per- 
chè il  medesimo  a  sue  spese  la  liberò  dal  carcere,  dove  da  lungo 
tempo  languiva,  ed  altresì  curò  di  sposarla  convenientemente  (se- 
cundum  paragium)  con  Manfredi,  figlio  primogenito  ed  erede  del 
marchese  di  Saluzzo,  di  sua  spontanea  volontà  e  col  consenso  del 
suddetto  suo  sposo,  dona  irrevocabilmente  al  Re  Giacomo  l'intiero 
regno  di  Sicilia  ed  ogni  dritto  che  a  lei  appartiene  su  di  esso 
«  usque  ad  confinia  terrarum  sancte  Romane  Ecclesie»,  e  lo  im- 
mette «  per  fustem  »  nel  possesso  ampio'ed  assoluto.  Dichiara  inol- 
tre di  adempire  in  ogni  tempo  quanto  si  contiene  nella  suddetta 
donazione  ,  sotto  la  pena  di  onde  di  oro  centomila  ,  nel  caso  di 
contravvenzione  ,  e  rinunziando  ad  ogni  azione  che  alla  stessa 
Beatrice  appartiene  secondo  le  norme  del  diritto  civile  su  le  do- 
nazioni. A  maggior  cautela  lo  sposo  Manfredi  promette  di  osser- 
vare ed  adempire  quanto  ha  donato  Beatrice,  ed  entrambi  presta- 
no giuramento. 

Seguono  le  firme  di  vari  giudici  di  Messina  e  nobili.  Alla  per- 
gamena era  appeso  il  sigillo  di  Beatrice. 

(Atto  in  notar  Giovanni  de  Pellegrino,  di  Messina) 

In  nomine  domini  amen.  Anno  incarnacionis  eiusdem 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  sexto,  mense  octubris, 
secundo  die  mensis  eiusdem,  quintedecime  indicionis,  regnan- 
te domino  nostro  rege  Iacobo,  dei  gracia  serenissimo  rege 
Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue,  regni  eius  anno 
primo.  Corani  nobis  subscriptis  fudicibus  magne  regie  Cu- 
rie et  civitatis  Messane,  notano  Tohanne  de  Peregrino,  acto- 
rum  predicte  magne  regie  Curie  et  publico  predicte  civita- 
tis notario,  et  subscriptis  nobilibus,  comitibus,  baronibus , 
militibus  et  aliis  prò  bis  viris  ad  hoc  vocatis  [prò]  testibus  spe- 
cialiter  et  rogatis,  illustris  domina  domna  Beatrix,  fìlia  quon- 
dam illustris  regis  Manfridi,  memorie  recolende,  consenciens 
ex  certa  sciencia  in  nos  predictos  Iudices  et  notarium,  tam- 
quam  in  suos,  cum  auctoritate  egregii  viri  domini  Frederici 
Lancee,  comitis  Squillacensis,  curatoris  seu  mundualdi  sui, 
sibi  legitime  dati  ad  infrascripta,  ut  constitit,  actendens  ac 
diligenter  considerans  grata  satis  et  accepta  servicia,  bene- 
ficia et  honores,  que  dudum  predictus  dominus  noster  rex 


(1286)  —  332  — 

Iacobus  dei  gracia  inclitus  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  prin- 
cipatus  Gapue,  nepos  eius ,  sibi  contulit  ilariter  et  gratan- 
ter,  et  conferre  sibi  poterit  ìq  futurum,  maxime  quod  idem 
nepos  suus ,  suis  viribus  et  expensis  propriis ,  a  carcere 
liberavit  eamdem  ,  ubi  diu  fuerat  macerata ,  et  quod  idem 
nepos  suus  de  suo  proprio  maritavit  et  dotavit  eamdem,  se- 
cundum  paragium,  ut  constitit,  magnifico  viro  Manfrido,  pri- 
mogenito et  futuro  heredi  illustris  marchionis  Saluciarum, 
non  permictens  ea,  que  premiorum  remuneracione  sunt  digna 
inremunerata  transire,  cum  ex  instinctu  nature  humane  pro- 
cedat  ut  benefactoribus  bene  fiat ,  de  sua  bona,  gratuita  et 
spontanea  voluntate,  non  vi  coacta,  non  dolo  ducta,  set  ornili 
suo  Consilio  et  provisione  munita,  cum  expresso  consensu 
et  auctoritate  prcdicti  Manfridi  sponsi  seu  mariti  sui,  con- 
senciens  in  nos  predictos  iudices  et  notarium,  tanquam  in 
suos,  cum  sciret  ex  certa  sciencia  nos  non  esse  suos,  prout 
constitit  de  premissis,  donacione  facta  inrevocabiliter  inter 
vivos,  dedit,  tradidit  et  habere  concessit  eidem  nepoti  suo  • 
et  eius  heredibus  inrevocabiliter  et  in  perpetuum,  non  solum 
predictorum  benefìciorum  et  serviciorum  intuitu,  verum  e- 
ciam  pure  dileccionis  affectu,  totum  et  integrum  regnum  Si- 
cilie, ducatum  Apulie  et  principatum  Gapue,  et  totum  et  in- 
tegrum ius,  si  quidem  habet,  habere  potest  seu  sperat  ha- 
bere et  sibi  competit  et  competere  potest  in  regno,  ducatu 
et  principatu  predictis  quocumque  modo ,  iure  vel  causa , 
cum  dignitatibus,  honoribus ,  omnibus  iuribus  ,  racionibus 
et  pertinenciis  suis  usque  ad  confinia  terrarum  sancte  Ro- 
mane Ecclesie,  de  quo  quidem  regno,  ducatu  et  principatu 
predictis  et  omnibus  iuribus  eorumdem ,  predicta  domina 
Beatrix  eumdem  nepotem  suum,  ex  eadem  causa  donacio- 
nis ,  presencialiter  et  per  fustem  in  possessionem  et  quasi 
possessionem  induxit,  ac  eciam  investivit  ad  ipsum  regnum, 
ducatum  et  principatum  et  iura  ipsoruin  regni,  ducatus  et 
principatus,  habendum  de  cetero,  tenendum,  possidendum, 
utifruendum  et  gaudendum  cum  pieno  dominio  et  potesta- 
te,  de  eis  et  in  eis  faciendum  quicquid  sibi  et  suis  heredi- 


—  333  —  (1286) 

bus  placuerit  libere  velie  suum ,  proprietario  iure  et  titulo 
donacionis  ipsius.  Et  ex  ea  causa  omnia  iura ,  raciones  et 
acciones  reales,  personales,  utiles,  directas  et  mixtas,  que  et 
quas  ipsa  habet  et  habere  potest  seu  sperat  habere  in  di- 
cto  regno,  ducatu  et  prineipatu  predictis  et  iuribuseorumdem, 
dieta  domina  Beatrix,  cum  auctoritate  dicti  sponsi  sui ,  ut 
constitit,  et  curato  ris  seu  mundualdi  sui ,  a  se  et  suis  he- 
redibus  penitus  alienans  in  dictum  nepotem  suum,  cessit , 
transtulit  et  mandavit,  faciens  ipsum  exinde  procuratorem  in 
rem  suam  ut  possit  inde  agere,  causare,  excipere  et  repli- 
care ac  omnia  facere  et  exercere,  que  verus  dominus  potest 
facere  de  re  sua,  et  que  ipsa  facere  posset  si  presentem  do- 
nacionem  non  fecisset.  Promictens  eidem  nepoti  suo ,  sub 
hypotheca  bonorum  suorum,  se  ratum  et  fìrmum  tenere  et 
babere,  per  se  et  heredes  suos,  quicquid  dictus  nepos  suus 
vel  eius  heredes  super  premissis  duxerint  faciendum.  Quam 
quidem  donacionem,  et  omnia  et  singula  supradicta,  predi- 
cta  domina  Beatrix  convenit  et  promisit  per  stipulacionem 
solempnem,  per  se  et  eius  heredes,  predicto  nepoti  suo  et 
eius  heredibus ,  se  semper  et  omni  tempore  grata,  rata  et 
firma  tenere  et  habere,  inrevocabiliter  observare  et  in  nullo 
contravenire,  et  quod  de  predicto  regno,  ducatu  et  prinei- 
patu predictis  et  iuribus  eorumdem,  vel  parte  ipsorum,  a- 
licui  alteri  donacionem  seu  aliquam  alienacionem  non  fecit 
nec  in  predictis  dedit  vel  fecit  nocivum  vel  nociturum  ;  quod 
si  contrafecerit.  sponte  se  obligavit  ad  penam  unciarum  auri 
centum  milium  eidem  nepoti  suo  stipulanti  solemniter  et 
legitime,  seu  eius  heredibus  componendam,  per  solempnem 
stipulacionem  promissam,  sub  obligacione  bonorum  suorum 
omnium  habitorum  et  habendorum,  ratis  et  fìrmis  manenti- 
bus  omnibus'et  singulis  supradictis.  Renunciando  expressim 
omni  auxilio  iuris  et  facti,  excepcioni  doli  et  in  factum  con- 
dicioni  sine  causa ,  legi  per  quam  propter  vicium  ingrati- 
tudinis  donacio  revocatur ,  legi  eciarn  per  quam  revocatur 
donacio  si  donator  ad  inopiam  redigat,  et  alii  legi  qua  ca- 
vetur  donacionem  similiter  revocari  debere  si  donatrix  post 


(1286)  —  334  — 

donacionem  susceperit  filios,  filium  vel  filiam,  predicta  do- 
natrix  cerciorata  de  predictis  legibus  per  nos  iudices  supra- 
dictos,  quos  eciam  filios,  si  quos  ex  ea  nasci  contingerit,  ad 
predicta  omnia  obligavit,  et  se  facturam  et  curaturam  pro- 
misit  eidem  nepoti  suo  quod  ipsi  tìlii,  et  quilibet  eorum,  ra- 
tam  et  firmar»  in  perpetuum  tenebunt  et  habebunt  dona- 
cionem predicta m  et  omnia  et  singula  supradicta,  sub  pena 
et  obligacione  premissis.  Renunciavit  eciam  predicta  dona- 
trix  generaliter  omnibus  et  singulis  iuribus  et  casibus  legum, 
quibus  predicta  donacio  posset  infringi  vel  aliquatenus  irri- 
tari.  Et  ut  predicta  donacio  maiorem  habeat  firmitatem,  pre- 
dicta donacio  celebrata  extitit  insihuacione  premissa  solemp- 
niter  et  legitime,  ut  constitit.  Nihilominus  predictus  Manfridus. 
sponsus  predicte  domine  Beatricis,  consenciens  in  nos  pre- 
dictos  Iudices  et  notarium,  tamquam  in  suos,  ex  certa  sciea- 
cia  convenit  et  promisit  sollempniter  eidem  donatario  pre- 
dictam  donacionem  ac  omnia  et  singula  supradicta  semper 
et  omni  tempore  rata  et  firma  tenere,  inrevocabiliter  obser- 
vare,  et  in  nullo  contravenire,  ac  eciam  se  facturum  et  cu- 
raturum  per  se  et  heredes  suos  quod  predicta  domna  Bea- 
trix,  uxor  sua  per  se  et  heredes  suos  semper  et  omni  tem- 
pore grata,  rata  et  firma  tenebit  ea,  et  in  nullo  contraveni- 
re curabit,  sub  pena  et  obligacione  premissis.  Et  ad  maio- 
rem  cautelam  donatarii  supradicti,  predicti  Manfredus  et 
domna  Beatrix  iuraverunt  ad  sancta  Dei  evangelia ,  tacto 
corporaliter  libro,  eidem  donatario  predicta  omnia  et  singu- 
la, sicut  superius  sunt  distincta  ,  semper  et  omni  tempore 
grata,  rata  et  firma  tenere,  habere  et  inviolabiliter  obser- 
vare  et  in  nullo  contravenire.  Et  nos  predicta  Beatrix ,  in- 
spectis  meritis  et  beneficiis  arduis  a  predicto  domino  rege 
Iacobo,  nepote  nostro  ,  nobis  collatis ,  tam  predictis  quam 
eciam  aliis ,  de  liberalitate  mera  et  gracia  speciali  damus , 
concedimus  et  eciam  confirmamus  eidem  totum  predictum 
regnum  Sicilie,  ducatum  Apulie  et  principatum  Capue,  cum 
omnibus  predictis  iuribus  et  pertinencius  suis.  Ad  cuius  rei 
futuram  memoriam ,  et  predicti  domini  nostri  regis  Iacobi 


-  335  —  (1286) 

et  heredum  suorum  cautelarci,  factum  est  exinde  presens  pu- 
blicum  instrumentum  et  eciam  privilegium  per  manus  mei 
predicti  notarli,  nostrum  qui  supra  iudicum  et  subscripto- 
rum  testium  ac  mei  predicti  notarii  subscripcionibus  robo- 
ratum,  et  nostri  que  supra  Beatricis  predicte  sigillo  penden- 
ti munitum.  Actum  Messane  anno,  mense,  die  et  indicione 
premissis. 

f  Ego  Nicolosius  Saporitus  de  Messana  magne  regie  Cu- 
rie Iudex. 

f  Ego  Petrus  de  Ansatone  de  Messana  magne  regie  Cu- 
rie Iudex. 

f  Ego  Nicolosus  Chicarus  de  Messana  magne  regie  Cu- 
rie Iudex. 

f  Ego  Iohannes  de  Laburzi  Iudex  Messane. 

f  Ego  Guilielmus  Saporitus  Iudex  Messane. 

f  Ego  Gofridus  de  Imperatore  Iudex  Messane. 

f  Ego  Poncius  Cepulla  Iudex  Messane. 

f  Uscalrilius. 

f  Ego  Fredericus  Lancea  comes  Squilaci. 

f  Ego  Manfridus  filius  comitis  Guidonis  Novelli  in  Tu- 
scia Palatini. 

f  EgoAldoynus  primogenitus  Henrici  Vigintimilie  et  Yscle 
Maioris. 

f  Ego  notarius  Iohannes  de  Peregrino  de  Messana  ma- 
gne regie  Curie  actorum  et  publicus  civitatis  Messane  no- 
tarius, qui  supra,  predicta  rogatus  scripsi  et  testor. 

Dalla  perg.  di  n.  101  del  regno  di  Alfonso  II,  nelPArch.  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  209,  offre  un  sunto 
del  documento,  e  indica  alcuni  dei  testimoni  sotloscritti  nell'atto. 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  171,  ne  fa  un  cenno,  che  ricava 
dal  sunto  del  Carini,  del  quale  riporta  le  parole  «con  le  sue  for- 
ze ed  a  proprie  spese»,  e  designa  per  equivoco  la  perg.  201,  in- 
vece di  101,  di  Alfonso. 

La  donazione  fatta  dalla  figlia  del  Re  Manfredi  serviva  a  to- 
gliere ogni  adito  a  pretese  di  successione  nel  tempo  avvenire  con- 


(1286)  —  336  — 

tro  i  sovrani  legittimi  del  regno  di  Sicilia.  Conviene  rilevare  la 
forma  giuridica  che  è  data  all'atto  ,  ed  i  frequenti  ricordi  delle 
regole  del  diritto  romano. 

Su  Beatrice  offre  particolari  notizie  Domenico  Forges  Davan- 
zati,  Dissertazione  sulla  seconda  moglie  del  Re  Manfredi  e  sui  lo- 
ro figliuoli.  Napoli,  1791,  cap.  IX  «  In  qual  castello  Beatrice  fi- 
gliuola di  Elena  fu  tenuta  prigione  dal  Re  Carlo  »  e  cap.  X  «  Per 
qual  via  Beatrice  ottenne  la  libertà  ed  a  chi  fu  data  in  moglie  » 
(pag.  44-49).  Altri  ricordi  trovansi  nella  Storia  di  Manfredi  Re 
di  Sicilia  e  di  Puglia  di  G.  Di  Cesare  ,  Napoli ,  1837  ,  voi.  II , 
pag.  22  e  133  nota  100,  e  nel  pregevole  lavoro  di  Giuseppe  Del 
Giudice,  La  famiglia  di  Re  Manfredi.  Napoli,  1896,  2»  ediz. 
pag.  211-213.  De  Renzi,  Il  secolo  decimoterzo  e  G.  da  Procida. 
Napoli,  1860,  pag.  390  ristampa  un  documento  angioino  del  1286 
(non  1271)  riguardante  la  prigionia  di  Beatrice,  e  che  era  stato 
pubblicato  dal  Forges  Davanzati  cit.  nei  Monumenti ,  n°.  44 , 
pag.  XLIII. 

Nel  1284  per  desiderio  del  Principe  di  Salerno  ,  prigioniero 
dei  Siciliani,  fu  liberata  Beatrice  dal  Castello  dell' Ovo  di  Napo- 
li, come  narra  il  cronista  Saba  Malaspina,  il  quale  dice  :  «  Pe- 
tunt  ergo  domicellam  forma  rispectabili  et  facie  amoena  decoram 
illieo  sibi  tradi ,  quam  Princeps  ,  uti  pretendebat ,  prò  custodia 
sui  corporis  postulabat»  (ediz.  Del  Re,  Cronisti  e  scrittori  sincro- 
ni napol.  cit.  voi.  II ,  pag.  394).  Del  Giudice  (op.  cit.  pag.  213) 
rileva  il  fatto  che  il  Loria  non  richiese  nel  1284  la  liberazione 
dalla  prigionia  dei  fratelli  di  Beatrice ,  e  ne  ritrova  il  motivo  , 
perchè  «  quasi  tutti  [gli  scrittori]  concordano  che  Re  Pietro  non 
volle  chiedere  la  libertà  di  coloro,  che  un  diritto  migliore  di  sua 
moglie  Costanza  vantar  potevano  sul  regno  di  Sicilia  » .  Aggiun- 
ge che  potè  credersi  allora  essere  già  morti  i  figli  maschi  di 
Manfredi. 

Sono  notevoli ,  tra  le  firme,  quelle  del  figlio  del  conte  Guido 
Novello,  ghibellino  e  fautore  di  Casa  d'Aragona,  come  si  ricava 
dal  doc.  del  12  gennaio  1282  (V.  sopra,  doc.  XI,  pag.  39),  e  l'al- 
tra del  figlio  del  conte  Enrico  Venti  miglia,  del  quale  da  alcune 
notizie  Elena  Arndt  ,  Studien  zur  inneren  Regierungsgeschichte 
Manfreds.  Heidelberg,  1911,  pag.  126,  nota  14.  Il  suddetto  Aldoi- 
no  Ventimiglia  fu  testimonio  nell'atto  di  omaggio  del  12  febbraio 
1286  fatto  dal  Re  Giacomo  ad  Alfonso  (cfr.  doc.  CXXXIX,  pag.  297). 


—  337  —  (1286) 

Perii  matrimonio  di  Beatrice  con  Manfredi,  figlio  del  marchese 
di  Saluzzo,  si  veda  il  documento  seguente  (n.  GLV). 


CLV. 

1286,  ottobre  25,  indizione  15a,  Messina. 

Manfredi,  figlio  primogenito  del  marchese  di  Saluzzo,  dichia- 
ra di  avere  ricevuto  dal  Re  Giacomo  la  somma  di  onde  di  oro 
duemila  in  gioie  ed  arnesi,  e  di  onde  mille  in  danaro  ,  dovuta 
per  il  primo  anno  per  ragione  della  dote  costituita  al  medesimo 
dalla  regina  Gostanza  e  dal  Re  Giacomo  nell'occasione  del  ma- 
trimonio celebrato  con  Beatrice  figlia  del  defunto  Re  Manfredi , 
per  il  quale  matrimonio  fu  convenuto  di  doversi  pagare  onde  ot- 
tomila di  oro  nel  termine  di  quattro  anni,  cioè  nel  primo  anno 
onde  tremila  in  gioie,  arnesi  e  danaro,  nel  secondo  e  terzo  on- 
de cinquecento  per  ognuno,  e  le  rimanenti  onde  quattromila  quan- 
do avverrebbe  pace,  o  tregua  non  minore  di  quattro  anni,  tra  il 
Principe  di  Salerno  e  Giacomo,  o  che  il  medesimo  Re  acquistasse 
in  tutto  od  in  parte  il  resto  del  regno,  «  ita  quod  civitas  Neapolis 
sit  in  numero  acquisicionis».  Lo  sposo  Manfredi  si  obbliga,  nel 
caso  di  scioglimento  di  matrimonio ,  di  restituire  la  somma  ri- 
cevuta. 

Seguono  le  firme  dei  giudici. 

(Atto  in  notar  Matteo  de  Sinapa,  di  Messina). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  eiusdem  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  octuagesiroo  sexto,  vicesimo  quinto 
die  mensis  octubris .  quintedecime  indicionis ,  regnante  il- 
lustrissimo domino  nostro  donino  Iacono,  dei  gracia  excel- 
lentissimo  rege  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus  Capue, 
regni  eius  anno  primo  feliciter  amen.  Nos  subscripti  Iudices 
magne  regie  curie  et  subscripti  Iudices  civitatis  Messane , 
Matheus  de  Sinapa  regius  publicus  eiusdem  civitatis  Mes- 
sane notarius  et  testes  subscripti,  ad  hoc  specialiter  vocati 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  22 


(1286)  —  338  — 

et  rogati,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et  testaraur 
quod  cum  contractum  sit  matrimonium ,  secundum  sacro- 
sante Romane  Ecclesie  instituta ,  inter  magnificum  virum 
Manfredum,  filium  primogenitum  illustris  marchionis  Salu- 
ciarum,  et  illustrem  dominam  Beatricem,  fìliam  quondam  in- 
cliti regis  Manfridi  dive  memorie ,  quam  dictus  Manfridus 
duxit  legitimo  matrimonio  in  uxorem  in  sacro  phedere  nup- 
ciarum,  illustris  domina  regina  Gostancia,  Aragonum  et  Sici- 
lie regina,  et  serenissimus  dominus  noster  rex  Iacobus  predi- 
ctus,  contemplacione  ipsius  matrimonii,  convenisset  et  pro- 
misisset  quilibet  eorum  in  solidum  eidem  Manfredo  dare  sibi 
in  dotem  et  nomine  dotis,  sibi  pacte  et  convente  ab  eisdem 
domina  regina  et  domino  rege,  in  auro,  iocalibus  et  arnesio 
iuste  et  legitime  extimatis  uncias  auri  octomilia  ponderis  ge- 
neralis,  solvenda  et  assignanda  sibi  in  terminis  infrascriptis, 
videlicet  ad  presens  in  iocalibus  et  arnesio  iuste  et  legitime 
extimatis  ad  valens  unciarum  auri  duarum  millium  et  un- 
ciarum  auri  mille  ;  item  secundo  anno  post  contractum  ma- 
trimonium ipsum  uncias  auri  quingentas  ;  item  tercio  anno 
post  predictum  matrimonium  contractum  alias  uncias  auri 
quingentas,  et  reliquas  uncias  auri  quatuor  milia  postquam 
de  beneplacito  sacrosante  Romane  Ecclesie,  inter  principem 
Salerni  et  heredes  eius  et  eundem  dominum  nostrum  re- 
gem  fieret  pax  et  finalis  concordia  de  regno  Sicilie  seu  treu- 
gua  duratura  per  annos  quatuor  ad  minus,  vel  dictus  do- 
minus noster  rex  ipsum  regnum  integrum  residuum  acqui- 
sierit,  seu  maiorem  partem  ipsius,  ita  quod  civitas  Neapolis 
sit  in  numero  acquisicionis  predicte,  per  annos  quatuor  pri- 
mo venturos ,  quolibet  videlicet  ipsorum  annorum  uncias 
auri  mille,  ita  quod  in  fine  ipsorum  quatuor  annorum  dicto 
Manfredo  esset  per  predictam  dominam  reginam  et  dominum 
regem,  vel  alterum  eorum,  de  ipsis  quatuor  milibus  unciis  in- 
tegre satisfactum  ;  predictus  Manfridus  de  tota  summa  pre- 
dieta  docium  predictarum  recepit  et  habuit  corani  nobis,  et 
confessus  est  se  recepisse  et  integre  habuisse  a  predicto  do- 
mino rege  predicta  unciarum  auri  duo  milia  in  iocalibus  et 


-  339  —  (1286) 

arnesio  iuste  et  legitime  extimatis  et  uncias  auri  mille  pon- 
deris  generalis,  renunciando  excepcioni  non  ponderati  auri, 
seu  diete  pecunie,  arnesii  et  iocalium  non  habitorum  vel  non 
receptorum.  De  quibus  unciis  auri  tribus  milibus  in  ioca- 
libus,  arnesio  et  pecunia ,  receptis  per  eundem  Manfridum 
a  predicto  domino  rege,  idem  Manfridus  vocans  et  tenens 
se  ab  eodem  domino  rege  bene  solutum,  pagatum  et  integre 
quietatum,  convenit  et  promisit  per  stipulacionem  solem- 
pnem  quod  nullo  unquam  tempore  predictum  dominum  re- 
gem  vel  eius  heredes  de  predictis  unciis  auri  tribus  mili- 
bus molestabit,  inquietabit  vel  impedire  curabit,  nec  faciet 
molestari  ;  et  si  casus  acciderit  restituende  dotis  predicte, 
dictus  Manfridus  tenetur  et  debet,  convenit  et  promisit  per 
stipulacionem  solempnem  eidem  domino  regi  predicta  tria 
milia  unciarum  auri  eidem  domino  regi,  vel  nuncio  suo  seu 
habenti  ius  et  causa  m  ab  eo,  integre  restituere,  solvere  et 
pagare  in  pace,  sine  molestia  et  absque  ulla  diminucione , 
statim  casu  adveniente  restitucionis  dotis  ipsius,  et  prò  hiis 
omnibus  etsingulis  firmiter  observandis  predictus  Manfridus 
obligavit  eidem  domino  regi  omnia  bona  sua  generaliter 
habita  et  habenda,  mobilia  et  stabilia,  ubicumque  poterunt 
invenire,  renunciando  expresse  omni  auxilio  iuris  et  facti , 
excepcioni  doli  et  in  factum  condicioni  sine  causa,  privile- 
gio fori,  et  specialiter  legi  qua  cavetur  quod  dos  in  mobi- 
libus  consistens  restituatur  post  annum  a  tempore  dissoluti 
matrimonii,  ac  omnibus  aliis  iuribus,  legum,  constitucionum 
et  consuetudinum  auxiliis,  quibus  contra  predicta  venire  va- 
leret.  Unde  ad  futuram  memoriam  et  predicti  domini  regis 
et  heredum  suorum  cautelam  factum  est  exinde  presens 
publicum  instrumentum  per  manus  mei  predicti  notarii  Ma- 
thei,  nostrum  qui  supra  predictorum  Iudicum  magne  regie 
Curie  et  civitatis  Messane ,  mei  predicti  notarii  et  subscri- 
ptorum  testium  subscripcionibus  roboratum.  Actum  Messane 
anno,  mense  die  et  indicione  premissis. 

-j-  Ego  Gofridus  de  Imperatore  Iudex  Messane. 

f  Ego  Petrus  de  Ansalone  de  Messana  magne  regie  Cu- 
rie Iudex. 


(1286)  —  340  — 

f  Ego  Petrus  de  Philosopho  de  Panormo  magne  regie 
Curie  Iudex. 

f  Ego  Nicolosus  Ghicare  de  Messana  magne  regie  Curie 
Iudex. 

•J-  Ego  Nicolosus  Saporitus  de  Messana  magne  regie  Cu- 
rie Iudex. 

f  Ego  Iohannes  de  Laburzi  Iudex  Messane. 

f  Ego  Bernardus  Coppula  Iudex  Sicilie. 

Dalla  perg.  di  n.  105  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor. 
di  Arag.  in  Barcellona. 

Pubblicalo  da  Delfino  Muletti,  Memorie  storiche  diplomatiche 
appartenenti  alla  città  ed  ai  marchesi  di  Saluzzo.  Ivi,  1829,  t.  II, 
pag.  449  e  seg.  sur  un  transunto  eseguito  nell'anno  1288,  ed  esi- 
stente nell'  archivio  di  Torino.  Il  testo  edito  dal  Muletti  offre 
errori  e  lacune,  ed  inoltre  prima  del  periodo  finale  TJnde  ad  fu- 
turam  ecc.  questa  aggiunta,  che  manca  nella  pergamena  di  Bar- 
cellona :  «  Predicta  vero  domina  regina  et  dominus  rex,  quilibet 
eorum,  in  solidum  per  se  et  heredes  eorum  predicto  Manphredo 
legiptime  stipulanti  vel  eius  certo  nuncio  predicto,  predicta  qua- 
tuor  milia  unciarum  auri  ressidua  ex  dotibus  supradictis  integra 
solvere  et  pagare  et  solvi  et  pagari  tacere  in  pace,  sine  molestia 
et  absque  ulla  diminucione  in  terminis  suprascriptis  et  sub  pactis 
et  conditionibus  superius  annotatis.  Renunciantes  omni  auxilio 
iuris  et  facti,  exceptioni  doli  et  in  factum  ,  ac  singulis  aliis  iu- 
ribus  quibus  contra  predicta  valerent».  Deve  pure  notarsi  che 
dopo  la  parola  roboratum  si  legge  :  «  et  sigillo  pendente  domini 
regis  munitum  »  ,  le  quali  espressioni  non  potevano  adoperarsi 
per  un  atto  notarile,  che  non  ammetteva  la  corroborazione  regia; 
onde  è  a  dubitare  della  fede  del  transunto,  che  se  ne  faceva  a  29 
agosto  1288  in  castro  Bevelli,  nel  territorio  di  Saluzzo. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  210,  ne  offre  il  sun- 
to senza  indicare  l'edizione  del  testo  data  dal  Muletti,  e  mostran- 
dolo quasi  un  solenne  atto  di  costituzione  di  dote,  mentre  è  piut- 
tosto una  dichiarazione  per  pagamento  di  rata  di  dote  preceden- 
temente convenuta  ed  assegnata,  ancorché  senza  altro  atto  sepa- 
rato, per  il  matrimonio  prima  celebrato.  Muletti  lo  chiama  giu- 
stamente «istrumento  di  quitanza»  (pag.  448). 


—  341  —  (1286) 

Amari  ,  9a  ediz.  voi.  II ,  pag.  171  aggiunse  le  notizie  per  il 
matrimonio  e  la  dote  di  Beatrice,  desumendole  dal  Carini,  poiché 
nelle  precedenti  edizioni  (cfr.  ediz.  8%  Firenze,  1876,  voi.  I,  pag.  378) 
non  ne  aveva  fatto  alcun  cenno  ,  e  notò  altresì  il  ricordo  della 
storia  municipale  del  Muletti.  Incorse  però  in  equivoco  nell'in- 
dicare  l'anno  1297  (o  corretto  1296),  invece  di  1286,  per  il  docu- 
mento suddetto ,  quasi  che  si  leggesse  1297  nella  pergamena  di 
Torino  ;  né  peraltro  il  regno  di  Giacomo  ebbe  inizio  al  1296,  ma 
al  1286.  Nicomede  Bianchi  ,  Le  carte  degli  Archivi  piemontesi. 
Torino,  1881,  pag.  39,  accenna  le  scritture  del  marchesato  di  Sa- 
luzzo  del  967  al  1760  conservate  in  Torino. 

Ho  creduto  conveniente,  per  la  rarità  dell'opera  del  Muletti, 
ed  ancora  per  le  molte  inesattezze  e  varianti  della  sua  edizione, 
di  riprodurre  il  testo  dell'atto. 

Sul  matrimonio  di  Beatrice  con  Manfredi  di  Saluzzo  dà  al- 
quante notizie  il  Muletti  cit.,  pag.  440  e  seg.,  dalle  quali  si  rileva 
che  a  3  luglio  1286  il  matrimonio  non  era  ancora  avvenuto,  poi- 
ché in  quel  tempo  il  marchese  Tommaso  di  Saluzzo  istituiva  (per 
le  nozze  da  contrarsi)  suo  erede  il  figlio  Manfredi,  e  gli  assegnava 
vari  castelli;  e  gli  abitanti  di  Dronero  eliggevano  a  5  luglio  i  de- 
putati per  1'  omaggio  da  prestarsi  a  Manfredi.  Altre  notizie  tro- 
vansi  in  Del  Giudice,  La  famiglia  del  Re  Manfredi  cit.  2a  ediz. 
pag.  211  e  277.  Egli  ricorda  che  il  Re  Manfredi  aveva  sposato 
altra  Beatrice,  vedova  del  Marchese  di  Saluzzo,  con  la  quale  Ca- 
sa ora  si  stringeva  il  nuovo  legame,  e  rileva  a  tal  proposito  che 
dopo  l'eccidio  degli  Svevi,  i  nobili  ed  i  comuni  di  Lombardia  e  Pie- 
monte «furono  i  più  terribili  avversari  di  Carlo  (d'Angiò)  ».  Cfr. 
pure  Amari,  9°  ed.  voi.  IT,  pag.  115  e  119. 

È  utile  notare  le  espressioni  del  documento  :  matrimonium  se- 
cundum  sacrosante  Romane  Ecclesie  instituta,  e  le  altre  sul  be- 
neplacito della  stessa  Chiesa  per  una  futura  pace  col  Principe  di 
Salerno,  ed  ancora  quelle  per  l'acquisto  dell'altra  parte  del  regno, 
compresa  la  città  di  Napoli.  Sembra  che  quest'ultima  condizio- 
ne, che  diffìcilmente  poteva  avverarsi,  sia  stata  apposta  per  evi- 
tare il  pagamento  delle  rimanenti  oncie  quattromila  di  dote.  Im- 
portante è  altresì  il  ricordo  di  constitucionum  et  consuetudinum, 
poiché  le  consuetudini  avrebbero  potuto  allegarsi  anco  per  il  re- 
gime dotale  dei  beni. 


(1286)  —  342  — 


OLVI. 

1286,  ottobre  26,  Lerida. 

Il  Re  Alfonso  di  Aragona  annunzia  al  fratello  Re  Giacomo 
che  Alaimo  da  Lentini  lo  ha  supplicato  perchè,  attesi  i  servisi  da 
lui  resi  al  Re  Pietro,  sia  provveduto  su  quanto  lo  riguarda,  ed 
ha  presentato  i  capitoli,  che  sono  riferiti  nel  loro  testo,  cioè  : 

1°  Se  il  Re  Giacomo,  non  prestando  ascolto  alle  insinuazioni 
di  nemici  e  malevoli,  crederà  che  Alaimo  abbia  offeso  il  Re  Pie- 
tro o  lui,  il  medesimo  dichiara  di  sottoporsi  alla  volontà  e  gra- 
zia del  Re  Giacomo. 

2°  Se  alcuni,  eccetto  la  regina  ed  il  Re,  vorranno  accusarlo 
di  mancata  fede ,  è  pronto  a  difendersi  secondo  la  consuetudine 
di  Aragona  o  di  Catalogna  o  di  Sicilia  o  altrimenti. 

3°  Se  il  Re  Giacomo  non  lo  troverà  colpevole,  lo  rimetta  in 
grazia  e  gli  restituisca  la  moglie,  i  figli  ed  i  beni,  e  liberi  lui 
dal  carcere,  ordinando  in  guai  luogo  debba  vivere,  in  Sicilia  od 
in  Catalogna. 

Non  volendo  il  Re  Alfonso  provvedere  su  ciò  senza  il  consi- 
glio della  regina  madre  e  di  Giacomo,  li  prega  perchè  gli  rispon- 
dano su  quanto  dovrà  farsi,  e  manifesta  di  aver  concesso  sicur- 
tà ad  Adenolfo  di  Mineo  per  parlare  con  i  medesimi. 

Simili  lettere  alla  regina  Costanza  ed  a  Giovanni  da  Proci- 
da.  Altra  di  salvocondotto  per  Giovanni  Gondisalvo  e  Adenolfo 
di  Alineo.  Altra  di  richiesta  al  Re  Giacomo  per  il  permesso  ad 
Adenolfo  di  parlare  con  la  moglie  di  Alaimo. 

Excellentissimo  et  karissimo  fratri  suo  dompno  Jacobo 
dei  grada  illustri  regi  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus 
Gapue.  Alfonsus  etc.  salutem  et  fraterne  dilecionis  constan- 
ciara  ac  prosperitatis  augmentum.  Ex  parte  nobilis  Alaymi 
de  Lentino  est  nobis  humiliter  supplicatum  quod,  conside- 
ratis  serviciis  per  eum  exibitis  excellentissimo  domino  regi 
patri  nostro  inclite  recordacionis,  deberemus  super  suo  ne- 
gocio  providere,  et  super  hoc  obtulit  nobis  tria  capitula  con- 


343  —  (Ì286) 


tinencia  infrascripta:  Primo  quod  si  vos  in  conscencia  ve- 
stra,  expulsis  et  remotis  verbis ,  que  per  inimicos  et  mali- 
volos  suos  contra  ipsum  indebite  opponuntur ,  intenditis 
ipsum  dicto  domino  regi  patri  nostro  in  vita  sua  aut  vo- 
bis  in  aliquo  fore  offensum  ,  quod  mictet  et  subponat  se 
ad  voluntatem  et  mercedem  vestram.  Secundo  quod  si  ali- 
qui,  preter  excellentissimam  dominam  reginam  matrem  no- 
strani et  vos,  voluerint  ipsum  reptare  de  fide,  aut  alia  obi- 
cere  contra  ipsum,  quod  est  paratus  ostendere  se  et  defen- 
dere ad  consuetudinem  Aragonie  vel  Gathalonie  aut  eciam 
Sicilie,  aut  quocumque  alio  modo  vos  duxeritis  ordinandum. 
Tercio  supplicavit  quod  si  in  consciencia  vestra  inveneritis 
ipsum  non  fore  culpabilem  de  propositis  contra  ipsum,  di- 
gnetur  excellencia  vestra  ei  graciose  restituere  graciam  ve- 
stram, uxorem  et  filios  suos  ac  bona  sua,  et  ipsum  a  carce- 
re liberare.  Et  ubi  volueritis  ipsum  esse  et  vivere ,  vel  in 
Sicilia  aut  in  partibus  nostris,  ducat  istud  vestra  excellen- 
cia ordinandum,  cum  ipse  paratus  sit  super  hoc  mandatis 
vestris  et  beneplacitis  obedire.  Unde  cum  nos  in  hiis,  absque 
requisicione  domine  regine  matris  nostre  et  vestra  nolumus 
aliquid  ordinare,  predicta  fraternitati  vestre  significavimus 
per  presentes.  Rogantes  quatenus ,  consideratis  predictis 
serviciis  exhibitis  per  dictum  Alaymum ,  deliberetis  super 
premissis,  et  quidquid  deliberandum  duxeritis  et  iuxta  con- 
sciencia vestram  volueritis  fieri  in  eisdem,  rescribatis  nobis 
si  placet  per  presencium  portitores.  Significantes  vobis  quod 
deliberavimus  mietere  super  hoc  Adenolfum  de  Mineo,  cui 
securitatem  de  comparendo  corani  vobis  prestitimus,  ut  lo- 
quatur  vobiscum  super  premissis,  et  inde  responsionem  no- 
bis afferat  simul  cum  dilecto  scutifero  nostro  Iohanne  Gon- 
dicalvi  tenente  locum  nostri  Alguacjrii ,  quem  quidem  A- 
denolfum  sub  custodia  ipsius  Iohannis  duximus  statuen- 
dum.  Datum  Ilerde  VII  kalendas  novembris,  anno  etc.  [1286] 
R.  Escorna. 

Similis  fuit  missa  domine  regine.  Datum  ut  supra.  Idem. 

Similis  fuit  missa  dompno  Iohanni  de  Prochida.  Datum 
ut  supra.  Idem. 


(1286)  —  344  — 

Fuit  facta  litera  ducatus  Iohanni  Gondigalvi  et  Adenol- 
fo  de  Mineo  predictis.  Datum  ut  supra.  Idem. 

Fuit  missa  lictera  precum  regi  Sicilie ,  quod  permictat 
dictum  Adenolfum  loqui  cum  uxore  domini  Alaymi,  in  pre- 
senta dicti  Iohannis.  Datum  ut  supra.  Idem. 

Dal  reg.  di  n.  64,  fol.  188  del  Re  Alfonso  II,  nell'Aron.  Cor. 
di  Arag..in  Barcellona. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  Documenti  su  le  reiasioni  del 
Re  Alfonso  III  di  Aragona  cit.  (néll' Anuari  (1908)  dell' Institut 
d'Estudis  catalans,  pag.  350  e  seg.,  doc.  VIIIj. 

Per  la  grande  importanza  del  documento,  ne  ristampo  qui  il 
testo.  Non  trovasi  di  esso  alcun  ricordo  in  Carini  od  in  Amari. 
Costui  narra  (9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  174  e  seg.)  i  fatti  della  pri- 
gionia di  Alaimo ,  secondo  la  cronaca  del  Neocastro  ,  il  quale 
però  nei  cap.  107  e  108  (ediz.  Gregorio  cit.  ,  pag.  147)  riporta 
come  discorso  tenuto  da  Alaimo  al  Re  Alfonso  quanto  si  con- 
tiene in  questa  lettera,  ed  aggiunge  che  «  Alaymo  placatur  sevi- 
cies  carceris.  Nepos  [ Adinolfus] . . .  tempus  expectat  placidum  quo 
ad  Siculos  prò  complemento  negocii  transferatur  » . 

Su  la  prigionia  di  Alaimo,  della  moglie  Macalda  e  dei  figli  e 
la  confìsca  dei  loro  beni  vedi  sopra,  doc.  LXXVIII,  del  29  mag- 
gio 1285,  ed  altresì  quello  del  18  ottobre  (doc.  n.  CU)  per  l'as- 
segno che  gli  era  corrisposto  in  Catalogna.  Per  Adinolfo  di  Mineo 
cfr.  doc.  LXXV  e  CHI. 

Sono  degne  di  nota  le  dichiarazioni  recise  e  piene  di  ossequio 
fatte  dal  grande  patriota  Alaimo  per  sua  discolpa. 

La  voce  reptare,  nel  significato  di  accusare,  proviene  dal  ca- 
talano reptar ,  e  castigliano  retar  (cfr.  pure  Ducange,  voce  re- 
tare). Alaimo,  siciliano  e  prigioniero  allora  in  Catalogna,  si  sot- 
tometteva a  qualsiasi  delle  consuetudini  di  Aragona,  Catalogna, 
o  Sicilia. 

Nell'Aragona  i  Fueros  del  1247,  approvati  dal  Re  Giacomo  I, 
disponevano  per  il  tradimento  il  duello,  nel  quale  «reptatus  ha- 
bet  duos  pedites,  eo  existente  tertio  si  aptus  fuerit  ad  duellum  » 
(lib.  IX  e  XI  dei  Fueros  del  reyno  de  Aragon.  (^aragoca,  1624, 
fol.  177  r.  e  184).  Per  gli  Usatici  di  Barcellona  del  1068  nel  cap.  45 
si  stabiliva  che  il  reptatus  doveva  subire  il  giudizio,  o  purgarsi 


—  345  —  .     (1286) 

«  per  batayam  ad  suum  parem ,  qui  de  genere  et  de  honore  sit 
de  suo  valore»,  e  nel  cap.  170  si  davano  le  norme  nei  casi  che 
il  reptahis  victus  fuerit  o  invece  Victor  (ediz.  Giraud  ,  Hist.  du 
droit  frangais  au  moyen  age.  Paris,  1846,  t.  II,  pag.  473  e  5052). 
Erano  esposte  ampiamente  nelle  leggi  del  Re  Alfonso  il  Savio 
di  Castiglia  (1253-1284)  nella  VII  Partida,  tit.  Ili  De  los  rieptos, 
le  regole  e  le  forme  di  accusa  e  prova  per  delitti  di  tradimento, 
compreso  quello  di  lesa  maestà  (tit.  II)  e  per  il  «  riepto  que  se 
faze  por  razon  dellos»  (ed.  Martinez  Alcubilla,  Códigos  de  E- 
spana  cit.,  pag.  620  e  seg.). 

In  Sicilia  le  consuetudini  di  Messina  ,  di  origine  normanna  , 
ammettevano  nel  cap.  44  il  duello  per  il  crimine  lese  maiestatis; 
ma  però  la  cons.  6  di  Palermo  lo  vietava  super  qiiibuscumque 
criminibus,  dovendo  procedersi  soltanto  iure  ordinario  (cfr.  Vito 
La  Mantia,  Antiche  consuet.  cit.,  pag.  45  e  171).  Sembra  che  tale 
divieto  (come  lo  dimostra  anche  il  titolo  :  De  duellis  inhibitis) 
provenga  dall'abolizione  delle  prove  paribili  e  dei  duelli  sancita, 
con  alta  sapienza,  dall'imperatore  Federico  II  nelle  const.  31,  32 
e  33  del  lib.  II,  perchè  egli  riteneva  che  il  duello  «  non  tam  vera 
probatio  ,  quatn  quaedam  divinatio  dici  potest  » .  Tollerava  quel 
monarca  il  duello  soltanto  per  venefici  ed  omicidi  occulti,  e  ciò 
«non  tam  iudicio,  quam  terrori»  (V.  ediz.  Cargani,  Const.  regni 
Sicil.  cit.  ,  pag.  142-146).  Deve  però  notarsi  che  Federico  Svevo 
aveva  prima,  cioè  nell'anno  1200,  permesso  ai  Palermitani  il 
duello  per  il  solo  delitto  di  lesa  maestà  (De  Vio,  Privil.  urbis 
Panormi  cit.,  pag.  11). 

Il  Re  Giacomo  nei  Capitoli  per  tutto  il  regno  approvati  a  5 
febbraio  1286  (cfr.  sopra,  doc.  CXXXVIII)  ordinava ,  ad  evitare 
malignità  ed  odi,  che  nessuno  officiale  potesse  conoscere  dell'ac- 
cusa di  crimine  di  lesa  maestà,  se  non  in  seguito  a  regio  mandato. 
Tali  norme  confermava  poi  nel  1296  il  Re  Federico  li  aragonese 
in  uno  speciale  capitolo  De  crimine  lesae  maiestatis  ,  col  quale 
ammetteva  di  potersi  i  rei  difendere  secondo  il  diritto  romano 
(iura  communio),  le  costituzioni  di  Federico  Svevo,  ed  anche  «  se- 
cundum  usagium  Barcellonae  »  a  scelta  dell'accusato.  Quest'  ul- 
tima disposizione  simile  alla  richiesta  fatta  da  Alaimo ,  ricono- 
sceva implicitamente  l'uso  del  duello  ammesso  in  Catalogna,  ma 
che  in  Sicilia  era  stato  abolito  dall'imperatore  Federico  (cfr.  Ca- 
pitula  regni  Sicil.,  cap.  18  di  Giacomo  e  4  di  Federico;  ediz.  Testa, 


(1287)  —  346  — 

t.  I,  pag.  14  e  49,  il  quale  editore  non  offre  alcuna  notizia  pre- 
cisa su  gli  Usatici  di  Barcellona). 

Per  le  leggi  dell'  isola  su  tale  materia  vedi  Vito  La  Mantia, 
Stor.  legisl.  Sic,  voi.  I,  pag.  225  e  seg.  Gfr.  pure  la  memoria  di 
Francesco  La  Mantia,  Ordines  judiciorum  Bei  nel  Messale  gal- 
licano del  XII  secolo  della  Cattedrale  di  Palermo.  Ivi,  1892,  spe- 
cialmente per  le  purgazioni  volgari  del  medio  evo ,  che  furono 
respinte  in  Sicilia  (pag.  21  e  seg.). 


OLVII 

1287,  febbraio  18  e  19,  indizione  15a,  Messina. 

Il  Cancelliere  del  regno  di  Sicilia,  Giovanni  da  Procida ,  fa 
transuntare  ,  separatamente  ,  dal  notaro  Scorciagatta  tre  docu- 
menti riguardanti  :  il  primo  (del  2  novembre  1285)  la  cessione 
fatta  dall'Infante  Alfonso  di  Aragona  in  favore  dell'Infante  Gia- 
como di  tutte  le  ragioni,  che  gli  competono  sul  regno  di  Sicilia 
(V.  doc.  CXI)  ,  il  secondo  (del  25  novembre  1285)  la  promessa 
di  difendere  il  suddetto  Giacomo  ed  il  suo  regno  (V.  doc.  GXXXV) 
e  l'ultimo  (della  stessa  data)  la  nomina  dell' ammiraglio  Loria  a 
procuratore  per  ricevere  dall'  Infante  Giacomo  il  giuramento  di 
aiutare  e  difendere  il  fratello  Alfonso  (V.  doc.  GXXXVI).  Tali 
transunti  devono  servire  per  ottenere  dal  Re  Alfonso  la  conferma 
di  quei  documenti  con  il  sigillo  «  dicti  domini  regis  Aragonum 
facto  post  coronacionem  suam  » . 

È  in  fine  di  ognuno  di  essi  la  firma  del  giudice  Goffredo  de 
Imperatore. 

(Atti  in  notar  Nicola  Scorciagatta  di  Messina). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  incarnacionis  eiusdem 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  sexto,  mensis  februarii 
octavo  decimo  eiusdem,  quintedecime  indicionis ,  regnante 
inclito  domino  nostro  rege  Iacobo,  dei  gracia  rege  Sicilie  , 
ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue ,  regni  eius  anno  se- 
cundo  feliciter  amen.  Nos  [Gofridus  de  Imperatore]   Iudex 


—  347  —  (1287) 

Messane,  Nicolaus  de  Scorciagacta  regius  publicus  Messane 
notarius  et  testes  subscripti ,  ad  hoc  vocati  specialiter  et. 
rogati,  presenti  scriplo  publico  notum  facimus  et  testamur 
quod,  cum  oporteat  serenissimum  dominum  nostrum  regem 
Iacobum,  illustrem  regem  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue,  tria  privilegia  sibi  facta  super  quibusdam  ne- 
gociis  per  excellentem  dominum  fratrem  suum  regem  Al- 
fonsum,  illustrem  regem  Aragonum,  Maioricarum,  Valencie 
et  comitem  Barcellone ,  ante  felicem  coronacionem  ipsius 
regis  Aragonum,  sub  pendenti  sigillo,  quo  tunc  generaliter 
utebatur ,  habere  firmata  et  roborata  pendenti  sigillo  dicti 
domini  regis  Aragonum  facto  post  predictam  coronacionem 
suam  ,  ut  de  tenore  privilegiorum  ipsorum  apud  eumdem 
dominum  regem  Aragonum  et  alios  fieri  valeat  piena  fides, 
nobilis  vir  dominus  Iohannes  de  Procida,  regni  Sicilie  Gan- 
cellarius,  nos  ex  parte  dicti  domini  regis  Sicilie  requisivit, 
nostrum  offìcium  implorando ,  ut  privilegia  ipsa  exemplari 
et  in  scripturam  publicam  redigere  faceremus.  Guius  requi- 
sicione  utpote  iusta  admissa ,  quia  eadem  originalia  privi- 
legia ostensa  nobis  per  predictum  dominum  Gancellarium 
inspeximus  et  legimus  diligenter,  et  vidimus  ea  esse  sigil- 
lata noto  et  consueto  sigillo  pendenti  dicti  domini  regis 
Alfonsi  de  cera  comuni,  quo  ante  coronacionem  suam,  cum 
vocabatur  Infans ,  generaliter  utebatur ,  non  abolita ,  non 
abrasa ,  non  cancellata  ac  omni  vicio  et  suspicione  caren- 
cia ,  privilegia  ipsa  de  verbo  ad  verbum  ,  nichil  in  eis  ad- 
dito, mutato  vel  diminuto,  exeraplavimus  et  presens  redegi- 
mus  instrumentum.  Quorum  privilegiorum  tenor  per  omnia 
talis  est  : 

[Segue  il  testo  separato  dei  tre  documenti  dell'Infante  Al- 
fonso, cioè  uno  del  2  e  due  del  25  novembre  1285]. 

Ego  Gofridus  de  Imperatore  Iudex  Messane. 

Dalle  perg.  di  n.  129  e  130  del  regno  di  Alfonso  II ,  e  perg. 

497  del  Re  Pietro  II,  esistenti  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  207,  210  e  211  dà 


(1287)  —  348  — 

il  sommario  di  questi  tre  transunti,  però  con  data  1286,  che  non 
riduce  al  modo  comune,  e  senza  indicare  lo  scopo  del  transunto, 
e  che  esso  esegui  vasi  per  tre  documenti ,  come  è  espressamente 
notato  nelle  formole,  che  ripetevansi  per  ognuno  dei  suddetti  do- 
cumenti. Il  Carini  dice  che  il  giudice  ed  il  notaro  «passano  alla 
trascrizione  in  forma  pubblica  d'una  scrittura  »  o  altrimenti  :  «re- 
gistrano in  forma  pubblica  una  scrittura».  Per  la  perg.  di  n.  129 
del  regno  di  Alfonso  II  incorre  in  equivoco  nell'affermare  che  il 
transunto  concerneva  una  «  scrittura  di  Alfonso  Re  d'  Aragona, 
con  suggello  di  lui  già  coronato,  data  di  Maiorca,  25  novembre 
1285  »  ,  poiché  il  Re  Alfonso  si  coronò  in  Saragozza  nella  festa 
di  Pasqua  del  1286,  cioè  a  15  aprile  di  quell'anno. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  Documenti  su  le  relazioni 
del  Re  Alfonso  III,  cit.  neWAnuari  (1908)  dell'Instai  d'Estudis 
Catalans  ,  pag.  354  ,  doc.  XV ,  il  transunto  per  le  sole  formole 
identiche  per  ognuno  dei  tre  documenti  transuntati,  «  cum  opor- 

teat tria  privilegia  sibi  [all'Infante  Giacomo]  facta...    habere 

firmata  et  roborata». 

Riesce  palese  di  quanta  importanza  fosse  per  il  Re  Giacomo 
la  nuova  conferma  di  quei  documenti  da  parte  di  Alfonso  dopo 
la  sua  coronazione.  Costui  pertanto  a  4  agosto  1287  [V.  appresso, 
doc.  di  tale  data)  confermò  solennemente ,  e  con  separato  tran- 
sunto, in  lacca  due  documenti,  cioè  quello  del  2  novembre  1285, 
e  1'  altro  del  25  dello  stesso  mese  per  la  promessa  di  difesa  al- 
l'Infante Giacomo. 

Dalla  comparazione  delle  tre  pergamene  di  transunto  del  1287, 
richiesto  avvedutamente  dal  Procida  per  non  perdersi  gli  origi- 
nali, si  scorge  che  la  trascrizione  ebbe  inizio  nel  giorno  18  feb- 
braio (perg.  129  del  regno  di  Alfonso) ,  perchè  si  dice  in  essa  : 
«Tenor  unius  [il  primo]  ex  predictis  privilegiis  talis  est»,  e  fu 
continuata  e  terminata  nel  giorno  seguente  19  (perg.  130  come 
sopra) ,  senza  distinzione  numerica ,  se  pur  non  fu  omessa  per 
caso ,  del  documento  del  25  novembre  (nomina  di  procuratore 
Loria),  notandosi  invece  per  l'altro  (perg.  497  del  Re  Pietro  II): 
«  Tenor  reliqui  [ossia  ultimo]  privilegiorum  »  ,  che  è  quello  del 
2  novembre  circa  la  cessione  di  ragioni  su  la  Sicilia,  per  il  quale 
documento  fu  fatto  altresì  un  separato  transunto  in  notar  Fazio 
de  Parma  (V.  doc.  seguente  CLVIII).  Nella  perg.  130  del  regno 


—  349  —  (1287) 

di  Alfonso  si  riscontra  l'omissione  di  alcune  parole  prima  di  et 
alios,  avvenuta  per  equivoco. 


OLVIII. 

1287,  febbraio  19,  indizione  15a,  Messina. 

Il  Cancelliere  del  regno  di  Sicilia,  Giovanni  da  Procida,  fa 
transuntare  dal  notaro  Fazio  de  Parma,  Tatto  dell'  Infante  Al- 
fonso, rogato  a  2  novembre  1285  (V.  sopra,  doc.  CXI)  da  Pietro 
Marchesi  notaro  del  Re  Pietro  di  Aragona,  e  riguardante  la  ces- 
sione di  ogni  dritto  al  medesimo  Alfonso  competente  sul  regno 
di  Sicilia  in  favore  del  fratello  Infante  Giacomo.  Il  transunto 
viene  eseguito  per  presentarlo  al  Re  Alfonso,  ed  ottenere  la  con- 
ferma dell'atto  dopo  la  sua  coronazione. 

Seguono  le  firme  del  giudice  e  testimoni. 

(Atto  in  notar  Fazio  de  Parma,  di  Messina). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  incarnacionis  eiusdem 
millesimo  ducentesirao  octuagesimo  sexto,  mense  februarii, 
nono  decimo  eiusdem ,  quintedecime  indiccionis ,  regnante 
inclito  domino  nostro  rege  Iacobo,  Dei  gracia  rege  Sicilie, 
ducatus  Apulie  [etj  principatus  Gapue,  regni  eius  anno  se- 
cundo  feliciter  amen.  Nos  Gofridus  de  Imperatore  iudex 
Messane,  Facius  de  Parma  regius  publicus  eiusdem  civita- 
tis  notarius  et  testes  subscripti,  ad  hoc  vocati  specialiter  et 
rogati,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et  testamur 
quod,  cum  oporteat  serenissimum  dominum  nostrum  regem 
Iacobum,  illustrem  regem  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus Gapue  quoddam  scriptum  publicum  sibi  factum  sub 
pendenti  sigillo  excellentissimi  domini  fratris  sui  regis  Al- 
fonsi ,  illustris  regis  Aragonum ,  Maioricarum  ,  Valencie  et 
comitis  Barcellone,  ante  felicem  coronacionem  ipsius  regis 
Aragonum,  quo  tunc  generaliter  utebatur,  de  remissione  et 
cessione  omnium  iurium  ,  que  dictus  dominus  rex  Arago- 


(1287)  —  350  — 

num,  tam  vice  paterna  quarti  materna,  quam  qualibet  alia 
racione,  habet  vel  habère  possit  in  toto  regno  Sicilie ,  du- 
cati! Apulie,  principatu  Gapue ,  Salerni  [cum  omnibus]  in- 
sulis  et  aliis  iurisdicionibus  et  dignitatibus  suis,  habere  fir- 
matum  et  roboratum  pendenti  sigillo  dicti  domini  regis  A- 
ragonum,  facto  post  predictam  coronacionem  suam,  ut  de 
tenore  scripti  publici  apud  eumdem  dominum  regem  Ara- 
gonum  et  alios  fieri  valeat  piena  fides,  nobili s  vir  dominus 
Iohannes  de  Procida,  regni  Sicilie  Gancellarius ,  nos  ex 
parte  predicti  domini  regis  Sicilie  requisivit ,  nostrum  offi- 
cium  implorando ,  ut  scriptum  publicum  exemplare  et  in 
scripturam  publicam  redigere  deberemus.  Guius  requisicione 
utpote  iusta  admissa,  quia  ipsum  originale  scriptum,  osten- 
sum  nobis  per  predictum  dominum  Gancellarium,  inspexi- 
mus  et  legimus  diligenter ,  et  vidimus  ipsum  esse  factum 
per  manus  Petri  Marcliisii ,  notarii  dicti  domini  regis  Ara- 
gonum  et  notarii  publici  eiusdem  domini  regis ,  sigillatum 
noto  et  consueto  sigillo  pendenti  dicti  domini  regis  Alfonsi 
de  cera  communi,  quo  ante  coronacionem  suam  ,  cum  vo- 
cabatur  Infans,  sicut  nobis  piene  constitit,  generaliter  ute- 
batur ,  non  abolitum  ,  non  abrasum  ,  non  cancellatum  ac 
omni  vicio  et  suspicione  carere,  scriptum  ipsum  de  verbo 
ad  verbum,  nichil  in  eo  addito,  mutato  vel  diminuto,  exem- 
plavimus  et  in  presens  redegimus  instrumentum.  Guius 
scripti  tenor  per  omnia  talis  est  : 

[Segue  il  testo  del  documento  dell'  Infante  Alfonso  del  2 
novembre  1285,  con  la  trascrizione  delle  firme,  cioè:] 

Signum  £g  Infantis  Alfonsi  illustris  regis  Aragonum  pre- 
dicti primogeniti. 

Testes  sunt  Blasius  de  Alagona,  Garocius  dominus  Re- 
bolleti ,  Rogerius  de  Loria  Amiratus  Aragonum  et  Sicilie , 
Petrus  Lesse,  Arbertus  de  Mediona. 

Signum  |$i  Petri  Marchisii  dicti  domini  Infantis  Alfonsi 
scriptoris  et  notarii  publici  auctoritate  domini  regis  Arago- 
num et  Sicilie  predicti,  qui  mandato  ipsius  domini  Infantis 
hec  scribi  fecit  et  clausit  loco,  die  et  anno  prefixis. 


—  351  —  (1287) 

Ut  autem  de  tenore  predicti  scripti  apud  dictum  domi- 
nimi regem  Aragonum  et  omnes  alios  ex  nunc  et  in  poste- 
rum  fieri  valeat  piena  fides ,  factum  est  exinde  presens 
scriptum  publicum  per  manus  mei  predicti  notarii,  nostrum 
qui  supra  Iudicis  sigillo  et  subscripcione ,  meique  predicti 
notarii  et  subscriptorum  testium  subscripcionibus  et  testi- 
monio roboratum.  Actum  Messane  anno,  mense,  die  et  in- 
dicione  premissis. 

f  Ego  Goffridus  de  Imperatore  Tudex  Messane. 
f  Ego  Vinciguerra  de  Palicio  de  Messana  testor. 
•J-  Ego  Raymundus  de  Minorisa  testor. 
f  Ego  notarius  Philippus  de  Bruno  de  Messana  testor. 
f  Ego  Matheus  de  Thermis  miles  testor. 
f  Ego  Bartholomeus  de  Neocastro  testis  sum. 
-J-  Ego  Facius  de  Parma  regius  publicus  Messane  nota- 
rius rogatus  scripsi. 

Dalla  perg.  di  n.  496  del  regno  di  Pietro  II,  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  206  offre  un  breve 
sunto;  ma  indica  inesattamente  il  cognome  del  notaro  di  Perama, 
invece  che  di  Parma.  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  164,  forse  per 
emendare  in  forma  più  nota  quel  cognome,  lo  corresse  in  di  Pe- 
ranna.  La  firma  autografa  del  notaro'  de  Parma  si  ha  in  un  atto 
di  vendita  dèi  12  aprile  1291,  conservato  nel  Tabulario  di  S.  Maria 
Maddalena  di  Giosafat  in  Messina  (perg.  185 ,  Arch.  di  Stato  di 
Palermo). 

Il  documento  del  2  novembre  1285  trovasi  in  questo  transunto 
con  testo  più  completo  di  quello  che  si  legge  nel  reg.  62  del  Re 
Pietro,  fol.  161  r.,  e  che  è  stato  sopra  da  me  riferito  al  n.  CXI, 
pag.  210  e  seg.  Furono  omessi  infatti  nel  registro  le  firme  del- 
l'Infante Alfonso  e  del  notaro  ed  i  nomi  dei  testimoni,  che  trascrivo 
qui  insieme  alle  formole  del  transunto  ,  che  sono  diverse  in  al- 
cune parti  da  quelle  contenute  nell'  altro  transunto  del  notaro 
Scorciagatta  (doc.  CLVII) ,  anco  per  le  dichiarazioni  finali  e  le 
firme ,  tra  le  quali  è  degna  di  nota  quella  del  celebre  cronista 


(1287)  —  352  — 

Bartolomeo  di  Neocastro.  Forse  per  l'importanza  del  documento 
si  volle  dal  Procida  altro  transunto  speciale. 


OLIX. 

1287,  febbraio  27,  indizione  15%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  suoi  ambasciatori  i  militi  e  familiari 
Gisberto  de  Castelletto  e  Bertrando  de  Cannellis  per  presentarsi 
innanzi  suo  fratello ,  il  Re  Alfonso  di  Aragona ,  e  trattare  la 
pace  «  concordiam  de  regno  Sicilie  »  con  Carlo ,  principe  di  Sa- 
lerno, secondo  gli  accordi  nel  tempo  trascorso  avvenuti  tra  Gia- 
como ed  il  suddetto  principe ,  come  si  rileva  dai  capitoli  allora 
for,  ati  e  che  sono  consegnati  ai  medesimi  ambasciatori,  ai  quali 
vengono  date  ampie  facoltà,  con  promessa  di  ratifica. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Gapue.  Per  presens  scriptum  notum  fieri  volu- 
mus  universis  quod ,  confisi  de  prudencia ,  fidelitate  et  le- 
galitate  Gisberti  de  Gastelleto  et  Bertrandi  de  Cannellis , 
militum,  consiliariorum,  familiarium  et  fidelium  nostrorum, 
constituimus ,  facimus  et  ordinamus  ipsos  legitimos  et  ge- 
nerales  ac  solempnes  nuncios,  ambassatores  et  procurato- 
res  nostros ,  presentes  et  legacionem  ,  ambassatam  et  pro- 
curacionem  ipsas  suscipientes,  ita  quod  non  sit  raelior  con- 
dicio occupantis ,  ad  conferendum  se  ad  presenciam  illu- 
stris  regis  Aragonurn ,  Vaiencie  et  Maioricarum  ac  comita- 
tus  Barcellone,  domini  fratris  nostri,  et  alio  quo  idem  do- 
minus  rex  mandaverit  et  viderit  expedire ,  ad  tractandam, 
complendam  et  perficiendam,  nomine  et  prò  parte  nostra , 
cura  magnifico  principe  domino  Karolo ,  filio  quondam  re- 
gis Karoli,  seu  aliis  nomine  et  prò  parte  ipsius,  concordiam 
de  regno  Sicilie,  secundum  tractatum  olim  super  hoc  ha- 
bitum  inter  nos  seu  alios  prò  parte  nostra  ex  una  parte , 
et  ipsum  principem  ex  altera ,  contentum  in  capitulis  tra- 
ditis  et  assignatis  eisdem  nunciis ,  ambassatoribus  et  prò- 


—  353  —  (1287) 

curatoribus  nostris  sub  sigillo  pendenti  raaiestatis  nostre  ; 
quibus  nunciis ,  arabassatoribus  et  procuratoribus  nostris 
damus  et  concedimus  plenam  licenciam  et  liberam  potesta- 
tem  ac  generalera  administracionem  concordiam  ipsam  trac- 
tandi,  faciendi ,  coraplendi  et  perficiendi  cum  eodem  prin- 
cipe ,  seu  aliis  vel  alio  prò  parte  ipsius  ,  iuxta  tenorem  et 
forma m  predictorum  capitulorum,  ac  eciam  recipiendi  pro- 
missiones,  cautelas  et  securitates  nomine  et  prò  parte  no- 
stra a  predicto  principe  et  aliis  personis  intervenientibus 
concordie  supradicte ,  et  ea  omnia  faciendi ,  exercendi  et 
percomplendi,  que  veri  et  legitimi  procuratores ,  nuncii  et 
ambassatores  facere  possunt  et  debent,  et  que  nos  ipsi  fa- 
cere  possemus  de  premissis  si  presencialiter  adessemus  ; 
promictentes  sub  ypotheca  honorum  nostrorum  ratum,  gra- 
tum  et  firmum  semper  habere  et  tenere  quicquid  predicti 
procuratores,  nuncii  et  ambassatores  nostri  super  premissis 
duxerint  faciendum.  Si  vero  contingerit  aliquem  ipsorum 
decedere  (quod  absit),  vel  ex  causa  necessaria  commissionis 
eorum,  de  mandato  predicti  domini  regis  Aragonum  vel 
alio  modo  necessario,  ad  aliam  provi nciam  se  conferre,  et 
sic  ipsi  ambo  simul  esse  non  possent,  alter  ipsorum  super- 
stes  predictum  negocium  exequatur.  Ad  cuius  rei  futuram 
memoriam  et  robur  perpetuum  et  muuimen,  et  ut  de  pre- 
missis aput  omnes  fiat  in  posterum  piena  fides ,  presens 
scriptum  exinde  fieri  et  sigillo  pendenti  maiestatis  nostre 
iussimus  communiri.  Actum  Messane  anno  domini  M°  GC° 
LXXX0  VJ°,  penultimo  februarii,  XVe  indicionis,  regni  no- 
stri anno  secundo. 

Dalla  perg.  di  n.  133  del  Re  Alfonso  II ,  nell'  Arch.  Cor.  A- 
rag.  in  Barcellona. 

Carini  ,  Gli  Arch.  e  le  Bibl. ,  voi.  Il ,  pag.  211  dà  il  sunto 
conciso  del  documento. 

Amari  ,  9a  ediz. ,  voi.  II ,  pag.  153 ,  ne  fa  soltanto  un  cenno 
indeterminato,  ricavandolo  dal  sunto  del  Carini. 

L'  ambasceria  affidata  al  Castelletto  e  al  de  Cannellis  concer- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  23 


(1287)  —  354  — 

neva  gli  accordi  per  la  pace,  per  il  matrimonio  del  Re  Giacomo 
e  l'altro  dell'Infante  Federico,  e  per  la  tregua  da  stabilirsi  men- 
tre durava  la  guerra.  Vennero  formati  pertanto  cinque  partico- 
lari documenti ,  cioè  il  presente  e  gli  altri  quattro  che  seguono 
(doc.  GLX  a  CLXIII),  e  si  ebbe  cura  anzi  con  quello  di  n.  GLXIII 
di  ben  definire  quale  dovesse  intendersi  la  conchiusione  della 
pace,  cioè  esclusivamente  con  la  cessione  della  Sicilia  insieme 
alle  isole  di  Malta  e  Lipari  ed  al  tributo  di  Tunisi.  Tali  atti  di 
procura  offrono  la  data  dal  27  febbraio  all'  8  marzo  ;  e  perciò 
sembra  che  con  prudenza  si  risolvevano  quegli  affari,  e  che  gli 
ambasciatori  partirono  nel  mese  di  marzo  dalla  Sicilia. 

Altra  missione  degli  stessi  ambasciatori  accadde  certamente 
nel  luglio  seguente,  perchè  il  Re  Alfonso  diceva  a  4  agosto  :  Ve- 
nientes  nuper  ad  nos...  nuncii  vestri»;  ma  questa  concerneva  la 
presentazione  degli  atti  transuntati  (a  richiesta  del  Procida)  per 
confermarsi  da  quel  Re  dopo  la  sua  coronazione,  ed  il  permesso 
di  trasferire  in  Sicilia  Alaimo  da  Lentini  ed  i  nipoti  per  la  con- 
danna (V.  doc.  GLXVIII  a  GLXXI). 

Questo  documento  del  27  febbraio  per  maneggiare  la  pace  col 
principe  di  Salerno  ci  rivela  che  era  avvenuto  un  trattato  fra  Gia- 
como e  Carlo:  «  secundum  tractatum  olim  super  hoc  habitum  inter 
nos  et  ipsum  principem  ».  Non  può  simile  trattato  essere  altro  che 
quello,  del  quale  fa  espressa  menzione  il  cronista  Neocastro  nel 
cap.  99  (ed.  Gregorio  cit.,  t.  I,  pag.  141),  cioè  quando  l'Infante 
Giacomo,  troncando  gl'indugi,  nel  novembre  1285  inviava  al  pa- 
dre in  Catalogna  il  principe  prigione,  facendosi  prima  promettere 
di  presenza  e  con  giuramento  nel  castello  di  Cefalù  che,  appena 
fosse  liberato ,  cederebbe  a  lui  la  Sicilia ,  e  gli  darebbe  Bianca 
sua  figlia  in  isposa,  con  altre  condizioni. 

Le  pratiche  furono  poi  riprese  nel  giugno  1286,  come  si  ricava 
dalla  lettera  del  Re  Alfonso  del  21  di  quel  mese,  da  me  sopra 
pubblicata  (cfr.  doc.  CXLVII).  Esse  provano  che  non  derivavano 
da  «impazienza  di  carcere»,  né  che  « men  valeano  per  la  prigio- 
nia», come  affermava  contrariamente  I'Amari,  perchè  anzi  furono 
la  base  di  queste  solenni  ambascerie  del  1287,  che  rinnovavansi 
per  l'identico  scopo  della  cessione  del  regno  di  Sicilia  e  dei  due 
matrimoni  dinastici. 

La  Chiesa  romana ,  che  nelle  divisioni  d'Italia  traeva  fonda- 
mento di  sua  potenza ,  avversava  quegli  accordi,  Il  Papa  Ono- 


—  355  —  (1287) 

rio  IV  in  una  sua  lettera  del  4  marzo  di  tale  anno  (e  non  1297 
come  per  errore  si  indica  da  Amari)  diretta  a  Carlo,  principe  di 
Salerno,  diceva  di  avere  inteso  «  quod  Iacobus  et  Gonstancia  ma- 
ter  eius  ipsum  [Alfonsum]  per  nuncios  speciales  duxerant  requi- 
rendum  ut  a  compositione  sive  concordia  pridem  inter  te  illosgue 
tractata,  dum  adhuc  esses  in  Siciliae  partibus,  recedere  non  de- 
beret»,  ed  annullava  recisamente  quel  trattato  circa  la  cessione 
di  Sicilia ,  delle  terre  dell'  arcivescovato  di  Reggio  di  Calabria  , 
e  del  tributo  di  Tunisi,  «  cum  peticiones  in  dicto  contentae  tra- 
ctatu  nihil  rationis  habeant».  (Raynaldi,  Annales  eccles.  t.  IV, 
pag.  19;  Potthast,  Begest.  pontif.,  n.  22581). 

Nondimeno  a  15  luglio  del  1287  potè  venir  conchiuso  in  0- 
leron  un  trattato,  col  quale  si  prometteva  la  liberazione  di  Carlo, 
sotto  varie  condizioni  espressamente  stabilite,  tra  le  quali  erano 
ancor  quelle  della  cessione  del  regno  di  Sicilia  e  del  matrimonio 
di  Bianca  col  Re  Giacomo,  che  desumonsi  dal  testo  del  trattato 
edito  da  Rymer,  Foedera  cit,  t.  II,  pag.  346  e  seg.  Rimase  pure 
inefficace  questo  trattato  per  l'indebita  ingerenza  dei  Papi. 


OLX. 

1287,  febbraio  27,  indizione  15%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  suoi  procuratori  Gisberto  de  Castel- 
letto e  Bertrando  de  (Jannellis  per  andare  presso  suo  fratello,  il 
Be  Alfonso  d' Aragona ,  e  trattare  «  per  verba  de  presenti  »  con 
Carlo  ,  principe  di  Salerno  ,  il  matrimonio  tra  il  suddetto  Gia- 
como e  la  figlia  maggior  nata  di  Carlo,  giusta  il  trattato  di  re- 
cente con  chiuso  tra  i  medesimi;  e  dà  pertanto  ai  procuratori  am- 
pie facoltà,  e  promette  di  ratificare  quanto  essi  faranno. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Gapue.  Per  presens  scriptum  notum  fieri  volu- 
mus  universis  quod,  confisi  de  prudencia  ,  fidelitate  et  le- 
galitate  Gisberti  de  Gastellecto  et  Bertrand!  de  Gannellis 
militura,  consiliariorum,  familiarium  et  fidelium  nostrorum, 


(1287)  —  356  — 

ipsos  constituimus,  facimus  et  ordinamus  legitimos ,  gene- 
rales  et  solemnes  nuncios ,  ambassatores  et  procuratores 
nostros,  presentes  et  legacionem ,  ambassatam  et  procura- 
cionem  ipsas  suscipientes,  ita  quod  non  sit  melior  condicio 
occupantis,  ad  conferendum  se  ad  presenciam  illustris  re- 
gis  Aragonum,  Valencie  et  Maioricarum  ac  comitatus  Bar- 
cellone ,  domini  fratris  nostri ,  et  alio  quo  idem  dominus 
rex  mandaverit  et  viderit  expedire,  et  tractandum,  complen- 
dum  et  perficiendum ,  nomine  et  prò  parte  nostra ,  matri- 
monium  per  verba  de  presenti  cum  illustri  principe  domino 
Karolo ,  fìlio  quondam  regis  Karoli ,  seu  cum  aliis  nomine 
et  prò  parte  ipsius ,  prò  parte  et  nomine  domine  [manca 
il  nome]  filie  sue  maioris  natu,  et  cum  eadem  filia  sua  vel 
aliquo  habente  potestatem  legitime  contrahendi  prò  ea,  iuxta 
tractatum  dudum  inde  habitum  inter  nos ,  seu  alios  prò 
parte  nostra,  ex  una  parte,  et  predictum  principem  ex  al- 
tera, prò  nobis  et  dieta  filia  sua  ducenda  per  nos  legitimo 
matrimonio  in  uxorem  ,  secundum  sacrosante  Romane  Ec- 
clesie instituta,  quibus  nunciis,  ambassatoribus  et  procura- 
toribus  nostris  damus  et  concedimus  plenam  licenciam  et 
liberam  potestatem  ac  generale m  administracionem  predi- 
ctum matrimonium  prò  parte  nostra  tractandi ,  faciendi , 
complendi  et  perficiendi  cum  eodem  principe,  seu  aliis  prò 
parte  ipsius ,  nomine  et  prò  parte  diete  filie  sue ,  et  cum 
dieta  filia  sua,  vel  aliquo  habente  super  hoc  potestatem  ab 
ea,  et  prestandi  super  firmando  matrimonio  ipso  sacramen- 
tum  in  anima  nostra ,  ac  eciam  recipiendi  promissiones , 
cautelas  et  pacta ,  nomine  et  prò  parte  nostra ,  a  predicto 
principe  et  dieta  filia  sua ,  vel  aliis  personis  intervenienti- 
bus  matrimonio  supradicto,  et  ea  omnia  faciendi,  exercendi 
et  percomplendi,  que  veri  et  legitimi  procuratores,  ambas- 
satores et  nuncii  facere  possunt  et  debent,  et  que  nos  ipsi 
facere  possemus  de  premissis,  si  presencialiter  adessemus, 
promictentes  sub  ypotheca  honorum  nostrorum  ratum,  gra- 
tum  et  firmum  habere  et  tenere  quicquid  dicti  procuratores, 
ambassatores  et  nuncii  nostri  super  premissis  duxerint  fa- 


-  357  —  (1287) 

ciendum.  Si  vero  contingeret  aliquem  ipsorum  decedere 
(quod  absit),  vel  ex  causa  necessaria  commissionis  eorum, 
de  mandato  predicti  domini  regis  Aragonum,  vel  alio  modo 
necessario ,  ad  aliam  provinciam  se  conferre ,  et  sic  ipsi 
ambo  simul  esse  non  possent,  alter  ipsorum  superstes  pre- 
dictura  negocium  exequatur.  Ad  cuius  rei  futuram  memo- 
riam,  et  ut  de  premissis  apud  omnes  fiat  in  posterura  piena 
tides,  presens  scriptum  exinde  fieri  et  sigillo  pendenti  maie- 
statis  nostre  iussimus  communiri.  Actum  Messane  anno  do- 
mini M°  CC°  LXXX0  VJ°  penultimo  februarii ,  XV  indicio- 
nis,  regni  nostri  anno  secundo. 

Dalla  perg.  di  n.  133  bis  del  Re  Alfonso  II,  nell'  Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  È  in  fine  un  frammento  di  sigillo  di  cera. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  Il,  pag.  212,  ne  dà  un  bre- 
vissimo sunto,  senza  indicare  che  l'atto  è  contenuto  in  altra  per- 
gamena, cioè  la  133  (bis);  donde  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  153, 
ritenne  che  la  procura  per  il  matrimonio  fosse  contenuta  nel  do- 
cumento anteriore,  poiché  dice  :  «  La  procura  valeva  ancora  per 
trattare  il  matrimonio». 

Si  ha  notizia  di  Bianca  figlia  secondogenita  del  principe  Carlo 
d'Angiò  (della  quale  non  è  qui  notato  il  nome)  nel  Chronicon  si- 
culum  d' incerto  autore  dall'  an.  340  al  1396,  edito  dal  Prof.  Giu- 
seppe De  Blasiis  tra  i  Monumenti  della  Soc.  Napol.  di  Stor.  Pa- 
tria ,  Serie  I ,  Napoli ,  1887  ,  pag.  6.  Vi  si  legge  che  Carlo  ebbe 
cinque  figlie,  e  che  «  filiarum  prima  fuit  domina  Clementia  con- 
sors  domini  Caroli  patris  regis  Philippi  de  Francia.  Secunda  fuit 
domina  Bianca  consors  regis  Iacobi  de  Aragona  » . 

Non  avvenuta  la  liberazione  del  principe  Carlo  d'Angiò  e  l'ap- 
provazione della  pace,  il  matrimonio,  che  per  maggiore  efficacia 
doveva  contrarsi  per  verba  de  presenti  ,  non  seguì.  Il  Re  Gia- 
como ,  soddisfacendo  1'  antico  desiderio ,  sposò  poi  a  1°  novem- 
bre 1295  in  Villa  Bertrand  nei  Pirenei  Bianca  figlia  del  principe 
di  Salerno,  quando  iniquamente  cedeva  la  Sicilia  agli  Angioini, 
contro  i  testamenti  di  Pietro  I  ed  Alfonso  III  di  Aragona.  Il  con- 
temporaneo Muntaner  nella  sua  cronaca  (cap.  182,  ediz.  Boparull, 
cit.,  pag.  345)  descrive  le  grandi  feste,  che  per  otto  giorni  ebbero 
luogo  per  il  matrimonio  di  Giacomo. 


(1287)  —  358  — 

Sul  trattato  di  Cefalù   del   1285   vedansi  le  note  al  doc.  pre- 
cedente. 


CLXI. 

1287,  febbraio  27,  indizione  15a,  Messina. 

L'Infante  Federico  ,  figlio  del  defunto  Re  Pietro  e  di  età  su- 
periore ai  dodici  anni,  con  il  consenso  della  madre  e  tutrice  re- 
gina Costanza,  eligge  suoi  procuratori  Gisberto  de  Castelletto  e 
Bertrando  de  Cannellis  per  presentarsi  al  Re  Alfonso  di  Aragona, 
e  concordare  con  il  principe  di  Salerno  il  matrimonio  di  sua 
figlia  secondogenita  con  il  suddetto  Federico  ,  con  V  assegno  di 
territori  e  dote  convenienti  (cuoi  terra  et  dote  decenti  tanto  matri- 
monio dandis)  su  le  terre  e  beni  della  porzione  del  regno  di  Si- 
cilia, che  al  medesimo  Carlo  appartengono,  oltre  il  trattato  con- 
chiuso fra  lui  e  Giacomo,  anco  per  quello  sul  matrimonio  sud- 
detto. Si  danno  ai  procuratori  le  facoltà  consuete. 

Nos  Fredericus  illustris  quondam  regis  Petri  Aragonum 
et  Sicilie  regis  dive  memorie  filius,  maior  annis  duodecim, 
minor  autem  quatuordecim  annis,  cum  auctoritate  illustris 
domine,  domine  Gonstancie  Aragonum  et  Sicilie  regine,  do- 
mine matris  et  tutricis  nostre,  omnibus  solempnitatibus  ob- 
servatis ,  que  iura  requirunt ,  tam  in  tutela  ipsa ,  quam  in 
constitucione  procuratoris  constituendi  a  minore,  quam  e- 
ciam  in  auctoritate  prestanda  a  tutrice  in  constitucione  pro- 
curatoris ipsius,  in  presencia  subscriptorum  Iudicum  civi- 
tatis  Messane,  coram  quibus  de  premissis  omnibus  solemp- 
niter  et  legitime  constitit,  confisi  de  prudencia,  fidelitate  et 
legalitate  Gisberti  de  Gasteleto  et  Bertrandi  de  Ganellis,  mi- 
litum,  illustrium  predicte  domine  regine  et  domini  regis  la- 
cobi,  regis  Sicilie,  domini  fratris  nostri,  consiliariorum,  fa- 
miliarium  et  fidelium  ac  devotorum  nostrorum ,  constitui- 
mus,  facimus  et  ordinamus  ipsos  solempnes  nuncios ,  am- 
bassatores  et  procuratores  nostros,  presentes  et  Jegacionem, 


—  359  —  (1287) 

ambassatam  et  procuracionem  ipsas  recipientes  ,  ita  quod 
non  sit  melior  condicio  occupantis,  ad  conferendum  se  ad 
presenciam  illustris  regis  Aragonum,  Valencie  et  Maiorica- 
rum  ac  comitatus  Barcellone,  domini  fratris  nostri,  et  alio 
quo  ipse  dominus  rex  mandaverit  et  viderit  expedire  ,  et 
tractandum ,  complendum  et  perflciendum ,  nomine  et  prò 
parte  nostra,  matrimonium  per  verba  de  presenti  cum  illu- 
stri principe  domino  Karolo,  filio  quondam  regis  Karoli,  et 
prò  parte  domine  [manca  il  nome]  filie  sue  secunde  natu,  et 
cum  eadem  filia  sua  seu  habente  potestatem  legitime  con- 
trahendi ,  prò  ea  ducenda  per  nos  legitimo  matrimonio  in 
uxorem ,  secundum  sacrosante  Romane  Ecclesie  instituta , 
cum  terra  et  dote  decenti  tanto  matrimonio  dandis  per  pre- 
dictum  principem,  seu  alium  prò  parte  sua,  nobis  contem- 
placione  matrimonii  supradicti,  de  terra  et  bonis  porcionis 
regni  Sicilie,  que  sibi  cedet  preter  concordiam  factam  inter 
predictum  dominum  regem  Sicilie  fratrem  nostrum  et  ipsum 
principem  de  regno  predicto,  iuxta  tractatum  et  concordiam 
inde  habitas  inter  ipsum  dominum  regem  Sicilie  fratrem 
nostrum,  seu  alium  prò  parte  nostra,  et  eumdem  principem 
prò  predicta  filia  sua,  et  ad  recipiendum  promissiones,  pacta 
et  cautelas  ipsius  matrimonii ,  facienda  ab  eodem  principe 
prò  predicta  filia  sua,  seu  alio  prò  parte  predicte  filie  sue, 
vel  ab  ipsa  filia  sua.  Quibus  nunciis,  ambassatoribus  et  pro- 
curatoribus  nostris  damus  et  concedimus  plenam  licenciam 
et  liberam  potestatem  ac  generalem  administracionem  pre- 
dictum matrimonium  tractandi,  faciendi,  complendi  et  per- 
ficiendi  cum  eodem  principe ,  et  predicta  filia  ipsius  prin- 
cipis  vel  alio  prò  parte  ipsius,  ac  prestandi,  super  firmando 
matrimonio  ipso  sacramentum  in  anima  nostra,  et  ea  omnia 
faciendi  et  exercendi,  que  veri  et  legitimi  procuratores,  am- 
bassatores  et  nuncii  facere  possunt  et  debent ,  et  que  nos 
ipsi  facere  possemus  si  ibidem  presencialiter  adessemus , 
promictentes,  sub  ypotheca  honorum  nostrorum,  ratum,  gra- 
tum  et  firmum  semper  habere  et  tenere  quicquid  predicti 
procuratores,  ambassatores  et  nuncii  nostri  super  premissis 


(1287)  —  360  — 

duxerint  faciendum.  Si  vero  contingerit  aliquem  ipsorum  de- 
cedere (quod  absit) ,  vel  ex  causa  necessaria  commissionis 
eorum,  de  mandato  predicti  domini  regis  Aragonum  fratris 
nostri ,  vel  alio  modo  necessario ,  ad  aliam  provinciam  se 
conferre,  et  sic  ambo  ipsi  simul  esse  non  possent,  alter  ip- 
sorum superstes  predictum  negocium  exequatur.  Ad  huius 
autem  rei  futuram  memoriam,  et  ut  de  premissis  aput  om- 
nes  fiat  in  posterum  piena  fides,  presens  scriptum  publicum 
factum  est  exinde  per  manus  magistri  lohannis  de  Pere- 
grino, Magne  Curie  predicti  domini  regis  Sicilie  fratris  nostri 
actorum,  et  publici  civitatis  Messane  notarii,  sigillis  penden- 
tibus  predicte  domine  regine,  domine  matris  et  tutricis  no- 
stre, ac  nostro,  ac  eciam  subscripcionibus  predictorum  Iu- 
dicum  et  dicti  notarii  communitum.  Actum  Messane  anno 
domini  M°  GG°  LXXX0  VJ°,  mense  februarii,  penultimo  die 
mensis  eiusdem,  XV  indicionis ,  regnante  predicto  domino 
rege  Sicilie,  domino  fratre  nostro,  regni  sui  anno  secundo. 

f  Ego  Gofridus  de  Imperatore  Iudex  Messane. 

f  Ego  Guilielmus  Saporitus  Iudex  Messane. 

f  Ego  Poncius  Gepulla  Iudex  Messane. 

f  Ego  Iohannes  de  Laburzi  Iudex  Messane. 

f  Ego  Bernardus  Goppula  Iudex  Messane. 

f  Ego  notarius  Iohannes  de  Peregrino  magne  regie  Curie 
actorum ,  et  publicus  civitatis  Messane  notarius  qui  supra 
predicta  rogatus  scripsi  et  testo r. 

Dalla  perg.  di  n.  132  del  Re  Alfonso  II,  nell'Aron.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bill.,  voi.  Il,  pag.  211  dà  il  sunto  del 
documento ,  ma  tralascia  alcune  notizie  rilevanti  che  vi  si  con- 
tengono. 

Amari  ,  9*  ediz. ,  voi.  II ,  pag.  198 ,  accenna  appena  il  docu- 
mento, senza  notare  alcuna  circostanza  importante  di  esso. 

La  figlia  minor  nata ,  che  chiedevasi  in  isposa  dall'  Infante 
Federico  era  Eleonora,  che,  cessate  le  guerre  per  la  pace  del  1302, 
contrasse  matrimonio  nell'inizio  dell'anno  seguente  con  Federico 


—  361  —  (1287) 

divenuto  Re  di  Sicilia  dal  1296.  Neocastro  (cap.  99,  ediz.  Gre- 
gorio, t.  I,  pag.  141  )  dice  espressamente  che  il  principe  di  Sa- 
lerno avea  promesso  nel  1285  in  Gefàlù  :  «  alteram  filiam  nostram 
dabimus  inclito  fratti  vestro  domino  Friderico  in  uxorem,  cum 
principatu  Tarenti  et  honore  Montis  sancti  Angeli,  sicut  illos  te- 
nuit  avus  vester»,  cioè  il  Re  Manfredi. 

Nella  pace  del  1302  trovavano  perciò  in  parte  adempimento  i 
progetti  formati  nel  1285  in  Gefalù  col  principe  Carlo,  poiché  an- 
che i  due  vincoli  di  parentela,  che  allora  promettevansi  per  i  fra- 
telli Giacomo  e  Federico  con  le  due  figlie  del  principe  di  Saler- 
no, avvennero  il  primo  nel  1295  e  l'altro  nel  1303. 

Sono  senza  dubbio  notevoli  le  espressioni  del  documento,  che 
riferisconsi  al  trattato  di  Gefalù,  e  specialmente  quelle  sul  terri- 
torio continentale  del  regno  di  Sicilia  spettante  al  principe  Carlo  : 
«  de  terris  et  bonis  porcionis  regni  Sicilie,  que  sibi  cedet  per  con- 
cordia,™ factam»,  che  dimostrano  un  vero  trattato  esplicito  per 
iscritto,  e  regolato  in  ogni  sua  parte,  del  quale  non  ci  è  perve- 
nuto il  testo,  ma  si  conoscono  le  parti  principali  da  questi  do- 
cumenti di  ambasceria ,  oltre  il  sunto  che  ne  ha  fornito  il  con- 
temporaneo Neocastro,  che  ricercò  e  vide  quel  trattato. 


OLXII. 


1287,  marzo  3,  indizione  15a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  eligge  suoi  procuratori  Gisberto  de  Castelletto 
e  Bertrando  de  Gannellis  per  presentarsi  a  suo  fratello  Alfonso, 
Re  di  Aragona,  e  trattare  col  principe  Carlo  d'Angiò  una  tregua 
per  sospendere  la  guerra  del  suddetto  Giacomo  contro  il  principe, 
i  suoi  figli,  il  Legato  apostolico  ed  il  conte  d'Artois  circa  il  do- 
minio del  regno  di  Sicilia  «  in  regno  et  de  regno  Sicilie».  Con- 
ferisce a  tal  uopo  ogni  facoltà ,  e  promette  di  ratificare  quanto 
gli  ambasciatori  faranno. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Capue.  Per  presens  scriptum  notum  fieri  volu- 
mus  universis  quod,  confisi  de  prudencia,  fidelitate  et  lega- 


(1287)  —  362  - 

litate  Gisberti  de  Castelletto  et  Bertrandi  de  Gannellis,  mi- 
litum ,  consiliariorura  ,  familiarium  et  fidelium  nostrorum  , 
constituimus ,  facimus  et  ordinamus  ipsos  legitimos  et  ge- 
nerales  ac  sollempnes  nuncios,  ambassatores  et  procurato- 
res  nostros ,  presentes  et  legacionem ,  ambassatam  et  pro- 
curacionem  ipsas  suscipientes,  ita  quod  non  sit  raelior  con- 
dicio occupantis,  ad  conferendum  se  ad  presenciam  illustris 
regis  Aragonum,  Valencie  et  Maioricarum  ac  comitatus  Bar- 
cellone, domini  fratris  nostri,  et  alio  quo  idem  dominus  rex 
mandaverit  et  viderit  expedire,  et  tractandam,  complendam 
et  perficiendam  ,  nomine  et  prò  parte  nostra ,  cum  illustri 
principe  domino  Karolo ,  fìlio  quondam  regis  Karoli ,  seu 
aliis  nomine  et  prò  parte  ipsius,  treugam  super  guerra,  que 
est  inter  nos  et  gentem  nostram  ex  una  parte  et  ipsum 
principem ,  Legatum  apostolice  sedis  in  regno  Sicilie ,  pri- 
mogenitum  et  alios  filios  dicti  principis  et  corniteli)  Atraba- 
tensem  et  gentem  eorum  ex  parte  altera,  in  regno  et  de  re- 
gno Sicilie  supradicto,  secundum  provi sionem ,  mandatum 
et  ordinacionem  dicti  domini  fratris  nostri ,  et  secundum 
quod  dicti  nuncii,  ambassatores  et  procuratores  nostri,  prò 
parte  nostra ,  cum  dicto  principe ,  vel  aliis  prò  parte  sua , 
melius  poterunt  exinde  convenire.  Quibus  nunciis,  ambassa- 
toribus  et  procuratoribus  nostris  damus  et  concedimus  ple- 
nam  licenciam  et  liberam  potestatem  ac  generalem  admi- 
nistracionem  treugam  ipsam  tractandi,  faciendi,  complendi 
et  perficiendi  cum  eodem  principe  seu  aliis  prò  parte  ipsius 
in  forma  predicta,  ac  eciam  recipiendi  nomine  et  prò  parte 
nostra  a  predicto  principe,  vel  aliis  personis  intervenientibus 
diete  treuge,  et  faciendi  ac  firmandi  sibi  nomine  et  prò  parte 
nostra  promissiones ,  cautelas  et  securitates  super  treuga 
predicta ,  secundum  quod  fuerit  oportunum ,  et  super  hoc 
ea  omnia  faciendi,  exercendi  et  percomplendi ,  que  veri  et 
legitimi  procuratores,  ambassatores  et  nuncii  facere  possunt 
et  debent,  et  que  nos  ipsi  facere  possemus  de  premissis,  si 
presencialiter  adessemus.  Promictentes  sub  ypotheca  hono- 
rum nostrorum  ratum,  gratum  et  firmum  semper  habere  et 


—  363  —  (1287) 

tenere  quicquid  dicti  procuratores,  ambassatores  et  nuncii 
nostri  super  premissis  duxerint  faciendum.  Si  vero  aliquis 
dictorum  procuratorura  ,  nunciorum  et  ambassatorum  no- 
strorum  decederet  quo  (dabsit),  vel  ex  causa  necessaria  le- 
gacionis  ipsorum  ,  de  mandato  predicti  domini  fratris  no- 
stri ,  vel  alio  modo  necessario  oporteret  alterum  eorum  ad 
aliam  provinciam  se  conferre,  et  sic  ambo  simul  esse  non 
possent,  alter  ipsorum  superstes  predicta  omnia  exequatur. 
Ad  cuius  rei  futuram  memoriam ,  et  ut  de  premissis  aput 
omnes  fiat  in  posterum  piena  fides,  presens  scriptum  exinde 
fieri  et  sigillo  maiestatis  nostre  iussimus  communiri.  Actum 
Messane  anno  domini  M°  GG°  LXXX0  VJ°  mensis  marcii, 
IIJ  eiusdem,  XV  indicionis,  regni  nostri  anno  secundo. 

Dalla  perg.  di  n.  134  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Aron.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  Si  scorge  in  fine  un  frammento  di  sigillo. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  212,  offre  un  sunto 
indeterminato,  nel  quale  afferma  erroneamente  che  gli  ambascia- 
tori dovevano  trattare  la  tregua  pure  con  i  figli  del  principe  Carlo, 
e  con  il  Legato  ed  il  Conte  d'Artois,  contro  il  vero  senso  del  testo. 

La  potestà  concessa  agli  ambasciatori  per  la  conchiusione  della 
tregua  era  necessaria  per  sospendere  le  ostilità  che  avvenivano 
nel  regno  tra  gli  eserciti  nemici,  e  preparare  (come  di  consueto) 
la  pace,  per  la  quale  davasi  facoltà  di  trattarla  ai  medesimi  am- 
basciatori con  il  documento  di  procura  del  27  febbraio  (cfr.  doc. 
CLIX)  e  con  l'altro  più  esplicito  dell'  8  marzo  (doc.  CLXIII)  su 
quanto  il  trattato  di  pace  doveva  immancabilmente  concernere , 
per  le  concessioni  che  avrebbe  fatto  il  principe  angioino.  Basta 
quindi  rinviare  ai  suddetti  due  documenti  per  altre  notizie,  poiché 
la  tregua  avrebbe  offerto  l'adito  per  raggiungere  il  compimento 
della  pace. 

Il  Legato  era  il  Cardinale  Gerardo  di  Parma ,  il  quale  risie- 
deva in  Napoli  col  Conte  d'Artois  (V.  sopra,  pag.  177  e  185,  ed 
il  doc.  che  segue,  n.  CLXIII). 


(1287)  —  364  — 


OLXIII. 

1287,  marzo  8,  indizione  15»,  Messina. 

Il  Be  Giacomo  nomina  suoi  procuratori  Gisberto  de  Castel- 
letto e  Bertrando  de  Cari nellis  per  andare  dal  Be  Alfonso  di  Ara- 
gona, e  concordare  con  Carlo,  principe  di  Salerno  ,  la  pace  per 
il  regno  di  Sicilia  «  composicionem  et  concordiam  de  regno  Si- 
cilie», dove  al  presente  è  la  guerra  tra  gli  Aragonesi  e  gli  An- 
gioini. Concede  all'uopo  ogni  facoltà,  con  la  condizione  però  che 
in  ogni  evento  l'isola  di  Sicilia  con  quelle  di  Malta,  Gozo,  Pan- 
telleria e  Lipari  e  le  altre  minori,  e  col  tributo,  fondaco  e  con- 
solato di  Tunisi  debba  appartenere  al  dominio  del  suddetto  Be 
Giacomo. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  prin- 
cipatus  Capile.  Per  presens  scriptum  notum  fieri  volumus 
universis  quod,  confisi  de  prudencia  et  legalitate  ac  fìdeli- 
tate  Gisberti  de  Gastelleto  et  Bertrandi  de  Gannellis  mili- 
tura,  consiliariorum,  familiarium  et  fidelium  nostrorum,  con- 
stituimus,  facimus  et  ordinamus  ipsos  legitimos  et  generales 
ac  solempnes  nuncios,  ambassatores  et  procuratores  nostros, 
presentes  et  legacionem,  ambassatam  et  procuracionem  ipsas 
suscipientes ,  ita  quod  non  sit  melior  conditio  occupantis, 
ad  conferendum  se  ad  presenciam  illustris  regis  Aragonum, 
Valencie  et  Maioricarum  ac  comitatus  Barcellone ,  domini 
fratris  nostri,  et  alio  quo  idem  dominus  rex  mandaverit  et 
viderit  expedire,  ad  tractandam ,  complendam  et  perficien- 
dam,  nomine  et  prò  parte  nostra,  cum  illustri  principe  do- 
mino Karolo,  filio  quondam  regis  Karoli,  seu  aliis  nomine 
et  prò  parte  ipsius,  composicionem  et  concordiam  de  regno 
Sicilie,  de  quo  et  prò  quo  regno  est  ad  presens  guerra  inter 
nos  et  gentem  nostram  ex  una  parte,  et  ipsum  principerà, 
Legatum  apostolice  Sedis  in  regno  ipso ,  primogenitura  et 
alios  filios  dicti  principis  et  comitem  Atrabatensem  et  gen- 
tem eorum  ex  altera,  secundum  provisionem,  mandatum  et 


—  365  —  (1287) 

ordinacionem  dicli  domini  fratris  nostri,  et  secundum  quod 
dicti  nuncii,  ambassatores  et  procuratores  nostri,  prò  parte 
nostra,  cum  dicto  principe,  vel  aliis  prò  parte  sua,  melius 
poterunt  exinde  convenire;  qui  bus  nunciis,  ambassatoribus 
et  proeuratoribus  nostris  damus  et  concedimus  plenam  li- 
cenciam  et  liberara  potestatem  ac  generalem  administracio- 
nem,  composicionem  et  concordiam  ipsas  tractandi,  faciendi, 
complendi  et  perficiendi  cum  eodem  principe,  vel  aliis  prò 
parte  ipsius  in  forma  predicta,  ac  eciam  recipiendi,  nomine  et 
prò  parte  nostra,  a  predicto  principe,  vel  aliis  personis  inter- 
venientibus  composicioni  et  concordie  supradictis,  et  faciendi 
et  firmandi  sibi  nomine  et  prò  parte  nostra  promissiones , 
cautelas  et  securitates  super  composicione  et  concordia  an- 
tedictis,  secundum  quod  fuerit  oportunum,  et  super  hoc  ea 
omnia  faciendi,  exercendi  et  percomplendi,  que  veri  et  le- 
ghimi nuncii,  ambassatores  et  procuratores  facere  possunt 
et  debent,  et  que  nos  ipsi  facere  possemus  de  premissis  si 
presencialiter  adessemus.  Promictentes  sub  ypotheca  hono- 
rum nostrorum  ratum,  gratum  et  firmum  semper  habere  et 
tenere  quicquid  dicti  nuncii,  ambassatores  et  procuratores 
nostri  super  premissis  duxerint  faciendum.  Ita  tamen  quod 
insula  Sicilie,  cum  insulis  Malte,  Gocii,  Pantalarie  et  Lipari, 
cum  omnibus  aliis  insulis  sibi  adiacentibus  habitatis  et  exha- 
bitatis,  cum  tributo  et  fundico,  consulatu  et  honoribus  Tu- 
nisii,  cum  omnibus  iuribus,  racionibus,  tenimentis  et  perti- 
nenciis  suis,  in  omnem  eventum  remaneant  nobis,  et  domi- 
nio nostro  subsint.  Si  vero  alterum  dictorum  nunciorum  , 
ambassatorum  et  procuratorum  nostrorum  de  mandato  dicti 
domini  fratris  nostri,  ex  causa  legacionis  predicte,  vel  alio 
modo  necessario,  oporteret  ad  aliquam  provinciam  se  con- 
ferre,  et  sic  ambo  in  premissis  simul  esse  non  possent,  alter 
ipsorum  superstes  predicta  omnia  exequatur.  Ad  cuius  rei 
futuram  memoriam,  et  ut  de  premissis  apud  omnes  fiat  in 
posterum  piena  fides,  presens  scriptum  exinde  fieri  et  sigillo 
pendenti  maiestatis  nostre  iussimus  communiri.  Actum  Mes- 
sane anno  domini  M°  GC°  LXXXVJ0 ,  mense  marcii ,  VIIJ 
eiusdem,  XV  indicionis,  regni  nostri  anno  secundo. 


(1287)  —  366  — 

Dalla  perg.  di  n.  135  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Aron.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  In  fine  della  pergamena  vedesi,  come  nella 
precedente,  un  frammento  di  sigillo  di  cera. 

Carini  ,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  ,  voi.  II ,  pag.  212  dà  un  breve 
sunto,  nel  quale  traduce  :  onori  di  Tunisi  le  parole  «  et  honori- 
bus  Tunisii  »  ,  che  equivalgono  piuttosto  a  giurisdizione  e  terri- 
torio, come  nota  il  Ducange  alla  voce  Honores. 

Amari,  9a  ediz.  ,  voi.  II ,  pag.  195  e  198  fa  appena  un  cenno 
del  documento,  e  spiega  alquanto  meglio  il  significato  di  quella 
espressione  in  tal  guisa  :  «  e  V onore  di  Tunis  stessa,  cioè  un  di- 
ritto di  alta  sovranità,  che  si  supponea  conseguenza  del  tributo». 

Il  documento  è  assai  notevole  e  segreto  perchè  denota  quali 
dovevano  essere  le  parti  del  trattato  per  le  quali  nessun  contrasto 
doveva  farsi  dal  principe  di  Salerno,  cioè  la  cessione  della  Sicilia 
con  tutte  le  sue  isole  adiacenti,  ed  il  tributo  e  la  supremazia  su 
Tunisi,  che  aveano  origine  dall'epoca  normanna,  salvo  a  potere 
in  omnem  eventum  transigere  su  altre  circostanze  di  minor  rilievo. 

Le  intenzioni  del  Re  Giacomo  non  trovarono,  per  le  ingerenze 
pontificie,  la  dovuta  accoglienza,  e  non  si  ebbe  che  il  trattato  di 
Oleron  in  Bearn  del  15  luglio  seguente,  nel  quale  si  provvedeva 
ai  preliminari  di  pace ,  cioè  alle  condizioni  della  liberazione 
(voluta  con  ansia)  del  Principe,  a  tregue  e  promesse  di  paci  re- 
ciproche da  convenirsi,  anco  per  la  Sicilia,  ma  senza  alcuna  espli- 
cita dichiarazione  e  cessione  dell'isola  di  Sicilia  al  Re  Giacomo, 
restando  così  incerta  ogni  promessa,  come  si  scorge  dal  trattato 
di  Oleron,  edito  da  Rymer,  Foedera  cit.,  t.  II,  pag.  346  e  seg. 

Il  Re  Alfonso  di  Aragona  ebbe  cura  di  fare  inviare  da  varie 
città  di  Provenza  i  sindaci  per  giurare  di  sottomettersi  a  lui,  nel 
caso  di  inadempimento  del  principe  di  Salerno  ai  patti  stabiliti 
in  Oleron  per  la  pace  da  convenirsi  ;  e  quei  documenti  trovansi 
in  varie  pergamene  dell'  Archivio  della  Cor.  di  Arag.  in  Barcel- 
lona, dei  quali  dà  i  sunti  il  Carini  cit.,  pag.  216-222,  per  i  mesi 
da  settembre  1287  a  1°  maggio  1288,  poiché  quest'ultimo,  dal  Ca- 
rini riferito  (pag.  212)  in  esteso  sunto  e  con  data  erronea  del  1287, 
contiene  il  testo  dei  patti  del  trattato  di  Oleron ,  stipulato  a  15 
luglio  1287,  come  si  ha  in  Rymer  ,  e  non  può  essere  perciò  an- 
teriore. È  pertanto  inesatta  l'affermazione  di  Amari  cit.,  pag.  199 
che  quelle  pergamene  «  portano  varie  date  tra  il  gennaro  e  il  set- 
tembre del  1287  »,  ed  ancora  l'altra  «che  era  già  preparata  prima 


—  367  —  (1287) 

della  stipulazione  del  trattato  di  Oleron  la  guarentigia  della  ces- 
sione dei  comuni  di  Provenza  al  re  d'Aragona»  ecc. 

Per  altre  notizie  su  i  negoziati  di  pace  vedi  sopra,  doc.  GLIX. 


OLXIV. 

1287,  marzo  10,  Barcellona. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  fa  il  suo  testamento,  col  quale 
nomina  gli  esecutori  della  sua  volontà.  Ordina  che  il  suo  corpo 
sia  sepolto  nel  monastero  dei  Frati  minori  di  Barcellona,  e  prov- 
vede per  i  funerali  e  gli  anniversari  da  celebrarsi  ,  stabilendo 
«  quod  ardeantur  semper  diu  [corr.  die]  noctuque  incessanter  co- 
rani tumulo  nostro  duo  cerei»,  da  pagarsi  la  spesa  sui  proventi 
dei  molini  di  Barcellona.  Istituisce  suo  erede  universale  nei  regni 
di  Aragona  e  Valenza  e  nella  Contea  di  Barcellona  ed  altri  do- 
mini il  fratello  Re  Giacomo,  con  la  condizione  che  egli  ceda  al- 
l'Infante Federico  il  regno  di  Sicilia  e  le  terre,  che  al  medesimo 
appartengono,  «  que  sunt  de  pertinentiis  ipsius  regni  »;  e  se  Gia- 
como vorrà  avere  per  sé  di  più ,  e  ritenere  il  regno  di  Sicilia  , 
«  quam  ipse  dare  et  concedere  dicto  Infanti  Federico  » ,  o  pure 
non  sarà  vivente  ,  in  tali  casi  istituisce  erede  universale  il  fra- 
tello Infante  Federico,  e  se  costui  sarà  morto,  l'altro  fratello  In- 
fante Pietro.  Stabilisce  altresì  che  se  Giacomo  sarà  suo  erede  in 
Sicilia,  e  morirà  senza  figli,  restituisca  all'Infante  Federico  quanto 
a  lui  è  assegnato  per  il  testamento,  e  se  quegli  non  sarà  allora 
vivente,  all'Infante  Pietro  ,  e  così  del  pari  ordina  per  V  Infante 
Federico  se  sarà  suo  erede  in  Aragona,  per  la  restituzione  allo 
Infante  Pietro;  provvedendo  che  se  il  Re  Giacomo  o  l'Infante  Fe- 
derico non  potranno  succedere  nei  regni  suddetti,  sia  erede  il  fra- 
tello Infante  Pietro  medesimo. 

È  in  fine  il  segno  di  croce  del  Re  Alfonso. 

(Atto  in  notar  Pietro  Matteo,  di  Barcellona). 

L'originale  pergamena,  che  conteneva  il  testamento  (come  per 
F  altro  del  Re  Pietro  ,  cfr.  doc.  XIV)  si  conservava  nell'  Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona  ;  ma  da  molti  anni  più  non  si  trova.  In 


(1287)  —  368  — 

un  indice  alfabetico,  compilato  nel  secolo  XVIII ,  ed  intitolato  : 
«  Escrituras  en  pergaoiinos  sueltas ,  desde  el  ano  844  à  1291  »  si 
vede  notato  al  n.  2271  il  testamento  di  Alfonso  con  data  10  marzo 
1287,  e  con  la  indicazione  della  successione  di  Federico  nel  regno 
di  Sicilia.  Si  ha  nelle  Cartas  sueltas  con  fecha  di  Giacomo  II  al 
num.  185  un  estratto,  eseguito  nel  1288,  dal  testamento  per  quanto 
riguarda  la  sepoltura  ed  il  legato  ai  monaci. 

L'insigne  Prospero  de  Boparull  nella  sua  opera  Los  Condes 
de  Barcelona  vindicados.  Barcelona,  t.  II,  pag.  249  dimostra  che 
allora  (1836)  esisteva  il  testamento.  Egli  dice  :  «  Pocas  horas  antes 
de  su  temprana  é  inesperada  muerte  otorgó  D.  Alfonso  dos  codici- 
los  (Real  Archivo,  n.  443  de  pergaminos  de  su  coleccion),  en  que 
ratificando  el  testamento  que  habia  ordenado  a  2  [corr.  10]  de 
marzo  de  1287  (idem,  armario  2°,  n.  290)  llamando  a  la  sucession 
de  los  estados  de  Aragon  a  su  hermano  D.  Iaime  rey  de  Sicilia, 
y  a  los  de  està  isla  al  otro  hermano  D.  Federico,  segun  su  padre 
habia  dispuesto,  declaró  sus  amores  con  D.a  Dulcia  hija  del  de- 
funto D.  Bernardo  de  Galdes  ciudadano  de  Barcelona»,  ecc.  Ri- 
corda che  ordinò  infine  che  la  sua  sepoltura  fosse  nel  monastero 
dei  Frati  minori ,  ai  quali  «  hizo  varios  legados  »  ;  però  sembra 
invece  che  questo  non  sia  un  codicillo,  ma  l'estratto  da  me  sopra 
indicato. 

Nel  1860  Antonio  de  Bofarull  nella  edizione  della  Cronaca 
catalana  de  Ramon  Muntaner,  da  lui  curata  in  Barcellona,  a  pa- 
gina 331  die  queste  importanti  notizie  :  «  Del  testamento  de  Al- 
fonso III  nada  puede  decirse,  porque  tampoco  existe  en  nuestros 
archivos,  y  si  bien  hay  codicillos,  estos  son  simplemente  con  un 
objeto  particular,  pero  sin  hablar  de  sustituciones  ni  herencias, 
limitandose  à  aprobar  el  testamento  hecho  en  6  de  los  idus  de 
marzo  de  1287 ,  por  sin  detallarlo.  Por  el  mismo  estilo  se  halla 
un  traslado  de  una  clàusula  sola  relativa  à  una  fundacion  en  un 
convento  de  Barcelona,  cuyo  documento  es  el  que,  sin  duda  al- 
guna,  se  ha  tornado  por  el  testamento,  mas  ni  en  dicha  clàusula, 
ni  en  los  referidos  codicilos  se  halla  nada  que  tenga  relacion  con 
el  interesante  objeto  que  me  ha  impulsado  à  poner  està  nota 
[cioè  su  la  successione  nel  regno  di  Aragona]. 

Lo  stesso  A.  de  Bofarull  nell'altra  opera  Historia  de  Gata- 
luna  cit.,  Barcelona,  1876,  t.  Ili,  pag.  599  notava  poi  che  il  Re 
Alfonso  fece  i  suoi  codicilli ,  coi  quali  ratificò  il  testamento  an- 


—  369  —  (1287) 

teriore,  e  indicava  che  un  estratto  di  esso  venne  pure  eseguito. 
Riferiva  ancora  :  «  El  ultimo  documento  que  citamos  [il  testa- 
mento] llevaba  en  la  resena  antigua  del  Archivo  de  la  Corona 
de  Aragon  el  numero  290  de  uno  de  sus  armarios,  y  actualmente 
el  193  de  los  pergaminos  de  D.  Alfonso  ,  corno  llevan  los  codi- 
cilos,  bajo  el  mismo  sistema,  el443».  Nondimeno  affermava  che 
il  testamento  non  si  aveva  più  al  suo  tempo,  e  solo  rinvenivansi 
i  codicilli. 

In  Barcellona  ricercai  accuratamente  quel  prezioso  documento; 
ma  non  fu  possibile  ottenere  miglior  risultato. 

Il  testo  intero  del  testamento  è  per  buona  fortuna  riferito  nel 
manoscritto  Qq  G.  1,  fol.  151  r.  della  Bibl.  Gom.  di  Palermo.  Non 
si  indica  la  fonte;  ma  proviene  dalla  copia  originale  eseguita  in 
Barcellona  dal  celebre  diplomatista  Antonino  Amico. 

La  più  antica  menzioue  del  documento  si  ha  nella  cronaca 
del  Muntaner  (cap,  174 ,  ediz.  Bofarull  ,  pag.  330).  È  inesatto 
quivi  che  il  Re  Alfonso  avesse  lasciato  la  Sicilia  a  Giacomo;  però 
soltanto  nel  caso  che  l'avesse  desiderato,  e  perdendo  il  diritto  alla 
successione  nell'Aragona  (cfr.  sopra,  pag.  261).  Surita  ff  1581) 
negli  Anales,  lib.  IV ,  cap.  122  die  estesa  notizia  del  contenuto 
del  testamento,  provandosi  (come  dice  A.  de  Bofarull)  di  averne 
egli  esaminato  diligentemente  il  testo. 

Fu  pubblicato  la  prima  volta  nel  1775  nell'opera  postuma  di 
mons.  Testa,  De  vita  Federici  II  cit.,  pag.  232  e  seg.  con  questa 
indicazione  :  «  Huius  in  publica  panormitana  Bibliotheca  asserva- 
tur  exemplar  inter  codices  ci.  Dominici  Scavo»,  che  riordinò  i 
manoscritti  di  Amico. 

Bdscemi,  Vita  di  Giovanni  di  Procida  ,  cit. ,  pag.  LIX  in  no- 
ta, ristampò  nel  1836,  traendola  dall' ediz.  di  Testa,  una  parte 
del  documento  da  «  Instituimus  nobis  haeredem  universalem  » 
sino  «  Petrum  fratrem  nostrum  »  ,  oltre  «  Actum  —  anno  domini 
MGGLXXXVI».  De  Renzi,  Il  secolo  XIII  e  G.  da  Procida,  cit., 
pag.  441 ,  nota  2 ,  ne  riprodusse  un  frammento  da  «  Institui- 
mus» ecc.  sino  « pertinentiis  ipsius  regni».  Viene  ricordato  da 
Tomacelli,  Storia  dei  reami  di  Napoli  e  Sicilia  cit.,  voi.  II,  pa- 
gina 414,  nota  7.  Particolare  menzione  ne  fa  Amari,  9a  ediz.,  voi.  II, 
pag.  232  e  seg. 

Il  testamento  di  Alfonso  fornisce  chiara  prova  della  slealtà  di 
Giacomo  nel  ritenere  per  sé  la  Sicilia.  La  data  è  indubbiamente 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  24 


(1287)  —  370  — 

del  1287,  essendo  l'anno  1286  da  ridursi  al  computo  ordinario,  co- 
me lo  attesta  pure  A.  de  Bofarull  nella  Cronaca  e  nella  Hist. 
de  Cataluna  cit.  ;  e  così  è  segnato  nell'  Indice  delle  pergamene 
nell'Arch.  di  Barcellona.  Invece  Amari  (pag.  232)  lo  denota  per 
equivoco  come  appartenente  al  1286.  Vedasi  ancora  quanto  ho 
detto  nella  mia  memoria  Relazioni  cit.  in  Anuari  de  Vinsi.  d'E- 
stud.  catal.  (1908),  pag.  344  e  seg. 


OLXV. 

febb.  o  marzo,  indizione  15a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  ad  istanza  di  Goffredo  Sicho  di  Palermo,  or- 
dina ai  Secreti  e  procuratori  di  Sicilia  al  di  là  del  Salso,  di  e- 
seguire  il  privilegio  (inserto)  dell'imperatore  Federico  II  di  agosto 
1229,  col  quale  veniva  concesso  a  Teodoro  Sicho,  padre  di  Goffre- 
do, ed  ai  suoi  eredi  in  perpetuo  l'officio  del  peso  della  staterà  della 
regia  Curia  in  Palermo. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Secretis  et  magistris  procuratoribus  et  uni- 
versis  officialibus  Sicilie  ultra  flumen  Salsum ,  vel  Gayto 
Panormi,  tam  presentibus  quam  futuris,  fidelibus  suis  gra- 
ciam  suam  et  bonam  voluntatera.  Goffredus  [Sichus]  civis 
Panormi  fidelis  noster ,  fìlius  et  lieres  quondam  Theodari 
Sichii,  ostendit  nostre  Curie  quoddam  patens  scriptnm  di- 
rectum  Secretis  et  universis  officialibus  Sicilie  ultra  flumen 
Salsum,  tam  presentibus  quam  futuris,  sub  pendenti  sigillo 
illustrissimi  quondam  domini  imperatoris  Friderici  proavi 
nostri,  dive  memorie,  continencie  talis  :  Fridericus  dei  gra- 
cia Romanorum  imperator  semper  augustus ,  Ierusalem  et 
Sicilie  rex.  Secretis  et  universis  officialibus  Sicilie  ultra  flu- 
men Salsum,  tam  presentibus  quam  futuris ,  fidelibus  suis 
graciam  suam  et  bonam  voluntatem.  Theodarus  Sichus  civis 
Panormi  fidelis  noster,  in  nostri  presencia  constitutus,  cel- 
situdini nostre  humiliter  supplicavit  ut  officium  ponderacio- 


vs, 


—  371  —  (1287) 

nis  statere  nostre  Curie  in  Panormo  sibi  de  nostra  gracia 
concedere  dignaremur.  Nos  itaque ,  supplicaciouem  ipsius 
Theodari  fidelis  nostri  benigniter  admictentes ,  de  innata 
celsitudinis  nostre  gracia  ,  quam  consuevimus  fìdelibus  et 
benemeritis  providere,  dictum  officium  ponderacionis  statere 
Curie  nostre  in  Panormo  sibi  et  heredibus  suis  in  perpe- 
tuum  duxit  nostra  serenitas  concedendum.  Ad  huius  autem 
nostre  concessionis  memoriam  presens  scriptum  sibi  fieri , 
et  nostre  maiestatis  sigillo  iussimus  communiri.  Datum  Fo- 
gie,  anno  dominice  incarnacionis  M"  CC°  XXVIIIJ0,  mense 
augusti,  secunde  indicionis,  imperante  domino  nostro  Fri- 
derico  dei  gracia  invictissimo  Romanorum  imperatore  sem- 
per  augusto ,  Ierusalem  et  Sicilie  rege ,  anno  imperii  eius 
nono,  regni  Ierusalem  quarto,  regni  vero  Sicilie  XXXJ0  fe- 
liciter  amen.  Cumque  predictus  asserat  post  obitum  predicti 
patris  sui,  auctoritate  predicti  scripti,  predictum  exercuisse 
et  petere  officium,  et  humiliter  supplicavit  nobis  super  hoc 
nostras  licteras  destinare,  sua  supplicacione  benigne  admissa, 
donacionis  et  concessionis  [scriptum],  factum  per  predictum 
dominum  imperatorem,  volentes  inviolabiliter  observari,  fi- 
delitati  vestre  mandamus  quatenus  predictum  Goffredum  et 
heredes  suos  predictum  ponderacionis  statere  officium,  iuxta 
tenorem  predicti  scripti,  exercere  sine  molestia  permictatis, 
dummodo  sit  filius  et  heres  Theodari  memorati.  Datum 
Messane,  anno  dominice  incarnacionis  M°  CCLXXXVJ,  eiu- 
sdem  XV  indicionis,  regni  nostri  anno  secundo. 

Dal  reg.  4,  an.  1414-39,  della  B.  Conservatoria  di  Registro, 
a  fol.  251  (Arch.  di  Stato  di  Palermo),  con  data  erronea  del  1299 
per  il  privilegio  dell'  imperatore  Federico.  Il  testo  si  trova  pure 
nel  reg.  699  di  copie  del  sec.  XVIII,  a  fol.  384  r. 

Si  ha  il  solo  testo  del  privilegio  svevo  nel  reg.  21,  an.  1419-20, 
del  Protonotaro  del  regno,  a  fol.  187  r.  (nel  medesimo  Archivio). 
Il  documento  era  presentato  allora  (1°  giugno  1420)  ai  Viceré  da 
Giovanni  de  Bankero  per  la  conferma,  insieme  ad  altre  anteriori 
conferme  del  Re  Martino  del  1398  e  1403,  ma  senza  esibire  que- 
sta del  Re  Giacomo. 


(1287)  —  372  — 

Antica  menzione  del  documento  fu  data  nel  secolo  XVI  da 
G.  L.  Barberi,  I  Capibrevi.  Voi.  Ili,  I  feudi  di  Val  di  Mazzara 
(ed.  Silvestri,  e  continuazione  per  mia  cura,  pag.  586),  però  per 
il  documento  svevo  soltanto  e  non  per  quello  del  Re  Giacomo  , 
desumendosi  in  tal  modo  che  il  Barberi  consultò  il  registro  del 
Protonotaro,  e  non  quello  della  Conservatoria. 

Il  testo  della  conferma  è  inedito;  ma  quello  svevo  è  stato  pub- 
blicato dal  dott.  Luigi  Genuardi  nella  memoria  Documenti  ine- 
diti di  Federico  II  [svevo],  nella  rivista  Quellen  und  Forschungen 
dell' Ist.  Stor.  prussiano.  Roma,  voi.  XII,  1909  ,  pag.  237  e  seg. 
Il  Genuardi  non  fa  alcun  cenno  del  testo,  che  nel  registro  della 
Conservatoria  fu  pure  inserito. 

La  data  della  conferma  del  Re  Giacomo  si  desume  chiaramente 
dalla  15a  indizione  e  dall'anno  2°  di  regno;  poiché  menzionandosi 
ancora  il  1286,  la  data  ridotta  a  modo  comune  deve  essere  1287, 
da  febbraio  (dopo  il  2,  coronazione  di  Giacomo),  e  prima  del  25 
marzo  (computo  dell'Incarnazione). 

Ho  creduto  indispensabile  per  la  più  esatta  notizia  della  con- 
ferma riferire  il  testo  del  documento  svevo  inserto,  riveduto  sul 
registro  del  Protonotaro.  Ricorderò  la  variante  Theodatus  che 
riscontrasi  per  equivoco  nell'ediz.  Genuardi,  invece  di  Theodarus, 
che  equivale  a  Teodoro  ,  in  siciliano  Todaru  (Vedi  Vito  Amico  , 
Diz.  topogr.  della  Sicilia,  trad.  G.  Di  Marzo,  Palermo,  1856,  vo- 
ce S.  Teodoro,  e  V.  Nicotra,  Dizionario  sicil:  -ital.  Catania,  1883, 
voce  Todaru,  pag.  860).  Le  altre  varianti  Sicho  e  presens  prece- 
ptum,  invece  di  scriptum  non  ricavansi  dai  registri,  e  soltanto  si 
ha  Sahus  per  errore  nella  Conservatoria. 

Per  la  gabella  -della  staterà  erano  date  particolari  norme  nella 
Pandetta  sveva  di  Palermo,  e  nella  riforma  del  1312  (cfr.  il  mio 
voi.  Pandette  delle  gabelle  regie  cit.,  pag.  22,  eprefaz.  pag.  XXIV). 
Andrea  D'Isernia  (f  1316)  nell'opera  Bitus  regiae  Camerae  Sum- 
mariae  regni  Neapolis  (ediz.  C.  N.  Pisano.  Napoli  ,  1689  ,  pag. 
386)  dava  notizia  «de  iure  ponderaturae  seu  staterae,  quod  no- 
vum  ius  est»,  cioè  dei  nova  statuta  dell'imperatore  Federico. 


—  373  —  (1287) 

CLXVT. 

1287,  giugno  5,  indizione  15a,  Caltagirone. 

Il  regio  Giustiziere  della  Valle  di  Noto  Boberto  de  Lauria  at- 
testa che  nel  febbraio  scorso,  rendendo  giustizia  in  Vizzini  «  in 
loco  consueto  Curiam  regeremus  »  ,  si  presentò  Teodoro  ,  procu- 
ratore del  canonico  siracusano  Enrico  Traversa,  con  un  libello 
(che  è  inserto)  circa  la  causa  vertente  contro  il  frate  Nicolò  Pre- 
cettore dell'Ospedale  di  S.  Maria  dei  Teutonici,  in  seguito  ad  or- 
dine regio  «  auctoritate  cuiusdam  rescripti  regii  »  e  concernente 
la  molestia  arrecata  nel  possesso  della  chiesa  di  S.  Maria  «  de 
Griptis  rebellatis  »  sita  nel  territorio  di  Noto  e  concessa  in  pre- 
benda al  medesimo  Traversa.  Non  costando  dell'  intenzione  del- 
l'attore, il  Giustiziere  assolve  il  precettore  dell'Ospedale,  dichia- 
randolo nel  possesso  della  chiesa. 

In  nomine  domini  amen.  Anno  incarnacionis  millesimo 
ducentesimo  octuagesimo  septimo,  mense  Iunii ,  quartede- 
cime indicionis  ,  quinto  ....;....  m ,  regnante  excel- 
lentissimo  domino rege  Iacobo  ,  dei  gracia  rege 

Sicilie ,  ducatus  Apulie  et  principatus  Capue ,  regni  eius 
anno  secundo  feliciter  amen.  Nos  Robbertus  de  Lauria, 
domini  regis  Gonsiliarius  ac  regius  lusticiarius  Vallis  Nothi, 
et  Guillelmus  Carbonitus  de  Panormo  Iudex  assessor  lu- 
sticiariatus  predicti,  presentis  scripti  serie  declaramus  quod 
cum  nos to  die  mensis  februarii  proximi  pre- 
teriti, quintedecime  indicionis ,  apud  Bizinum  in  loco  con- 
sueto Curiam  regeremus  ,  accessit  ad,  presenciam  nostrani 

notarius  Theodorus canonicus,  et  contra  fratrem 

Nicolaum  Preceptorem  seu  procuratorem  Hospitalis  san- 
cte  Marie  Theotonicorum  libellum  optulit  in  hunc  modum: 
Proponit  notarius  Theodorus  procurato!'  Henrici  syracusani 
^\  canonici,  fìlli  Belleboni  Traverse  militis,  existentis  in  iudicio 
cum  auctoritate  dicti  patris  sui ,  ut  consistitit ,  auctoritate 
cuiusdam  rescripti  regii ,  domino  Iu contra  fra- 


(1287)  —  374  — 

trem  Nicolarum  Preceptorem  seu  procuratorem  Hospitalis 
sancte  Marie  Theotonicorum  in  Valle  Nothi ,  dicens  quod 
cum  dictus  Henricus  tenuerit  et  possederit ,  et  ad  presens 
possideat  in  prebenda  sibi  concessa  a  Syracusano  Episcopo 
quandam  ecclesiam,  sitam  in  territorio  Nothi,  dictam  Sanctam 
Mariam  de  Criptis  rebellatis  cum  iuribus  suis,  dictus  Pre- 
ceptor  seu  procurator  eundem  canonicum  super  possessione 
diete  ecclesie  et  iurium  suorum  indebite  molestat  et  mul- 
tipliciter  inquietat.  Quare  peciit  prò  parte  et  nomine  cuius 
agit,  dictum  Preceptorem  seu  procuratorem  predicte  Ecclesie 
comdempnare  sibi  per  Guriam  quod  cesset  ab  inquietacione 
predicta,  salvo  iure  etc.  Quo  libello  et  lite  super  eo  legiti- 
me  contestata,  iuratoque  de  calumpnia  a  partibus  ipsis,  da- 
tus  fuit  per  nos  utrique  parti  certus  terminus  ad  proban- 
dum  et  veniendum,  et  eo  elapso  facta  fuit  proposicio  pro- 
batorum  ;  demum  rubricis  assumptis  et  sollempni  disputa- 
cene secuta,  renunciatum  extitit  a  partibus  ad  sentenciam 

proferri  a  nobis  cum  instancia  sentenciam 

postularunt.  Nos  vero  qui  supra  Iusticiarius  et  ludex,  vi- 
sis  predicte  cause  meritis  et  diligenter  discussis,  habitoque 

super deliberatone  Consilio  cum  aliis  iurisperitis 

dicti  regis  fidelibus  ;  quia  nobis  non  constitit  de  intencione 

actoris  predicti  et  procuratoris  sui  sentenciam 

absolvimus  predictum  Preceptorem  seu  procuratorem  dicti 
Hospitalis  a  predicta  peticione  dicti  Henrici  et  predicti  pro- 
curatoris sui ,  pronunciantes  dictum   Preceptorem   esse  in 

possessione  predicte de   Criptis   rebellatis. 

Lata  est  hec  sentencia  per  nos  predictum  lusticiarium  in 
terra  Calatagironis,  in*  regio  pretorio  terre  ipsius,  assidente 

nobis  predicto  Iudice notario  Iacobo  Grillo  de  Mes- 

sana  per  regiam  Guriam  nobis  dictis  anno,  mense,  die  et 
indicione  premissis.  Unde  ad  futuram  memoriam  et  pre- 
dicti Hospitalis  cautelam  presens  publice  confecimus  per 
manus  predicti  notarii  Iacobi  actorum  Vallis  Nothi  notarii, 
nostris  subscripcionibus  roboratum. 

f  Nos  Robertus  de  Lauria  domini  regis  consiliarius   et 
familiaris,  regius  Iusticiarius  Vallis  Noti  qui  supra. 


—  375  —  (1287) 

f  Ego  Guillelmus  Garbonitus  de  Panormo  qui  supra  Iu- 
dex  me  subscripsi. 

f  Ego  Iacobus  de  Grillo  regius  actorum  Vallis  Nothi  no- 
tarius  scripsi  et  testor. 

Dalla  perg.  di  n.  179  del  Tabulano  della  Magione,  nell'Arch. 
di  Stato  di  Palermo.  Essa  è  alquanto  logora  nel  margine  destro 
e  danneggiata  dall'umidità. 

L'indizione  14»  segnata  in  principio  del  documento  è  erronea, 
come  appare  dalla  designazione  che  segue  dopo  alcune  righe.  11 
documento  è  notevole  per  l' inserzione  del  libello  e  per  le  varie 
norme  di  rito  giudiziario  ,  che  sono  espressamente  ricordate ,  e 
specialmente  quella  :  rubricis  assumptis  et  sollempni  disputacione 
secuta,  che  prova  l'esame  delle  istanze  (rubrice)  delle  parti.  Du- 
cange  menziona  per  la  voce  Rubrica  il  significato  di  commenta- 
rium,  memorialis  liber  ecc.  La  lettera  regia  di  Giacomo,  con  la 
quale  si  permetteva  la  lite ,  non  ci  è  pervenuta.  Sembra  che  il 
nome  de  criptis  rebellatis  derivi  da  qualche  avvenimento  in  Noto 
nelle  epoche  remote.  Littara,  De  rebus  netinis.  Panormi ,  1593, 
pag.  27  ,  ricorda  le  «  specus  longissimae  et  prò  tractus  ratione 
latae»  esistenti  nel  mezzo  della  città  di  Noto,  ed  anche  nei  din- 
torni. 


OLXVII. 


1287,  dopo  23  giugno,  Napoli. 

Trattato  di  tregua  per  due  anni  per  sicurtà  nei  mari ,  con- 
chiuso per  mezzo  dell'  Ammiraglio  Ruggiero  Loria  tra  Giacomo 
Re  di  Sicilia  per  sé  e  per  il  Re  Alfonso  di  Aragonp, ,  da  una 
parte,  ed  il  Legato  ed  il  Conte  d'Artois,  Baiuli  del  regno  di  Na- 
poli stabiliti  dalla  Chiesa  Romana,  e  Carlo  il  giovane,  primo  ge- 
yv     nito  del  principe  e  della  principessa  di  Salerno,  dall'altra. 

Rimane  il  ricordo  preciso  di  questa  tregua  nei  due  docu- 
menti del  24  maggio  e  1°  giugno  1288  da  me  appresso  riferiti 
(n.  GLXXIX  e  CLXXXI).  Nel  primo  di  tali  documenti ,   che  è 


(1287)  —  376  — 

per  la  tregua  conchiusa  dalla  principessa  di  Salerno,  Maria,  per 
la  Provenza  con  Alfonso  Re  di  Aragona  per  sé  e  per  il  fratello 
Giacomo  di  Sicilia  ,  è  detto  :  «  Sicut  inter  dominos  Legatum , 
comitem  Atrabatensem  regni  Sicilie  Baiulos  per  sanctam  Rorna- 
nam  Ecclesiam  constitutos  et  dominum  Karolum  iuniorem  ,  pri- 
mogenitum  comunem  illustris  domini  principis  [di  Salerno]  ac 
diete  domine  principisse  ex  una  parte,  et  dictum  dominum  Iaco- 
bum  ex  altera  sunt  [treuge]  in  regno  confirmate».  Si  rileva  al- 
tresì appresso  che  il  Re  Giacomo  inviò  sue  lettere  ai  Baiuli  sud- 
detti ed  a  Carlo  il  giovane  per  1'  osservanza  della  tregua  tanto 
in  Sicilia  che  in  Provenza,  «  dummodo  Provinciales  concederent, 
sicut  in  tractatu  et  firmatione  dictarum  treguarum  hec  omnia 
inde  clarius  exprimuntur  » .  Sembra  perciò  che  in  tale  trattato 
del  1287  fosse  data  facoltà  di  stipulare  anche  la  tregua  separata 
con  i  Provenzali,  come  poi  fu  eseguito  a  24  maggio  1288. 

Dall'  altro  documento  del  1°  giugno  1288 ,  cioè  dalla  lettera 
del  Re  Alfonso  a  Giacomo  intorno  ai  dubbi  ed  all'incertezza  da 
parte  del  Re  di  Sicilia  su  l'osservanza  della  tregua  di  giugno  1287, 
si  desume  chiaramente  come  avvenne  tale  trattato,  poiché  vi  si 
menziona  la  tregua  «  que  facta  et  recepta  erat  per  nobilem  Ro- 
gerium  de  Lauria  inter  vos  et  nos  ex  una,  et  Comitem  Atraba- 
tensem ac  eciam  Cardinalem  Baiulum  Apulie  ex  altera  »  ecc. 
Nell'Archivio  di  Stato  di  Napoli ,  tra  i  frammenti  dei  primi  re- 
gistri del  Re  Carlo  II  d'  Angiò  ,  non  si  trovano  documenti  per 
l'anno  1287  (Cfr.  altresì  Capasso,  Inventario  cronol.  dei  registri 
angioini.  Napoli ,  1894  ,  pag.  508).  Il  testo  del  trattato  doveva 
quivi  esser  certamente  trascritto. 

I  cronisti  Neocastro  e  Speciale  offrono  vari  ricordi  della  tre- 
gua di  giugno  1287.  Neocastro  (cap.  Ili ,  ed.  Gregorio  ,  cit. 
pag.  176)  dice  che  quella  tregua  giovò  a  sedare  l' indegnazione 
dei  Napoletani  e  la  ribellione  manifesta  contro  il  sovrano  an- 
gioino ,  perchè  accorsi  subito  in  Napoli  il  Legato  ed  il  Conte 
d'Artois,  «  et  Almirato  [Loria]  applicante,  illis  petentibus  federa 
treguarum  annorum  duorum ,  hinc  inde  mota  placent  et  firma 
tenentur».  Si  conosce  anzi  quale  fosse  in  parte  il  contenuto  del 
trattato  da  cotali  espressioni  :  «  Itaque  fit  in  mari  securitas  in- 
ter eos  et  gentem  eorum  ,  quod  eis  navigantibus  unus  alterum 
non  offendat».  Speciale  ci  fornisce  la  notizia  che  la  tregua  fu 
conchiusa  in  Napoli  dal  Loria  appena  ottenuta  la  vittoria ,   «  de 


—  377  —  (1287) 

treugis  quas  ,  postquam  vicerat ,  confederavit  cum  hostibus» 
(lib.  II,  cap.  12  ,  ed.  Gregorio  cit ,  pag.  341).  Aggiunge  ancora 
che  presso  i  Siciliani  la  convenzione  di  quella  tregua  destò  e- 
norme  malcontento  contro  il  Loria  ,  e  che  fu  soltanto  Giovanni 
da  Procida ,  «  qui  primatum  in  consiliis  tunc  habebat  » ,  che  lo 
salvò  dalla  pena  estrema,  che  si  voleva  a  lui  infliggere. 

Amari,  9a  ediz.  voi.  II,  pag.  190  e  seg.  ,  che  non  conobbe  il 
testo  dei  due  documenti  del  24  maggio  e  1°  giugno  1288,  da  me 
editi  per  la  prima  volta,  si  limitò  a  riprodurre  brevemente  %le 
notizie  date  dai  cronisti  per  la  tregua  di  giugno  1287  con  i  Baiuli 
del  regno  di  Napoli. 


OLXVIII. 


1287,  luglio  30,  lacca. 

Trattato  di  pace  e  tregua  durante  la  loro  vita,  tra  il  Re  Al- 
fonso III  di  Aragona,  anco  per  nome  del  Re  Giacomo  di  Sicilia, 
ed  Abdelehehit  figlio  del  principe  dei  credenti  (Amir  Almumenin),  e 
pretendente  al  dominio  di  Tunisi.  Si  stabiliscono  con  questo  trat- 
tato la  sicurtà  dei  sudditi  del  Re  Alfonso,  la  libertà  del  commercio 
col  pagamento  dei  diritti  consueti,  il  soddisfacimento  del  tributo 
annuale  di  33,333  bisanti  di  argento,  oltre  quello  di  16,000  dovuto 
al  suddetto  Re  Giacomo  di  Sicilia,  la  soggezione  dei  Cristiani,  che 
sono  assoldati  in  Tunisi,  alla  giurisdizione  dell' Alcade  (castella- 
no), che  viene  quivi  tenuto  dal  Re  di  Aragona,  ed  innanzi  al  quale 
si  decideranno  le  cause  (esclusi  i  mercanti,  soggetti  ai  propri  Con- 
soli), Vassegnazione  del  soldo  giornaliero  per  i  militi  e  scudieri  con 
cavallo  armato  o  senza,  e  di  macchine  ed  animali  quando  vanno 
in  guerra  (in  exercitum  vel  cavalcatam)  secondo  le  consuetudini 
dei  tempi  del  fu  Guglielmo  Moncada  o  di  Enrico  figlio  del  so- 
y  vrano  di  Castiglia,  lo  stipendio  giornaliero  da  pagarsi  all' Alcade, 
il  permesso  al  Re  di  Aragona  di  tenere  in  Tunisi  il  fondaco  con 
le  immunità  vigenti  nell'epoca  del  Re  Giacomo  I  di  Aragona  (a- 
vi  vestri),  la  licenza  all' Alcade,  ed  ai  Cristiani  che  sono  con  lui, 
di  avere  la  chiesa  e  mantenere  il  culto  nei  fondachi,  la  determi- 
nazione del  prezzo  di  vendita  del  vino  all' Alcade  e  suoi  militi  e 


(1287)  —  378  — 

scudieri,  e  la  promessa  di  difesa  del  Re  d' Aragona  ad  ogni  ri- 
chiesta. 

Abdelehehit  giura  in  presenza  del  Re  Alfonso  di  adempire 
quanto  si  contiene  nel  trattato  in  favore  dei  suddetti  Re  Alfonso 
e  Giacomo  e  dell' Alcade,  appena  lo  stesso  Abdelehehit  avrà  il  do- 
minio di  Tunisi.  Il  Re  Alfonso  promette  sicurtà  e  difesa  per  i 
Saraceni  che  saranno  nei  suoi  regni,  ed  aiuto  ad  Abdelehehit  se 
si  troverà  in  guerra  contro  i  Saraceni,  e  la  ratifica  del  trattato 
da  parte  del  Re  Giacomo. 

Segue  il  testo  medesimo  in  lingua  araba.  È  apposto  in  fine 
il  segno  di  croce  del  Re  Alfonso. 

(Atto  rogato  presso  Pietro  Marchese,  notaro  del  Re). 

In  nomine  domini  Dei  nostri.  Pateat  universis  presentem 
cartam  inspecturis  quod  nos  Abdelehehit,  fìlius  Amir  Almu- 
menin,  volentes  esse  in  pace  et  treugis  et  bene  concorditer 
cum  vobis  illustrissimo  Alfonso,  dei  gracia  Aragonum  .  .  . 
et  cum concedimus  vobis  illustris- 
simo Alfonso  regi  predicto  pacem  et  treugas  et  bonam  con- 
cordiam  ab  hac  die  in  antea,  quamdiu  ambo  insimul  viva- 
mus,  sine  aliqua  fraccione  et  corrupcione  et  sine  aliquo  dolo 
malo  et  fraude,  que  in  hiis  non  faciemus,  nec  permictemus 
fieri  ab  aliquo  de  subditis  nostris.  Promictimus  eciam  vobis 
omnes  gentes  vestras   salvare  ,   defendere   et  custodire  ab 

omni  iniuria,  quamdiu  fuerint gentes  sive  homi- 

nes  vestri  possint  libere  ire  et  redire  per  totam  terram  no- 
strani, cum  mercibus  et  aliis  rebus  salvi  et  securi,  ipsis  sol- 
ventibus  nobis  ius  nostrum  de  eo,  de  quo  ius  ohm  dare  con- 
suevit.  Item  promictimus  vobis  quod  quolibet  anno,  quamdiu 
ambo  simul  vixerimus ,  dabimus  et  solvemus  prò  tributo 
vobis  ,  et  cui  mandaveritis,  trigintatres  mille  et  trescentos 
trigintatres  bisancios  argenti  bonos  et  legales  et  iusti  ponderis 
et  terciam  partem  unius  bisancii.  Item  damus  et  concedimus 

illustrissimo  Iacobo,  dei  gracia  regi  Sicilie] et 

vobis  recipienti  nomine  eiusdem,  treugas  et  pacem  et  bonam 
concordiam,  et  omnibus  eciam  gentibus  de  regno  et  terra 
ipsius,  et  promictimus  vobis  et  notario  infrascripto,  a  nobis 


—  379  —  (1287) 

stipulantibus  prò  predicto  illustri  rege  Sicilie  fratre  vestro, 
quod  dabimus  et  solvemus  ei,  et  cui  ipse  voluerit,  quolibet 
anno,  quamdiu  nos  et  ipse  insimul  vixerimus ,  prò  tributo 
sexdecim  millia  bisanciorura  argenti  honorum  et  legalium  et 
iusti  ponderis.  Item  promictimus  vobis  et  volumus  et  con- 
sentiraus  quod  omnes  Cristiani,  tam  milites  quara  scutiferi, 

quam  alii  cuiuscumque  dominacionis sive 

sint  de  dominacione  vestra  vel  alterius  cuiuscumque,  qui  [sint] 
ad  soldum  prò  facto  armorum  in  terra  mea,  sint  subditi  iu- 
risdicioni  et  dominacioni  Alcaldi  vestri,  quem  habebitis  et 
tenebitis  apud  Tunicium  ;  sed  in  hoc  non  intendimus  mer- 
catores  cuiuscumque  loci  sint ,  qui  iam  sunt  subiecti  con- 
sulibus  eorum,  sed  intendimus  omnes  homines  cum  familia 
eorum,  qui  cum  armis  et  ad  soldum  sint  ibi.  Et  quod  om- 
nes milites  cum  familia  eorum  et  alii,  qui  a  nobis  soldum 
recipient,  [debeant]  et  teneantur  recipere  ipsum  soldum  per 

manum  ipsius  Alcadi  vestri Cristiani  fir- 

ment  et  placitent  in  posse  ipsius  Alcaldi  et  vicarii  et  iudi- 
cis  sui,  tam  in  causis  pecuniariis  quam  criminalibus,  quam 
in  aliis  quibuscumque.  Et  ipse  Alcaldus  sentencias  super 
hoc  latas  mandet  et  faciat  mandari  execucioni,  sive  [exequi] 
et  compleri.  Promictimus  eciam  vobis  quod  quamdiu  Alcal- 
dus vester  fuerit  in  terra  nostra,  nos  non  tenebimus  neque 
habebimus  ibi  alium  Alcaldum.  Item  promictimus  vobis  quod 
unicuique  militum  ,  qui  sunt  cum  equo  armato ,  sub  iuris- 
dicione  dicti  Alcaldi  vestri,  dabimus  et  solvemus  in  unoquo- 
que  die,  prò  soldo  suo,  tres  bisancios  argenti  bonos  et  le- 
gajes  et  iusti  ponderis,  et  unicuique  scutiferorum,  qui  cum 
equo  armato  erunt  similiter  cum  dicto  Alcaldo ,  dabimus 
et  solvemus  prò  soldo  duos  bisancios  argenti  bonos  et  le- 
gales  et  iusti  ponderis.  Item  promictimus  vobis  quod  dabimus 
unicuique  militum  et  scutiferorum,  qui  venient  et  erunt  cum 
dicto  Alcaldo  vestro  ,  quando  veniunt  ad  nos,  scilicet  uni- 
cuique militum  duos  equos,  et  unicuique  scutiferorum  unum 
equum.  Et  quod  quandocumque  et  quociescumque  predictus 
Alcaldus  vester ,  cum  militibus  et  scutiferis  et  famulis  suis 


(1287)  —  380  — 

ibit  in  exercitum  vel  cavalcatali],  dabimus  ei  tentoria  et  a- 
zembles,  et  quod  faciemus  ei  emendam  de  equis  et  aliis  be- 
stiis ,  quos  et  quas  araictent  in  ipsis  exercitibus  et  caval- 
catis,  secundum  quod  hec  consueverunt  fieri  tempore  nobilis 
Guillermi  de  Montecateno  quondam,  vel  tempore  illustris 
Enrici  filii  illustris  regis  Castelle.  Item  promictimus  vobis 
quod,  si  in  solucione,  quam  faciemus  vobis  quolibet  anno 
de  dieta  quantitate  bisanciorum,  quam  tenemur  vobis  dare 
et  solvere  prò  tributo,  et  si  in  solucionibus,  quas  faciemus 
dicto  Alcalde  vestro  et  militibus  et  scutiferis ,  qui  erunt 
cum  dicto  Alcaldo  et  de  iurisdicione  sua  et  de  soldo  suo 
predicto,  ponamus  et  solvamus  duplas  auri  in  solucionem 
dictorum   bisanciorum  ,  ponemus  et  computabimus  unam- 

quamque  ipsarum  duplarum  auri,  bonam et  iusti 

ponderis,  prò  quinque  bisanciis  argenti  et  non  prò  maìore 
summa.  Item  promictimus  vobis  quod  predicto  Alcaldo  ve- 
stro dabimus  et  solvemus  in  unoquoque  die,  prò  soldo  cor- 
poris  sui,  centum  bisancios  argenti,  bonos  et  legales  et  iu- 
sti ponderis.  Item  damus  et  concedimus  predicto  Alcaido 
vestro  quod  possit  milites  et  scutiferos  et  alios  homines , 
quos  tenebit  ad  servicium  nostri  et  ad  soldum  nostrum  , 
expellere  de  se  et  de  ipso  soldo  nostro,  et  alios  idoneos  i- 
bi  ponere  et  tenere,  secundum  numerum  ,  de  quo  conve- 
niemus  nos  et  ipse  Alcaldus  vester.  Item  damus  et  conce- 
dimus vobis  quod  vos  habeatis  apud  Tunicium  alfundicum, 
cum  omnibus  illis  libertatibus  et  bonis  consuetudinibus  , 
quas  ipse  alfundicus  habuit  et  consuevit  habere  et  possidere 
tempore  illustris  Iacobi  bone  memorie ,  regis  Aragonura  $.- 
vi  vestri,  prout  melius  ipsas  libertates,  bonas  consuetudines 
aliquo  tempore  habuit,  tenuit  et  possedit  tempore  predicti 
illustris  regis  Iacobi  avi  vestri.  Item  damus  et  concedimus 
vobis  quod  predictus  Alcaldus  vester  et  omnes  Cristiani,  qui 
cum  eo  erunt,  possint  apud  Tunicium  habere  ecclesiam,  et 
quod  possint  secum  tradere  et  tenere  sacerdotes  et  alios  cleri- 
cos,  qui  celebrent  eis  in  ipsa  ecclesia  officium  ecclesiasticum 
sive  domini  Iesu  Ghristi,  et  qui  possint  portare  corpus  Cri- 


—  381  —  (1287) 

sti  cum  signo  campane  sive  squille  ,  prout  moris  est  Cri- 
stianorum,  per  omnes  alfundicos  et  vassallos  Gristianorum, 
et  tradere  ipsum  corpus  Cristi  Cristianis  hoc  requirentibus. 
Et  quod  ipsi  clerici  possint  portare  crucem  et  turibula  cor- 
poribus  Gristianorum  decedencium,  donec  fuerint  tra  dici  se- 
pulture ,  secundum  quod  hoc  consuevit  fieri  inter  Cristia- 
nos,  sine  omni  contradicione  et  impedimento  nostri  et  cuius- 
cumque  persone.  Item  promictimus  vobis  nos  facturos  et 
curaturos  quod  barrile  vini  vendatur  predicto  Alcaldo  vestro 
et  militibus  et  scutiferis  suis  et  familie,  et  aliis  Cristianis, 
prò  duobus  bisanciis,  sine  omni  encameramento  ,  et  quod 
dabitur  barrile  vini  militi  ad  quinque  dies,  et  scutifero  ad 
septem  dies.  Item  promictimus  vobis  bona  fide  quod,  quo- 
tiescumque  a  vobis  fuerimus  requisiti  per  licteras  vestras  , 
vel  per  nuncium  vestrum,  erimus  vobis  adiutores  et  defen- 
sores  toto  posse  nostro  contra  quoscumque  homines  Cri- 
stianos  scilicet  et  Sarracenos,  et  alios  quoscumque  homines, 
cuiuscumque  condicionis,  legis  vel  fìdei  existant,  et  hoc  fa- 
ciemus  sine  omni  dolo  malo  et  fraude.  Et  ad  maiorem  se- 
curitatem  et  firmitatem  predictorum  omnium  et  singulorum, 
bono  animo  et  spontanea  voluntate  et  sine  omni  dolo  malo 
et  sine  omni  fraude,  promictimus  vobis  illustrissimo  Alfonso, 
dei  gracia  regi  predicto,  presenti  et  a  nobis  legitime  stipu- 
lanti ,  prò  vobis  et  prò  illustrissimo  rege  Sicilie  fratre  ve- 
stro predicto,  et  prò  omnibus  aliis  quorum  interest  et  inte- 
resse potest  et  debet,  et  eciam  iuramus  vobis  per  Deum  et 
per  legem  Mahumeti  et  per  lalquible  et  super  Alchoran , 
nostris  propriis  manibus  tactum  ,  quod  predicta  omnia  et 
unumquodque  predictorum  prout  superius  continentur,  ac- 
tendemus  et  complebimus,  et  faciemus  actendi  et  compleri 
per  nos  et  omnes  subditos  nostros  vobis  et  predicto  illustri 
regi  Sicilie  fratri  vestro,  et  eciam  predicto  Alcaldo  vestro , 
quicumque  a  vobis  electus  et  ordinatus  fuerit,  et  militibus 
et  scutiferis  et  familie  eiusdem,  et  omnibus  aliis  Cristianis, 
incontinenti  cum  nos  habebimus  dominium  Tunicii,  et  in  ali- 
quo  non  contraveniemus  aliquo  iure,  causa  vel  racione.  Ad 


(1287)  —  382 


hec  nos  Alfonsus,  dei  grada  rex  Aragonum,  Maioricarum, 
Valencie  ac  coraes  Barchinone ,  bono  animo  et  spontanea 
voluntate  et  ex  certa  sciencia  et  bona  fide ,  et  sine  omni 
malo  dolo ,  damus  et  concedimus  vobis  dicto  illustri  Ab- 
delehehit,  filio  Amir  Almumenin,  pacem  et  treugas  et  bo- 
nam  concordiam  et  bonum  amorem  ab  hac  die  in  antea, 
quamdiu  ambo  insimul  vixerimus,  et  omnibus  gentibus  ve- 
stris  et  subditis ,  et  quod  ipsi  possint  ire ,  stare  et  redire 
salvi  et  securi  per  totam  terram  nostrani  cum  mercibus 
et  aliis  rebus  et  sine  rebus,  ipsis  tamen  solventibus  no- 
bis ,  vel  tenenti  locum  nostrum ,  ius  nostrum  sicut  dari 
consuevit.  Et  nos  promictimus  vobis  quod  defendemus  ipsos 
subditos  vestros  a  violencia  et  iniuria ,  que  non  net  eis 
in  dominacionè  nostra.  Item  promictimus  vobis  quod  eri- 
mus  vobis  adiutores  et  valitores  et  defensores  toto  posse 
nostro  contra  omnes  Sarracenos,  cum  quibus  habeatis  guer- 
ram  vel  contencionem  ,  postquam  super  hoc  a  vobis  fue- 
rimus  requisiti  vel  moniti  per  licteras  vestras,  vel  per  nun- 
cium  vestrum.  Item  promictimus  vobis ,  bona  fide  et  sine 
dolo  malo,  quod  nos  faciemus  et  procurabimus  in  quantum 
melius  poterimus  quod  illustris  rex  Sicilie  ,  frater  noster , 
laudabit  et  approbabit  predictam  dacionem  pacis  et  treugue 
et  predictas  convenciones  et  promissiones ,  quas  vobis  su- 
pra  fecimus ,  et  quod  non  veniet  contra  predicta  vel  ali- 
quod  de  predictis,  immo  firmabit,  iurabit  et  complebit  su- 
pradicta.  Et  ad  maiorem  securitatem  omnium  predictorum 
promictimus  et  iuramus  vobis  per  Deum  et  eius  sancta 
quatuor  evangelia,  manibus  nostris  corporaliter  tacta,  pre- 
dicta omnia  et  singula  actendere  et  compiere  toto  posse  no- 
stro ,  et  non  in  aliquo  contravenire.  Datum  apud  lacham  , 
tercio  calendas  augusti ,  anno  domini  millesimo  ducentesi- 
mo  octuagesimo  septimo. 

[Segue  il  testo  in  lingua  araba  del  trattato]. 

Signum  |$|  Alfonsi  dei  gracia  regis  Aragonum  ,  Maiori- 
carum et  Valencie  ac  comitis  Barchinone. 

Testes  huius  rei  sunt  Guilalbertus  de   Grudiliis,   Iohan- 


—  383  —  (1287) 

nes  Salita,  Guillelmus  Durfortis,  Bernardus  de  Segalars  et 
Manuel  Sibo  Ianuensis. 

Signum  Petri  Marchisii  notarii  domini  regis,  qui  hec 
scribi  fecit  et  clausit  loco,  die  et  anrio  prefixis. 

Dalla  pergamena  latino -araba  di  n.  150  del  regno  di  Alfon- 
so II,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  214  e  seg.  offre  un 
esteso  sunto  e  con  varie  parole,  che  non  traduce  né  spiega,  rica- 
vato dal  testo  latino  del  documento,  come  si  vede  dalle  parole  fi- 
nali :  «  Segue  il  testo  arabo  colla  firma  autografa  di  Abdeluhehit». 
Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  193,  nel  ricordare  questo  documento 
con  data  erronea  del  1288,  diceva  :  «  Cito  secondo  gli  appunti  del 
can.  Carini,  il  quale  ebbe  alle  mani  il  testo  e  sapea  leggerlo  »  ; 
però  1'  Amari  non  rimase  affatto  convinto  che  fosse  nel  trattato 
la  firma  di  carattere  di  quel  sovrano,  poiché  affermava  che  «  i  re 
di  Tunis,  come  gli  altri  principi  musulmani,  metteano  nei  diplo- 
mi 1'  aldma  [o  motto  apposto  dalla  Cancelleria] ,  non  già  la  so- 
scrizione  del  nome».  Carini  non  die  poi  nella  stampa  del  rias- 
sunto alcun  chiarimento  su  quel  dubbio.  Egli  inoltre  trascrive  il 
nome  Abdeluhehit ,  che  scorgesi  invece  nella  forma  Abdelehehit 
nella  pergamena. 

Per  questo  trattato  di  pace  del  1287  non  fornì  l' Amari  alcuna 
notizia  precisa  su  l'origine  ed  i  motivi ,  limitandosi  a  darne  un 
breve  sunto,  ed  a  correggere  il  nome  del  principe  arabo  in  Abd- 
al-Wàhid,  che  chiama  re  di  Tunis.  Notò  soltanto  che  gli  Arabi 
temevano  la  potenza  di  Loria,  ammiraglio  di  Aragona  e  Sicilia, 
il  quale  si  giovò  della  fiducia  dei  suoi  sovrani  per  fare  stipulare 
quel  trattato  ;  ma  di  tale  asserzione  non  offre  le  prove  storiche. 

Occorrono  quindi  alcune  notizie  su  l' importante  documento. 
È  noto  che  il  Re  Pietro  I  nel  1285  in  Panissars  conchiuse  con 
Abu  -  Hafs  (Bohap)  Re  di  Tunisi  un  trattato  di  pace  a  2  giugno 
1285  da  valere  per  quindici  anni  (cfr.  sopra,  doc.  LXXXIJ.  Non 
era  necessario  pertanto  sino  all'anno  1300  di  rinnovare  quel  trat- 
trato,  se  pur  non  voglia  ammettersi  per  l'avvenuta  morte  del  Re 
Pietro  nello  stesso  anno  1285.  Abdelehehit  (che  usava  il  titolo  di  fi- 
glio del  Principe  dei  credenti)  non  era  però  un  sovrano  legittimo  di 
Tunisi,  ma  soltanto  un  pretendente,  come  si  ricava  dalle  parole 


(1287)  —  3&4  — 

del  documento  :  cum  nos  habebimus  dominium  Tunicìi.  Il  Re  di 
Tunisi  era  Abu  -  Hafs,  al  quale  successe  nel  1295  Abou  -  Acida- 
Mohammed  (cfr.  Mas  Latrib,  Trésor  de  chronologie.  Paris,  1889, 
col.  1837).  In  un  documento  del  9  giugno  1287  di  convenzione 
dell'ambasciatore  di  Genova  col  Re  di  Tunisi,  viene  indicato  co- 
me sovrano  in  quel  tempo  Miralmomin  Ebo  -  Afs  e  non  Abdele- 
hehit  (Mas  Latrie,  Traités  cit.  pag.  125  e  seg.). 

In  questo  trattato  di  pace  del  1287,  ripetendosi  le  solite  con- 
venzioni per  sicurtà,  difesa,  tributo,  commercio  ed  altro,  si  sta- 
bilivano speciali  ed  estesi  patti  per  il  mantenimento  e  lo  stipendio 
dei  soldati  cristiani  che  vanno  all'esercito  e  sono  soggetti  all'Al- 
cade,  e  per  l'emenda  dei  cavalli  morti.  Lo  scopo  precipuo,  per  il 
quale  il  principe  Abdelehehit  stipulava  il  trattato ,  era  pertanto 
quel  soccorso  di  milizie,  che  egli  stipendiava  per  far  guerra  al 
Re  di  Tunisi.  Era  venuto  Abdelehehit  in  Aragona  per  costrin- 
gere il  Re  Alfonso  a  formare  quel  trattato,  rilevandosi  ciò  dalle 
parole:  «Promictimus  vobis  Alfonso presenti»  e  dal  giura- 
mento prestato  secondo  le  forinole  del  Corano. 

Il  celebre  storico  arabo  Ibn-Khaldoun  (1332-1406)  nel  suo  la- 
voro Kitab  -  el  -  Iber  ricorda  le  sommosse  ed  i  combattimenti,  che 
accaddero  in  Tunisi  negli  anni  1286  e  1287  contro  il  sultano  Abou- 
Hap,  per  opera  specialmente  dell'emiro  Abou- Zekeria  e  di  Abd- 
Allah,  uno  dei  capi  dei  Debbad  (cfr.  trad.  De  Slane  ,  Hist.  des 
Berbères.  Algeri,  1854,  t.  II,  pag.  401  e  seg.).  Mentre  il  regno  di 
Tunisi  era  sconvolto  da  quella  guerra,  Abdelehehit  conchiudeva 
il  trattato  nella  città  di  lacca  in  Aragona. 

Grande  vantaggio  ritrovava  il  Re  Alfonso  nel  fermare  quei 
patti.  Mas  Latrie,  Traités,  pag.  143  (dell' Introd.)  nota  che  il  Re 
Pietro  III  d'Aragona  cominciò  ad  ingerirsi  nelle  discordie  dei  Re 
di  Tunisi  «  quelques  années  après  la  croisade  de  1270,  et  soutint 
les  armes  à  la  main  l'un  des  prétendants»,  cioè  dopo  che  Abou- 
Ishak,  fratello  del  sultano  EI  -  Mostancer  si  rifugiò  in  Aragona  (cfr. 
pure  Amari,  voi.  I,  pag.  174  e  seg.)  Così  Alfonso  III  nel  1287 , 
promettendo  aiuto  al  pretendente  Abdelehehit,  stringeva  più  age- 
volmente patti  meglio  favorevoli  alla  Casa  d'  Aragona ,  che  alla 
Sicilia.  Il  tributo,  che  per  il  trattato  del  1285  era  dato  al  Re  Pie- 
tro solamente  come  sovrano  di  Sicilia,  e  non  di  Aragona,  e  chia- 
mavasi  lo  tribut  de  Sicilia,  perchè  sin  dall'epoca  normanna  e  spe- 
cialmente per  la  soggezione  e  per  evitare  le  incursioni  arabe  nell'i- 


—  385  —  (1287) 

sola  si  era  stabilito  (V.  sopra,  pag.  167,  ed  il  testo  in  Capmany 
cit.,  §  34),  diveniva  ora  tributo  esclusivo  ed  intero  per  V Aragona; 
ed  al  Re  di  Sicilia  Giacomo  non  si  concedeva  ,  contrariamente 
alla  protesta  da  lui  fatta  a  8  marzo  1287  (V.  sopra,  doc.  CLXIJI), 
che  il  pagamento  di  una  ipotetica  somma  di  tributo,  equivalente 
alla  metà  di  quello  convenuto  per  l'Aragona. 

La  spoliazione  del  tributo  in  favore  dell'Aragona,  già  prima 
tentata  sin  dal  1285  (cfr.  sopra,  pag.  210),  era  in  quel  modo  av- 
venuta ,  salvo  ad  ottenere  la  ratifica  del  Re  Giacomo  ,  che  non 
era  presente,  nemmeno  per  suoi  ambasciatori,  a  quei  patti.  Del 
trattato  del  1285  conchiuso  col  Re  Pietro  1,  anche  per  lo  tribut 
de  Sicilia  non  facevasi  alcuna  menzione  ,  mentre  sarebbe  stato 
obbligo  indispensabile  se  il  principe  arabo  fosse  stato  il  sovrano 
legittimo,  e  si  ricordava  invece  quello  del  1271  fatto  per  dieci  an- 
ni dal  Re  Giacomo  I  di  Aragona  (V.  sopra,  pag.  169). 

Amari  cit.  pag.  192,  dice  che  «  l'Aragona  e  la  Sicilia  fermava- 
no »  quel  trattato  del  1287;  ma  ciò  non  corrisponde  al  vero,  per- 
chè la  Sicilia  non  vi  interveniva  direttamente.  L' illustre  prof. 
Camillo  Manfroni  ,  nella  sua  Storia  della  marina  italiana  dal 
trattato  di  Ninfeo  alla  caduta  di  Costantinopoli  (1261  - 1453). 
Livorno,  1902,  parte  1,  pag.  166,  dà  notizia  del  trattato  del  prin- 
cipe Abd-al-Uehit,  e  dice  che,  in  esso,  Alfonso  «  solo  per  grazia 
alla  Sicilia  prometteva  di  pagare  un  tributo  pari  alla  metà  della 
somma  pagata  per  l'innanzi  (16,000  bisanzi)  »,  e  giustamente  os- 
serva che  «  alla  supremazia  marittima  della  Sicilia  si  sovrappo- 
neva quella  dell'Aragona,  non  già  pel  diritto  della  forza,  ma  per 
l'astuzia»,  notando  come  nel  trattato  del  1285  il  Ré  Pietro  I  in- 
vece fosse  stato  «degli  interessi  dei  nuovi  sudditi  [di  Sicilia] 
rigido  tutore».  Deve  rilevarsi  però  che  il  Manfroni  per  equivoco 
crede  conchiuso  il  trattato  del  1287  in  Tunisi,  invece  che  in  Ara- 
gona, e  dal  Loria,  dopo  alcuni  combattimenti  avvenuti  in  quel- 
l'anno in  Tunisi,  secondo  1'  asserzione  di  Amari  da  me  riferita. 

Di  Guglielmo  Raimondo  Moncada,  ricordato  in  questo  trattato 
del  1287  ,  si  ha  notizia  nei  §§  35  e  36  del  trattato  del  1285  (V. 
sopra,  pag.  167  e  seg.),  e  certamente  si  deve  riportare  la  menzio- 
ne agli  anni  1278  e  seguenti  nel  tempo  della  spedizione  in  Tunisi 
di  Corrado  Lanza  per  parte  del  Re  Pietro  III  d'Aragona,  narrata 
dal  cronista  Montaner,  cap.  30  e  31  (ediz.  Buchon,  cit.  pag.  242 
e  seg.).  Per  Enrico,  figlio  del  Re  di  Castiglia,  qui  pure  menzio- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  25 


(1287) -  386  - 

nato,  si  trova  il  ricordo  nella  cronaca  di  Saba  Malaspina,  lib.  Ili, 
cap.  18  (ed.  Del  Re,  Cronisti  cit.  voi.  II,  pag.  262),  perchè  egli 
insieme  al  fratello  Federico  nel  1259  si  recò  in  Tunisi  agli  sti- 
pendi di  quel  Re  e  ritornò  nel  1267  in  Italia.  Varie  notizie  su  quei 
fatti  fornisce  Giuseppe  Del  Giudice  nel  suo  pregevole  lavoro  Don 
Arrigo  Infante  di  Castiglia.  Napoli,  1875,  pag.  4,  17,  91  e  103. 


OLXIX. 

1287,  prima  di  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  a  Bertrando  de  CannelUs  di  recarsi 
in  Catalogna  dal  Re  Alfonso  per  farsi  consegnare  i  prigionieri 
Alaimo  da  Lentini  ed  i  suoi  nipoti  Adinolfo  di  Mineo  e  Gio- 
vanni di  Mazzarino,  rei  convinti  di  tradimento  contro  il  regno, 
e  che  dovrà  condurre  verso  la  Sicilia ,  ed  innanzi  V  arrivo  nel- 
l'isola far  gettare  in  mare,  «  in  raaris  profundum  proicias  et  sub- 
mergas  ». 

Altra  lettera  al  Re  Alfonso  per  la  consegna  dei  rei. 

Il  testo  intero  della  lettera  fu  inserito  dal  Neocastro  nella 
sua  Cronaca,  cap.  GIX,  però  senza  l'indirizzo  né  la  data,  leggen- 
dosi in  fine  Datum  etc. 

Trovasi  nella  edizione,  che  di  quella  cronaca  venne  eseguita 
la  prima  volta  dal  sac.  Giovanni  Maria  Amato,  De  principe  tem- 
pio panormitano.  Panormi,  1738,  pag.  635  e  seg.,  e  nelle  altre 
del  Muratori  ,  Rerum  italicarum  script,  t.  XIII ,  col.  1120  e 
seg.,  e  di  Gregorio,  Bibl.  script,  arag.  t.  I,  pag.  149  e  seg. 

Ne  diede  notizia  fugace  il  Surita,  Anales  cit.  lib.  IV,  cap.  90. 
Amari,  9a  ediz.  voi.  Il,  pag.  178,  offre  un  breve  sunto  della  let- 
tera. 

La  data  del  documento  si  desume  dalle  parole  della  lettera 
del  4  agosto  1287  del  Re  Alfonso  d'Aragona  a  Giacomo,  da  me 
edita  nel  1909  in  Barcellona,  nella  quale  è  detto  :  venientes  nu- 
per  ad  nos  il  Castelletto  e  de  Cannellis ,  e  dimostrasi  che  que- 
gli ambasciatori  dopo  la  missione  di  marzo  di  quell'anno  per  i 
negoziati  di  pace,  matrimoni  e  tregue  (V.  sopra,  doc.  CLIX),  ri- 


—  387  —  (1287) 

tornarono  probabilmente  in  Catalogna  in  luglio  per  il  nuovo  in- 
carico di  richiesta  di  conferma  della  cessione  e  difesa  della  Sici- 
lia dopo  la  coronazione  di  Alfonso,  e  di  consegna  dei  rei  di  tra- 
dimento per  subire  la  pena  di  morte  (cfr.  appresso,  doc.  CLXX 
a  CLXXII). 

Il  documento  non  presenta  alcun  carattere  di  falsità  o  d' in- 
venzione (quasi  perorazione),  rispondendo  del  tutto  ai  sentimenti 
di  sdegno  e  di  rigore  della  Corte  di  Sicilia ,  ed  alla  verità  dei 
fatti  ricordati  ;  e  certamente  per  il  grande  stupore  che  recò  nel- 
l'isola (miratur  populus  siculus)  quella  condanna  esemplare  del 
famoso  patriota  Alaimo,  creduto  incautamente  ribelle,  il  cronista 
Neocastro  ritenne  presso  di  sé  la  copia  della  lettera  e  volle  in- 
serirla nella  sua  narrazione,  anco  per  la  più  sicura  biografia  di 
Alaimo. 

È  nondimeno  inesatta  la  data  del  viaggio  fornita  dal  Neoca- 
stro, poiché  egli  dice  che  il  de  Cannellis  partì  da  Barcellona  il 
16  maggio,  ed  arrivò  vicino  l'isola  di  Maretimo  a  2  giugno,  men- 
tre invece  dalla  lettera  del  Re  Alfonso  (già  da  me  indicata)  del 
4  agosto  si  rileva  che  il  Re  in  quel  giorno  affidò  a  de  Cannellis, 
ad  vos  [Re  Giacomo]  incontinenti  redeunti ,  Alaimo  e  gli  altri 
due  rei,  e  quindi  il  viaggio  non  potè  essere  che  in  agosto  e  non 
in  maggio,  e  le  notizie  di  tempo,  conformi  al  Neocastro,  ripor- 
tate dall' Amari  (pag.  177)  non  sono  precise  (cfr.  sopra,  pag.  17). 

Si  prova  altresì  la  verità  della  lettera  riferita  dal  Neocastro 
anche  dal  fatto  che  al  solo  de  Cannellis  vedesi  dato  nella  lettera 
del  Re  Giacomo  l'incarico  di  richiedere  la  consegna  dei  rei  per 
portarli  in  Sicilia,  ed  a  lui  soltanto  ,  e  non  al  Castelletto  (che 
pur  ne  fece  istanza  col  suo  compagno  di  ambasceria),  il  Re  Al- 
fonso consegnava  sollecitamente  Alaimo  ed  i  nipoti.  Per  altri  ri- 
cordi vedasi  il  doc.  seguente  CLXXII. 


OLXX. 

1287,  agosto  4,  lacca. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  conferma  dopo  la  sua  corona- 
zione ,  a  richiesta  degli  ambasciatori  Castelletto  e  de  Cannellis, 


(1287)  -  388  — 

l'atto  di  cessione  in  favore  dell'  Infante  Giacomo  dei  diritti  sul 
regno  di  Sicilia  competenti  al  medesimo  Alfonso ,  emanato  a  2 
novembre  1285  (cfr.  doc.  CXI). 

Vi  è  il  segno  di  croce  del  Re  Alfonso. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  Luppeti,  scrittore  della  Corte). 

Noverint  universi  quod  nos  Alfonsus  dei  gracia  rex  A- 
ragonum  ,  Maioricarum  et  Valencie  ac  comes  Barellinone , 
recognoscentes  nos  ad  etatem  pubertatis  plenarie  pervenisse, 
cum  testimonio  huius  publici  instrumenti,  gratis  et  ex  certa 
scientia  laudamus ,  ratifìcamus  et  approbamus  per  nos  et 
nostros  diftìnicionem,  remissionem  ,  donacionem  et  cessio- 
nem  per  nos  iam  pridem  ante  coronacionem  nostram  factas 
illustri  regi  Sicilie  carissimo  fratri  nostro ,  tunc  dicto  In- 
fanti ,  Iacobo ,  de  omnibus  peticionibus  et  demandis ,  et 
omnibus  actionibus  et  iuribus  nobis  competentibus  et  com- 
petituris  in  toto  regno  Sicilie  et  principatu  Capue  et  Sa- 
lerai et  ducatu  Apulie  ,  et  omnibus  pertinenciis  et  iurisdi- 
cionibus  eorumdem,  cum  quodam  instrumento  sigillato  si- 
gillo nostro  pendenti ,  quo  tunc  utebamur  et  sacramento 
vallato,  cuius  instrumenti  series  sic  se  habet  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  2  novembre  1285]. 

Et  laudantes  atque  confirmantes  ex  certa  sciencia  omnia 
et  singula  supradicta,  promictimus,  sub  virtute  dicti  sacra- 
menti, dicto  regi  Sicilie  fratri  nostro,  absenti  tamquam  pre- 
senti ,  et  vobis  Iasperto  de  Castelleto  et  Bertrando  de  Ca- 
nellis ,  nunciis  dicti  regis ,  ac  notario  infrascripto ,  presen- 
tibus  et  vice  ac  nomine  ipsius  regis  a  nobis  legitime  stipu- 
lantibus,  ea  semper  firma  habere  et  inviolabiliter  observare, 
et  nunquam  contravenire  iure  aliquo,  causa  vel  racione.  In 
cuius  rei  testimonium  presens  publicum  instrumentum  signi 
et  sigilli  nostri  maioris  apposicione  fecimus  communiri. 
Quod  est  actum  Jacce  pridie  nonas  Augusti,  anno  domini 
millesimo  ducentesimo  octogesimo  septimo. 

Signum  )$|  Alfonsi  dei  gracia  regis  Aragonum  ,  Maiori- 
carum et  Valencie  ac  comitis  Barchinone  appositum  hic  de 


—  389  —  (1287) 

voluntate  et  mandato  ipsius  domini  regis ,  per  manum  Ia- 
coni de  Gabannis  scriptoris  eiusdem,  loco,  die  et  anno  pre- 
fixis. 

Testes  sunt  I.  Episcopus  Valencie.  —  Poncius  prepositus 
Selsone.  —  Gilabertus  de  Grudiliis.  —  Lippus  Ferrench  de 
Luna.  —  Petrus  Marchisii,  domini  regis  notarius. 

Signum  Guillelmi  Luppeti  scriptoris  curie  predicti  do- 
mini regis  Aragonum  et  notarii  publici ,  auctoritate  regia , 
per  totam  terram  et  dominacionem  suam,  qui  de  mandato 
eiusdem  domini  regis  hec  scripsit  et  clausit  loco,  die  et  anno 
prefixis. 

Dalla  perg.  di  n.  151  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  Si  vede  altresì  quivi  trascritto  nel  reg.  75 
del  Re  Alfonso,  a  f.  23  r. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  216  dà  il  sunto  del- 
l'atto, ma  tralascia  di  indicare  che  la  conferma  avviene  per  mag- 
gior validità,  essendo  stato  emanato  l'atto  di  cessione  iam  pridem 
ante  coronacionem,  la  quale  seguì  in  Saragozza  a  14  aprile  1286, 
e  pi  ima  ancora  della  coronazione  di  Giacomo  (2  febbraio  1286). 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  Docum.  su  le  relaz.  del  Re 
Alfonso  III  cit.  in  Anuari  (1908)  de  V  Inst.  d' Estud.  Calai. 
doc.  XII,  pag.  353. 

Per  la  conferma  del  documento  del  1285  fu  eseguito  doppio 
transunto  di  esso  a  19  febbraio  1287  in  Messina ,  d'  ordine  del 
Cancelliere  Giovanni  da  Procida,  che  lo  consegnò  indubbiamente 
agli  ambasciatori  già  menzionati  (V.  sopra,  doc.  CLVIII,  ed  anco 
l'altro  che  precede). 


OLXXI. 

1287,  agosto  4,  lacca. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona,  a  richiesta  degli  ambasciatori 
Castelletto  e  de  Cannellis,  conferma  dopo  la  sua  coronazione  Vatto 


(1287)  —  390  — 

di  difesa  del  regno  di  Sicilia ,   emanato   in  favore   dell'  Infante 
Giacomo  a  25  novembre  1285  (cfr.  doc.  GXXXV). 

È  in  fine  il  segno  di  croce  del  Re  Alfonso. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  Luppeti,  scrittore  della  Corte). 

Noverint  universi  quod  nos  Alfonsus  dei  gracia  rex  A- 
ragonum ,  Maioricarum  et  Valencie  ac  comes  Barellinone , 
cum  testimonio  huius  publici  instrumenti  laudamus,  rati- 
fìcamus  et  approbamus  convencionem  et  promissionem  per 
nos  iam  pridem,  ante  coronacionem  nostram,  factam  illustri 
regi  Sicilie  karissimo  fratri  nostro ,  tunc  dicto  Infanti ,  la- 
cobo,  cum  quodam  publico  instrumento  sigillato  sigillo  no- 
stro pendenti,  quo  tunc  utebamur,  cuius  instrumenti  series 
sic  se  habet  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  25  novembre  1285 J. 

Et  laudantes  ac  confirmantes  ex  certa  sciencia  omnia  et 
singula  supradicta,  promictimus  sub  virtute  sacramenti  et 
homagii  predictorum  iam  dicto  regi  fratri  nostro ,  absenti 
tamquam  presenti,  et  vobis  Gisberto  de  Gastelleto  et  Ber- 
trando de  Ganellis  nunciis  eiusdem  regis,  ac  notario  infra- 
scripto,  presentibus  et  nomine  ac  vice  eiusdem  regis  a  no- 
bis  legitime  stipulantibus,  predicta  omnia  et  singula  semper 
firma  habere,  actendere  et  compiere  ac  inviolabiliter  obser- 
vare ,  et  non  contravenire  aliquo  casu  vel  aliqua  racione. 
In  cuius  rei  testimonium  presens  publicum  instrumentum 
ex  sigilli  nostri  maioris  apposicione  fecimus  communiri.  Quod 
est  actum  Iacee  II  nonas  Augusti ,  anno  domini  millesimo 
GG°  LXXX0  septimo. 

Signum  )$(  Alfonsi  dei  gracia  Regis  Aragonum,  Maiorice 
et  Valencie  ac  comitis  Barchinone  appositum  hic  volun- 
tate  et  mandato  ipsius  domini  regis,  per  manum  lacobi  de 
Cabannis  scriptoris  eiusdem,  loco,  die  et  anno  prefixis. 

Testes  sunt  I.  Episcopus  Valencie.  —  Poncius  prepositus 
Selsone.  —  Guilabertus  de  Crudiliis.  —  Luppus  Ferrench  de 
Luna.  —  Petrus  Marchisii  domini  regis  notarius. 

Signum  Guillermi  Luppeti  scriptoris  curie  predicti   do- 


—  391  —  (1287) 

mini  regis  Aragonum  et  notarii  publici ,  auctoritate  regia 
per  totani  terram  et  dominacionem  suam,  qui  de  mandato 
eiiisdem  domini  regis  hec  scripsit  et  clausit ,  cum  licteris 
suppositis  in  quarta  linea  ubi  scribitur  prosequi,  loco,  die 
et  anno  prefixis. 

Dalla  perg.  di  n.  152  del  regno  di  Alfonso  II  (Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona).  Se  ne  ha  pure  il  testo  nel  reg.  75  del  Re  Alfonso, 
a  fol.  24  (nel  medesimo  Archivio). 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  216  ne  offre  un  breve 
sunto  ;  ma  non  indica  la  copia  contenuta  nel  registro. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  cit.  in  Anuari  (1908)  de 
l'Inst.  d'Estud.  catal.  doc.  XIV,  pag.  353. 

Amari,  9a  ediz.  voi.  II,  pag.  165,  nota  3,  ne  fa  un  cenno  su 
le  indicazioni  di  Carini. 

È  da  rilevare  che  nel  documento  del  25  novembre  1285  era 
in  fine  V  espressa  riserva  di  confermarlo  «  cum  in  strumento  no- 
stre bulle  dependentis  munimine  roborato  »  appena  (statim)  av- 
venuta la  coronazione ,  e  che  ciò  dimostra  l' importanza  che  si 
riconosceva  in  quell'atto  per  la  definizione  sicura  dei  rapporti 
tra  i  due  regni.  Ho  ristampato  pertanto  il  testo  dei  due  docu- 
menti di  conferma. 


OLXXII. 

1287,  agosto  4,  lacca. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  avvisa  suo  fratello  Re  Giaco- 
mo di  avere,  in  seguito  a  richiesta  dei  suoi  ambasciatori  Castel- 
letto e  de  Cannellis,  affidato  al  de  Cannellis  (che  ritorna  subito 
presso  il  suddetto  Giacomo)  i  prigionieri  Alaimo  da  Lentini  ed 
i  nipoti,  poiché  Alaimo  più  volte  avea  dichiarato  di  sottoporsi  al 
giudizio  del  Re  Giacomo.  Dice  inoltre  il  Re  Alfonso  di  aver  dato 
licenza  al  de  Cannellis,  nel  caso  di  assalto  della  nave  per  libe- 
rarli, di  poter  uccidere  i  prigionieri. 

Egregio  principi  domino  Iacobo  dei  gracià  illustri  regi 
Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus  Capue  karissimo  fra- 


(1287)  —  392  — 

tri  suo.  Alfonsus  etc.  salutem  etc.  Venientes  nuper  ad  nos 
Gisbertus  de  Gastelleto  et  Bertrandus  de  Canellis ,  nuncii 
vestri ,  nos  prò  parte  vestra  instanter  requisiverunt  quate- 
nus  Alaymum  de  Lentino  et  nepotes  suos ,  nostro  carceri 
mancipatos,  eis  vestro  nomine  tradere  deberemus.  Nos  au- 
tem ,  requisicioni  nunciorum  predictorum  annuentes ,  quia 
dictus  Alaymus  pluries  asseruit  quod  dampnacionem  sive 
liberacionem  suam  libens  commicteret  consciencie  et  volun- 
tati  vestre,  assignavimus  et  tradì  fecimus  captivos  predictos 
Bertrando  de  Canellis  alteri  nunciorum  predictorum,  ad  vos 
incontinenti  redeunti,  recepto  homagio  ab  eodem  quod  di- 
ctum  Alaymum  cum  nepotibus  ad  vos  ducat,  data  per  nos 
sibi  licencia  quod  si  contigeret  navem  aut  vassellum,  in  quo 
dictus  Bertrandus,  cum  dictis  captivis,  ad  partes  Sicilie  na- 
vigabit ,  expugnari  ab  inimicis ,  vel  consanguineos  aut  a- 
micos  eorum  aggredì  seu  invadere  ipsum  Bertrandum  prò 
eis  liberandis ,  sicque  videretur  ei  non  posse  salve  ad  vos 
ducere,  possit  eos  occidere  in  utroque  casuum  predictorum. 
Datum  Iacee  II  nonas  Augusti  [1287]. 

Dal  reg.  70  del  Re  Alfonso,  a  fol.  163,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  cit.  in  Armari  (1908)  de 
Vinsi.  d'Estud.  Catal.  doc.  XII,  pag.  352. 

Per  la  consegna  dei  prigionieri  il  Re  Giacomo  aveva ,  con 
sua  lettera ,  destinato  come  nunzio  il  de  Cannellis ,  e  ne  aveva 
anche  dato  avviso  al  Re  Alfonso  (cfr.  sopra,  doc.  CLXIX).  Si 
scorge  da  quest'altro  notevole  documento  del  4  agosto  che  l'am- 
basciatore siciliano  Castelletto  rimase  in  Aragona ,  certamente 
per  compiervi  altri  affari  che  riguardavano  la  Corte  di  Sicilia. 

La  facoltà  di  uccidere  i  prigionieri,  nel  caso  di  assalto,  si  con- 
cedeva perchè  i  rei  non  cadessero  nelle  mani  dei  nemici.  Simile 
esempio  offre  il  Neocastro  (cap.  99,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag. 
140)  per  il  principe  di  Salerno,  allorché  fu  dal  castello  di  Cefalù 
inviato  prigioniero  in  Catalogna.  Il  cronista ,  riferendo  chiara- 
mente il  sistema  criminale  dei  suoi  tempi ,  narra  che  l' Infante 
Giacomo  manifestò  ai  militi  che  dovevano  condurre  il  principe  : 


—  393  —  (1288) 

«  Si  necesse  foret,  quod  in  eos  hostes  in  mari  insilirent,  ipsum 
et  se  ipsos  defenderent  usque  ad  mortem  ;  et  si  aliud ,  vel  plus 
substinere  non  possint,  ipsum  decapitarent ,  et  decapitatwm  in 
mare  proicerent,  ne  vivus  ad  manus  hostium  aliquatenus  perve- 
niret,  postea  de  morte  vel  vita  consulerent  «ibi  ipsis». 

Su  la  fine  infelice  di  Alaimo  e  dei  nipoti  vedasi  pure  il  doc. 
CLXIX.  Il  Re  Alfonso  nello  stesso  giorno,  che  riaffermava  i  suoi 
rapporti  con  l'isola,  lasciava  perire  il  celebre  uomo  di  governo. 


CLXXIII. 

1288,  febbraio  25,  indizione  la,  Catania. 

Il  Re  Giacomo  ordina  a  Riccardo  de  Passaneto ,  Giustiziere 
della  V  die  di  Girgenti,  di  intimare  con  un  bando  nelle  terre  di  sua 
giurisdizione  il  divieto  (con  determinata  pena)  di  caccia  ai  daini 
od  anche  ad  altri  animali,  con  le  reti  fad  filum)  nelle  foreste  re- 
gie, e  da  maggio  a  luglio  tanto  con  le  reti  che  coi  cani,  e  di  dar- 
gli avviso  dei  contravventori  per  la  pena  pecuniaria  da  riscuotersi 
dalla  Corte. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie  etc.  Riccardo  de  Passaneto 
militi,  Iusticiario  vallis  Agrigenti  etc.  Fidelitati  tue  finn  iter 
et  districte  mandaraus  quatenus,  statini  receptis  presentibus, 
per  terras  et  loca  iurisdicionis  tue,  ex  parte  nostre  celsitu- 
dinis,  sub  certa  pena  pluries  inhibeas  et  iniungas  quod  nul- 
lus,  cuiuscumque  condicionis  et  status  existat,  in  forestis , 
defensis  et  solaciis  nostris  iurisdicionis  tue  ad  filum,  et  in 
mensibus  madii,  iunii  et  iulii  cuiuslibet  anni  ad  filum  seu 
cum  canibus,  vel  alio  quocumque  modo,  ad  daynos  et  alia 
eciam  animalia  aliquatenus  venari  presumat,  et  illos,  quos 
predicti  mandati  et  inibicionis  nostre  inveneris  transgresso- 
res,  maiestati  nostre  per  licteras  tuas  significes,  ut  contra  eos 
ad  exactionem  predicte  pene  per  nostram  Guriam  proceda- 
tur.  Datum  Catanie,  vicesimoquinto  februarii,  prime  indicio- 
nis,  regni  nostri  anno  tercio  [1288]. 


(1288)  —  394  — 

Dalla  perg.  di  n.  194  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  Il  mandato  regio  è  inserto  nella  lettera  del 
15  marzo  del  Giustiziere  Passaneto  (cfr.  doc.  seguente). 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  222  dà  un  sunto  del 
documento,  però  con  data  del  1287,  che  non  riduce  al  modo  co- 
mune, e  senza  notare  che  il  Baiulo  e  giudici  di  Sciacca  non  pre- 
sentavano soltanto  al  notaro  la  lettera  dèi  Passaneto,  ma  davano 
anche  i  provvedimenti  per  la  esecuzione  di  essa. 

Su  i  vari  modi  di  caccia  usati  nel  medio  evo  in  Sicilia  for- 
nisce alquante  pregevoli  notizie  F.  P.  Avolio,  Riflessioni  sopra 
le  leggi  siciliane  intorno  alla  caccia.  Palermo  ,  1800 ,  pag.  Ile 
seg.  Altre  ne  offre  il  prof.  G.  Cosentino  nel  suo  lavoro  Le  nozze 
del  Re  Federico  III  con  la  principessa  Antonia  del  Balzo.  Paler- 
mo, 1895,  pag.  45-50.  In  una  partita  di  conti  del  1368  da  lui 
riportata  (pag.  48)  si  ha  la  menzione  «canum  deputatorum  ad 
venacionem  nostram  » . 

Deve  qui  notarsi  che,  durante  il  dominio  angioino  nell'isola, 
i  maestri  forestari  commettevano  gravi  eccessi  contro  coloro  che 
prendevano  gli  animali  nella  caccia.  Nella  lettera  mandata  dai  Si- 
ciliani (Universitas  Siculorum)  al  Papa  Martino  IV  dopo  il  mese 
di  agosto  1282  (cfr.  sopra,  doc.  VI)  si  esponeva  :  «  Quid  Magistri 
forestarum  impietatis  in  Siculos  exercuerunt,  si  quando  per  ali- 
quem  aliqua  fera  bestia  caperetur,  que  de  iure  genti um  et  natu- 
rali ratione,  statim  capta  conceditur  occupanti,  sicut  gloriosorum 
Principum  asserunt  sanctiones,  gravissima  ab  ipsis  passi  rerum 
personarumque  dispendia  vix  sufficiunt  enarrare?».  Il  cronista 
Speciale  ricorda  anzi  più  esplicitamente  che  gli  officiali  angioini 
«occasione  venationis  prohibite»,  per  rapire  agli  abitanti  le  loro 
sostanze ,  ponevano  segretamente  nelle  loro  capanne  le  pelli  di 
cervi  e  daini  :  «quis....  pelliculas  in  eorum  mapalibus  clanculum 
submittebat  ?  »  (lib.  I.  cap.  11,  ed.  Gregorio,  cit.  t.  I,  pag.  308). 

Il  Re  Giacomo,  per  metter  freno  a  quei  soprusi,  nel  1286  sancì 
per  tutto  il  regno  (V.  sopra ,  pag.  282)  che  nessuno  potesse  su- 
bire pena  per  gli  animali  trovati  fuori  le  foreste  (extra  defensam), 
se  ciò  non  fosse  avvenuto  con  «  vehementi  impulsione,  arte  vel 
fraude  »  (Cap.  Regni  Sicil.  e.  30,  ed.  Testa,  t.  I,  pag.  20).  Nel  1289 
ripeteva  egli  altre  sanzioni  ad  impedire  gli  abusi  dei  maestri  fore- 
stari, ed  aboliva  fìnanco  i  capitoli  del  loro  ufficio  emanati  nel  tempo 
angioino,  che  davano  pretesto  alle  oppressioni  (cap.  64,  ed.  Testa, 


—  395  —  (1288) 

pag.  38).  Su  ciò  inviò  il  Re  speciali  lettere  ai  maestri  forestari 
in  quell'anno  (V.  appresso,  doc.  di  tale  data). 

Il  divieto  di  caccia  nelle  foreste  regie ,  secondo  questo  docu- 
mento del  1288,  era  assoluto  nei  mesi  di  maggio  a  luglio.  Carini 
cit.  non  rileva  tale  distinzione,  e  riferisce  invece  quel  particolare 
ed  eccezionale  divieto  come  unica  norma  contenuta  nella  lettera 
regia. 

Nel  documento  che  segue  (n.  GLXXIV)  vedonsi  le  altre  no- 
tizie su  l'esecuzione  di  quell'ordine. 


olxxiy. 

ì,  marzo  18,  indizione  la,  Sciacca. 


II  Baiulo  di  Sciacca,  Riccardo  de  Orlando,  insieme  ai  giudici, 
in  seguito  alla  lettera  (inserta)  del  15  marzo  spedita  ai  medesimi 
dal  Giustiziere  della  Valle  di  Girgenti,  Riccardo  de  Passaneto, 
per  esecuzione  del  mandato  regio  del  25  febbraio  (V.  doc.  prece- 
dente GLXXIII),  divulga  con  bando  nella  terra  di  Sciacca  il  di- 
vieto di  caccia  nelle  foreste  regie,  e  ne  fa  compilare  atto  in  pub- 
blica forma. 

(Atto  in  notar  Pagano  di  Siacca). 

In  nomini  domini  amen.  Anno  dominice  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  octogesimo  septimo ,  mense  marcii, 
decimo  octavo  eiusdem,  prime  indicionis,  regnante  serenis- 
simo domino  nostro  rege  lacobo,  dei  gracia  inclito  rege  Si- 
cilie, ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue,  anno  sui  felicis 
regiminis  tercio  feliciter  amen.  Nos  Gonradus  de  Tancredo 
iudex  Sacce,  Paganus  de  Sacca  publicus  eiusdem  terre  no- 
tarius  et  testes  subscripti ,  ad  hec  specialiter  vocati  et  ro- 
gati ,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et  testamur 
quod  prescripto  die  Riccardus  Iobannis  de  Orlando  Baiulus 
Sacce,  Rogerius  de  Gervasio  et  Gandolfus  Saffudus  Iudices 
eiusdem  terre  Sacce  ostenderunt  nobis  quasdam  litteras  e- 
gregii  viri  domini  Riccardi  de  Pasaneto,  militis,  domini  regis 


(1288)  —  396  — 

consiliarii  et  familiaris  ac  regii  Iusticiarii  vallis  Agrigenti , 
comitatus  Giracii,  parcium  Gephaludi  et  Thermarum,  cum 
inserta  in  eis  forma  cuiusdam  sacri  mandati  regii  sibi  mis- 
sas,  quas  vidirnus  et  legimus  vero  et  noto  sigillo  eiusdem 
domini  Iusticiarii  de  cera  rubea  sigillatas,  et  erant  per  omnia 
continencie  infrascripte  :  Riccardus  de  Passaneto,  miles,  do- 
mini regis  consiliarius  et  familiaris  ac  regius  Iusticiarius 
vallis  Agrigenti ,  comitatus  Giracii ,  parcium  Gephaludi  et 
Thermarum  discretis  viris  Baiulo  et  ludici  bus  terre  Sacce, 
amicis  suis,  salutem  et  dileccionem  sinceram.  Nuper  a  sacra 
regia  maiestate  sacras  recepimus  literas  in  hec  verba  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  25  febbraio]. 

Gumque  oporteret  nos  prescriptum  sacrum  mandatum 
regium  execucioni  debite,  oum  omni  devocione  ,  mandare , 
et  ad  id  exequendum  per  singulas  terras  et  loca  iurisdictio- 
nis  nostre  simul  et  semel  interesse  non  possimus,  individui- 
tate  corporis  prohibente,  execucionem  ipsius  in  dieta  terra 
Sacce  duximus  prò  parte  Curie  comictendam  prudencie  ve- 
stre,  ex  regia  parte  qua  fungimur  auctoritate,  mandant.es, 
sub  pena  unciarum  auri  decem ,  quatenus  prescripti  man- 
dati regii  forma  diligenter  actenta,  et  in  quantum  vobis  com- 
mittitur  observata,  statim,  receptis  presentibus,  per  dictam 
terram  Sacce  iurisdictionis  nostre  ex  parte  regie  celsitudinis, 
sub  pena  unciarum  auri  viginti,  pluries  inhibeatis  et  iniun- 
gatis  quod  nullus,  cuiuscumque  condicionis  et  dignitatis  e- 
xistat ,  in  forestis ,  defensis  et  solaciis  regiis  iurisdictionis 
nostre  ad  fìlum,  et  in  mensibus  madii,  iunii  et  iulii  cuius- 
libet  anni  ad  filum,  seu  cum  canibus  vel  alio  quocumque 
modo,  ad  daynos  et  alia  eciam  animalia  aliquatenus  venari 
presumat,  et  illos,  quos  predicti  mandati  et  inibicionis  regie 
inveneritis  transgressores ,  nobis  vestris  litteris  intimetis , 
ut  successive  maiestati  regie  per  nostras  litteras  significe- 
mus,  et  contra  eos  ad  exaccionem  predicte  pene  per  regiam 
Guriam  procedatur;  de  qua  quidem  inibicione  et  iniuncione 
instrumentum  publicum,  cum  forma  presencium,  fieri  facia- 
tis,  quod  nobis  ad  Guriam  incontinenti  destinari  curetis.  De 


—  397  —  (1288) 

die  autem  recepcionis  presencium,  cura  forma  ipsarum,  no- 
bis  statim  ad  Guriara  vestras  mictatis  licteras  responsales. 
Datum  Agrigenti ,  quintodecimo  martii  ,  prime  indicionis 
[1288].  Guius  auctoritate  mandati,  predicti  Baiulus  et  fudices, 
nobis,  ad  eorum  requisicionera  prò  parte  Curie  factam,  sibi 
adhibitis,  iuxta  formam  predicti  mandati ,  statim  per  eam- 
dem  terram  Sacce  iurisdicionis  dicti  domini  Iusticiarii ,  ex 
parte  regie  celsitudinis,  sub  predicta  pena  unciarum  auri  vi- 
giliti, pluries  inhibuerunt  et  iniunxerunt  quod  nullus  cuius- 
cumque  condicionis  et  dignitatis  existat  in  forestis,  defensis 
et  solaciis  regiis  aliquatenus  venari  presumat.  De  qua  inhi- 
bicione  et  iniuncione  instrumentum  presens  publicum,  cum 
forma  literarum  ipsarum,  ut  exinde  piene  constet  et  fiat  in 
regia  Curia  piena  fides,  factum  est  per  manus  mei  predicti 
notarii,  signo  meo  solito  signatum,  nostrique  ludicis  sigillo 
et  subscripcione  ac  subscriptorum  testium  subscripcionibus 
et  testimonio  roboratum.  Actmn  Sacce  anno,  mense,  die  et 
indicione  premissis. . 

f  Ego  Conradus  de  Tancredo  Iudex  Sacce  qui  supra  me 
subscripsi  et  sigillavi. 

f  Ego  Marchisius  de  Fererio  testor. 

•j-  Ego  Andreas  de  Agusta  testis  sum. 

f  Ego  Damianus  de  Cosmano  testis  sum. 

f  Ego  Cremonesi  testis  sum. 

f  Ego  Rainerius  de  Berio  testis  sum. 

f  Ego  Paganus  de  Sacca  publicus  eiusdem  terre  nota- 
rius  hoc  instrumentum  scripsi,  et  signo  meo  signavi. 

Dalla  perg.  n.  194  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  222  offre  il  sunto, 
del  quale  ho  fatto  cenno  nel  documento  anteriore. 

L'atto  è  notevole  perchè  dimostra  la  sollecitudine  e  la  preci- 
sione che  usavansi  dai  Giustizieri  delle  Valli  nel  trasmettere  gli 
ordini  ai  Baiuli  dei  vari  comuni ,  ed  altresì  perchè  fornisce  la 
prova  che  nella  regione  vicina  a  Sciacca  doveano  essere  foreste 


(1288)  —  398  — 

regie  soggette  a  quel  bando.  La  pena  pecuniaria  per  i  contrav- 
ventori era  di  oncie  venti. 

Giovan  Luca  Barberi  nella  prima  metà  del  secolo  XVI  di- 
ceva :  «Regni  foreste...  quamplurime  sunt,  tamquam  de  iuribus 
et  membris  solatiorum  regie  dignitatis  »;  e  soltanto  trattava,  nella 
sua  descrizione,  di  alquante  che  erano  state  concesse  in  feudo  a 
privati  (cfr.  I  Capibrevi,  ed.  Silvestri,  voi.  Ili  Feudi  di  Val  di 
Mazzara ,  pag.  599).  Sembra  però  che  la  foresta  presso  Sciacca 
sia  stata  quella  del  castello  di  Misilino  col  canneto,  come  è  in- 
dicata nell'elenco  delle  foreste  regie  di  Sicilia  nel  1278 ,  riferito 
da  Minieri-Riccio  ,  Il  regno  di  Carlo  I  d'  Angiò  (in  Ardi.  Stor. 
lidi.  S.e  IV,  t.  I,  1878,  pag.  4).  Sul  casale  di  Misilino  cfr.  Amari 
Carte  comparée  de  la  Sicile  au  XIIe  siede.  Paris,  1859,  pag.  31 
e  41. 


OLXXV. 

1288,  maggio  7,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  scrive  al  Giustiziere  della  Valle  di  Girgenti, 
Riccardo  de  Passaneto,  manifestandogli  che  il  Vescovo  di  Cefalù, 
Giunta,  lo  ha  supplicato  perchè  non  gli  sia  recato  impedimento 
nella  costruzione  della  tonnara ,  che  si  è  fatta  da  tempo  imme- 
morabile nella  spiaggia ,  dal  luogo  detto  Fiumetorto  sino  all'  al- 
tro detto  di  Colobria,  nonostanti  le  opposizioni  di  Nino  Taglia- 
via  di  Palermo  e  dei  soci  gabelloti  delle  tonnare  della  regia  Corte 
in  Sicilia  al  di  là  del  fiume  Salso.  Ordina  pertanto  che  si  fac- 
cia sollecitamente  un'inchiesta  intorno  all'antico  uso  dei  Vescovi 
di  costruire  la  tonnara  suddetta  e  di  convenire  una  determinata 
somma  e  quantità  di  pesci  da  pagarsi  dai  gabelloti  per  la  co- 
struzione e  la  pesca ,  mantenendo  il  Vescovo  nel  possesso  se  ciò 
sia  provato,  ed  attribuendo  invece  al  medesimo  i  proventi,  se  si 
riconoscerà  che  appartengano  alla  Chiesa. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Gapue.  Riccardo  de  Passaneto,  militi,  Iusticiario  Vallis 
Agrigenti,  comitatus  Giracii,  parciura  Gephaludi  et  Therma- 


—  399  —  (1288) 

rum,  consiliario  et  familiari  et  fideli  suo,  graciam  suam  et 
bonam  voluntatem.  Pro  parte  venerabilis  patris  domini 
Iuncte  cephaludensis  Episcopi,  consiliarii  et  familiaris  et  fi- 
delis  nostri,  porrecta  nuper  culmini  nostro  peticio  continebat 
quod  cum  cephaludensis  Ecclesia  et  predecessores  sui,  qui 
fuerunt  prò  tempore  in  eadem  ,  consueverunt  hactenus  a 
tempore ,  cuius  non  extat  memoria ,  habere  et  facere  fieri 
seu  construi  tonnariam  in  districtu  maritime  eiusdem  Ec- 
clesie,  a  loco  qui  dicitur  Flumen  tortum  discurrendo  per 
maritimam  usque  ad  locum,  qui  dicitur  Golobra,  pacifice  et 
quiete,  et  proventus  eiusdem  tonnarie,  tamquam  ab  antiquo 
ad  eandem  Ecclesiam  pertinentes ,  sine  contradicione  qua- 
libet  percipere  et  habere,  nunc  Ninus  Tallavia  de  Panormo, 
et  socii  cabelloti  tonnariarum  Curie  nostre  in  Sicilia  ultra 
flumen  Salsum  prò  anno  presenti  prime  indicionis ,  dum 
idem  Episcopus  tonnariam  istam  construi  fecerit  prò  anno 
presenti,  poni  facere  vellet  ad  piseandum  in  mari  predicto, 
occasione  concessionis  nostre  facte  eis  de  cabella  tonnaria- 
rum ipsarum  ,  asserentes  dictam  Ecclesiam  nullam  habere 
tonnariam  in  maritima  ipsa,  nisi  tonum  tantum  unum,  con- 
struccionem  ipsius  tonnarie  indebite  impediunt,  et  particu- 
lariter  in  preiudicio  Ecclesie  memorate ,  petens  quod  con- 
structores  ipsius  tonnarie  de  construcione  ipsa  conveniant, 
et  supplicato  igitur  excellentie  nostre  prò  parte  Prelati  pre- 
dicti  ut  sibi  et  diete  Ecclesie  super  huiusmodi  impedicione 
construcionis  diete  tonnarie  providere  nostra  serenitas  di- 
gnaretur.  Supplicacionibus  suis  benigne  admissis,  cum  in- 
tencionis  et  propositi  nostri  sit  dictum  Prelatum  ,  bona  et 
iura  omnia  ipsius  Ecclesie  tempore  felicis  nostri  dominii 
manutenere,  fovere,  protegere  et  illesa  servare,  fidelitati  tue 
mandamus  quatenus,  recepta  prius  a  constructoribus  diete 
tonnarie  ydonea  et  sufficiente  fideiussoria  caucione  de  unciis 
auri  quinquaginta,  quod  si  per  inquisicionem  faciendam  per 
te  de  premissis  inveniretur  antea  consue visse  construi  ton- 
nariam ipsam  in  predicta  maritima  per  Prelatos  eiusdem 
Ecclesie ,  nec  proventus  ipsius  spectare  ad  eandem  Eccle- 


(1288)  —  400  — 

siam,  sicut  habet  exposicio  Episcopi  supradicti,  de  quanti- 
tate  pecunie  et  piscium  conventa  predicto  Episcopo  prò  con- 
strucione  eiusdem  tonnarie,  prò  construcione  ipsa  et  pisca- 
cione  ipsius  cabelloti  predicti  integraliter  satisfiant  predi- 
ctum  Episcopum  et  constructores  eiusdem  tonnarie,  in  fa- 
cienda  et  construenda  tonnaria  ipsa  in  predicta  maritima, 
sicut  hactenus  consuevit,  manuteneas  et  defendas ,  eosque 
super  construcione  ipsius  tonnarie  molestare  seu  perturbare 
per  aliquos  nullatenus  paciaris ,  mandatis  nostris  directis 
Baiulo  et  ludicibus  eiusdem  terre  [et]  quibuslibet  aliis  de 
non  permictendo  construi  tonnariam  ipsam,  absque  licencia 
et  consensu  cabellotorum  predictorum,  non  obstantibus  e- 
xequucioni  presencium,  set  penitus  irritatis.  Volumus  eciam 
et  mandamus  quod  per  homines  rei  conscios ,  antiquos  et 
fidedignos  eiusdem  terre  Cephaludi ,  terrarum  et  locorum 
circumadiacencium,  fideles  nostros,  per  quos  melius  veritas 
poterit  indagari,  diligenter  inquisicionem  facias  de  singulis 
supradictis ,  quam  inquisicionem  fideliter  in  scriptis  reda- 
ctam  Curie  nostre  sub  sigillo  tuo  mietere  studeas  preter  mo- 
ram,  cautus  existens  quod  inquisicio  ipsa  diligenter,  sollicite 
et  fideliter  fìat,  quod  super  hoc  nostra  Curia  non  fraudetur, 
nec  ullo  unquam  tempore  aliquid  aliud  valeat  inveniri,  quam 
quod  ipsa  inquisicio  continebit ,  cum  exinde  tuis  humeris 
Curia  nostra  totaliter  innitetur.  Si  vero  per  tenorem  inqui- 
sicionis  ipsius  tibi  constiterit  predictam  tonnariam  consue- 
visse  construi  per  Prelatos  eiusdem  Ecclesie  et  commissarios 
eorum  ,  et  proventus  eiusdem  tonnarie  pertinere  ad  Eccle- 
siam  supradictam,  fìdeiussores  predictos  ab  eadem  fideius- 
sione liberes  et  absolvas ,  et  proventus  construcionis  eius- 
dem tonnarie  predicto  Prelato  et  statuto  suo  facias  inte- 
graliter assignare.  De  recepcione  vero  presencium,  cum  for- 
ma ipsarum  et  toto  processu  tuo  in  premissis  habendo,  Can- 
cellano regni  Sicilie  et  magistro  Racionali  magne  nostre 
Curie  per  tuas  licteras  rescripturus.  Si  vero  tibi  non  con- 
stiterit de  predicta  quantitate  pecunie  et  piscium  conventa 
predicto  Episcopo  prò  construcione  et  piscacione  diete  ton- 


—  401  —  (1288) 

narie,  dicto  cabelloto  facias  assignari.  Datum  Messane  septi- 
rao  madii,  prime  indicionis,  regni  nostri  anno  tercio  [1288]. 

Dalla  perg.  di  n.  63  del  Tabularlo  della  Chiesa .  di  Cefalù , 
nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo,  in  un  transunto  del  20  mag- 
gio 1290.  La  pergamena  è  in  varie  parti  logora  e  sbiadita. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  in  pergamena  del  sec.  XIV  dei 
Privilegi  della  suddetta  Chiesa,  compilato  per  ordine  del  Vescovo 
Tommaso  di  Butera  (Arch.  di  Stato  di  Palermo)  a  fol.  56  e  seg. 
in  un  transunto  del  30  agosto  1303  con  firme  originali.  Altra  co- 
pia è  pure  nel  ms.  Qq.  H  8  Diplomata  Eccles.  cephalud.  nella 
Bibl.  Comunale  di  Palermo ,  a  fol.  727  ,  e  per  il  transunto  del 
1303  a  fol.  846. 

11  documento  del  Re  Giacomo  è  inserito  nella  lettera  del  Giu- 
stiziere Passaneto  (cfr.  doc.  seguente ,  n.  CLXXVI).  Un  breve 
frammento  ne  fu  pubblicato  da  Pirri  ,  Sicilia  Sacra  cit.  t.  II , 
pag.  808,  con  data  erronea  del  1289. 

Riesce  assai  importante  1'  ordine  regio  per  la  notizia  dei  si- 
stemi di  pesca  del  tonno  vigenti  da  antico  tempo  nell'isola  e  che 
attestano  il  fiorente  commercio,  avendosene  speciale  ricordo  per 
l'epoca  normanna  nell'opera  dell'arabo  Edrisi.  Ofr.  la  memoria 
storica  di  Vito  La  Mantia,  Le  tonnare  in  Sicilia.  Palermo,  1901, 
pag.  5  e  seg.  Il  sito  della  tonnara  era  al  di  là  di  Termini,  dalla 
foce  del  Fiumetorto,  che  scorre  nel  Tirreno  dopo  aver  traversato 
la  vallata ,  nella  quale  sono  i  comuni  di  Montemaggiore  (terra 
esistente  nell'  epoca  angioina  ,  come  appare  dalla  perg.  54  del 
1275  del  Tabulano  suddetto  di  Cefalù)  e  di  Cerda  e  Sciara  (sorti 
nel  declinare  del  secolo  XVII  su  l'antica  via  verso  le  Madonie), 
e  si  estendeva  presso  il  mare  di  Cefalù  al  sito  di  Colobria. 
Amari  nella  Carte  comparée  cit.  dà  notizia  del  Fiumetorto ,  ma 
nessuna  per  Colobria.  Sul  Fluvius  Tortus  si  veda  Vito  Amico, 
Lexicon  topogr.  cit.  t.  II,  p.  I,  pag.  163,  e  p.  II,  pag.  232. 

L'  espressione  ,  che  trovasi  nel  documento  :  «  nullam  habere 
tonnariam  in  mariti  ma  ipsa,  nisi  tonum  tantum  unum  »,  denota 
una  vera  distinzione  tra  tonnara  e  tono ,  come  sembra  pure  ri- 
levarsi dai  Capibrevi  del  Barberi  cit.  (voi.  Ili ,  ed.  Silvestri  , 
pag.  520),  nei  quali  si  dice  che  fu  concesso  :  «  quoddam  mare  in 
termino  maris  civitatis  Sacce ,  sive  construendi  et  faciendi  in 
eodem  mari  tonum  ad  opus  piscacionis  ....   licencia  »• ,   cioè 

G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  26 


(1288)  —  4M  — 

un  luogo  designato  per  qualsiasi  pesca.  Ducangb  e  gli  altri  les- 
sicografi non  ne  registrano  la  voce.  Barberi  cit.  non  offre  alcun 
cenno  su  la  tonnara  di  Golobria. 

È  notevole  altresì  V  indicazione  dei  gabelloti  delle  tonnare 
della  regia  Corte,  che  prova  come  il  governo  aragonese  credesse 
utile  di  esercitare  quel  monopolio,  già  invalso  sotto  gli  altri  do- 
minatori. 


OLXXV1. 

ì,  indizione  la,  dopo  il  14  maggio. 


Il  Giustiziere  della  Valle  di  Girgenti,  Riccardo  de  Passando, 
con  sue  lettere  patenti ,  in  seguito  all'ordine  regio  del  7  maggio 
(V.  doc.  precedente) ,  volendo  adempire  con  sollecitudine  l'inca- 
rico, ricevuta  prima  la  fideiussione  dai  costruttori  della  tonnara 
dal  Fiumetorto  al  sito  di  Golobria,  per  parte  del  Vescovo  di  Ce- 
falù,  sul  risultato  dell'inchiesta,  mantiene  il  Vescovo  Giunta  nel 
possesso  della  tonnara  medesima ,  e  sentite  le  testimonianze  di 
uomini  degni  di  fede ,  dichiara  che  la  tonnara  appartiene  alla 
Chiesa,  e  libera  i  fideiussori  dalla  loro  eventuale  obbligazione 
verso  i  gabelloti. 

Ricardus  de  Passaneto,  miles,  domini  regis  Consilia rius 
et  familiaris ,  ac  regius  Iusticiarius  Vallis  Agrigenti ,  comi- 
tatus  Giracii,  parcium  Cephaludi  et  Thermarum.  Universis 
presentes  licteras  inspecturis,  domini  regis  fidelibus,  amicis 
suis,  salutem  et  dilecionem  sinceram.  Noverit  universitas  ve- 
stra  quod  olim  quartodecimo  die  mensis  madii ,  prime  in- 
dicionis,  apud  Galatabuturum,  a  sacra  regia  maiestate  sacras 
recepimus  licteras  in  hac  forma  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  7  maggio]. 

Nos  itaque  [ad]  exequucionem  predicti  mandati  regii , 
cum  omni  devocione,  diligencia  et  sollicitudine  procedentes, 
et  recepta  prius  a  constructoribus  eiusdem  tonnarie  ydonea 
et  sufficienti  fideiussoria  caupcione  de  unciis  auri  quinqua- 


—  403  —  (1288) 

ginta,  iuxta  ipsius  mandati  continenciam  et  tenorem,  quod 
si,  per  inquisicionem  faciendam  per  nos  de  premissis,  inve- 
niretur  antea  consue  visse  construi  torma riam  ipsam  in  pre- 
dieta  maritima  per  Prelatos  eiusdem  Ecclesie,  nec  proventus 
ipsius  spectare  ad#  eandem  Ecclesiam,  sicut  habet  exposicio 
Episcopi  supradicti,  et  de  quantitate  pecunie  et  piscium  con- 
venta predicto  Episcopo  per  constructores  eiusdem  tonnarie 
prò  construcione  ipsa  et  piscacione  ipsius  cabelloti  predicti 
integraiiter  satisfiant  predictum  Episcopum  et  constructores 
eiusdem  tonnarie,  in  facienda  et  construenda  tonnaria  ipsa 
in  predicta  maritima,  sicut  hactenus  consuevit,  manumicti- 
mus  et  defendimus  eosque  super  construcione   ipsius  ton- 
narie molestari  seu  perturbari  per  aliquos   nullatenus  per- 
misimus,  mandatis  regiis  directis  Baiulo  et  Iudicibus  eius- 
dem terre  et  quibuscumque  aliis  de  non  permictendo  con- 
strui tonnariam  ipsam  ,  absque  licencia  et  consensu  cabel- 
lotorum  ipsorum,  non  obstantibus  exequucioni  presencium, 
set  penitus  irritatis.  Geterum  per  bomines  rei  conscios  an- 
tiquiores  et  fide  dignos  eiusdem  terre  Gephaludi,  terrarum 
et  locorum  circumadiacencium,  fideles  regios,  per  quos  me- 
lius  potuit  veritas  indagari ,  diligentem  inquisicionem  feci- 
mus  de  singulis  supradictis,  que  fideliter  in  scriptis  redacta 
et  regie  Curie  sub  sigillo  nostro  transmissa,  quia  per  teno- 
rem inquisicionis  ipsius  nobis  piene  constitit  predictam  ton- 
nariam consuevisse  construi  per  Prelatos  eiusdem  Ecclesie 
et  commissarios  eorum,  et  proventus  eiusdem  tonnarie  per- 
tinere  ad  Ecclesiam  supradictam,  subfideiussores  predictos 
ab  eadem  fideiussione  libera  vimus   et   absolvimus ,  et  pro- 
ventus construcionis  eiusdem  tonnarie  predicto   Prelato  et 
statuto  suo  fecimus  integraiiter  assignari.  Unde  ad  futuram 
memoriam,  et  tam  predicti  domini  Episcopi,  [quam]  ipsius 
Ecclesie  et  successorum  suorum  cautelam,  ad  supplicacio- 
nem  predicti  Prelati,  presentes  patentes  nostras  licteras  sibi 
exinde  fieri  fecimus,  sigillo  nostro  munitas.  Scriptum  loco, 
mense,  die  et  indicione  premissis  [1288]. 


(1288)  —  404  — 

Dalla  perg.  63  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Gefalù  nell'Arch. 
di  Stato  di  Palermo ,  e  dagli  altri  manoscritti  che  ho  ricordato 
per  il  doc.  precedente. 

Pirri,  Sicilia  Sacra  cit.  t.  I,  pag.  808  menziona  tale  inchie- 
sta ;  ma  per  errore  la  attribuisce  a  Berardo  de  Ferro  per  la  let- 
tera (V.  appresso)  del  20  maggio  1290 ,  inserita  nel  transunto 
del  1303 ,  e  che  è  della  stessa  data  del  transunto  dell'  inchiesta 
del  Passar)  eto. 

Manca  nel  documento  la  data,  perchè  tanto  nel  transunto  del 
1290,  che  in  quello  del  1303  fu  omessa  nell'inizio  dell'inchiesta, 
dove  era  contenuta  ,  dicendosi  in  fine  soltanto  :  «  loco  ,  mense  , 
die  et  indicione  premissis».  La  data  si  desume  però  con  certezza 
dalle  parole  dello  stesso  Giustiziere  Passaneto,  il  quale  afferma 
di  avere  ricevuto  «  olim  quartodecimo  die  mensis  madii ,  prime 
indicionis  »  in  Calta vuturo  la  lettera  del  Re  Giacomo,  e  di  avere 
eseguito  con  «  diligencia  et  sollicitudine  »  l' inchiesta.  Dovette 
quindi  esser  l'inchiesta  compiuta  pochi  giorni  dopo,  nei  luoghi 
opportuni  ed  a  Cefalù,  e  peraltro  da  Caltavuturo  al  Fiumetorto 
il  tragitto  non  era  lungo  per  quella  via  montana  donde  nel  1535 
passava  l'imperatore  Carlo  V  per  recarsi  da  Termini  a  Polizzi , 
fornendo  il  viaggio  in  un  giorno,  come  attesta  il  contemporaneo 
Maurolico  ,  Sicanicarum  rerum  compendium.  Messanae  ,  1572  , 
fol.  204  r.  Dalla  lettera  del  maestro  Razionale  de  Ferro  si  scorge 
pure  che  egli  ricevette  le  lettere  testimoniali  del  Passaneto,  «  olim 
in  anno  proximo  preterito,  prime  indicionis,  Iusticiarii»,  e  però 
non  è  dubbio  che  nel  1288 ,  mentre  rivestiva  quella  dignità ,  il 
Passaneto  eseguì  l'inchiesta. 

Le  lettere  testimoniali  del  Passaneto ,  che  diconsi  trasmesse 
alla  regia  Corte ,  non  ci  rimangono.  Si  dichiara  in  fine  che  il 
documento  che  si  faceva  «  ad  supplicacionem  predicti  Prelati  » 
era  munito  del  sigillo  del  Giustiziere. 


OLXXVII. 

1288,  maggio  8,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  per  la  fedeltà  ed  i  meriti  del  Giudice  Rolando 
de  linda  di  Messina,  concede  a  lui  ed  ai  suoi  eredi  in  perpetuo 


—  405  —  (1288) 

il  casale  di  Binurrato  con  i  suoi  casali  e  territori  adiacenti , 
prima  appartenuto  a  Gualtieri  di  Noto ,  ed  inoltre  il  casale  di 
Bonfallura ,  siti  nel  territorio  di  Noto ,  sotto  i  consueti  obblighi 
feudali,  compreso  quello  del  servizio  di  un  milite,  dovuto  per  la 
terza  parte  di  un  feudo ,  «  iuxta  usum  et  consuetudinem  dicti 
regni  ».  Vengono  esattamente  indicati  in  fine  del  privilegio  i  con- 
fini dei  due  casali  assegnati  in  feudo. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Per  presens  privilegium  notum  fieri  volumus 
universis,  tam  presentibus  quam  futuris,  quod  consideratis 
grate  devocionis  et  fidelitatis  servitiis,  que  Iudex  Rolandus 
de  Unda  de  Messana,  familiaris  et  fidelis  noster,  erga  excel- 
lenciam  nostrani  gessit  et  gerit,  et  in  futurum  gerere  poterit 
gratiora,  eidem  Rolando  suique  heredibus  in  perpetuum  ca- 
sale Binurrati,  cum  aliis  circumadiacentibus  casalibus  seu 
locis  et  tenimentis  suis,  que  fuerunt  olim  Gualterii  de  No- 
tilo, necnon  casale  seu  tenimentum  dictum  de  Bonfallura, 
consistens  in  peccia  una  terre,  ad  manus  nostre  Curie  per 
excadenciam  devoluta,  sita  in  territorio  et  pertinenciis  pre- 
dicte  terre  Nothi,  subscriptis  finibus  limitata,  cum  iuribus, 
redditibus,  rationibus  et  pertinenciis  suis,  dummodo  non  sint 
de  nostro  demanio,  concedenda  duximus  de  liberalitate  mera 
et  gracia  speciali.  Ita  tamen  quod  idem  Rolandus  et  heredes 
sui  nobis,  heredibus  et  successoribus  nostris  in  dicto  regno 
nostro  Sicilie,  prò  casalibus  ipsis,  immediate  in  capite  ser- 
vire teneantur  de  servicio  tercie  partis  pheudi  unius  militis 
iuxta  usura  et  consuetudinem  dicti  regni  nostri  Sicilie,  quod 
servicium  idem  Rolandus ,  iu  nostri  presencia  constitutus , 
prò  se  et  dictis  suis  heredibus,  sua  bona  et  gratuita  volun- 
tate,  prestare  obtulit  et  promisit.  Et  quod  illi,  quibus  aliqua 
iura ,  possessiones  et  bona  dictorum  casalium  et  pertinen- 
ciarum  suarum  forte  concessimus ,  ipsa  tenere  debeant  in 
capite  prout  eis  per  nostrani  excellenciara  sunt  concessa.  Et 
si  forte  aliqui  barones  et  pheudatarii  sunt  in  dictis  casalibus 
et  pertinenciis  eorum,  qui  servire  in  capite  nostre  Curie  te- 


(1288)  —  406  — 

neantur,  in  nostro  demanio  et  dominio  reserventur.  Retentis 
eciam  Curie  nostre  salinis  antiquis ,  regalibus  solaciis  vel 
defensis ,  si  que  sunt  in  eisdem  casalibus  et  tenimentis 
[eorum].  Et  quod  animalia  et  equitature  araciarum  et  mas- 
sariarum  nostrarum  pascua  libere  sumere  valeant  in  terri- 
toriis  et  pertinenciis  casalium  predictorum.  Et  si  forte  per- 
tinencie  ipsorum  casalium  protenduntur  usque  ad  mare,  in 
quantum  a  mari  infra  terra m  per  iactum  baliste  ipse  per- 
tinencie  protenduntur,  in  nostro  demanio  et  dominio  reser- 
ventur, fidelitate  nostra,  Curie  nostre  et  cuiuslibet  alterius 
iuribus,  ac  predicto  servicio  Curie  nostre  debito,  in  omnibus 
semper  salvis.  Fines  autem  predictorum  casalium,  locorum 
et  tenimentorum  suorum,  que  tenebat  dictus  quondam  Gual- 
terius,  sunt  hii  videlicet  :  ex  parte  orientis  iuxta  tenimentum 
Rispense  et  iuxta  casale  Biserii  et  Burgii,  ex  parte  meridici 
iuxta  casale  dictum  Libaroni  et  casale  Buhulesy ,  ex  occi- 
dente iuxta  casale  Rahalsigera  et  iuxta  flumen  Obdillarii  et 
casale  Hahedi ,  et  ex  parte  septentrionis  iuxta  casale  Bul- 
chachemi,  et  si  qui  alii  sunt  confines.  Predictum  vero  ca- 
sale dictum  de  Bonfallura  situm  est  in  contrada  predicte 
Rispense,  iuxta  casale  Stafende  et  iuxta  casale  Saytunini  et 
viam  publicam,  qua  itur  ad  Spaccafurnum,  et  iuxta  casale 
Mulisine  et  iuxta  terras  Billudye ,  flumine  mediante ,  et  si 
qui  alii  sunt  confines.  Ad  huius  autem  nostre  concessionis 
memoriam  et  robur  in  posterum  valiturum  presens  privile- 
gium  sibi  exinde  fieri,  et  maiestatis  nostre  sigillo  pendenti 
iussimus  communiri.  Datum  Messane  anno  domini  mille- 
simo ducentesimo  octuagesimo  octavo,  mense  madii,  octavo 
eiusdem,  prime  indicionis,  regni  nostri  anno  tercio. 

Dalla  perg.  di  n.  206  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  203  ne  dà  un  breve 
sunto  ;  ma  indica  erroneamente  il  nome  di  Gualtieri  de  Noto  in 
quello  di  Guglielmo,  ed  accenna  il  sito  dei  casali  soltanto  per 
Bonfallura, 


—  407  —  (1288) 

I  beni  di  Gualtieri  di  Noto  dovettero  probabilmente  ricadere 
alla  regia  Corte  per  ribellione.  Di  vari  casali  e  territori ,  men- 
zionati come  confinanti  con  i  casali  concessi  al  de  Unda,  si  ha 
la  notizia  nei  Capibrevi  di  G.  L.  Barberi  (voi.  I,  I  feudi  di  Val 
di  Noto,  ed.  Silvestri  cit.). 

È  degna  di  nota  la  distinzione,  che  si  legge  nel  documento  , 
per  il  servizio  militare  e  per  il  ricordo  della  consuetudine  feu- 
dale su  tale  materia.  Neil'  antica  concessione  feudale  fatta  dal 
Re  Pietro  I  ad  Alaimo  da  Lentini  a  23  ottobre  1282  (in  Carini, 
De  rebus,  pag.  163,  e  cfr.  pure  sopra  ,  pag.  52  n.  2)  si  dichiara 
espressamente  che  Alaimo  ed  i  suoi  eredi  «  servire  teneantur  prò 
servicio  militum  quot  scilicet  proventus  et  redditus  ipsarum  ter- 

rarum  et  casalis  nunc  valere  constiterit ad  racionem 

videlicet  de  unciis  XX  prò  servicio  unius  militis,  iuxta  usum  et 
consuetudinem  regni  »  ;  e  ciò  mostra  quale  fosse  la  consuetudine 
vigente  nell'isola  nell'inizio  del  dominio  aragonese,  anco  per  le 
inchieste  che  facevansi  sul  valore.  Cfr.  anche  Orlando  ,  Il  feu- 
dalismo in  Sicilia.  Palermo,  1857,  pag.  127  e  seg.  per  varie  no- 
tizie sul  servizio  militare. 

Le  norme  di  riserva  al  demanio  per  le  spiaggie  del  mare  in- 
fra il  tiro  di  balestra  sono  altresì  importanti.  Esse  non  trovansi 
riferite  nel  suddetto  privilegio  per  Alaimo  ;  ma  in  quello  del  Re 
Giacomo  del  27  maggio  1286  (V.  sopra,  doc.  CXLV)  se  ne  ha  la 
precisa  determinazione.  Sul  significato  di  quelle  espressioni  e  su 
le  più  antiche  menzioni  che  se  ne  hanno  vedasi  la  memoria  di 
Vito  La  Manti  a,  Ragioni  del  pubblico  demanio  su  le  spiaggie  e 
terre  adiacenti  «  per  iactum  baliste  »  secondo  l'antico  diritto  si- 
ciliano, pubblicata  nella  rivista  La  Legge.  Roma,  1889 ,  voi.  I , 
pag.  816  e  seg. 

La  designazione  minuta  dei  confini  prova  senza  dubbio  che 
per  le  concessioni  dei  feudi  si  curava  di  farne  la  descrizione  in 
particolari  registri  della  regia  Corte  ,  secondo  il  vetusto  e  noto 
sistema  adoperato  in  Sicilia  dai  Normanni  in  poi ,  con  i  libri 
detti  Defetari  (cfr.  L.  Genuardi,  I  Defetari  normanni,  nel  voi.  1 
degli  Scritti  pel  centenario  di  Michele  Amari.  Palermo  ,  1910 , 
voi.  I,  pag.  159  e  seg.). 


(1288)  —  40£  - 


OLXXVIII. 

1288,  maggio  9,  Monreale. 

La  regina  Costanza,  per  rimedio  delle  anime  dei  suoi  prede- 
cessori e  del  Be  Pietro  suo  marito ,  concede  a  frate  Nicolò  ere- 
mita, dell'ordine  di  S.  Basilio,  monaco  di  S.  Teodoro  Benimor- 
chi  del  Santo  Sepolcro ,  cinquanta  salme  di  terre  libere ,  ad  uso 
di  masseria,  nel  territorio  di  Salemi ,  già  assegnate  al  suddetto 
Nicolò,  per  mandato  della  regina,  da  Simone  de  Anfusio,  Baiulo 
della  medesima  terra  di  Salemi ,  e  secondo  i  confini  designati , 
salvo  però  il  beneplacito  del  figlio  Be  Giacomo  ed  anche  quello 
della  stessa  regina. 

Constancia  dei  grada  Aragonum  et  Sicilie  regina.  Per 
presens  scriptum  notum  fieri  volumus  universis  quod  co- 
gnoscentes  multa  beneficia  de  manu  domini  recepisse ,  ad 
honorem  dei,  per  quem  reges  regnant  et  principes  dominant, 
et  gloriose  virginis  Marie  piissime  matris  eius ,  necnon  ob 
remedium  et  salutem  animarum  illustrium  parentum  prede- 
cessorum  nostrorum,  ac  illustris  domini  Petri  dei  gracia  re- 
gis  Aragonum  et  Sicilie,  dare  memorie ,  mariti  nostri ,  da- 
mus  et  concedimus  religioso  viro  fratri  Nicolao  heremite , 
de  ordine  sancti  Basilii,  monaco  monasterii  sancti  Theodosii 
Renimorchis  Sancti  Sepulcri,  prò  parte  et  nomine  monasterii 
supradicti,  prò  faciendo  massariam,  ad  opus  francum,  pre- 
dicti  monasterii,  quinquaginta  salmatas  terrarum,  positarum 
in  tenimento  terre  Salem,  eidem  fratri  Nicolao  de  mandato 
nostro  iam  assignatas  per  Simonem  de  Anfusio  Baiulum  et 
Iudicem  ipsius  terre  Salem,  habitatorem  eiusdem  terre,  per 
eosdem  terminos  et  ffines]  limitatas  prout  in  instrumento 
assignationis  ipsarum  terrarum  facte  eidem  fratri  Nicolao 
per  eosdem  Baiulum  et  Iudicem  Simonem  plenius  contine- 
tur,  salvo  eciam  [in]  omnibus  beneplacito  et  ordinacione  il- 
lustris regìs  Sicilie  nostri   karissimi  fìlli ,  atque  nostra.  In 


—  409  —  (1288) 

cuius  autem  nostre  concessionis  robur,  memoriam  et  cau- 
telarli presens  scriptum  exinde  fieri  iussimus,  et  sigilli  ma- 
gestatis  nostre  munimine  communiri.  Datum  apud  Montem 
regalem,  anno  domini  M°  CGLXXXVIIJ0,  mense  maii,  nono 
eiusdem. 

Dal  volume  ms.  intitolato  Liber  regiae  Monarchiae  del  sec. 
XVI,  prima  esistente  in  Torino,  ed  ora  depositato  nell'Arch.  di 
Stato  di  Palermo,  a  fol.  287.  In  tale  copia  è  in  fine  una  dichia- 
razione del  28  gennaio  1556,  con  la  quale  i  Giurati  della  città 
di  Mazzara  attestano  che  «  praesens  copia  extracta  est  ex  privi- 
legio originali  in  membrano  scripto,  conservato  in  arca  Archivii 
maioris  mazariensis  Ecclesiae  »  per  cura  del  notaro  Giovanni 
Andrea  de  Gramignano.  Nell'Archivio  della  Chiesa  vescovile  di 
Mazzara  non  ho  ritrovato  però  tale  documento. 

Pubblicato  soltanto  per  un  breve  frammento  da  Pirri,  Sicilia 
Sacra  cit.  t.  II,  pag.  891  ,  che  indica  la  fonte  così  :  «  Autogr.  in 
tab.  Maz.  ex.  in  tabulis  sic.  Mon.  f.  273». 

Questo  privilegio  è  ricordato  da  F.  S.  Baviera,  Memorie  iste- 
riche su  la  città  di  Salenti.  Palermo  ,  1846  ,  pag.  240  ,  sebbene 
con  data  del  19  maggio,  invece  del  9. 

Dallo  stile  e  dalle  formole  adoperate  dalla  Cancelleria  arago- 
nese in  quel  tempo  non  sembra  che  possa  dubitarsi  della  sua 
autenticità.  Pirri  cit.  ne  desume  :  «  Extitisse  hic  [Mazariae]  lego 
Monachos  eremitas  ordinis  S.  Basilii ,  cuius  Beneficiario  S.  Ma- 
riae  de  Sepulchro  tractum  terrae  dedit  Constantia  »  ecc.  Non  è 
inverosimile  che  la  devota  regina  vedova ,  traendo  al  maggior 
tempio  fondato  dalla  pietà  dei  Normanni  in  Sicilia,  abbia  voluto 
corroborare  con  particolare  privilegio  una  concessione  che  era 
stata  prima  fatta  de  mandato  nostro ,  e  con  un  instrumento  as- 
signationis.  La  conferma  era  però  sottoposta  non  solo  al  bene- 
placito del  Re  Giacomo,  ma  anco  a  quello  della  regina,  ed  era 
pertanto  precaria  e  temporanea,  trattandosi  di  una  vistosa  asse- 
gnazione di  territorio. 

Si  ha  notizia  di  Simone  de  Anfusio  da  due  documenti ,  cioè 
uno  del  10  settembre  1282  per  la  spedizione  di  vettovaglie  per 
F  esercito  ,  e  F  altro  del  26  gennaio  1283  per  F  invio  di  uomini 
d'  arme  ;  ed  in  quest'  ultimo  documento  è  detto  :  «  Similis  facta 


(12  —  410  - 

fuit  Symoni  de  Anfussio  militi  »  (Carini  ,  De  rebus ,  pag.  15  e 
362).  Tali  ricordi ,  che  ricavansi  dai  documenti  di  alcuni  anni 
anteriori,  giovano  a  confermare  la  verità  del  testo  della  conces- 
sione. 

A  Messina  esisteva  nel  1329  la  Chiesa  del  Santo  Sepolcro 
(cfr.  Starrabba  ,  I  diplomi  della  Catt.  di  Messina ,  raccolti  da 
A.  Amico  cit.  pag.  153). 


OLXXIX. 

1288,  maggio  24,  Arles. 

Maria,  figlia  del  Re  di  Ungheria ,  principessa  di  Salerno  e 
dell'Onore  di  Monte  S.  Angelo,  ed  il  nobile  Scoto,  signore  (Senior) 
di  Provenza  e  Forcalquier ,  ed  altresì  Gilaberto  de  Crudiliis  e 
l'arcidiacono  Raimondo  de  Bisoldono,  procuratori  del  Re  Alfonso 
d' Aragona ,  stabiliscono  una  tregua  reciproca  con  queste  condi- 
zioni : 

1.  La  principessa  Maria  ed  il  nobile  Scoto  ,  per  parte  della 
Provenza  e  Forcalquier  soggetti  al  loro  dominio ,  ed  altresì  per 
i  territori  che  la  principessa  ha  in  Puglia  e  Calabria  ed  altrove, 
manterranno  stabile  tregua  dal  24  maggio  sino  alla  festa  di  S. 
Michele  (29  settembre)  con  il  Re  di  Aragona  nei  suoi  domini  e 
con  Giacomo,  di  lui  fratello,  per  le  terre  e  gli  uomini  a  lui  sog- 
getti, «quos  tenet  in  regno  Sicilie»,  alla  stessa  guisa  della  tre- 
gua convenuta  tra  i  Baiuli  del  regno  di  Sicilia  e  Carlo ,  figlio 
del  principe  di  Salerno  e  della  suddetta  Maria,  con  il  medesimo 
Giacomo,  obbligandosi  a  risarcire  i  danni  nel  caso  di  offese  ar- 
recate da  quel  tempo  innanzi. 

2.  I  procuratori  del  Re  Alfonso  promettono  di  adempire  la 
tregua  con  la  principessa  ed  il  Signore  di  Provenza  ed  i  loro 
sudditi,  in  tutti  i  domini  di  quel  Re,  cioè  in  Catalogna,  Aragona 
e  dovunque,  ed  ancora  che  il  Re  Alfonso  curerà  che  suo  fratello 
Giacomo  nelle  terre ,  che  tiene  «  in  insula  Sicilie  et  Calabrie  » 
ed  altrove,  osservi  la  tregua,  come  si  desume  dalla  promessa  del 
Re  Alfonso,  ed  anche  da  quella  di  Giacomo  «  sicut  patet  per 
suas  literas  speciales  »  al  Legato  e  Conte  d'  Artois  Baiuli ,  e  si 


—  411  —  (1288) 

esprime  nel  trattato.  Si  obbligano  pure  al  risarcimento  dei  danni. 

3.  Per  gli  uomini  del  regno  di  Sicilia  [continentale] ,  «  si  qui 
dominio  dicti  domini  Iacobi  subiacent  »  ,  non  sarà  il  medesimo 
tenuto  per  i  danni  arrecati,  prima  che  si  abbia  notizia  della  tre- 
gua ;  e  parimenti  per  gli  uomini  di  Puglia  e  Calabria  soggetti 
alla  principessa. 

Le  parti  promettono,  con  giuramento ,  di  osservare  quanto  è 
stabilito,  ed  i  procuratori  del  Re  Alfonso,  anco  per  quel  che  con- 
cerne il  fratello  di  lui  Giacomo,  di  ottenere  da  entrambi  la  con- 
ferma «  eciam  per  publica  instrumenta  », 

(Atto  in  doppio  originale  ,  rogato  da  Raimondo  Girardi ,  no- 
tare di  Arles). 

Anno  incarnacionis  domini  millesimo  ducentesimo  octua- 
gesimo  octavo,  scilicet  IX  kalendas  lunii.  Noverint  univer- 
si quod  in  presencia  mei  Raimundi  Girardi  notarii  infra- 
scripti,  et  testium  infrascriptorum,  ad  hoc  specialiter  voca- 
torum,  excellens  et  magnifica  domina,  domina  Maria,  fìlia 
illustris  regis  (Jngarie,  principissa  Salerai  et  honoris  Montis 
Sancti  Angeli  domina,  ac  nobilis  vir  dominus  Scotus,  senior 
Provincie  et  Folcalquerii  ex  una  parte ,  necnon  nobiles  et 
egregii  viri  dominus  Guilabertus  de  Grudiliis  et  magister 
Raimundus  de  Bisoldono,  Archidiaconus  Ripacurcie  in  ec- 
clesia Jlerdensi,  ad  infrascripta  specialiter  ordinati,  et  nuncii 
speciales  magnifici  et  excellentis  viri  domini  Alfonsi  regis 
Aragonum ,  procuratorio  nomine ,  prò  parte  ipsius  domini 
Alfonsi,  sicut  in  procurationibus  ipsorum  eisdem  factis  per 
regem  Aragonum  supradictum,  una  scripta  marni  Iacobi  de 
Cabanis  notarii,  eiusdem  regis  scriptoris,  ut  asserit,  ac  no- 
tarii publici ,  et  alia  in  ipsius  regis  persona  propria  piene 
facta ,  sigillo  eiusdem  regis  pendenti  atque  solito  sigillata , 
prout  de  predictis  procuracionibus  michi  dicto  notario  piene 
constat,  ex  parte  altera,  inierunt,  fecerunt,  concesserunt  et 
firmaverunt  treguas  ad  invicem  modo  inferius  declarato,  vi- 
delicet  quod  dieta  domina  principissa  et  prefatus  senior  Pro- 
vincie et  Folcalquerii,  nomine  et  prò  parte  ipsorum,  et  prò 
tota  terra  Provincie  et  Folcalquerii  et  Provincialibus  omni- 


(128$)  —  412  — 

bus,  qui  eorum  dominio  gubernantur,  quam  prò  terra,  quam 
tenet  in  Apulia  et  Calabria,  et  locis  aliis  quibuscumque,  ab 
hodie  XXIIII  madii  prime  indicionis  in  antea  usque  ad  fe- 
stum  sancti  Michaelis,  proxime  venientis,  treguas  predictas 
firmas  et  illesas  servabunt  et  servari  facient  per  mare  et  per 
terram  predicto  regi  Aragonum,  prò  se  suisque  terris  om- 
nibus et  hominibus ,  quos  tenet  tam  in  regno  Aragonum , 
Maioricarum  et  Valencie  et  Gathalonie,  quam  alibi  ubicum- 
que,  ac  domino  Iacobo  fratre  suo ,  prò  se  ac  terris  et  ho- 
minibus ,  quos  tenet  in  regno  Sicilie ,  sicut  inter  dominos 
Legatum,  comitem  Atrabatensem,  regni  Sicilie  Baiulos  per 
sanctam  Romanam  Ecclesiam  constitutos  et  dominum  Ka- 
rolum  iuniorem ,  primogenitum  comunem  illustris  domini 
principis  ac  diete  domine  principisse  ex  una  parte,  et  dictum 
dominum  Tacobum  ex  altera  sunt  in  regno  Sicilie  confir- 
mate per  se  suosque  homines  omnes,  tam  Provinciales  qui 
eorum  reguntur  dominio,  quam  Apulos,  Calabros  et  alios 
de  terris  ipsorum  ubicumque  sint  et  eorum  dominio  guber- 
nentur.  Et  quod  non  offendant  nec  offendi  faciant  per  se 
vel  per  alios,  per  mare  vel  per  terram,  in  personis  vel  bonis, 
dictos  dominos  regem  Aragonum  et  Iacobum  fratrem  suum, 
terras  et  homines,  quos  et  quas  tenent  et  possident,  aliquo 
ingenio  vel  colore.  Et  si  acciderit  quod  ab  hodie  XXIIII  ma- 
dii, prime  indiccionis ,  in  antea  aliqua  offendo  facta  esset 
ab  hominibus,  qui  eorum  dominacione  reguntur,  vel  damp- 
num  aliquod  datum  esset  in  terris  ipsorum  dominorum  regis 
Aragonum  et  lacobi  fratris  sui ,  vel  hominibus  eorumdem 
antequam  iste  tregue  sic  inite  et  firmate  pervenire  possent 
ad  noticiam  dampnum  vel  offensionem  inferentium  ante- 
dictis,  promiserunt  et  firmaverunt  dieta  domina  principissa 
et  senior  quod ,  salva  pena  personali ,  quam  dampnum  et 
offensionem  inferentes  incurrerent,  si  scivissent,  ad  quam 
teneri  non  debent  propter  ignoranciam  que  est  iusta,  et  salvo 
quod  ipsi  infra  dictum  tempus  penam  corrupte  fidei  non 
incurrant,  restituì  dampna  faciant  integraliter  ipsa  passis, 
ad  que  restituenda  eisdem  dampna  inferentes,  statim  cum 


—  413  —  (1288) 

sciverint  infra  mensera,  debita  cohercione  compellent.  Si  ac- 
cideret  eciam,  postquam  diete  tregue  fuerint  publicate  et  ad 
noticiam  pervenerint  subiectorum  ,  quod  dampnurn  vel  of- 
fencio  fìeret  ab  hominibus  eorum  iurisdicioni  subiectis,  prout 
superius  describuntur,  in  terris  vel  hominibus  aut  bonis  et 
rebus  eorum  dictorum  regis  Aragonum  et  domini  Iacobi  fra- 
tris  sui  volunt  et  promictunt  quod,  postquam  ad  eorum  fue- 
rit  noticiam  declaratum  ,  infra  mensem  facient  emendari 
dampnum  ,  vel  offensionem  facientes  huiusmodi  ultore  iu- 
sticie  brachio  pena  debita  nichilominus  puniendo.  Et  versa 
vice  dicti  dominus  Guilabertus  de  Crodiliis  et  magister  Ray- 
mundus  de  Bisoldono,  archidiaconus  Rippacurcie  in  ecclesia 
Ilerdensi,  procuratores  dicti  domini  Alfonsi  regis  Aragonum, 
ambo  comuniter,  et  quilibet  per  se,  concesserunt,  promise- 
runt  et  firmaverunt  quod  dictus  dominus  Alfonsus  rex  Ara- 
gonum, prò  se  et  nomine  suo,  ac  terris  omnibus  et  homi- 
nibus, quos  et  quas  tenet  et  possidet  in  Aragonia,  Catato- 
nia, Valencia,  Maioricis  et  alibi  ubicumque,  ab  hodie  XX1III 
madii ,  prime  indicionis ,  in  antea  usque  ad  festum  Sancti 
Michaelis  proxime  venientis,  treuguas  predictas  firmas  et  il- 
lesas  servabit  et  servari  faciet,  per  mare  et  per  terram,  dictis 
domine  principisse  et  seniori  Provincie  et  Folcalquerii,  prò 
se  et  tota  terra  Provincie  et  Provincialibus  omnibus ,  qui 
eorum  dominio  sunt  subiecti ,  ac  prò  terris  et  hominibus , 
qui  prò  ipsis  tenentur,  in  Apulia,  Calabria  vel  alibi  ubi- 
cumque, per  se  terrasque  suas  omnes  et  homines  cuiuscum- 
que  sint  nationis,  quos  et  quas  tenet  et  habet  vel  gubernat 
in  Gathalonia ,  Aragonia  ,  Maioricis ,  Valencia  et  alibi  ubi- 
cumque. Et  quod  non  offendet  nec  offendi  faciet  per  se  vel 
per  alios,  per  mare  vel  per  terram,  publice  vel  occulte,  in 
personis  vel  bonis,  dictos  dominam  principissam  et  senio- 
rem,  terras  seu  homines,  quas  et  quos  tenent,  gubernant  et 
habent,  seu  prò  ipsis  tenentur  et  gubernantur  in  Provincia, 
Folcalquerii,  Apulia  vel  Calabria  vel  alibi  ubicumque ,  ali- 
quo  ingenio  vel  colore.  Item  firmaverunt  et  promiserunt 
expresse,  procuratorio  nomine,  sicut  supra  nomine  et  prò 


(1288)  —  414  — 

•parte  dicti  regis  Aragonum,  quod  ipse  rex  procurabit  et  faciet 
quod  dominus  Iacobus  frater  suus  prò  se ,  terris  et  homi- 
nibus  omnibus,  et  tota  gente  sua,  quos  et  quas  tenet,  gu- 
bernat  et  habet,  tam  in  insula  Sicilie  et  Calabria,  quara  a- 
libi  ubicumque,  cuiuscumque  sint  nationis,  servabit  et  ser- 
vari  faciet ,  per  se  et  omnes  predictos ,  treguas  predictas , 
modo  et  forma  superius  declaratis,  tam  domine  principisse 
et  seniori,  quam  terris  omnibus  et  hominibus  Provincie, 
Folcalquerii ,  Apulia,  Calabria  et  alibi  ubicumque ,  que  ab 
ipsis  et  prò  ipsis  habentur,  tenentur  et  gubernantur,  sicut 
predictus  rex  Aragonum  proprio  nomine  boc  promictit,  et 
idem  dominus  Iacobus  promisit  et  corporali  sacramento  fir- 
mavit,  sicut  patet  per  suas  literas  speciales  dominis  Legato 
et  corniti  Atrabatensi  regni  Sicilie  Baiulis  et  domino  Ka- 
rolo  iuniori,  servare  predictas  treuguas  illesas,  tam  in  regno 
Sicilie,  quam  in  Provincia,  dummodo  Provinciales  concede- 
rent,  sicut  in  tractatu  et  fìrmatione  dictarum  treguarum  hec 
omnia  hinc  inde  clarius  exprimuntur.  Promiserunt  similiter 
et  firmaverunt  dicti  procuratores,  procuratorio  nomine,  et  prò 
parte  regis  Aragonum  supradicti,  quod  si  ab  hodie  XXI1I1 
madii ,  prime  indicicnis ,  in  antea  aliqua  offensio  fìeret  ab 
hominibus  et  gente  dicti  regis  Aragonum,  vel  domini  Iacobi 
fratris  sui,  per  mare  vel  per  terram,  vel  dampnum  aliquod 
datum  esset  in  terris,  vel  hominibus  seu  gente,  quos  et  quas 
dieta  domina  principissa  et  senior  tenent,  gubernant  et  ha- 
bent  in  Provincia,  Folcalquerio  et  alibi  ubicumque ,  vel  in 
regno  Sicilie  in  terris,  gente  ac  hominibus,  qui  et  que  sub 
dictorum  Baiulorum  regimine  gubernantur,  antequam  iste 
treugue  sic  inite  et  firmate  pervenire  possent  ad  noticiam 
dampnum  vel  offensionem  inferentium  antedictis,  quod  salva 
pena  personali,  quam  dampnum  vel  offensionem  inferentes 
incurrerent  si  scivissent ,  ad  quam  teneri  non  debent  pro- 
pter  ignoranciam  que  est  iusta,  et  salvo  quod  dicti  procu- 
ratores ,  rex  Aragonum  et  dominus  Iacobus ,  frater  suus , 
infra  dictum  tempus  penam  corrupte  fidei  non  incurrant, 
restituì  dampna  facient  ipsa  passis.  Ad  que  restituenda  eis- 


—  415  —  (1288) 

dem  dampna  inferentes  buiusmodi  statini  cum  sciverint , 
infra  mensem ,  debita  cohercione  compellent.  Si  accideret 
etiam  postquam  diete  tregue  fuerint  publicate ,  et  ad  noti- 
ciam  pervenerint  subiectorum,  quod  dampnum  vel  offensio 
fieret  ab  bominibus  eorum  iurisdicioni  subiectis,  prout  su- 
perius  describuntur ,  in  terris  vel  hominibus  aut  bonis  et 
rebus  eorum  dictorum  domine  principisse,  seu  Legati ,  co- 
mitis  Atrabatensis  et  domini  Karoli  iunioris,  volunt  et  pro- 
mittunt,  procuratorio  nomine  quo  supra,  quod  postquam 
ad  eorum  vel  dictorum  regis  Aragonum  et  domini  Iacobi 
fratris  sui  [fuerit  noticiam  declaratum] ,  infra  mensem  fa- 
cient  emendari  dampnum  ,  vel  offensionem  facientes  huiu- 
smodi ultore  iusticie  bracbio  pena  debita  nichilominus  pu- 
niendo.  Hec  autem  predicta  intelligantur  de  hominibus  re- 
gis Aragonum  et  qui  domini  Alfonsi  regis  eiusdem  domi- 
nio gubernantur.  De  hominibus  enim  regni  Sicilie ,  si  qui 
dominio  dicti  domini  Iacobi  subiacent,  non  intelligatur  quod 
si  dampnum  dederint ,  antequam  ad  ipsorum  vel  noticiam 
inferencium  dampna  perveniant  treugue  predicte,  quod  te- 
neantur  nec  ipsi  nec  ipsas  treuguas  inientes  de  fide  cor- 
rupta,  neque  teneantur  dampnum  datum,  cum  iusta  sit  igno- 
rancia,  resarcire.  Et  eodem  modo  intelligatur  quod  si  ho- 
mines  de  Apulia  vel  de  Calabria  inferrent  aliquod  dampnum 
hominibus  dicti  regni  Aragonum  antequam  ad  eorum  noti- 
ciam treugue  pervenirent  predicte,  quod  dieta  domina  prin- 
cipissa  vel  predictus  senior  vel  ipsas  treuguas  inientes  de 
fide  corrupta  minime  teneantur ,  neque  dampnum  datum , 
cum  iusta  sit  ignorancia,  resarcire.  Predicta  enim  omnia  et 
singula  singulariter  et  distincte  actendere  et  observare,  ac- 
tendi  et  observari  facere  per  omnes  superius  nominatos , 
sive  eorum  iurisdiccioni  subiectos,  promiserunt  domina  prin- 
cipissa  et  senior,  ac  corporali  sacramento  firmarunt.  Simili 
modo  et  forma  iuraverunt  dicti  procuratores ,  procuratorio 
nomine  et  prò  parte  domini  regis  Aragonum  supradicti,  si- 
cuti  in  animam  eius,  tam  prò  se  quam  domino  Tacobo  fratre 
suo,  ad  procurandum  et  faciendum  quod  idem  dominus  la- 


(1288)  —  416  — 

cobus  faciet  et  servabit  omnia  et  singula  supradicta,  necnon 
et  omnibus ,  qui  superius  nominantur ,  iurisdicionibus  su- 
biectis  tam  domini  Alfonsi  regis  Aragonum ,  quam  domini 
Iacobi  predictorum,  et  quod  ipsi  procuratores,  eorum  pro- 
prio nomine,  bona  fide,  omni  posse  ipsorum  procurabunt 
et  facient  quod  dicti  rex  Aragonum  et  dominus  Iacobus  ser- 
vabunt  omnia  declarata  superius  singulariter  ac  distincte,  et 
quod  procuratorio  nomine  procurabunt  predicta  omnia  et 
singula  con  firmari  per  regem  Aragonum  et  dominum  Iaco- 
bum  supradictos,  corporali  sacramento  ipsorum,  ac  per  eo- 
rum licteras  speciales  ac  etiam  per  publica  instrumenta.  Et 
ad  maiorem  cautelam  et  firmitatem  ac  testimonium  publi- 
cum  omnium  predictorum  ,  tam  domina  principissa  et  se- 
nior, quam  dicti  procuratores  voluerunt  et  mandaverunt  de 
predictis  omnibus  per  me  dictum  notarium  fieri  duo  publica 
instrumenta ,  unum  quod  esset  penes  predictos  dominam 
principissam  et  seniorem,  et  aliud  quod  dicti  procuratores 
ad  dominum  regem  Aragonum  deportarent,  ad  dominum  la- 
cobum  fratrem  suum  ,  si  opus  esset,  similiter  deferendum , 
quodlibet  nichilominus  ipsorum  instrumentorum  cuiuslibet 
dictorum  quatuor  de  voluntate  *ac  mandato  ipsorum  sigillo 
pendenti  proprio  roborandum.  Predicta  vero  omnia  [et  sin- 
gula] predicta  domina  principissa  et  predictus  senior  promi- 
serunt  et  iuraverunt  actendere  et  compiere,  ut  superius  con- 
tinentur,  in  presencia  mei  notarii  et  testium  infrascriptorum, 
in  civitate  Arelatensi  in  palacio  archiepiscopali,  presentibus 
testibus  et  vocatis  domino  R.  dei  gratia  episcopo  Vapincense, 
domino  Bertrando  de  Baucio,  domino  Bauci,  comite  Avel- 
lini,  fratre  Petro  de  Alamanno  de  ordine  fratrum  Predica- 
torum ,  domino  Bt.  Gassini  Iudice  Arelatense ,  domino  Io- 
hanne  de  Gen.  Villa  milite.  Predicti  etiam  procuratores 
iuraverunt  et  promiserunt  eodem  modo  in  palacio  domus 
Sancti  Thome ,  prope  Arelatem ,  hospitalis  sancti  Iohannis 
Terosolimitani,  presentibus  testibus  et  vocatis  domino  Gui- 
lelmo  de  Farnes ,  domino  Guilelmo  de  Aquilone ,  domino 
Guilelmo  de  Rossana  militibus   de  Catatonia ,  domino  Bt. 


—  417  —  (1288) 

Gassini  Iudice  arelatense,  Enrico  de  Mansano,  inagistro  Ro- 
berto Anglico  scriptore,  Iohanne  de  Aurilianis ,  Bernardo 
Pontii ,  Pietro  Nigri ,  Bernardo  Sarrea  catalanis.  Post  pre- 
dieta  vero  anno  quo  supra,  seu  in  crastinum,  predicta  do- 
mina prìncipissa  et  senior  predicti  ex  una  parte,  et  predicti 
procuratores  procuratorio  nomine  quo  supra  ex  altera,  pre- 
dicta promiserunt  sub  forma  superius  annotata  sibi  ad  in- 
vicem  [actendere  et  compiere],  sub  virtute  ut  supra  prestiti 
sacramenti,  precipientes  et  requirentes  de  predictis  fieri  in- 
strumentum publicum  per  me  Raimundum  Girardi  notarium 
infrascriptum.  Actum  fuit  hoc  in  palacio  archiepiscopali  Are- 
late  nsi  supradicto.  Testibus  presentibus  domino  R.  dei  gra- 
da episcopo  Vapincense,  domino  Bertrando  de  Baucio,  do- 
mino Baucii,  comite  Avellini,  domino  Bertrando  de  Baucio 
domino  Berre.  Est  [factum  a]  me  Raymundo  Girardi  notario 
publico  in  civitate  Arelatense  et  in  comitatibus  Provincie 
et  Folcalquerii,  qui  predictis  omnibus  presens  interfui.  Et 
de  mandato,  voluntate  et  ad  requisicionem  predicte  domine 
principisse  et  predicti  domini  senioris,  et  eciam  procurato- 
rum  predictorum,  hanc  cartam  publicam  scripsi  et  signo  meo 
signavi. 
,    Iohannes. 

Dalla  pergamena  di  n.  209  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  Il,  pag.  223  offre  un  sunto 
conciso,  ed  abbastanza 'indeterminato,  del  notevole  documento. 

Di  questa  tregua  coi  Provenzali  non  si  trova  affatto  menzione 
nell'opera  dell'abate  Papon,  Histoire  generale  de  Provence.  Pa- 
ris, 1784 ,  t.  Ili ,  p.  88  e  seg.  Ne  offrì  notizia  nel  1876  Antonio 
De  Bofarull,  Historia  de  Cataluna  cit.  t.  Ili,  pag.  574,  ricor- 
dando la  perg.  209.  Amari,  9a  ediz.  voi.  II,  pag.  192  e  seg.  tra 
gli  avvenimenti  del  1288  non  ne  fa  invece  alcun  cenno,  nono- 
stante che  quella  tregua  riguardasse  anco  la  Sicilia. 

Nel  testo  del  documento  è  talvolta  qualche  errore,  omissione 
o  ripetizione  evidente  di  parole ,  che  ho  corretto.  È  degno  di 
nota  che  1'  atto  dovea  corroborarsi  coi   sigilli  dei  quattro  con- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  27 


(1288)  —  418  - 

traenti  (principessa  Maria ,  Signore  Scoto  e  procuratori  del  Re 
Alfonso),  e  che  i  giuramenti,  in  presenza  dei  testimoni,  avven- 
nero per  parte  della  principessa  nel  palazzo  arcivescovile  di  Arles, 
e  per  parte  dei  procuratori  di  Aragona  in  quello  di  S.  Tommaso 
presso  Arles,  e  che  l'indomani  (in  crastinum)  fu  compiuto  l'atto, 
con  la  presenza  di  tutti,  nel  palazzo  arcivescovile  suddetto. 

La  principessa  Maria,  che  interviene  in  quest'atto  solenne,  è 
la  moglie  del  principe  di  Salerno ,  Carlo  ,  il  quale  allora  trova- 
vasi  prigione  in  Catalogna.  Minieri-Riccio,  Genealogia  di  Carlo  I 
d'Angiò.  Napoli,  1857,  pag.  27  e  seg.,  107-110,  fornisce  estese 
notizie  intorno  la  vita  della  suddetta  principessa,  che  fu  poi  re- 
gina di  Napoli ,  e  rifece  con  ingenti  spese  il  celebre  monastero 
denominato  di  S.  Maria  di  Donna  Regina  di  quella  città ,  nel 
quale  fu  sepolta.  Il  Minieri  dice  altresì  che  nel  1291  era  stata 
da  Carlo  scelta  come  Vicaria  in  Provenza  «  durante  la  sua  as- 
senza »,  secondo  i  registri  angioini  dell'Archivio  di  Napoli.  Altri 
ricordi  su  Maria  si  hanno  in  Celano,  Notizie  della  città  di  Na- 
poli .m  Ivi ,  1856 ,  voi.  II ,  pag.  646  e  seg.  Negli  anni  più  recenti 
(1899)  Emilio  Bertaux  nel  suo  erudito  lavoro  Santa  Maria  di 
Donna  Regina  e  V  arte  senese  a  Napoli  nel  secolo  XIV  (nei  Do- 
cumenti della  Soc.  Napol.  di  Stor.  Patria)  ha  dato  particolari 
notizie  su  la  regina  Maria  ed  il  tempio  da  lei  fatto  ricostruire , 
del  quale  descrive  minutamente  i  famosi  affreschi  del  trecento , 
ed  il  mausoleo  della  regina  (tav.  IX),  lavori  mirabili  della  scuola 
toscana.  Neil'  affresco  del  giudizio  finale  sono  i  ritratti  del  Re 
Carlo  II  «  grasso  nel  vixo-  e  angelicho  e  bello  »  e  della  regina 
Maria  (tav.  Vili).  Camera,  Annali  delle  Due  Sicilie.  Napoli,  1860, 
voi.  II,  pag.  288  e  seg.  pubblicò  il  testamento  di  Maria. 

Il  nobile  Scoto,  che  ha  soltanto  il  titolo  di  Senior,  era  il  Go- 
vernatore della  Provenza  per  parte  della  principessa  di  Salerno. 
Ducange  alla  voce  Senior  annota  cotale  significato  :  «  Dignitatis 
etiam  seu  officii  nomen  apud  Scotos  ».  Papón  cit.  pag.  415  ricorda 
tra  i  nomi  dei  Grandi  Senescalchi  e  governatori  di  Provenza 
quello  di  Giovanni  Scoto  a  19  aprile  1288.  Durrieu,  Les  archives 
angevines  de  Naples.  Paris,  1887,  t.  II,  pag.  338 ,  menziona  un 
Giovanni  Scottus  o  Lescot  nel  regno  di  Sicilia  sotto  Carlo  I 
d'Angiò  negli  anni  1277  -  78 ,  che  forse  è  lo  stesso  personaggio. 

Si  ha  espressa  notizia  di  questa  tregua  del  1288  in  fine  della 
lettera  del  Re  Alfonso  a  Giacomo  del  1°  giugno  dello  stesso  anno, 


—  419  —  (1288) 

da  me  appresso  pubblicata,  nella  quale  si  ricorda  che  erano  tor- 
nati dal  Re  Alfonso  i  legati  de  Grudiliis  e  Bisoldono,  che  «  fir- 
maverunt  treugam  cum  Provincialibus»,  ed  anzi  si  volea  dal  Re 
che  la  tregua  fosse  accettata  da  Giacomo  ,  e  divulgata  con  un 
bando  in  Sicilia.  Il  trattato  di  Giacomo  con  il  Legato  ed  il  Conte 
d'  Artois  ,  Baiuli  del  regno  di  Napoli  ,  e  Carlo  il  giovane  (figlio 
del  principe  di  Salerno)  menzionato  nei  §§  1  e  2  di  questa  tre- 
gua ,  è  appunto  1'  altro  anteriore  del  1287  conchiuso  in  Napoli , 
nella  fine  di  giugno,  dopo  la  grande  vittoria  navale  di  Ruggiero 
Loria  contro  gli  Angioini ,  e  del  quale  ho  dato  sopra  notizia 
(Cfr.  doc.  CLXVII). 

I  Provenzali  dovevano  allora  esser  numerosi  nella  regione 
continentale  del  regno;  ed  anche  nell'isola  dopo  il  1282  dovettero 
rimanerne.  Durrteu  cit.  pag.  217  -  400  ha  fornito  la  «  Table  des 
personnages  francais  mentionnés  dans  les  registres  angevins  corn- 
ine ayant  passe  dans  le  royaume  de  Si  Cile  sous  le  règne  de 
Charles  I.er».  Nel  1273  il  Re  Carlo  aveva  con  una  colonia  di 
emigrati  provenzali  curato  di  ripopolare  Lucerà  in  Puglia,  ed  il 
Papon  cit.  in  fine,  pag.  18  ne  ha  dato  in  luce  i  capitoli.  Di  re- 
cente sono  stati  ristampati  dall'  egregio  dott.  Eduardo  Sthamer 
nel  suo  pregevole  lavoro  Die  Bauten  der  Hohenstaufen  in  Unter- 
italien.  Ergànzungsband  II.  Leipzig,  1912.  Band  1.  Capitinata , 
pag.  28  e  seg.  —  P.  Egidi  nell'erudita  memoria  La  colonia  sara- 
cena di  Lucerà  e  la  sua  distruzione,  pubblicata  negli  anni  1911 
a  1914  neìV Arch.  Stor.  Napol.  offre  (an.  XXXVI,  1911,  pag.  649- 
656)  varie  notizie  su  quella  venuta  dei  Provenzali  in  Lucerà,  e  ri- 
corda che  Carlo  I  «  pensò  di  stabilire  una  colonia  nella  colonia, 
chiamando  a  popolare  la  nuova  cerchia  fortificata  buon  numero 
di  famiglie  provenzali».  Espone  altresì  le  vicende  poco  prospere 
di  quella  immigrazione  sino  al  1280,  secondo  i  registri  angioini 
dell'Archivio  di  Stato  di  Napoli,  e  ne  trova  (pag.  654)  la  cagione 
nella  circostanza  che  «  questa  terra  [di  Capitanata]  era  ben  triste 
cambio  con  le  verdi  pendici  della  mite  Provenza,  ove  eterna  sor- 
ride la  primavera  ,  e  sempre  le  piante  dan  fiori  e  dai  fiori  ven- 
gono i  frutti  » . 

Di  Gallici  seu  Latini,  cioè  Provenzali  o  naturali  dei  luoghi,  si 
ha  notizia  nella  tregua  di  Catanzaro  del  1285  (V.  sopra,  doc.  XC), 
e  di  Gallici  et  Provinciales  in  Sicilia  nei  capitoli  del  regno  di 
Giacomo  del  1286,  cap.  4£  (V.  sopra,   doc.   CXXXVIII).    Il  Re 


(1288)  —  420 


Carlo  I  era  (come  indegno)  dai  sovrani  aragonesi  dell'  isola  de- 
nominato Comes  Provincie  e  non  Bex  Sicilie  (cfr.  prima,  pag.  79, 
100  ecc.). 


OLXXX. 

1288,  maggio  31,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  a  richiesta  di  Pietro  Ansatone,  giudice  della 
regia  Gran  Corte,  conferma  al  medesimo  e  suoi  eredi  V  immis- 
sione in  possesso  di  vari  beni  della  regia  Corte  per  il  valore  di 
onde  venti  annuali  di  oro ,  con  V  obbligo  del  servizio  militare , 
concessi  nell'anno  di  14*  indizione  (1285  settembre  a  1286  agosto), 
salve  le  regalie  spettanti  al  demanio.  Si  dà  in  fine  V  elenco  dei 
beni  suddetti ,  ricaduti  per  confische  alla  regia  Corte ,  cioè  di 
Alaimo  da  Lentini  ed  altri. 

Dal  reg.  21  (an.  1419-20)  del  Protonotaro  del  Regno,  fol.  146  r. 
(Arch.  di  Stato  di  Palermo).  Il  testo  è  riferito  altresì  nel  reg.  4 
(a.  1413-39)  fol.  681  della  Conservatoria  di  Registro  (pure  quivi). 

Se  ne  ha  una  copia  nel  voi.  ms.  Qq.  G.  12,  fol.  225,  di  Gre- 
gorio, nella  Bibl.  Comunale  di  Palermo ,  tratta  dai  manoscritti 
dell'opera  feudale,  allora  inedita,  del  Barberi. 

Pubblicato  nei  Capibrevi  del  suddetto  G.  L.  Barberi,  voi.  I, 
I  feudi  di  Val  di  Noto,  ediz.  Silvestri  cit.  pag.  428  e  seg. 

Per  i  due  documenti  della  14*  indizione  (1285  - 1286)  di  con- 
cessione dei  beni  all'Ansalone  e  di  immissione  in  possesso ,  ri- 
cordati in  questa  conferma  cfr.  sopra,  doc.  CLI  e  CLI1,  anco  per 
l'indicazione  dei  beni  confiscati  che  furono  dati  in  assegno. 

Notevoli  sono  nel  documento  le  espressioni  su  la  perizia  per 
il  valore  dei  beni  :  «  per  scripta  testimonia  publica  inde  con- 
fecta  .  .  .  que  in  archi vo  Curie  conservantur »,  cioè  nell'antico 
archivio  della  Magna  Curia  Rationum,  che  provvedeva  sui  red- 
diti del  demanio  ;  e  le  altre  per  le  norme  intorno  alla  revoca- 
zione e  nuova  assegnazione  di  beni,  che  potevano  farsi  dalla  re- 
gia Corte. 


—  421  —  (1288) 

OLXXXI. 

1288,  giugno  1°,  Barcellona. 

Il  Re  Alfonso  di  Aragona  scrive  al  fratello  Re  Giacomo,  di- 
cendogli di  avere  ricevuto  sue  lettere  consegnategli  dal  siciliano 
Esimbardo,  abitante  di  Saragozza ,  e  che  per  quanto  si  riferisce 
alla  tregua  conchiusa  da  Ruggiero  Loria  [verso  la  fine  di  giu- 
gno 1287]  per  parte  dei  Re  Giacomo  ed  Alfonso  medesimo  con  il 
Conte  d' Artois  ed  il  Cardinale  Gerardo  di  Parma ,  Baiulo  del 
regno  di  Napoli  (Baiulus  Àpulie) ,  essendo  stato  egli  (Alfonso) 
richiesto  molto  tempo  innanzi  da  Corrado  Lanza ,  a  nome  del 
Re  Giacomo,  di  accettarla,  non  può  ora  revocare  la  tregua  sud- 
detta,  che  aveva  già  accettato  e  fatto  bandire  nei  suoi  domini. 
Gli  dà  notizia  altresì  di  aver  provveduto  per  gli  affari  di  Ara- 
gona ,  e  che  ha  ordinato  di  custodire  nel  castello  di  Mignienca 
il  principe  di  Salerno,  dopo  l'offerta  che  costui  aveva  fatto  degli 
ostaggi,  e  che  quivi  lo  terrà  fino  a  quando  saranno  riunite  le 
Corti  generali  in  Montesono  a  24  giugno  «  prò  direccione  nostri 
et  negociorum  nostrorum  ac  eciam  defensione».  Manifesta  di  es- 
sere entrato  in  Barcellona,  con  grande  comitiva  di  soldati  di  ca- 
vallo e  da  piedi  per  respingere  qualche  aggressione  dei  nemici , 
e  vuole  a  tal  uopo  da  Giacomo  il  soccorso  di  navi,  già  richiesto. 

Dopo  avere  scritto  la  lettera ,  aggiunge  di  essere  a  lui  arri- 
vati Gilberto  de  Crudiliis  e  l'arcidiacono  Raimondo  de  Bisoldono, 
che  egli  avea  mandato  in  Provenza  per  V  affare  del  principe  di 
Salerno ,  e  di  avere  essi  stabilito  la  tregua  coi  Provenzali  sino 
al  29  settembre  ;  e  pertanto  lo  avverte  di  farla  con  bando  divul- 
gare in  Sicilia,  come  egli  ha  fatto  in  Catalogna  (per  terram  no- 
strani). Dà  altre  notizie  su  gli  ostaggi  del  principe  di  Salerno  e 
sul  ritardo  della  sua  liberazione. 

Illustrissimo  et  quamplurimura  diligendo  Iacobo  regi  Si- 
cilie etc.  Alfonsus  etc.  Fraternitatis  vestre  licteras  nobis  mis- 
sas  per  quendam  porterium  vestrum  latorem  presencium  , 
qui  nuper  accessit  ad  partes  istas  in  galiono  quodam,  quem 
ducit  Ezimbardus  siculus  habitator  Gesarauguste,  gratanter 


(1288)  —  422 


accepimus,  quarum  viso  tenore,  ad  significata  in  eis  taliter 
duximus  respondendum,  quod  nobilis  Corraldus  Lan^a  ante 
recepcionem  dictarum  licterarum  .  .  .  diu  erat,  requisiverat 
nos  ex  parte  vestra  ut  treu guani,  que  facta  et  recepta  erat 
per  nobilem  Rogerium  de  Lauria  inter  vos  et  nos  ex  una, 
et  Comitem  Atrabatensem  ac  eciam  Gardinalem  Baiulum 
Apulie  ex  altera,  quam  peciistis  non  acceptari,  per  nos  ac- 

ceptaremus  et  confìrmaremus predictam   treuguam 

aeceptavimus,  et  eandem  preconizari  fecimus  per  terram  no- 
strani, quare  bono  modo  non  possumus  ipsam  de  cetero  re- 
vocare, nisi  prius  per  predictos  Comitem  et  Gardinalem  in- 
fringeretur.  Unde  nos  super  eis  excusatos  habere  velitis. 
Verum  quia  peciisti  de  nostris  agendis  felicibus  successibus, 
Deo  volente,  certificare  significamus  vobis  quod  convenimus 
bene  et  satis  laudabiliter  cum  aragonense,  et  recuperavimus 
principem,  quem  eis  prò  hostagiis  tradideramus ,  et  ipsum 
nobiscum  duximus ,  et  posuimus  in  castro  de  Mignienga , 
ibidem  remansurum  donec  quedam  generalis  Curia,  quam 
mandavimus  Catalanis  et  Aragonensibus  apud  Montemso- 
num,  in  proximo  venturo  festo  Sancti  lohannis  mensis  iu- 
nii,  prò  direccione  nostri  et  negociorum  nostrorum  ac  e- 
ciam  defensione,  fuerit  celebrata.  Nos  vero  nunc  accessimus 
Barchinonam,  cum  maxima  equitum  et  peditum,  tum  Cata- 
lanorum  quam  Aragonensium,  comitiva,  et  exercitibus  eciam 
terre  nostre,  cum  quo  intendimus ,  si  inimici  veniant ,  nos 
et  terram  nostram  defendere  et  ipsos  inimicos  nostros  in- 
vadere ac  eciam  offendere  in  quantum  poterimus.  Et  po[tuis- 
semus]  ipsos  offendi  amplius,  si  habuissemus  galeas,  quas 
de  partibus  ipsis,  sicut  vos  requisivimus,  mietere  debebatis. 
Quare  fraternitatem  vestram  rogamus,  sicut  possumus,  qua- 
tenus,  quam  cicius  poteritis,  dictas  galeas  nobis  necessarias 
mietere  procuretis.  Datum  ut  supra  [Barchinone ,  kalendis 
iunii  1288]. 

Preterea  significamus  vobis  quod,  post  confeccionem  pre- 
sencium  licterarum,  venerunt  ad  nos  nobilis  Guilabertus  de 
Crudiliis  et  magister  R.  de  .  .  .  Salduno  Archidiaconus  in  ec- 


—  423  —  (1288) 

lesia  Ilerdense ,  quos  miseramus  in  Provinciam  prò  facto 
principis ,  et  fìrmaverunt  treugam  cum  Provincialibus  .  .  . 
et  nobis  usque  ad  festum  Sancti  Michaelis  proxime  ventu- 
rum.  Quare  vos  rogamus  quatenus  dictam  treugam  accepte- 
tis ,  et  eamdem  .  .  .  faciatis  per  terram  vestram ,  cum  nos 
ipsam  preconizari  fecerimus   per  terram    nostrani ,  ad  huc 

eciam  fraternitatem  vestram quod  predicti  Guila- 

bertus  de  Grudiliis  et  magister  R.  nichil  potuerunt  facere 
de  facto  hostagiorum,  et  pecunie  que  prò  liberacione.  .  .  . 
dari  debebat,  prò  eo  quia  Rex  Francie  noluit  guidare  neque 

dare  transitum  per  terram  suam  predictis  hostagiis 

ens  processus  liberacionis  dicti  principis  remanet  ita,  donec 
super  eo  aliud  ordinetur. 

Dal  reg.  di  n.  77,  fol.  2  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'  Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona.  Alcune  parole  mancano  nel  testo,  per- 
chè il  foglio  del  registro  è  logoro  in  quella  parte. 

Pubblicato  da  me  nella  memoria  Relazioni  cit.  nell'  Anuari 
(1908)  de  l'institut  d'Estudis  catalans,  doc.  XVI,  pag.  355. 

Il  documento  è  assai  notevole ,  perchè  offre  il  ricordo  della 
tregua  stabilita  in  Napoli  in  giugno  1287  dal  Loria  per  parte  del 
Re  Giacomo,  e  della  quale  ho  dato  sopra  particolare  notizia  (cfr. 
doc.  GLXVII).  Aveva  di  ciò  fatto  espressa  menzione  nell'Attuari 
cit.  pag.  343.  Riesce  evidente  che  quella  tregua  stipulata  con 
molta  fretta  dal  Loria  coi  Baiuli  di  Napoli  nel  1287  ,  che  arre- 
stavano così  i  trionfi  dei  Siciliani,  non  riuscì  gradita  nemmeno 
alla  Corte ,  perchè  il  Re  Giacomo  ora  chiedeva  ad  Alfonso  di 
non  accettarla  ;  sebbene  in  tal  tempo  era  già  tardi  il  pentirsene, 
come  nella  sua  lettera  manifesta  il  Re  Alfonso.  L'espressione  din 
erat  prova  che  1'  ambasciatore  siciliano  Corrado  Lanza  si  era 
recato  da  Alfonso  nel  1287  per  l'accettazione,  e  forse  non  molto 
dopo  la  conchiusione  del  trattato  avvenuta  in  giugno  di  quel- 
l'anno. 

Credo  utile  ancora  notare  che  da  un  documento  da  me  ritro- 
vato nel  voi.  28,  a  fol.  146  dei  Fascicoli  angioini  conservati  nel- 
l'Archivio di  Stato  di  Napoli ,  si  desume  che  a  24  febbraio ,  la 
indizione  [1288]  si  davano  gli  ordini  per  la  difesa  contro  un  ga- 
leone armato  in  piraticam  apparso  nella   marina  di  Positano , 


(1288)  —  424  — 

presso  Salerno,  e  si  manifestava  il  timore  che  «  presumi  posset 
alicuius  inicium  novitatis  »  dopo  la  tregua  conchiusa  coi  nemici 
Siciliani  (come  dicevasi  nel  documento). 

La  notizia  di  soccorso  di  navi,  che  chiede  vasi  dal  Re  Alfonso 
a  Giacomo,  dimostra  che  la  Sicilia  forniva  aiuti  anche  alla  Ca- 
talogna contro  i  propri  nemici.  Per  la  tregua  conchiusa  coi  Pro- 
venzali ,  della  quale  gli  ambasciatori  erano  solleciti  di  dare  no- 
tizia al  Re  Alfonso  si  veda  quanto  ho  detto  per  il  doc.  CLXXIX. 

Intorno  ai  fatti  concernenti  la  prigionia ,.  gli  ostaggi  e  la  li- 
berazione (processus  liberacionis)  (tei  principe  di  Salerno  basta 
qui  soltanto  notare  che  dopo  il  trattato  di  Oleron  del  13  lu- 
glio 1287,  nel  quale  venivano  stabilite  le  condizioni  per  la  libe^ 
razione  del  principe,  continuarono  proteste  e  dissidi  tra  le  Corti 
di  Roma,  Inghilterra,  Aragona  e  Sicilia  sino  a  giugno  di  questo 
anno  1288,  poiché  il  papa  Nicola  IV  aveva  a  15  marzo  1288  in- 
sistito presso  il  Re  Alfonso  per  quella  liberazione ,  e  con  bolla 
posteriore  (maggio  -  giugno)  annullava  le  convenzioni  segnate  in 
Oleron.  Cfr.  Potthast  ,  Begest.  pontif.  n.  22615  ,  22698 ,  22719 , 
22728  ;  Rymer  ,  Foedera  cit.  t.  II ,  pag.  358  e  seg.  ,  ed  altresì  i 
cenni  da  me  dati  sopra,  doc.  CLIX  e  CLXIII.  Dopo  il  trattato  di 
Campofranco  sui  Pirenei  del  27  ottobre  1288  ,  il  principe  di  Sa- 
lerno fu  liberato,  come  attesta  egli  medesimo  nel  documento  del 
3  novembre  :  «  liberatum  et  in  statu  suae  liberatis  existere»  (Ry- 
mer, pag.  371  e  seg.,  e  389). 


OLXXXIT. 

ì,  luglio  17,  indizione  la,  Messina. 


Il  Re  Giacomo,  volendo  rimunerare  la  devozione  sincera  dei 
cittadini  di  Barcellona  verso  i  suoi  predecessori ,  il  fratello  Re 
Alfonso  e  lui  stesso ,  concede  ai  medesimi  varie  franchigie  di 
commercio,  cioè  : 

1.  Per  V  immissione  ed  estrazione  delle  merci  nel  regno  di 
Sicilia  è  data  immunità  ;  tranne  se  le  merci  siano  portate  «  a- 
liunde  ,  quam  de  Barchinonia  et  aliis  locis  et  terris  »  del  domi- 
nio del  Re  Alfonso,  nel  qual  caso  si  pagherà  (come  dai  Genovesi) 


—  425  —  (1288) 

la  tersa  parte  delle  sole  tasse  antiche  del  tempo  del  Re  Gugliel- 
mo II  (esclusi  i  nuovi  statuti  dell'imperatore  Federico). 

2.  È  dovuto  per  le  merci  recate  da  Barcellona  e  domini  del 
Re  Alfonso,  nei  luoghi  dove  arriveranno,  «  primitus  applicare 
contingerit  »,  uno  schifato  d'oro ,  equivalente  a  tari  otto  di  oro. 

3.  Se  i  mercanti,  dopo  avere  venduto  una  parte  di  loro  merci, 
ne  estrarranno  la  rimanente  per  venderla  altrove,  nulla  deve  pa- 
garsi, constando  del  precedente  pagamento  dello  schifato. 

4.  Per  il  peso  delle  merci  a  quintali  si  pagherà  soltanto  sino  a 
due  grana  e  mezzo. 

5.  Per  il  diritto  di  riva  e  misura,  come  si  paga  dai  Genovesi. 

6.  Per  le  merci  da  estrarre  dai  vari  luoghi  del  regno  per  re- 
carle altrove,  si  deve  il  diritto  solito  pagarsi  dai  Genovesi. 

7.  I  cittadini  di  Barcellona  saranno  nel  regno  di  Sicilia  si- 
curi nella  persona  e  nei  beni ,  come  altresì  i  naufraghi ,  e  non 
potranno  essere  molestati  per  obbligazione  altrui  od  offesa. 

Il  testo  si  ha  al  n.  181  delle  Cartas  sueltas  con  fecha  del  re- 
gno di  Giacomo  II,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Trovasi  pure  (talvolta  con  qualche  errore  di  data)  nei  regi- 
stri e  volumi  manoscritti  da  me  sopra  menzionati  (doc.  n.  GXLI), 
poiché  tale  documento  è  inserito  in  altro  del  3  aprile  1296  del 
Re  Federico  II  ;  e  non  conviene  quindi  ripetere  le  indicazioni 
già  fornite. 

Antica  notizia  esplicita  del  privilegio  si  rinviene  nell'altro  del 
31  maggio  1313,  col  quale  il  Re  Federico  II  largiva  agli  abitanti 
di  Perpignano,  della  contea  di  Rossiglione  e  delle  isole  di  Ivica  e 
Maiorca  le  stesse  immunità  concesse  dal  Re  Giacomo  ai  Barcel- 
lonesi  a  17  luglio  1288,  come  vi  si  dice  (Vedi  Sella,  Pandetta  di 
Messina  cit.  pag.  131  e  seg.).  Altro  ricordo  se  ne  ha  nel  docu- 
mento del  18  gennaio  1314  (cfr.  appresso  doc.  di  tale  data)  di 
permesso  ai  Valenziani  dell'estrazione  (con  riduzione  di  tassa)  di 
vettovaglie  dai  porti  della  Sicilia,  e  di  concessione  di  franchigie 
di  dogana,  come  per  i  Barcellonesi. 

È  altresì  tenuto  in  considerazione  il  documento  di  Giacomo 
dal  Re  Martino  in  un  suo  privilegio  del  3  novembre  1402,  con- 
cernente le  norme  per  pagamento  di  tasse  di  dogana  e  cassia  dai 
mercanti  catalani  e  genovesi,  poiché  per  impedire  l'inconveniente 
di  reiterata  esazione  dello  schifato  si  trascrive  un   capitolo  che 


(1288)  —  426  — 

comincia  :  «  Et  si  navis  vel  lignum  »  sino  «  tantum  schifatum 
unum  et  non  ultra  solvere  compellatur  »,  che  sembra  con  alcune 
varianti  derivato  da  questo  documento  del  1288  ,  anche  per  le 
espressioni  del  Re  Martino  «de  dictis  privilegiis  fecimus  extrahi» 
(B.  Cancelleria,  reg.  39,  an.  1401  -  2,  fol.  198,  Arch.  di  Stato  di 
Palermo). 

Pubblicato  nell'opera  postuma  di  Testa,  e  da  Gapmany  (pag.  54) 
e  Sella,  come  ho  notato  innanzi,  pag.  307. 

Alquanti  cenni  su  questo  privilegio  offrono  gli  storici.  Gapmany 
cit.  t.  I ,  parte  2a ,  pag.  96  e  seg.  ne  dà  un  esteso  sunto  ,  con 
qualche  spiegazione  sulla  moneta  detta  schifato  e  su  alcune  di- 
sposizioni del  testo.  Gregorio  ,  Opere  scelte  cit.  pag.  352  e  768 
ne  fa  particolare  ricordo.  Orlando,  Un  codice  cit.  pag.  91  lo  in- 
dica inesattamente  come  una  «  conferma  di  tutte  le  immunità 
ottenute»  dai  Gatalani.  Amari,  9a  ed.  voi.  11,  pag.  170  e  236  lo 
menziona ,  e  nota  che  in  quel  tempo  (17  -  30  luglio)  il  Re  Gia- 
como «  soggiornava  in  Palermo  »  ;  ma  ciò  non  corrisponde  al 
vero  da  questi  documenti.  Ganale,  Storia  della  repubblica  di  Ge- 
nova. Firenze,  1858,  voi.  II,  pag.  303,  rileva  le  grandi  immunità 
concesse  ai  Genovesi  dai  Re  di  Sicilia  dopo  il  1282,  tanto  «  che 
il  Re  Giacomo  ,  volendo  stabilire  i  mercatanti  catalani  in  Sici- 
lia e  studiandosi  in  ogni  modo  di  privilegiarli,  non  meglio  seppe 
farlo  che  ordinando  che  fossero  trattati  alla  maniera  dei  Geno- 
vesi». Di  Giovanni,  Topogr.  di  Palermo  cit.  voi.  I,  pag.  357  lo 
accenna.  Ne  ho  fatto  pure  menzione  nel  voi.  Pandette  delle  ga- 
belle cit.  pag.  XXVIII  (cfr.  inoltre  pag.  51). 

I  Gatalani  avevano  ottenuto  a  18  febbraio  1286  la  libera  estra- 
zione di  vettovaglie,  per  loro  sostentamento,  dai  porti  di  Sicilia, 
col  pagamento  di  un  determinato  diritto  per  1'  estrazione ,  ed  a 
22  febbraio  la  facoltà  di  eliggere  un  console  nel  regno  di  Sicilia, 
e  di  ricuperare  nel  triduo  gli  oggetti  naufragati  (cfr.  sopra , 
doc.  GXLI  e  GXLII).  Le  immunità  che  ora  concedonsi  dal  Re 
Giacomo  ai  Catalani  sono  quelle  stesse  che  egli  accordò  a  24  no- 
vembre 1284  ai  Genovesi ,  richiamando  in  vigore  le  esenzioni 
largite  dal  Re  Manfredi  nel  1261  (cfr.  sopra ,  doc.  LX  e  LXIV). 
Ponendo  infatti  a  confronto  le  norme  contenute  in  tale  privilegio 
con  quelle  del  Re  Manfredi  del  1257  per  i  Genovesi  (ediz.  Orlando 
cit.  pag.  102;  Sella  cit.  pag.  96),  poi  ripetute  nel  1261,  si  vede 
che  esse  sono  quasi  identiche  nell'ordine  e  nelle  espressioni.  De- 


—  427  —  (1288) 

vesi  inoltre  notare  che  a  21  marzo  1285  il  Re  Giacomo ,  in  se- 
guito a  reclami  dei  Genovesi,  ordinò  che  fosse  fatta  un'inchiesta 
delle  franchigie  da  essi  godute  al  tempo  del  Re  Manfredi  (V.  so- 
pra, doc.  LXVI).  In  tale  importante  documento,  edito  da  Orlando 
cit.  pag.  105,  e  ristampato  da  Sella,  pag.  98,  si  vedono  rimesse 
in  osservanza  varie  antiche  disposizioni  sveve ,  che  sono  ripor- 
tate in  questo  privilegio  per  i  Catalani. 

Le  tasse  prò  ripa  et  mensuris  non  sono  indicate  per  il  modo 
di  pagamento  ;  ma  del  ripatico  si  ha  notizia  sin  dal  tempo  nor- 
manno in  Sicilia  (V.  prima  ,  pag.  309) ,  e  secondo  il  Ducange  , 
alla  voce  ripaticum,  è  il  «tributum  quod  accipitur  in  ripis  »,  ed 
alquante  norme  su  la  gabella  fundaci  ripe  (oltre  quella  su  la  ca- 
thena  portus)  si  hanno  nella  Pandetta  sveva  di  Palermo  (ed.  Pol- 
laci cit. ,  pag.  328  e  339  e  seg.) ,  e  pure  nella  Pandetta  di  Tra- 
pani, riformata  verso  il  1312.  A  Messina  era  la  gabella  campi  vic- 
tualium,  invece  della  tassa  di  fondaco  o  fundaci  ripe  (cfr.  G.  La 
Mantia,  Pandette  delle  gabelle  regie  cit.  pag.  X  e  29  e  seg.).  Del  di- 
ritto mensuraturae  dà  notizia  Andrea  d'IsERNiA  (-J- 1316)  nel  Ritus 
Regiae  Camerae  cit.  (ediz.  Pisano,  pag.  386),  ricordando  le  merci 
che  vendonsi  ad  mensuram  e  le  vettovaglie  ad  tumulum  Curiae. 

Per  lo  schifato  basta  notare  che  è  una  moneta  usata  nell'  I- 
talia  meridionale  sin  dall'  anno  842.  Sul  nome ,  1'  origine  ed  il 
valore  di  essa  offrono  speciali  cenni  Ducange,  Glossarium  cit. 
voce  Schyphati;  Muratori,  Antiq.  italicae  cit.  t.  II,  col.  787;  De 
Meo  ,  Annali  critico-diplomatici  del  regno  di  Napoli  della  mez- 
zana età.  Napoli,  1810,  t.  XI,  pag.  390;  Guillaume,  Essai  histo- 
rique  sur  VAbbaye  de  Cava.  Cava  dei  Tirreni,  1877,  Appendice, 
pag.  L1I,  ricordando  altresì  un  documento  del  1269,  nel  quale  si 
legge  :  «  Schifatum  unum  auri ,  qui  est  tareni  odo  auri  »  ;  ed 
Engel  ,  Rqcherches  sur  la  numismatique  et  la  sigillo graphie  des 
Normands  de  Sicile  et  d'Italie.  Paris,  1882,  pag.  73. 


OLXXXIII. 

1288,  luglio  30,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  concede  a   Vitale  de   Villanova  e  suoi  eredi  in 
perpetuo  il  casale  di  Mazzarino ,  che  prima  appartenne   a    Gio- 


(1288)  —  428  — 

vanni  de  Mazzarino,  il  quale  poi  ne  fu  privato  per  delitto  di  ri- 
bellione (suis  culpis  exigentibus).  Sono  imposti  i  soliti  obblighi 
di  servizio  militare,  ordine  di  successione,  riserve  di  diritti  del 
fisco  ed  altro. 

Iacobus  dei  grada  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et  prin- 
cipatus  Capue.  Per  presens  privilegium  notum  fieri  volumus 
universis ,  tam  presentibus  quam  futuris ,  quod  nos  Vitali 
de  Villanova,  familiari  et  fideli  nostro,  tamquam  benemerito, 
suisque  heredibus  in  perpetuum  casale  Mazarini,  situm  in 
valle  Nothi,  quod  fuit  quondam  lohannis  de  Mazarino ,  et 
suis  culpis  exigentibus  ad  manus  Curie  nostre  devenit,  cum 
omnibus  iuribus,  racionibus,  tenimentis  et  pertinenciis  suis, 
videlicet  que  sunt  de  demanio  in  demanium,  et  que  de  ser- 
vicio  in  servicium ,  sub  debito  et  consueto  servicio ,  dum- 
modo  non  sit  de  nostro  demanio,  de  liberalitate  nostra  et 
speciali  gracia  duximus  concedendum.  Ita  tamen  quod  pre- 
dictus  Vitalis  suique  heredes  predictum  Gasale,  cum  omni- 
bus iuribus,  racionibus,  tenimentis  et  pertinenciis  suis,  sub 
predicto  servicio  a  nostra  Curia  teneant,  recognoscant ,  et 
exinde  servire  ipsi  Curie  teneantur ,  quodque  vivant  iure 
Francorum,  videlicet  quod  maior  natu  minoribus  fratribus 
et  coheredibus  suis  et  feminabus  masculus  preferatur ,  et 
quod  si  in  eodem  casali  et  tenimento  suo  sunt  aliqui  ba- 
rones  [et]  pheudatarii,  qui  de  baronis  et  pheudis  eorum  ser- 
vire in  capite  nostre  Curie  teneantur,  nobis  nostrisque  here- 
dibus serviant.  ut  tenentur,  et  quod  non  respondeatur  a  ba- 
ronibus  et  pheudatariis  predicti  casalis  et  tenimenti  sui,  nisi 
de  hiis  tantum,  que  intus  in  eodem  casali  et  tenimento  suo 
tenent  et  possident,  quodque  illi  quibus  in  eodem  casali  et 
suis  pertinenciis  aliqua  iura,  possessiones  et  bona  per  illu- 
stres  dominós  parentes  nostros  vel  nos  sunt  concessa ,  ea 
tenere  debeant ,  prout  eis  per  predictos  dominos  parentes 
nostros  seu  nostram  celsitudinem  sunt  concessa ,  exceptis 
iuribus  lignaminum,  si  qua  debentur  in  eo,  defensis  antiquis, 
salinis,  solaciis  nostris  et  aliis  bonis  massariis  Curie  et  ca- 


—  429  —  (1288) 

strorum  municionibus  deputatis,  si  qua  sunt  in  eodem  ca- 
sali et  tenimento  suo,  que  sunt  de  nostro  demanio ,  et  ea 
velut  ex  antiquo  ipsi  demanio  pertinencia  volumus  eidem 
demanio  reservari ,  atque  occasione  presentis  concessionis 
manus  suas  aliquatenus  non  extendant ,  et  quod  ammalia 
massariarum,  araciarum  et  marescallarum  nostrarum  libere 
sumere  valeant  pascua  in  eodem  casali  et  tenimento  suo  ; 
et  si  forte  tenimenta  seu  pertinencia  dicti  casalis  currerent 
usque  ad  mare,  ius,  dominium  seu  proprietas  tocius  litoris 
et  maritime  pertinenciarum  ipsarum  ,  in  quantum  a  mari 
infra  terram  per  iactum  baliste  ipse  pertinencie  protendun- 
duntur,  tamquam  ex  antiquo  ad  regiam  dignitatem  spectan- 
cia,  in  nostris  demanio  et  dominio  reserventur ,  Additate , 
mandato  et  ordinacione  nostris,  predicto  servicio  et  cuius- 
libet  alterius  iuribus  semper  salvis.  Ad  huius  autem  nostre 
concessionis  memoriam  et  robur  perpetuo  valiturum  sibi 
exinde  presens  privilegium  fieri  [et]  maiestatis  nostre  sigillo 
pendenti  iussimus  communiri.  Datum  Messane ,  anno  do- 
minice  incarnacionis  millesimo-  CC°  octuagesimo  octavo  , 
mense  iulii,  penultimo  eiusdem,  prime  indicionis,  regni  no- 
stri anno  tercio. 

Dal  reg.  46  (an.  1407-8)  fol.  241  della  R.  Cancelleria  (Arch. 
di  Stato  di  Palermo),  nel  quale  registro  trovasi  trascritto  insieme 
alla  conferma  concessa  dal  Re  Federico  II  aragonese  nel  1325 
della  vendita  dei  feudi  e  casale  di  Mazzarino,  Bracalegi  e  Gibil- 
seni,  fatta  da  Calcerando  Villanova  a  Stefano  Branciforti  Maestro 
Razionale  nel  1324  (cfr.  appresso  ,  doc.  del  1325),  ed  alla  poste- 
riore conferma  del  Re  Martino  nel  1408.  Il  testo,  con  le  suddette 
conferme  ,  si  ha  pure  nel  reg.  61  (a.  1428)  fol.  81  r.  ,  e  reg.  92 
(a.  1453)  fol.  621  r.  della  R.  Cancelleria,  ed  altresì  nel  reg.  30 
(a.  1428-29)  fol.  89,  e  reg.  45  (a.  1452-54)  fol.  577  r.  del  Pro- 
tonotaro  del  Regno  (pure  quivi). 

.Se  ne  trova  la  copia  nei  volumi  mss.  Qq  G.  1,  fol.  158  r.,  e 
Qq  G.  4,  fol.  3  r.  della  Bibl.  Comunale  di  Palermo,  senza  indi- 
care la  fonte  donde  vien  tratto. 

Nel  privilegio  del  Re  Martino  è  descritto  il  suggello  di  cera 


(1288)  —  430  — 

del  Re  Giacomo,  con  queste  parole  :  «  quoddam  privilegium  .... 
sub  sigillo  pendenti  cere  rubee,  recommisso  laqueo  serico  rubeo 
et  croceo  colore,  ceterisque  titulo  et  signis ,  quibus  tunc  in  hoc 
regno  generaliter  utebatur».  È  notevole  altresì ,  come  prova  della 
formazione  di  antiche  genealogie  feudali  nel  1408 ,  quella  dei 
Branciforti  e  Villanova,  contenuta  in  cotesto  privilegio,  di  Mar- 
tino, che  dicesi  desunta  dai  documenti  allora  presentati  nell'offi- 
cio del  Protonotaro,  e  che  conviene  riferire  :  «  Fridericus  de  Bra- 
chiisfortibus  baro  castri  et  terre  Mazareni,  filius  quondam  Nicolai 
de  Brachiisfortibus,  fìlii  quondam  Friderici  de  Brachiisfortibus  , 
fìlii  quondam  Raffi  seu  Raffahelis  de  Brachiisfortibus,  filii  quon- 
dam Stephani  de  Brachiisfortibus  viri  quondam  Graciane  de  Vil- 
lanova mulieris,  filie  quondam  Galcerandi  de  Villanova,  filii  cuius- 
dam  quondam  Vitalis  de  Villanova».  Il  nome  del  Vitale,  bene- 
merito sotto  il  Re  Giacomo  ,  era  divenuto  cuiusdam  posterior- 
mente. 

Menzione  antica  del  documento  del  Re  Giacomo  si  ha  nel  voi. 
manoscritto  Capibrevi  Terrarum  di  G.  L.  Barberi,  a  fol.  305  e 
seg.  (Arch.  di  Stato  di  Palermo) ,  però  con  data  erronea  dell'  8 
luglio,  invece  di  30. 

Ne  fanno  ricordo  Villabiànca,  Sicilia  nobile  cit.  t.  Ili,  pag. 
139,  con  data  del  31  luglio  ;  Vito  Amico  ,  Lexicon  topogr.  sicu- 
lum  cit.  t.  I,  p.  II,  pag.  15,  che  dice  :  «  Hinc  eiusdem  principis 
beneficio  anno  MGCLXXXVIII  Vitalis  de  Villanova  Messanen- 
sis  in  Mazarini  possessionem  ivit  »,  ed  Amari,  9a  ediz.  voi.  II, 
pag.  179  e  208,  ma  per  equivoco  lo  indica  dato  in  Palermo  dal 
Re,  invece  che  in  Messina. 

Del  ribelle  Giovanni  di  Mazzarino,  poi  prigioniero  con  Alai- 
mo  di  Lentini  e  Adenolfo  di  Mineo,  si  ha  notizia  nei  documenti 
degli  anni  1285  e  1287  (V.  n.  LXXV,  GLXIX  e  GLXXII).  Amari, 
9a  ediz.  voi.  II,  pag.  179  ricorda  per  la  menzione  di  Giovanni  di 
Mazzarino  un  documento  del  5  agosto  1288 ,  che  è  però  indub- 
biamente falso  (né  egli  lo  rileva) ,  e  che  io  ho  indicato  sopra 
(a  pag.  249)  a  proposito  di  altro  documento  falso  del  regno  di 
Pietro  I  per  de  Milo.  Tra  le  formole  feudali  del  presente  privi- 
legio del  1288  è  notevole  quella  per  i  beni  «  massariis  Curie  et 
castrorum  nostrorum  municionibus  deputatìs  »  ,  che  è  alquanto 
rara  a  rinvenirsi. 


—  431  —  (1288) 

OLXXXIV. 

ì,  agosto,  indizione  la. 


Il  Re  Giacomo  ordina  a  Giacomo  Salendino  e  R.  Romeo , 
tesorieri  della  Camera  regia,  di  pagare  a  R.  de  Vilacetmat,  sol- 
dato stipendiario,  onde  cinque  e  tari  dieci  a  compimento  del  suo 
stipendio  di  quattro  mesi  da  11  novembre ,  1*  indizione  [1287] 
sino  a  tutto  marzo  della  stessa  indizione  [1288] ,  ed  inoltre  on- 
de dodici  per  quattro  mesi  da  aprile  a  luglio  seguenti. 

Iacobo  Salendino  et  R.  Romeo  Camere  nostre  thesau- 
rariis.  Placet  nobis  et  volumus  quod  de  pecunia  Curie  no- 
stre, que  racione  ipsius  vestri  thesaurarie  offieii  est  vel  erit 
per  manus  vestras ,  R.  de  Vilacetmat  stipendiario  et  fideli 
nostro  uncias  auri  V  et  tar.  X  ponderis  generalis,  prò  com- 
plemento quietacionis  sue  mensium  IIII  et  dierum  XX,  nu- 
meratorum  ab  XI  die  mensis  novembris,  prime  indicionis, 
usque  per  totum  mensem  marcii,  indicionis  eiusdem  ,  nec- 
non  uncias  auri  XII  dicti  ponderis  prò  quietacione  sua  men- 
sium IIII,  videlicet  aprilis,  madii,  iunii,  iulii  eiusdem  prime 
indicionis ,  iuxta  tenorem  duorum  albaranorum  lohannis 
Scorna ,  scriptoris  quietacionis  gentis  nostre ,  familiaris  ac 
fidelis  nostri,  vobis  proinde  directorum,  que  per  vos  recipi 
volumus  raciocinii  vestri  tempore  producendi,  prò  parte  no- 
stre Curie  exolvatis.  Datum  etc.  [1288]. 

Dal  reg.  di  n.  261,  a  fol.  113,  del  regno  di  Giacomo  II,  nel- 
l'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Il  documento  che  era  «  sub  sigillo  maiestatis  nostre  »,  è  in- 
serito in  altro  del  28  luglio  1291.  La  data  (che  è  omessa)  si  de- 
sume da  un  documento  del  28  dicembre  1288 ,  che  è  pure  inse- 
rito dopo  il  testo  di  tale  ordine  regio,  probabilmente  emanato  in 
agosto  (cfr.  appresso,  doc.  CLXXXVI). 

Occorre  notare  la  parola  stipendiarius ,  cioè  chi  milita  per 
una  mercede  ,  come  ricorda  Rezasco  ,  Biz.  del  linguaggio  ital. 


(1288)  —  432  — 

cit.  voce  Stipendiarlo ,  e  la  menzione  dell'  officio  «  quietacionis 
gentis  nostre»,  ossia  dei  pagamenti  per  l'esercito.  Albaranum  è 
voce  di  origine  catalana  nel  significato  di  apoca  o  chirografo  , 
e  molto  usata  in  Sicilia  sino  ai  tempi  moderni.  Ducange  la  re- 
gistra, riportando  le  forme  catalane  albata,  albara  e  albaraio.  Il 
documento  dà  prova  della  precisione  degli  ordini  per  il  paga- 
mento delle  milizie  nell'isola. 


OLXXXV. 

1287  sett.  a  1288  agosto,  indizione  la. 

Il  Re  Giacomo  scrive  ai  Secreti  e  procuratori  di  Sicilia  della 
prima  indizione  [1287-1288]  affinchè  immettano  A.  Comte  regio 
portiere,  per  i  fedeli  servizi  prestati,  nel  possesso  del  reddito  an- 
nuale di  onde  otto  di  oro  sui  beni  della  regia  Corte ,  e  con  la 
ricognizione  «  unius  tercie  prò  qualibet  uncia  »  di  reddito ,  da, 
pagarsi  alla  Corte. 

Questo  documento  è  ricordato  in  altro  del  24  settembre  1293, 
trascritto  nel  reg.  260,  a  fol.  250,  del  regno  di  Giacomo  IT,  nel- 
l'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

È  detto  quivi  che  il  Re  avea  dato  1'  ordine  ai  Secreti  della 
prima  indizione,  e  lo  aveva  ripetuto  anco  a  quelli  della  terza  in- 
dizione (1289-1290)  «  per  licteras  magestatis  nostre».  Notevole  è 
l'obbligo  della  ricognizione  stabilito  per  l'assegno. 


CLXXXVI. 

1288,  dicembre  28,  indizione  2a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  annunzia  ai  Secreti  di  Sicilia ,  de  Pulcaro  e 
de  Bella,  di  avere  prima  scritto  ai  tesorieri  della  Corte  R.  Ro- 
meo e  Bartolomeo  Tagliavia ,  per  il  pagamento  a  Giacomo  de 
Cloviano ,  soldato  stipendiarlo ,  di  onde  sei  di  oro  dovute  per  l 


—  433  —  (1288) 

mesi  di  giugno  e  luglio  della  1&  indizione  [1288] ,  che  non  fu 
eseguito  dai  tesorieri  Romeo  e  Salendino  per  mancanza  di  de- 
naro. Ordina  ora  che  si  paghino  le  suddette  onde  sei,  ed  altresì 
onde  tre  per  il  mese  di  agosto,  ed  onde  sette  per  i  mesi  seguenti 
da  settembre  a  tutto  dicembre  della  2a  indizione ,  come  appare 
dalle  apoche. 

Iacobus  dei  gracia  etc.  Venuto  de  Pulcaro  et  notario  G. 
de  Bella,  Secretis  et  magistris  procuratoribus  Sicilie  etc. 
Scripsimus  pridem  per  licteras  nostras  R.  Romeo  et  Bar- 
tholocto  Tallavie ,  Curie  nostre  thesaurariis  etc.  ut  Iacobo 
de  Cloviano ,  stipendiano  et  fideli  nostro ,  uncias  auri  sex 
ponderis  generalis ,  debitas  sibi  per  Guriam  nostrani  prò 
quietacione  sua  mensium  iunii  et  iulii,  prime  indicionis  nu- 
per  elapse,  iuxta  tenorem  albarani  Iohannis  Scorna,  scriptoris 
quietacionis  gentis  nostre,  familiaris  et  fidelis  nostri,  de  pe- 
cunia Curie  nostre ,  que  esset  per  manus  eorum  racione 
dicti  thesaurarie  officii ,  deberent  prò  parte  nostre  Curie 
exhibere ,  eo  quia  predicti  R.  et  Iacobus  Salendinus  cum 
insimul  ipso  thesaurarie  officio  fungebantur,  quibus  de  sol- 
vend[is]  eidem  predictis  unciis  auri  sex  per  cedulam  nostram 
scripseramus,  nichil  prò  parte  nostre  Curie  solverunt  eidem, 
sicuti  Curie  nostre  constitit  per  resignacionem  predicte  ce- 
dute Curie  nostre  factam  ,  quam  mandavimus  et  fecimus 
lacerari.  Verum  quia  nobis  exposuit  predictus  Iacobus  de 
pecunia  ipsa  per  eosdem  thesaurarios,  defectu  pecunie  Curie 
nostre  non  existentis  per  manus  eorum,  nihil  sibi  solutum 
fuisse ,  sicut  constitit  per  resignacionem  predictarum  lite- 
rarum  Curie  nostre  factam ,  quas  mandavimus  et  fecimus 
lacerari,  et  nobis  humiliter  supplicava  sibi  super  solucione 
ipsius  pecunie  per  nostram  Curiam  provider! ,  suis  suppli- 
cacionibus  inclinati ,  fidelitati  vestre  mandamus  quatenus , 
recepto  prius  predicto  albarano ,  raciocinii  vestri  tempore 
producendo,  dictas  uncias  auri  VI,  necnon  uncias  auri  III 
eiusdem  ponderis  debitas  sibi  per  nostram  Curiam  ,  prò 
quietacione   sua  mensis  augusti ,  proximo   preterite   prime 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  28 


(1288)  —  434  — 

indicionis,  iuxta  tenorem  unius  albarani  dicti  lohannis  Scor- 
na, et  alias  uncias  auri  VII  dicti  ponderis  generalis,  debitas 
sibi  per  nostrani  Guriara  prò  complimento  quietacionis  sue 
mensis  septembris,  presentis  secunde  indicionis,  usque  per 
totum  mensem  decembris ,  indicionis  eiusdem  ,  iuxta  teno- 
rem alterius  albarani  lohannis  Scorna  predicti,  que  predicta 
duo  albarana  per  vos  ab  eo  similiter  recepta  volumus  ve- 
stri  raciocinii  tempore  producenda,  de  pecunia  Curie  nostre 
debita  racione  ipsorum  officiorum  Secrecie  et  procuracionis, 
que  dicto  anno  secunde  indicionis  ad  extaleum  exercetis , 
sibi  exhiberi  et  solvere  prò  parte  nostre  Curie  debeatis.  Re- 
cepturi  ab  eo  exinde ,  ad  vestri  cautelam  ,  apodixam  suo 
tantum  sigillo  munitam;  nostre  tantum  Curie  reservato  quod 
si  per  racionem  dicti  lohannis  Scorna  inveniretur  nostram 
Curiam  non  teneri  eidem  Iacobo  in  tanta  pecunie  quanti- 
tate,  quod  tam  ipse  Iohannes  Scorna  quam  dictus  Iacobus 
respondere  et  satisfacere  exinde  nostre  Curie  teneantur.  Da- 
tum  Messane  XXVIIJ  decembris,  secunde  indicionis,  regni 
nostri  anno  tercio  [1288]. 

Dal  reg.  di  n.  261,  a  fol.  113,  del  regno  di  Giacomo  II,  nel- 
l'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

È  questo  un  altro  documento  riguardante  militi  stipendiarì , 
simile  al  precedente  (n.  CLXXXIV).  I  tesorieri  R.  [Romeo]  e  Sa- 
lendino  sono  appunto  i  medesimi  in  esso  ricordati.  La  voce  exta- 
leum denota  che  gli  offici  della  Secrezia  erano  stati  assunti  in 
appalto  dai  Secreti  de  Pulcaro  e  de  Bella.  Su  le  gabelle  tenute 
ad  extaleum  vel  ad  credentiam  è  notizia  in  Andrea  d'  Isernia  , 
Ritus  Regiae  Camerae  cit.  pag.  506,  che  menziona  le  differenze 
esplicite  dei  due  modi  di  amministrazione.  Cfr.  pure  Ducange 
(voce  Extalium) ,  che  ne  offre  V  esempio  desunto  dalle  Costitu- 
zioni dell'imperatore  Federico. 


—  435  —  (1288) 

CLXXXVII. 

ì,  novembre  4,  indizione  2a,  Palermo. 


Il  Re  Giacomo,  volendo  principalmente  rimuovere  gli  eccessi, 
le  oppressioni  e  le  estorsioni  di  ogni  genere ,  che  commettevansi 
dagli  officiali  durante  il  dominio  del  Re  Carlo  I  d'Angiò,  ed  es- 
sendo stato  supplicato  dai  sindaci  delle  terre  e  luoghi  di  Sicilia 
al  di  qua  del  fiume  Salso  di  porre  rimedio  agli  abusi  dei  Giu- 
stizieri, i  quali  «  dum  ubilibet  esse  non  possumus  »  non  eseguono 
affatto  le  costituzioni  del  medesimo  Re  approvate  nel  tempo  della 
sua  coronazione  (V.  doc.  CXXXVIII)  e  compiono  eccessi  gravis- 
simi ,  trasmette  al  milite  Marito  degli  liberti ,  Giustiziere  della 
città  di  Palermo,  ed  agli  altri  Giustizieri,  i  capitoli  suddetti  al- 
lora sanciti,  ed  altri  ora  emanati  per  dar  termine  ad  arbitri  ed 
ingiustizie ,  e  sotto  la  pena  «  iuxta  nostrum  beneplacitum  infli- 
gendam  »  ai  Giustizieri  trasgressori. 

Sono  distribuite  le  costituzioni  in  16  capitoli,  secondo  l'antica 
distinzione  derivata  dai  manoscritti. 

Le  rubriche  dei  vari  capitoli  sono  queste  : 

I.  De  fideiussione  ab  accusatis  prestanda. 

II.  Ad  idem. 

III.  De  eodem. 

IV.  Quod  accusatores  et  accusati  ante  litem  contestatam  li- 
bere componant,  preterquam  in  homicidiis  publice  commissis,  et 
ut  non  compellantfur]  accusatores  iurare  de  persequenda  accu- 
satione. 

V.  De  portatione  armorum. 

VI.  De  servientibus  castrorum. 

VII.  De  custodia  reorum. 

Vili.  De  procuratore  Curie  [admovendo]. 

IX.  Ne  Iustitiarii  aliquid  exigant  iure  sigilli  vel  apodixe. 

X.  Ut  generaliter  et  communiter  tam  per  offìciales  Curie,  quam 
alios  quoscumque ,  pecunia  auri  et  argenti  recipiatur  et  expen- 
datur. 

XI.  De  non  carcerandis  collectoribus  pecunie  subventionis 
usque  ad  ultimam  solutionem  vel  pagam. 


(1288)  —  436  — 

XII.  De  imponenda  collecta  promisse  pecunie  per  Iustitiarium 
et  alios  offìciales,  iuxta  tenorem  cedule  eis  assignande  per  regiam 
Curiam  [sigillate]  et  non  aliter. 

XIII.  De  executoribus  pecunie  promissionis  seu  subventionis. 

XIV.  De  Meli  estimatione  terragiorum  facienda. 

XV.  De  novis  statutis  non  exigendis  per  Secretos. 

XVI.  De  magistris  forestarum  et  qualiter  debeant  ipsas  exer- 
cere. 

Seguono,  dopo  il  testo  dei  capitoli  sopra  indicati,  le  formole 
di  corroborazione,  mancando  le  altre  di  datazione. 

Si  trova  il  testo  di  tali  nuove  Costituzioni  del  Re  Giacomo 
(emanate  in  novembre  1288)  in  alcuni  dei  codici  manoscritti  del 
secolo  XV,  da  me  estesamente  sopra  ricordati  (doc.  GXXXVIII, 
ai  n.i  II  a  V,  pag.  283  e  seg.). 

È  compreso  in  quasi  tutte  le  varie  edizioni  dei  Capitoli  del 
regno  da  me  innanzi  distintamente  indicate  (doc.  cit.  n.i  I-VI , 
VIII-X,  pag.  287-289),  e  che  è  superfluo  qui  ripetere.  Segue  im- 
mediatamente dopo  il  testo  delle  Costituzioni  approvate  da  Gia- 
como nel  1286 ,  al  tempo  della  sua  coronazione ,  cioè  ed.  1497  , 
fol.  10  r. -13;  ed.  1526,  fol.  11  r.-15;  ed.  1575,  pag.  14-21; 
ed.  1623  ,  pag.  12  - 17  ;  ed.  1655  ,  pag.  12  - 16  ;  ed.  1741  ,  t.  I , 
pag.  28-39;  ed.  Starrabba,  pag.  103-117,  oltre  le  edizioni  conte- 
nute nel  commento  di  Muta  e  nella  raccolta  del  Cutelli  (nu- 
meri IX  e  X). 

Manca  l'argomento  nell'inizio  di  questi  capitoli  nel  codice  ms. 
del  secolo  XV  di  consuetudini  e  privilegi  di  Messina  (ed.  Star- 
rabba, pag.  103),  ed  in  fine  si  legge  soltanto  :  «Expliciunt  con- 
stitutiones  illustris  domini  Regis  Iacobi.  Deo  gratias»,  le  quali 
parole  si  riferiscono  a  tutte  le  costituzioni  approvate  da  quel  Re, 
e  non  soltanto  a  queste.  Nell'altro  codice  ms.  di  Costituzioni  e 
capitoli  di  Sicilia  (cfr.  Orlando  cit.,  pag.  59)  si  ha  in  principio 
una  intitolazione  generica  per  tutti  i  capitoli  di  Giacomo,  nella 
quale  si  indica  :  «  a  tempore  sue  coronationis  in  antea  »  ,  ripe- 
tuta nell'  inizio  della  seconda  serie  dei  capitoli  ;  e  tale  designa- 
zione fa  ben  supporre  che  le  due  serie  di  capitoli  avevano  date 
diverse ,  e  si  sconosceva  quella  della  seconda  serie  ,  dicendosi 
solamente  in  antea,  cioè  negli  anni  seguenti,  nonostante  che  si 
aggiungesse  la  data  originaria  del  febbraio  1285, 


—  437  -  (1288) 

Nell'edizione  principe  del  1497  di  Appulo,  prima  del  testo  è 
un  lungo  argomento,  che  è  identico  a  quello  premesso  ai  capitoli 
anteriori  del  1286  ,  e  si  trova  nelle  posteriori  edizioni  ripetuto 
senza  variazione  alcuna  per  le  due  serie  dei  capitoli  (cfr.  pure 
Starrabba  cit.  pag.  103).  È  evidente  che  l'errore  di  Appulo  nel 
conservare  unico  titolo  a  due  serie  disparate  e  di  tempo  diverso, 
che  non  costituisce  altro  che  una  ripetizione  inutile ,  fu  accolto 
senza  riserva  dai  posteriori  editori  ;  ma  soltanto  il  Testa,  usan- 
do nuova  critica  nella  sua  edizione,  volle  rilevare  quell'anomalia 
riprodotta  inconsciamente,  ed  osservò  a  ragione  (pag.  29  in  nota)  : 
«Ex  verbis  regii  diplomatis  [ossia  del  preambolo]  manifesti  er- 
roris  convincitur  quod  hic  asseritur,  sequentes  consti tutiones  a 
Iacobo  editas  fuisse  suae  coronationis  die».  Si  ha  pure  nelle  e- 
dizioni  del  1526  al  1655  in  fine  dei  capitoli  la  sottoscrizione  Rex 
Iacobus;  ma  poiché  essa  non  deriva  dai  manoscritti,  né  i  Re  allora 
sottoscrivevano  leggi  o  documenti,  non  può  avere  qualsiasi  valore. 

Deve  notarsi  altresì  che  questa  seconda  serie  di  capitoli  di 
Giacomo  fu  nell'edizione  Gariddi  del  1525  (e  così  nelle  posteriori 
sino  al  1741)  fornita  di  numerazione  unica  (cap.  48  a  63)  con  i 
capitoli  della  prima  serie,  perchè  appartenenti  ad  unico  sovrano, 
e  per  la  comodità  della  ricerca.  Quella  numerazione  nondimeno 
è  inesatta  in  principio,  perchè  il  cap.  48  non  è  altro  che  la  par- 
te finale  del  preambolo,  e  non  doveva  quindi  esser  segnato  come 
costituzione,  ed  inoltre  gli  argomenti  (derivanti  dagli  antichi  ma- 
noscritti) premessi  al  preambolo  ed  al  suddetto  cap.  48  (che  ne 
è  parte  integrante)  sono  superflui  ed  inconcludenti;  onde  il  Testa 
notava  :  «  Gur  haec  a  superioribus  distrahantur,  ac  distincto  ca- 
pitolo concludantur,  non  videtur  ;  nam  haec  et  superiora  instar 
proemii  consequentium  Gapitulorum  sunt».  Ho  dovuto  quindi  ri- 
portare gli  argomenti  dei  capitoli  con  numerazione  distinta,  tra- 
lasciando quella  complessiva  derivante  dalla  pratica  utilità  delle 
collezioni  giuridiche,  ed  omettendola  per  il  preambolo  intero. 

Su  la  data  da  me  assegnata  a  queste  costituzioni  del  Re  Gia- 
como ,  cioè  novembre  1288 ,  occorre  offrire  alcune  notizie.  Te- 
sta, nella  sua  edizione  dei  Capitoli  del  regno  (t.  I,  pag.  39)  ma- 
nifestava in  fine  della  seconda  serie  dei  capitoli  di  Giacomo  : 
«  Si  coniecturae  locus  esset ,  censerem  eas  scriptas  fuisse  anno 
1288,  quo  Iacobus,  pactis  cum  Carolo  induciis,  in  Siciliam  re- 
diit,  ac  ab  expeditionibus  bellique  curis  paullulum   requievit». 


(1288)  —  438  — 

Orlando  cit.  sostiene,  contro  il  vero  (come  ho  già  notato  a  pag. 
285)  che  Testa  abbia  apposto  la  data  del  1288  per  ambedue  le 
serie  dei  capitoli ,  invece  che  per  la  seconda  ;  e  così  1'  Orlando 
ha  lasciato  del  tutto  indefinita  la  data  della  seconda  serie ,  che 
egli  crede  unica  con  la  precedente  ,  e  con  la  sola  data  del  1285 
(m.  e.  1286). 

Amari,  9a  ed.  voi.  II,  pag.  169,  nulla  disse  per  la  data  di  que- 
sti capitoli,  che  ritiene  poco  posteriori  al  1286 ,  e  serbando  im- 
mutato quanto  avea  scritto  nel  1842  (tranne  qualche  ricercata  lo- 
cuzione) si  limitò  a  notare  :  «  Sono  altri  ventisette  [corr.  sedici] 
capitoli,  dei  quali  ho  fatto  qui  parola,  perchè  non  si  sa  appunto 
in  che  anno  si  promulgassero  ,  né  monta  molto  [nell'  ediz.  1842 
dice:  troppo]  a  indagarlo».  Tale  dichiarazione  per  leggi  d'im- 
portanza grandissima  per  tutto  il  regno  non  si  può  affatto  acco- 
gliere, perchè  dimostra  trascuranza  inammissibile  per  le  memo- 
rie relative  al  diritto  ed  al  progresso  della  civiltà  nell'isola.  Vito 
La  Mantia  Stor.  della  legisl.  sic.  voi.  I ,  pag.  123  afferma  che 
le  costituzioni  del  Re  Giacomo  sono  «divise  in  due  parti».  Il 
prof.  L.  Siciliano  ,  nella  memoria  Su  la  legislazione  aragonese 
in  Sicilia.  Note  comparative  (inserita  nella  Rivista  di  legislazione 
comparata.  Palermo ,  voi.  1 ,  1903)  ,  nella  quale  tratta  soltanto 
del  diritto  penale,  non  distingue  affatto  le  due  serie  dei  capitoli 
di  Giacomo,  e  dice  a  pag.  75  :  «  Ci  avanzano  *  64  capitoli  ema- 
nati da...  Giacomo  nel  giorno  della  sua  coronazione  (2  febbraio 
1286)  e  pubblicati  nel  Parlamento  generale  tenuto  in  Palermo». 

Esaminando  bene  il  preambolo  della  seconda  serie  dei  capi- 
toli suddetti,  si  vede  che  essi  non  furono  approvati  in  un  Parla- 
mento, come  quelli  della  prima  serie  del  1286,  ma  bensì  vennero 
sanciti  dal  Re  "Giacomo  e  mandati  al  Giustiziere  Marito  degli 
Uberti  ed  agli  altri  Giustizieri,  perchè  fosse  posto  freno  agli  ar- 
bitri nell'  osservanza  delle  costituzioni  anteriormente  emanate  : 
«  ceterasque  constitutiones  in  solemni  nostra  Curia,  celebrata  in 
ci  vitate  Panhormi  tempore  felicis  nostre  coronationis,  edidiinus». 
In  fine  del  testo  dei  sedici  capitoli  il  Re,  rivolgendosi  al  Giusti- 
ziere, gl'impone  «  inviolabiliter  et  tenaciter  observes». 

Non  si  ha  quindi  alcun  dubbio  che  le  due  serie  non  siano  so- 
lamente distinte  per  la  materia,  ma  anco  per  il  tempo  della  loro 
formazione  ed  approvazione.  La  data  del  1:288,  ammessa  dal  Te- 
sta, non  può  rigettarsi.  La  tregua,  alla  quale  egli  intende,  con 


—  439  —  (1288) 

acume ,  riferirsi  è  propriamente  quella  stipulata  in  Napoli  dal 
Loria,  per  due  anni,  nella  fine  di  giugno  1287  (cfr.  doc.  GLXV1I). 
Tale  tregua  sui  mari  non  fu  bene  accolta  in  Sicilia  ;  e  nonostante 
che  fosse  vicino  il  tempo  per  una  riforma  ed  interpretazione  delle 
leggi  del  1286 ,  né  molto  sicura  e  propizia  quella  tregua  parti- 
colare convenuta  col  Loria ,  in  rapporto  all'  altra  poi  conchiusa 
in  Gaeta  in  agosto  1289  col  medesimo  Re  Carlo  II  di  Napoli , 
pure  per  due  anni  (V.  doc.  seguente  GXC) ,  i  nuovi  capitoli  fu- 
rono nel  1288  approvati  dal  Re  per  tutto  il  regno. 

La  deduzione  del  Testa  riceve  esplicita  conferma  nella  data, 
che  io  ho  rinvenuto  apposta,  in  fine  della  seconda  serie  dei  ca- 
pitoli di  Giacomo,  nel  ms.  Regesto  Poligrafo  di  Trapani  a  fol.  145, 
dopo  le  parole  tenaciter  observanda,  con  questi  due  periodi  che 
mancano  in  altri  manoscritti  e  nelle  varie  edizioni ,  cioè  :  «  De 
die  vero  recepcionis  presencium,  cum  forma  ipsarum ,  maiestati 
nostre  tuas  remictas  licteras  responsales.  Data  Panormi,  quarto 
novembris,  secunde  indicionis,  regni  nostri  anno  tercio»  [1288]. 
Riesce  così  provato  che  nel  novembre  1288  fu  sancita ,  con  1'  o- 
pera  di  valorosi  giuristi ,  altra  serie  di  costituzioni  del  Re  Gia- 
como ,  anco  per  dimostrare  ai  Siciliani  che  la  tregua ,  che  fra 
breve  sarebbe  scaduta,  non  significava  acquiescenza  a  metodi  di 
governo  della  dominazione  angioina,  ormai  aboliti  nell'isola. 

Darò  per  questi  capitoli  di  Giacomo  del  1288  l'indicazione  del 
riferimento  di  essi  agli  altri  del  1286,  cioè:  1-15;  IV -43;  V  e 
VI  -  41  ;  VII  - 12  ;  IX  -  14  ;  X  -  10  ;  XV  -  priv.  Pietro  I  del  20  aprile 
1283  (v.  sopra,  pag.  67);  XVI -28.  Per  gli  altri  capitoli  del  1288 
che  non  hanno  riscontro,  e  che  concernono  custodia  di  carcerati, 
procuratori  del  fisco  e  sistemi  di  esazione  di  collette ,  è  d'  uopo 
osservare  che  essi  sembrano  in  parte  desunti  dai  capitoli  angioini 
del  30  marzo  1283  per  le  provincie  napolitane,  editi  da  Cervoni, 
Capitula  cit.,  t.  II,  pag.  28  e  33,  oltre  che  da  varie  costituzioni 
sveve.  11  e.  XIV  sui  terraggi  deriva  da  antichi  usi  dell'isola,  vi- 
genti sin  dall'epoca  dei  Normanni  per  il  terraticum.  Cfr.  Chalan- 
don,  Hist.  de  la  domination  normande  cit.,  voi.  II,  pag.  696,  ed 
altresì  Garufi  ,  Un  contratto  agrario  in  Sicilia  nel  secolo  XII 
per  la  fondazione  del  casale  di  Mesepe  presso  Paterno  (nelYArch. 
Stor.  per  la  Sic.  Orientale,  an.  V,  1907,  pag.  11  e  seg.). 

Per  Marito  degli  Uberti  (e  non  Marino,  come  corresse  il  Testa 
contrariamente  ai  manoscritti  ed  alle  antiche  edizioni),  al  quale 


(1288)  —  440  — 

erano  indirizzati  i  capitoli  dal  Re  Giacomo ,  basta  rinviare  alle 
estese  notizie  che  espone  Rodolfo  Rbnier  ,  Liriche  edite  ed  ine- 
dite di  Farinata  degli  Uberti.  Firenze  ,  1883 ,  pag.  GXXVII  a 
CXXXII  per  Marito,  che  dice  «  il  primo  degli  Uberti  ch'io  trovo 
in  Sicilia»,  e  per  gli  altri  di  quella  celebre  famiglia  fiorentina, 
giovandosi  di  vari  ricordi  forniti  da  autori  siciliani ,  ed  ancora 
delle  altre  notizie  date  da  Starrabba,  Catalogo  ragionato  di  un 
protocollo  del  notaro  Citella  del  1298-99  (in  Arch.  Stor.  Sic,  an- 
no XII,  1887,  pag.  395),  che  le  comunicò  prima  all' Amari  (9a  ed. 
voi.  II,  pag.  393).  Di  questo  Marito  degli  Uberti  è  menzione  in 
alcuni  conti  del  1285-1287  dell'Ammiraglio  Loria,  dei  quali  rife- 
rirò in  Appendice  il  testo. 

Credo  qui  utile  ricordare  che  un  Leonardo  Aldighieri  (Aldi- 
gerii)  era  Rettore  della  città  di  Messina  nel  1266  (come  appare 
da  un  documento  di  tale  anno),  e  probabilmente  apparteneva  alla 
famiglia  del  grande  Poeta  ,  che  nasceva  in  Firenze  nell'  anno 
precedente  (cfr.  la  memoria  dell'egregio  dott.  Giuseppe  Travali, 
I  documenti  con  firme  autografe  esposti  nell'Archivio  di  Stato  di 
Palermo.  Ivi ,  1892  ,  pag.  5).  Amari  non  ebbe  alcuna  notizia  di 
quel  documento,  sebbene  fornisca  nel  voi.  I,  pag.  21,  vari  cenni 
su  Leonardo  nel  tempo  della  sommossa  contro  il  conte  Ruffo  in 
Messina  nel  1256. 


CLXXXVIII. 

1288,  novembre  4,  indizione  2a,  Palermo. 

Il  He  Giacomo  avvisa  i  Maestri  forestari  di  avere  emanato 
una  sua  costituzione,  con  la  quale  sono  aboliti  i  capitoli  del  loro 
officio  che  derivano  dal  tempo  del  dominio  del  Re  Carlo  I  d'An- 
giò,  «que  abominabilia  penitus  detestamur  »,  perchè  davano  pre- 
testo ad  oppressioni  di  ogni  genere  contro  i  sudditi.  Vuole  che  i 
medesimi  Maestri  forestari  adempiano  bene  il  loro  ufficio  «  ne- 
minem  indebite  aggravando». 

Sono  ricordate  queste  lettere  in  fine  del  cap.  XVI  delle  costi- 
tuzioni approvate  dal  Re  Giacomo  nel  1288  (vedi  doc.  precedente), 
con  queste  parole  :  «  Super  quo  eisdem  magistris  forestarum  no- 
stre satis  expresse  litere  diriguntur». 


—  441  —  (1289) 

Per  la  data,  che  si  dimostra  contemporanea  all'approvazione 
dei  capitoli,  basta  rinviare  a  quanto  ho  esposto  per  determinare 
l'epoca  di  essi. 

La  nuova  costituzione  aveva  lo  scopo  di  annullare  i  capitoli 
dei  Maestri  forestarì  del  tempo  angioino,  poiché  il  cap.  XXVIII 
del  1286  del  Re  Giacomo  concerneva  soltanto  la  proibizione  di 
formare  foreste  regie  nelle  terre  appartenenti  ai  privati  (ed.  Testa, 
t.  I,  pag.  19).  Su  gli  eccessi  che  gli  officiali  angioini,  ed  anche 
posteriormente  gli  aragonesi  commettevano  per  foreste  e  caccia, 
ho  dato  notizia  sopra  (doc.  GLXXIII).  I  capitoli  dei  Maestri  fo- 
restarì, dei  quali  è  sancita  l'abolizione  nella  costituzione  di  Gia- 
como trasmessa  ai  suddetti  officiali,  offrono  la  data  del  28  marzo 
1274 ,  e  trovansi  nel  reg.  ang.  n.  18 ,  1273  A  ,  fol.  224 ,  e  sono 
stati  pubblicati  per  intero  dal  benemerito  Minieri-Ricgio,  Il  re- 
gno di  Carlo  1  d'Angiò  (neWArch.  Stor.  Ital.,  Ser.  3a,  t.  XXIII, 
1876,  pag.  50).  Sono  divisi  in  sette  paragrafi  con  varie  rigorose 
disposizioni  e  multe  esorbitanti  nel  caso  di  contravvenzione. 


olxxxix. 

1289,  gennaio  13,  indizione  2a,  Messina. 

La  città  (Universitas)  di  Messina,  riunita  nel  luogo  consueto, 
poiché  i  mercanti  della  suddetta  città  subiscono  dagli  ufficiali  del- 
la dogana  di  Palermo  molti  danni  ed  estorsioni,  volendo  rime- 
diare a  tali  inconvenienti,  eligge  suoi  ambasciatori  il  giudice  Ro- 
berto Calzamirra  ed  Andriolo  de  Falcone,  regio  Console  dei  ma- 
rinai (riautarum) ,  allo  scopo  di  presentarsi  dinanzi  il  Re  ed  e- 
sporgli  quelle  ingiustizie  ed  ottenere  i  provvedimenti  opportuni. 

Seguono  le  firme  dello  Stratigoto  di  Messina  e  dei  giudici  e  te- 
stimoni. 

(Atto  in  notar  Enrico  de  Santa  Epifronia,  di  Messina). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  eiusdem  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  octuagesimo  octavo ,  terciodecimo 
die  mensis  ianuarii,  secunde  indicionis,  regnante  serenissimo 


(1289)  —  442  — 

domino  nostro  domino  Iacobo  dei  gracia  inclito  rege  Sici- 
lie ,  ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue ,  regni  sui  anno 
tercio  feliciter  amen.  Nos  infrascripti  Iudices  civitatis  Mes- 
sane, Henricus  de  Sancta  Epifronia  regius  publicus  eiusdem 
civitatis  notarius  et  testes  subscripti,  ad  hoc  vocati  specia- 
liter  et  rogati,  presenti  scripto  publico  fateraur,  notum  fa- 
cimus  et  testamur  quod  cum  mercatores  cives  predicte  ci- 
vitatis Messane  nunc  a  dohaneriis  panormitanis  multa  gra- 
vamina  et  exacciones  inlicitas  paciantur ,  [ipsi]  mercatores 
asserentes  molestias  ipsas  universitatis  civitatis  eiusdem,  no- 
lente predicta  universitate  pati  gravamina  inlicìta  supradicta 
et  volente  ipsis  grava  minibus  obviare ,  providit  dieta  uni- 
versitas  Messane  suos  sindicos  ad  serenissimum  dominum 
nostrum  regem  prò  huiusmodi  [negocio]  destinare ,  et  per 
ipsos  sindicos  facere  conscium  dominum  nostrum  regem 
predictum,  per  quem  predicte  exacciones  inlicite  derimantur. 
Propter  quod  dieta  universitas  Messane ,  congregata  in  u- 
num  in  consueto  loco  civitatis  eiusdem,  elegit  suos  sindicos, 
ambassatores  et  nuncios  nobiles  viros  Iudicem  Robertum 
Galzamirra,  Iudicem  civitatis  ipsius  anni  presentis  secunde 
indicionis  predicte,  et  Andriolum  de  Falcono,  regium  Gon- 
sulem  nautarum  in  civitate  predicta,  concives  suos,  ad  pre- 
sentandum  se  coram  regia  maiestate ,  prò  parte  universi- 
tatis eiusdem  ,  et  exponendum  eidem  domino  nostro  regi 
gravamina  et  exacciones  inlicitas  supradictas ,  inlatas  per 
predictos  dohanerios  Panormi  ad  presens  mercatoribus  mes- 
sanensibus  supradictis  et  obtinendum  a  predicta  maiestate 
regia  ea  omnia,  que  in  hiis  mandaverit  regia  maiestas  pre- 
dicta. Promictens  dieta  universitas ,  sub  ypotheca  omnium 
bonorum  suorum,  ratum  habere  quicquid  dicti  eorum  sin- 
dici super  hiis  duxerint  faciendum.  Ad  huius  autem  rei  fu- 
turam  memoriam,  et  quod  de  presenti  sindacatu  et  omnibus 
supradictis  fides  adhiberi  valeat  in  posterum  apud  omnes, 
factum  est  inde  presens  instrumentum  per  manus  mei  pre- 
dicti  notarii  Henrici,  subscripti  nobilis  viri  domini  de  Villa- 
ragut  regii  Stratigoti  Messane ,  nostrum  predictorum  ludi- 


—  443  —  (1289) 

cum  subscriptionibus  et  subscriptorum  testium  testimonio 
roboratum. 

f  Ego  Berengerius  de  Vilaraguto  regius  Stratigotus  Mes- 
sane. 

•J-  Ego  Bartholomeus  de  Insula  Iudex  Messane. 

f  Ego  Iohannes  de  Laburzi  Iudex  Messane. 

f  Ego  Nicolosius  de  Brignali  Iudex  Messane. 

f  Ego  Iudex  Guilelmus  de  Pactis  testor. 

f  Ego  notarius  Iohannes  de  Peregrino  testor. 

-J-  Ego  Boniohannes  de  Ioffo  testis  sum. 

f  Ego  Poncius  Gepulla  testor. 

f  Ego  Philippus  Sardus  testor. 

f  Ego  Nicholaus  de  Bonfilio  testor. 

f  Ego  Aldibrandus  de  Falcone  testor. 

f  Ego  Iacobus  de  Bufalo  subscripsi. 

f  Ego  Astasius  Chaffus  de  Granata  testor. 

f  Ego  Iohannes  Buccapichula  testor. 

-J-  Ego  Bartholomeus  de  Magistro  Iudex  Messane. 

f  Ego  Robbertus  de  Aloysio ,  miles ,  nesciens  scribere 
feci  subscribi  per  manus  Guillelmi  de  notario  Orlando  de 
Aydone. 

f  Ego  Fridericus  Russus,  miles,  fìlius  Perroni  Russi  testor. 

f  Baldoynus  Mussonus. 

f  Ego  Boniohannes  de  Falcone  testor. 

f  Ego  Gonradus  Riara  testis  sum. 

f  Ego  Henricus  de  Sancta  Epifronia  regius  publicus  Mes- 
sane notarius  scripsi  et  testor. 

Dalla  perg.  di  n.  280  del  regno  di  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona.  Vi  si  riscontra  qualche  errore  e  lacuna,  che 
ho  corretto  e  supplito. 

Carini,  Gli  Arai,  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  231  ne  dà  il  sunto, 
con  la  data  1288,  che  non  riduce  al  modo  comune,  e  trascrivendo 
Calzamurra  invece  di  Calzamirra  come  trovasi  nel  testo. 

Ho  fatto  nel  1906  menzione  di  tale  documento  nel  mio  lavoro 
Le  Pandette  delle  gabelle  cit.  pag.  XVI,  nota  1,  fra  i  ricordi  della 
Pandetta  antica  di  Palermo. 


(1289)  —  444 


La  deliberazione  dei  Messinesi  è  veramente  importante  per  la 
storia  del  commercio  dell'isola,  perchè  prova  come  essi  non  go- 
dessero allora  grandi  esenzioni  nella  dogana  di  Palermo  ,  anzi 
fossero  costretti  ad  exacciones  inlicitas,  nonostante  il  privilegio 
del  Re  Federico  svevo,  che  nel  1196  ordinava  «  universos  [Mes- 
sanenses]  per  totum  regnum  nostrum,  tam  per  mare  quam  ter- 
ram,  ampia  volumus  liberiate  beare  »  (De  Vio,  Pimi.  Panormi  cit. 
pag.  35).  Sembra  pertanto  che  tale  franchigia  col  decorrere  dei 
tempi  non  fosse  stata  più  osservata,  come  dovevasi.  La  Pandetta 
che  vigeva  in  Palermo  nel  1289  era  appunto  quella  di  origine 
sveva,  che  gli  Angioini  avevano  mantenuto ,  e  che  è  stata  pub- 
blicata da  Pollaci,  Atti  della  città  di  Palermo  cit.  pag.  317  e  seg. 
il  quale  però  non  seppe  rilevare  la  vera  data  di  essa. 

Per  le  molteplici  disposizioni  che  nella  Pandetta  di  Palermo 
si  contenevano,  specialmente  per  le  dogane  di  mare  e  terra  e  per 
qualche  altra  gabella,  dovettero  avvenire  spesso  inconvenienti  coi 
Messinesi  per  l'esazione  di  quelle  tasse.  In  Messina  anche  in  tal 
tempo  nella  Pandetta  notavansi  «  multas  diversitates  iurium  do- 
hanarum  portus  et  terre»,  talché  i  mercanti  «ab  exercendis  nego- 
ciacionibus  eorum  resilire  quodammodo  cogebantur  »  ,  come  di- 
ceva il  Re  Giacomo  nel  privilegio  del  16  febbraio  1286  (cfr.  so- 
pra, doc.  GXL).  La  notizia  delle  molestie,  che  arrecavansi  ai  Mes- 
sinesi in  Palermo,  trova  piena  conferma  nelle  espressioni  che  u- 
savano  i  Palermitani  per  la  loro  Pandetta,  innanzi  la  riforma  di 
essa  avvenuta  nel  1312,  sull'  esempio  di  quella  di  Messina ,  per 
le  dogane  di  mare  e  terra.  Si  manifestava  infatti  dai  Palermitani 
al  Re  Federico  II  che  «propter  multas  et  diversas  cabellas  do- 
hanarum  regiarum  urbis  .  .  .  mercatores  .  .  .  sepius  impediun- 
tur  et  diversimode  molestantur ,  in  eo  maxime  quod  diversas 
soluciones  eos  proinde  facere  oportet  in  cabellis  eisdem  »  (cfr.  G. 
La  Mantia,  Pandette  cit.,  pag.  XV  e  seg.). 

Quali  provvedimenti  abbia  adottato  il  Re  Giacomo  per  i  pa- 
gamenti dei  Messinesi  nella  dogana  di  Palermo  non  ci  è  noto  ; 
però  non  è  a  presumere  che  le  proteste  solenni  della  città  di  Mes- 
sina siano  rimaste  senza  la  debita  considerazione ,  almeno  per 
mitigare  rigori  ed  arbitri. 

Sono  degne  di  nota  nel  documento  la  menzione  del  Consul 
nautarum  e  le  firme  dello  Stratigoto  di  Messina ,  di  Nicoloso 
de  Abrignali  ,  che  fu  nel    1290   inviato   come   nunzio  a  Genova 


-  445  —  (1289) 

(cfr.  doc.  di  tale  data),  e  di  Baldovino  da  Mussone,  l'antico  ca- 
pitano di  Messina  ,  anteriore  ad  Alaimo  da  Lentini  (V.  sopra , 
pag.  16  e  149) ,  oltre  una  firma  araba  che  trovasi  in  fine  fra  le 
altre  nel  documento  medesimo. 


cxo. 

1289,  agosto,  indizione  2a,  Gaeta. 

Trattato  di  tregua  conchiuso  tra  il  Re  Carlo  II  di  Napoli  e  Gia- 
como Re  di  Sicilia  per  due  anni ,  cioè  sino  alla  festa  di  Ognis- 
santi della  5»  indizione  (1°  novembre  1291).  Si  stabilisce  in  esso  : 

1.  Durante  quel  termine  non  si  potrà  muovere  guerra  per 
mare  o  per  terra,  né  permetterla. 

2.  Restano  esclusi  dalla  tregua  i  territori  della  Calabria 
sino  a  Trebisaccie  e  Castellabate;  ma  vanno  invece  soggetti  i  luo- 
ghi medesimi  che  sono  presso  il  mare. 

3.  Non  è  concessa  tregua  agli  almogaveri,  che  si  trovano  in 
quei  territori,  nel  caso  di  guerra  nel  regno,  e  ad  essi  il  Re  Gia- 
como non  darà  aiuto  o  consiglio. 

4.  Appartiene  al  Re  Giacomo  ed  ai  suoi  ufficiali  V  obbligo 
di  inviare  vascelli  con  munizioni  per  difesa  delle  terre  e  luoghi 
di  Calabria,  soggetti  al  suo  dominio. 

5.  È  vietato  al  Re  Giacomo  di  inviare  vascelli  per  muovere 
guerra  o  ribellione  nei  luoghi  marittimi  appartenenti  al  Re 
Carlo  II. 

6.  Nel  caso  di  danni  cagionati  da  una  delle  parti  contraenti, 
ne  sarà  fatto  V  esame  dinanzi  la  Corte  che  ha  sofferto  i  danni 
suddetti,  o  innanzi  il  nobile  Giovanni  di  Monforte  per  parte  del 
Re  Carlo  II,  o  dell'  ammiraglio  Ruggiero  Loria  per  parte  del 
Re  Giacomo,  e  si  risarcirà  fra  quaranta  giorni  il  danno  dal  so- 
vrano, che  l'ha  arrecato. 

....  Quod  usque  ad  festum  omnium  Sanctorum  proxi- 
mo  future  quinte  indictionis  penitus  duraturum,  guerram  ali- 
quam  non  faciatis  in  terra  nec  in  mari,  neque  per  vestrorum 
aliquos  moveri  aut  fieri  permittatis ,  exclusis  a  conditione 


(1289)  —  446  — 

treuguarum  ipsarura  per  terram  [locis]  Calabrie  et  citra  Cala- 
briam  usque  Tribisacium  et  Gastrum  Abbatis,  quibus  .... 
per  mare  (vero  et  usque  ad  locos  maris  treuge  sunt  indite 

prò  ut [exclusis|  etiam  a  terminis  predictorum   fi- 

niura  infra  terram   almugavaris  tantum  ,   si  forte  guerram 

aliquam  per  terram ubilibet  infra  regnum.  Pro- 

misso  tamen  per  vos  bona  fide  quod  almugavaris  ipsis,  in 
movenda  vel  facienda  guerra  ipsa,  nullum  prestetis  consi- 
lium,  auxilium  vel  favorem,  nec  per  officiales  aut  stipendia- 
rios  vestros  associari  permictatis  eosdem.  Et  licet  ex  treu- 
guarum ipsarum  serie  vobis  et  officialibus  vestris  competat, 
prò  munitione  terrarum  et  locorum  Calabrie  vestro  subie- 
ctorum  dominio,  vascella  illuc  per  mare  mietere  cum  muni- 
tionibus  oportunis,  per  sequens  tamen  capitulum  de  treugis 
ipsis  per  vos,  gentem,  valitores  ac  fautores  vestros  ubilibet 
per  mare  servandum  ac  servare  faciendum  ,  expresse  su- 
biungitur  quod  causa  faciendi  vel  movendi  guerram  ,  sca- 
dalum  vel  turbationem  in  locis  aliquibus  existentibus  ubi- 
libet in  dominio  ac  potestate  dicti  regis,  vobis  infra  tregua- 
rum  ipsarum  tempus,  cum  vascellis  aliquibus  ire  non  liceat, 
aut  illuc  vascella  mietere  in  magna  vel  modica  quantitate. 
Quibus  etiam  treugis  inter  alia  subditur  quod  si  medio  tem- 
pore contra  earum  formam  ab  una  parte  aliqua  dampna 
data  fuerint  alteri ,  eis  probatis  in  Curia  domini  dampna 
passi,  vel  viri  nobilis  domini  Ioannis  de  Monteforte,  Squil- 
lacii  et  Montis  caveosi  comitis,  prò  parte  dicti  regis,  seu  viri 
nobilis  domini  Rogerii  de  Lauri  a,  vestri  ac  regni  Aragonum 
Ammirati,  prò  parte  vestra,  dominus  illatoris  infra  quadra- 
ginta  dies,  numerandos  a  die  significationis ,  exinde  per  li- 
cteras  sibi  factas  dampna  ipsa  bona  fide  sarciri  faciat  .... 
passis. 

Dal  registro  angioino  n.  54,  notato  1291  A,  a  fol.  183  e  seg., 
nell'Archivio  di  Stato  di  Napoli.  Il  testo,  reso  più  breve ,  è  in- 
serito in  un  documento  del  conte  Roberto  d'Artois,  del  27  dicem- 
bre 1290. 


—  447  —  (1289) 

Pubblicato  il  documento  suddetto  del  1290  da  Amari,  Un  pe- 
riodo cit.  Documenti,  pag.  XVIII  e  seg.,  e  ristampato  da  Toma- 
celli,  Storia  dei  reami  di  Napoli  e  Sicilia  cit.,  voi.  II,  pag.  405 
e  seg. 

Il  conte  d'Artois  ricorda  espressamente  (oltre  i  nomi  dei  so- 
vrani stipulanti)  la  data  del  trattato  «  de  mense  augusti,  secunde 
indictionis  proximo  preterite ,  ante  Gaietam  »  ,  ed  aggiunge  che 
se  ne  aveva  «non  vulgarem  exinde  in  populis  notionem»,  e  che 
fu  formato  atto  solenne  «  confecta  utraque  [corr.  utrinque]  pro- 
inde scripta  sollempnia ,  serie  tam  fulgenti».  Non  si  ha  alcun 
dubbio  che  il  testo  sia  quasi  con  le  stesse  parole  riferito  in  gran 
parte,  come  si  desume  dall'affermazione  del  conte  d'Artois:  «  satis 
adiacet  verba  repeti  treuguarum,  ut  eorum  serie  proposita  »  ecc. 

Varie  notizie  su  i  fatti  dell'assedio  di  Gaeta,  ove  era  presente 
il  Re  Carlo  II  (ossia  il  principe  di  Salerno)  già  libero  dalla  pri- 
gione di  Catalogna  sin  dal  novembre  1288 ,  e  coronato  in  Rieti 
a  29  maggio  1289,  offre  Amari,  9a  ediz.,  voi.  Il,  pag.  205  e  seg. 
Il  cronista  Speciale  dice  :  «  Igitur  inter  partes  treuge  firmate  sunt, 
et  ut  deferatur  in  aliquo  regie  dignitati,  Comes  [Avellini]  prior 
loca  castrorum  deseruit,  post  biduum  vero  Rex  [Iacobus]  classem 
ascendens  in  Siciliam  remeavit»  (lib.  II,  cap.  14,  ed.  Gregorio 
cit.,  pag.  344).  Di  quella  tregua  scriveva  poi  Carlo  II  a  1°  novem- 
bre al  Re  Alfonso  (cfr.  Rymer,  Foedera  cit.  t.  II,  pag.  441),  ed 
il  papa  Bonifazio  Vili  nel  1300  la  ricordava  come  nulla ,  e  sti- 
pulata senza  autorizzazione  della  Chiesa  (Vedi  Potthast  ,  cit. 
n.  24898).  Nella  importante  lettera  suddetta  di  Carlo  II  si  dice 
altresì  che  fu  discusso ,  durante  quella  tregua ,  il  progetto  del 
trattato  di  pace,  ma  che  venne  respinto  dal  Re  Giacomo  e  dal 
Loria ,  e  che  fu  anzi  ad  alcuni ,  che  tale  ripulsa  biasimavano  , 
«  per  eundem  Rogerium  inculcata  responsio  quod  si  Catalonia  et 
Aragonia  et  totus  mundus  contra  ipsos  signum  crucis  assume- 
rent ,  propter  hoc  non  dimittent  Siciliam  ,  nisi  exinde  viribus 
axtrahantur  » . 

Mi  è  sembrato  utile  riprodurre  la  parte  del  documento  acces- 
sorio e  di  reclamo  del  1290  che  contiene  il  testo  del  trattato  di  tre- 
gua, perchè  se  ne  abbia  migliore  notizia  e  possano  considerarsi 
con  precisione  le  notevoli  disposizioni  quivi  contenute.  Ho  emen- 
dato il  testo  per  qualche  errore  evidente  o  lacuna.  Gli  almogaveri 
erano  le  animose  milizie  catalane,  ben  note  per  i  ricordi  frequenti 


(1289)  —  MS  — 

delle  cronache.  Di  essi  fornisce  estesa  menzione  Dugange,  voce 
Almugavari,  traendone  l'etimologia  dall'arabo.  Altre  particolari 
notizie,  anche  in  riguardo  a  questo  documento,  dà  Amari,  9a  ed. 
voi.  I,  pag.  349,  nota  1.  Su  Giovanni  di  Monforte  si  vedano  i 
documenti  del  1288  e  1291  editi  da  Minieri-Riccio,  Saggio  di  co- 
dice diplomatico.  Napoli,  1882,  Supplemento,  parte  I,  pag.  49  e  53. 
La  tregua  non  fu  esattamente  osservata  dai  Siciliani ,  e  fre- 
quenti proteste  spedivansi  dalla  Corte  di  Napoli  al  Re  Giacomo 
ed  a  Loria,  come  appare  dal  documento  inedito  del  28  ottobre  di 
questo  stesso  anno,  che  viene  da  me  appresso  riferito  (n.  CXC1). 
Nondimeno  la  Sicilia  potè  ancora  godere  un  periodo  di  quiete  e 
di  pace,  che  servì  a  sollevare  le  condizioni  del  regno. 


OXOI. 

1289,  ottobre  28,  S.  Gervasio. 

Il  conte  Roberto  d'Artois  e  Carlo,  figlio  primogenito  e  Vicario 
generale  del  Re  Carlo  II  di  Angiò,  scrivono  a  Giacomo,  Re  di  Sici- 
lia, per  dargli  notizia  che,  dopo  l'avvenuta  conchiusione  e  pubbli- 
cazione della  tregua  tra  il  suddetto  Carlo  e  Giacomo  (V.  doc. 
precedente),  hanno  saputo  che  una  nave  con  gente  del  medesimo 
Re  Giacomo,  armata  in  Cotrone,  navigando  verso  la  marina  di 
Policoro,  aggredì  quegli  abitanti ,  ed  alcuni  uccise  ed  altri  fece 
prigioni,  e  che,  poco  dopo,  altre  due  navi  pure  armate  in  Cotrone, 
scorrendo  la  marina  di  Valle  di  Crati  e  di  Otranto,  saccheggia- 
rono alcuni  casali  e  presero  varie  barche  che  viaggiavano.  Ri- 
chiedono pertanto  il  Re  Giacomo  perchè  provveda  a  reprimere  le 
offese  arrecate  dalle  suddette  navi  e  da  altre  contro  i  patti  sta- 
biliti per  la  tregua,  ed  al  compenso  dei  danni,  ed  avverta  quanto 
crederà  disporre. 

Simile  lettera  a  Ruggiero  Loria. 

Inclito  viro  domino  lacobo dudum  regis 

Aragonum.  Robertus  coraes  Atrebatensis  et  Karolus  illustris 
regis  Iherusalem  et  Sicilie  primogenitus hono- 


—  449  —  (1289) 

ris  Montis  sancti  Angeli  dominus,  ac  in  eius  regno  Sicilie 
Vicarius  generalis,  id  agere  quod  valeat  ad  salutem.  Dudum 
post  contracta  inter  magnifìcum  principem  dominum  Karo- 
lum  secundum,  Iherusalem  et  Sicilie  regem  illustrem,  ac  vos 

presencium  federa  treugarum,  eo  quidem per  fi- 

deles  regios  citra  Farum  ex  parte  regia  publicatis,  magnitudo 
vestra  ex  sua  simile  fecerat  ac  fecisse  debuerat,  in  quo  vos 
credere  nec  debemus  nec  volumus  defecisse ,  ad  noticiam 
nostram  pervenisse  noveritis  quod  galionus  unus,  in  Cutrono 
gente  vestre  potestatis  armatus,  apud  maritimam  Policorii 
navigavit  eiusque  naute  loci  eiusdem  homines ,  qui  velud 
infra  treugas  positi,  de  ipsarum  securitate  fìdentes  et  proin- 
de tam  [inj  fortelliciis  quam  excubiis  minus  cauti,  hostiles 
incursus  et  presertim  maritimos  non  timebant,  hostiliter  in- 
vaserunt;  et  pluribus  interemptis,  nonnullos  secum  captivos 
cum  suis  spoliis  traduxerunt.  Verum  cum  id  vobis  scribere 
pararemus ,  ecce  iterato  et  graviter  multorum  fidelium  nu- 
per  ad  nos  querela  perduxit  quod  galioni  duo  similiter  in 
Cutrono  armati,  terre  Ydronti  maritimam  discurrentes,  ca- 
salia  quedam  sunt  ipsarum  parcium  depredati ,  et  barcas 
quasdam  ceperunt  per  maritimam  Vallis  grati  et  terre  Y- 
dronti  sub  treuguarum  ipsarum  fiducia  navigantes.  Sane 
licet  vir  nobilis  dominus  Iohannes  de  Monteforti ,  Squil- 
laci et  Montis  Caveosi  comes  ac  regni  Sicilie  Gamerarius , 
dampna,  que  inferrentur  per  vos  nostris,  vobis  intimaret,  et 
que  darentur  per  nostros  vestris,  ex  pactis  invicem  habuerit 
emendare  ;  quia  tamen  prefatus  rex  eum  ad  partes  Francie 
secum  duxit,  sibi  in  hiis  ex  parte  nostra  viros  nobiles  do- 
minum Anselmum  de  Gaprona,  regni  Sicilie  marescallum , 
et  dominum  Hugonem  de  Vicinis  regie  marescalle  magistrum 
esse  noveritis  substitutos ,  qui  quantitatem  et  qualitatem 
dampnorum  ipsorum  cerciori  et  piena  indagine  veritatis  ex- 
quirunt,  vobis  e  vestigio  intimandam.  Vos  igitur,  ex  dieta- 
rum  treugarum  virtute,  requirimus  quod  super  cohibendis 
de  cetero,  ab  offensione  nostrorum,  tam  dictis  vassellis  quam 
aliis,  et  generaliter  servandis  treugarum  ipsarum  federibus, 
G.  La  Mantia,  God.  dipi.  arag.  29 


(1289)  —  450  — 

nec  minus  puniendis  hiis,  qui  eas  transgredi,  ut  predicitur, 
ausi  sunt,  ac  dampnorum  per  dictos  galionos  datorum  e- 
mendacione,  cum  de  illis  certitudinem  a  predictis  substitu- 
tis  habebitis,  id  velitis  et  expresse  mandare  et  efficaciter  o- 
perari,  quod  honori  nostro  et  promisse  fìdei  servacioni  de- 
betur.  Rescribentes  nobis  per  latorem  presencium  quicquid 
inde  intenditis  per  debita  vestre  correpcionis  opera  secutu- 
ros.  Datum  apud  Sanctum  Gervasium,  die  XXVIfl  octubris, 
IIP  indicionis  [1289J. 

Eodem  die,  ibidem ,  similes  facte  sunt  domino  Rogerio 
de  Lauria,  verbis  competenter  mutatis. 

Dal  reg.  angioino  n.  54,  segnato  1291  A  ,  fol.  10  r.  nell'  Ar- 
chivio di  Stato  di  Napoli.  Il  testo  è  logoro  in  qualche  parte  per 
umidità  nella  pergamena. 

Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  209,  dà  un  breve  sunto  indeter- 
minato di  tale  documento  per  «atti  contrari  alla  tregua». 

Vari  documenti  di  simil  genere  trovatisi  per  tale  anno  e  per 
il  seguente  nei  registri  angioini,  e  contengono  le  rimostranze  che 
facevansi  dai  Vicari  al  Re  Giacomo  od  a  Loria  per  inosservanza 
della  tregua,  od  i  provvedimenti  che  davansi  in  tale  occasione. 
Di  alcuni  di  quei  documenti  ha  fatto  cenno  1' Amari  cit.  a  p.  209 
e  210.  Ho  voluto  riferire  il  testo  intero  della  lettera  dei  Vicari 
angioini  del  1289,  da  me  trascritto  nell'Archivio  di  Napoli,  per- 
chè essa  costituisce  uno  dei  reclami  più  vicini  al  tempo  della 
conchiusione  della  tregua,  cioè  nella  fine  di  agosto  1289. 

Devonsi  rilevare  nel  documento  le  espressioni  di  principe  e 
Re  usate  per  Carlo  II,  liberato  da  poco  tempo  dalla  prigionia  in 
Catalogna  ,  e  la  notizia  che  il  conte  Giovanni  di  Monforte  era 
andato  allora  insieme  col  Re  ad  partes  Francie ,  e  che  in  vece 
del  suddetto  conte  erano  stati  destinati,  per  il  compenso  dei  danni 
derivanti  dalle  infrazioni  reciproche  della  tregua,  il  maresciallo 
Anselmo  de  Caprona  ed  il  maestro  Ugo  de  Vicinis.  Sul  Monforte 
cfr.  altresì  i  ricordi  biografici  che  fornisce  Durrieu,  Les  archives 
angevines  de  Naples  cit.,  t.  II,  pag.  352. 


—  451  —  (1290) 

OXOTI. 

1290,  marzo  22,  indizione  3a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  annunzia  a  Giovanni  Sestari  di  avere  ricevuto 
le  sue  lettere,  nelle  quali  ha  riferito  le  notizie  avute  da  Genova, 
e  vuole  che  ancora  ne  trasmetta  al  più  presto.  Lo  encomia  per 
la  sua  sollecitudine  circa  l'impeciatura  delle  navi  ed  altri  servisi. 
Per  la  nave  di  Ruggiero  Loria  e  per  quelle,  che  dovranno  pren- 
der carico,  gli  ordina  di  inviarle  dove  si  hanno  migliori  notizie, 
tranne  che  in  Catalogna,  e  che  sia  mandata  pure  per  il  carico  la 
nave  regia,  se  non  potrà  noleggiarsi.  Dice  di  aver  fatto  vendere 
la  pece  spedita,  che  sinora  non  è  stata  consegnata  al  compratore, 
e  di  inviargli  intanto  (per  le  spese  necessarie)  col  latore  della 
lettera  cento  onde  in  pierreali  d'oro,  riserbandosi  di  rimettere  il 
resto. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  lohanni  Sestari  fideli  suo  graciam  suam  et 
bonam  voluntatem.  Reebem  les  letres  vestres,  eri  quens  fa- 
yets  saber  entre  les  altres  coses  lo  novel,  que  entes  aviets 
de  les  parts  de  Ienova,  lo  qual  novel  entes  segons  que  vos 
per  les  dites  letres  nos  trameses  a  dir,  loam  molt  la  solli- 
citut  que  avida  avets  en  fer  saber  a  nos  aquel.  Manans  a 
vos  que  totavia  que  ardit  o  novel  alcu  sabrets  dalcunes 
parts,  que  fassats  aquel  nos  saber  con  pus  tost  puscats. 
Loan  encara  la  sollicitud,  que  avets  en  les  pecgaments  de- 
les  nosires  naus  et  en  fer  les  altres  serveys  nostres.  Ago 
que  vos  demanavets  del  tari  de  la  dohana,  nos  avem  ia 
trames  recapte  per  lo  correu,  que  vos  nos  trameses,  quens 
trameses  a  dir  del  fet  de  la  nau  den  Rogers ,  si  playa  a 
nos  quant  fos  carrigada,  que  la  tramesesets  la  don  agues- 
sets  melors  noves,  et  que  valria  mes  que  trametrela  en  Ga- 
talunya.  Vos  responem  eus  manam  que  quant  la  dieta  sia 
carregada  et  espeeguda ,  et  encara  les  altres  que  per  nos 
avets  a  carregar ,  que  les  trametats  la  don   melors  noves 


(1290)  —  452  - 

haiats,  ab  consel  totavia  den  Vilaragut  et  den  Gerusa  suy 
scr[ivan ,  exjceptat  en  Gatalunya ,  on  en  nenguna  raanéra 
no  volem  que  vaien.  Aago  quens  envias  a  dir  de  la  nostra 
nau,  si  vuliem  que  quan  fos  venguda ,  que  la  tramesesets 
al  carrech ,  vos  responem  eus  manam  que  mantinent  que 
sia  venguda,  si  doncs  no  la  pudiers  noliciar  per  aquel  no- 
lit ,  que  nos  ia  us  avem  trames  a  dir  per  altres  letres  no- 
stres ,  la  trametats  al  carrech.  E  aixi  aquel  con  les  altres 
que  les  peutets  despeegar  tant  pus  tost  ne  pus  delivrament 
pugats.  La  pegunta  quens  trameses,  avem  feta  reembre,  et 
es  ver  ....  da,  mas  encara  no  sabem  quant  pesara,  que 
aquel  qui  la  avia  comprada  no  la  avia  reebuda  ;  mas  per 
mes  a  vos  a  des  vos  puscats  aiudar  dels  diners  en  co , 
quels  avets  mester  en  nostres  serveys,  enviam  vos  per  en 
P.  Busot ,  portador  destes  letres ,  del  preu  daquela  G  un- 
Qas  en  perreals  dor,  comprat  cambi  a  rao  de  VIIJ  grans 
per  unga,  et  el  sobrepus  vos  enviarem  per  bom  segur  quant 
la  pegunta  sera  pesada ,  et  sarem  certs  a  quant  pervin  tota 
la  pegunta  damuntdita  ;  vos  empero  quan  les  dites  G  un- 
gas  havets  reebides ,  certificats  nos  per  letres  vostres.  Da- 
tum  Messane,  XXII0  marcii,  III  lndicionis  [1290]. 

Questo  documento  in  antico  idioma  catalano  si  conserva  al 
n.  9835  delle  Cartas  sueltas  sin  fecha  del  Re  Giacomo  II,  nello 
Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona.  Vi  manca  la  data  dell'anno,  la 
quale  si  desume  dall'indizione  e  dalla  data  di  luogo. 

Non  è  dubbio  che  la  lettera  regia  sia  stata  inviata  in  Catalogna, 
della  quale  regione  si  adoperava  talvolta  il  linguaggio  anche  nella 
Corte  di  Sicilia.  Le  notizie  di  Genova  riferi sconsi  probabilmente 
ai  fatti  concernenti  le  pratiche  per  la  lega  proposta  dal  Re  Al- 
fonso a  27  gennaio  1290,  in  seguito  alla  mancata  fede  del  prin- 
cipe di  Salerno,  il  quale  «non  pacem  ,  imo  guerram  et  discor- 
diam  contra  nos  ipse  procurat»,  ed  ha  per  sé  l'aiuto  della  Chiesa 
romana,  che  «non  vult  in  iusticia  nos  audire»,  onde  il  Re  di- 
chiara ai  Genovesi  che  sarebbe  stato  costretto  a  combattere  la 
Chiesa,  «nam  vim  vi  repellere  omnes  leges  omniaque  iura  pro- 
clamant».  Nelle  condizioni  della  lega  scritte  in  catalano  ed  ag- 


—  453  —  (1290) 

giunte  in  fine  del  documento  suddetto ,  al  §  3  era  stabilito  che 
il  Re  Alfonso  dovesse  pure  procurare  l'amicizia  del  fratello  Gia- 
como di  Sicilia.  Il  documento  inedito  è  stato  da  me  pubblicato 
nell'Armari  (1908)  d'Estud.  calai,  cit.,  pag.  360-362. 

Si  ha  altresì  la  prova  dei  rapporti  della  Corte  di  Sicilia  con 
la  repubblica  di  Genova,  in  quel  tempo,  da  un  privilegio  del  Re 
Giacomo  del  3  luglio  1290  di  concessione  di  immunità  di  com- 
mercio ai  Genovesi  in  Sicilia,  nel  quale  si  ricorda  un'ambasceria 
inviata  dal  Re  di  Sicilia  ai  Genovesi  nel  mese  di  maggio  del  me- 
desimo anno  (cfr.  appresso,  doc.  GCIII). 

I  provvedimenti  per  navi,  trasporti  di  provvigioni  ed  invio  di 
danaro  per  le  spese  diverse  erano  quindi  dati  nell'  occasione  di 
difesa  necessaria  alla  Catalogna.  È  notevole  in  fine  in  questo  do- 
cumento la  designazione  del  cambio  al  computo  (a  rao)  di  grani 
otto  per  oncia  di  pierreali  d'oro.  Su  la  coniazione  di  tale  moneta, 
ordinata  dal  Re  Pietro  I  in  Sicilia,  rimane  il  documento  del  1283 
nel  reg.  54,  fol.  176  e  seg.  ed  anco  il  fac-simile  della  moneta  dopo 
le  parole  :  que  sii  forme  et  cunei  - provisum  (cfr.  Carini,  De  rebus 
cit.,  pag.  425  e  seg.). 


OXOIII. 

1290,  aprile  8,  indizione  3»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  costituisce  suo  procuratore  Bertrando  de  Can- 
nellis  per  esigere,  per  parte  sua,  da  Giacomo  di  Pietro  figlio  del 
Re  Pietro  I,  suo  padre,  la  somma  di  venticinquemila  soldi  di 
Barcellona ,  consegnata  in  mutuo  al  medesimo  dall'  ammiraglio 
Ruggiero  Loria.  Conferisce  a  tal  uopo  ogni  facoltà  per  il  conse- 
guimento della  somma,  promettendo  di  ratificare  quanto  il  de 
Cannellis  eseguirà. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Presenti  scripto  notura  fieri  volumus  univer- 
sis  quod  nos  constituimus,  facimus  et  ordinamus  Bertran- 
dum  de  Canellis,  militem,  legitimum  et  certuni  procuratorem 


(1290)  —  454  — 

nostrum  ad  petendum,  exigendum  et  recipiendum,  nomine 
et  prò  parte  nostra,  ab  egregio  Iacobo  Petri ,  fìlio  illustris 
Aragonum  et  Sicilie  regis,  clare  memorie,  domini  patris  no- 
stri ,  vigintiquinque  milia  solidorum  bone  monete  Barelli- 
none ponderis  de  terno,  quos  mutuo  sibi  fecimus  assignari 
per  manus  nobilis  Rogerii  de  Lauria,  regnorum  Aragonum 
et  Sicilie  Amirantis,  seu  quos  dictus  Rogerius  mutuavit  et 
tradidit  sibi  nomine  nostro ,  prout  in  scripto  publico  inde 
facto  ad  cautelam  nostram  plenius  continetur.  Dantes  ei- 
dem procuratori  nostro  auctoritatem,  licenciam  et  plenam 
potestatem  predictam  monetam  petendi,  exigendi  in  iudicio 
et  extra,  et  ipsam  recipiendi  nomine  nostro  ab  eodem  de- 
bitore nostro,  faciendi  sibi  quietacionem,  liberacionem,  cau- 
telam seu  apocam  de  receptis  post  recepcionem  integre  mo- 
nete predicte,  constituendi  et  substituendi  alium  vel  alios 
procuratorem  vel  procuratores  loco  sui  eciam  ante  litem,  et 
eciam  faciendi  et  exercendi  omnia  et  singula  circa  premissa 
contra  eum  et  bona  sua,  que  nos  ipsi  contra  eum  et  bona 
sua  tacere  et  exercere  possemus.  Cui  eciam  vel  quibus  con- 
stituendo  vel  substituendo ,  constituendis  vel  substituendis 
per  predictum  Bertrandum  ,  damus  potestatem  recipiendi 
monetam  predictam  nostro  nomine,  et  alia  faciendi  que  com- 
misimus  Bertrando  predicto  circa  predicta.  Promictentes  ra- 
tum  et  fìrmum  habere  et  tenere  quicquid  idem  procurator 
noster,  vel  constituendus  seu  substituendus  unus  vel  plures 
ab  eo,  circa  premissa  et  in  premissis  prò  parte  nostra  du- 
xerit  vel  duxerint  faciendum.  Ad  cuius  rei  certitudinem  pre- 
sens  procuracionis  scriptum  fieri,  et  nostri  sigilli  pendentis 
munimine  iussimus  roborari.  Datum  in  civitate  Messane , 
anno  domini  millesimo  ducentesimo  nonagesimo,  mense  a- 
prilis ,  octavo  eiusdem,  tercie  indicionis,  regni  nostri  anno 
quinto. 

Dalla  perg.  di  n.  364  del  Re  Alfonso  II,  nell'Aron.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag;  233,  ne  dà  un  breve 
sunto. 


—  455  —  (1290) 

Giacomo  di  Pietro  era  figlio  naturale  del  Re  Pietro  I.  Pirri. 
Chronol.  regum  cit.  pag.  XL,  offre  alcune  notizie  biografiche  di 
lui.  Si  ha  il  ricordo  di  altro  mutuo  fatto  dal  suddetto  Giacomo 
di  Pietro  nel  1283  per  la  somma  di  duemila  soldi  di  lacca  (cfr. 
Carini,  cit.  pag.  70).  Si  veda  pure  il  testo  del  documento  del  1284 
da  me  riferito  sopra  (pag.  123  e  seg.). 

Deve  altresì  notarsi  l' indicazione  della  moneta  barcellonese 
de  terno,  per  la  quale  fornisce  chiarimenti  il  Dugange  alla  voce 
moneta  ternalis. 


OXOIY. 

1290,  aprile  25. 

Trattato  di  pace  (in  lingua  araba)  tra  il  Sultano  di  Egitto 
Kélaoun  Malec-el  Mansùr  da  una  parte,  ed  il  Re  Alfonso  d'Ara- 
gona,  il  Re  Giacomo  di  Sicilia  ed  i  fratelli  Federico  e  Pietro 
dall'altra,  da  aver  vigore  dal  giorno  stesso  della  sua  conchiusione. 

Si  concede  con  tale  trattalo  : 

1.  Sicurtà  completa  dal  Re  Alfonso  e  suoi  fratelli  nei  loro 
sfati  agli  abitanti  dei  domini  del  Sultano,  cioè  da  Costantinopoli 
per  le  regioni  dei  Rum  [Bizantini]  e  della  Siria  sino  a  Damiata 
nell'Egitto,  e  di  là  sino  a  Tunisi.  Simile  sicurtà  è  accordata  dal 
Sultano  nei  suoi  domini  agli  abitanti  del  regno  di  Aragona  e  di 
quello  di  Sicilia,  che  comprende  V  isola,  la  terra  di  Puglia  e  le 
isole  di  Malta,  Pantelleria  ed  Ischia. 

2.  Difesa  da  parte  del  Re  Alfonso  nel  caso  che  il  Papa  od 
alcuno  dei  sovrani  Franchi  [Latini]  muovesse  guerra  al  Sultano. 

3.  Aiuto  reciproco  e  ricuperazione,  nei  casi  di  naufragio,  ne- 
gli stati  e  domini  dei  contraènti. 

4.  Trasmissione  libera  dei  beni  di  coloro  che  moriranno  ne- 
gli stati  dell'altro  sovrano. 

5.  Sicurtà  e  custodia  per  gli  ambasciatori  di  entrambi  i  con- 
traenti. 

6.  Proibizione  della  pirateria  e  punizione  dei  colpevoli ,  ed 
invio  dei  prigionieri  salvati  al  proprio  stato. 

7.  Esportazione  libera  dagli  stati  del  Re  Alfonso  per  il  ferro, 
armi  ed  altro. 


(1290)  —  456  — 

8.  Liberazione  di  prigionieri  musulmani,  che  saranno  con- 
dotti per  la  vendita  nei  domini  del  Re  Alfonso  o  del  Re  Giacomo. 

9.  Determinazione  di  controversie  di  commercio  tra  i  Mu- 
sulmani ed  i  sudditi  di  Alfonso  nei  domini  del  Sultano. 

10.  Restituzione  e  rimborso  del  valore  per  le  merci  dei  Mu- 
sulmani perdute  su  le  navi  del  Re  Alfonso. 

11.  Estradizione  per  i  fuggitivi  dai  domini  del  Sultano  in 
quelli  del  Re  di  Aragona  o  di  Sicilia  e  viceversa. 

12.  Permesso  agli  abitanti  degli  stati  dei  Re  Alfonso  e  Gia- 
como per  poter  visitare  la  città  di  Gerusalemme. 

13.  Osservanza  della  tariffa  egiziana  per  le  merci  importate 
dagli  stati  del  Re  di  Aragona  nei  domini  del  Stillano  o  viceversa. 

Segue  il  testo  delle  tormole  del  giuramento  prestato  dal  Sul- 
tano e  dal  figlio,  e  dal  Re  di  Aragona  per  sé  ed  i  suoi  fratelli. 

Il  testo  di  tale  trattato  trovasi  riferito  per  intero  in  un  mano- 
scritto arabo,  conservato  nella  Biblioteca  Nazionale  di  Parigi,  ed 
intitolato  Kitàb  tajrif  al  ayàm  (Gloria  dei  giorni  e  dei  tempi)  os- 
sia cronaca  del  Sultano  Kélaoun. 

Pubblicato  la  prima  volta,  tradotto  in  francese,  dal  De  Sacy, 
nella  collezione  del  Millin,  Magasin  encyclopédique.  Paris,  1801 
an.  7°,  t.  II,  pag.  145  e  seg.  Amari  ne  ristampò  poi  la  versione 
con  note  (riveduta  e  migliorata  su  quella  data  dal  De  Sacy)  nella 
4»  ediz.  del  Vespro.  Firenze,  1851,  doc.  XXXI  e  nelle  posteriori; 
e  ne  die  ancora  il  testo  arabo  nella  Biblioteca  arabo  sicula.  Lip- 
sia ,  1857  ,  cap.  43,  pag.  339  e  seg  ;  ed  altra  ristampa  della  sua 
traduzione  nella  Bibl.  arabo  sic.  Torino,  1880,  voi.  I,  pag.  552-568. 

Aveva  dato  una  breve  notizia  del  contenuto  di  questo  trattato 
il  Reinaud  ,  Extrait  des  Historiens  arabes  relati fs  aux  guerres 
des  Croisades.  Paris,  1829  ;  e  ne  faceva  pure  esplicita  menzione 
il  Michaud  ,  Histoire  des  Croisades.  ediz.  Paris,  1862,  per  cura 
di  Huillard  -  Bréholles,  t.  Ili,  pag.  314. 

L'anonimo  cronista  arabo,  del  tempo  di  Kélaoun,  nel  paragrafo 
riferito  dal  De  Sacy  e  dall' Amari  premette  alcune  notizie  su  l'o- 
rigine del  trattato,  che  serviva  a  fermare  «  la  pace  nei  medesimi 
termini,  nei  quali  fu  stabilita  tra  lo  imperatore  Federigo  II  e  il 
Sultano  Malec  Camil»,  il  quale  anteriore  trattato  si  crede  dall' A- 
mari  ,  9a  ed.  voi.  Ili,  pag.  368  esser  quello  conchiuso  nel  1229, 
sebbene  nel  voi.  II  pag.  222  lo  ritenga  piuttosto  l'altro  del  1242 


—  457  —  (1290) 

approvato  dal  sultano  Malek-  Saleh.  Dopo  la  morte  di  Alfonso  III 
d'Aragona,  il  Re  Giacomo  succeduto  in  quel  regno,  inviò  in  ago- 
sto 1292  da  Barcellona  suoi  capitoli  al  Sultano  Malek  el-  Archraf 
Khalil  per  chiedere  la  conferma  del  precedente  trattato  del  1290.  Il 
testo  di  quei  capitoli  fu  dato  in  luce  da  Capmany  ,  Memorias 
cit.  t.  IV  ,  pag.  17  e  seg.  doc.  Vili ,  e  riprodotto  da  Amari  ,  4a 
ediz.  1851,  doc.  XXXIII ,  pag.  600  e  nelle  altre.  Il  Re  Giacomo 
stipulò  poi  a  29  gennaio  1293  un  trattato  col  successore  di  Kélaoun 
(V.  doc.  di  tale  data),  e  sembra  che  ciò  sia  stato  l'effetto  dell'am- 
basceria dell'agosto  1292. 

Amari  conobbe  in  Parigi,  per  i  suoi  studi  sull'epoca  musul- 
mana in  Sicilia,  il  testo  arabo  e  la  traduzione  del  1801  eseguita 
dal  De  Sagy  del  trattato  del  1290,  perchè  nella  la  ediz.  del  Ve- 
spro ed  in  quella  stessa  di  Parigi  del  1843  egli  non  avea  fatto 
alcuna  menzione  di  esso;  ed  invece  nella  4»  ediz.  del  1851  ne  die 
estesa  notizia  e  riassunto  (pag.  335-341).  Si  giovò  indi  I'Amari 
di  quelle  sue  particolari  ricerche  arabiche,  per  offrire  nella  Sto- 
ria dei  Musulmani  di  Sicilia.  Firenze,  1868  ,  voi.  Ili,  pag.  649 
e  seg.  alquanti  cenni  sul  trattato  dell'imperatore  Federico  del  1242 
e  sull'altro  del  1290  di  Alfonso  di  Aragona  col  Sultano  Kélaoun 
e  sulle  cagioni  che  costrinsero  quei  sovrani  ad  approvarli,  le  quali 
sono  piuttosto  induzioni  storiche  per  l'avversione  manifesta  de- 
gli Svevi  e  degli  Aragonesi  alla  Chiesa  romana,  non  ricavandosi 
bene  dal  testo. 

È  degno  di  nota  che  Amari  n^lla  4a  ediz.  del  Vespro  nell'indice 
al  n.  XXXI  designa  il  trattato  del  1290  così  :  «proposizione  d'un 
trattato  di  lega  e  commercio  »,  mentre  nella  7a  ediz.  Firenze  1866, 
lo  denota  :  «e  quivi  un  trattato».  In  fine  del  testo  di  esso  è  la 
«  formula  del  giuramento  che  dee  prestare  »  (trad.  dall'arabo)  il 
Re  Alfonso,  donde  Amari  desume  che  quel  trattato  non  sia  stato 
confermato  con  giuramento  dal  Re  di  Aragona;  ma  ciò  non  sem- 
bra probabile,  anco  pel  motivo  della  rinnovazione  di  esso  nel  1293. 

Michaud  cit.  t.  Ili,  pag.  314,  nel  ricordare  la  potenza  del  Sul- 
tano d'Egitto  Kélaoun  e  le  sue  guerre  contro  i  Cristiani,  osserva  : 
«Il  n'était  point  de  ville  maritime  en  Italie  ou  sur  les  cótes  de 
la  Mediterranée,  qui  ne  se  montràt  disposée  à  préférer  ainsi,  dans 
ses  rélations  avec  1'  Orient,  les  avantages  de  son  commerce  a  la 
delivrance  de  saints  lieux  ».  Fa  pure  menzione  del  trattato  del  1290 
Bernardo  Kugler,  Storia  delle  crociate  (trad.  dal  ted.).  Milano, 


(1290)  —  458  — 

1887  ,  pag.  526.  Importanti  notizie  su  tale  trattato  e  su  quello 
svevo,  dal  quale  deriva,  fornisce  Heyd,  Storia  del  commercio  del 
Levante  nel  medio  evo.  Torino,  1913,  pag.  422  e  439  e  seg.,  che 
in  vari  punti  contradice  1'  Amari.  Né  dà  altresì  qualche  cenno 
Bozzo,  Note  storiche  cit.  pag.  60  in  nota. 


CXCY. 

1290,  maggio  20,  indizione  3»,  Messina. 

Il  Maestro  Razionale  della  regia  gran  Corte,  Berardo  de  Fer- 
ro, rilascia  al  Vescovo  di  Cefalù,  Giunta,  la  trascrizione  delle  let- 
tere testimoniali  del  Giustiziere  Passando  del  1288 ,  dopo  il  14 
maggio  (cfr.  doc.  n.  CLXXVI)  sul  possesso  della  tonnara  di  Co- 
lobria  spettante  alla  Chiesa  suddetta ,  essendo  stato  V  originale 
conservato  nell'archivio  della  Corte  per  sua  cautela. 

Nos  Berardus  de  Ferro,  miles,  domini  regis  consiliarius 
et  farailiaris  ac  magne  sue  Curie  magister  Racionalis,  notum 
facimus  universis  quod  octavodecimo  die  mensis  madii,  pre- 
sentis  tercie  indicionis ,  a  venerabili  patre  domino  Iuncta 
Cephaludensi  Episcopo  recepimus  quoddam  scriptum  testi- 
moniale, sub  sigillo  nobilis  vg*i  domini  Riccardi  de  Passa- 
neto, militis,  olim  in  anno  proximo  preterito  prime  indiccio- 
nis  Iusticiarii  Vallis  Agrigenti,  comitatus  Giracii ,  parcium 
Cephaludi  et  Thermarum,  continencie  infrascripte  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  1288,  dopo  il  14  maggio]. 

Et  quia  predictas  testimoniales  licteras  in  archivo  Curie 
prò  cautela  ipsius  Curie  fecimus  conservari ,  presentes  ad 
instanuam  et  peticionem  Episcopi  supradicti  sibi  fieri  feci- 
mus, nostro  sigillo  munitas.  Scriptum  Messane,  vicesimo  ma- 
dii, tercie  indicionis  [1290]. 

Dal  voi.  in  pergamena  del  secolo  XIV  dei  Privilegi  della 
Chiesa  di  Cefalù,  del  vescovo  Butera  (Arch.  di  Stato  di  Palermo) 
a  fol.  56  r.  ,  in  un  transunto  del  1303.  Altra  copia  trovasi   nel 


459  —     •  (1290) 


voi.  ms.  Qq.  H.  8,  Diplomata  Eccl.  cephalud.  nella  Bibl.  Comu- 
nale di  Palermo,  a  Ibi.  845  r.  e  seg. 

Nelle  forinole  del  transunto  si  ha  la  notizia  del  sigillo  del 
Maestro  Razionale  de  Ferro,  e  conviene  riferirne  il  ricordo  :  «  quia 
licteras  ipsas  legimus  et  vidimus....  noto  et  consueto  sigillo  eius- 
dem  domini  Berardi  fore  de  cera  rubea  sigillatasi 

Pirri,  Sicilia  Sacra  cit.  t.  II ,  pag.  808  ,  crede  erroneamente 
che  questo  documento  contenga  l'inchiesta  ordinata  dal  Re  Gia- 
como a  7  maggio  1288  (V.  sopra,  doc.  CLXXV),  la  quale  fu  in- 
vece eseguita  dal  Passaneto.  Ricorda  altresì  le  lettere  del  Ferro 
essere  «sub  eius  sigillo  munitas».  Fa  pure  menzione  di  tale  do- 
cumento Giuseppe  Ferro,  Biografie  degli  uomini  illustri  trapa- 
nesi. Trapani,  1830,  t.  I  ,  pag.  101  ,  nelle  notizie  riguardanti  la 
vita  di  Giovanni  Berardo  Ferro;  ma  egli  afferma  (contro  il  vero) 
che  il  documento  del  Ferro  è  una  lettera  regia  sottoscritta  da  lui, 
perchè  il  Re  Giacomo  «gli  accordò  il  pregevolissimo  onore  di 
marcare  le  regie  lettere  col  particolare  suggello  di  Ferro,  il  cui 
blasone  si  è  una  fascia  d'oro  in  campo  rosso». 

Deve  notarsi  che  Berardo  de  Ferro  denomina  scriptum  testi- 
moniale la  lettera  del  Passaneto,  sebbene  possa  meglio  definirsi 
un  ordine  di  manutenzione  in  possesso,  per  il  motivo  che  l' in- 
chiesta (inquisicio)  per  mezzo  di  testimoni  costituiva  altro  docu- 
mento ricordato  dal  Passaneto,  che  dice  di  averlo  trasmesso  alia 
regia  Corte  ,  e  del  quale  non  ci  rimane  il  testo  (V.  sopra  ,  pag. 
403).  L'attestazione  di  Berardo  fornisce  la  prova  dell'esistenza  del- 
l'archivio della  regia  gran  Corte  dei  conti  ,  e  delle  copie  che  si 
rilasciavano  su  gli  originali  quivi  conservati. 


OXOYI. 

1290,  prima  del  14  giugno. 

Il  Re  Giacomo  consegna  a  Penco* Mar  i  capitoli  concernenti 
le  risposte  che  egli,  da  sua  parte,  dovrà  dare  ad  Alfonso  Re  di 
Aragona,  cioè  : 

1 .  Che  ha  manifestato  all'  ambasciatore  Bernardo  Belvis 
quanto  occorreva  su  ciò  ,  che  il  Re  Alfonso  gli  ha  partecipato 
per  mezzo  del  suddetto  Belvis  e  di  Bertrando  de  Cannellis. 


(1290)  —  460  — 

2.  Che  tenendo  in  considerazione  i  pericoli  che  potrebbe  su- 
bire il  dominio  del  Re  di  Aragona ,  e  perciò  anche  la  Sicilia  , 
che  ne  segue  le  sorti,  crede  utile  di  trattare  una  concordia  o  tre- 
gua con  la  Chiesa  Romana ,  ed  a  tal  uopo  ha  dato  incarico  a 
Giovanni  da  Procida  per  recarsi  dal  Papa  e  compiere  V  affare. 

3.  Che  gli  invia  mille  salme  di  frumento,  ed  una  parte  delle 
duemila  salme  di  biscotto  che  ha  potuto  trovare  ,  e  ne  manderà 
ancora  ,  se  sarà  necessario ,  ma  che  non  può  spedirgli  danaro 
(aiuda  de  moneda)  perchè  ne  è  assai  scarso. 

4.  Che  il  progetto  di  matrimonio  della  sorella  Violante  con 
personaggi  di  Roma ,  parenti  di  cardinali  «  et  altres  grans  ho- 
mens  »  sembra  a  lui  vantaggioso  ,  sebbene  sia  più  onorevole  la 
parentela  con  altri  sovrani. 

5.  Che  ritiene  non  aver  il  Re  di  Aragona  bene  avvertito  gli 
ambasciatori  del  principe  di  Salerno  (lo  princep)  ,  perchè  i  ne- 
mici fanno  le  loro  offese ,  ed  il  principe  libera  i  figli  e  non  dà 
intanto  sicurtà  per  la  Francia,  e  che  perciò  egli  (il  Re  Giacomo) 
stima  indispensabile  [trattare  per  sé  pace  col  suddetto  principe]. 

Aquests  Gapitols  deia  dir  et  mostrar  Penco  Mar  al  rey 
darago  de  part  del  rey  de  Sicilia. 

Primerament  con  lo  rey  de  Sicilia  ha  entes  be  et  com- 
plidament  to  go ,  quel  rey  darago  li  trames  a  dir  per  en 
Bernardo  de  Belvis ,  per  en  Bertran  de  Ganellis  misacges 
seus ,  et  atotes  aqueles  coses  fets  et  necessitats ,  quels  dits 
misagers  dixeren ,  la  respos  lo  rey  de  Sicilia  per  en  Ber- 
nardo de  Belvis. 

Item  quel  rey  de  Sicilia  penssant  la  necessitat  del  dit 
rey  darago  son  frare,  el  perii  de  sa  terra,  volent  fer  tot  son 
poder  a  rèstauracio  del  et  de  la  terra  sua ,  per  go  con  eli 
e  la  terra  sua  te  per  cap,  per  maior,  per  naturaleza  e  cor, 
enten  que  si  aquela  terra  se  perdria,  la  terra  de  Sicilia  se- 
ria en  gran  perii,  havim  posament  de  fer  conposicio  si  pot 
e  tre  va  ab  lesgley,  e  per  90  que  ac,o  puga  acabar.  .  .  .  tam 
perii  de  su  persona,  ni  de  sa  terra.  Gar  senyaladament  per 

qo  que  acabar  o  puges Iohan  de  Procida  per  aquest 

tractament  al  senyor  Papa,  lo  qual  tractament,  axi  coni.  . 


—  461  —  (1290) 

.  .  .  [ordejnat  a  micer  lohan ,  pora  saber  per  Penco  Mari 
damunt  dit. 

Item  quel  dit  rey  de  Sicilia  li  tram  et  per  lo  dit  Penco 
Mari  M.  salmes  de  forment,  et  de  duemilia  salmes  fa  fer  be- 

scuyt,  del  qual  bescuyt  li  tram  et quantitat,  segons 

que  ei  dit  P.  Mari  li  dira,  et  ayralli  tot  trames  si  ages  tro- 
bat,  en  que  per  lo  damunt  dit  Penco.  E  si  maior  aiuda  ha 
ops ,  et  eli  la  li  per  fer,  li  farà.  Empero  aiuda  de  moneda 
no  li  pot  fer,  per  co  car  eli  nes  molto  freturos. 

Item  fa  saber  el  rey  de  Sicilia  al  rey  darago  que  alcuna 
vegada  ses  parlat  [de]  parentesc  et  matremonia  entre  Madona 
Violant  et  alcuns  senyors  de  Roma,  cardenals  et  altres  grans 
homens,  axi  con  eli  li  ha  fet  saber.  E  jassia  que  eli  li  haia 
trames  a  dir  que  no  li  par  convinent  cosa ,  par  al  rey  de 
Sicilia  que  sia  bona  cosa  et  profitosa  de  parentar  se  ab 
ells ,  que  jassia  que  aparentarse  ab  altres  reys  fos  pus  on- 
drada  cosa,  enpero  del  parentesc  dels  cardenals  et  dels  Ro- 
mans  lus  pot  venir  gran  profit ,  especialment  car  ells   aiu- 

das  han  a  endressar  to lurs  fets  ab  lesgleya.  E  pero 

es  lo  mils  endressar  con  hi  hagessen  favorables  et  bons  pro- 
curadors  et  mantendors,  car  si  ....  no  es  son  entenement 
de  parentar  se  ab  ells,  si  ne  car  aran  ni  li  loc  haian  fer. 

Item  par  al  rey  de  Sicilia  que  el  rey  darago mal 

concell lo  princep,  que  per  eli  son  venguts,  et.  . 

tots jatsia  apparili quels  enemics  fan  desveyt 

lurs ,  atressi  con  delivra  los  Infants sens 

para  de  Franca,  el  perii.  .  .  .  concell  que  rey  lames  poges 
rey  de  Sicilia 

Dalle  Cartas  sueltas  sin  fecha ,  ni  mes  del  Re  Giacomo  ,  al 
n.  231,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona.  11  documento  in  carta 
è  assai  logoro  in  varie  parti,  e  specialmente  alla  fine,  rimanendo 
incompleto. 

La  data,  che  manca  nel  documento,  si  rileva  chiaramente  dai 
fatti  che  si  menzionano  in  esso,  poiché  il  Neocastro  ricorda  che 
«  anno  quidem  tercie  indicionis  »,  cioè  nel  1289-90,  la  Chiesa  Ro- 


è 


(1290)  —  462  — 

maria  provvedeva  per  l'invio  di  cardinali  in  Provenza  per  trattare 
la  pace ,  ed  il  Re  Giacomo  mandava  i  suoi  ambasciatori  per  il 
medesimo  scopo  (cap.  114,  ed.  Gregorio  cit.  I,  pag.  207).  Si  prova 
altresì  che  questo  documento  in  catalano  dovette  precedere  di 
poco  tempo  i  quattro  atti  di  procura,  fatti  dal  Re  Giacomo  a  14 
giugno,  in  favore  dei  suoi  nunzi  per  i  negoziati  di  pace  o  tregua 
con  la  Chiesa  di  Roma,  il  principe  di  Salerno  ed  il  Re  di  Francia 
(cfr.  appresso,  doc.  CXCVII-CC),  i  quali  atti,  che  allora  forma- 
ronsi,  erano  stati  deliberati  prima,  partecipandosi  subito  al  Re 
Alfonso  la  notizia  delle  risoluzioni  per  mezzo  dell'ambasciatore 
Belvis  ,  ed  anche  di  Penco  Mar,  coi  capitoli  in  catalano. 

Il  contenuto  del  paragrafo  ultimo  non  è  dubbio  per  la  parte 
monca  ;  ed  io  ho  segnato  tra  parentesi  la  notizia  del  provvedi- 
mento, che  ricavasi  dalla  procura  del  14  giugno  per  trattare  pace 
o  tregua  col  principe  di  Salerno  (cfr.  doc.  CXGVIII  e  GXGIX). 

Riesce  di  notevole  importanza  il  testo  di  questo  documento 
segreto,  in  catalano,  affidato  al  Penco  Mar.  Da  esso  si  rileva  che 
erano  venuti  al  Re  Giacomo,  come  ambasciatori  del  fratello  Al- 
fonso di  Aragona  ,  il  Belvis  ed  il  de  Gannellis  ;  e  che  il  primo 
partì  tosto  per  l'Aragona,  rimanendo  invece  in  Sicilia  il  de  Gan- 
nellis, che  poi  ripartì  solo,  ma  con  facoltà  estese  anche  ad  altro 
ambasciatore  assente,  cioè  Gilberto  de  Castelletto.  Il  Re  Giacomo 
palesa  qui,  con  le  parole  te  per  cap,  per  maior ,  per  naturalesa 
e  cor,  che  egli  riconosceva  in  suo  fratello,  e  nei  regni  al  mede- 
simo appartenenti,  una  legittima  supremazia  su  la  Sicilia,  dovuta 
pure  ai  vincoli  di  comune  origine,  i  quali  sentimenti  non  erano 
destinati  invero  a  produrre  i  migliori  effetti  per  l' isola  ,  ma  a 
preparare  la  sua  soggezione. 

Della  legazione  del  Procida  al  Papa  Nicola  IV  dà  notizia  il 
Neocastro  (cap.  112,  ed.  Gregorio,  pag.  203)  con  queste  parole: 
«  Iam  mittitur  quod  prudens  Iohannes  de  Procida  ad  Sedem  apo- 
stolicam  transmittatur.  Speratur  quidem  quod  ille  ad  perfecionem 
negocii  vacaret».  L'Amari,  9a  ediz.,  voi.  II,  pag.  213,  dall'ora- 
zione al  Papa  da  parte  del  Procida,  formata  dal  cronista  (per  e- 
saltare  le  memorie  del  famoso  patriota)  su  quanto  conoscevasi 
dell'intento  della  difficile  e  segreta  ambasceria,  cioè  la  pace  con 
la  Chiesa,  desume  che  il  Neocastro  «  mostra  non  aver  mai  sa- 
puto o  non  voler  affidare  alla  storia  il  segreto  di  questa  legazio- 
ne »  ;  ma  il  vero  scopo  è  evidente  da  questi  capitoli  :   «  de  fer 


% 


—  463  —  (1290) 

composicio ,  si  pot ,  e  treva  ab  lesgley  »  ,  anco  nei  rapporti  con 
1'  Aragona  ,  come  altresì  appare  che  verun  uomo  ,  tranne  che  il 
Procida  ,  si  credeva  capace  dalla  Corte  per  la  migliore  riuscita 
dell'affare,  «per  co  que  acabar  o  puges»,  e  ben  corrisponde  a 
tale  spiegazione  la  parola  prudens  usata  dal  Neog astro. 

Iolanda  o  Violante,  sorella  del  Re  Giacomo  ,  menzionata  nei 
capitoli,  sposò  poi  nel  1297  Roberto,  figlio  del  Re  Carlo  II  d'An- 
giò  (cfr.  Pirri,  Ghronol.  regum  cit.  pag.  XXXIX) ,  e  così  pote- 
rono conciliarsi  gli  opposti  desideri  di  una  parentela  con  la  Chiesa 
e  con  una  famiglia  sovrana. 


OXOVI1. 

1290,  giugno  14,  indizione  3a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  suoi  ambasciatori  Gisberto  de  Castel- 
letto, assente,  e  Bertrando  de  Cannellis,  per  recarsi  presso  i  Car- 
dinali Gerardo  di  Parma  e  Benedetto  Colonna  per  istabilire  una 
tregua  fra  la  Chiesa  Romana  ed  il  suddetto  Re  intorno  la  di- 
scordia, ancora  esistente,  sul  regno  di  Sicilia,  e  per  ottenere  af- 
fidamento che  durante  il  tempo  della  tregua  il  Re  di  Francia, 
il  fratello  di  Itti  Carlo,  il  principe  di  Salerno  ed  i  suoi  figli,  ed 
altri  nemici  non  offendano  od  invadano  il  regno.  Dà  all'uopo  ai 
medesimi  ambasciatori  le  facoltà  necessarie ,  e  promette  di  rati- 
ficare quanto  essi  eseguiranno. 

Nos  lacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Capue.  Per  presens  scriptum  notum  facimus  u- 
niversis  quod,  confisi  de  fide  et  suffìciencia  Gisberti  de  Ca- 
stillecto,  licet  absentis,  et  Bertrandi  de  Cannellis,  consilia- 
riorum,  familiarium  et  fìdelium  nostrorum,  eos  constituimus, 
facimus  et  ordinamus  nostros  veros  nuncios ,  procuratores 
et  solempnes  ambaxatores,  vel  eorum  alterum,  ad  presen- 
tandum  se,  nomine  et  prò  parte  nostra ,  coram  reverendis 
patribus  domino  Gerardo,  venerabili  Sabinensi  episcopo,  et 
domino  Benedicto,  sancti  Nicolai  in  Carcere  Tubano  vene- 


(1290)  —  464 


rabili  diacono  cardinali,  ve]  eorum  altero,  necnon  et  ad  pro- 
curandum,  tractandum  et  perficiendum,  nomine  et  prò  parte 
nostra,  inter  eos  seu  ipsorum  alterura,  nomine  et  prò  parte 
sacrosante  Romane  matris  Ecclesie,  et  nos  treugas  super 
discordia  olim  orta,  et  adhuc  durante,  inter  predictam  sacro- 
santam  Ecclesiam  et  nos  de  regno  Sicilie  ;  ita  tamen  quod 
idonee  et  suffìcienter  caveatur  nobis  quod,  per  totum  tem- 
pus  predictarum  treugarum,  magri ificus  rex  Francie  et  domi- 
nus  Karolus  frater  eius  et  illustris  princeps  primogenitus 
quondam  regis  Karoli,  et  filii  dicti  principis,  et  alii  quicum- 
que  reges ,  principes  et  magnates ,  hostes  et  emuli  nostri , 
gens  eorum  et  alie  quecumque  persone,  non  offendant  seu 
invadant  nos  in  persona,  regno  ,  terris,  dominiis ,  gente  et 
fidelibus  nostris,  per  se  et  suos  vel  alios  submissos  prò  parte 
eorum  vel  alterius  eorundem ,  nec  offendi  faciant  nec  per- 
mictant.  Et  si  forte  alter  predictorum  ambassatorum  nostro- 
rum,  aliqua  interveniente  causa,  impediretur,  et  in  hiis  tra- 
ctandis,  procurandis  et  perfìciendis  intendere  et  adesse  non 
posset,  alter  eorum,  qui  in  premissis  intendere  et  adesse  po- 
terit,  predicta  omnia  et  singula,  nomine  et  prò  parte  nostra, 
procuret,  tractet  et  perficiat.  Quibus  nunciis,  procurato ribus 
et  ambassatoribus  nostris  et  cuilibet  eorum  in  solidum,  si- 
cut  predicitur,  damus  atque  concedimus  plenam  licenciam  et 
liberam  potestatem  predicto  modo  procurandi,  tractandi  et 
perficiendi  treugas  ipsas  inter  predictos  dominos  cardinales 
vel  eorum  alterum,  prò  parte  diete  sacrosante  Ecclesie ,  et 
nos,  et  cautelas  competentes  et  ydoneas  exinde  faciendi  eis- 
dem  aut  ipsorum  alteri,  et  recipiendi  ab  ipsis  seu  ipsorum 
altero ,  et  omnia  alia  et  singula  procurandi,  tractandi ,  fa- 
ciendi et  perficiendi,  que  veri  nuncii,  procuratores  et  ambas- 
satores  circa  permissa  omnia  vel  aliquod  premissorum  facere 
possunt  et  debent,  et  que  nos  ipsi  facere  possemus,  si  pre- 
sentes  essemus  ;  promictentes  nos,  sub  ypotheca  bonorum 
nostrorum ,  ratum  et  fìrmum  habituros  quicquid  predicti 
nuncii,  procuratores  et  ambassatores,  vel  eorum  alter,  pre- 
scripto  modo  super  predictis  omnibus  vel  aliquo  predicto- 


—  465  —  (1290) 

rum  duxerint  faciendum.  Ut  autem  de  presenti  procuracione 
apud  omnes  et  singuios,  et  nunc  et  in  posterum,  fieri  valeat 
piena  fides,  presens  scriptum  procuracionis  exinde  fieri,  et 
nostro  sigillo  pendenti  iussirnus  communio.  Datum  Mes- 
sane ,  XIIII  iunii ,  III  indicionis,  regni  nostri  anno  quinto 
[1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  316  del  Re  Alfonso  U,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  A.rch.  e  le  Bibl.,  voi.  II,  pag.  232,  ne  dà  un  breve 
sunto,  però  con  la  sola  indizione,  senza  la  data  dell'anno. 

Fece  menzione  nel  1876  di  tale  documento  Antonio  De  Bofa- 
rull,  Hist.  de  Cataluna  cit.  t.  Ili,  pag.  588. 

Questo  ed  i  seguenti  tre  documenti  della  stessa  data  si  rife- 
riscono all'  ambasceria,  della  quale  fa  cenno  il  cronista  Neoca- 
stro ,  nei  cap.  112  e  114  (ed.  Gregorio  cit.  pag.  204  e  207).  Il 
Papa  Nicola  IV  aveva  annunziato  al  Procida  di  aver  già  desti- 
nato i  cardinali  di  Parma  e  Colonna  per  andare  in  Provenza  allo 
scopo  di  trattare  la  pace  «  inter  sedem  apostolicam,  re^em  Fran- 
corum  et  regem  Karolum  ex  una  parte,  ac  Alfonsum  regem  Ara- 
gonum  ex  altera»  (come  si  ricava  da  questi  documenti),  e  stabi- 
lire quanto  occorreva  «de  condicione  Sicilie».  Il  Neocastro  ag- 
giunge che  il  Re  Giacomo  «secreta  pectoris  sui  illis  [agli  amba 
sciatori]  commisit,  et  informans  eos  quid  facerent,  mittit  eos  ad 
Alfonsum  regem  fratrem  eius  in  Catatonia  »  ,  che  trovarono  in- 
vece in  giugno  nella  città  di  Valenza ,  dove  si  era  recato  «  pro- 
pter  amenitatem  urbis  »  e  per  gli  ozi  estivi.  Sembra  che  F  amba- 
sceria al  Papa  per  la  tregua  non  sia  riuscita  affatto  vana,  perchè 
in  un  documento,  senza  data,  del  Re  Giacomo,  che  probabilmente 
appartiene  al  mese  di  luglio  seguente  (cfr.  doc.  di  tale  data),  si 
rispondeva  ad  alcune  proposte  dalla  Chiesa  Romana  esplicita- 
mente manifestate. 

Le  speranze  della  Corte  siciliana  e  la  prudenza  del  Procida 
però  rimasero  fra  non  molto  deluse ,  perchè  la  Chiesa  Romana 
ed  il  Re  Alfonso  preparavano,  con  indegne  simulazioni,  il  trat- 
tato di  Brignolles  del  febbraio  1291  (V.  doc.  di  tale  data)  contra- 
rio agli  interessi  di  Sicilia,  della  quale  si  stabiliva  la  restituzione 

G.  La  Mantia,  Cod,  dipi.  arag.  3Q 


(1290)  —  466  - 

alla  Chiesa,  sempre  persistente  in  tal  proposito.  Su  l'ambasceria 
di  giugno  1290  dà  alcune  notizie  Amari,  9a  ed.,  voi.  II,  pag. 


CXOYIIT. 

1290,  giugno  14,  indizione  3a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  eligge  suoi  ambasciatori  Gisberto  de  Castel- 
letto, assente,  e  Bertrando  de  Cannellis,  per  presentarsi  a  Carlo, 
principe  di  Salerno  ,  e  trattare  la  pace  finale  tra  il  medesimo 
principe  e  Giacomo  per  quanto  concerne  il  regno  di  Sicilia,  con 
la  condizione  che  rimangano  al  Re  Giacomo  e  suoi  eredi  la  Si- 
cilia con  le  isole  di  Malta,  Gozzo,  Pantelleria  ed  altre  adiacenti, 
e  quelle  delle  Gerbe  e  Kerkene,  il  consolato,  il  fondaco  ed  il  tri- 
buto di  Tunisi  ed  altresì  la  Calabria.  Conferisce  ogni  facoltà,  con 
promessa  di  ratificazione. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Capue.  Per  presens  scriptum  notum  faciraus  u- 
niversis  quod  confisi  de  fide  et  sufficiencia  Gisberti  de  Ca- 
stellecto,  licet  absentis,  et  Bertrandi  de  Cannellis,  consilia- 
riorum,  familiarium  et  fidelium  nostrorum,  eos  constituimus, 
faci  ni  us  et  ordinamus  nostros  veros  nuncios,  procuratores 
et  solemnes  ambassatores ,  vel  eorum  alterum ,  ad  presen- 
tandum  se,  nomine  et  prò  parte  nostra,  coram  illustri  prin- 
cipe domino  Karulo  ,  primogenito  quondam  regis  Karoli , 
necnon  ad  tractandum,  procurandum  et  perficiendum,  no- 
mine nostro,  integram  et  finalem  pacem  inter  predictum  prin- 
cipem  et  nos  de  discordia  olim  orta,  et  adbuc  durante,  in- 
ter eum  et  nos  de  regno  Sicilie.  Ita  tamen  quod  tota  insula 
Sicilie,  cura  insulis  Malte  et  Gaudisii,  Pantellarie  et  aliis  cir- 
cumadiacentibus  insulis  habitatis  et  inhabitatis , .  necnon 
insulis  Gerbarum  et  Querquinarum  et  aliis  insulis  Sarrace- 
norum  de  cetero  acquirendis,  consulatu  et  fundico  Tunisii 
et  tributo  debito  annuatim  per  regem  Tunisii,  et  Calabria 


—  467  —  (1290) 

nobis  et  heredibus  nostris ,  curii  omnibus  iuribus ,  iurisdi- 
cionibus,  iusticiis,  racionibus  et  pertinenciis  suis  perpetuo 
concedantur.  Et  si  torte  alter  predictorum  ambassatorum 
nostrorum  ,  aliqua  interveniente  causa ,  impediretur ,  et  in 
hiis  tractandis ,  procurandis  et  perficiendis ,  intendere  et 
adesse  non  posset,  alter  eorum,  qui  in  premissis  intendere 
et  adesse  poterit,  predicta  omnia  et  singula,  nomine  et  prò 
parte  nostra,  procuret,  tractet  et  perficiat.  Quibus  nunciis, 
procuratoribus  et  ambassatoribus  nostris,  et  cuilibet  eorum 
in  solidum  sicut  predicitur  damus  atque  concedimus  plenam 
licenciam  et  liberam  potestatem  predicto  modo  procurandi, 
tractandi  et  perficiendi  predictam  pacem  inter  predictum 
principem  et  nos,  et  cautelas  competentes  et  ydoneas  exinde 
faciendi  eidem  et  recipiendi  ab  eodem,  et  omnia  et  singula 
procurandi,  tractandi,  faciendi  et  perficiendi,  que  veri  nuncii, 
procurato res  et  ambassatores  circa  premissa  omnia  et  aliquod 
premissorum  facere  possunt  et  debent  et  que  nos  ipsi  facere 
possemus,  si  presentes  essemus;  promictentes  nos,  sub  ypo- 
theca  honorum  nostrorum,  ratum  et  firmum  habituros  quic- 
quid  predicti  nuncii,  procuratores  et  ambassatores,  vel  eo- 
rum alter,  prescripto  modo  super  predictis  omnibus  vel  ali- 
quo  predictorum,  duxerint  faciendum.  Ut  autem  de  presenti 
procuracione  apud  omnes  et  singulos,  et  nunc  et  in  poste- 
rum,  fieri  valeat  piena  fides,  presens  scriptum  procuracionis 
exinde  fieri,  et  nostro  sigillo  pendenti  iussimus  communiri. 
Datum  Messane  XIIIJ  iunii ,  tercie  indicionis,  regni  nostri 
anno  quinto  [12901. 

Dalla  perg.  di  n.  317  del  Re  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  233,  offre  un  sunto  del 
documento,  con  la  sola  indizione,  riferendo  il  nome  Querquene 
come  lo  trova  nel  testo,  e  con  le  espressioni  «  annuo  tributo  della 
tassa  di  Tunisi  »  ,  che  non  danno  alcun  senso  logico ,  perchè  il 
tributo  si  corrispondeva  per  l'alta  sovranità  della  Sicilia  su  Tu- 
nisi. 

Deve  notarsi  che  a  8  marzo  1287  il  Re  Giacomo ,  nelle  prò- 


(1290)  —  468  — 

poste  di  pace  col  principe  di  Salerno,  non  faceva  alcuna  menzione 
delle  isole  Gerbe  e  Kerkene,  né  dei  territori  della  Calabria  (cfr. 
doc.  GLXIII).  Si  conosce  però  che  sin  dal  1285,  quando  il  prin- 
cipe era  prigioniero  a  Gefalù  ,  erano  avvenuti  accordi  anco  per 
la  cessione  a  Giacomo  delle  terre  dell'  arcivescovato  di  Reggio 
di  Calabria  (V.  sopra,  pag.  355).  TI  Re  Pietro  I  aveva  poco  pri- 
ma, partendo  dall'  isola  ,  fatto  a  Giacomo  donazione  del  regno  , 
con  le  regioni  di  Puglia,  Calabria,  Gapua  e  Terra  di  Lavoro  (V. 
doc.  LXX).  Il  de  Cartellano  in  giugno  1285  intitolavasi  Capitano 
e  Vicario  generale  «  a  Faro  citra  usque  ad  confinia  terrarum  sa- 
crosante reverende  Romane  Ecclesie»  (doc.  XG).  Nel  1290  i  ter- 
ritori appartenenti  alla  Sicilia  nella  Calabria  erano  espressamente 
designati  (V.  sopra,  pag.  261).  Non  è  dubbio  quindi  che  il  diritto 
di  conquista  su  quelle  regioni  si  volesse  esplicitamente  confer- 
mato. 

Riguardo  al  mare  africano,  che  così  da  vicino  circonda  la  Si- 
cilia ,  specialmente  dal  lato  occidentale ,  e  che  Neocastro  (cap. 
83,  ed.  Gregorio,  pag.  114),  riferendo  le  gesta  del  Loria,  dice: 
«cum...  mare  sub  nostro  dominio  sit  »  ,  è  noto  che  l'isola  più 
prossima  di  Malta  fu  conquistata,  contro  gli  Angioini,  a  8  luglio 
1283.  Dice  giustamente  il  Manfroni  ,  Storia  della  marina  ital. 
cit.,  parte  I  (1261-1453),  pag.  91,  che  «il  possesso  del  gruppo  di 
Malta  era  di  grande  importanza  per  i  Siculo-Catalani  ».  Nell'anno 
seguente  il  Loria  si  impadroniva  delle  feraci  isole  Gerbe  e  Ker- 
kene ,  site  presso  i  confini  della  Libia ,  togliendole  dal  dominio 
del  Re  di  Tunisi  e  sottoponendole  al  tributo,  e  sgombrava  così 
quei  mari  dai  pericoli  di  qualsiasi  invasione.  Il  contemporaneo 
Muntaner  afferma  chiaramente  che  gli  abitanti  mandarono  am- 
basciatori al  Re  Pietro  I,  e  a  lui  si  sottomisero,  e  per  lui  all'Am- 
miraglio :  «  trameteren  llurs  missatgers  al  senyor  rey  Darago  , 
e  reterense  a  eli,  e  per  eli  al  almiral»  (ediz.  Ant.  Bofarull  cit., 
pag.  230,  cap.  117). 

Si  rileva  dai  conti  presentati  dall'ammiraglio  Loria  ,  concer- 
nenti gì'  introiti  e  le  spese  fatte  dal  medesimo  nell'  anno  di  15* 
indizione  (1286-1287),  e  che  riferirò  nell'Appendice,  che  in  agosto 
14'  indizione  (1286)  furono  presi  dal  Loria  molti  Saraceni  neri- 
sola  Kerkene ,  con  le  galere  armate  in  Sicilia  ed  in  Catalogna , 
«  in  comuni  cum  eodem  domino  rege  »  [cioè  Alfonso  di  Aragona] 
per  quella  spedizione,  e  che  le  ingenti  somme  ricavate  dalla  ven- 


—  469  —  (1290) 

dita  di  essi  furono  ripartite  per  metà  tra  i  Re  Giacomo  ed  Al- 
fonso, anco  per  le  molteplici  spese,  che  essi  avevano  sostenuto. 

Quando  nel  1295  già  prepara vansi  la  funesta  cessione  della 
Sicilia  alla  Chiesa  Romana  e  l'abdicazione  di  Giacomo,  l'ammi- 
raglio Loria  otteneva  (senza  contrasto  ,  anzi  con  lodi  per  aver 
guerreggiato  contro  gl'Infedeli)  dal  papa  Bonifacio  Vili  a  11  a- 
gosto  una  bolla  di  concessione  in  feudo,  per  sé  e  suoi  eredi ,  e 
col  pagamento  di  un  censo  annuale  di  oncie  cinquanta  di  oro , 
delle  isole  Gerbe  e  Kerkene.  Quel  papa,  per  disconoscere  i  diritti 
della  Sicilia,  affermava  contro  la  verità  e  su  le  assicurazioni  del 
Loria  (ut  asseris)  ,  che  cotali  isole  «  non  sunt  de  regno  Siciliae, 
nec  ad  regem  pertinente,  e  che  nel  tempo  anteriore  non  erano 
state  da  alcun  sovrano  cristiano  conquistate;  mentre  invece  era- 
no appunto  i  ricordi  del  dominio,  dai  Re  normanni  agli  angioini, 
tenuto  in  quelle  regioni  africane,  che  aveva  spinto  il  Loria  alla 
nuova  conquista.  Il  testo  della  bolla  fu  dato  in  luce  dal  Tutini, 
Discorso  dei  sette  ufficii  del  regno  di  N  poli.  In  Roma,  1666,  pa- 
gina 90-92.  (Vedi  pure  Potthast,  Regesta  pontif.  cit.,  n.  24161). 
Tradita  la  Sicilia  nel  1295  da  Giacomo,  e  rimasto  il  Loria  come 
ammiraglio  soltanto  del  Re  di  Aragona,  avrà  il  Loria  pregato  il 
papa  Bonifacio  (che  non  aveva  alcun  diritto  su  quelle  isole)  di 
permettergli  l'usurpazione  invereconda  delle  Gerbe  e  Kerkene,  che 
continuò  sino  al  1310;  perchè  essendo  morto  cinque  anni  pri- 
ma 1'  ammiraglio  in  Valenza  ,  e  poi  il  figlio  ,  dello  stesso  nome 
Ruggiero  ,  la  vedova  Saurina  trovavasi  in  dissesto  per  i  debiti, 
che  fu  costretta  pagare,  «  del  amirayll  [suo  sposo]  e  den  Rogero  », 
e  priva  di  aiuti  in  Catalogna,  ebb3  l'ardire  di  rivolgersi  a  Re  Fe- 
derico II  di  Sicilia  per  soccorsi  in  danaro,  mediante  il  possesso 
delle  isole  Gerbe  e  Kerkene,  che  fu  ceduto  a  quel  Re  «  hasta  ha- 
berse  recobrado  el  anticipo»  (Cfr.  Muntaner,  ediz.  cit.  cap.  250, 
pag.  473). 

Il  Re  Giacomo  pertanto,  rivendicando  per  sé  nel  1290  il  do- 
minio delle  Gerbe  e  Kerkene,  dimostrava  di  affermare  il  suo  le- 
gittimo ed  incontrastabile  dominio,  come  Re  di  Sicilia,  su  quelle 
isole,  tenute  direttamente  sotto  l'autorità  del  Loria  per  la  sua  e- 
levata  dignità  militare  ed  anco  politica.  In  questo  documento  si 
fa  anzi  espressa  riserva  per  le  altre  isole  dei  Saraceni,  le  quali 
potevano  appresso  acquistarsi. 

Su  cotali  pratiche  e  progetti  di  pace  col  principe  di  Salerno, 


(1290)  —  HO  — 

che  duravano  a  lungo,  il  Re  Alfonso  non  prima  del  13  novembre 
di  quell'anno  dava  notizia  al  fratello  Giacomo  di  quanto  si  pre- 
parava «  ut  plenius  vobis  possemus  intimare  tractatum  pacis,  qui 
fieri  debet  inter  nos  et  illustrem  principem  salernitanum,  suono- 
mine  ac  sancte  Romane  Ecclesie,  ac  eciam  regis  Francie».  Ag- 
giungeva quel  Re  che  i  cardinali  avevano  manifestato  che  «  prò 
eo  quia  videbatur  eis  quod  pax  firma  et  secura  minime  fieri  pos- 
set  sine  vobis  »  [il  Re  Giacomo]  ,  gli  ambasciatori  di  costui  do- 
vessero presentarsi  a  loro  per  quanto  occorreva  conoscere;  e  fa- 
ceva altresì  sperare  «  quod  vos  [Giacomo]  et  nos  inde  bonam  pa- 
cem  aut  securitatem  longam  debeamus  habere  »  (V.  il  doc.  edito 
da  me  nelVAnuari  de  Vinsi.  d'Estud.  Catal.  cit.  pag.  363). 


OXCIX. 

1290,  giugno  14,  indizione  3a,  Messina. 

11  Re  Giacomo  nomina  suoi  ambasciatori  Gisberto  de  Ca- 
stelletto, assente,  e  Bertrando  de  Cannellis,  per  recarsi  da  Carlo 
principe  di  Salerno  e  trattare  la  tregua  fra  il  medesimo  principe 
e  Giacomo  intorno  la  discordia  sul  regno  di  Sicilia,  e  per  otte- 
nere affidamento  che  durante  la  tregua  non  sia  recata  offesa  dal 
Re  di  Francia,  dal  fratello  di  lui  Carlo,  dal  principe  di  Salerno 
e  suoi  figli  e  da  altri  nemici.  Conferisce  le  opportune  facoltà. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Gapue.  Per  presens  scriptum  notura  facimus  u- 
niversis  quod,  confisi  de  fide  et  sufficiencia  Gisberti  de  Ga- 
stellecto,  licet  absentis,  et  Bertrandi  de  Cannellis,  consilia- 
riorum,  familiarium  et  fideliura  nostromo),  eos  constituitnus, 
facimus  et  ordinamus  veros  nuncios,  procuratores  et  solem- 
nes  ambassatores,  vel  eorum  alterum,  ad  presentandum  se, 
nomine  et  prò  parte  nostra,  coram  illustri  principe  domino 
Karolo ,  primogenito  quondam  regis  Karoli ,  necnon  et  ad 
procurandum,  tractandum  et  perfìciendum  ,  nomine  et  prò 
parte  nostra,  inter  predictum  principem  et  nos  treugas  su- 


—  téli  —  (129Ò) 

per  discordia  olim  orta,  et  adhuc  durante,  inter  predictum 
principem  et  nos  de  regno  Sicilie.  Ita  tamen  quod  ydonee 
et  sufficienter  caveatur  nobis  quod,  per  totum  te m pus  pre- 
dictarum  treugarum,  magnifìcus  vir  dominus  Philippus,  illu- 
stris  rex  Francorum  karissimus  consobrinus  noster,  et  se- 
renissimus  dominus  Kurolus  frater  eius,  et  predictus  prin- 
ceps  et  filii  dicti  principis  et  ali)  quicumque  reges,  princi- 
pes  et  magnates,  hostes  et  emuli  nostri,  gens  eorum  et  a- 
lie  quecumque  persone  non  offendant  seu  invadant  nos  in 
persona,  regno,  terris,  dominiis,  gente  et  fidelibus  nostris , 
per  se  et  suos  vel  alios  submissos  prò  parte  eorum  vel  al- 
terius  eorundem,  nec  offendi  faciant  nec  permictant.  Et  si 
forte  alter  predictorum  ambassatorum  nostrorum ,  aliqua 
interveniente  causa,  impediretur,  et  in  hiis  tractandis,  pro- 
curandis  et  perficiendis  intendere  et  adesse  non  posset,  al- 
ter eorum,  qui  in  premissis  intendere  et  adesse  poterit , 
predicta  omnia  et  si  ligula  nomine  et  prò  parte  nostra  pro- 
curet,  tractet  et  perticiat.  Quibus  nunciis,  procuratoribus  et 
ambassatoribus  nostris ,  et  cuilibet  eorum  in  solidum ,  si- 
cut  predicitur,  damus  atque  concedimus  plenam  licenciam 
et  liberam  potestà  te  in  predicto  modo  procurando  tractandi 
et  perficiendi  treugas  ipsas  inter  predictum  principem  et 
nos,  et  cautelas  competentes  et  ydoneas  exinde  faciendi  ei- 
dem ,  et  recipiendi  ab  eo  ,  et  omnia  alia  et  singula  procu- 
rando tractandi,  faciendi  et  perficiendi,  que  veri  nuncii,  pro- 
curatores  et  ambassatores  circa  premissa  omnia  vel  aliquod 
premissorum  tacere  possunt  et  debent,  et  que  nos  ipsi  fa- 
cere  possemus  si  presentes  essemus.  Promictentes  nos  sub 
ipotheca  bonorum  nostrorum  ratum  et  firmum  habituros 
quicquid  predicti  nuncii,  procuratores  et  ambassatores,  vel 
eorum  alter ,  prescripto  modo  super  predictis  omnibus  vel 
aliquo  predictorum  duxerint  faciendum.  Ut  autem  de  pre- 
senti procuracione  apud  omnes  et  singulos ,  et  nunc  et  in 
posterum,  fieri  valeat  piena  fides,  presens  scriptum  procu- 
racionis  exinde  fieri  et  nostro  sigillo  pendenti  iussimus  com- 
muniri.  Datum  Messane  XIIIJ  iunii ,  IIJ  indicionis,  regni 
nostri  anno  quinto  [1290]. 


(1290)  —  472  — 

Dalla  perg.  di  n.  319  del  Re  Alfonso  II  nell'Aron.  Cor.  Àrag. 
in  Barcellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  Il ,  pag.  233  ne  dà  un  bre- 
vissimo sunto. 

Il  documento  fu  ricordato  nel  1876  da  Antonio  de  Bofarull, 
Hist.  de  Cataluna  cit.  t.  Ili,  p.  589. 

Gli  ambasciatori  dovevano  trattare  la  tregua  soltanto  nel  ca- 
so ,  che  non  fosse  stato  possibile  conchiudere  la  pace ,  per  la 
quale  si  stabilivano  dal  Re  le  condizioni  col  documento  anteriore 
(n.  GXGVIII). 


CO. 

1290,  giugno  14,  indizione  3»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  costituisce  suoi  ambasciatori  Gisberto  de  Ca- 
stelletto, assente,  e  Bertrando  de  Cannellis,  per  presentarsi  al  Re 
Filippo  di  Francia  e  trattare  col  medesimo,  il  fratello  di  lui  Car- 
lo, il  principe  di  Salerno  e  Giacomo  la  pace  per  quanto  concerne 
il  regno  di  Sicilia ,  con  la  condizione  che  rimangano  a  Giacomo 
la  Sicilia,  con  le  isole  adiacenti  e  quelle  delle  Gerbe  e  Kerkene, 
il  consolato  di  Tunisi  e  la  Calabria.  Concede  le  facoltà  necessarie 
e  consuete. 

Nos  Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie  ,  ducatus  Apulie  et 
principatus  Gapue.  Per  presens  scriptum  notum  facimus  u- 
niversis  quod,  confisi  de  fide  et  sufficiencia  Gisberti  de  Ga- 
stellecto,  licet  absentis,  et  Bertrandi  de  Cannellis,  consilia- 
riorura,  familiariutn  et  fìdelium  nostrorum,  eos  constituimus, 
facimus  et  ordinamus  nostros  veros  nuncios,  procuratores 
et  sollempnes  ambassatores,  vel  eorum  alterum,  ad  presen- 
tandum  se ,  nomine  et  prò  parte  nostra  ,  coram  magnifico 
viro  domino  Philippo  ,  illustre  rege  Francorum ,  karissimo 
consobrino  nostro,  necnon  ad  tractandum,  procurandum  et 
perficiendum ,  nomine  nostro ,  integrano  et  fìnalem  pacem 
inter  predictum  dominum  regem  Francorum  et  inclitum  do- 


—  473  —  (1290) 

minum  Karolum  fratrem  eius,  et  illustrem  dorainum  Karo- 
lura,  principem  primogenitum  quondam  regis  Karoli,  et  nos 
de  discordia  olim  orta,  et  adhuc  durante,  inter  eosdem  do- 
rainum regem ,  fratrem  eius  et  principem  et  nos  de  regno 
Sicilie.  Ita  tamen  quod  tota  insula  Sicilie,  cum  insulis  Malte 
et  Gaudisii ,  Pantellarie  et  aliis  circumadiacentibus  insulis, 
habitatis  et  inhabitatis,  necnon  insulis  Gerbarum  et  Quer- 
quinarum  et  aliis  insulis  Sarracenorum  in  antea  acquiren- 
dis,  consulatu  et  fundicu  Tunisii,  et  tributo  debito  annua- 
tim  per  regem  Tunisii  et  Calabria  nobis  et  heredibus  no- 
stris,  cum  omnibus  iuribus,  iusticiis,  racionibus  et  pertinen- 
ciis  suis,  in  perpetuum  concedantur.  Et  si  forte  alter  pre- 
dictorum  ambassatorum  nostrorum  ,  aliqua  interveniente 
causa ,  impediretur ,  et  in  hiis  tractandis ,  procurandis  et 
perficiendis  intendere  et  adesse  non  posset ,  alter  eorum , 
qui  in  premissis  intendere  et  adesse  poterit,  predicta  omnia 
et  singula,  nomine  et  prò  parte  nostra,  procure!,  tractet  et 
perficiat.  Quibus  nunciis,  procuratoribus  et  ambassatoribus 
nostris,  et  cuilibet  eorum  in  solidum,  sicut  predicitur,  da- 
raus  atque  concedimus  plenam  licenciam  et  liberam  pote- 
statem  predicto  modo  procurandi ,  tractandi  et  perficiendi 
predictam  pacem  inter  predictos  dominum  regem  Francie  , 
dominum  Karolum  fratrem  eius  et  principem  et  nos,  et  cau- 
telas  competentes  et  idoneas  exinde  faciendi  eidem ,  et  re- 
cipiendi  ab  eodem,  nomine  nostro,  et  omnia  et  singula  pro- 
curandi, tractandi,  faciendi  et  perficiendi,  que  veri  nuncii , 
procuratores  et  ambassatores  circa  premissa  omnia  vel  a- 
liquod  premissorum  facere  possunt  et  debent ,  et  que  nos 
ipsi  facere  possemus  si  presentes  essemus.  Promictentes  nos, 
sub  hypotheca  honorum  nostrorum,  ratum  et  firmum  habi- 
turos  quicquid  predicti  nuncii,  procuratores  et  ambassato- 
res, vel  eorum  alter  prescripto  modo,  super  predictis  omni- 
bus vel  aliquo  predictorum  duxerint  faciendum.  Ut  autern 
de  presenti  procuracione  apud  omnes  et  singulos,  et  nunc 
et  in  posterum ,  fieri  valeat  piena  fides ,  presens  scriptum 
procuracionis  exinde  fieri,  et  nostro  sigillo  pendenti  iussimus 


(1290)  —  474  — 

communiri.  Datum  Messane,  XIIIJ  iunii ,  tercie  indicionis , 
regni  nostri  anno  quinto  [1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  318  del  regno  di  Alfonso  II  nell'Arch.  Cor. 
Arag.  in  Barcellona. 

Carini  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  233  ne  dà  un  sunto. 

Il  documento  fu  nel  1876  menzionato  dal  Bofarull  Hist.  de 
Cataluna  cit.  t.  Ili,  pag.  589. 

Le  pratiche  per  ottenere  la  pace  anche  col  Re  Filippo  di  Fran- 
cia, oltre  che  col  principe  di  Salerno,  sarebbero  state  (se  accolte) 
giovevoli  al  Re  Giacomo,  non  meno  che  al  fratello  Alfonso,  per 
evitare  che  la  Francia  ,  richiesta  di  aiuto  dagli  Angioini ,  muo- 
vesse ai  loro  danni.  Non  ebbero  però  felice  risultato  quei  tenta- 
tivi, perche  il  Re  Alfonso  a  18  settembre  seguente  scriveva  a  Gia- 
como :  «  quod  rex  Francie  noluerat  acceptare  treugam  inter  nos 
et  dictum  principem  [Salerni]  initam  usque  ad  proximum  festuni 
omnium  Sanctorum,  et...  nobis  nondum  poterai  constare  de  pace, 
et  sic  habeamus  castra  nostra  stabilire».  Chiedeva  per  tal  motivo 
quel  Re  dalla  Sicilia  soccorsi  di  frumento,  per  l'esercito  di  Ca- 
talogna contro  i  nemici.  Cfr.  il  documento  edito  da  me  nell'  A- 
nuari  cit.  pag.  362. 


COI. 

1290,  giugno  14,  indizione  3a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  avendo  trattato  il  matrimonio  con  Guglielma 
Moncada,  figlia  di  Gastone  di  Béarn,  e  volendosi  dai  mediatori 
del  matrimonio  suddetto  il  consenso  di  lui ,  lo  manifesta  «  per 
verba  de  presenti  »  dinanzi  il  notar o  e  Bertrando  de  Cannellis 
suo  ambasciatore  a  tale  scopo,  e  presta  il  debito  giuramento. 

Seguono  le  firme  dei  testimoni. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  de  Solanis  di  Messina). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  eiusdem  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  nonagesimo,  die  mensis  iunii  quar- 


—  475  —  (1290) 

todecimo ,  tercie  indicionis ,  regnante  illustrissimo   domino 
nostro  domino  Iacobo  dei  gracia  excellentissimo  rege  Sici- 
lie, ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue ,  regni  eius   anno 
quinto  feliciter  amen.  Nos  Iacobus  Bufalo  Tudex  Messane, 
Guillelmus  de  Solanis ,  regius  publicus  per  regnimi   Sicilie 
notarius,  et  testes  subnotati  ad  hoc  specialiter  vocati  et  ro- 
gati ,  notum  facimus  et  testamur  quod  predictus   dominus 
rex  Iacobus  confessus  est  coram  nobis  quod,  cum  tractatus 
habitus  sit  de  matrimonio  feliciter  contrahendo  ititer   eum 
ex  una  parte  et  egregiam  dominam  Guillelmam  de  Monte- 
catheno,  natam  quondam  egregii  Guastonis  de  Bierna  ex  al- 
tera, et  prefati  regis  assensus  per  nuncios  et  huius  rei   me- 
diatores  fuerit  requisitus ,  et  predictum    matrimonium    sibi 
sit  acceptum  et  gratum,  et  velit  in  prefatam  dominam,  con- 
sencientem  in  ipsum  velut  in  suum  virum  et  coniugem,  ut 
in  suam  uxorem  et  coniugem  consentire,  et  quantum  in  eo 
est  predictum  matrimonium  per  verba  de  presenti  et  corpo- 
ralis  sacramenti  prestacionem  firmare ,  nostrum  qui   supra 
Iudicis  et  notarti  officium  imploravit  ut ,  coram  maiestatis 
sue  conspectu  presentes,  videremus  et  audiremus  consensum 
eius,  exprimendum  per  verba  super  matrimonio  supradicto, 
et  prestacionem  sacramenti  corporaliter  prestandi  ab  eo  prò 
soliditate  ipsius,  et  faceremus  inde  publicum  instrumentum. 
Quapropter  in  presencia  nostra  prefatus  inclitus  rex   Iaco- 
bus, interveniente  et  presente  Bertrando  de  Ganellis,  milite, 
nuncio  et  mediatore  huius  matrimonii,  consensit  per  verba 
expressa  et  apta  ad  matrimonii  vinculum  de  presenti  in  pre- 
fatam dominam  Guillelmam  futuram  suam  coniugem  et  uxo- 
rem, et  de  compiendo,  gracia  dei  previa,  matrimonio  supra- 
dicto corporale  coram  nobis,  prepositis  coram  eo  sacrosan- 
tis  Evangeliis  et  manu  propria  tactis,  prestitit  iuramentum. 
Unde  ad  cautelam  utriusque  partis,  et  quod  de  predicto  con- 
sensu  et  sacramento  nullum  dubium  oriatur,  factum  est  inde 
presens  scriptum  publicum  per  manus  mei  predicti  notarti 
Guillelmi,  maiestatis  sue  sigillo  pendenti  munitum  et  nostris 
subscripcionibus  roboratum.  Actum  Messane,  anno,  die,  men- 
se et  indicione  premissis. 


(1290)  —  476  — 

f  Nos  Fredericus  Infans  illustris  eiusdem  regis  frater  te- 
stamur. 

f  Ego  Iohannes  de  Procida  regni  Sicilie  Cancellarius. 

f  Ego  Iudex  Bartholomeus  de  Neocastro  testor. 

f  Ego  Iacobus  de  Bufalo  Iudex  Messane. 

f  Ego  Guillelmus  de  Solanis  regius  publicus  per  regnum 
Sicilie  notarius  scripsi  et  testor. 


Dalla  perg.  di  n.  369  del  Re  Alfonso  II,  nell'Arch.  Cor.  Arag. 
in  Barcellona. 

Carini  ,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  233  offre  un  breve 
sunto  del  documento. 

Manca  presso  gli  storici  il  ricordo  di  questo  parentato  che  vo- 
leva stringersi  dalla  Corte  siciliana.  Giacomo  aveva  nel  novembre 
1285,  quando  ancora  era  Infante,  ottenuto  in  Gefalù  la  promessa 
dal  principe  di  Salerno  di  dargli  in  isposa  la  figlia  Bianca  (V. 
sopra,  pag.  354).  Nel  1287,  a  27  febbraro,  Giacomo,  divenuto  Re, 
fece  un  atto  di  procura  per  contrarre  quel  matrimonio  (cfr.  doc. 
CLXj.  Pare  che  negli  anni  posteriori,  non  essendosi  potuto  con- 
chiudere la  pace  col  principe  di  Salerno,  quel  progetto  fosse  stato 
abbandonato,  tanto  che  ora  (1290)  Il  Re  Giacomo  dava  il  suo  con- 
senso per  altre  nozze  con  Guglielma  Moncada,  figlia  di  Gastone, 
visconte  di  Béarn  e  signore  di  Moncada  e  Castel  veli. 

Su  cotesta  Guglielma  fornisce  alquante  notizie  il  Surita  (Ana- 
les  cit.  lib.  Ili,  cap.  77;  IV,  e.  47  e  89;  V,  e.  15  e  43).  Egli  ri- 
corda che  Guglielma  era  stimata  donna  virtuosa,  ma  che  era  mol- 
to brutta  (muy  fea) ,  e  possedeva  grandi  territori  in  Catalogna , 
Aragona  e  Maiorca.  Dice  che  :  «Era  està  senora  la  mas  ricahem- 
bra  que  habia  en  estos  reinos,  y  tenia  trescientas  caballerias  [ter- 
ritori] en  villas  y  castillos  ,  y  muy  grande  estado  »  Nel  1270  fu 
promessa  all'Infante  Sancio,  figlio  del  Re  di  Castiglia ,  ma  non 
seguì  il  matrimonio  ;  e  dopo  che  Sancio  salì  al  trono,  si  cercava 
nel  1287  di  indurlo  a  ripudiare  la  moglie  Maria  per  isposare  Gu- 
glielma, sebbene  sia  riuscito  vano  ogni  intrigo.  Guglielma  final- 
mente in  novembre  1295  sposò  in  Catalogna  l'Infante  Pietro,  fra- 
tello del  Re  Giacomo.  Curò  nel  1300  Giacomo ,  dopo  la  morte 
dell'Infante,  che  Guglielma  «dispusiesse  dellos  [villas  y  lugares] 


—  477  —  (1290) 

de  manera  que  volviessen  à  la  corona  ,  y  no  sucediese  en  ellas 
seiìor  estrano  » . 

Altri  ricordi  su  Guglielma  Moncada  offre  Leon  Gadier  ,  Les 
états  de  Béam  depuis  leurs  origines  jusqu'au  commencement  du 
XVI6  siede.  Paris,  1888,  pag.  59  e  62.  Egli  accenna  che  Gasto- 
ne Vili  di  Béarn  non  ebbe  figli  maschi ,  ma  quattro  femmine  , 
una  delle  quali  era  Guglielma ,  e  che  il  suddetto  Gastone  morì 
nel  1290  ed  istituì  suo  erede  il  conte  di  Foix.  Mazurb  ed  Ha- 
toulet  nell'opera  Fors  de  Béarn.  Législation  inèdite  du  11"  au 
13"  siede.  Pau  (senza  data  ,  ma  dopo  il  1840)  notano  pertanto 
(pag.  LV)  :  «  La  dynastie  de  Moncade  finit  dans  la  personne  de 
Gaston  VII  [o  meglio  Vili]  ;  les  vaches  de  Béarn,  les  tourteaux 
de  Moncade  et  le  chàteau  de  Castet  -  Bielh  vont  s'  associer  les 
pals  de  Foix».  Per  lo  studio  della  legislazione  della  viscontèa 
del  Béarn  riesce  utile  il  recente  lavoro  di  Pierre  Roge,  Les  an- 
ciens  Fors  de  Béarn.  Etudes  sur  l'histoire  du  droit  béarnais  au 
moyeu  dge.  Toulonse,  1908. 

Si  rileva  che  l'intento  del  Re  Giacomo  nel  1290  per  il  progetto 
di  matrimonio  con  Guglielma  Moncada  era  il  conseguimento  dei 
grandi  possedimenti,  che  alla  medesima  spettavano.  Il  consenso 
di  Giacomo  e  la  procura  data  al  de  Cannellis  per  conchiudere  il 
matrimonio  (cfr.  doc.  seguente)  restarono  tuttavia  inefficaci,  forse 
per  la  deformità  della  sposa  ed  anco  perchè  essa  non  apparteneva 
a  lignaggio  reale.  Giacomo  nel  1295  in  villa  Bertrand  sposava 
Bianca,  l'antica  fidanzata,  nello  stesso  tempo  che  suo  fratello  ce- 
lebrava le  nozze  con  Guglielma. 

Sono  degne  di  nota  in  quest'atto  1'  espressione  implorami  u- 
sata  dal  notaro  per  il  Re,  la  quale  è  del  tutto  sconveniente,  pur 
essendo  frequente  nelle  formole  notarili,  ed  in  fine  le  firme  ori- 
ginali dell'  Infante  Federico  ,  del  Procida  e  del  cronista  Neoca- 
stro ,  che  vengono  ricordati  dal  Carini  cit.  come  presenti  al- 
l'atto, insieme  al  de  Cannellis,  ma  sono  piuttosto  testimoni. 


con. 

1290,  giugno  14,  indizione  3»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  costituisce  suo  procuratore  Bertrando  de  Can- 
nellis per  recarsi  da  Guglielma  Moncada ,  figlia  di   Gastone  di 


(1290)  —  4<?8  — 

Béarn ,  trattare  e  conchiudere  il  matrimonio  con  la  medesima , 
richiedere  il  suo  consenso  «  per  verba  de  presenti  »,  ed  il  giura- 
mento, e  dare  quindi,  per  parte  del  Re,  il  consenso  per  le  nozze 
ed  il  giuramento  di  compierle.  Attribuisce  ogni  potestà  a  tal 
uopo. 

Seguono  le  firme  dei  testimoni. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  de  Solanis  di  Messina). 

in  nomine  domini  amen.  Anno  eiusdem  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  nonagesimo,  die  quartodecimo  rnen- 
sis  iunii,  tercie  indicionis,  regnante  illustrissimo  domino  no- 
stro domino  Iacobo  dei  gracia  excellentissimo  rege  Sicilie, 
ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue,  regni  eius  anno  quinto 
feliciter  amen.  Goram  nobis  Iacobo  de  Bufalo  Iudice  Mes- 
sane, Guillermo  de  Solanis,  regio  publico  per  regnum  Sicilie 
notario,  et  testibus  subnotatis  ad  hoc  specialiter  vocatis  et 
rogatis  ,  predictus  dominus  rex  Iacobus  constituit,  fecit  et 
ordinavit  Bertrandum  de  Gannellis ,  militem ,  legitimum  et 
certum  nuncium  et  procuratorem  ad  conferendum  se  ad  e- 
gregiam  dominam  Guillermam  de  Montecatheno,  fìliam  egre- 
gii  Guastonis  de  Bierna,  [ad]  tractandum,  complendum  ma- 
trimonium,  de  quo  habitus  est  tractatus  per  nuncios  inter 
eos,  ad  requirendum  consensum  eius  per  verba  de  presen- 
ti, ad  recipiendum  corporale  sacramentum  ab  ea  prò  soli- 
ditate  matrimonii  supradicti ,  et  prehabito  assensu  ipsius  , 
ad  consenciendum  in  eam,  prò  parte  sua,  tamquam  in  suam 
coniugem  et  uxorem,  necnon  et,  recepto  sacramento  ab  ea 
predicto,  ad  iurandum  super  anima  eius  prò  parte  sua  de 
perficiendo  et  compiendo  matrimonio  supradicto  ;  dans  sibi 
licenciam,  auctoritatem  et  liberam  potestatem  omnia  et  sin- 
gula  faciendi  super  premissis,  que  ipse  facere  posset,  si  pre- 
sens  esset ,  et  que  natura  ipsius  negocii  exigit  et  requirit , 
et  quod  possit  alium  procuratorem  ordinare,  facere  vel  sub- 
stituere  ad  faciendum  premissa  nomine  suo,  si  aliquo  casu, 
in  faciendis  premissis ,  eum  contigeret  impediri ,  ipsumque 
revocare  si  voluerit  et  alium  ordinare,  et  reassumere  procura- 


—  479  —  (1290) 

cionem  ipsam  et  ipsius  exercicium  prout  volet,  et  quod  pos- 
sit  cautelarli  vel  cautelas  sufficientes  facere,  tam  de  consensu 
ipsius  regis  habito  ad  eandem ,  quam  de  sacramento  pre- 
stito corporaliter  ab  eo  de  compiendo  matrimonio  ipso , 
prout  melius  et  caucius  viderit  expedire  ;  promictens,  sub 
ypotheca  honorum  suorum,  ratum  et  firmum  habere  quic- 
quid  dictus  nuncius  et  procurator  suus  et  alius  ordinatus 
suus  vel  substitutus  per  eum  in  premissis ,  nomine  suo , 
duxerint  faciendum.  Unde  ad  futuram  memoriam,  et  ut  de 
predicta  procuratone  fieri  valeat  piena  fìdes,  factum  est  in- 
de presens  publicum  instrumentum  per  manus  mei  predicti 
notarii  Guillelmi,  maiestatis  sue  sigillo  pendenti  munitum , 
et  nostris  subscripcionibus  roboratum.  Datum  Messane,  an- 
no, die,  mense  et  indicione  premissis. 

f  Nos  Federicus  Infans  illustris  eiusdem  regis  frater  te- 
stamur. 

f  Ego  Iohannes  de  Procida  regni  Sicilie  Gancellarius  te- 
stor. 

f  Ego  Iudex  Bartholomeus  de  Neocastro  testor. 

f  Ego  Iacobus  de  Bufalo  Iudex  Messane. 

f  Ego  Guillelmus  de  Solanis  regius  publicus  per  regnum 
Sicilie  notarius  scripsi. 

Dalla  perg.  di  n.  370  del  Re  Alfonso  II,  nell'Aron.  Cor.  Aràg. 
in  Barcellona.  Trovasi  ancora  un  sigillo  di  cera  rossa  quasi  in- 
tiero. 

Carini  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  234,  ne  dà  un  argo- 
mento brevissimo. 

Per  chiarimenti  su  quest'atto  di  procura  che  è  la  conseguenza 
dell'altro,  della  stessa  data,  di  consenso  prestato  dal  Re  Giacomo 
al  matrimonio  con  la  Moncada,  basta  rinviare  alle  note  sul  do- 
cumento anteriore  (n.  CGI). 


(1290)  —  480 


coni. 

1290,  luglio  3,  indizione  3a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Secreto  di  Messina  di  provvedere 
che  sia  data  piena  esecuzione  alle  immunità  concesse  ai  Genovesi 
nel  trascorso  maggio,  durante  V ambasceria  del  milite  Gualtiero 
Bellanti  e  del  giudice  Nicoloso  de  Brignoli. 

Le  franchigie  allora  concesse  sono  : 

1.  Per  ogni  nave  dei  Genovesi  che  arriva  in  Sicilia  si  e- 
siga  il  diritto  di  ancoraggio  una  sola  volta,  cioè  in  quel  porto 
nel  quale  la  nave  prima  approderà,  rimanendo  escluso  ogni  al- 
tro pagamento  per  l'approdo  in  altri  porti. 

2.  Per  le  merci  che  saranno  scaricate  dalle  navi  dei  Geno- 
vesi nel  caso  di  riparazioui  da  farsi  alle  navi  stesse,  e  che  poi 
verranno  di  nuovo  caricate  per  il  viaggio  fuori  la  Sicilia  non  si 
paghi  alcuna  tassa  ;  ma  se  si  venderanno  le  merci .  in  tutto  od 
in  parte,  è  dovuta  la  tassa  consueta  nel  luogo  di  vendita. 

3.  Se  le  navi  dei  Genovesi  partendo  dalla  Sicilia ,  per  ca- 
gione di  tempesta  «  maris  tempestate  cogente  »  ,  ritorneranno  al 
porto  o  spiaggia  donde  partirono  o  ad  altro  porto  qualsiasi,  non 
sarà  dovuto  pagamento  di  tassa  per  lo  scarico  di  merci  da  tra- 
sportarsi in  altre  navi,  che  partiranno  dalla  Sicilia ,  ma  soltanto 
la  tassa  solita  nel  caso  di  vendita  di  merci. 

4.  Per  le  navi  di  Genovesi  cariche  di  merci,  che  verranno 
da  fuori  regno,  ma  non  da  Genova  «aliunde  quam  de  Ianua  », 
si  pagherà  una  sola  volta  la  tassa  di  un  tari  per  cento  nel  luo- 
go, nel  quale  saranno  vendute  le  merci  scaricate  dalle  navi. 

5.  Sono  resi  esenti  i  Genovesi  dal'  obbligo  del  pagamento  del 
diritto  di  riva  e  misura. 

Il  testo  del  documento  è  riportato  nel  reg.  2.  (a.  1312)  fol.  45  r. 
della  R.  Cancelleria ,  con  data  inesatta  del  1289  ;  nel  reg.  5 
(a.  1360-1410)  fol.  230  del  Protonotaro  del  Regno,  e  nel  reg.  23 
(a.  1420-21)  fol.  227  (Arch.  di  Stato  di  Palermo)  in  un  foglio  di- 
sperso della  Pandetta  di  Palermo  del  1312  ,  e  che  fa  seguito  a 
quello  di  n.  230  del  suddetto  reg.  5,  però  con  data  erronea  di 
giugno ,  invece  di  luglio.  É  inserito  nel  Codice  del  secolo  XIV 
della  Bibl.  Universitaria  di  Cagliari, 


—  481  —  (1290) 

Trovasi  altresì  nel  ms.  del  secolo  XV,  segnato  Qq  E  28,  fol. 
85,  nel  ms.  Constitutiones  ecc.  Qq  H  124  (Bibl.  Com.  di  Palermo) 
e  nel  Liber  Pandectarum  di  Marnilo,  fol.  90  (Arch.  di  Stato  di 
Palermo).  Se  ne  ha  una  copia  del  secolo  XVIII,  male  eseguita  e 
di  carattere  piccolissimo,  nel  reg.  1.  della  Conservatoria  di  Re- 
gistro (a.  1412-54)  fol.  35  (ibidem),  in  un  foglio  prima  rimasto 
bianco,  con  data  erronea  del  1288.  Termina  quivi  con  tali  parole  : 
«Alia  consimilis  prò  Secreto  Messane,  sub  eisdem  die  et  anno  ». 

Pubblicato  da  Orlando,  Un  codice  di  leggi  e  dipi.  cit.  pag.  109, 
e  di  nuovo  a  pag.  118 ,  perchè  non  si  accorse  che  il  privilegio 
fu  trascritto  due  volte  in  quel  codice  Qq  H  124,  sebbene  sia  di- 
retto nella  prima  copia  al  Secreto  di  Messina,  e  nella  seconda  al 
Secreto  e  Gaito  di  Palermo.  Doveva  quindi  1'  Orlando  omettere 
l'inopportuna  ripetizione.  Egli  non  corresse  la  data  del  1289  nella 
vera  del  1290,  che  corrisponde  alla  3a  indizione.  —  Fu  ristampato 
il  privilegio  da  Sella  ,  Pandetta  delle  Gabelle  di  Messina  cit. 
pag.  110  e  seg.,  secondo  il  codice  di  Cagliari.  Vayra  nella  pre- 
fazione, a  pag.  32,  assegna  erroneamente  il  documento  al  1289, 
perchè  non  trova  indicato  l'anno  nel  testo  da  lui  seguito. 

Amari,  9a  ed.  voi.  II,  pag.  237,  menziona  questo  documento, 
e  corregge  in  1290  la  data  inesatta  del  codice  Qq  H  124,  che  Or- 
lando non  riuscì  a  spiegare. 

La  legazione  di  Bellanti  e  Brignali  a  Genova  nel  1290  è  ricor- 
data anche  nella  Pandetta  di  Messina,  cap.  I  Dohana  maris , 
§§  15  e  16  (formata  dopo  il  1305).  Cfr.  la  mia  ediz.  nel  voi.  Le 
Pandette  delle  gabelle  regie  cit ,  pag.  48  ,  ed  i  cenni  a  pag.  VII 
della  Prefazione  per  il  privilegio  del  1289  (o  meglio  1290),  ed  al- 
tresì il  ricordo  a  pag.  261  di  questo  volume.  Le  franchigie,  che 
ora  accordavansi  dal  Re  Giacomo,  rendevano  ancora  più  favore- 
vole la  condizione  dei  Genovesi  nel  commercio  con  l' isola,  mi- 
tigandosi od  abolendosi  varie  tasse  sino  a  quel  tempo  vigenti. 

Su  le  precedenti  concessioni  di  franchigie  commerciali  ai  Ge- 
novesi, e  su  gli  ordini  di  inchieste  per  la  precisa  esecuzione,  cfr. 
doc.  LX,  LXIV,  LXVI  e  XGI.  Per  notizie  su  le  più  antiche  im- 
munità ,  nei  tempi  normanni  e  svevi,  sì  veda  quanto  ho  detto  a 
pag.  111. 


G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  31 


(1290)  —  482  — 


CCIY. 

1290,  luglio  13,  indizione  3»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  alle  istanze  di  Raimondo  Villano- 
va,  ordina  al  milite  Lorenzo  di  Caltavuturo  di  eseguire  una  mi- 
nuta inchiesta  su  i  confini  del  lenimento  di  Carsa,  sito  fra  i  ter- 
ritori di  Cammarata  e  Castronovo,  e  concesso  al  medesimo  Rai- 
mondo da  Giunta,  Vescovo  di  Cefalù.  Si  danno  le  norme  pre- 
cise per  l'esatta  formazione  dell'inchiesta. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principa- 
ti Gapue.  Laurencio  de  Galatabuturo,  militi,  fideli  suo  gra- 
ciam  suam  et  bonam  voluntatem.  Ramundus  Villanova,  ca- 
merarius ,  consiliarius,  farailiaris  et  fidelis  noster  maiestati 
nostre  humiiiter  supplicavit  quod ,  cum  venerabilis  pater 
Iuncta,  cephaludensis  Episcopus ,  cappellanus,  consiliarius 
et  farailiaris  noster,  donaverit  et  concesserit  sibi  quoddam 
tenimentum  terrarum  dictum  Charsia,  situm  infra  tenimenta 
Cammarate  et  Castrinovi,  cum  omnibus  iuribus,  racionibus 
et  pertinenciis  suis,  quod  spectat  ad  eum  et  cephaludensem 
Ecclesiam,  et  nonnulle  persone  aliqua  de  iuribus  predicti  te- 
nimenti  ceperunt,  et  detinent  occupata,  et  ea  sibi  restituere 
contradicunt ,  in  suum  et  predicti  Episcopi  preiudicium  et 
non  modicam  lesionem,  super  hoc  nostra  providere  sereni- 
tas  dignaretur.  Guius  supplicacionibus  inclinati,  de  hiis  cer- 
tificari  volentes ,  Additati  tue  mandamus  quatinus  de  fini- 
bus  et  pertinenciis  predicti  tenimenti  terrarum  ,  prout  an- 
tiquitus  racionabiliter  iuste  protendebantur  ac  protendi  con- 
suevit  et  debent ,  ac  de  omnibus  iuribus  et  bonis  predicti 
tenimenti,  que  per  quoscumque  occupata  tenentur,  per  quem, 
quantum  per  quemlibet,  a  quo  tempore  citra,  qua  racione 
vel  causa,  et  annuo  valore  singulorum  iurium  et  bonorum, 
que  infra  fines  et  pertinencias  occupata  tenentur  per  homi- 
nes  vicinarum  terrarum  et  locorum  ipsarum  parcium,  huius 
rei  conscios  fideles  nostros ,  per  quos  de  premissis  melius 


—  483  —  (1290) 

et  plenius  possit  veritas  indagari,  recepto  prius  a  quolibet 
eorum  de  ventate  dicendo  corporali  et  debito  iuramento , 
personaliter,  fideliter  et  diligenter  inquiras  et  inquisicionem 
ipsam ,  fideliter  in  scriptis  redactara  ,  nobis  sub  tuo  sigillo 
mictas  et  facias  assignari.  Gautus  existens  quod  predicta  in- 
quisicio  sic  legaliter  et  absque  fraude  fiat,  quod  meram  et 
puram  veritatem  contineat,  et  nullo  unquam  tempore  aliquid 
aliud  exinde  valeat  inveniri,  quanrquod  ipsa  inquisicio  con- 
tinebit,  Curia  nostra  tibi  exinde  totaliter  incumbente.  Datum 
Panormi,  terciodecimo  Iulii ,  tercie  indicionis  ,  regni  nostri 
anno  quinto  [1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  61  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù  (Ar- 
chivio di  Stato  di  Palermo).  Il  testo  della  lettera  regia  è  contenuto 
nel  transunto  dell'inchiesta,  che  offre  la  data  1289,  9  settembre, 
4a  indizione.  L'anno  vi  è  scritto  in  tutte  lettere  ;  mentre  l'ordine 
di  Giacomo  ha  la  data  13  luglio,  3a  indizione,  «  regni  nostri  anno 
quinto».  Se  l'ordine  regio  fu  emanato  in  luglio,  3a  indizione 
[cioè  1290],  il  transunto  dell'inchiesta  non  poteva  esser  fatto  nel- 
1'  anno  precedente  1289  ;  onde  non  è  dubbio  che  per  mero  equi- 
voco fu  apposta  al  transunto  la  data  del  1289,  invece  del  1290 , 
e  ciò,  vien  provato,  oltre  che  dall'indizione,  anche  dalla  menzio- 
ne dell'anno  quinto  del  regno  di  Giacomo. 

Una  copia  se  ne  ha  nel  ms.  Qq.  H  8  Diplom.  Eccl.  Cephalud. 
a  fol.  701  e  seg.  (Bibl.  Gom.  di  Palermo). 

Il  nome  del  casale  di  Charse  trovasi  registrato  da  Amari,  Carte 
comparèe  cit.  pag.  33  ,  che  indica  :  «  casal  près  Valledolmo,  El- 
Khazàn».  É  ricordato,  coi  nomi  di  Harsa,  Arsa,  nella  bolla  di  A- 
lessandro  111  del  1169 ,  e  nell'  altra  di  Clemente  III  del  1190  di 
conferma  dei  beni  della  Chiesa  di  Cefalù  (cfr.  Garufi,  Doc.  del- 
l'epoca normanna  cit.  pag.  113  e  234). 

Su  questo  antico  casale  di  Carsa  appartenente  al  Vescovo  di 
Cefalù  conviene  offrire  alcuni  cenni,  per  la  migliore  notizia  del- 
l' origine  dei  litigi  e  dei  provvedimenti  emanati  in  vari  tempi. 
Nell'anno  del  mondo  6683  (cioè  1176),  essendo  insorta  controver- 
sia tra  gli  abitanti  dei  casali  di  Ottumarrano  e  Carsa,  il  Secreto 
Eugenio  de  Cales  fece  un'  inchiesta  dei  confini  dei  suddetti  ca- 
sali, che  venne  riferita  in  un  documento  bilingue,  greco  -  arabo, 


(1290)  —  484  — 

del  quale  ci  rimane  soltanto  la  versione  latina  eseguita  nel  1286, 
che  si  contiene  nella  perg.  60  del  Tabularlo  della  Chiesa  di  Ce- 
falù  (Arch.  di  Stato  di  Palermo),  e  fu  pubblicata  da  Giuseppe 
Spata,  Le  pergamene  greche,  cit.  pag.  451  e  seg.  Cfr.  pure  Tir- 
rito  ,  Sulla  città  e  comarca  di  Castronovo  cit.  pag.  186  e  seg. 
Rinnovaronsi  le  liti  nel  1189,  allorché  il  regio  Giustiziere  Rug- 
giero Hamut  (Hamictus) ,  tenendo  presenti  il  privilegio  di  con- 
cessione del  Re  Ruggiero  ed  un  documento  del  maestro  della  regia 
Dogana,  eseguì  altra  verificazione  dei  confini,  ed  affidò  (come  egli 
dice)  licteris  rerum  indicibus  quella  descrizione.  Tale  documento 
fu  dato  in  luce  dal  prof.  Garufi  ,  nella  sua  memoria  Monete  e 
conii  nella  storia  del  diritto  siculo  dagli  Arabi  ai  Martini  (nel- 
YArch.  Stor.  Sic. ,  an.  XXIII,  1898,  pag.  153  e  seg.). 

Il  Camerario  Conte  Manfredi  Maletta  nel  secolo  seguente  privò 
il  Vescovo  Giunta  del  possesso  di  quel  casale  detto  Sancte  Marie 
de  Harsia,  ed  il  Re  Giacomo  ordinò  nel  1285  che  fosse  tosto  re- 
stituito al  Vescovo  il  casale  suddetto  (Cfr.  il  doc.  del  2  maggio 
1285  da  me  edito  ne\V  Appendice) . 

Fu  quindi  dal  Vescovo  Giunta  (come  si  ricorda  in  questo  do- 
cumento del  1290)  concesso  il  casale  a  Raimondo  Villanova.  Per 
l'inchiesta,  che  fu  eseguita  dopo  i  reclami  di  usurpazioni  presen- 
tati dal  Villanova ,  si  veda  il  testo  del  documento  del  9  settem- 
bre, che  viene  da  me  appresso  riferito  (n.  GCXII).  Aggiungo  qui 
soltanto  che  il  Vescovo  Giunta  a  10  febbraio  1298  trasferì  il  pos- 
sesso del  casale  di  Carsa  a  Vinciguerra  Palizzi ,  per  il  censo  di 
due  oncie  di  oro  annuali ,  come  appare  dalla  perg.  di  n.  64  del 
Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù  (Arch.  di  Stato  di  Palermo). 

Il  Raimondo  Villanova ,  indicato  nel  1290  con  le  qualità  di 
Camerario  e  consigliere  del  Re,  era  catalano  e  forse  della  fami- 
glia del  celebre  Arnaldo.  Egli  nel  1294  fu  inviato  in  Sicilia  dal 
Re  Giacomo  per  trattare  la  pace  con  la  regina  Costanza  e  l'infante 
Federico  (Surita,  Anales  cit.  lib.  V,  cap.  8).  Finke,  Ada  arago- 
nensia  cit.  voi.  I,  pag.  32  ricorda  che  in  marzo  1296  il  Villanova 
venne  in  Ischia  per  trovarvi  la  regina,  e  condurla  a  Roma. 


—  485  —  (1290) 

ooy. 

1290,  luglio  27,  indizione  3%  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  concede  all' Ammiraglio  Ruggiero  Loria  il  per- 
messo di  estrarre  fuori  regno  salme  seimila  di  frumento,  libere 
dal  diritto  di  estrazione  (exiture). 

Questo  documento  è  ricordato  in  un  altro  del  Re  Giacomo  del 
3  aprile  1291,  conservato  al  n.  216  delle  Cartas  sueltas  con  fecha 
di  Giacomo  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona.  La  menzione  del 
privilegio  è  con  tali  termini:  «  Quam  exituram  eidem  Amirato, 
ad  eius  instanciam,  maiestas  nostra  libere  et  graciose  concedit, 
iuxta  tenorem  mandati  nostri  dati  Trapani,  vicesimo  septimo  iu- 
lii,  tercie  indicionis».  Per  altre  notizie  cfr.  il  doc.  sopra  menzio- 
nato del  1291. 

È  evidente  che  la  grande  quantità  di  frumento,  che  si  estraeva 
dall'isola,  serviva  per  i  bisogni  della  difesa  in  Catalogna.  Si  ha 
infatti  un  documento  del  18  settembre  seguente  (pubblicato  da 
me  nell'Attuari  cit.  pag.  362,  doc.  XXII),  col  quale  il  Re  Alfonso 
manifestava  a  Giacomo  che  egli  attendeva  l'invio  del  resto  del 
frumento  ,  «  quod  vos  et  domina  regina  mater  nostra  nobis  mi- 
etere debebatis  »  nella  complessiva  somma  di  salme  cinquemila, 
«  de  quo  nobis  misistis  in  navi  Admirati  duas  mille  salmas  et 
ducentas  quinquaginta  salmas  in  biscocto».  Il  Re  Alfonso  insi- 
steva per  l' invio  sollecito  del  frumento  ,  «  cum  illud  sit  nobis 
valde  necessarium  propter  stabilimenta,  que  habemus  ponere  in 
castris  frontarie  et  locis  aliis  terre  nostre». 


COVI. 

1290,  luglio  29,  indizione  3%  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  si  congratula  con  gli  almogaveri  delle  società 
di  Matteo  Fortuno  e  Ferrando  de  Cqmerasa  degli  Abdèlilli  per 


(1290)  —  486 


la  fedeltà  e  la  devozione  dimostrate  nell'avere  strenuamente  oc- 
cupato la  terra  di  Castrovillari  e  sottopostala  al  dominio  regio. 
Promette  di  render  ad  essi  il  dovuto  merito,  perchè  con  maggior 
impeto  si  volgano  contro  i  nemici. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Gapue.  Almugaderiis  et  Almugavaris  de  societatibus 
Mathei  Fortuni  et  Ferrandi  de  Camerasa  Abdelillorum  di- 
lectis ,  fidelibus  suis  graciam  suam  et  bonam  voluntatem. 
Inteliecto  nuper ,  ex  relaeione  quorundarn  nostrorum  fide- 
lium  ,  quod  una  cum  predictis  AbdalilJis  terra ra  Castrovil- 
lari, nostrorum  hostium  potestati  subiectam,  potenter  et  viri- 
liter  invasistis  et  nostro  dominio  submisistis,  que  in  nostris 
fide  et  dominio  gubernatur ,  strenuitatem  et  sollicitudinem 
vestram ,  habitam  in  acquisicione  et  capcione  terre  ipsius 
qunm  in  aliis  nostris  exaltacionibus  [et]  honoribus  semper 
promptam,  expositam  et  paratam  invenimus,  probabiliter  et 
merito  commendant.es,  per  laudabilium  effectus  operum  ma- 
nifeste cognoseimus  et  videmus  quod  honorem  et  exaltacio- 
nem  nostram  tota  mente  et  animo  anelante  desideratis,  et 
prò  ipsa  tractanda  personas  vestras  promptis  affectibus  ex- 
posuistis  et  exponere  non  formidatis.  De  quo  vos,  per  con- 
dignas  largiciones  et  gracias ,  promovere  et  in  melius  am- 
pliare disponimus,  quod  gaudebitis  nostris  insudasse  servi- 
ciis,  et  ad  tractandam  maiorem  exaltacionem  nostri  nomi- 
nis  viriliter  et  prompcius  laborabitis,  propter  quod,  contra 
communes  rebelles  et  hostes  spiritum  maioris  fortitudinis  et 
vigoris  assumentes,  contra  eos  in  acquisicione  aliarum  ter- 
rarum  et  locorum  eorum  dominii  procedatis  viriliter  et  poten- 
ter. Datum  Trapani,  penultimo  iulii,  111  indicionis,  regni  no- 
stri anno  V  [1290]. 

Dalle  Cartas  sueltas  sin  fecha  del  regno  di  Giacomo,  al  n.  9812, 
uell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

La  data  precisa  si  desume  dalla  3"  indizione  e  dall'anno  quinto 
del  regno,  che  corrisponde  appunto  al  1290. 

Su  quegli  eventi  di  guerra  in  Calabria  fa  un  breve  cenno  gè- 


—  487  —  (1290) 

nerico  il  cronista  Speciale  ,  che  dice  :  «  Anno  ab  incarnatione 
domini  millesimo  ducentesimo  nonagesimo  Iacobus  rex  Sicilie , 
cuna  quadraginta  galeis  in  Calabria  proficiscens,  civitatem  Gerachii 
et  alia  loca  plurima  occupavit  (lib.  II,  cap.  17,  ed.  Gregorio,  cit. 
voi.  I,  pag.  345).  La  notizia  della  presa  di  Castrovillari  da  parte 
degli  almogaveri ,  che  si  ricava  da  questo  documento ,  fornisce 
nuova  prova  dei  successi  dei  Siciliani  in  Calabria. 

Trovasi  il  ricordo  di  Matteo  Fortuno  negli  Anales  del  Su- 
rita  (lib.  IV ,  cap.  50) ,  perchè  egli ,  narrando  i  fatti  del  1284 , 
menziona  la  parte  che  ebbe  il  Fortuno  negli  attacchi  contro  gli 
Angioini  nella  Calabria,  essendo  allora  Adalid  degli  almogaveri. 
È  utile  riferire  le  sue  parole:  «  Algunos  lugares  de  la  provincia 
Basilicata,  despues  de  la  toma  de  Castrovilari,  se  rebelaron  con- 
tra  el  rey  Carlos ,  y  residiendo  en  ella  Mateo  Fortun ,  que  era 
adalid  de  dos  mil  almogàraves  »  ecc.  Il  nome  Abdalid  o  Adalid 
è  senza  dubbio  di  origine  araba,  come  l'altro  di  almogaveri.  Du- 
cange  nel  Glossarium  alla  voce  Adalides  ne  offre  precisa  spie- 
gazione, rilevandone  la  provenienza  dagli  Arabi  di  Spagna,  e  no- 
tando con  varie  prove  che  gli  Adalides  sono  «  itineris  ductores  » 
e  che  «  iussa  imponunt  almogaberibus  et  peditibus».  L'altra  pa- 
rola Almugaderii  o  Almocadeni  è  pure  araba,  e  come  nota  il  Du- 
cange  alla  voce  Almocadenus,  significa  «  capitaneus  peditum,  Hi- 
spanis  » . 


CCVII. 

1°290,  luglio  29,  indizione  3a,  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  si  compiace  con  Ferrando  de  Camerasa  Ada- 
lillo  per  avere,  insieme  con  Matteo  Fortuno  e  con  gli  almogave- 
ri, preso  con  grande  valore  la  terra  di  Castrovillari  e  sottomes- 
so al  suo  dominio.  Manifesta  che  darà  loro  il  premio  condegno, 
affinchè  egli  con  nuova  forza  assalti  il  nemico. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Ferrando  de  Camerasa  Adalillo ,  familiari  et 


(1290)  /  —  488 


fideli  suo ,  graciam  suara  et  bonam  voluntatem.  Intellecto 
nuper,  ex  relacione  quorundara  nostrorum  fidelium  ,  quod 
una  cum  Matheo  Fortuno  Abdalillo,  familiare,  et  almugave- 
ris  fìdelibus  nostris,  terram  Gastrovillari,  nostrorum  hostium 
potestati  subiectam ,  potenter  invasistis  et  nostro  dominio 
submisisti,  que  in  nostris  fide  et  dominio  gubernatur,  stre- 
nuitatem,  industriam  et  sollicitudinem  tuam  et  dictorum  no- 
strorum fidelium  habitam  in  acquisicione  et  capcione  terre 
ipsius,  quam  in  aliis  nostris  exaltacionibus  et  honoribus  sem- 
per  promptam,  expositam  et  paratam  invenimus  probabiliter, 
et  merito  commendantes ,  per  laudabilium  effectus  operum 
manifeste  cognoscimus  et  videmus  quod  honorem  et  exal- 
tacionem  nostrani,  tota  mente  et  animo ,  anelanter  deside- 
ras,  et  prò  ipsa  tractanda  personas  tuam  et  amulgaverorum 
nostrorum  fidelium  promptis  affectibus  exposuisti  et  expo- 
nere  non  formidas.  De  quo  te  et  dictos  almugaveros  per  con- 
dignas  largiciones  et  gracias  promovere  et  in  melius  compia- 
cere disponimus,  quod  gaudeatis  nostris  insudasse  serviciis 
[et]  ad  tractandam  maiorem  exaltacionem  nostri  nominis  viri- 
liter  et  prompcius  laborabis,  propter  quod  contra  communes 
rebelles  et  hostes  spiritimi  maioris  fortitudinis  et  vigoris  as- 
sumens,  contra  eos  in  acquisicione  aliarum  terrarum  et  lo- 
corum  eorum  dominii  procedas  viriliter  et  potenter.  Datum 
Trapani ,  penultimo  iulii ,  III  indicionis,  regni  nostri  anno 
V°  [1290]. 

Dal  n.  9813  delle  Cartas  sueltas  sin  fecha  del  regno  di  Gia- 
como II,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Il  documento  è  simile  per  il  contenuto  al  precedente  diretto 
agli  almogaveri  :  ma  riscontransi  alcune  varianti,  per  le  quali  è 
necessario  riferirlo  per  intero.  Per  altre  notizie  basta  rinviare  a 
quanto  ho  detto  per  il  documento  anteriore.  Ho  corretto  nel  te- 
sto qualche  errore  evidente. 


—  489  —  (1290) 

CCVIII. 

1290,  luglio  29,  indizione  3a,  Palermo. 

Il  milite  Ruggiero  Mastrangelo,  Giustiziere  di  Palermo,  ordi- 
na (in  seguito  a  lettera  del  Re  Giacomo  a  lui  diretta)  a  Neri  figlio 
di  Giacomo,  serviente  della  Corte  del  Giustiziere,  di  eseguire  la 
sentenza  emanata  dal  medesimo  Ruggiero  nella  causa  tra  Pie- 
tro de  Filosofo  e  Costanzo  de  Bentifano,  giudici ,  e  Ruggiero  de 
Bianco,  cittadini  di  Palermo,  per  la  designazione  dei  confini  delle 
terre  di  Curema  e  Marauso ,  e  per  la  restituzione  delle  terre  di 
Marauso  usurpate  dal  suddetto  Ruggiero  de  Bianco.  Il  serviente 
immette  quindi  in  possesso  delle  terre  i  giudici  de  Filosofo  e  de 
Bentifano.  Si  indicano  esattamente  i  confini  delle  terre  suddette. 

(Atto  in  notar  Guglielmo  de  Ruggiero  di'  Palermo). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  dominice  incarnationis  mil- 
lesimo ducentesimo  nonagesimo,  mense  Iulii,  vicesimo  nono 
eiusdem,  tertie  inditionis.  Regnante  serenissimo  domino  no- 
stro domino  Iacobo  dei  gratia  inclito  rege  Sicilie,  ducatus 
Apulie  et  principatus  Capue,  sui  felicis  regiminis  anno  [quin- 
to] feliciter  amen.  Nos  Ioannes  de  Magistro  Iudex  civitatis 
Panormi ,  Guillermus  de  Rogerio  regius  publicus  eiusdem 
civitatis  notarius  et  subscripti  testes,  ad  hoc  vocati  specia- 
liter  et  rogati ,  presenti  scripto  publico  notum  facimus  et 
testamur  quod  nobilis  vir  dominus  Rogerius  de  Magistro 
Angelo,  miles,  regius  Iustitiarius  predicte  civitatis  Panormi, 
auctoritate  quarundam  regiarum  licterarum,  sibi  directarum, 
de  declarandis,  terminandis  et  limitandis  finibus  et  pertinen- 
tiis  tenimentorum  terrarum  Gureme  et  Marausi,  de  quibus 
controversia  tunc  erat  inter  Iudicem  Petrum  de  Pbilosopho 
et  Iudicem  Gonstancium  de  Bentiphano  socerum  suum  ex 
una  parte,  et  dominum  Rogerium  de  Bianco,  militem,  cives 
Panormi  ex  altera ,  ad  peticionem  et  instanciam  ipsorum 
Iudicis  Petri  et  Iudicis  Gonstancii,  manda vit  et  iniunxit  co- 
rani nobis  Neri  filio  Iacobi,  misso,  servienti  seu  apparitori 


(1290)  —  490  — 

Curie  eiusdem  domini  Iustitiarii ,  ut  nobis  piene  constitit , 
servatis  omnibus  sollempnitatibus ,  ut  exequeretur  senten- 
tiam  latam  per  eundem  dominum  fustitiarium  prò  predictis 
Iudice  Petro  et  Gonstancio  contra  predictum  dominum  Ro- 
gerium,  super  restitutione  quarumdam  infrascriptarum  terra- 
rum  usurpatarum  per  eundem  dominum  Rogerium ,  que 
sunt  infra  fines  et  pertinentias  de  finibus  et  pertinentiis  te- 
nimenti  terrarum  Cureme,  neenon  super  declaratione ,  ter- 
minatione  et  limitatione  fìnium  et  pertinentiarum  tenimento- 
rura  Cureme  et  Marausi,  ut  in  ipsa  sententia  plenius  con- 
tinetur,  et  aliis  contentis  ut  nobis  similiter  constitit;  et  ad 
mandatum  predictum  dictus  serviens  exequutus  est,  nobis 
presentibus ,  sentenciam  predictam,  et  posuit  et  induxit  in 
corporalem  possessionem  terrarum  ipsarum  eosdem  Tudicem 
Petrum  et  Constancium  prò  exequutione  predicta  in  teni- 
mento  predicto  Cureme.  Terre,  ut  in  predicta  sententia  con- 
tente ,  et  in  quibus  fuit  predicta  sententia  exequuta  ,  sunt 
he:  In  primis  incipiunt  ex  parte  septemtrionis  a  porta, 
que  est  supra  saltum  aquarum,  et  ab  ipsa  porta  descendunt 
per  magnum  vallonem  vocatum  de  Ficaraciis,  in  quo  sunt 
adhuc  ficaracie,  deinde  descendunt  per  aquas  ipsius  magni 
vallonis  et  transeunt  per  mandram,  que  fuit  Charboni  Sar- 
raceni  olim  procurator[is]  Curie,  que  mandra  est  de  teni- 
mento  Marausi.  Deinde  descendunt  per  aquas  usque  prope 
massariam ,  que  fuit  olim  Venuti  Busketti ,  et  nunc  ipsam 
tenet  Guillelmus  conciator,  que  massaria  est  in  dicto  teni- 
mento  Marausi.  Deinde  descendunt  per  easdem  aquas  aquas, 
et  tendunt  usque  ad  flumen",  quod  descendit  de  Marausa , 
inter  [quod]  flumen  et  predictas  aquas  est  lapis,  qui  voca- 
tur  lapis  niger,  qui  lapis  est  in  dicto  tenimento  Marausi. 
Deinde  descendunt  a  predicto  flumine  ex  parte  occidentis 
per  quemdam  alium  vallonem  ,  qui  est  inter  duas  arbores 
ficuum,  et  per  ipsum  vallonem  vallonem  ascendunt  per  cri- 
stam  cristam  usque  ad  lapidem  Bedera,  et  sic  concluduntur 
fines  predicti.  Terre  autem  usurpate  per  predictum  domi- 
num Rogerium ,  que  sunt  infra  fines  et  pertinencias  et  de 


—  491  —  (1290) 

finibus  et  pertinenciis  dicti  casalis  seu  teniraenti  terrarura 
vocatarum  Gurema,  quas  tenet  usurpatas,  et  in  quibus  dicti 
Iudex  Petrus  et  Constancius  passi  sunt  usurpacionem  sunt 
hii  :  In  primis  incipiunt  a  porta  Chasi ,  et  deinde  descen- 
dunt  recto  tramite ,  respiciendo  ipsam  portam  ad  Gurgum 
salitum,  et  ab  ipso  gurgo  descendunt  similiter  ad  vallonem 
qui  dicitur  de  Cancris ,  et  ab  ipso  vallone  Gancrorum  de- 
scendunt usque  ad  vallonem  ad  quem  defluunt  aque  vallo- 
nis  Marausi,  et  deinde  ascendunt  ad  quemdam  alium  gurgum 
per  viam  vocatam  de  Burdis,  que  est  prope  mandram  Petri 
Barbera  de  Gorlione ,  et  deinde  ascendunt  recto  tramite 
usque  prope  massariam  dicti  Petri  Barbera,  et  abinde  ascen- 
dunt usque  ad  dictam  petram  Bedere,  et  sic  concluduntur 
terre  usurpate.  Unde  ad  futuram  memoriam,  et  dictorum  Iu- 
dicis  Petri  et  Constancii  etberedum  eorum  cautelam,  presens 
publicum  instrumentum  eis  exinde  factum  est  per  manus 
mei  predicti  notarii ,  meo  signo  signatura ,  subscriptione 
mei  predicti  Iudicis  et  subscriptorum  testium  subscriptioni- 
bus  et  testimonio  roboratum.  Actum  Panormi,  anno,  mense 
die  et  indictione  premissis. 

f  Ego   Ioannes  de  Magistro  qui  supra  Iudex   me   sub- 
scripsi  et  testor. 

f  Ego  Franciscus  Tallavia  testis  sum. 

f  Ego  Theodorus  de  Gayto  testis  sum. 

f  Ego  Symon  de  Genturbio  testis  sum. 

f  Ego  Basilius  de  Taberna  testis  sum. 

-j-  Ego  Symon  de  Castroioanne  testis  sum. 

f  Ego  Ioannes  de  Ioanne  Vetulo  testis  sum. 

f  Ego  Iacobus  de  Geralbono  testis  sum. 

f  Ego  Ioannes  Presbiter  de  Gorilono  testis  sum. 

j-  Ego  Guillelmus  de  Policio  testis  sum. 

f  Ego  Bartholoctus  de  Gaprara  testis  sum. 

f  Ego  Rogerius  de  Gentili  testis  sum. 

f  Ego  Iacobus  Lombardus  testis  sum. 
et  scribere  nescientes  per   manus   predicti   notarii   fecimus 
nos  subscribi. 


(1290)  —  492  — 

f  Ego  Guillelmus  de  Rogerio  qui  supra  regius  publi- 
cus  civitatis  Panormi  notarius  predicta  rogatus  scripsi  et 
meo  signo  signavi. 

Testes  antedicti  Iudex  Theodarus  de  Gayto  et  Franciscus 
Tallavia. 

Il  testo  di  tale  documento  si  trova  in  copia,  talvolta  scorret- 
ta, del  secolo  XVIII,  nel  volume  ms.  2  Qq  H  230,  intitolato  «  vo- 
lume di  antichissimi  documenti  esemplati  dalli  pargameni  »  della 
Chiesa  della  Martorana  di  Palermo,  a  fol.  303  (Bibl.  Comunale 
di  Palermo).  Nella  copia  si  ebbe  cura  di  riprodurre  ,  come  per 
altri  atti  di  quel  volume,  il  monogramma  del  nome  Guillermus 
del  notaro  de  Ruggiero,  e  ciò  è  maggiore  indizio  di  autenticità. 
La  voce  apparitovi  si  trova  per  equivoco  trascritta  in  apponitori. 
Pare  che  i  testimoni  de  Gayto  e  Tagliavia,  ricordati  pure  in  fine 
dell'atto,  sapessero  scrivere,  e  non  gli  altri ,  perchè  nella  copia 
dopo  i  nomi  di  quei  due  testimoni,  è  una  lunga  linea ,  accanto 
alla  quale  è  notato  «  et  scribere  nescientes  »  ecc. 

Il  prof.  Vincenzo  Di  Giovanni  nella  sua  memoria  Appendice 
alla  Topografia  di  Palermo  dal  sec.  X  al  XV  (inserita  neìVArch. 
Stor.  Sic.  an.  XXIV,  1899,  pag.  381  e  seg.)  rileva  varie  indica- 
zioni di  nomi  topografici,  che  si  desumono  da  questo  documento. 
Egli  ritiene  (pag.  384)  che  i  teni menti  di  Marausa  e  Curema  fos- 
sero nel  «  territorio  di  Palermo  »  ;  ma  ciò  non  sembra  vero,  ac- 
cennandosi nell'atto  il  Casale  di  Curema,  che  sarà  probabilmente 
il  casale  Cutemi  vicino  Mezzoiuso,  esistente  nella  metà  del  seco- 
lo XIII,  e  detto  indi  Gudemi,  come  ricorda  Amari  nella  Carte  com- 
parée  cit  pag.  34.  Il  Di  Giovanni  inoltre  nel  dare  un  riassunto 
del  documento  (a  pag.  391),  specialmente  in  riguardo  ai  nomi  di 
luogo,  afferma  che  le  terre  erano  state  «  usurpate  da  :  Dominus 
Rogerius  de  Magistro  Angelo  Miles  Regius  Iustitiarius  civitatis 
Panormi».  Ciò  è  un  evidente  errore,  derivante  dal  non  avere  il 
Dì  Giovanni  considerato  che  l'usurpatore  era  stato  Ruggiero  De 
Bianco  e  non  l'omonimo  Ruggiero  Mastrangelo,  l'intemerato  fau- 
tore della  rivoluzione  di  Palermo  del  1282,  che  non  avrebbe  certa- 
mente commesso  un  delitto  di  usurpazione  di  terre ,  e  che  anzi 
come  Giustiziere  aveva  definito  la  controversia  su  quella  materia. 

Si  ha  così  notizia  che  nel  1290  il  celebre  Mastrangelo  era  in- 
vestito di  alta  dignità  giudiziaria  in  Palermo.  Di  lui  si  ha  ricordo 


—  493  —  (1290) 

più  recente  nel  1286 ,  quando  egli  sottoscrisse  da  testimonio  il 
documento  solenne  del  12  febbraio,  col  quale  Re  Giacomo  pro- 
metteva di  difendere  il  fratello  Alfonso  nel  regno  di  Aragona. 
Gfr.  Amari  9a  ed.  voi.  II,  pag.  165,  nota  4,  e  le  notizie  per  quel 
documento  da  me  sopra  riferite  al  n.  GXXXIX. 


OOIX. 

1290,  luglio  (probabilmente). 

Il  Re  Giacomo  trasmette  le  sue  risposte  ai  capitoli  inviatigli 
da  maestro  Raimondo,  cappellano  del  papa  Nicola  IV. 
Esse  sono  composte  in  tal  modo  : 

1.  La  restituzione  di  beni  alle  chiese  si  farà  interamente; 
ma  durante  la  tregua  i  prelati  riceveranno  soltanto  le  loro  ren- 
dite, con  V  assicurazione  che  le  chiese  e  gli  ecclesiastici  saranno 
mantenuti  nelle  prerogative  competenti. 

2.  Il  Papa  non  dovrà  molestare  né  diminuire  i  territori , 
che  sono  al  di  là  del  Faro,  ed  appartengono  al  medesimo  Re  Gia- 
como, il  quale  ha  sostenuto  tante  spese  e  pericoli,  «esponent  la 
sua  persona  e  la  gent  sua  a  perils».  Peraltro  durante  le  tregue 
non  si  possono  diminuire,  ma  si  devono  conservare  i  territori  di 
ognuno. 

3.  La  tregua  si  tratterà  e  stabilirà  tra  la  Chiesa  di  Roma, 
i  Re  di  Francia,  di  Castiglia,  e  Carlo  II  di  Napoli,  e  lo  stesso  Re 
Giacomo  per  sé  e  per  suo  fratello  Alfonso  Re  di  Aragona,  e  tutti 
con  loro  genti  e  fautori,  per  dieci  anni,  con  le  condizioni  che  a- 
vanti  si  determinano  : 

a)  Che  il  Papa  ed  i  cardinali  ed  i  suddetti  sovrani ,  com- 
preso il  fratello  del  Re  di  Francia,  prometteranno  con  giuramento 
di  osservare  esattamente  la  tregua  nei  loro  stati,  come  farà  il  Re 
Giacomo  per  sé  e  per  il  fratello. 

b)  Che  ritenuto  che  le  tregue  non  offrono  molta  sicurezza  . 
e  che  per  il  passaggio  in  Terra  Santa  (propriamente  in  Acri,  se- 
condo la  proposta  del  Papa)  occorre  molto  tempo,  il  Re  Giacomo 
possa  mandare  a  sue  spese  venti  galere  armate  con  mille  almo- 
gaveri  e  mille  balestrieri,  perché  la  Terra  Santa  non  soffra  danni 


(1290)  —  494  — 

dalle  galere  del  Sultano.  Le  suddette  galere  del  Re  Giacomo  ri- 
marranno in  Terra  Santa  sino  al  venturo  settembre ,  nel  qual 
mese,  lasciate  quivi  le  milizie,  torneranno  in  Sicilia,  perchè  nella 
primavera  seguente  delV  anno  1291  il  Re  Giacomo  con  le  stesse 
venti  galere  e  con  altrettante  e  con  quattrocento  cavalieri,  e  due- 
mila fra  balestrieri  ed  almogaveri,  si  rechi  in  Terra  Santa.  Se 
il  Papa  ed  i  cardinali  vorranno  che  il  Re  Giacomo  parta  nella 
medesima  estate  (cioè  in  agosto  1290)  lo  concedano,  per  non  so- 
spendere la  spedizione. 

e)  Che  essendo  solito  avvenire  molti  inconvenienti  nelle  tre- 
gue, il  Re  Giacomo  starà  nelle  regioni  d'oltremare  per  un  anno, 
se  sarà  partito  in  agosto  o  settembre ,  e  tornerà  nella  fine  del- 
l'anno. Se  partirà  nella  primavera  del  1291,  vi  rimarrà  sino  al- 
l'estate dell'altro  anno  1292,  e  poi  ritornerà  in  Sicilia,  lasciando 
però  in  Terra  Santa  un  capitano  con  trecento  cavalieri  e  con  i 
suddetti  balestrieri  ed  almogaveri,  che  rimarranno  quivi  sino  al 
termine  della  tregua. 

d)  Che  tenuto  in  considerazione  che  le  rendite  del  regno  di 
Giacomo ,  insieme  al  soccorso  che  potrà  avere  dai  suoi  sudditi , 
ascendono  al  più  a  quarantamila  onde  all'anno,  il  Re  medesimo 
promette  di  fare  a  sue  spese  gli  apparecchi  per  l'armata,  ed  al- 
tresì provvedere  al  mantenimento  delle  milizie  per  quattro  mesi 
dal  primo  anno  ,  dopo  la  partenza  ,  ciò  che  importerà  la  spesa 
di  circa  quarantamila  onde,  oltre  alle  spese  per  le  milizie  dopo 
il  ritorno  dello  stesso  Re  in  Sicilia.  Per  i  rimanenti  otto  mesi 
di  ogni  anno  il  danaro  per  le  spese  medesime  dovrà  essere  fo- 
nito  al  Re  Giacomo  dalla  Chiesa  Romana. 

e)  Che  il  Re  Giacomo  giurerà  di  inviare  le  suddette  quaranta 
galere  con  le  loro  milizie ,  e  che  dovrà  provvedersi  che  il  Re  in- 
sieme con  quanti  partiranno ,  ed  anche  coloro  che  rimarranno 
in  Sicilia  siano  assoluti  dalla  scomunica,  togliendosi  l'interdetto 
posto  nell'isola,  e  concedendosi  il  perdono  al  Re  ed  a  tutti  quelli 
che  con  lui  vanno  in  Terra  Santa.  Se  l'armata  navale  dei  Sara- 
ceni non  sarà  pronta,  si  reputa  però  conveniente,  anche  per  evi- 
tare grandi  spese ,  da  sostenersi  dalla  Chiesa  Romana ,  di  fare 
ritornare  le  quaranta  galere  del  Re  Giacomo,  o  mantenerne  al- 
cune, se  fra  breve  i  nemici  si  prepareranno. 

f)  Che  il  Papa  ordini  al  Re  di  Cipro  di  andare  ,  insieme 
alla  sua  gente,  col  Re  Giacomo  in  Terra  Santa,  ed  altresì  im- 


—  495  —  (1290) 

ponga  ai  monaci  dell'  Ospedale  dei  Teutonici  ed  ai  religiosi  e  se- 
colari, che  sono  nella  terra  di  Acri,  di  prestare  obbedienza  ed  aiuto 
al  Re  Giacomo,  come  capitano  della  Chiesa,  potendo  costui  stare 
nel  castello  di  Acri  durante  la  sua  dimora  in  Terra  Santa. 

g)  Che  il  Papa  consenta  il  matrimonio  già  stabilito  tra  la 
figlia  del  Re  d' Inghilterra  ed  il  Re  Alfonso  d'  Aragona ,  perchè 
se  ciò  farà,  il  Re  Giacomo  avrà  maggior  fiducia  nel  Papa,  come 
ancora,  per  la  parentela  col  Re  d'Inghilterra,  potrà  meglio  offen- 
dere i  nemici  della  fede  cristiana. 

h)  Che  curi  altresì  il  Papa  che  i  suddetti  sovrani  osservino 
bene  la  tregua,  venendo  altrimenti  sottoposti  all'interdetto  ed  al 
pagamento  dei  danni. 

i)  Che  durante  la  tregua  il  Papa  difenda  l'isola  di  Sicilia 
e  gli  altri  territori,  che  il  Re  Giacomo  possederà  al  tempo  del  suo 
passaggio  in  Terra  Santa,  sotto  le  debite  pene  ai  ribelli. 

j)  Che  se  il  Re  di  Francia  od  i  suoi  baroni  volessero  re- 
carsi in  Terra  Santa,  si  dovrà  dal  Papa  darne  notizia  al  Re 
Giacomo  per  sua  sicurtà. 

k)  Se  avvenisse  la  morte  del  Re  Giacomo  nel  tempo  della 
tregua,  i  patti  suddetti  saranno  adempiti  dall'  Infante  Federico 
suo  fratello ,  e  per  la  morte  di  costui  dal  fratello  Pietro ,  ed  in 
caso  pure  di  sua  morte  dal  Re  Alfonso  di  Aragona. 

Resposta  del  rey  en  Iacme assignats  per  mestre 

Ramon  capela  del  senyor  papa. 

AI  primer  capitol  de  la  [rejstitucio  de  les  esglees  e  deles 
persones  ecclesiastiques,  e  maiorment  dels  prelats  en  la  isla 
de  Sicilia. 

Es  respost  que  la  restitucio  se  fassa  plenerament ,  aixi 
empero  que,  durant  la  treva,  los  prelats  sien  contents  ree- 
bre  per  lurs  procuradors  los  drets  e  les  rendes  lurs.  E  sera 
feta  a  els  bona  et  sufficient  segurtat  de,  conservar  les  esglees 
e  les  persones  ecclesiastiques  en  lurs  libertats  e  drets. 

Sobrel  segon  capitol  de  lexar  tot  go  ,  que  te  de  lo  Far 
en  terra  e  en  mar,  francament  e  sens  tot  empaix. 

Es  respost  que  placia  al  sent  papa  que  no  agreuge  ne 
minue  de  sos  teniments  aquel  quis  sotmet  a  tan  gran  fet 
e  a  tantes  despeses,  esponent  la  sua  persona  e  la  gent  sua 


(1290)  —  496  — 

a  perils,  que  aia  carrech  daquell  e  en  deu  aver  guardo.  En- 
cara  que  no  es  de  les  condicions  daquels,  qui  prenen  tre- 
ves,  que  deien  esser  minuats,  ans  servats  en  sos  teniments, 
pergo  que  si  per  aventura  avenia  deffaliment  de  les  parts, 
cascun  apres  que. les  treves  fossen  trencades ,  tengues  en- 
tegraraent  tot  §o  que  tenia. 

Sobrel  ters  capitol  de  donar  segurtat  danar  en  Acre  con- 
trals  enemics  de  la  fé  ab  XL  galees  et  ab  GCGG  cavalers, 
dins  lo  termen,  que  per  lesglea  li  sera  assignat,  e  estar  a- 
qui  mentre  que  les  treves  durassen. 

Es  respost  que  les  treves  se  tracten  effermen  entre  la 
senta  esglea  de  Roma  per  si  e  per  los  reys  de  Fransa  e 
de  Castela  e  per  Karles  segons  princep  e  per  les  comunes 
e  per  los  valadors  e  sotsmeses  lurs  ;  encara  aquels  meteix 
reys  e  els  dits  Karles  e  princep,  comunes,  valadors  e  sots- 
meses daquels  e  el  rey  en  Iacme ,  per  si  e  per  lo  senyor 
Namfos  rey  Darago  frare  seu  e  per  los  valadors  e  sotsmeses 
daquels,  e  aquel  meteix  rey  Darago,  valadors  e  sotsmeses 
seus  per  X  anys  en  la  forma  e  manera  desusdites. 

Que  el  dit  sent  papa  e  els  senyors  cardenals ,  per  si  e 
per  los  dits  princeps  e  comunes,  ab  cartes  del  papa  ben  fe- 
tes  e  fermades,  prometran,  e  els  dits  reys  de  Fransa  e  de 
Castela,  el  princep  e  el  frare  del  rey  de  Fransa  e  els  altres 
princeps  enemics  dels  dits  reys  Darago  e  de  Sicilia  o  del  un 
dels  e  les  dites  comunes  prometran  e  fermeran  ab  segre- 
ment  les  dites  treves  per  tot  lo  damunt  dit  temps  en  terra 
e  en  mar ,  per  si  e  per  la  gent ,  valadors  e  sotsmeses  da- 
quels,  en  bona  fé  fermament  atendre  e  sens  tot  faliment 
observar  e  fer  observar,  e  no  contravenir  en  alcuna  cosa 
per  alcuna  manera.  E  aqui  meteix  lo  dit  rey  en  Iacme  farà 
per  si  e  per  lo  dit  rey  Darago  frare  seu ,  valadors  e  sots- 
meses lurs ,  e  en  bona  [fé]  procurara ,  cant  pus  tost  pora, 
aquesta  meteixa  cosa  esser  feta  per  lo  dit  frare  seu ,  e  a 
totes  aquestes  coses  e  cascuna  d'aquestes  observar  se  obli- 
gara  solemnialment  per  lo  dit  frare  seu,  e  de  tot  ago  sien 
fetes  de  cascuna  de  les  parts  aqueles  cartes  e  escrits,  que 
sien  cuvinens  e  bastans. 


--  497  —  (1290) 

Encara  car  el  fet  de  les  treves  no  a  tanta  segurtat ,  ne 
els  feels  o  sotsmeses  no  son  aixi  pagats  de  treves  con  de 
pau,  ne  prometrien  aixi  gran  secors,  e  moltes  coses  se  pu- 
rien  fer  dins  treves,  que  no  serien  presumides  o.  .  .  .  en 
pau ,  e  maior  segurtat  a  mester  a  establir  les  terres  e  les 
locs  seus  en  temps  de  treva ,  e  en  complir  aquestes  coses 
e  ordonar  la  sua  terra  e  encara  a  aparelar  se  al  passatge 
honradament  e  poderosa,  segons  que  tan  gran  fet  o  requer 
sia  mester  molt  temps.  Placia  als  dits  senyors  sent  papa  e 
cardenals ,  esguardant  totes  aquestes  coses ,  que  per  guar- 
dar la  Terra  santa  dels  enemics  per  mar  e  a  fer  mal  a  a- 
quels  en  totes  partes,  on  mes  e  maior  lur  pusca  esser  fet, 
que  puga  primerament  trametre  lo  dit  rey  ab  despeses  seus 
XX  galees  be  e  cuvinentment  armades  ab  M  almugavares 
e  M  balesters,  perco  que  la  Terra  santa  no  pug.  .  .  .  dam- 
pnatge  per  les  galees  del  Solda,  ans  ab  les  dites  galees  fas- 
sen  mal  a  les  terres  e  als  vassals  del  dit  Solda.  Les  quals 
galees  estien  en  les  dites  parts  doltramar  entre  al  mes  de 
setembre  seguent  de  la  quarta  indicio ,  e  dins  aquel  mes , 
lexats  aqui  los  dits  balesters  e  almugavares,  partesquen  les 
dites  galees  daqueles  parts  e  tornen  en  Sicilia ,  pergo  que 
en  la  primavera  daquel  any  de  la  quarta  indicio  ,  aixi  ab 
aqueles  XX  galees  con  ab  altres  XX  galees  e  ab  GCCC  ca- 
valers ,  M  balesters  e  ab  altres  M  almugavares  ,  lo  dit  rey 
pas  a  aqueles  parts.  E  en  aquest  endemig  lo  dit  rey  en 
lacme  pus  sufficientment  e  mils  saparalara  a  fer  lo  passat- 
ge, perco  cor  hi  a  mester  gran  aparalament,  lo  qual  requer 
gran  quantitat  de  moneda,  encara  per^o  que  pus  bastant- 
ment  e  mils  aparalat  de  tot  co  que  mester  hi  sera,  pas  en 
la  dieta  primavera  en  les  dites  parts  ab  les  dites  XXXX 
galees,  GCCC  cavalers,  M  balesters  e  M  almugavares.  E  si  de 
tot  en  tot  vulien  quel  rey  pasas  aquel  meteix  estiu ,  ator- 
gassen  o,  ans  que  no  romanges  lo  fet. 

Encara  car  en  temps  de  treves  molts  escandels  pusquen 
nexer,  dels  quals  no  sens  rao  es  de  duptar,  promet  e  diu 
que  estara  en  aqueles  parts  doltramar  [ab  les  dites  XXXX 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  32 


(1290)  —  498  — 

galees ,  GCGCJ  cavalers,  M  balesters  e  M  almugavares  per 
un  any,  si  passara  en  agost  o  eri  setembre,  e  en  la  fi  da- 
quel  any  que  seri  torri;  e  si  passara  eri  la  primavera  del  se- 
guent  any,  estia  aquel  estiu  e  livern  e  laltre  estiu  seguent, 
e  puis  que  sen  puga  tornar  en  Sicilia.  En  aixi  empero  que 
lexera  en  aqueles  parts  ab  un  seu  capita,  loqual  el  lur  darà, 
CGG  cavalers  e  encara  los  dits  balesters  e  almugavares,  los 
quals  romangen  e  estien  aqui,  entro  a  la  fin  de  les  dites  treves. 

Encara  car  totes  les  rendes  de  tota  la  terra  del  dit  rey 
en  Iacme  ab  tot  lo  secors,  que  aver  pot  dels  seus  feels,  puyen 
a  tot  lo  plus  a  XL  milia  uncias  per  any ,  per§o  quels  dit 
sent  papa  e  cardenals  manifestament  sapien  e  veien  per 
obra  la  gran  volentat  de  la  gran  devocio  que  ha,  que  puga 
tornar  en  gracia  lur,  promet  fer  del  seu  propri  totes  les  de- 
speses  per  les  dites  galees  e  cavalers  e  altre  aparalament 
necessari.  E  encara  per  los  dits  M  balesters  e  M  almugava- 
res, los  quals  promets  menar  ab  si  a  aqueles  parts  per  IIII 
meses  del  primer  any  ,  los  quals  se  comensen  a  comptar 
del  primer  dia,  que  el  partirà  de  Sicilia  per  fer  lo  dit  via- 
ge.  Les  quals  despeses,  comptat  larmament,  nolit  deles  naus 
qui  portaran  los  cavals,  vianda  e  altres  coses  necessaries , 
comptades  encara  moltes  daltres  coses ,  qui  seran  mester 
al  dit  fet  per  los  dits  IIII  meses,  puyen  almeyns  a  XL  mi- 
lia uncias,  e  depuis  quel  sera  tornat  en  Sicilia,  altres  HIT 
meses  de  cascu  dels  altres  anys ,  entro  a  la  fi  deles  dites 
treves,  per  los  dits  CGC  cavalers,  balesters  e  almugavares, 
los  quals  ab  lo  capita  seu  en  les  dites  parts  lexara.  E  con 
per  los  altres  Vili  meses  romanens  de  cascu  dels  dits  anys 
les  despeses,  que  mester  hi  sien,  no  aia  de  que  fer  le  pusca, 
placia  als  dits  sent  papa  e  cardenals  que  ara  en  present 
troben  via  e  manera  per  les  quals ,  mantinent  quels  dits 
IIII  meses  de  cascu  dels  dits  anys  seran  passats ,  que  el 
dit  rey  aia  per  lo  romanent  temps  aquela  moneda  que  li 
sia  mester  per  totes  les  coses  damunt  dites. 

Encara  en  forma  dels  princeps  del  mon  iurara,  e  per 
los  nobles  de  la  sua  Gort  iurar  farà  per  los  sents  avange- 


—  499  —  (1290) 

lis ,  que  en  la  dita  manera  e  terme  trametra  les  dites  XX 
galees  ab  los  dits  M  almugavers  e  M  balesters,  e  apres,  se- 
gons  que  damunt  es  dit,  passara  a  les  dites  parts  d'oltra- 
mar  ab  les  dites  XXXX  galees,  CCCG  cavalers,  M  balesters 
e  M  almugavers,  e  que  estara  aqui  per  lo  dit  primer  any, 
e  en  apres  que  el  partirà  daquen ,  lexara  aqui ,  entro  a  la 
fi  de  les  dites  treves,  un  capita  ab  los  dits  GGGC  cavalers, 
M  balesters  e  M  almugavers  en  la  forma  e  manera  damunt 
dites.  E  els  con  tots  aquels ,  qui  ab  el  van  el  dit  viat- 
ge ,  e  encara  aquels  qui  romandran  en  Sicilia  e  en  les  al- 
tres  terres  de  la  sua  senyuria  sien  absolts  de  la  excomuni- 
cacio,  e  en  les  dites  iles  e  terres  sia  relaxat  lentredit,  per- 
donat  a  aquel  rey  e  als  altres,  qui  ab  el  passaran,  tots  los 
pecats  e  de  lurs  pares  e  de  lurs  mares,  aixi  con  aquest  perdo 
se  dona  aquels,  qui  en  les  dites  partes  van. 

Encara  que  sia  atorgat  perdo  de  lurs  pecats  a  tots  aquels, 
qui  trametran  ab  lo  dit  rey  en  lacme  en  subsidi  de  la  Terra 
santa  en  lur  loc,  cavalers  o  homens  darraes  a  peu,  o  mo- 
nella quis  despena  en  lo  dit  serviy,  e  que  aien  aquela  meteixa 
absolucio,  que  an  aquels  qui  principalment  hi  van.  Empero 
car  seria  perilosa  cosa  e  de  gran  despesa  tenir  en  les  dites 
parts  d'oltramar  continuament  les  dites  XXXX  galees,  una 
per  les  grans  despeses  qui  y  serien  mester,  les  quals  gra- 
varien  molt  la  senta  Esglea  de  Roma,  car  el  temps  del  yvern 
aia  a  fer  la  paga,  altra  encara  quels  mariners  no  purien 
estar  en  aqueles  per  tant  Ione  temps,  par  que  seria  cosa  cu- 
vinent  que,  si  1'  armada  de  les  galees  dels  Sarrayns  nos 
feya  ne  sera  aparalada  per  fer  mal  a  la  dita  Terra,  les  di- 
tes XXXX  galees  ab  los  mariners  sen  tornen  en  Sicilia,  e 
que  los  homens  d'armes  a  peu,  qui  en  aqueles  fossen,  ro- 
manguessen  en  les  parts  d'oltramar.  E  si  per  aventura  les 
galees  dels  Sarrayns  no  eren  aparalades  e  hom  dubtara 
que  en  breu  se  deguessen  aparelar,  romanges  en  la  dita 
Terra  mentre  que  mester  hi  fos,  dins  lo  dit  temps  quel  dit 
rey  en  les  dites  parts  estara,  sufficient  e  cuvinent  quantitat 
d'aqueles  galees  a  deffendre  la  dita  Terra  e  a  combatre  ab 


(1290)  —  500  — 

les  dites  galees  dels  Sarrayns.  Empero  en  lo  seguent  estiu, 
si  mester  hi  sera,  les  galees,  qui  tornades  sen  fossen  en 
Sicilia,  tornassen  a  la  dita  Terra,  dementre  quel  dit  rey  fos 
en  les  dites  parts  d'oltramar.  E  si  les  dites  galees,  totes  o 
part  d'aqueles,  per  molt  o  per  poc  temps  estaren  aqui,  lo 
dit  rey  solament  farà  les  despeses,  aixi  con  promes  a,  e  de 
les  altres  despeses  se  deia  proveir  a  la  dita  sancta  Esglea, 
segons  que  dit  es. 

Encara  que  per  escrits  de  la  senta  Esglea  sia  fet  espres- 
sament  manament  al  rey  de  Xipre  que  el,  ab  la  gent  sua, 
personalment  sia  ab  lo  dit  rey  en  Iacme  en  aiuda  e  deffensio 
de  la  Terra  santa,  e  sots  pena  de  excomunicacio  als  mestres 
e  als  altres  frares  del  Espital  e  de  la  Gasa  des  Alamanys  e 
a  totes  altres  persones  religioses  e  seculars ,  qui  son  en 
la  dita  terra  Dacre,  e  ales  comunes  que  aqui  estan,  que  al 
dit  rey  en  Iacme  obeesquen  e  aiuden  aixi  con  a  capita  de 
lesgiea  trames  per  deffeniment  de  la  dita  Terra,  e  que  sia  a- 
torgat  a  el  que  puga  estar  e  albergar  el  castel  Dacre  e  quel 
tenga  mentre  quey  sia. 

Encara,  a  melor  e  pus  cuvinent  perfeccio  del  dit  fet,  so- 
plega  que  el  sent  papa  consenta  al  matrimoni ,  que  es  ia 
fermat,  de  la  fila  del  rey  Dangleterra  ab  lo  dit  rey  Darago, 
car  iassia  ago  quel  rey  en  Iacme  se  confiy  molt  del  rey  Dan- 
gleterra, empero  si  lo  dit  matrimoni  [sera]  acabat  ab  cocen- 
timent  del  sent  papa,  de  el  aixi  con  a  pare  se  confiara ,  e 
el  dit  rey  en  Iacme  tendria  aquel  aixi  con  a  pare ,  con  el 
passas  a  la  Terra  santa,  e  con  el  per  lo  dit  matrimony  se 
fos  acostat  ab  tant  poderos  rey,  pus  fortment  e  pus  pode- 
rosa puria  fer  mal  als  enemics  de  la  fé  de  Grist. 

Encara  que  sien  fets  escrits  per  lo  sant  papa  sufficiens 
e  bastans  quels  dits  reys ,  princep  e  el  dit  Karles  o  altres 
princeps,  grans  senyors,  comunes  e  altres  persones  eclesia- 
stiques  o  seglars,  de  qualque  estament,  grau,  condicio  e  di- 
gnitat  sien  ,  o  alcu  daquels ,  dins  lo  damunt  dit  temps  de 
les  treves,  publicament  o  amagada  no  entren  o  fassen  mal, 
ne  entrar  ne  fer  mal  procuren,  o  en  neguna  altra  manera 


—  501  —  (1290) 

sostenguen,  als  damunt  dits  rey  Namfos  e  al  rey  en  lacme 
en  persones,  gent,  vassals,  regnes,  principat  o  teniraent  da- 
quels  o  del  un  dels,  que  de  dret  o  de  fet  per  els  o  per  lo 
un  dels  son  tengudes  e  posseydes  en  terra  e  en  mar.  E  si 
per  aventura  alcuns  dels  damunt  dits  alcuna  cosa  contra 
totes  les  damunt  dites  coses,  o  alcunes  de  les  damunt  dites, 
asaiaren,  presumien  o  feyen,  daquela  hora  avant  fossen  ex- 
comunicats ,  e  aixi  els  con  la  gent ,  vassals  e  terres  lurs  , 
per  los  dits  escrits  del  sent  papa,  sien  sotsmeses  al  entre- 
dit  de  la  santa  Esglea  de  Roma  ,  e  perden  los  drets  lurs , 
terres  e  tots  altres  bens,  que  tenguessen  de  la  santa  Esglea 
de  Roma,  de  la  qual  excomunicacio  per  l'Esglea  o  per  ma- 
nament  daquela  non  deien  esser  absolts,  ne  sia  relexat  l'en- 
tredit,  si  doncs  primerament  no  satisfeyen  de  les  eniuries 
e  dels  dans,  que  fets  aguessen  a  aqueles  persones,  qui  les 
agessen  preses  ,  aixi  qui  fos  provat  [solament]  en  la  cort 
del  senyor  daquels  qui  agessen  soffertes  les  eniuries  e  els 
dans,  de  les  eniuries  e  dels  dans,  que  a  els  fos  fet  per  a- 
quels.  En  aixi  que  dins  un  mes,  si  aquels  qui  auran  fets 
los  dans  e  les  eniuries,  seran  del  poder  del  dit  princep,  e 
dins  dos  meses,  si  aquels  qui  auran  fet  lo  dan,  seran  dal- 
tres  parts,  lo  qual  temps  comens  a  comptar  del  dia  a  a- 
vant  que  hora  aura  fet  saber  daqueles  eniuries  e  dans,  sia 
feta  piena  satisfaccio  de  les  eniuries  e  dels  dans  a  aquels, 
qui  les  auran  preses,  per  los  senyors  daquels  qui  fetes  les 
auran. 

Encara  quel  dit  sent  papa  e  els  senyors  cardenals,  aixi 
temporalment  con  espiritual,  per  tot  lo  damunt  dit  temps 
de  les  treves  deien  esser  tenguts  de  guardar  e  deffendre  la 
isla  de  Sicilia  e  tota  laltra  terra,  la  qual  lo  dit  rey  en  lac- 
me tendra  e  posseyra  el  temps  que  el  comensara  a  passar 
a  les  dites  partes  d'oltramar,  e  encara  los  regnes  e  tota  la 
terra  del  dit  rey  d'Arago  frare  seu.  E  si  per  aventura  alcun 
escandel  o  rebellio  se  comensara  en  les  ciutats,  castels,  ter- 
res o  locs  de  la  senyuria  dels  damunt  dits  rey  Namfos  e 
rey  en  lacme  o  del  un  dels ,  alcun  procurant  o   en  altra 


(1290)  —  502  — 

manera,  los  dits  sant  papa  e  cardenals  procuren  e  traeteli 
en  tal  guisa  que  aquel  escandel  o  rebellio,  si  cosa  es  que 
fer  se  puga ,  ces ,  e  si  no  es  cosa  que  fer  se  puga  en  la 
manera  damunt  dita ,  meten  si  espiritualmente  e  temporal 
en  totes  guises  e  en  tota  manera.  En  aixi  que  aquels,  qui 
ago  auran  fet  o  comensat ,  no  solament  sen  pinedan ,  ans 
de  qo ,  que  fet  auran,  aien  e  sostenguen  aquela  pena  que 
meeresquen,  segons  la  qualitat  del  crim  o  del  malefici  que 
fet  auran.  E  aqui  meteix  mantinent  aquels  qui  agos  aguessen 
pensat,  e  fossen  ia  venguts  al  fet,  sien  exeomunicats,  e  tots 
los  lurs  bens  sien  publicats,  e  encara  oltra  la  pena  cor- 
poral,  la  qual  sostenguen  a  volentat  del  senyor  de  la  pro- 
vincia, sien  privats  de  totes  lurs  honors  e  dignitats,  e  negu 
dels  fdamunt  dits]  reys,  princeps,  comunes  o  altres  persones 
puguen  les  dites  terres  rebeles  o  alcuna  daqueles  reebre  en 
senyoria  o  poder  lur,  mantenir  ne  deffendre,  ne  fer  mante- 
nir  ne  deffendre,  ne  donar  conseyl,  favor  ne  aiuda  manife- 
stament  o  amagada,  e  aquel  o  aquels  qui  de  totes  les  coses 
damunt  dites  o  sengles  presumira  o  farà  lo  contrari ,  sia 
encorregut  en  les  penes  damunt  dites.  Si  empero  avenia 
que  lo  dit  rey  de  Fransa  o  son  frare ,  o  alcuns  comtes  o 
barons  seus,  o  altres  quals  se  volgues  princeps  e  grans  se- 
nyors  volgessen  passar  ab  gent  de  Fransa  a  la  dita  Terra 
santa,  que  el  dit  sent  papa  o  els  senyors  cardenals,  avans 

de  lur  passatge  o  fessen  sa  ber  en  fesseti rey  Iacme 

ab  la  gent  sua ,  per  c,o  car  perilosa  cosa  seria  que  el  fos 
en  aqueles  parts  ab  aquels,  si  doncs  alcuna  condicio  non  y 
havia,  per  la  qual  aquel  rey  en  Iacme  plenerament  se  po- 
gues  fiar  dels.  E  si  lo  sent  papa  o  los  senyors  cardenals  no 
feyen  saber  a  el  aquesta  cosa  ans  de  temps,  dins  lo  qual 
el  pogues  esser  tornat  en  Sicilia,  que  aquel  rey  ans  sabent 
Taveniment  daquels,  sens  tota  altra  licencia  puga  tornar  en 
Sicilia  per  guardar  la  terra  sua ,  les  dites  treves  e  abso- 
lucions  e  relexacio  del  entredit  romanens  en  lur  fermetat. 
E  si  per  aventura,  qo  que  Deus  no  vula  avenia  en  neguna 
manera,  que  aquel  rey  en  Iacme  dins  lo  damunt  dit  temps 


_  503  —  (1290) 

de  les  treves  muris ,  sens  fil  de  leal  coniuy ,  que  totes  les 
coses  damunt  dites  e  caseuna  daqueles  ,  aixi  con  damunt 
son  distinctament  notades ,  de  tot  en  tot  passeri  a  la  per- 
sona del  senyor  infant  don  Frederich  frare  seu.  E  apres  la 
mort  del  dit  rey ,  ab  aquel  infant  don  Frederich,  e  per  a- 
quel  aixi  com  ab  lo  dit  rey,  devien  esser  servades,  no  con- 
trastant  la  mort  sua,  per  los  damunt  dits  sant  papa,  car- 
denals,  reys,  princeps  e  comunes  e  altres  persones  eclesia- 
stiques  e  seglars  de  qualque  grau,  condicio,  stament  e  di- 
gnitat  sien,  per  tot  lo  damunt  dit  temps,  fermament  e  sens 
tot  contrast  sien  observades.  E  semblantment  si  el  dit  se- 
nyor en  Frederich  muria,  totes  les  damunt  dites  coses  pas- 
sen  en  persona  del  senyor  infant  en  Pere,  frare  daquels.  E 
semblantment  si  el  dit  infant  en  Pere  muria,  totes  les  co- 
ses damunt  dites  e  caseuna  daqueles  passen  en  la  persona 
del  damunt  dit  senyor  Namfos,  rey  d'Arago,  les  damunt  di- 
tes coses  e  condicions  observades. 

Dalle  Cartas  sueltas  sin  fecha  del  Re  Giacomo  II,  nell'Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona.  Manca,  nel  documento  (che  appare  es- 
sere alquanto  logoro)  la  data  dell'anno ,  la  quale  però  si  ricava 
da  varie  notizie  che  riferisco  appresso. 

Questo  documento  fu  noto  senza  dubbio  al  Surita  (Anales 
cit.  lib.  IV,  cap.  114),  comesi  ha  da  queste  parole:  «El  papa  le 
enviò  [a  Giacomo]  sus  nuncios,  y  entres  ellos  un  religioso  que  se 
decia  fray  Ramon,  que  era  catalan,  y  en  norabre  de  la  sede  a- 
postólica  le  pidieron  que  con  su  armaci  a  fuése  en  socorro  de  a- 
quella  eiudad»  [Acri].  Non  è  perciò  esatta  l'asserzione  del Finke, 
Ada  aragon.  cit.  voi.  I,  pag.  7,  che  il  Surita  ne  abbia  tratto  il 
ricordo  dal  cronista:  «  Aus  B.  de  Neocastro  schòpfte  Zurita». 

Pubblicato  con  varie  lacune  dal  Finke  cit.  pag.  2  e  seg.,  per- 
chè egli,  contrariamente  ai  più  sani  principi  diplomatici,  spesso 
abbrevia  o  sunta  in  parte  i  documenti  che  fornisce  nella  sua 
raccolta  per  1'  epoca  del  Re  Giacomo  II  di  Aragona.  Questo  ed 
altri  due  documenti,  che  non  appartengono  al  regno  di  Giacomo 
in  Aragona  e  Sicilia,  che  come  è  noto  comincia  dal  1291,  essendo 
pervenuto  il  Re  in  Barcellona  in  luglio  di  tale  anno  ,  sono  dal 


(1290)  —  504  - 

Finke  posti  all'inizio  del  §  I  Aus  der  Zeit  Bonifaz  Vili.  In  Bar- 
cellona non  potei  ritrovare  tali  capitoli,  e  però  ho  chiesto  all'il- 
lustre prof.  Eduardo  Gonzàlez  Hurtebise ,  degnissimo  Direttore 
dell'  Archivio  della  Corona  di  Aragona  ,  di  curare  che  mi  fosse 
inviata  la  trascrizione  delle  varie  parti  (alcune  assai  estese)  del 
documento  omesse  dal  Finke,  e  che  rendevano  quasi  incompren- 
sibile il  testo.  Ho  corretto  talvolta  alcuni  evidenti  errori  dell'e- 
dizione del  Finke,  come  la  parola  almugevares  invece  di  almu- 
gaveres  ed  altre. 

Per  la  migliore  notizia  del  testo  dei  capitoli  conviene  accen- 
nare che  al  §  1  è  stabilita  la  restituzione  dei  beni  delle  Chiese, 
dal  quale  provvedimento  si  rileva  che  la  Corte  di  Sicilia  aveva 
dovuto  per  i  bisogni  dell'erario,  durante  la  guerra,  revocare  quei 
beni  al  demanio.  Alla  pretesa  del  Papa  per  la  restituzione  delle 
terre  conquistate  in  Calabria  è  dato  dal  Re  Giacomo  nel  §  2  il 
diniego  più  esplicito ,  perchè  era  costante  proposito  del  Re  di 
Sicilia  di  tener  quelle  terre  tolte  agli  Angioini  (cfr.  sopra,  doc. 
CXCVUI). 

Il  terzo  paragrafo  concerne  la  proposta  della  Chiesa  Romana 
al  Re  Giacomo  di  recarsi  in  Acri,  nella  Siria,  per  combattere  con- 
tro gl'infedeli,  «  contrals  enemics  de  la  fé  ».  Giacomo  per  tale  con- 
dizione risponde  determinando  dapprima  le  parti ,  che  devono 
convenire  la  tregua,  il  tempo  della  sua  durata,  il  giuramento  del- 
l'esatta sua  osservanza,  e  quindi  stabilisce  con  estese  norme  quan- 
to si  riferisce  al  suo  passaggio  in  Terra  Santa.  Dalla  menzione 
che  la  tregua  doveva  trattarsi  con  la  Chiesa  Romana  ,  il  Re  di 
Francia  ed  altri  sovrani  e  principi  si  scorge  che  questo  documen- 
to è  posteriore  al  14  giugno  1290,  quando  tali  pratiche  avvennero 
(cfr.  doc.  CXCVII)  ,  che  desumonsi  altresì  dai  capitoli  al  Penco 
Mar  poco  prima  assegnati  dal  Re  Giacomo  (V.  doc.  CXCVI,  §2). 

L'aiuto  che  volevasi  che  Giacomo  apportasse  in  Terra  Santa 
nel  tempo  che  il  dominio  dei  Latini  in  quelle  regioni  veniva  me- 
no ,  dopo  la  perdita  di  Tripoli ,  era  un  artifìzioso  disegno  della 
Corte  di  Roma  (adoperato  sin  dai  tempi  svevi)  di  allontanare  il 
legittimo  sovrano  dalla  Sicilia,  per  potere  più  facilmente  disporre 
delle  sorti  dell'isola  a  vantaggio  degli  Angioini.  La  data  che  si 
denota  «  entre  al  mes  de  setembre  seguent  de  la  quart  indicio  » 
prova  bene  che  il  documento  devesi  riferire  all'anno  1290  ,  che 
corrisponde  a  quella  indizione  dal  mese  di  settembre  in  poi  ;  tal- 


—  505  —  (1290) 

che  riesce  evidente  che  l'assegnazione  di  data  espressa  dal  Fin- 
ke,  cioè  «  1290  oder  1291  Friihjahr  »,  e  come  dice  nelle  note  «  urn 
die  Zeit  der  ersten  Monate  1291  oder  1290  vielleicht  sogar  Friih- 
sommer  »,  non  è  esatta  per  l'anno  1291,  che  viene  esclusa  dal  te- 
sto del  documento,  ma  invece  coincide  con  precisione  all'  estate 
del  1290,  cioè  prima  del  settembre. 

Si  conosce  che  anche  il  Re  Alfonso  di  Aragona  doveva  per 
un  capitolo  del  trattato  di  Brignolles  del  1°  febbraio  1291  re- 
carsi in  Palestina  nell'anno  di  6»  indizione,  ossia  1292  -93,  ad  ser- 
vitici Terre  Sancte  transire  (cfr.  Neocastro,  cap.  114,  ediz.  Gre- 
gorio cit.  pag.  209).  Nondimeno  sembra  che  le  promesse  di  aiuto 
da  parte  del  Ile  Giacomo  non  siano  rimaste  del  tutto  inefficaci,  per- 
chè dal  medesimo  Neocastro  si  ricava  che  essendo  venuto  dalla 
Siria  a  Roma  presso  il  papa  il  milite  Giovanni  de  Greilly  (de  Gril- 
liaco)  per  avere  soccorsi,  nel  ritornare  verso  Acri  si  fermò  a  Mes- 
sina ,  dove  il  Re  Giacomo  gli  apprestò  sette  galere  armate  per 
quattro  mesi.  Amari  9a  ediz.  voi.  II  pag.  216  trae  soltanto  dai 
cronisti  Neocastro  e  Speciale  le  notizie  di  aiuti  di  Giacomo  in 
Terra  Santa,  notando  giustamente  che  per  la  Chiesa  Romana  pre- 
sto fu  «  perduta  la  speranza  di  trar  nella  rete  Giacomo  o  i  Sici- 
liani » . 

Nel  documento  del  Loria  del  26  settembre  1290,  che  viene  da 
me  appresso  pubblicato  (n.  GCXIV) ,  si  narra  che  alcune  galere 
dell'angioino  Russo  de  Soliaco  si  erano  incontrate  oltremare  con 
quelle  del  Re  Giacomo  dirette  in  Siria  :  «  oviaverint  galeis  pre- 
dicti  domini  nostri  in  siiccursum  Terre  sancte  transmissis  »  ,  e 
che  non  furono  molestate  dai  Siciliani  per  1'  adempimento  della 
tregua. 

Ròhricht  in  un  breve  articolo  «  Zum  Fall  Accon  und  zur  ge- 
schichte  des  fùnften  Kreuzzuges»,  inserito  nella  rivista  Neues  Ar- 
chiti fur  altere  deutsche  Geschichtskunde.  Leipzig,  voi.  XXI,  1895, 
pag.  562-64,  riporta  un  frammento  di  cronaca  manoscritta  del  se- 
colo XIV  di  un  monaco  di  Assisi,  e  conviene  qui  riferire,  per  la 
sua  importanza  ,  quanto  concerne  i  soccorsi  inviati  dalla  regina 
Gostanza  in  Terra  Santa  :  «  Inter  hec  nuntii  in  galia  ad  portum  A- 

chon  applicuerunt  muniti et  bellatoribus  Cathalanis,  quos 

mittebat  Regina  Constantia,  Manfredi  olim  fìlia  et  regis  olim  Pe- 
tri  uxor  Aragonie,  ut  prò  anima  viri  sui  et  prò  subsidio  Terre  san- 
cte ibidem  servirent  per  annum  et  civitatem  defenderent,  qui  ex- 


(1290)  —  506  — 

perti  bellatores  erant  et  precipue  contra  Saracenos.  Set  peccatis 
facientibus ,  Aragonenses  tunc  rebelles  erant  ecclesie  et  excom- 
municati ,  quia  obtinebant  Siciliani  et  principem  ,  filium  Karoli 
regis  defuncti,  contra  voluntatem  domini  pape  et  sancte  ecclesie, 
ideo  quod  patriarcha  ,  qui  ibi  erat  et  domini  pape  vicarius  non 
recepit  eosdem  per  dies  XV,  tempore  quo  starent  et  ad  servien- 
dum  se  offerrent.  Et  illi  ultimo  vela  vertentes,  sulcantes  maria, 
in  patriam  redierunt  regine  domine  sue  se  representantes  et  ex- 
cusantes  et  fìliis  suis  regni  gubernatoribus». 

La  città  di  Acri  era  ,  come  dice  lo  Schaube  ,  Handelsgeschi- 
chte  cit.  (trad.  Torino,  1910,  pag.  233)  «il  luogo  in  cui  l'Occidente 
si  approviggionava  in  parte  delle  merci  del  lontano  Oriente  »,  e 
grande  commercio  vi  esercitavano  nei  secoli  XII  e  XIII  Pisani , 
Genovesi,  Veneziani,  Marsigliesi  e  Provenzali,  finché  in  maggio 
1291  cadde  con  Acri  «  il  principale  baluardo  degli  stati  crociati  » 
(Heyd  ,  Storia  del  Commercio  del  Levante  cit.  ,  trad.  dal  ted. 
pag.  317).  Tra  le  memorie  siciliane  concernenti  Gerusalemme  ed 
Acri  devesi  ricordare  che  i  monaci  di  S.  Maria  di  Valle  di  Gio- 
safat  ottennero  dal  Re  Ruggiero  alcune  particolari  franchigie  per 
le  merci  che  trasportavano  dalla  Sicilia  in  Siria,  mittenda  ultra 
mare,  e  viceversa.  Il  Re  Guglielmo  II  nel  1185,  essendosi  perduto 
il  privilegio  di  Ruggiero,  confermò  quelle  concessioni  ed  altre  ne 
aggiunse  (cfr.  il  testo  in  Garupi,  Doc.  inediti  dell'epoca  normanna 
cit.  pag.  200  e  seg.).  I  monaci,  dopo  che  Acri  tornò  in  possesso 
dei  Cristiani  nel  1191,  vi  stabilirono  la  propria  sede,  che  dianzi 
avevano  in  Gerusalemme  ,  e  trascorso  un  secolo  ,  cioè  nel  1292, 
per  la  perdita  di  Acri,  si  rifugiarono  nella  casa  di  S.  Maria  Mad- 
dalena di  Giosafat  che  tenevano  in  Messina  (cfr.  Delaborde  , 
Chartes  de  Terre  Sainte  provenant  de  VAbbaye  de  N.  D.  de  Jo- 
saphat.  Paris,  1880,  pag.  2  e  seg.). 

Nell'epoca  sveva,  e  probabilmente  nel  1248  come  opina  il  prof. 
Garqfi,  i  monaci,  per  esimersi  da  gravi  dazi  di  dogana  ed  altro, 
formarono  un  privilegio  falso  di  Guglielmo  II  di  gennaio  1188  ri- 
guardante, fra  l'altro,  assoluta  franchigia  per  i  loro  traffici  in  Ge- 
rusalemme (Vedi  Garqfi,  Il  Tabulario  di  S.  Maria  di  Valle  Gio- 
safat nel  tempo  normanno  e  svevo  e  la  data  delle  sue  falsifica- 
zioni, neìVArch.  Stor.  Sic.  Orientale,  an.  V,  1908,  pag.  175  e  325). 
Ritengo  una  falsificazione  dei  tempi  del  regno  di  Alfonso  ,  cioè 
coeva  alla  formazione  nel  1439  (come  altrove  ho  dimostrato)  del 


—  507  —  (1290) 

falso  privilegio  del  Re  Ruggiero  del  1129  per  Messina  (per  darvi 
maggiore  fede),  e  non  anteriore  alla  caduta  di  Acri  nel  1291  se- 
condo lo  Schaube,  il  testo  del  privilegio  di  Guglielmo  II  del  1160 
o  1164  per  conferma  del  suddetto  preteso  privilegio  di  Ruggiero 
e  concessione  di  immunità  commerciali  ai  Messinesi  esplicita- 
mente in  Gerusalemme  ed  in  Acri,  con  la  prerogativa  di  propri 
consoli  e  loggie,  come  Ruggiero  avea  largito  ed  il  successore  ri- 
conosceva con  la  sua  regia  autorità  (cfr.  Vito  La  Manti  a,  I  pri- 
vilegi di  Messina,  cit.  pag.  23). 

Il  Re  Corrado  IV  con  una  disposizione  contenuta  nel  §  16  dei 
Capitoli  concessi  nel  1252  al  regno  di  Sicilia,  accordò  ai  Messi- 
nesi l' immunità  dal  pagamento  dei  diritti  «  doane  ,  que  dicitur 
de  catena  Acon ,  sicut  habetur  a  Pisanis  »  (Vedi  Orlando  ,  Un 
Codice  di  leggi  cit.  pag.  57  ,  ed  altresì  sopra  ,  pag.  99).  Questa 
particolare  concessione  pei  diritti  di  catena  del  porto  prova  che 
non  poteva  prima  dai  Messinesi  aversi  una  più  ampia  e  quasi 
illimitata  franchigia.  Andrea  Finocghiaro  -  Sartorio  ha  scritto 
di  recente  una  breve  memoria  Le  leggi  di  Corrado  IV.  Cata- 
nia, 1909. 

Ho  creduto  utile,  con  questi  ricordi,  ridurre  al  giusto  valore 
di  storica  verità  la  notizia  dei  rapporti  con  Acri,  innanzi  la  sua 
caduta  e  l'invio  dei  soccorsi  che  tratta vansi,  fra  il  Re  Giacomo 
e  la  Chiesa  Romana,  per  impedirne  la  perdita  da  parte  dei  Cri- 
stiani. 

Il  Re  di  Cipro  menzionato  nei  capitoli  di  Giacomo  è  Enrico  II, 
della  casa  di  Lusignano.  Per  il  matrimonio  del  Re  Alfonso  d'A- 
ragona offre  alquanti  documenti  Rymer,  Foedera  cit.  t.  I,  pag.  210 
e  seg. 

» 

oox. 

1289,  sett.  3a  ind.  a  1290  agosto. 

Il  Re  Giacomo  rinnova  ai  Secreti  e  procuratori  di  Sicilia 
della  terza  indizione  [1289  -  1290]  l'ordine  già  dato  a  quelli  della 
prima  indizione  [1287-1288]  per  immettere  A.  Comte,  regio  por- 
tiere ,  nel  possesso  dell'  annuo  reddito  di  onde  otto  di  oro  sui 
beni  spettanti  alla  regia  Corte. 

Documento  menzionato  in  altro  del  1293.  Vedasi  sopra,  doc. 
CLXXXV  del  1287  -  88,  per  le  notizie  relative. 


(1290)  —  508  — 

Aggiungo  soltanto  che  le  due  lettere,  di  data  diversa,  furono 
presentate  dal  Gomte  al  Re,  che  dice  :  «  quas  clausas  in  manibus 
nostre  Curie  resignavit,  et  ipsas  aperiri  et  lacerari  mandavimus  », 
per  il  motivo  che  fece  col  posteriore  documento  del  settembre  1293 
(cfr.  appresso)  una  nuova  concessione. 


OOXT. 

1290,  settembre  1,  indizione  4a,  Piazza. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  a  reclamo  del  Precettore  della  Casa 
di  S.  Maria  dei  Teutonici  in  Sicilia  per  una  lite  tra  il  canonico 
Enrico  Traversa  di  Siracusa  ed  il  suddetto  Precettore,  che  si  era 
agitata  presso  il  Giustiziere  di  Val  di  Noto,  Roberto  de  Lauria, 
sul  possesso  della  chiesa  di  S.  Maria  «  de  Griptis  rebellatis  »  , 
sita  nel  territorio  di  Noto,  ordina  al  nuovo  Giustiziere  di  quella 
Valle  che,  dopo  assunte  le  debite  informazioni,  e  purgata  la  con- 
tumacia del  Precettore,  lo  immetta  nel  possesso  della  chiesa  sud- 
detta ,  che  era  stato  conferito  al  canonico  Traversa,  e  riserbi  a 
costui  la  facoltà  di  esporre  il  suo  diritto  nella  regia  Gran  Corte, 
presso  la  quale  il  Precettore  ha  risoluto  di  litigare ,  secondo  il 
privilegio  accordato  alle  Chiese. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Iusticiario  Vallis  Nothi  anni  quarte  indicionis 
future,  consìliario ,  familiari  et  fìdeli  suo  graciam  suam  et 
bonam  voluntatem.  Pro  parte  Preceptoris  et  conventus  sa- 
cre Domus  sancte  Marie  Theotonicorum,  nostrorum  devoto- 
rum  in  Sicilia,  maiestati  nostre  fuit  humiliter  supplicatum 
quod,  cum  syndicus  Domus  eiusdem  citatus  fuisset  ad  pe- 
ticionem  cuiusdam  Henrici  siracusani  canonici,  fìlii  Belle- 
boni  Traverse  militis,  fìdelis  nostri,  ut  in  certo  termino  sibi 
dato,  coram  Roberto  de  Lauria,  tunc  in  eodem  Iusticiaria- 
tus  officio  precessore,  comparere  deberet ,  responsurus  in 
iudicio  predicto  Henrico  volenti  [convenire]  syndicum  pre- 
dichili), prò  parte  diete  Domus,  super  peticione  ecclesie  san- 


—  509  —  (1290) 

cte  Marie  de  Criptis  rebellatis,  cum  iuribus  et  pertinenciis 
suis,  ppsite  in  territorio  Notili,  quam  ad  se  asserebat  pieno 
iure  spectare,  prò  eo  quod  comparere  non  potuit  syndicus 
supradictus ,  nec  alius  prò  parte  Domus  predicte ,  in  ter- 
mino ipso,  dictus  Henricus  inductus  fuisset  per  predictum 
precessorem  tuum  in  possessione  ecclesie  supradicte ,  pro- 
videre  sibi  super  hoc  iusto  remedio  dignaremur.  Suis  ita- 
que  supplicacionibus  inclinati,  fidelitatitue  precipiendo  man- 
damus  quatenus,  receptis  presentibus,  si  premissa  ventate 
nituntur,  de  quibus  per  licteras  predicti  precessoris  tui  po- 
teris  informali,  purgata  prius  per  syndicum  diete  Domus , 
seu  alium  prò  parte  sua,  contumacia  predicta,  legitime  pos- 
sessionem  predicte  ecclesie  dicto  syndico,  prò  parte  Domus 
predicte,  auctoritate  presencium  restituì  facias,  predicans  ni- 
chilominus  Henrico  predicto  quod  si  in  ecclesia  predicta 
se  ius  habere  [intendit],  illud  in  nostra  magna  Curia ,  co- 
rani magistro  Iusticiario  regni  Sicilie  et  iudicibus  magne 
nostre  Curie ,  prosequatur ,  in  qua  magna  Curia  prefatus 
syndicus  litigare  super  premissis  elegit ,  ecclesiarum  privi- 
legio permictente ,  mandato  nostro  dicto  precessori  tuo 
proinde  directo  de  cognoscendo  super  premissis  aliquatenus 
non  obstante,  cum  intencionis  nostre  non  fuit  per  manda- 
tum  illud  predicte  Domus  Theotonicorum  privilegio  dero- 
gare. Datum  Placie,  primo  septembris,  quarte  indicionis,  re- 
gni nostri  anno  quinto  [1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  218  del  Tabularlo  della  Magione  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo)  in  un  transunto  del  27  settembre.  Se  ne  ha 
un'  altra  copia  nella  perg.  di  n.  220  in  un  transunto  del  21  ot- 
tobre (ibidem).  La  pergamena  218  è  logora  in  varie  parti,  ed  ho 
supplito  le  lacune  col  confronto  del  testo  su  1'  altra  pergamena. 
Ho  corretto  vari  errori,  come  quello  in  certo  tenimento  invece  di 
in  certo  termino. 

Lo  stesso  Giustiziere  Roberto  de  Lauria  ,  che  è  ricordato  in 
questo  documento,  aveva  a  5  giugno  1287  con  sua  sentenza  or- 
dinato di  mantenersi  nel  possesso  della  chiesa  «  de  Criptis  rebel- 
latis »  il  Precettore  della  Magione  contro  le  pretese  del  canonico 


(1290)  —  510  — 

Traversa  (cfr.  doc.  GLXVT).  Sembra  evidente  che  il  Traversa  non 
si  sia  acquietato  a  tale  sentenza,  e  peraltro  dicevasi  dal  Precet- 
tore che  quegli  «indebite  molestat  et  multipliciter  inquietat». 
Dopo  nuove  istanze  ,  il  Traversa  ,  anco  per  la  contumacia  del 
Precettore,  fu  rimesso  nel  possesso  della  Chiesa;  e  di  ciò  dolen- 
dosi il  Precettore  ,  viene  dal  Re  ordinato  altro  esame  delle  ra- 
gioni del  medesimo  per  il  turbato  possesso.  11  privilegio  delle 
chiese  è  certamente  la  disposizione  contenuta  nel  primo  capitolo 
delle  Costituzioni  del  Re  Giacomo  del  1286 ,  e  che  offre  questa 
rubrica:  «De  manutenendis  ecclesiis  ecclesiasticisque  personis», 
la  quale  manca  nelle  varie  edizioni  ,  perchè  quel  capitolo  fu  u- 
nito  per  errore  al  preambolo  ,  invece  di  designarlo  come  primo 
capitolo  della  serie  (Vedi  sopra,  doc.  CXXXVIII,  pag.  280  e  284). 
Si  indica  in  principio  del  documento  la  quarta  indizione  come 
futura,  mentre  la  data  dell'  ordine  regio  è  del  1°  settembre,  do- 
vendo però  intendersi  futura  V  indizione  ,  che  appunto  allora 
traeva  inizio  e  durava  per  tutto  l'anno  indizionale  1290-1291. 


COXIT. 

1290,  settembre  9,  indizione  4a,  Cefalù. 

Il  milite  Lorenzo  di  Caltavuturo ,  in  seguito  all'ordine  regio 
del  13  luglio  (cfr.  doc.  CCIV)  trasmette  al  Re  Giacomo  l'atto  del- 
l'inchiesta compiuta  sui  confini  del  tenimento  di  Carsa,  sito  fra 
i  territori  di  Cammarata  e  Castronovo  ,  ed  appartenente  alla 
Chiesa  di  Cefatù,  e  su  le  usurpazioni  commesse  da  parte  del  Conte 
Camerario. 

In  nomine  salvatoris  nostri  dei  amen.  Anno  dominice 
incarnacionis  millesimo  ducentesimo  octuagesimo  nono  {sic), 
mense  septembris,  nono  eiusdem,  quarte  indicionis,  regnante 
serenissimo  domino  nostro  domino  rege  Iacobo  dei  gracia 
rege  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus  Capue,  regni  vero 
anno  quinto  feliciter  amen.  Nos  Henricus  de  Leticia  Iudex 
civitatis  Cephaludi,  Albertinus    Placentinus  publicus  ipsius 


—  511  —  (1290) 

civitalis  notarius  et  subscripti  testes,  ad  hoc  specialiter  vo- 
cati  et  rogati ,  presenti  scripto  publico  notum  faciraus  et 
testamur  quod  reverendus  pater  et  dominus  dominus  Iuncta 
cephaludensis  Episcopus  eiusdem  domini  regis  cappellanus, 
consiliarius  et  familiaris  corani  nobis  pretitulato  die ,  pre- 
sente eciam  ibidem  domino  Laurencio  de  Calatabuturo  milite, 
requisivit  expresse  dominum  Laurencium  supradictum  ut 
quasdam  regias  licteras  sibi  olim  infra  mensem  iulii  proximi 
primo  preteriti,  tercie  indicionis  proxime  primo  preterite,  mis- 
sas  prò  facienda  inquisicione  de  finibus  tenimenti  Harsie,  siti 
infra  tenimentum  Gammarate  et  Castrinovi,  quod  dictus  do- 
minus Episcopus  dicit  esse  cephaludensis  Ecclesie,  et  ipsum 
tenimentum  olim  donasse  nobili  viro  domino  Ramundo  de 
Villanova,  eiusdem  domini  regis  camerario,  consiliario  et  fa- 
miliari, cum  omnibus  iuribus  et  pertinenciis  suis,  ad  preces 
eiusdem  domini  regis ,  nobis  predictis  ludici,  notano  et  te- 
stibus,  nec  non  et  exequucionem  ipsarum  regiarum  literarum 
tradere  deberet  et  assignari ,  per  nos  qui  supra  Iudicem , 
notarium  atque  testes,  ad  cautelam  suam  et  sue  cephalu- 
densis Ecclesie,  in  publicam  formam  reducendas  et  transcri- 
bendas,  cum  intersit  sua  et  sue  predicte  cephaludensis  Ec- 
clesie predictas  regias  licteras  et  exequucionem  ipsarum  in 
publicam  formam  habere ,  ut  de  eisdem  licteris  regiis  et 
exequucione  ipsarum,  quociens  sibi  et  sue  predicte  cepha- 
ludensi  Ecclesie  expediret,  possit  apud  omnes  facere  de  eis- 
dem plenam  fidem.  Requirens  nichilominus  nos  qui  supra 
Iudicem  et  notarium,  nostrum  in  premissis  offlcium  implo- 
rando, ut  ipsas  licteras  et  exequucionem  earum  in  formam 
publicam  reducere  deberemus ,  nostrum  qui  supra  ludicis 
auctoritate  iudiciaria  interposita  in  premissis.  Qui  dominus 
Laurencius  ipsius  domini  Episcopi  peticionem  et  requisicio- 
nem  iustas  utpote  admictens  benigne,  quasdam  suas  licteras 
responsales  suo  noto  et  vero  sigillo  sigillatas,  per  eum,  ut 
asserebat,  mictendas  instanter  sacre  regie  maiestati,  de  pro- 
cessu  suo  per  eum  habito  circa  negocium  supradictum,  au- 
ctoritate licterarum  regiarum   predictarum ,   nobis  predictis 


(1290)  —  51°2  — 

ludici,  notano  et  testibus  assignavit,  ac  eas  manu  sua  pro- 
pria aperuit,  quibus  ut  dicitur  apertis  per  ipsum  dominura 
Laurencium,  ut  est  dictum,  et  nobis  traditis  et  assignatis 
ad  exemplandum,  ipsas  vidimus  et  legirnus  per  omnia  con- 
tinente infrascripte,  nichil  in  eis  addito  vel  mutato  videli- 
cet  :  Sacre  regie  maiestati.  Laurencius  de  Galatabuturo  , 
miles,  suorum  minimus  fidelium  devotorum  terre  obsculum 
ante  pedes.  A  maiestate  vestra  licteras  recepì  in  hac  forma  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  13  luglio  1290]. 

Ad  cuius  exequucionem  sacri  mandati  [vestri]  devote 
procedens,  de  finibus  [et]  pertinenciis  predicti  tenimenti  ter- 
rarum,  prout  antiquitus  racionabiliter  et  iuste  protendeban- 
tur  et  protendi  consueverint  et  debent,  ac  de  omnibus  iu- 
ribus  et  bonis  predicti  tenimenti,  que  per  quoscumque  oc- 
cupata tenentur,  per  quos,  quantum  per  quemlibet,  a  quo 
tempore  citra ,  qua  racione  vel  causa  et  annuo  valore  sin- 
gulorum  iurium  et  honorum,  que  infra  fìnes  et  pertinencias 
dicti  tenimenti  occupata  tenentur ,  per  homines  vicinarum 
terrarum  et  locorum  istarum  parcium  huius  rei  conscios, 
fìdeles  nostros,  per  quos  de  premissis  melius  et  plenius  po- 
tuit  veritas  indagari,  recepto  prius  a  quolibet  eorum  de  ve- 
ntate dicenda  corporali  et  debito  iuramento  ,  personaliter 
et  diligenter  inquisivi ,  et  inquisicionem  ipsam  fìdeliter  in 
scriptis  redactam  maiestati  vestre  sub  sigillo  meo  transmicto. 
Cuius  inquisicionis  tenor  per  omnia  talis  est  :  In  primis 
presbiter  Andreas  de  Biccaro,  habitator  Bicari ,  iuratus  et 
interrogatus  si  sciret  fìnes  et  pertinencias  tenimenti  Charsie, 
siti  infra  tenimentum  Camerate  et  Castrinovi ,  quod  teni- 
mentum  Charsie  spectat  ad  cephaludensem  Ecclesiam  cum 
omnibus  iuribus,  racionibus,  et  pertinenciis  suis,  prout  an- 
tiquitus iuste  et  racionabiliter  protendebantur  ac  protendi 
consueverint  et  debent ,  dixit  se  scire  quod  fìnes  et  perti- 
nencie  predicti  tenimenti  terrarum  Charsie  antiquitus  iuste 
et  racionabiliter  protendebantur  et  protendi  consueverunt 
et  debent  modo  subscripto,  videlicet  :  quod  incipiunt  a  ful- 
mine Torto  et  ascendunt  per  vallonem  vallonem  Gructe  ni- 


—  513  —  (1290) 

gre  et  tendunt  usque  ad  viam  Castrinovi,  et  per  viam  viam 
usque  ad  grutticellas  Arinarum  ,  et  ascendunt  per  ipsam 
viam  viam  usque  ad  Serram  Raye ,  et  deinde  tendunt  per 
serram  serram  usque  ad  lapidem  rubeum,  et  deinde  descen- 
dunt  ad  lapidem  Harchagirbualuffu  et  deinde  tendunt  per 
viam  viam  ad  pendentem  aquarum  ,  et  deinde  descendunt 
[per]  serram  serram  usque  ad  Farginisii,  et  descendunt  a- 
binde  ad  molendinum  vetus  de  Harsia,  et  deinde  vadunt  per 
magnum  flumen  flumen  Gamarate  usque  ad  vallonem,  quod 
descendit  de  Oddomarrano,  et  deinde  vadunt  per  vallonem 
vallonem  usque  ad  petram  que  dicitur  de  Palumbis ,  et 
deinde  vadunt  per  viam  viam  usque  ad  portam  Gasebelle, 
et  abinde  descendunt  et  vadunt  per  serram  serram  usque 
ad  portam  Rachamumi,  et  deinde  vadunt  per  serram  serram 
usque  ad  portam  Yallis  longe  ubi  est  crux  viarum ,  que 
venit  de  Galatabuturo,  et  vadit  ad  Gameratam,  et  a  predicta 
cruce  viarum,  descendendo  per  serram  serram  protenditur 
usque  ad  vallonem  Pomi,  et  a  predicto  vallone  Pomi  pro- 
tenditur usque  ad  petram  grossam,  que  est  in  flumine  Torto, 
in  quo  loco  fines  et  pertinencie  tenimenti  predicti,  ut  dictum 
est,  concluduntur.  Item  de  causa  sciencie  super  premissis 
omnibus  qualiter  hec  sciret,  dixit  quod  cum  idem  testis  sit 
et  fuerit  vicinus  tenimenti  predicti,  et  consueverit  ab  anti- 
quis  temporibus  et  specialiter  tempore  quondam  domini  im- 
peratoris  bone  memorie  conversare  et  perambulare  pluries 
per  tenimentum  ipsum ,  vidit  et  bene  novit  quod  predicta 
cephaludensis  Ecclesia  et  prelati  ipsius,  qui  fuerint  prò  tem- 
pore predicto,  possiderunt ,  usufructuaverunt  et  locaverunt 
per  se  et  procuratores  eorum,  ad  hoc  per  eos  constitutos, 
totum  et  integrum  tenimentum  terrarum  ipsarum  Gharsie 
cum  omnibus  iuribus,  racionibus  et  pertinenciis  suis,  prout 
protenduntur,  terminantur  et  concluduntur  per  fines  supe- 
rius ,  eiusdem  tenimenti  proventus  et  redditus  receperunt 
pacifice  et  quiete  ut  veri  domini  et  possessores,  et  speciali- 
ter quod  tempore  quondam  domini  Frederici  Romanorum 
imperatoris ,  memorie  recolende ,  vidit  quondam  dominum 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  33 


(1290)  —  514  — 

Aldoynum,  cephaludensem  Episcopum ,  totum  et  integrum 
tenimentum  ipsum  cuna  omnibus  iuribus  et  pertinenciis  suis 
tenere  et  possidere,  usufructare  per  se  et  procuratores  suos, 
ad  hoc  per  eura  ordinatos,  pacifice  et  quiete,  ac  proventus 
et  redditus  tenimenti  ipsius  exigere  et  colligere  et  babere , 
ut  verus    dominus  et  possessor.  Dixit  eciam  quod  cum  ali- 
quando  retroactis  temporibus  contencio  et  controversia  de 
fìnibus  [et]  pertinenciis   tenimenti   predicti  inter  quondam 
prelatos  diete  cephaludensis  Ecclesie  per  dominos,  qui  fue- 
runt  prò  tempore ,  Gamarate ,  casalium  Gassari  et  Rachal- 
miyari  et  terrarum  eciam  sancti  Petri  de  Castronovo  confi- 
nancium  et  collimitancium  cum  tenimento  predicto  extitit, 
idem  testis  presens  existens  in  loco  tenimenti  predicti  vidit 
tenimentum  ipsum  per  homines  vicinos  et  huius   rei  con- 
scios  et  fide  dignos,  ad  hoc  de  communi  parcium  voluntate 
electos ,  vocatos  et  constitutos  per  dominos  et  possessores 
scilicet  tam  tenimento[rum]   predicto[rum]   quam   casalium 
et  terrarum  predictarum ,  ut  supra  dictum  est ,   confinari , 
protendi  et  limitari,  ex  quarum  confinatone  et  terminacione 
dieta  contencio  et  controversia  finem  habuit,  omnis  discor- 
die materia  omnino  remota.  Item  de  tempore,  dixit  interro- 
gatus  quod  iam  sunt  anni  quinquaginta  et  plus.  luratus  et 
interrogatus  quantum  de  pertinenciis  et  iuribus  tenimenti 
predicti  sit  occupatum  per  aliquos ,  a  quo  tempore   citra , 
qua  racione  vel  causa,  et  de  annuo  valore  singulorum  iu- 
rium  et  honorum,  que  infra  tìnes  et  pertinencias  dicti  teni- 
menti occupata  tenentur,  dixit  se  scire  exinde  nichil.  Thomas 
de  Murella,  habitator  Bicari ,  iuratus  et  interrogatus ,  dixit 
idem  per  omnia  ut  proximus.  Dominicus  Sabuchi  de  Bicaro, 
iuratus  et  interrogatus  super  premissis  omnibus,  dixit  quod 
fines  et  pertinencie  tenimenti  predicti  terrarum  Charsie  sic 
limitantur,  protenduntur  et  concluduntur,  ut  supra  dictum 
est  per  deposicionem  presbiteri  Andree   primi  testis.   Item 
de  causa  sciencie  quomodo  sciret,  dixit  se  scire  hoc  quia, 
cum  esset  vicinus  tenimenti  ipsius,  vidit  supradictam  cepha- 
ludensem Ecclesiam  et  prelatos  suos,  per  se  et  procuratores 


—  515  —  (1290) 

suos,  tenimentum  ipsum  totum  et  integrura,  ut  superius  li- 
mitatimi et  conclusum  est,  tenere  et  possidere,  et  specialiter 
quondam  dominum  Iohannem  cepbaludensem  Episcopum 
et  dominum  Iunctara  successorem  suum  in  Ecclesia  supra- 
dicta  ;  ad  alia  nichil.  Nicolaus  Archarius  de  Bicaro,  iuratus 
et  interrogatus,  dixit  idem  per  omnia  ut  proximus.  Rogerius 
Harerius  de  Bicaro,  iuratus  et  interrogatus  super  premissis 
omnibus,  dixit  ut  proximus.  Andreas  de  Gilio  de  Bicaro,  iu- 
ratus et  interrogatus  super  premissis  omnibus,  dixit  ut  pro- 
ximus. Rogerius  de  Salviatis  de  Bicaro,  iuratus  et  interro- 
gatus super  premissis  omnibus,  dixit  ut  proximus.  Iohannes 
Madius  de  Bicaro  ,  iuratus  et  interrogatus  super  premissis 
omnibus,  dixit  ut  proximus.  Parisius  de  Petralia,  habitator 
Bicari,  iuratus  et  interrogatus  super  premissis  omnibus,  dixit 
ut  proximus.  Iohannes  de  Cuniano,  habitator  Castrinovi,  iu- 
ratus et  interrogatus  super  premissis  omnibus ,  dixit  per 
omnia  ut  presbiter  Andreas.  Bartholus  Sentepero  de  Ga- 
stronovo ,  iuratus  et  interrogatus,  dixit  idem  per  omnia  ut 
proximus.  lacobus  de  Placea  de  Castronovo,  iuratus  et  in- 
terrogatus super  premissis  omnibus,  dixit  ut  proximus.  Bar- 
tholus de  Gascasino  de  Castronovo,  iuratus  et  interrogatus, 
dixit  idem  per  omnia  ut  Dominicus  de  Sabuchi.  Symon  de 
Petra  de  Gastronovo,  iuratus  et  interrogatus,  dixit  idem  per 
omnia  ut  presbiter  Andreas.  Armaleo  de  Gastronovo,  iura- 
tus et  interrogatus ,  dixit  per  omnia  ut  proximus.  Symon 
de  Alfano  de  Gastronovo,  iuratus  et  interrogatus  super  pre- 
missis omnibus,  dixit  idem  per  omnia  ut  Dominicus  Sabu- 
chi. Salvus  de  Messana ,  habitator  Sclafani ,  iuratus  et  in- 
terrogatus super  premissis,  dixit  quod  fines  et  pertinencie 
predicti  tenimenti  terrarum  Charsie  protenduntur  et  termi- 
nantur  ut  superius  dictum  est  per  deposicionem  presbiteri 
Andree  supradicti.  Interrogatus  de  causa  sciencie  quomodo 
sciret,  dixit  se  scire  hoc  ex  auditu  tantum  ;  ad  alia  nichil. 
Sinibaldus  de  Manzante  de  Sclafano,  iuratus  et  interroga- 
tus super  premissis  omnibus,  dixit  ut  Salvus  proximus  te- 
stis.  Andreas  de  Granchio  de  Sclafano,  iuratus  et  interro- 


(1290)  —  516  — 

gatus,  dixit  inde  per  omnia  ut  proximus.  Alamannus  Pane- 
vinus  de  Sclafano ,  iuratus  et  interrogatus ,  dixit  ut  proxi- 
mus. Notarius  Johannes  de  Iuliano  de  Galatabuturo,  iuratus 
et  interrogatus,  dixit  per  omnia  ut  Dominicus  [Sabucus]  de 
Bicaro.  Nicolaus  de  Gabrieli  de  Calatabuturo ,  iuratus  et 
interrogatus  super  premissis  omnibus ,  dixit  per  omnia  ut 
proximus.  Michael  de  Milana,  iuratus  et  interrogatus  super 
premissis  omnibus,  dixit  idem  per  omnia  ut  proximus.  Guil- 
lelmus  de  Gara ,  iuratus  et  interrogatus  su'per  premissis 
omnibus,  dixit  idem  per  omnia  ut  proximus.  Notarius  Io- 
hannes  de  Angilerio,  iuratus  et  interrogatus,  dixit  idem  per 
omnia  ut  proximus.  Nicolaus  de  Iosep  de  Calatabuturo  , 
iuratus  et  interrogatus,  dixit  idem  per  omnia  ut  proximus. 
Marzocus  de  Leone  de  Galatabuturo,  habitator  Policii,  iura- 
tus et  interrogatus  super  premissis  omnibus,  dixit  se  scire 
quod  fines  et  pertinencie  predicti  tenimenti  terrarum  Ghar- 
sie  protenduntur  et  terminantur  ut  superius  dictum  est  per 
deposicionem  presbiteri  Andree  supradicti  testis  et  consi- 
milium.  Interrogatus  de  causa  sciencie  quomodo  sciret,  dixit 
quod  ita  vidit  tenere  et  possidere  tenimentum  ipsum  totum 
et  integrum  per  dominum  Iohannem  quondam  cephaluden- 
sem  Episcopum ,  per  se  et  procuratores  suos ,  dum  vixit , 
pacifìce  et  quiete,  usufructando,  locando  tenimentum  ipsum 
cum  omnibus  iuribus  et  racionibus  et  pertinenciis  suis,  et 
proventus  ipsius  exigendo  et  percipiendo ,  et  post  obitum 
ipsius  vidit  dominum  Iunctam,  cephaludensem  Episcopum, 
successive  postmodum  tenentem  et  possidentem  tenimentum 
ipsum,  cum  omnibus  iuribus  et  pertinenciis,  per  se  et  pro- 
curatores suos.  Dixit  eciam  quod  dominus  Iohannes  de  Ga- 
latagirono  tempore  retroacto  emit  ad  cabellam  prò  uno  anno 
omnia  iura,  proventus  et  redditus  tenimenti  predicti  a  pre- 
dicto  domino  Iuncta  Episcopo,  et  idem  testis  tamquam  pro- 
curator  eiusdem  domini  Iohannis,  constitutus  ad  hoc,  teni- 
mentum ipsum,  ut  protenditur  et  limitatur  superius,  tenuit 
et  possedit,  locavit,  usufructavit,  et  percepit  omnia  iura,  red- 
ditus et  proventus  tenimenti  ipsius  ad  opus  eiusdem  domini 


—  517  —  (1290) 

Iohannis  pacifice  et  quiete.  Item  de  tempore  dixit  quod 
iam  sunt  elapsi  anni  quindecim ,  parum  plus  vel  minus, 
quod  tenuit  Episcopus  Iohannes ,  et  anni  decera  quod  te- 
nuit  Episcopus  Iuncta ,  et  dominus  Iohannes  de  Calatagi- 
rono  prò  eo,  parum  plus  vel  minus.  Item  interrogatus  quan- 
tum de  pertinenciis  et  iusticiis,  et  per  quos  sit  occupatum, 
dixit  quod  dominus  Comes  Gamerarius,  per  se  et  procura- 
tores  suos ,  tenet  de  pertinenciis  supradictis  occupatum  a 
serra  Raye  et  vadit  [per]  viam  Castrinovi  usque  ad  gructi- 
cellas,  et  deinde  per  ipsam  viam  viam  usque  ad  Perciata , 
et  deinde  [per]  serrani  serram  descendendo  supra  mandrara 
arietum  et  deinde  per  serram  serram  usque  ad  lapidem 
Hasosse,  et  abinde  ascendendo  ad  vallonem ,  et  per  vallo- 
nem  usque  ad  portam  Vallis  longe  ad  terras  predictas  pro- 
tenditur  versum  Camaratam.  Item  interrogatus  a  quo  tem- 
pore citra  dictus  Comes  tenuit  et  tenet  dictum  tenimentum 
occupatum,  dixit  quod  iam  sunt  anni  quatuor.  Item  inter- 
rogatus qua  racione  vel  causa  tenimentum  ipsum  tenet , 
dixit  se  nescire.  Item  interrogatus  de  annuo  valore  singu- 
lorum  iurium  et  honorum  dicti  tenimenti  occupati ,  dixit 
quod  dictum  tenimentum  terrarum  occupatum  per  eundem 
Comitem  ,  secundum  arbitriura  et  extimacionera  ipsius  te- 
stis,  valet  et  valere  potest  annuatira  de  dicto  tenimento  oc- 
cupato salmas  centum  et  plus.  Presbiter  Bonafides  de  Ca- 
latabuturo ,  iuratus  et  interrogatus ,  dixit  idem  per  omnia 
ut  proximus  testis  ,  hoc  excepto  quod  non  fuit  procurator 
domini  Iohannis  de  Calatagirono,  fuit  tamen  procurator  et 
est  predicti  Episcopi  Iuncte  in  tenimento  dictarum  terrarum 
Charsie,  et  tamquam  procurator  predicti  Episcopi  tenuit  et 
possedit,  usufructavit  et  locavi t  totum  et  integrum  tenimen- 
tum predictum ,  ut  supra  terminatimi  et  limitatum  est  per 
presbiterum  Andream  supradictum  primum  testem,  et  ipsius 
proventus  recollegit,  recepit  et  habuit  nomine  et  ad  opus 
ipsius  Episcopi  per  annos  quatuor.  Item  dixit  quod  tempore 
sue  procuracionis  et  administracionis  in  dicto  tenimento 
Charsie  tenimentum  ipsum  occupatum  extitit  per  eundem 


(1290)  —  518  — 

Comitem  et  Fredericum  filium  suura,  et  alios  procuratores 
suos,  tenimentum  terrarum  per  eundem  [Andream]  primura 
testem  superius  denotatum.  Gandolfus  de  Policio  de  Cala- 
tabuturo,  iuratus  et  interrogatus,  dixit  idem  per  omnia  ut 
Marzucus  de  Leone,  excepto  quod  non  fuit  procurator  dicti 
Iohannis  de  Calatagirone,  et  addidit  quod  Blancus  de  Po- 
licio, frater  suus,  fuit  procurator  predicti  tenimenti  Gharsie 
prò  parte  predicti  domini  Iohannis  cephaludensis  Episcopi 
per  plures  annos,  et  sicut  est  determinatum  et  distinctum 
per  predictum  presbiterum  Andream  primum  testem.  ltem 
vidit  predictum  tenimentum  tene[ri]  et  procurafri]  per  pre- 
dictum Blancum,  fratrem  suum.  Landuycus  de  Gangio,  ha- 
bitator  Petralie  superioris,  iuratus  et  interrogatus  super  pre- 
missis  omnibus,  dixit  idem  per  omnia  ut  Marzucus  de  Leo- 
ne ,  excepto  quod  non  fuit  procurator  domini  Iohannis  de 
Galatagirone.  Nicolaus  Gassaro,  habitator  Petralie  inferioris, 
iuratus  et  interrogatus  super  premissis  omnibus,  dixit  idem 
per  omnia  ut  proximus.  Quibus  quidem  liete ris  ipsius  do- 
mini Laurencii,  cum  inserta  in  eis  forma  regiarum  lictera- 
rum  predictarum,  lectis  et  perlectis,  ipsas  ut  superius  legi- 
tur  in  presentem  formam  publicam,  auctoritate  nostra  pre- 
dicti Iudicis  interposita  |redegimus|,  presens  transumptum 
fecimus  de  eisdem,  et  postmodum  incontinenti,  nobis  pre- 
sentibus,  dictus  dominus  Laurencius  ipsas  clausit,  eteuidam 
famulo  suo  assignavit  easdem,  per  eum  maiestati  regie  de- 
ferendas.  Unde  ad  futuram  memoria  et  predicti  domini  E- 
piscopi  et  sue  predicte  cephaludensis  Ecclesie  cautelam,  pre- 
sens transumptum  exinde  factum  est  per  manus  mei  pre- 
dicti notarii,  signo  et  subscripcione  meis,  nostrum  qui  supra 
Iudicis  et  infrascriptorum  testium  subscripcionibus  et  testi- 
monio roboratum.  Actum  Gephaludi,  anno ,  mense ,  die  et 
indicione  premissis. 

f  Ego  Henricus  de  Leticia  qui  supra   Iudex   Cephaludi 
me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Guido  Tuscanus  me  subscripsi  et  testis  sum. 

f  Ego  Adam  de  Alferio  me  subscripsi  et  testor. 


—  519  —  (1290) 

f  Ego  Eustasius  de  Terrete*  qui  supra  interfui  et  testor. 

f  Ego  notarius  de  Salamoile  me  subscripsi  et  testor. 

•f  Ego  Iacobus  Tronus  de  Messana  me  subscripsi  et 
testor. 

-J-  Ego  notarius  Perronus  de  Melatio  testor. 

f  Ego  Andreas  de  Lauro  me  subscripsi  et  testor. 

f  Ego  Gracianus  Bandonus  me  subscripsi. 

•f-  Ego  Albertinus  Placentinus  publicus  cephaludensis  no- 
tarius rogatus  scripsi  et  meo  signo  signavi. 

Dalla  perg.  di  n.  61  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Gefalù  (Arch. 
di  Stato  di  Palermo).  Se  ne  conserva  una  copia,  con  errori  e  la- 
cune ,  nel  ms.  Qq.  H  8  Privil.  Eccl.  Cephalud.  a  fol.  701  (Bibl. 
Comunale  di  Palermo). 

Riguardo  alla  data  inesatta  del  1289,  invece  del  1290,  che  leg- 
gesi  nel  transunto,  basta  rinviare  alle  osservazioni  da  me  date  per 
il  doc.  CCIV. 

La  lettera  responsale  del  milite  Lorenzo  di  Calta  vuturo  con- 
teneva il  sigillo  del  medesimo.  È  inserita  per  intero  nell'atto  di 
inchiesta,  e  riesce  notevole  la  forma  dell'intitolazione  e  del  saluto 
al  Re,  cioè  :  «  miles,  suorum  minimus  fidelium  devotorum  terre 
obsculum  ante  pedes  ».  Per  l'inchiesta  furono  intesi  molti  testimoni 
dei  comuni  di  Vicari,  Petralia,  Castrano  vo,  Sclafani,  Caltavuturo 
e  Polizzi.  Sono  frequenti  i  testimoni  di  Sclafani,  rilevandosi  da 
ciò  l'importanza  di  quel  casale  ,  sito  in  eccelsa  rocca,  quasi  di- 
rimpetto a  Caltavuturo,  e  nel  territorio  prossimo  alle  Madonie  (cfr. 
P.  Cipolla,  Sulle  probabili  origini  di  Caltavuturo  e  Sclafani,  nel- 
VArch.  Stor.  Sic.  an.  V,  1880,  pag.  67  e  seg.).  La  distinzione  di 
Petralia  in  inferiore  e  superiore  si  scorge  essere  allora  in  uso  , 
come  peraltro  appare  da  vari  documenti  di  tale  tempo,  nei  quali 
si  adopera  anche  utraque  Petralia  (Giambruno,  Il  Tabulario  del 
Monastero  di  S.  Margherita  di  Polissi.  In  Doc.  Soc.  Sicil.  Stor. 
Patr.  I  Serie,  voi.  XX.  Palermo,  1909,  pag.  3,  12  ecc.). 

Vari  nomi  arabi ,  che  trovansi  nella  descrizione  dei  confini , 
provano  1'  antica  esistenza  di  popolazioni  musulmane  in  quella 
regione  di  Catnmarata.  È  degna  di  nota  l'indicazione  della  «  crux 
viarum,  que  venit  de  Calatabuturo  et  vadit  ad  Cameratam  »,  per- 
chè mostra  le  vetuste  vie  che  si  intersecavano  e  davano  accesso 


(1290)  —  520  — 

a  quegli  interni  casali  e  luoghi  dell'  isola.  Si  rileva  altresì  che 
sin  dai  tempi  di  Federico  imperatore  il  vescovo  Aldoino  teneva 
la  proprietà  del  tenimento  di  Garsa ,  e  poi  il  vescovo  Giovanni 
predecessore  di  Giunta.  Giovanni  di  Caltagirone  è  probabilmente 
il  Secreto  al  di  qua  del  Salso  dell'epoca  del  Re  Pietro  I  (V.  sopra, 
pag.  229).  Il  conte  Camerario,  che  usurpò  il  terminento  di  Garsa, 
era  Manfredi  Maletta  signore  feudale  della  terra  di  Gammarata , 
ed  anche  il  figlio  Federico  ebbe  parte  in  quella  usurpazione.  Cfr. 
quanto  ho  detto  prima  per  il  doc.  GCIV. 


OCXIII. 

1290,  settembre  18,  indizione  4a,  Catania. 

Il  regio  Giustiziere  della  Valle  di  Noto,  Umberto  de  Bocca- 
forte,  scrive  ai  giudici  di  Siracusa  affinchè,  in  adempimento  del- 
l'ordine emanato  dal  Re  Giacomo  (V.  doc.  GGXI),  dopo  che  sarà 
dal  frate  Burcardo,  per  parte  del  Brecettore  della  Casa  di  S.  Ma- 
ria dei  Teutonici  in  Sicilia,  pagato  il  valore  delle  spese  sostenute 
dal  canonico  Enrico  Traversa,  e  data  cauzione  di  stare  in  giu- 
dizio, restituiscano  il  possesso  della  chiesa  di  S.  Maria  de  Griptis 
rebellatis  al  suddetto  Brecettore ,  con  facoltà  al  canonico  Enrico 
di  provare  il  suo  diritto  innanzi  la  regia  gran  Corte. 

I  giudici  eseguono  Vincarico  loro  affidato  dal  Giustiziere. 

(L'atto  di  restituzione  è  rogato  dal  notaro  Baldovino  Margariti 
di  Siracusa). 

In  nomine  domini  amen.  Anno  domine  incarnacionis 
millesimo  ducentesimo  nonagesimo,  mense  septembris,  vi- 
cesimo  septimo  eiusdem,  quarte  indicionis,  regnante  excel- 
lentissimo  domino  nostro  rege  Iacobo,  dei  gracia  inclito  rege 
Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus  Gapue,  felicis  dominii 
regni  eius  Sicilie  anno  quinto  feliciter  amen.  Nos  notarius 
Benedictus,  Pachius  de  Gulfo  et  Guillelmus  Morena  Iudices 
Syracusarum  anni  presentis  tercie  indicionis,  notarius  Bal- 
doynus  Margariti  publicus  tabellio  civitatis  eiusdem  et  te- 


—  521  —  (1290) 

stes  subscripti,  ad  hoc  vocati  specialiter  et  rogati,  presenti 
scripto  publico  notum  facimus  et  testamur  quod  pretitulato 
die  frater  Buccardus ,  syndicus  sacre  Domus  sancte  Marie 
Theotonicorum  in  Sicilia ,  prò  parte  Preceptoris  eiusdem 
sacre  Domus  et  conventus  ipsius,  ostendit  et  assignavit  no- 
bis  predictis  Iudicibus  quoddam  mandatum  nobilis  et  egre- 
gii  viri  domini  Umberti  de  Roccaforte,  militis,  domini  regis 
consiliarii  et  familiaris  ac  regii  lusticiarii  Vallis  Nothi,  cum 
inserta  in  eo  forma  mandati  regii  continencie  infrascripte  : 
Umbertus  de  Roccaforte,  miles,  domini  regis  consiliarius  et 
familiaris  ac  regius  lusticiarius  Vallis  Nothi.  Prudentibus 
viris  Iudicibus  Syracusarum  anni  presentis  tercie  (sic)  in- 
dicionis,  amicis  suis,  salutem  et  dileccionem  sinceram.  No- 
viter  a  sacra  regia  maiestate  sacras  recepiinus  licteras  in 
hac  forma  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  1°  settembre  1290]. 

Gupientes  itaque  predictum  sacrum  mandatum  regium 
exequi  reverenter,  nec  ad  id  exequendum  possimus  perso- 
naliter  interesse  pluribus  aliis  serviciis  Curie  occupati,  exe- 
quucionem  ipsius  vobis  duximus  fiducialiter  commictendam. 
Prudencie  vestre  ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate, 
mandantes  quatenus,  cum  vir  nobilis  Robertus  de  Lauda, 
miles,  precessor  noster  predictus  ad  requisicionem  nostram 
nos  per  suas  licteras  informaret  de  predicto  processu  per 
eum  habito,  quatenus  in  prescripto  mandato  regio  contine- 
tur,  restitutis  ab  eodem  fratre  Buccardo  Henrico  canonico, 
superius  nominato,  dampnis  omnibus  et  expensis  et  advoca- 
torum  honorariis,  quas  taxacione  vestra  previa  in  ingressu 
litis  ipsius  idem  Henricus  iuraverit  subiisse,  ac  prestata  per 
eundem  syndicum  coram  vobis  iudicio  sisti  ydonea  et  suf- 
ficienti fideiussoria  caucione,  possessionem  predicte  ecclesie 
dicto  syndico  prò  parte  Domus  predicte  auctoritate  pre- 
scripti  sacri  mandati  regii,  statim  receptis  presentibus,  mora 
qualibet  et  excusacione  sublata,  restituatis  instanter,  predi- 
centes  nihilominus  Henrico  predicto  quod  si  in  ecclesia  pre- 
dieta  ius  habere  confidit,  illud  in  magna  regia  Curia,  coram 


(1290)  —  522 


domino  magistro  Iusticrario  regni  Sicilie  et  Iudicibus  ipsius 
magne  Curie,  [prosequatur],  in  qua  magna  Curia  prefatus  syn- 
dicus  litigare  super  premissis  elegit,  ecclesiarum  privilegio 
permictente,  mandato  regio  predicto  precessori  nostro  proin- 
de directo  de  cognoscendo  super  premissis  aliquatenus  non 
obstante,  cum  intencionis  regie  non  fuerit  per  mandatum  il- 
lud  predicte  Domui  Theotonicorum  privilegio  derogare.  De 
die  autem  recepcionis  presencium  cum  earum  forma  et  pro- 
cessu,  per  vos  in  exequucione  ipsarum  habendo,  nobis  per  ve- 
stras  responsales  licteras  rescribatis.  Datum  Cathanie,  deci- 
mo octavo  septembris,  quarte  indicionis  [1290].  Nos  vero  pre- 
dicti  Iudices,  cupientes  predictum  mandatum  regium  et  do- 
mini Iusticiarii  exequi  cum  effectu,  adhibitis  nobis  predicto 
notario  et  testibus  subscriptis,  ad  ecclesiam  predictam  sancte 
Marie  de  Criptis  rebellatis  nos  contulimus,  et  restitutis  prius 
eidem  Henrico  Canonico  ab  eodem  fratre  Buccardo  tarenis 
auri  decem  prò  expensis,  dampnis  et  advocatorum  honora- 
riis ,  quas  taxacione  nostra  previa  in  ingressu  litis  ipsius 
idem  Henricus  iuravit  subiisse,  eidem  fratri  Buccardo,  no- 
mine et  prò  parte  Preceptoris  et  conventus  ecclesie  sancte 
Maria  Theotonicorum  in  Sicilia  et  eiusdem  ecclesie,  posses- 
sionem  eiusdem  ecclesie  sancte  Marie  de  Criptis  rebellatis, 
cum  omnibus  iuribus  et  pertinenciis  suis ,  restituimus  in- 
stanter,  mora  qualibet  et  excusacione  sublata,  et  prediximus 
nichilominus  eidem  Henrico  quod  si  in  ecclesia  predicta 
ius  habere  confidit,  illud  in  magna  regia  Curia,  coram  do- 
mino magistro  Iusticiario  regni  Sicilie  et  Iudicibus  ipsius 
magne  Curie,  in  qua  magna  Curia  prefatus  syndicus  super 
premissis  litigare  elegit,  ecclesiarum  privilegio  permictente, 
prosequatur.  Unde  ad  futuram  memoriam  et  predicte  ec- 
clesie sancte  Marie  Theotonicorum  in  Sicilia  cautelam  fac- 
tum est  exinde  [actum]  restitucionis  possessionis  ipsius  ec- 
clesie sancte  Marie  de  Criptis  rebellatis  eidem  fratri  Buc- 
cardo, per  manus  mei  predicti  notarii  public!,  nostrum  qui 
supra  Iudicum,  notarii  et  subscriptorum  testium  subscriptio- 
nibus  et  testimonio  ac  signo  mei   predicti   notarii   robora- 


—  523  —  (1290) 

tum.  Actum  Syracusis,  anno,  die,  mense  et  indicione  pre- 
missis. 

■f  Ego  Guillelmus  Morena  qui  supra  Iudex  Siracusie  sub- 
scripsi. 

f  Ego  notarius  Benedictus  qui  supra  Iudex  Syracusie 
subscripsi. 

f  Ego  Pachius  de  Gulfo  qui  supra  Iudex  Siracusie  sub- 
scripsi. 

f  Ego  notarius  Baldoynus  Margariti  qui  supra  regius 
publicus  tabellio  civitatis  Syracusie  predictis  omnibus  roga- 
tus  interfui,  scripsi  predicta  et  meo  signo  signavi. 

Dalla  perg.  di  n.  218  e  dall'altra  di  n.  220  del  Tabulano  della 
Magione  (Arch.  di  Stato  di  Palermo)  da  me  sopra  ricordate  per 
il  doc.  n.  CGXI. 

L'altro  transunto  del  21  ottobre  era  eseguito ,  a  richiesta  di 
frate  Enrico  de  Mes  de  Loren,  «  [ut]  obvietur  periculis  et  immi- 
nencie  temporis  yemalis  de  predicto  originali  scripto  sinistrum 
aliquod  eveniret». 

Umberto  Roccaforte  ,  che  non  è  menzionato  per  nome  nella 
lettera  del  Re  Giacomo  a  lui  diretta ,  era  il  successore  del  Giu- 
stiziere Roberto  de  Lauria.  Deve  notarsi  il  ricordo  dell'informa- 
zione «de  predicto  processu  per  eum  habito»,  che  forniva  il  de 
Lauria  al  nuovo  Giustiziere.  La  data  della  lettera  del  Roccaforte 
è  indicata  in  principio  per  errore  lercie  indicionis,  invece  di  quarte, 
come  è  detto  in  fine.  Per  altre  notizie  cfr.  quanto  ho  accennato 
sopra  per  il  doc.  CCXI. 


COXIV. 

1290,  settembre  26,  indizione  4a,  Messina. 

Ruggiero  Loria,  Ammiraglio  dei  regni  di  Aragona  e  Sicilia, 
comunica  a  Roberto,  Conte  d'Artois,  il  testo  di  una  lettera  tra- 
smessa a  Giovanni  di  Monforte  dal  medesimo  Loria,  nella  quale 
si  duole  che  non  siano  esattamente  osservati  i  capitoli  della  tre- 


(1290)  —  524  — 

gua  di  Gaeta  (V.  doc.  CXC),  perché  a  lui  hanno  fatto  ricorso  al- 
cuni sudditi  del  Re  Giacomo ,  ehe  si  recavano  da  Catania ,  con 
varie  barche  cariche  di  frumento  ed  altre  merci,  a  Squillaci,  per 
venderle  per  uso  e  sostentamento  di  quegli  abitanti,  e  furono  as- 
saliti e  derubati  dalla  gente  di  alcune  navi  che  venivano  dalle 
parti  di  Puglia ,  con  provviste  di  viveri  per  la  terra  di  Geraci, 
e  che  erano  comandate  dal  capitano  Nicoloso  de  Mari.  L'Ammi- 
raglio nella  suddetta  lettera  fornisce  un  minuto  elenco  di  merci, 
stoffe,  utensili  ed  altro  e  del  loro  valore  ,  e  così  pure  per  altra 
barca  presa  nella  marina  di  Roccella ,  e  quindi  sommersa ,  fa- 
cendo vari  prigionieri,  compresi  sei  individui  che  dalla  Sicilia  re- 
cavansi  a  Badolato;  e  richiede  pertanto  che  sia  provveduto  per  il 
pagamento  dei  danni  arrecati  e  per  la  consegna  del  frumento 
derubato.  Ora  rivolgendosi  al  Conte  d'Artois,  il  Loria  lo  richiede 
perchè  ordini  l'esatta  osservanza  della  tregua,  il  pagamento  dei 
danni  sofferti  dai  derubati,  e  la  punizione  dei  colpevoli. 

Segue  la  risposta  (data  da  Corneto,  a  4  novembre)  del  Conte  di 
Artois  che  avvisa  di  avere  accolto  le  istanze  e  provveduto  su  tutto, 
e  che  desidera  pure  V  emenda  dei  danni  per  altre  violazioni  di 
tregua  commesse  dai  Siciliani. 

Nobili  viro  domino  Rogerio  de   Lauria vestram 

de quod   decimo   die   proximo   preteriti   mensis 

[octobris],  huius  quarte  indicionis,  apud  Materam  Nicolaus 
Urano,  lator  presentium,  presentavit  nobis  ex  parte  vestra 
quasdam  licteras  vestras  clausas ,  sigillatas  sigillo  vestro , 
continentie  talis  :  Magnifico  viro  domino  Roberto ,  illustri 
corniti  Atrebatensi ,  Rogerius  de  Lauria ,  miles ,  regnorum 
Aragonum  et  Sicilie  Amiratus.  Noverit  magnitudo  vestra 
quod  domino  lohanni  de  Monteforte  per  nostras  scribimus 
licteras  in  hac  forma  :  Magnifico  viro  domino  lohanni  de 
Monteforte  Rogerius  de  Loria,  miles,  regnorum  Aragonum 
et  Sicilie  Ammiratus.  Formam  capituli  contenti  in  scripto 
treuguarum,  initarum  olim  in  obsidione  civitatis  Gaiete  in- 
ter  dominum  nosirum  regem ,  ex  una  parte ,  et  dominum 
vestrum  ex  altera,  super  restitutione  dampnorum  illatorum 
ab  una  parte  alteri  non  expedit  vobis  repetere,  quotiens  o- 


525  —  (1290) 


pus  est  vobis  super  hoc  scribere ,  eo  quod  de  hoc  habere 
vos  scimus  notitiam  pleniorem.  Igitur  nobilitateti]  vestram 
volumus  non  latere  quod  venientes  ad  presenciam  nostrani 
subscripti  homines,  domini  regis  fideles,  coram  nobis  lacri- 
mabili querela  monstrarunt  quod ,  cum  ipsi  sub  securitate 
observancie  treuguarum  ipsarum ,  cum  subscriptis  barcis 
suis  oneratis  frumento  et  rebus  aliis,  navigarent  apud  Squil- 
lacium  ad  vendendum  frumentum  ipsum  et  res  alias  fìde- 
libus  domini  nostri  regis  ,  per  vascelia  gentis  predicti  do- 
mini vestri,  videlicet  galeas  sex  et  galionem  unum,  venien- 
tes de  partibus  Apulie  cum  fodro  prò  munitione  terre  Gi- 
racii ,  in  quibus  preerat  capitaneus  Nicolosus  de  Mari , 
capti  et  disrobati  fuerunt  in  mari,  contra  tenorem  treugua- 
rum ipsarum ,  qui  abstulit  ab  eis  pecuniam  ,  barcas  et  res 
subscriptas,  valentes  communi  extimationc  subscriptam  pe- 
cunie quantitatem,  videlicet:  A  Boninato  Pisano  de  Gutrono 
olim  die  dominico ,  decimo  presentis  mensis  septembris , 
quandam  barcam  suam  vocatam  sanctus  Nicolaus,  oneratam 
in  portu  Catanie,  valentem  uncias  auri  viginti  quinque,  in 
qua  erant  de  frumento  Nicolai  Urano  et  Leonis  Culumdi  de 
Squillacio  salme  octuaginta,  et  de  frumento  dicti  Boninati 
salme  viginti,  quod  frumentum  est  in  summa  salme  centum, 
valentes,  ad  racionem  de  tarenis  quatuordecim  et  granis 
decem  prò  qualibet  salma,  uncias  auri  quatraginta  octo  et 
tarenos  decem.  Item  saccos  quadringentos,  in  quibus  repo- 
situm  extitit  frumentum  ipsum,  valentes  uncias  sex,  et  alias 
res  subscriptas  existentes  in  eadem  barca  valentes  subscrip- 
tas pecunie  quantitates,  videlicet  :  Tendam  unam  valentem 
tarenos  viginti,  de  panno  albo  de  Randacio  cannas  quatuor 
valentes  tarenos  septem  et  grana  octo,  de  panno  biavo  can- 
nas quatuor  valentes  uncias  duas  et  tarenos  septem,  de  panno 
lombardisco  cannas  sex  valentes  unciam  unam  et  tarenos 
septem  et  grana  decem  ,  de  duppletto  cannas  quinque  va- 
lentes tarenos  septem  et  grana  decem.  Cannatas  duas  de 
ere  valentes  tarenos  sex.  Gepas  quingentas  valentes  tarenos 
duos  et  grana  decem.  Alleorum  testas  mille  valentes  tare- 


(1290)  —  526  — 

nos  quinque,  et  quasdam  alias  eorum  res  mobiles  valentes 
unciam  unam,  tarenos  septem  et  grana  decenti.  Item  a  Ia- 
cono de  sancta  Agnete,  ianuense,  cive  Messane,  quamdam 
aliam  barcana  valentem  uncias  duodecim,  in  qua  Guilielmus 
de  Ayolo  et  Franciscus  Lombardus  onerari  fecerant  in  portu 
Catanie  frumenti  salmas  sexaginta,  item  dictus  Iacobus  fru- 
menti salmas  quatuor  et  Nicolaus  Urano  frumenti  salmas 
tres,  quod  frumentum  est  in  summa  frumenti  salme  sexa- 
ginta septem  ,  valentes  ad  rationem  predictam  uncias  tri- 
ginta  duas,  tarenos  undecim  et  grana  decem.  Item  casei  cen- 
tenaria duo  valentia  unciam  unam  et  tarenos  duos,  de 
panno  de  blaveto  cannas  quatuor  valentes  uncias  duas,  u- 
trium  paria  decem  Valencia  unciam  unam  ,  de  lino  rotula 
quinquaginta  Valencia  tarenos  viginti.  Gepas  mille  valentes 
tarenos  quinque.  Alleorum  testium  duomilia  valentia  tare- 
nos decem.  Bucalem  unum  de  metallo  valentem  tarenos  tres 
et  grana  decem.  Capam  unam  de  viridi  usitatam  valentem 
tarenos  duodecim.  Tunicam  unam  de  blaveto  usitatam  va- 
lentem tarenos  quindecim,  de  panno  albo  de  Randacio  can- 
nas duas  valentes  tarenos  tres  et  grana  quatuordecim.  Sac- 
cos  ducentos  quatraginta,  in  quibus  dictum  frumentum  re- 
positum  extitit ,  valentes  uncias  tres  et  tarenos  decem  et 
octo.  Goctardiam  unam  de  biavo  valentem  tarenos  viginti. 
Farsetum  unum  valentem  tarenos  septem  et  grana  decem. 
Gultellum  unum  feritorium  valentem  tarenos  tres.  Cultellum 
alium  valentem  tarenos  duos ,  et  cantaria  duo  de  biscotto 
valentia  tarenos  quindecim.  Et  a  Philippocto  de  Helya  de 
Messana  duodecimo  septembris,  quarte  indicionis,  in  mari- 
tima  Ruccelle,  quandam  barcam  suam  oneratam  frumento 
vocatam  sanctus  Nicolaus ,  cuis  erat  nauclerius  Nicolaus 
Plascara  de  Messana,  valentem  uncias  tredecim  et  tarenos 
quindecim.  Item  frumenti  salmas  septuaginta  valentes  ad 
racionem  predictam  uncias  triginta  tres  et  tarenos  viginti 
quinque,  quam  postquam  exoneraverunt,  sumerserunt  ipsam 
in  mare.  Item  saccos  ducentos  quinquaginta  quinque ,  in 
quibus  repositum  extitit  dictum  frumentum,  valentes  uncias 


—  527  —  (1290) 

tres  et  tarenos  viginti  quinque.  Itera  ensem  unum  valentem 
tarenos  septem  et  grana  decem.  Etera  arcum  unum  valentem 
tarenos  sex  et  tendam  unam  valentem  tarenos  quindecim , 
et  duxerunt  secum  captivos  duos  de  marenariis  diete  bar- 
ce ,  quorum  unus  vocatur  Johannes  de  Badulato  et  alter 
Bonellus  de  Iscla ,  et  alios  quinque  homines  et  quamdam 
mulierera  ,  venientes  de  partibus  Sicilie  aput  Badulatum , 
quorum  nomina  sunt  hec  videlicet  :  Petrus,  Michelus,  Ga- 
pillutus,  Leo,  Menonus  et  Cali.  Et  supplicaverunt  nobis  dicti 
disrobati  ut  super  restitucione  predictorum  darapnorum  il- 
latorum  eisdem  ,  iuxta  tenorem  predictarum  treuguarum , 
providere  oportuno  remedio  deberemus.  Admirantes  igitur 
de  nobilitate  vestra  quod  sic  indigne  fedus  predictarum  treu- 
guarum deluditis,  dum  scienter  per  gentem  vestram  gentem 
domini  nostri  regis  dampna  in  personis  et  rebus  suis  inferri 
patimini,  disrobatores  ipsos  corrigere  non  curando;  nobili- 
tatem  vestram  requirimus  quatenus,  quia  constat  nobis  de 
disrobacione  et  dampnis  predictis  ac  valore  ipsorum  ,  tam 
per  instrumenta  publica  per  ipsos  disrobatos  inde  assumpta 
et  coram  nobis  presentata,  quam  alias  legitimas  probacio- 
nes  coram  nobis  per  eos  productas,  quam  etiam  per  iura- 
menta  disrobatorum  ipsorum  ab  eorum  quolibet  inde  re- 
cepta,  piaceat  vobis  primo  disrobatores  ipsos  sic  ....  ti- 
rano nuncio  et  procuratori  eorumdem  disrobatorum  per  .  . 

.  .  .  illata  eis  dampna  restituì  faciatis versa  vice 

predictas  treuguas  deludi  similiter  faciemus.  Scire  namque 
potestis-quod  vascella  vestra  a  vascellis  et  gente  predicti 
domini  regis  possent  offendi  frequencius,  si  vellemus.  Nam 
galee,  cum  quibus  Russus  de  Soliaco  pridem  ad  ultramari- 
nas  partes  accessit ,  obviaverint  galeis  predicti  domini  no- 
stri in  succursum  Terre  sancte  transmissis ,  capte  fuissent 
de  facili  per  easdem,  et  aliis  vascellis  vestris  plurima  dampna 
fuissent  illata,  nisi  quia  predictas  treuguas  ex  parte  nostra 
volumus  tenaciter  observari.  Nec  credatis  satis  nos  esse 
contentos  quod  predictis  disrobatis  fìat  restitucio  de  pre- 
dicto  frumento  vel  pretio  ipsius,  nisi  totidem  quantitas  fru- 


(1290)  —  5^8  — 

menti  extrahant  de  terra  Giracii ,  ad  quam  frumentum  ip- 
sum  delatum  extitit,  eo  quod  magna  penuria  urgebatur,  et 
assignelur  disrobatis  eisdem,  per  eos  ad  predictam  terram 
Squillacii  deferenda  prò  usu  et  substentatione  hominum 
terre  ipsius ,  nec  iustam  excusationem  potestis  pretendere, 
si  forte  velletis  excipere  vos  et  dominum  vestrum  non  te- 
neri de  dictis  dampnis  et  disrobacione  illatis  per  predicta 
vassella,  eo  quod  more  piratico  discurrebant.  Nam  notorium 
est  et  certum  quod  predicta  vascella  prò  parte  dicti  domini 
vestri  solidata  fuerunt,  et  predictus  Nicolaus  de  Mari,  prò 
parte  eiusdem  domini  vestri,  statutus  fuit  capitaneus  in  eis- 
dem ,  et  sic  quantumcumque  vassella  ipsa  piratico  more  di- 
scurrerent ,  de  restitucione  dictorum  dampnorum  et  pena 
inde  commissa  dictus  capitaneus,  vel  in  eius  defectu  domi- 
nus  vester,  prò  parte  cuius  statutus  fuit  in  vascellis  eisdem, 
de  iure  tenentur.  Predictus  quoque  Nicolosus  de  Mari,  qui 
presens  erat  cum  predictis  galeis  Russi  de  Suliaco,  de  cu- 
ri alitate  collata  et  de  preiudicio  et  dampno,  que  inferri  po- 
tuerunt  eis  per  galeas  vestras,  nobis  perhibere  testimonium 
debuisset.  Set  est  quod  [nos] ,  quod  merito  sic  respondit , 
prò  certo  presumimus  quod  in  biis  de  mandato  processit. 
Scripta  etc.  Propter  quod  magnificentiam  vestram  requiri- 
mus  ut  vos,  qui  officialibus  aliis  in  partibus  ipsis  preestis, 
si  intenditis  quod  treuge  ipse  ex  parte  nostra  inviolate  ser- 
ventur,  treuguas  ipsas  ex  parte  vestra  servari  faciatis  ille- 
sas,  ac  procuratori  ipsorum  disrobatorum  et  aliorum  dampna 
restituì ,  et  dictos  disrobatores  debita  pena  taliter  corrigi 
mandetis,  si  placet,  quod  ipsi  et  alii  exemplo  similis  pene 
perterriti,  alias  treuguas  ipsas  infringere  vereantur,  et  pre- 
dicti  disrobati  de  dampnis  ipsis  reputent  se  contentos.  A- 
lioquin  nos,  qui  bilingui  ore  non  loquimur,  et  quod  in  ani- 
mo gerimus  labiis  simulare  nescimus,  vobis  in  apertum  de- 
ducimus  quod  treuguas  ipsas  genti  vestre  observari  simili- 
ter  faciemus.  Scripta  Messane,  XXVI  septembris,  UH  indic- 
tionis.  Nos  autem,  quibus  cordi  est  predictas  treuguas,  prout 
iuravimus,  observare,  predictarum  licterarum  vestrarum  for- 


—  529  —  (1290) 

ma  diligenter  actenta,  licet  dictus  Nicolosius  de  Mari ,  cui 
predictus  excessus  imponitur,  excusare  se  exinde  conaretur, 
credentes  tamen  quod  premissa  nobilitas  vestra  non  scri- 
beret,  nisi  habuisset  exinde  plenam  fidem,  prefati  Nicolosi 
excusatione  reiecta,  ex  toto  stetimus  scriptis  vestris,  et  eo 
nostro  carcere  mancipato,  contra  quem  ut  iustum  fuerit  pro- 
cedetur,  et  quarto  presentis  mensis  novembris  apud  Corne- 
tum,  per  plures  scilicet  dies  ante  quatragesimum  diem  a  si- 
gnificatione  nobis  exinde  facta  in  antea  numerandum,  qui 
ad  satisfactionem  dampnorum  huiusmodi ,  ex  treuguarum 
ipsarum  convencionibus,  est  indictus,  prefato  Nicolao  Urano, 
tamquam  nuncio  et  procuratori  dictorum  disrobatorum,  ut 
per  dictas  literas  vestras  constitit ,  satisfacionem  integram 
fieri  fecimus,  solutis  sibi  de  pecunia  Curie  regie  unciis  auri 
centum  nonaginta  tribus,  tarenis  vigiliti  quatuor  et  granis 
duodecim  ponderis  generalis ,  ad  quam  summam  predicto- 
rum  dampnorum  extimatio  ,  iuxta  dictas  licteras  vestras , 
ascendit.  Predictos  vero  Iohannem  de  Badulato,  Bonellum 
de  Yscla  et  alios  quinque  homines  et  quamdam  raulierem, 
quos  per  dictum  Nicolosum  captos  et  ductos  fuisse  scripsi- 
stis,  perquiri  fecimus  diligenter,  et  rumorem  certum  habere 
nequivimus  de  eisdem,  quia  fecissemus  eos  incontinenti  re- 
stituì libertati;  set  si  scire  potestis  quod  per  gentem  nostram 
alicubi  teneantur,  certificetis  nos  inde  per  vestras  licteras, 
quia  libenter  eos  mandabimus  liberari,  et  cum  pluries  hac- 
tenus  per  domini  vestri  subditos,  contra  dictarum  treugua- 
rum tenorem,  dampna  fidelibus  regiis  multiplicia  sint  illata, 
de  quorum  parte  iam  constat  indubie,  credimus  quod  vos, 
qui ,  ut  verbis  vestris  utamur ,  loqui  bilingui  ore  nescitis , 
dampnorum  ipsorum,  ut  tenemini,  fieri  facietis  emendam. 
Datum  Corneti,  die  UH  novembris,  quarte  indicionis  [1290]. 

Dal  registro  angioino  di  n.  54,  segnato  1291  A ,  a  fol.  163  e 
seg.  (nell'Archivio  di  Stato  di  Napoli). 

La  data  di  novembre  (proximi  preteriti  mensis),  menzionata 
nel  principio  del  documento  d'Artois,  è  un  evidente  errore  di  tra- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  34 


(1290)  —  530  — 

scrizione,  ricordandosi  poi,  verso  la  fine,  il  giorno  4  «  presentis 
mensis  novembris  »  ,  che  è  pure  la  data  della  lettera  del  Conte 
d'Artois. 

Un  breve  sunto  di  questo  importante  documento  fornì  I'Amari 
Un  periodo  cit.  pag.  185  in  nota,  riferendo  alcune  parole  del  te- 
sto. Egli  però  afferma  inesattamente  che  Giovanni  di  Monforte 
avesse  inviato  la  lettera  al  conte  d'Artois,  mentre  invece  era  il 
Loria  che  comunicava  quella  sua  lettera  spedita  contemporanea- 
mente. 

Si  ricava  dal  testo  che  il  Conte  d'  Artois  risiedeva  allora  a 
Matera,  dove  Nicolò  Urano  presentò  la  «lettera  del  Loria.  Costui 
esponeva  che  i  depredati  lo  informarono  dell'occorso  lacrimabili 
querela.  La  descrizione  di  merci ,  oggetti  e  stoffe  di  varie  qua- 
lità riesce  assai  importante.  Vi  si  menziona  anche  il  pannus  ai- 
bus  de  Randacio,  che  dovea  essere  perciò  di  industria  siciliana. 
Badolato  è  un  comune  nell'odierna  provincia  di  Catanzaro.  Sono 
molto  energiche  varie  espressioni  del  Loria,  cioè  :  «quod  sic  indi- 
gne  fedus  treuguarum  deluditis  »,  e  quella  «  nos  bilingui  ore  non 
loquimur  »  (cioè  senza  frode)  ed  altre.  La  risposta  data  dall'Ar- 
tois  contiene  altri  ricordi  che  completano  la  notizia  di  quelle 
gravi  e  frequenti  infrazioni  di  tregua. 

Su  Russo  de  Soliaco  (o  meglio  de  Sully),  il  cui  vero  nome  era 
Ugone,  vari  cenni  offre  Durrieu,  Les  archives  angevines  de  Na- 
ples  cit.  t.  Il,  pag.  383,  che  ricorda  essere  stato ,  sotto  Carlo  I 
d'Angiò,  «  chevalier  terrier  de  l'Hotel,  vicaire  et  capitain  general 
en  Romanie  a  partir  de  1279  ».  Ne  fa  menzione  pure  Amari,  9a  ed. 
voi.  II,  pag.  257,  nota  4,  per  i  fatti  di  Cotrone  nel  1294.  Per  le 
navi  siciliane,  che  viaggiavano  in  soccorso  di  Terra  Santa,  si  veda 
quanto  ho  detto  prima ,  per  il  doc.  CCIX  ;  e  intorno  alle  infra- 
zioni di  tregua  da  parte  dei  Siciliani  ed  anco  degli  Angioini  cfr. 
doc.  CXCI  e  le  note  che  vi  si  riferiscono.  La  parola  curialitas 
adoperata  dal  Loria  è  nel  senso  di  aiuto  o  concorso  prestato  ; 
ma  trovasi  accolta  dal  Ducange  soltanto  nel  significato  di  cor- 
tesia. 

In  altra  lettera  del  4  novembre,  cioè  dello  stesso  giorno  della 
risposta  al  Loria ,  il  conte  d'  Artois  dava  notizia  al  capitano  di 
Napoli ,  Giovanni  de  Moliens ,  del  ritorno  dei  nunzi  spediti  dal 
Loria,  e  dell'invio  di  Ruggiero,  familiare  del  conte  Ugo  de  Brien- 
ne,  pure  in  Sicilia  partendo  dall'  isola  d'Ischia  (a  dieta  civitate 


—  531  —  (1290) 

Neapolis  apud  Ysclam)  per  chiedere  l'emenda  di  alquanti  danni, 
cagionati  dai  sudditi  del  Re  Giacomo.  È  degno  di  nota  che  il 
conte  avverte  il  capitano  che  nel  caso  di  venuta  di  nunzi  del  Lo- 
ria o  di  altri  dalla  Sicilia,  come  talvolta  accade  (contingit  inter- 
dum  ad  nos  vel  dominum  principerà  destinari),  si  dovessero  sor- 
vegliare quei  nunzi  sin  da  quando  avranno  posto  piede  a  terra 
(postquam  in  terram  descenderint)  affinchè  non  parlassero  con  al- 
cuno :  «  unaliter  sociari  ut  nunquam  cum  aliano  loqui  valeant, 
nisi  presentibus  illis  de  comitiva  eorum,  quam  eis  dabitis  de  fa- 
milia  vestra  predicta  »  (Reg.  ang.  54  cit.  fol.  163). 

Simile  ordine  al  Giustiziere  di  Basilicata  ,  pure  del  4  di  no- 
vembre, si  rinviene  nei  Fascicoli  angioini,  come  ricorda  il  prof. 
D'Aprea  nel  breve  sunto  :  «  Ut  diligenter  custodire  faciat  nuncios 
ab  hostibus  mittendos ,  ne  cum  civibus  de  rebus  maiestati  con- 
trariis  colloquantur  »  (cfr.  Syllabus  membranarum  cit.  voi.  II  , 
parte  I,  pag.  68).  Tanto  era  il  timore  che  incuteva  alla  Corte  di 
Napoli  l'arrivo  dei  Siciliani,  che  avrebbero  potuto  ordire  (come 
rilevasi  da  quei  rigori)  nuove  congiure  nell'altra  parte  del  regno. 


ccxy. 

1290,  ottobre  15,  indizione  4a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  ai  gabelloti  della  dogana  del  mare  di 
permettere  che  Francesco  de  Santo  Felice,  il  quale  ha  pagato  in 
Messina  al  regio  Tesoriere  Bartolotto  Tagliavia  onde  di  oro  cin- 
quanta per  diritto  spettante  alla  dogana  di  mare,  a  ragione  di 
tari  uno  per  salma ,  possa  liberamente  estrarre  da  qualunque 
porto  di  Sicilia  salme  1500  di  frumento,  esenti  dal  diritto  di  e- 
strasione  (exiture) ,  verso  la  Catalogna  per  parte  della  città  di 
Gerona. 

Iacobus  dei  gracia  etc.  Gabeliotis  iurium  donane  maris, 
vel  alteri  eorumdem  etc.  Quia  Franciscus  de  Sancto  Felici 
devotus  noster  XIIII  die  presentis  mensis  octobris,  IIII  in- 
dicionis,  apud  Messanam  assignaverit  in  nostra  Camera  Bar- 


(1290)  —  532  — 

tolocto  Tallavia,  una  cum  Cerviano  de  Riaria  Camere  no- 
stre thesaurario,  familiari  et  fideli  nostro,  prò  iure  dohane 
maris  salmarum  frumenti  mille  D  ad  generalem  salmam  , 
concessarum  per  magestatem  nostrani,  de  grada  libere  sine 
iure  aliquo  exiture,  universitati  Gerunde ,  ad  extrahendum 
per  eundem  Franciscum,  nomine  et  prò  parte  diete  univer- 
sitatis,  de  aliquo  portu  Sicilie  licito  et  permisso  et  ad  extrac- 
cionem  victualium  deputato,  et  ferendarum  abinde  ad  partes 
Gathalonie,  videlicet  ad  portum  magis  adiacentem  predicte 
terre  Gerunde ,  cum  uno  vel  duobus  vassellis  capacitatis 
quantitatis  eiusdem ,  vel  cum  una  seu  duabus  navibus ,  in 
quibus  frumentum  aliud  de  mandato  Curie  oneretur  per 
terram  Gerunde,  ad  racionem  de  tareno  uno  per  salmam  , 
sicut  Curie  nostre  constitit  per  cedulam  unam  missam  sub 
sigillo  predicti  thesaurarii  nobili  Iohanni  de  Procida,  regni 
Sicilie  Cancellano  etc,  que  in  archivo  Curie  officii  Cancel- 
lane servatur ,  uncias  auri  L  ponderis  generalis  ;  fidelitati 
vestre  precipiendo  mandamus  quatenus  a  predicto  Franci- 
sco, vel  eius  prò  eo  nuncio,  prò  dictis  salmis  frumenti  mille 
et  D  per  eum  extrahendis,  nomine  et  prò  parte  diete  uni- 
versitatis,  de  aliquo  portu  Sicilie  et  ferendis  ad  partes  pre- 
dieta  s  nullum  ius  dohane  maris  exigatis  vel  recipiatis.  Nos 
enim  predictam  quantitatem  pecunie,  vos  propterea  contin- 
gentem  ,  in  summa  pecunie  per  vos  Curie  debite  racione 
predicte  dohane ,  quam  dicto  anno  presenti  ad  extallium 
exercetis,  vobis  computari  volumus  et  admicti ,  dummodo 
infra  eumdem  annum  dieta  frumenti  quantitas  extrahatur. 
Datura  Messane ,  XV  octobis ,  IIII  indicionis ,  regni  nostri 
anno  quinto  [1290J. 

Dal  reg.  di  n.  261  del  Re  Giacomo  TI  a  fol.  112  ,  nell'  Arch. 
Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Il  documento  è  inserito  in  altro  del  18  luglio  1293  del  mede- 
simo Re  Giacomo ,  da  Saragozza ,  cioè  dopo  la  sua  successione 

(1291)  nel  regno  di  Aragona.  Si  ricorda  infatti  nel  posteriore  do- 
cumento :  «Pridie  nobis  feliciter  existentibus  in  Sicilia 


—  533  —  (1290) 

scripsisse  recolimus  »  ecc.  Trovasi  pure  trascritto  nel  suddetto 
registro  261,  a  fol.  253,*  in  un  ordine  del  12  marzo  1294,  da  Bar- 
cellona ,  perchè  allora  dovette  rifarsi  la  lettera  del  1293  per  la 
perdita  casualmente  avvenuta. 

Si  scorge  dal  testo  che  erano  allora  due  Tesorieri  per  tutto  il 
regno,  cioè  il  Tagliavia  e  Cerviano  de  Riaria,  del  quale  ultimo 
si  conosce  che  nel  1283  esercitava  1'  officio  di  custode  dei  porti 
e  delle  marine  di  Catalogna  e  Valenza  (cfr.  sopra,  pag.  69).  La 
città  di  Gerona  è  alquanto  discosta  dal  mare.  I  porti  più  vicini 
sono  Blanes,  San  Feliu  de  Guixols,  Palamòs,  Lloret,  Palafrugel 
e  la  Selva  de  mar  (Vedi  Blanch  é  Illa,  Cronica  de  la  provincia 
de  Gerona.  Madrid,  1865,  pag.  175).  Nel  documento  è  detto  quin- 
di :  «ad  portum  inagis  adiacentem  predicte  terre  Gerunde»,  che 
poteva  essere  tra  quelli  più  notevoli  di  Palamós  e  San  B'eliu. 
Riesce  altresì  utile  la  menzione  dell'  archivio  della  regia  Can- 
celleria con  queste  parole  :  «  que  in  archivo  Curie  officii  Cancel- 
lane servatur». 


CCXVI. 

1290,  novembre  %  indizione  4a,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  scrive  ai  servienti  del  castello  di  Tropea  per- 
ehè  credano  quanto,  da  parte  sua,  riferirà  a  voce  Raimondo  de 
Bruncignach,  ed  eseguano  gli  ordini  a  lui  dati. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie,  principa- 
tus  Capue.  Servientibus  castri  Tropee  fidelibus  suis  graciam 
suara  et  bonam  voluntatem.  Fidelitati  vestre  mandamus  qua- 
tenus  ea,  que  Raymundus  de  Brusinac,  miles,  familiaris  et 
fidelis  noster,  vobis  oretenus,  ex  parte  nostra,  retulerit,  in- 
dubitanter  credatis  eidem ,  et  efficaciter  exequi  studeatis. 
Datum  Messane,  II  novembris,  UH  indicionis,  regni  nostri 
anno  quinto  [1290]. 

Dalle  Cartas  sueltas  sin  fecha,  al  n.  9849,  del  regno  di  Giaco- 
mo II,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 


(1290)  —  534  — 

Di  questa  missione  del  Bruncignach  a  Tropea  non  si  ha  al- 
cuna notizia  presso  i  cronisti  e  gli  storici.  Raimondo  de  Brun- 
cignach (detto  con  forma  alterata  nel  documento  de  Brusinac) 
è  noto  per  l' importante  ambasceria  da  lui  compiuta  nel  giugno 
1284  presso  Rodolfo  Re  dei  Romani ,  per  parte  del  Re  Pietro  I 
per  una  lega  con  quel  sovrano.  Cfr.  prima,  doc.  LI.  Amari  ,  9* 
ed.  voi.  II  pag.  207  ,  si  limita  a  ricordare  ,  narrando  i  fatti  del 
1289 ,  che  il  Re  Giacomo  rimase  «  signore  della  più  parte  delle 
Calabrie,  oltre  le  terre  occupate  qua  e  là  per  altre  provincie». 
Il  segreto  della  missione  affidata  al  de  Bruncignach  dimostra  che 
doveva  trattarsi  di  gravi  ordini  concernenti  le  fazioni  nemiche. 
Dal  documento  seguente  si  ricava  altresì  che  anche  verso  Reggio 
e  Squillaci  si  estendevano  allora  azioni  guerresche  dei  Siciliani. 


CCXVII. 

1290,  novembre  11,  indizione  4%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  annunzia  a  Galvano  Lancia  di  meravigliarsi 
che  egli,  pur  avendo  seco  soldati  stipendiari,  non  abbia  provve- 
duto a  frenare  gli  eccessi  che  hanno  commesso  gli  almogaveri 
nella  contrada  Tuchio presso  Reggio,  rimanendosene  invece  in  essa 
città  ;  ed  ordina  pertanto  che  subito  (incontinenti),  con  i  soldati 
stipendiari  di  Berlinghieri  Ponzio,  capitano  di  Cotrone,  e  con  i 
suoi,  vada  alla  Motta  dove  risiedono  quegli  almogaveri  e  li  riduca 
alla  rigorosa  disciplina,  e  indi  si  trasferisca  a  Squillaci  per  a- 
dempirvi  gl'incarichi  affidatigli. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Gapue.  Galvano  Lancee  familiari  et  fideli  suo  graciam 
suam  et  bonam  voluntatem.  Ad  non  modicam  admiracionis 
causam  inducimur  et  movemur ,  dum  nostris  stipendiariis 
tecum  existentibus ,  quos  in  comitiva  tua  nostra  serenitas 
deputavi!,  auditis  offensis,  iniuriis,  agravaminibus,  quas  et 
que  almugavari  receptati  in  contrata  Tuchi  nostris  fideli- 
bus  ipsarum  parcium  intulerunt  et  inferre  non  desinunt,  in 


—  535  —  (1290) 

procedendo  contra  eosdera  almogavaros ,  prout  iam  tibi 
mandavimus,  dignosceris  negligens  et  remissus,  et  in  terra 
Regii  cuoi  dictis  stipendiariis  commorastis  ;  propter  quod 
fidelitati  tue  firmiter  et  expresse  precipiendo  mandamus 
quatenus  incontinenti,  receptis  presentibus,  una  cum  Ber- 
lingerio  Poncii  capitaneo  et  castellano  Gotroni,  familiari  et 
fideli  nostro ,  cui  propterea  mandatum  nostrum  dirigitur , 
necnon  stipendiariis  nostris  cum  eo  et  tecum  per  nostram 
Guriam  deputatis ,  et  aliis  equitibus  et  peditibus  ipsarum 
parcium ,  qui  habere  poterunt  in  instanti ,  ad  Moctam  seu 
locum,  in  quo  dicti  almogaveri  commorantur,  te  conferens, 
ipsos  sic  per  omnem  viam  et  modum  cohibere  etcohartare 
studeas  et  nitaris,  quod  per  nimiam  cohartacionem  et  sol- 
licitudinis  tue  studium  suppliciter  implorent  nostram  beni- 
gnitatem  et  graciam ,  et  tam  eis  quam  aliis  ulterius  exce- 
dendi  materia  excludatur;  quo  peracto  negocio,  aput  Squil- 
lacium  cum  gente  nostra  gressus  tuos  accederes,  et  in  exe- 
quendis  nostris  commissis  tibi  negociis  viriliter  et  animose 
procedas.  Datum  Messane ,  XI  novembris ,  IIII  indicionis , 
regni  nostri  anno  V  [1290]. 

Dalle  Cartas  sueltas  sin  fecha  del  regno  di  Giacomo  II ,  al 
n.  9848,  nell'Arch.  Cor.  Arag.  in  Barcellona. 

Questo  Galvano  Lancia  doveva  essere  discendente  dell'omoni- 
mo, che  fu  in  Toscana  Vicario  imperiale  verso  il  1241,  e  condan- 
nato a  morte  nel  1268  come  seguace  di  Gorradino.  Su  tale  Gal- 
vano fornì  alquanti  ricordi  Federico  Lancia  nella  memoria  Gal- 
vano Lancia.  Studio  biografico,  nell'Arch.  Stor.  Sic.  voi.  I  (1876) 
pag.  45  e  seg.,  e  vari  cenni  ne  offrì  pure  Giuseppe  Del  Giudice 
nella  monografia  II  giudizio  e  la  condanna  di  Corradino.  Napoli, 
1876,  pag.  100  e  seg. 

Di  altro  Galvano  fa  menzione  il  cronista  Speciale  (lib.  Ili , 
cap.  5,  ediz.  Gregorio  cit.  t.  I ,  pag.  359)  notando  che  egli  era 
signore  di  Squillaci,  e  che  nel  1296  il  Re  Federico  II  aragonese 
perdonò  quegli  abitanti,  che  «  eorum  dominum  suis  hostibus  pro- 
diderunt  quoad  vindictam». 

Gli  almogaveri ,  durante  la  tregua  stabilita  nel  1289  (cfr.  so- 


(1290)  —  536  — 

pra,  doc.  GXC),  trascorrevano  talvolta  in  eccessi,  come  anche  ac- 
cenna I'Amari,  9»  ed.  voi.  II,  pag.  209.  La  contrada  Tuchi  o  Tu- 
chio  è  ricordata  da  A.  De  Lorenzo,  Le  quattro  Motte  estinte  pres- 
so Reggio  di  Calabria.  Siena,  1891,  pag.  35,  come  «terra  allora 
[nel  secolo  XIII]  esistente  poco  più  su  di  S.  Lorenzo  »  cioè  nel- 
l'odierna provincia  di  Reggio.  La  parola  Moda  è  secondo  il  Du- 
cange  :  «Collis  seu  tumulus,  cui  inaedificatum  castellimi».  In  Si- 
cilia aveano  tal  nome  varie  antiche  terre  fortificate,  come  Motta 
di  Affermo,  Motta  S.  Anastasia,  Motta  Gamastra  e  Motta  S.  Ste- 
fano. Amico  ,  Lexicon  topogr.  cit.  t.  II ,  pag.  379  dice  per  que- 
st'ultimo comune:  «Motta,  saracenicum  vocabulum,  arx  in  edita 
excisaque  rupe  intelligitur  » . 


OCXVIII. 

1290,  dicembre  14,  indizione  4a,  Catania. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  a  richiesta  di  Giovanni  Maniscalco 
di  Polizzi,  abitante  di  Petralia  Soprana,  che  aveva  comprato  da 
Andrea,  Giovanni  e  lardino  Casacha  alcune  terre  arative  site 
nel  territorio  di  Petralia,  nella  contrada  denominata  Licata,  e- 
sime  lui  ed  i  venditori  suddetti  dall'  obbligo  dell'  annua  presta- 
zione di  tari  uno  e  di  salma  una  di  frumento  e  mezza  di  orzo, 
dovuta  alla  regia  Corte  su  quelle  terre  per  ragione  di  censo  o 
villanaggio. 

Iacobus  dei  gracia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  princi- 
patus  Capue.  Notum  facimus  universis  quod  lohannes  Ma- 
niscalcus  de  Policio ,  habitator  Petralie  superioris ,  fidelis 
noster ,  maiestati  nostre  humiliter  supplicavit  quod ,  cum 
ipse  ohm  infra  annum  tercie  indicionis,  nuper  preterite,  e- 
merit  ab  Andrea  Casacha,  Joanne  et  lardino  eius  fratribus, 
fidelibus  nostris,  quasdara  terras  laboratorias,  sitas  in  teni- 
mento  diete  terre  Petralie ,  in  contrata  dieta  Leucata ,  prò 
certa  quantitate  pecunie  per  predictum  emptorem  dictis 
venditoribus  assignata,  quas  venditores  ipsi,  ut  dicitur,  ra- 


—  537  —  (1290) 

cione  paterne  successionis  tenebant  et  possidebant  a  nostra 
Curia,  sub  annua  prestacione  tareni  unius,  frumenti  salme 
unius  et  ordei  salme  dimidie ,  per  eos  et  heredes  eorum 
prò  eisdem  terris  annis  singulis  nostre  Curie,  nomine  cen- 
sus  vel  villanagii,  solvendarum,  ei  et  dictis  venditoribus  et 
eorum  heredibus  in  perpetuum  prestacionem  diete  quanti- 
tatis  pecunie,  frumenti  et  ordei,  ad  quam  prò  predictis  ter- 
ris, prò  predicta  causa,  sicut  asserunt,  tenentur  nostre  Cu- 
rie annuatim,  remictere  et  relaxare  de  speciali  gracia  digna- 
remur.  Cuius  supplicacionibus  benigne  admissis,  consideran- 
tes  fidem  et  devocionem  ,  quam  predictus  Iohannes  erga 
nostram  excellenciam  gessit  et  habet ,  tam  ei,  quam  dictis 
venditoribus  et  eorum  heredibus  in  perpetuum  prestacionem 
predicte  quantitatis  pecunie,  frumenti  et  ordei  prò  predictis 
terris,  sicut  prescribitur ,  prò  predicto  iure  census  seu  vil- 
lanagii debito  nostre  Curie  annuatim ,  de  liberalitate  mera 
et  speciali  gracia  duximus  remictendam.  Volentes  et  pre- 
sentis  scripti  tenore  mandantes  quod  emptor  et  venditores 
predicti  et  eorum  heredes  in  perpetuum  a  prestacione  pre- 
dicte quantitatis  [pecunie],  frumenti  et  ordei  prò  eisdem  ter- 
ris, sicut  predistinguitur ,  debite  nostre  Curie  prò  predicto 
iure  census  seu  villanagii ,  sint  ex  nunc  in  antea  liberi  et 
immunes  et  ad  hoc  minime  teneantur.  In  cuius  rei  testimo- 
nium  et  predictorum  emptoris  et  venditorum  cautelam  sibi 
exinde  presens  scriptum  fieri ,  et  maiestatis  nostre  sigillo 
pendenti  iussimus  communiri.  Datum  Cathine,  anno  domi- 
nice  incarnacionis  millesimo  ducentesimo  nonagesimo,  mense 
decembris,  quartodecimo  eiusdem  ,  quarte  indicionis,  regni 
nostri  anno  quinto. 

Dalla  pergamena  originale  di  n.  97  della  Chiesa  vescovile  di 
Cefalù,  esistente  in  quella  Cattedrale.  Se  ne  ha  una  copia  nel  vo- 
lume ms.  Qq  H  8  Diplomata  Eccl.  Cephalud.  a  fol.  743 ,  nella 
Biblioteca  Comunale  di  Palermo. 

Si  ha  notizia  di  Giovanni  Maniscalco,  con  la  designazione  di 
Magister  in  un  documento  del  1283  per  V  invio  di  soldati   dalla 


(1290)  —  538  — 

terra  di  Polizzf  al  campo  presso  Messina  (cfr.  Carini,  De  rebus 
cit.  pag.  359) ,  ed  in  altro  di  vendita  fatta  in  Polizzi  nel  1295 , 
nel  quale  atto  il  Maniscalco  interviene  come  giudice,  che  non  sa 
sottoscrivere  (Giambruno,  II  Tabularlo  di  S.  Margherita  in  Po- 
Uzzi  cit.  pag.  20  e  seg.).  Sul  significato  di  terre  laboratorie,  cioè 
arative,  donde  proviene  ancora  il  nome  alla  Campania  felice,  detta 
Terra  di  Lavoro  ,  e  della  parola  villanagium,  ossia  prestazione, 
censo  o  servizio  dovuti  su  terre  concesse  al  villano  per  coltivarle 
si  veda  il  Ducange  alle  voci  Laborabiles  terrae  e  Villenagium. 
Il  nome  Licata,  corrottamente  detto  poi  Locati,  corrisponde  ora 
ad  una  frazione  del  comune  di  Buonpietro  (cfr.  G.  Di  Vita,  Di- 
zionario geografico  dei  Comuni  della  Sicilia.  Palermo  1906 , 
pag.  125). 


APPENDICE 


IMIlHIIIHimilmtlHIMIMIIHIIIUII 


AGGIUNTE  AL  I  VOLUME 


REGNO  DI  PIETRO  I. 


COXIX. 

1283  aprile,  indizione  lla,  a  sett.  ind.  12a. 

La  Regina  Costanza  ordina  alV  Ammiraglio  Ruggiero  Loria 
di  pagare  al  comito  Federico  Lancia  onde  di  oro  sei,  tari  sette 
e  grana  dieci  del  peso  generale. 

Documento  ricordato  in  quello  dell'Infante  Giacomo  del  22  giugno 
1284  (cfr.  appresso)  per  i  conti  del  Loria.  La  designazione  dell'  ordine 
della  regina  è  in  tal  modo  :  «  Item  comito  Frederico  Lancee,  de  man- 
dato illustris  domine  regine  ipsi  Ammirato  per  litteras  facto,  ut  ponit, 
ad  generale  pondus  auri  uncias  sex,  tarenos  septem  et  grana  decem  ». 

La  data  del  documento  non  può  essere  che  nel  periodo  al  quale  si 
riferivano  i  conti  presentati  dall'ammiraglio,  cioè  da  aprile  a  settembre 
1283.  Le  parole  ut  ponit  concernono  il  Loria ,  che  notava  ad  esito  la 
somma  dovuta  al  comito  Lancia.  È  evidente  lo  scopo  della  spesa  cioè 
per  le  navi,  dalla  parola  comito,  che  significa  capo  dei  marinai  dell'ar- 
mata nelle  navi,  secondo  l'interpretazione  che  ne  offre  il  Ducangb,  voce 
Comes,  Comitus.  Vedasi  altresì  Rezasco  ,  Dizionario  del  linguaggio  sto- 
rico cit.  voce  Gomito. 


(Appendice)  —  542  — 


ooxx. 

1283,  settembre  17,  indizione  12a,  Messina. 

La  Regina  Costanza  ordina  all'  Ammiraglio  Ruggiero  Loria 
di  permettere  l'estrazione  fuori  regno  dal  porto  di  Licata  di  sal- 
me quattrocento  di  frumento,  col  pagamento  dei  dritti  di  estra- 
zione e  dogana  dovuti  alla  regia  Corte. 

Tale  documento  è  indicato  esplicitamente  nell'altro  dell'Infante  Gia- 
como, Luogotenente  generale  del  regno ,  del  22  giugno  1284  (cfr.  ap- 
presso) di  approvazione  di  alcuni  conti  presentati  dal  Loria.  Conviene 
qui  riferire  la  menzione  che  si  ricava  dal  testo  :  «  Necnon  deductis  et 
extenuatis  de  summa  predicti  residui  unciis  octuaginta  sex  et  tarenis 
viginti  debitis  Curie  prò  iure  exitus  et  dohane  salmarum  frumenti  qua- 
tringentarum  dudum,  ad  mandatum  illustris  domine  regine  domine  et 
matris  nostre  datum  Messane ,  septimodecimo  septembris ,  duodecime 
indictionis,  extractarum  de  portu  Licate  et  delatarum  extra  regnum». 

Il  ricordo  dell'indizione  12a  dimostra  senza  alcun  dubbio  che  il  do- 
cumento della  regina  Costanza  appartiene  al  1283.  Non  si  rileva  a  chi 
fosse  stata  concessa  quell'estrazione  di  frumento,  od  almeno  con  quale 
nave  avvenisse.  L'ordine  della  regina  prova  inoltre  (come  anche  rilevasi 
dal  documento  anteriore)  l'esercizio  della  sua  autorità  nel  tempo  della 
luogotenenza  del  figlio  Giacomo.  Cfr.  sopra,  pag.  36,  ed  il  doc.  XXXI 
per  altro  esempio  di  ordini  della  regina  Costanza  in  quell'  anno  1283. 


OOXXI. 

1283,  settembre,  indizione  12a. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  'regno,  ordina 
al  milite  Bertrando  de  Béllopodio,  Tesoriere  del  regno  di  Sicilia, 
di  restituire  all'Ammiraglio  Loria  onde  trecento  di  oro,  del  peso 
generale. 

Si  ha  la  menzione  di  tale  documento  nell'altro  dell'Infante  Giacomo 
del  22  giugno  1284  per  i  conti  di  Loria  (Vedi  appresso).  Ne  riporto  qui 


—  543  —  (Appendice) 

le  espressioni  :  «  De  quibus  restitutis  sibi  per  Bertrandum  de  Bellopodio 
militem,  stratigotum  Messane  et  regni  Sicilie  thesaurarium,  ad  manda- 
timi nostrum  olim  infra  presentem  annum  duodecime  indictionis,  un- 
ciis  auri  trecentum  ponderis  generalis». 

La  precisa  indicazione  della  12*  indizione  per  la  data  dell'ordine  regio 
prova  che  esso  appartiene  al  settembre  1283 ,  perchè  allora  aveva  ini- 
zio l'indizione  suddetta,  ed  i  conti  presentati  dal  Loria  nel  1284  non  ol- 
trepassavano il  periodo  del  settembre  dell'anno  anteriore.  Sembra  che 
la  restituzione  di  quella  somma  avvenisse  per  un  mutuo  fatto  dal  Lo- 
ria a  favore  della  regia  Corte ,  leggendosi  nei  conti  del  1284  :  «  item 
quas  posuit  mutuasse  et  recepisse  mutuo  ab  amicis». 

Il  Bellopodio  era  stato  nominato  stratigoto  di  Messina  a  9  novembre 
1282  dal  Re  Pietro  I  (cfr.  Carini,  De  rebus  cit.  pag.  178 ,  e  Appendice 
di  Silvestri,  pag.  9,  per  il  testo).  Sostenne  vari,  importanti  e  difficili 
incarichi  per  il  suo  ufficio  in  quell'anno  e  nei  posteriori,  come  appare 
dai  documenti.  Vedasi  pure  sopra,  pag.  116,  135  e  138. 


OOXXII. 


1284,  giugno  22,  indizione  12»,  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  in  seguito 
alla  presentazione  dei  conti  fatta  dall'  Ammiraglio  dei  regni  di  A- 
ragona  e  Sicilia,  Ruggiero  Loria,  per  V  esercizio  del  suo  ufficio 
durante  il  periodo  da  aprile  a  settembre  1283 ,  approva  i  conti 
medesimi,  già  esaminati  nella  regia  gran  Corte  dei  Conti  da  Gio- 
vanni da  Procida,  Alaimo  da  Lentini  e  Matteo  di  Termini,  se- 
condo il  rito  dei  conti  e  la  consuetudine  del  regno  di  Sicilia,  e 
rilascia  ampia  e  generale  quietanza  (quietationis  apodixam),  con 
l'esplicita  riserva  del  sindacato  dell'amministrazione  dell'officio  di 
Ammiraglio,  da  eseguirsi  quando  sarà  ordinato  dal  Re  Pietro  I. 

Dai  conti  (che  sono  inseriti  nella  lettera  di  approvazione,  in- 
sieme al  privilegio  del  Re  Pietro  1  del  20  aprile  1283  di  nomina 
del  Loria  ad  Ammiraglio)  si  rileva  che  costui  presentò  un  qua- 
derno dell'introito  e  dell'  esito ,  ed  altri  tre  quaderni  in  lingua 
catalana  contenenti  gli  elenchi  dei  nomi  degli  iscritti  nell'armata 
(addubati)  in  Valenza,  Barcellona  e  Castellon. 

L'Ammiraglio  enumera  nella  parte  dell'introito  : 


(Appendice)  —  544  — 

a)  le  somme  di  danaro  ricevute  da  vari  ufficiali,  da  terre  di 
Calabria  e  del  Principato  per  riscatto  del  bottino  (prò  redemptio- 
ne  depopulationis  honorum  eorum)  e  da  Giudei ,  o  provenienti 
da  vendita  di  merci  o  da  stipulazione  di  mutui. 

b)  le  quantità  di  frumento,  di  biscotto  ed  altre  merci  ricevute 
per  approviggionamento  e  vitto  dei  marinai. 

La  somma  totale  dell'introito  è  in  onde  di  oro  8976.19.4  e  1\2. 
Enumera  nell'esito  i  pagamenti  eseguiti  : 

a)  per  i  nocchieri,  balestrieri  e  marinai  dei  vascelli  regi  per 
il  loro  stipendio,  indicando  le  varie  navi  nelle  quali  essi  trovansi, 
ed  i  nomi  dei  fornitori  delle  stesse. 

b)  per  i  calafati  ed  altri  lavoratori  nell'arsenale  di  Messina, 
e  per  i  corniti  delle  galere. 

e)  per  i  nocchieri  e  balestrieri  aragonesi  e  catalani  delle  ga- 
lere componenti  il  naviglio  regio,  distintamente  indicate. 

d)  per  il  Protontino  di  Messina  e  per  i  nocchieri  e  marinai 
delle  galere  armate  in  Messina  per  supplemento  dei  marinai  di 
Catalogna. 

e)  per  i  marinai  di  Messina,  in  supplemento  di  quelli  che  pe- 
rirono nel  combattimento  con  gli  Angioini  in  Malta. 

f)  per  confezione  di  biscotto,  macinazione  di  frumento  e  per 
commestibili  diversi,  ed  altre  minute  spese. 

g)  per  lo  stipendio  dell'  Ammiraglio  medesimo  ad  oncia  una 
di  oro  al  giorno. 

h)  per  vitto  giornaliero  di  corniti,  nocchieri  ed  altri. 

La  somma  totale  dell'esito  è  in  onde  di  oro  8803.  2. 17,  oltre 
le  quantità  enumerate  di  vettovaglie. 

L'Infante  Giacomo,  tenendo  ragione  che  alcune  somme  devono 
essere  restituite  al  Loria  per  mutui  da  lui  fatti,  od  escomputate 
per  altre  cause,  ordina  che  la  rimanente  somma  di  onde  207.29.18. 
sia  dal  Tesoriere  del  regno  rimborsata  al  Loria  (de  fiscali  pe- 
cunia). 

lacobus  Infans,  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  fìlius,  suus 
in  regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres,  ac  eius  in  eodem  re- 
gno generaliter  locurntenens.  Tenore  presentium  notum  facimus 
universis  quod  Rogerius  de  Lauria,  miles,  regnorum  Aragonum 
et  Sicilie  Ammiratus,  dilectus  consiliarius  et  devotus  noster,  pre- 
sens  in  magna  regia  Curia  ad  ponendum  de  eodem  officio  am- 


—  545  —  (Appendice) 

miratie  rationem  debitam  et  fìnalem,  coram  nobilibus  et  discretis 
viris  Iohanne  de  Procida,  Alaymo  de  Lentino  eiusdem  regni  ma- 
gistro  Iusticiario  et  Matheo  de  Thermis,  magne  regie  Curie  ma- 
gistro  Rationali,  dilectis  consiliariis,  familiaribus  et  devotis  no- 
stris,  super  examine  et  receptione  rationis  ipsius  statutis  per  il- 
lustrem  dominum  patrem  nostrum,  rationem- ipsam  a  vicesimo 
die  mensis  aprilis,  undecime  indictionis,  quo  die  ipsum  incepit 
exercere  Amiratie  offìcium,  usque  per  totum  mensem  septembris 
sequentis,  duodecime  indictionis,  posuit  in  hunc  modum  :  In  pri- 
mis ostendit  litteras  commissionis  sue,  sigillatas  sigillo  regio , 
que  restitute  sunt  sibi,  prò  eo  quod  est  in  eodem  officio,  conti- 
nentie  talis  : 

Petrus  dei  gratia  Aragonum  et  Sicilie  rex.  Per  presens  scri- 
ptum notum  facimus  universis  quod  nos,  attendentes  merita  pro- 
bitatis,  prudentie  et  devotionis  nobilis  Rogerii  de  Lauda,  dilecti 
militis,  consiliarii  ac  familiaris  nostri,  de  quibus  excellentia  no- 
stra plenam  gerit  flduciam  ab  experto  ,  offìcium  ammiratie  re- 
gni Gatalonie  et  Sicilie  eidem  duximus  tìducialiter  concedendum 
ac  exercendum  per  eumdem  ad  honorem  et  fidelità tem  culminis  no- 
stri ,  usque  ad  nostre  beneplacitum  voluntatis.  [Man]dantes  uni- 
versis et  singulis  hominibus  armate  eiusdem  quod  ipsi  Rogerio, 
tamquam  ammirato  nostro,  pareant  fideliter  et  intendant  in  om- 
nibus, quibus  ammiratis  predecessoribus  suis,  offìcium  ipsum  ge- 
rentibus ,  soliti  sunt  intendere  et  parere.  Dantes  et  concedentes 
eidem  Rogerio  plenariam  potestatem  faciendi,  si  oportuerit,  de  ho- 
minibus extolii  seu  armate  predicte,  et  de  omnibus  aliis  homini- 
bus, qui  sunt  de  foro  ammiratie  predicte,  et  racione  iuriura  ipsius 
officii,  tam  in  mari  quam  in  terra,  iustitias  civiles  et  criminales, 
et  omnia  alia  exercenda  circa  dictum  offìcium,  que  consueverunt 
exerceri  per  alios  ammiratos  ;  cui  ammirato  nostro  predicto  si- 
militer  concedimus  quod  habeat  et  percipiat  iura  omnia,  que  ad 
predictum  ammiratie  offìcium  spectare  noscuntur.  In  cuius  rei  te- 
stimonium  presens  privilegium  fieri  iussimus  et  sigillo  pendenti 
nostri  culminis  communiri.  Datum  Messane,  anno  domini  mille- 
simo ducentesimo  octuagesimo  tertio  ,  mensis  aprilis,  vicesimo 
eiusdem,  undecime  indictionis,  regnorum  nostrorum  Aragonum 
anno  septimo,  Sicilie  vero  primo. 

Item  assignavit  quaternos  subscriptos  videlicet  :  quaternum 
unum  generaliter  continentem  totum  introytum  et  exitum  officii 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  35 


(Appendice)  —  546  — 

sui  infra  predictum  tempus,  et  quatemos  tres  scriptos  littera  ca- 
talanisca  sine  sigillis,  in  quorum  uno  describitur  titulus,  conti- 
nens  quod  homines  in  eodem  quaterno  contenti  addubati  fuerunt 
in  Valencia  per  manus  Huguetti  Romanini ,  Thomasii  Valentini 
et  Petri  Stephani.  In  alio  quaterno  continentur  nomina  illorum, 
qui  addubati  fuerunt  in  Barcellonia ,  et  in  alio  continentur  no- 
mina illorum,  qui  addubati  fuerunt  in  Gastellione.  —  lntroytus.  — 
Ostendit  idem  ammiratus  per  predictum  quaternum  recepisse  per 
se,  magistrum  Virgilium  de  Gathania  et  certos  commissarios  suos 
infra  totum  predictum  tempus  a  quibusdam  officialibus  et  per- 
sonis,  in  quaterno  predicto  contentis,  per  diversas  vices  et  tem- 
pora ,  et  emisse  de  pecunia  Curie  existente  per  manus  suas  prò 
armatione  et  munitione  vassellorum  felicis  extolii  regii ,  ad  ge- 
nerale pondus,  cantarium  et  mensuram,  pecunie,  biscocti,  victua- 
lium  et  aliarum  rerum  quantitatem  subscriptam,  videlicet  :  Sep- 
timo  madii ,  undecime  indictionis ,  a  mercatoribus  genuensibus 
prò  iure  extractionis  frumenti  auri  uncias  mille.  Item  a  Bertrando 
de  Bellopodio,  milite,  stratigoto  Messane  et  regni  Sicilie  thesau- 
rario,  per  manus  suas  et  diversarum  personarum  solventium  sibi, 
nomine  et  prò  parte  ipsius,  a  nonodecimo  iunii  undecime  usque  per 
totum  vicesimum  tertium  septembris  duodecime  indictionis,  sicut 
constitit  per  antapocas  quinque,  sigillo  stratigoti  et  tbesaurarii 
munitas,  quas  Curie  assignavit,  auri  unciarum  sexmilia  quatrin- 
gentas  viginti  novem,  tarenos  duos  et  grana  quatuordecim.  Item 
ab  infrascriptis  terris  maritime  Calabrie  et  Principatus  ,  prò  re- 
demptione  depopulationis  honorum  eorum ,  subscriptam  pecunie 
quantitatem  videlicet  :  Ab  universitate  hominum  Citrarii  uncias 
septuaginta  quinque,  tarenos  duodecim  et  grana  decem.  Ab  uni- 
versitate hominum  Ravelli  uncias  centum.  Ab  universitate  Positani 
uncias  triginta.  Ab  universitate  Iscle  uncias  quatraginta.  Item  aput 
Maltam  per  manus  diversorum  marinariorum,  quas  acquisiverant 
in  conflictu  galearum  Provincialium,  uncias  viginti,  tarenos  vigin- 
ti sex  et  grana  tredecim.  Item  vicesimoquarto  madii,  undecime  in- 
dictionis, ab  almugavaris  deputatis  cum  eo,  prò  medietate  lucri  ac- 
quisiti per  eos  in  tribus  cavalcatis,  uncias  triginta  sex  et  tarenos 
sedecim.  Item  secundo  octubris,  undecime  indictionis,  de  venditio- 
ne  quorumdam  spoliorum  acquisitorum  per  quosdam  almugavaros 
in  portibus  Calabrie  et  Principatus  cum  galeis  extolii  regii,  uncias 
quatraginta  duas.  Item  vicesimo  octavo  madii,  eiusdem  undecime 


—  547  —  (Appendice) 

indictionis,  ab  universitate  Iudeorum  Messane,  in  quibus  tenetur 
prò  pictura  galee  rubee,  uncias  tres.  Item  ab  octavo  iunii  usque  per 
totum  primum  augusti,  indictionis  eiusdem,  per  manus  quorum- 
dam  comitorum,  de  venditione  quaruradam  rerum  venditarum  per 
eum,  de  mandato  illustris  domine  regine  domine  matris  nostre,  ut 
ponit,  ad  idem  pondus  uncias  centum  sexaginta  octo.  Item  quinto- 
decimo iunii,  undecime  indictionis,  de  venditione  salmarum  ordei 
quatringentarum,  receptarum  per  eum  a  Guichono  de  Rustico  de 
Messana,  et  venditarum,  ut  ponit,  de  mandato  diete  regine  ore- 
tenus  sibi  facto,  ad  rationem  quatuor  tarenorum  per  salmam,  un- 
cias quinquaginta  tres  et  tarenos  decem.  Item  ponit  mutuasse  de 
proprio  et  recepisse  mutuo  ab  amicis  ,  tam  de  iure  contingente 
lacobum  Peri,  olim  Ammiratum,  quam  prò  iure  suo  debito  sibi 
a  singulis  marinariis  et  personis  armate  regie,  in  defectu  pecunie 
Curie  non  existentis  per  manus  suas,  ut  ponit,  uncias  quingentas 
octoginta  octo,  tarenos  sex  et  grana  quinque  et  dimidium. —  Sum- 
ma  introyttis  predicte  pecunie  unciarum  octomilia  septingente  no- 
naginta  sex ,  tareni  decem  et  novem  et  grana  quatuor  et  me- 
dium. —  Introytus  frumenti.  —  Item  nono  madii,  eiusdem  unde- 
cime indictionis ,  recepit  a  predicto  Stratigoto ,  per  manus  pre- 
dicti  magistri  Mathei  de  Thermis,  magne  regie  Curie  magistri  Ra- 
tionalis,  Iaconie  de  Policio  militis  et  Andree  de  Milite,  aput  Ther- 
mas ,  frumenti  salmas  quatringentas.  Item  eodem  die ,  ibidem  , 
ab  Andrea  Amalfitano,  procuratore  dicti  Iaconie  de  Policio,  mi- 
litis, quas  emit  ab  eodem,  frumenti  salmas  centum.  Item  quarto 
iunii,  eiusdem  undecime  indictionis,  aput  Messanam,  recepit  ab 
eodem  Stratigoto  frumenti  salmas  quinquaginta.  Item  aput  Ca- 
thaniam,  ab  Andrea  de  Precida,  procuratore  maioris  cathanien- 
sis  Ecolesie ,  frumenti  salmas  centum  sexaginta  quinque.  Item 
vicesimo  nono  augusti,  undecime  indictionis,  aput  Messanam,  a 
notario  Rogerio  de  Syracusia ,  una  eum  sociis  in  anno  proximo 
preterito,  undecime  indict.  [Secreto]  et  magistro  procuratore  ci  tra 
flumen  Salsum,  delatas  ab  Heraclea  in  Messanam  eum  quadam  te- 
nda Curie ,  per  manus  notarii  Iohannis  de  Notario  Philippo , 
nuntii  sui,  ad  mensuram  Messane  frumenti  salmas  trecentas  qua- 
tuordecim  et  [t.]  duodecim.  —  Stimma  introytus  predicti  frumenti 
salme  mille  viginti  novem  et  thumini  duodecim.  —  Introytus 
hiscocti. — In  primis  ostendit  per  eumdem  quaternum  se  recepisse 
a  Garsia  de  Laurencio,  statuto  per  dominum  regem  super  confi- 


(Appendice)  —  548  — 

ciendo  biscocto  Curie,  per  diversas  vices,  ad  generale  cantarium 
biscocti  cantarla  sexcenta  viginti  quatuor  et  rotulos  nonaginta. 
Item  a  quintodecimo  iulii  usque  per  totum  quartumdecimum  au- 
gusti, eiusdem  undecime  indictionis,  a  Balduchio  Formagio,  sta- 
tuto per  eundem  super  faciendo  biscotto  Curie  in  Cathania  ,  de 
frumento  assignato  eidem  ammirato  per  predictum  Andream  de 
Procida,  ad  generale  cantarium  biscocti  cantarla  ducenta  viginti. 
Item  a  comito  Peregrino  de  Amalfia,  statuto  super  faciendo  fieri 
biscocto  Curie  in  Messana,  per  diversas  vices ,  ad  generale  can- 
tarium biscocti  cantaria  duomilia  quingenta  sexagintaquinque  et 
rotulos  triginta  tres ,  panuum  tria  milia  ducenta  quinquaginta 
sex.  —  Summa  introytus  predicti  biscocti  cantaria  tria  milia  qua- 
tringenta  decem  et  rotulos  viginti  tres.  —  Introytus  diversarum 
rerum.  Ponit  emisse  prò  munitione  et  armati one  vassellorum  ip- 
sorum  ,  potu  et  companagio  personarùm  navigantium  in  vassel- 
lis  eisdem,  ad  diversam  rationem  in  quaterno  predicto  contentam, 
armorum  et  rerum  quantitatem  subscriptam  ,  videlicet  :  sciita  et 
pavisia  septuaginta,  casei  cantaria  trecenta  ,  carnium  sallitarum 
cantaria  quindecim,  vini  salmas  quingentas  et  decem,  olei  cafìsia 
triginta  novem,  candelarum  rotulos  quinquaginta  duos,  cicerum 
salmas  quatuor,  fabarum  salmas  quatuor. — Summa  totius  predicti 
introytus  auri  uncie  octomilia  septingente  nonaginta  sex,  tareni 
decem  et  novem,  et  grana  quatuor  et  dimidium,  frumenti  salme 
mille  viginti  novem  et  thumini  duodecim,  biscocti  cantaria  tria 
milia  quatringenta  decem  et  rotuli  viginti  tres ,  panuum  recen- 
tium  tria  milia  ducenti  quinquagintasex,  armorum  et  aliarum  re- 
rum quantitas  predicta. 

Exitus.  —  Ostendit  idem  ammiratus  per  eumdem  quaternum 
solvisse  et  solutum  fuisse  naucleriis  ,  balistariis ,  marinariis  et 
personis  aliis  navigantibus  cum  predictis  vassellis  regiis ,  prò 
solidis  eorum  mensium  sex,  videlicet  novembris,  decembris,  ia- 
nuarii,  februarii,  marcii  et  aprelis  proximo  preteritorum,  eiusdem 
undecime  indictionis,  qui  erant ,  ut  idem  quaternus  continet ,  a 
Curia  recepturi ,  facta  deductione  quibusdam  ex  eis  de  summa 
solidorum  predictorum  eis  per  Curiam  debitorum  ,  tam  prò  pe- 
cunia eis  soluta  per  Curiam,  cum  ad  certa  viagia  et  servitia  Cu- 
rie cum  aliquibus  vassellorum  ipsorum  transmissi  fuerunt,  quam 
etiam  propter  absentiam  eorumdem  a  serviciis  regiis  cuiusdam 
temporis  spatio,  quorum  omnium  nomina  et  cognomina  et  quan- 


—  549  —  (Appendice) 

titas  pecunie  singulis  ipsorum  soluta  et  deducta,  prò  quibus  via- 
giis,  quid  et  quantum  prò  quolibet,  et  tempus  quo  absentes  fue- 
runt  ab  eisdem  serviciis  Curie,  cum  distinctione  pecunie  deducte 
eis  propterea,  in  eodem  quaterno  distincte  et  particulariter  con- 
tinetur ,  de  predicta  pecunia  Curie  existenti  per  manus  suas  ad 
generale  pondus  subscriptam  pecunie  quantitatem  videlicet  :  ba- 
listariis  Tortose  centum  decem  et  octo ,  qui  fuerunt  de  numero 
personarum  navigantium  in  vassellis  predictis ,  sicut  idem  qua- 
ternus  continet ,  prò  solidis  eorum  sex  mensium  predictorum  , 
facta  deductione  quibusdam  ex  eis  ,  ut  supra  distinguitur ,  ad 
diversam  rationem  in  eodem  quaterno  contentam  ,  uncias  qua- 
tringentas  decem  et  novem  ,  tarenos  viginti  duos  et  grana  sede- 
cim.  Item  societati,  que  erat  in  ligno  Imperillade,  que  sunt  per- 
sone quinquaginta  novem  ,  facta  deductione  quibusdam  ex  eis  , 
ut  supra  distinguitur  :  uncias  centum  quatuor,  tarenos  et  grana 
unum.  Item  naucleriis,  balistariis  et  rimeriis  de  galea  Bernardi 
Carboni,  facta  deductione  quibusdam  ex  eis,  modo  predicto,  un- 
cias centum  quatraginta  tres,  tarenos  quatuor  et  grana  sedecim. 
Item  naucleriis  ligni  Tayan,  qui  sunt  numero  tres,  facta  ut  su- 
pra deductione  quibusdam  ex  eis,  uncias  decem,  tarenos  viginti 
tres.  Item  naucleriis  ,  balistariis  et  rimeriis  de  galea  Thomasii 
Valentini ,  facta  ut  supra  deductione  quibusdam  ex  eis ,  uncias 
ducentas  quatraginta  quatuor ,  tarenos  viginti  quatuor  et  grana 
octo  et  dimidium.  Item  naucleriis,  balistariis  et  rimeriis  de  galea 
Borras  Barcelli,  facta  deductione  ut  supra  quibusdam  ex  eis,  un- 
cias ducentas  viginti  quinque,  tarenos  undecim.  Item  naucleriis, 
balistariis  et  rimeriis  de  galea  Raymundi  Insigaroli ,  facta  de- 
ductione quibusdam  ex  eis  ut  supra ,  uncias  centum  sexaginta , 
tarenos  duos  et  grana  sedecim.  Item  hominibus  teride  Royg  pi- 
sani ,  facta  ut  supra  deductione  quibusdam  ex  eis  ,  uncias  qua- 
traginta septem  ,  tarenos  viginti  quatuor.  Item  naucleriis  ,  bali- 
stariis et  rimeriis  de  galea  Bernardi  Bacie  ,  facta  deductione  ut 
supra  quibusdam  ex  eis ,  uncias  ducentas  triginta  tres ,  tarenos 
decem  et  octo  et  grana  tredecim.  Item  balistariis  et  personis  aliis 
de  galea  dicti  ammirati ,  facta  ut  supra  deductione  quibusdam 
ex  eis ,  uncias  quinquaginta  quinque ,  tarenos  quindecim.  Item 
tubatoribus  ,  qui  fuerunt  cum  regio  extolio  galearum  ipsarum  , 
uncias  decem  et  octo  et  tarenos  viginti  octo.  Item  naucleriis,  ba- 
listariis et  rimeriis  de  galea  Guillelmi  Carboni,  facta  ut  supra  de- 


(Appendice)  —  550  — 

ductione  quibusdam  ex  eis,  uncias  ducentas  decem,  tarenos  no- 
vem.  Item  naucleriis ,  balistariis  et  rimeriis  de  galea  Marsilie , 
facta  ut  supra  deductione  quibusdam  ex  eis,  uncias  ducentas  tri- 
ginta  septem,  tarenos  septem.  Itetn  naucleriis,  balistariis  et  per- 
sonis  allis  de  galea  Petri  Nigri ,  facta  deductione  ut  supra  qui- 
busdam ex  eis  ,  uncias  centum  quinquaginta  quinque  ,  tarenum 
unum  et  grana  decem.  Item  naucleriis,  balistariis  et  personis  a- 
liis  de  galea  Gilionis ,  facta  deductione  ut  supra  quibusdam  ex 
eis,  uncias  centum  nonaginta  septem,  tarenos  viginti  sex  et  grana 
decem  et  octo.  Item  naucleriis,  balistariis  et  personis  galee  Pe- 
tri Ferrerii,  facta  ut  supra  deductione  quibusdam  ex  eis,  uncias 
centum  septuaginta  tres,  tarenos  decem  novem  et  grana  quatuor. 
Item  naucleriis,  balistariis  et  rimeriis  de  galea  Guillelmi  Malgra- 
nerii ,  facta  ut  supra  deductione  quibusdam  ex  eis ,  uncias  cen- 
tum quatraginta  duas,  tarenos  sedecim  et  grana  decem .  Item  nau- 
cleriis, balistariis  et  rimeriis  de  galea  Iacobi  Ferrantis,  facta  ut 
supra  deductione  quibusdam  ex  eis,  uncias  centum  sexaginta  tres, 
tarenos  viginti  quinque  et  grana  octo.  Item  naucleriis  ,  balista- 
riis et  rimeriis  de  galea  Petri  Thomasii,  facta  ut  supra  deductione 
quibusdam  ex  eis  ,  uncias  ducentas  viginti  tres ,  tarenos  decem 
et  septem  et  grana  sedecim.  Item  naucleriis,  balistariis  et  rime- 
riis de  galea  Iohannis  de  Santo  Felice,  facta  ut  supra  deductione 
quibusdam  ex  eis,  uncias  ducentas  viginti  novem,  tarenos  decem 
et  septem  ,  et  grana  quatuor.  Item  n.  b.  et  r.  de  g.  Raimundi 
Thomasii  fac.  etc,  uncias  centum  sexaginta  duas,  tarenos  sex  et 
grana  quatuordecim.  Item  n.  b.  et  r.  de  g.  Guillelmi  de  Ripalta 

f uncias  centum  quatragintaquinque,  tarenos  quinque  et 

grana  octo.  Item  ....  Bernardi  Palet  .  .  .  .  u.  .  .  centum  tri- 
ginta  quatuor  t.  quatuor  et  g.  decem  et  octo  et  dimidium.  Item 

n Importagere  f.  .  .  u.  .  .  centum  septuaginta  novem  t 

tres  et  grana  sedecim.  Item  ....  de  ligno  Ferrerii  de  Mora  u. 
sexaginta  tres,  t.  viginti  octo  et  gr.  sedecim.  Item  ponit  per  qua 
ternum  eundem  se  solvisse  certis  calafatis  et  personis,  qui  labo 
raverunt  in  regio  tarsianatu  Messane  ,  qui  sunt  numero  viginti 
septem,  quorum  nomina  et  quantitas  pecunie  cuilibet  eorum  so 
luta  in  eodem  quaterno  particulariter  continentur ,  facta  dedu- 
ctione quibusdam  ex  eis  modo  predicto  prò  solidi s  eorum,  predi- 
ctorum  sex  mensium,  uncias  sexaginta  quinque,  tarenos  sedecim 
et  grana  quatuordecim  et  dimidium.  Item  ponit  per  quaternum 


—  551  —  (Appendice) 

euradem  solvisse  comitis  galearum  predictarum,  qui  sunt  numero 
viginti  duo,  prò  solidis  eorum  diversi  et  variati  temporis  ,  quo- 
rum nomina ,  quantitatem  pecunie  cuilibet  eorum  solutam ,  prò 
quo  tempore  et  ad  quam  rationem  particulariter  quaternus  ipse 
distinguit,  facta  summa,  uncias  centum  octuaginta  octo  et  tare- 
nos  decem.  Item  ponit  per  quaternum  eurndem  solvisse  certis  na- 
varolis  ,  qui  sunt  numero  centum  triginta  quatuor  ,  prò  solidis 
eorum  infrascriptorum  septem  mensium,  videi icet  octubris,  novem- 
bris,  decembris,  ianuarii,  februarii,  martii  et  aprilis  ,  undecime 
indictionis ,  ad  diversam  rationem  ,  facta  deductione  modo  pre- 
dicto  quibusdam  ex  eis  ,  quorum  nomina  ,  quantitatem  pecunie 
cuilibet  eorum  solutam  atque  deductam  .  et  ad  quam  rationem , 
quaternus  predictus  particulariter  distinguit,  uncias  trecentas  se- 
decim,  tarenos  octo  et  grana  septem.  Item  ponit  per  quaternum 
eurndem  solvisse  navarolis  quatuor ,  nominatis  in  quaterno  pre- 
dicto,  prò  solidis  eorum  quatuor  mensium,  scilicet  dictorum  octu- 
bris, novembris,  decembris  et  ianuarii,  qui  receptis  solidis  eorum 
prò  predicto  tempore ,  ab  armata  regia  fugierunt ,  ut  ponit ,  ad 
diversam  rationem  in  eodem  quaterno  contentami,  uncias  quatuor 
et  tarenos  decem  et  octo.  Summa  totius  prediate  pecunie  solute  tam 
predictis  naucleriis,  balistariis  ,  marinariis  et  personis  aliis  pre- 
dictorum  vassellorum  ac  calafatis  et  personis  ,  qui  laboraverunt 
in  dicto  tarsianatu  Messane,  prò  solidis  eorum  dictorum  sex  men- 
sium ,  quam  dictis  comitis  et  navarolis  prò  solidis  eorum  tem- 
poris predistincti  :  unciarum  quatuor  milia  sexcente  quinquaginta 
septem,  tarenus  unus  et  grana  decem  et  septem.  Item  ponit  per  qua- 
ternum eurndem  solvisse  certis  naucleriis,  balistariis  et  personis 
aliis  aragonensibus  et  catalanis,  deputatis  per  ipsum  ammiratum 
ad  armationem  subscriptorum  vassellorum  dicti  extolii  regii,  prò 
solidis  eorum  duorum  mensium,  scilicet  iunii  et  iulii,  diete  un- 
decime indictionis ,  ad  certam  rationem ,  servitio  mensis  madii 
quo  servierunt  regie  Curie  relaxato  ,  quorum  nomina,  quantitas 
pecunie  cuilibet  eorum  soluta  et  ad  qua  rationem,  in  eodem  qua- 
terno particulariter  continentur,  computata  quadam  modica  quan- 
titate  pecunie  aliquibus  ex  personis  eisdem  soluta  prò  sequenti- 
bus  mensibus  augusti  et  septembris,  prout  distinguit  quaternus 
predictus ,  ad  generale  pondus  quantitatem  pecunie  subdistin- 
ctam,  videlicet  naucleriis,  balistariis  et  marinariis  deputatis  cum 
galea  dicti  ammirati  :  uncias  sexaginta  duas,  tarenos  viginti  no- 


(Appendice)  —  552 


vem  et  grana  quatuor.  Rem  naucleriis,  balistariis  et  personis  aliis 
deputatis  in  ligno  Ferrerii  de  Mora  :  uncias  viginti  duas,  tarenos 
viginti  sex  et  grana  quatuor.  Item  nau.  b.  et  p.  a.  d.  cum  li- 
gno Bernardi  Intayan  uncias  deeem  et  novem ,  tarenos  septem 
et  grana  octo.  Ttem  n.  b.  et  p.  al.  in  ligno  Guillelmi  Carboni 
uncias  septuaginta  octo  et  tarenos  octo.  Item  naucleriis,  balista- 
riis et  marinariis  deputatis  in  ligno  Incanaldi  uncias  viginti  sep- 
tem et  tarenos  septem.  Item  balistariis  et  rimeriis  deputatis  in 
galea  protbontini  communitatis  Corsice  :  uncias  triginta  quinque 
et  tarenos  novem.  Item  naucleriis,  balistariis  et  rimeriis  deputa- 
tis in  galea  lacomi  Ferrantis  :  uncias  sexaginta  quinque,  tarenos 
tres  et  grana  octo.  Item  nau.  ball,  et  marinariis  dep.  in  gal.  Mar- 
silie  uncias  octuaginta  quatuor  et  tarenos  octo.  Item  trumbato- 
ribus  decem  et  novem  euntibus  inpredicta  armata  regia,  uncias 
novem  et  tarenos  duos.  Item  balistariis  tri  bus  deputatis  in  galea 
lmperillade  uncias  tres  et  tarenos  septem.  Item  nau.  ball.  et.  mari, 
dep.  in  galea  Guillelmi  Malgranerii  uncias  septuaginta  et  unam, 
et  tarenos  decem  et  septem.  Item  naucleriis,  bai.  et  rim.  dep.  in 
gal.  Bernardi  Carboni  uncias  octuaginta  novem,  tarenos  viginti 
novem  et  grana  quinque.  Item  nau.  ball.  et.  rimer.  dep.  in  gal. 
Raymundi  Thomasii  u.  sexaginta  sex,  [tarenos]  decem  et  octo  et 
gr.  octo.  Item.  nau.  bai.  et  rim.  dep.  in  gal.  Petri  Thomasii  u. 
octuaginta  quatuor,  t.  viginti  novem  et  g.  duodecim.  Item  n.  bai. 
et  rim.  dep.  in  gal.  Raymundi  Insigarole  u.  octuaginta  et  tria  , 
tarenos  viginti  sex  et  gr.  octo.  Item  n.  b.  et  r.  dep.  in  galea  Gi- 
lionis  u.  septuaginta  octo,  t.  quatuor  et  g.  octo.  I.  n.  b.  et  r. 
d.  in  g.  Bernardi  Bacie  u.  septuaginta  novem,  tar.  novem.  I.  n. 
b.  et  r.  d.  in  gal.  Iohannis  de  Santo  Felici  u.  octuaginta  quin- 
que, t.  sedecim  et  g.   sedecim.   Item Thomasii   Valentini  u. 

octuaginta  unam,  t.  decem  et  8  et  gr.  sedecim.  1...  Petri  Ferrerii 
Atroner  prò  solidis  eorum  unius  ex  predictis  duobus  mensibus  u. 
quinquaginta  et  t.  viginti  et  g.  quatuordecim.  I...  Guillelmi 
Ripalta  prò  solidis  eorum  predicti  mensis  unius  u.  decem  et 
novem  et  t.  septem.  I....  Importagere  et  lacobini  prò  solidis 
eorum  predicti  mensis  unius  u.  viginti  octo,  t.  viginti  duos  g. 
sedecim.  I...  Bernardi  Palet  prò  solidis  eorum  dicti  mensis  u. 
decem  et  septem,  t.  7.  I...  Borras  Barcelli  prò  solidis  eorum  dicti 
mensis  unius  u.  triginta  tres,  t.  tredecim  et  g.  sex.  I.  Petri  Ni- 
gri  prò  solidis  eorum  dicti  mensis  unius  u.   viginti   tres  et   g. 


—  553  —  (Appendice) 

undecim.  Item  ponit  per  quaternum  eumdem  solvisse  quibusdam 
hominibus  Antikide  Tenes ,  qui  sunt  numero  viginti  quatuor , 
qui  non  iverunt,  ut  ponit,  cum  armata  regia  ,  set  fuerunt  de- 
putati ad  deferendum  lignamina  ad  opus  regii  tarsianatus  Mes- 
sane ,  et  ad  deferendum  frumentum  ab  Heraelea  et  Licata  aput 
Messanam  prò  confìciendo  biscocto  Curie  prò  armata  regia,  prò 
solidis  eorum  predictorum  duorum  mensium,  scilicet  iunii  et  iu- 
lii  ,  quorum  nomina  et  quantitas  pecunie  cuilibet  eorum  soluta 
distinguntur  in  quaterno  predicto,  facta  summa,  uncias  quinde- 
cim  et  tarenos  sex.  Summa  totius  predicie  pecunie  solute  predi- 
ctis  personis  ,  tam  prò  solidis  predictorum  duorum  mensium  iu- 
nii et  iulii,  quam  unius  ex  predictis  duobus  mensibus  ut  supra 
distinguitur,  nec  non  et  predictis  aliis  personis,  que  non  iverunt 
cum  armata  regia,  sed  deputati  fuerunt  ad  dieta  alia  servicia  Cu- 
rie ,  uncie  mille  trecente  viginti  quatuor,  tareni  viginti  tres  et 
grana  decem  et  octo.  Item  ponit  per  quaternum  eumdem  solvisse 
naucleriis  ,  balistariis  ,  trumbatoribus  et  rimeriis  de  subscriptis 
vassellis  eiusdem  extolii  regii;  prò  solidis  eorum  subscripti  tem- 
poris  infra  menses  augusti  undecime  et  septembris  duodecime 
indictionis ,  ad  diversam  rationem  ,  quorum  omnium  nomina  , 
quantitatem  pecunie  cuilibet  eorum  solutam,  prò  quo  tempore  et 
ad  quam  rationem  dictus  quaternus  particulariter  conti  net ,  ad 
generale  pondus  subscriptam  pecunie  quantitatem,  videlicet  :  ba- 
listariis et  rimeriis  de  galea  ammirati  prò  solidis  eorum  totius 
mensis  augusti  undecime  et  dierum  viginti  unius  sequentis  men- 
sis  septembris,  duodecime  indictionis,  uncias  quatraginta  septem, 
tarenos  quatuordecim.  Item  nau.  b.  et  r.  de  g.  Raymundi  Insi- 
garoli,  prò  solidis  eorum  dicti  mensis  augusti  et  predictorum  die- 
rum decem  et  octo  mensis  septembris  eiusdem,  uncias  quinqua- 
ginta  sex,  tarenos  quatuor  et  grana  novem.  Item  trumbatoribus 
euntibus  in  eodem  extolio,  prò  solidis  eorum  dicti  mensis  augu- 
sti et  predictorum  dierum  decem  et  octo  septembris,  uncias  quin- 
que  et  tarenos  tres.  Item  n.  b.  et  r.  galee  Marsilie  prò  solidis 
eorum  dicti  mensis  augusti  et  dierum  viginti  unius  dicti  sep- 
tembris, uncias  septuaginta,  tarenos  viginti  novem.  Item  n.  b.  et 
r.  ligni  Incanaldi,  prò  solidis  eorum  dicti  mensis  augusti  et  die- 
rum viginti  unius,  uncias  viginti  duas,  tarenos  novem  et  grana 
duo  et  dimidium.  Item  n.  b.  et  r.  galee  Albo  protbontini  Mes- 
sane ,  prò  eodem  tempore  ,  uncias  viginti  octo  ,   tarenos   viginti 


(Appendice)  —  554  — 

septem  et  grana  duo.  Item  n.  b.  et  r.  galee  Gilii.  prò  solidis  eo- 
rum  dicti  temporis ,  uncias  quinquaginta  octo  ,  taretios   sex   et 
grana  decem  et  octo.  Item  n.  b.  et  r.  galee  Guillelrni   Carboni , 
prò  solidis  eorum  ipsius  temporis,  uncias  quinquaginta   novem, 
tarenos  quinque  et  grana  octo.  Item  n.  b.  et  r.   galee   Bernardi 
Carboni,  prò  solidis  eorum  dicti  temporis,  uncias  sexaginta  octo, 
tarenos  viginti  septem  et  grana  duodecim.  Item  n.  b.  et  r.  galee 
Bernardi  Bacie  prò  eodem  tempore,  uncias  quinquaginta  novem, 
tarenos  quindecim  et  grana  duodecim    et  dimidium.    Item  n.  b. 
et  r.   galee  Guillelrni  Malgranerii  prò  eodem  tempore ,    uncias 
quinquaginta  tres ,  tarenos  viginti  quatuor  et  grana   quatuorde- 
cim.  Item  n.  b.  et  r.  galee  Raymundi  Thomasii  prò  eodem  tem- 
pore ,  uncias  quatraginta  sex  ,  tarenos  quatuor  et  grana  decem 
et  octo.  Item  n.  b.  et  r.   vasselli  Intallani  prò  eodem  tempore, 
uncias  quatuordecim  ,   tarenos  viginti  quinque.   Item  Bernardo 
Imparillade  comito  et  balistariis  galee  sue ,   prò  solidis  eorum 
dicti  temporis,  uncias  novem,  tarenos  octo  et  grana  quatuor.    I- 
tem  certis  personis  galee  Thomasii  Valentini,  prò  solidis  eorum 
dierum  viginti  eiusdem  mensis  augusti,  qui  prò  eo  quod  dieta  ga- 
lea ivit  Cataluniam  ,  servierunt  in  vacceta,  quam  ducebat  Infir- 
riolus  prò  dicto  tempore  ,  unciam  unam,  tarenos  viginti   sex  et 
grana  quinque  et  dimidium.  Summa  totius  predicte  pecunie  solute 
predictis  personis,  prò  solidis  eorum  dicti  temporis  infra  eosdem 
menses  augusti  et  septembris,  uncie  octingente  quinque  ,  tareni 
quindecim  et  grana  decem  et  novem  et  dimidium.  Item  ponit  i- 
dem  ammiratus  per  quaternum  eumdem  se  solvisse  tam  prothon- 
tino  Messane,  quam  certis  naucleriis,  b.  et  r.  de  novo  conductis 
et  deputatis  per  eum  in  vassellis  extolii  regii  ,  armatis  per  eum 
in  civitate  Messane ,  prò  supplemento  personarum  de  Catalunia 
defìcientium  armationi  et  naviga tioni   vassellorum   ipsorum  ,   ad 
diversam  rationem  prò  subscripto  tempore,  quorum  conductorum 
nomina,  quantitatem  pecunie  cuilibet  eorum  solutam  et  ad  quam 
rationem  d ictus  quaternus  particulariter  distinguit ,  ad  generale 
pondus  subscriptam  pecunie  quantitatem.   In  primis  marinariis 
sexcentis  quinquaginta  uno,  tam  de  Messana  ,  quam  quibusdam 
aliis  terris  Sicilie,  prò  mensibus  duobus  numeratis  a  quarto  iu- 
nii,  quo  die  vassella  extolii  regii  recesserunt  de  portu  Messane, 
usque  per  totum  quintum  sequentis   mensis  augusti ,   undecime 
indictionis ,  ad  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  decem  prò 


—  555  —  (Appendice) 

quolibet  eorum  per  mensem  ,  uncias  trecentas  vigintiquinque  et 
tarenos  quindecim.  Item  marinariis  catalanis  viginti  octode  novo 
conductis  in  Messana,  eo  quod  in  quaterno  armate  facte  in  Ca- 
tatonia non  fuerunt  reperti  scripti,  et  tamen  constitit  eidem  am- 
mirato, sicut  ponit,  eos  in  serviciis  regiis  moram  continue  protra- 
xisse,  prò  solidis  eorum  eis  debitis  prò  diverso  et  variato  tem- 
pore in  eodem  quaterno  distincto.  uncias  viginti  tres  et  tarenos 
sedecim.  Item  marinariis  de  Messana  viginti  novem  prò  mensi- 
bus  duobus  numeratis  a  vicesimo  primo  iunii ,  undecime  indi- 
ctionis,  in  antea,  ad  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  decem 
prò  quolibet  eorum  per  mensem  ,  uncias  quatuordecim  et  ta- 
renos quindecim.  Item  marinariis  de  Messana  sexdecim  prò  men- 
sibus  duobus,  numeratis  a  vicesimo  octavo  predicti  mensis  iunii 
in  antea,  ad  eamdem  rationem  :  uncias  octo.  Item  balistariis  ca- 
talanis septem  de  novo  conductis  per  eum  in  Messana,  eo  quod 
in  quaterno  armate  facte  in  Gatalonia  non  fuerunt  reperti  scripti, 
tamen  constitit  eidem  ammirato,  ut  ponit  per  eumdem  quaternum, 
eos  in  serviciis  regiis  moram  continue  protraxisse,  prò  solidis  eo- 
rum eis  debitis  prò  diverso  tempore,  in  eodem  quaterno,  distincto  : 
uncias  undecim  et  tarenos  quatuordecim.  Item  naucleriis  siculis 
octo  prò  solidis  eorum  duorum  mensium,  numeratorum  a  quinto 
iunii  in  antea,  ad  diversam  rationem  in  eodem  quaterno  notatam: 
uncias  octo  et  tarenos  decem.  Item  pedotis  duobus  prò  eisdem 
duobus  mensibus,  ad  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  decem 
prò  quolibet  eorum  per  mensem  :  unciam  uuam  et  tarenos  quin- 
decim. Itera  marinariis  de  Panormo  quatraginta  uni ,  conductis 
primo  iulii,  undecime  indictionis ,  prò  mensibus  duobus  nume- 
ratis ab  eodem  priuio  iulii  in  antea ,  ad  eamdem  rationem  de 
tarenis  septem  et  granis  decem  prò  quolibet  eorum  per  mensem  : 
uncias  viginti ,  tarenos  quindecim.  Item  marinariis  de  Messana 
centum  sexaginta  septem  conductis  per  eumdem  ammiratum  et 
deputatis  in  galeis  et  aliis  vassellis  Curie,  prò  supplemento  perso- 
narum  deficientium  in  eisdem  post  conflictum  galearum  Provin- 
cialium  in  Malta,  prò  toto  mense  augusti,  undecime  indictionis, 
ad  eamdem  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  decem  prò  quo- 
libet ipsorum,  prò  predicto  mense:  uncias  quatraginta  unam,  ta- 
renos viginti  duos  et  grana  decem.  Item  marinariis  centum  vi- 
ginti uno  conductis  et  deputatis  per  eumdem  ammiratum  in  pre- 
dictis  galeis  et  vassellis  Curie,  prò  supplemento  personarum  de- 


(Appendice)  —  556  — 

flcientiuni  in  eisdem  post  conflictum  Provincialiurn  predictorum, 
prò  mensibus  duobus  a  primo  dicti  mensis  augusti  in  antea  nu- 
meratis ,  ad  eamdem  rationem  :  uncias  sexaginta  et  tarenos 
quindecim.  Item  marinariis  trecentis  septuaginta  novem  de  Mes- 
sana  et  quibusdam  aliis  terris  Sicilie,  conductis  per  eumdera  ain- 
miratum,  prò  solidis  eorum  unius  mensis,  a  sexto  predicti  men- 
sis augusti  in  antea  numerati,  que  fuerunt  in  serviciis  regiis  cum 
vassellis  eisdem,  uncias  nonaginta  quatuor,  tarenos  viginti  duos 
et  grana  decem.  Item  naucleriis  viginti  duobus  de  Messana  prò 
solidis  eorum  eiusdem  mensis  augusti,  ad  rationem  de  tarenis  vi- 
ginti prò  quolibet  eorum  ,  prò  mense  predicto  :  uncias  quatuor- 
decim  et  tarenos  viginti.  Item  naucleriis  duobus  de  Messana  prò 
solidis  eorum,  eiusdem  mensis ,  ad  rationem  de  tarenis  quinde- 
cim prò  quolibet  eorum  per  mensem  ,  unciam  unam.  Item  nau- 
cleriis quatuor  de  Syracusia  conductis  prò  supplemento  nauclerio- 
rum  de  Gatalonia,  prò  solidis  eorum  mensium  duorum,  a  primo 
dicti  mensis  augusti  in  antea  numeratorum,  ad  rationem  de  ta- 
renis quindecim  prò  quolibet  eorum  per  mensem,  uncias  quatuor. 
Item  balistariis  catalanis  viginti  septem  conductis  per  eum  prò  sup- 
plemento aliorum  balistariorum  de  Catalunia,  prò  duobus  mensi- 
bus a  primo  dicti  augusti  in  antea  numeratis,  ad  diversam  ratio- 
nem in  eodem  quaterno  distinctam,  uncias  viginti  septem  et  tarenos 
viginti.  Item  marinariis  centum  septem  de  Messana,  prò  solidis 
eorum  mensis  septembris,  undecime  indictionis,  ad  rationem  de 
tarenis  septem  et  granis  decem  prò  quolibet,  uncias  viginti  sex, 
tarenos  viginti  duos  et  grana  decem.  Item  marinariis  duodecim 
de  Messana,  prò  solidis  eorum,  dierum  decem  et  octo  numerato- 
rum  a  primo  dicti  septembris  in  antea  ,  ad  rationem  de  tarenis 
quatuor  et.  granis  decem  prò  quolibet  eorum  ,  prò  predictis  die- 
bus  decera  et  octo,  unciam  unam  et  tarenos  viginti  quatuor.  Item 
marinariis  siculis  trecentis  quindecim  prò  solidis  eorum  diversi 
temporis ,  infra  dictum  mensem  septembris  ,  in  eodem  quaterno 
distincti,  ad  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  decem  prò  quo- 
libet eorum  per  mensem,  uncias  quatraginta  quinque,  tarenos  sex 
et  grana  quindecim.  Item  naucleriis  viginti  quinque  et  comito 
uno  eiusdem  vaccette  conductis ,  ut  predicitur,  prò  supplemento 
aliorum  naucleriorum  de  Catalunia,  prò  solidis  eorum  certi  tem- 
poris in  eodem  quaterno  distincti,  et  ad  diversam  rationem  ibi- 
dem notatam,  uncias  tredecim  et  tarenos  undecim.  Item  domino 


—  557  —  (Appendice) 

Vassallo  Accono ,  militi ,  prothontino  Messane ,  prò  solidis  suis 
inensium  trium ,  a  primo  iulii  undecime  indictionis  in  antea 
numeratorum,  ad  rationem  de  unciis  quatuor  ponderi s  generalis 
per  inensem,  uncias  duodecim.  Item  marinariis,  portulatis  qua- 
tuor et  alyeriis  aliis  galee  ammirati  prò  honorantiis  eorum  men- 
sium iunii,  iulii,  augusti  undecime  et  septembris  duodecime  in- 
dictionis, unciam  unam  et  tarenos  decem  et  ooto.  Summa  totius 
predicte  pecunie  solute  predictis  naucleriis  ,  balistariis  ,  rimeriis 
et  personis  aliis  conductis  et  deputatis  in  dictis  vassellis  regiis, 
prò  supplemento  personarum  deficientium  in  eisdem,  nec  non  dicto 
prothontino  Messane  ac  portulatis  et  aleyeriis  diete  galee  ammi- 
rati, uncie  septingente  quinquaginta  novem,  tareni  duodecim  et 
grana  quinque.  Item  ponit  solvisse  per  eumdem  quaternum  prò 
pretio  saccorum  ducentorum  sexaginta  octo  emptorum  per  eum 
ad  diversam  rationem,  in  eodem  quaterno  notatam,  prò  ponendo 
in  eis  biscocto  Curie  panatice  vassellorum  ipsorum,  uncias  qua- 
tuor, tarenum  unum  et  grana  duo.  Item  prò  delatura  certe  quan- 
titatis  frumenti,  farine  et  biscocti  in  eodem  quaterno  distincte , 
delate  a  diversis  partibus  Sicilie  in  Messanam  prò  panatica  vas- 
sellorum ipsorum,  et  prò  diversis  expensis  minutis  factis  in  ma- 
hazenis  in  quibus  predictum  frumentum  ,  farina  et  biscoctum 
reposita  fuerunt,  et  aliis  diversis  expensis,  prout  distinguit  ple- 
narie quaternus  predictus,  facta  summa  ad  generale  pondus,  auri 
uncias  viginti,  tarenos  viginti  unum  et  grana  decem  et  septem. 
Item  certis  personis  prò  confectione  biscocti  Curie  et  molitura  fa- 
rine, ex  qua  biscoctum  ipsum  confectum  est,  quarum  personarum 
nomina  et  quantitas  pecunie  cuilibet  earum  solute  ,  et  prò  qua 
causa,  cum  distinctione  temporum  solutionis  eiusdem,  in  eodem 
quaterna)  particulariter  continentur,  facta  summa  ad  generale  pon- 
dus, auri  uncias  viginti  novem,  tarenos  viginti  septem.  Item  cer- 
tis pictoribus  prò  pictura  galearum  quatuor  et  galionum  trium 
Curie  ,  distinctorum  in  quaterno  predicto  ,  ad  generale  pondus  , 
uncias  septem  et  tarenos  viginti.  Item  diversis  marinariis  et  pe- 
dotis  de  Messana  conducentibus  teridas  regias  ,  in  quibus  tran- 
sfretabant  almugavari  in  Calabriam  ,  et  prò  reportandis  abin- 
de  cum  eisdem  teridis  regiis  animalibus  et  rebus  aliis  acqui- 
sitis  per  eos  in  Calabria  ab  inimicis  regiis,  per  diversas  solutio- 
nes  et  tempora,  ad  generale  pondus,  auri  uncias  quatuor.  Item 
certis  personis  prò  pretio   scutorum  et  pavensium    septuaginta 


(Appendice)  —  558  — 

prò  munitione  vassellorum  regalium,  ac  cindati  et  buccaramini 
prò  baneriis  vassellorum  ipsorum,  et  fieri  faciendis  eisdem,  prout 
particulariter  distinguit  quaternus  predictus,  ad  generale  pondus, 
facta  summa,  uncias  viginti  unam  et  tarenos  decem.  Item  diver- 
sis  personis  prò  pretio  casei  cantariorum  trecentorum  ,  carnium 
salitarum  cantariorum  quindecim,  vini  salmarum  quingentarum 
decem  ,  olei  cafìsorum  triginta  novem ,  candelarum  rotulorum 
quinquaginta  duo,  et  rotulorum  diversarum  specierum  quinqua- 
ginta  duorum,  emptarum  per  eum  prò  munitione  et  companagio 
personarum  dicti  extolii  regii ,  ac  prò  diversis  aliis  expensis  in 
delatura,  stipatura  et  aliis  servitiis  necessariis  factis  in  rebus  pre- 
dictis,  ad  diversam  rationem,  particulariter  et  distincte  in  eodem 
quaterno  contentam  ,  facta  summa  ,  ad  generale  pondus,  uncias 
centum  octuaginta  tres  ,  tarenos  octo  et  grana  septem.  Item  di- 
versis personis  prò  pretio  diversarum  rerum  minutarum  necessa- 
rio emptarum  per  eum,  ad  diversam  rationem  in  eodem  quaterno 
contentam,  prò  munitione  et  companagio  galearum  ipsarum  ,  et 
aliis  diversis  servitiis  Curie  distinctis  in  quaterno  predicto,  facta 
summa  ,  ad  generale  pondus  ,  uncias  quatraginta  sex ,  tarenos 
tres.  Item  ponit  solvisse  per  quaternum  eumdem  Manfredo  Lan- 
cee,  capitaneo  insularum  Malte,  Gaudisii,  computandas  in  gagiis 
seu  quietatione  sua,  ad  generale  pondus,  auri  uncias  sedecim  et 
tarenos  viginti  sex.  Item  quibusdam  exploratoribus  missis  ad  di- 
versas  partes  regni ,  prò  explorandis  rumoribus.  Item  Dominico 
Anno  Pullisio  prò  loerio  cuiusdam  barce  sue  armate,  conducte  ab 
ipso  per  duas  vices  prò  portando  Perpinnano  hostiario  nostro  ad 
Comitem  Atrebatensem  aput  Nicotram,  prò  tractando  excambio  Ca- 
talanorum  captorum,  ad  generale  pondus,  auri  unciam  unam.  I- 
tem  procuratori  Iaconie  de  Milite  prò  pretio  salmarum  frumenti 
centum,  ad  generale  pondus,  auri  uncias  viginti  septem,  tarenos 
duos  et  grana  decem.  Item  comito  Frederico  Lancee,  de  mandato 
illustris  domine  regine  ipsi  ammirato  per  litteras  facto,  ut  ponit, 
ad  generale  pondus,  auri  uncias  sex,  tarenos  septem  et  grana  de- 
cem. Item  prò  pretio  rismarum  sex  de  cartis  papiri,  necessariis 
prò  scribendis  quaternis  marinariorum  et  aliis  Curie  servitiis  fa- 
ciendis, ad  rationem  de  tarenis  quatuordecim  prò  qualibet  risma, 
ad  generale  pondus,  auri  uncias  duas  et  tarenos  viginti  quatuor. 
Et  ponit  per  quaternum  eumdem  retinuisse  sibi  de  pecunia  Cu- 
rie existente  per  manus  suas  ,  que  contigebant  et  prò  expensis 


—  559  —  (Appendice) 

suis  mensium  quinque  et  dierum  decem,  nurnerandorum  a  vice- 
si  mo  aprilis,  undecime  indictionis,  usque  per  totum  mensem  se- 
ptembris,  duodecime  indictionis,  ad  rationem  de  uncia  auri  una 
parvi  ponderis  prò  die,  infra  quod  tempus  computantur  dies  cen- 
tum  sexagintatres,  ad  dictum  parvum  pondus  ,  auri  uncias  cen- 
tum  sexagintatres,  que  sunt  ad  generale  pondus  uncie  centum 
quatraginta  sex  et  tareni  viginti  unum.  —  Summa  totius  predicte 
pecunie  solute  tam  prò  pretio  dictorum  saccorum  et  aliarum  re- 
rum predictarum  ac  aliis  Curie  servitiis,  quam  dictis  comito  Fre- 
derico  Lancee ,  Manfredo  Lancee  capitaneo  Malte  et  Gaudisii  et 
exploratoribus,  ac  prò  expensis  dicti  ammirati,  retentis  per  eum, 
ad  dictum  generale  pondus,  auri  uncie  quingente  viginti  una,  ta- 
reni viginti  duo  et  grana  sex.  Item  ponit  per  eumdem  quaternum 
exitus  solvisse  et  solvi  fecisse  prò  cotidiano  victu  comitorum,  nau- 
cleriorum,  balistariorum,  navarolorum  et  aliarum  personarum  de- 
putatarum  in  vassellis  predicti  extolii  regii,  a  sexto  mensis  apri- 
lis in  antea  usque  per  totum  tertium  decimum  iulii ,  undecime 
indictionis,  ad  diversam  rationem  prò  quolibet  eorum  per  diem, 
nec  non  quibusdam  almugavaris ,  autoritate  mandati  regii  facti 
sibi  oretenus,  sicut  ponit,  prò  expensis  eorum  certi  temporis  nu- 
merati a  quinto  madii,  eiusdem  undecime,  usque  per  totum  men- 
sem septembris,  sequentis  duodecime  indictionum,  nec  non  et  prò 
expensis  Provincialium  captivorum  a  quintodecimo  iulii  unde- 
cime usque  per  totum  eumdem  mensem  septembris,  quarum  om- 
nium personarum  numerum  ,  quantitatem  pecunie  prò  qualibet 
ipsarum  solutam  ,  ad  quam  rationem  et  prò  quo  tempore  idem 
quaternus  distincte  et  particulariter  conti  net ,  facta  summa  ,  ad 
generale  pondus  ,  auri  uncias  septingentas  triginta  quatuor ,  ta- 
renos  decem  et  septem  et  grana  duodecim.  Item  ponit  idem  am- 
miratus  per  eundem  quaternum  exitus  liberasse  et  liberari  fe- 
cisse prò  panatica,  companagio  personarum  navigantium  in  vas- 
sellis predicti  extolii  regii  et  munitione  ipsorum,  frumenti  conversi 
in  biscoctum  et  aliarum  rerum  quantitatem  subscriptam,  videli- 
cet  frumenti  salmas  mille  vigintinovem  et  [thuminos]  duodecim, 
biscocti  cantarla  triamilia  quatringenta  decem  et  rotulos  viginti 
tres,  panium  recentium  tria  milia  ducentos  quinquaginta  sex,  ca- 
sei  cantaria  trecenta,  carnium  sallitarum  cantaria  quindecim,  vini 
salmas  quingentas  decem,  olei  cafisia  triginta  novem,  candelarum 
rotulos  quinquaginta  duos,  cicerum  salmas  quatuor,  fabarum  sai- 


(Appendice)  —  560  — 

mas  quatuor,  et  prò  munitione  vassellorum  ipsorutn  inter  sciita 
et  pavisia  septuaginta.  Summa  summarum  totivs  predicti  exitus 
unciarum  octomilia  octingente  tres  ,  tareni  duo  et  grana  decem 
et  septem,  frumenti  salme  mille  viginti  novem  et  [thumini]  duo- 
decim,  biscocti  cantariorum  tria  milia  quatringenta  decem,  rotuli 
viginti  tres,  panium  recentium  tria  milia  ducenti  quinquaginta- 
sex ,  armorum  et  aliarum  rerum  quantitas  predicta.  Facta  vero 
collatione  de  introytu  ad  exitum  ,  superat  exitus  introytum  un- 
cias  sex,  tarenos  tredecim  et  grana  duodecim  et  medium.  Item  quas 
posuit  mutuasse  et  recepisse  mutuo  ab  amicis,  in  summa  sui  in- 
troytus  computatas,  uncias  quingentas  octuaginta  octo  ,  tarenos 
sex  et  grana  quinque  et  dimidium.  Summa  predicte  pecunie,  in 
qua  Curia  debitrix  eidem  ammirato  apparet,  computato  predicto 
mutuo  et  pecunia  ad  quam  inventus  est  exitus  introytum  supe- 
rare, uncie  qu ingente  nonaginta  quatuor,  tareni  decem  et  novem 
et  grana  decem  et  octo.  De  quibus,  restitutis  sibi  per  Bertrahdum 
de  Bellopodio,  militem,  Stratigotum  Messane  et  regni  Sicilie  The- 
saurarium,admandatum  nostrum  olim  infra presentem annum duo- 
decime indictionis,  unciis  auri  trecentis  ponderis  generalis,  nec 
non  deductis  et  extenuatis  de  summa  predicti  residui  unciis 
octuagintasex  et  tarenis  viginti  ,  debitis  Curie  prò  iure  exi- 
tus et  dohane  salmarum  frumenti  quatringentarum  dudum  ,  ad. 
mandatum  illustris  domine  regine  domine  et  matris  nostre ,  da- 
tum  Messane  septimo  decimo  septembris,  duodecime  indictionis, 
extractarum  de  portu  Licate  et  delatarum  extra  regnum,  restabant 
solvende  sibi  uncie  ducente  septem,  tareni  viginti  novem  et  grana 
decem  et  octo  ,  quas  per  eumdem  Stratigotum  et  Thesaurarium 
eidem  ammirato  mandavimus  de  fiscali  pecunia  assignari.  Fru- 
menti vero,  biscocti  et  aliarum  rerum  idem  est  introytus  et  exi- 
tus. Et  licet  per  eosdem  Iohannem,  Alaymum  et  Matheum  in  exa- 
mine  et  dispunctione  rationis  ipsius  notate  et  facte  essent  qnam- 
plures  effìcaces  questiones,  secundum  ritum  rationum  et  consue- 
tudinem  regni  Sicilie  arairato  predicto  ,  nos  tamen  attendentes 
grata  devotionis  et  fidelitatis  obsequia  .  que  idem  ammiratus  in 
expugnatione  et  captione  hostium  predicti  domini  patris  nostri 
atque  nostrorum  viriliter  et  constanter  exhibet ,  et  est  in  antea 
collaturus  ,  questiones  ipsas  sibi  de  speciali  grafia  duximus  re- 
laxandas,  et  ipsum  et  heredes  suos  exinde  quietamus.  Unde  ad 
futuram  memoriam,  et  predicti  ammirati  et  heredum  suorum  cau- 


—  561  —  (Appendice) 

telam  ,  presentem  quietationis  apodixam  sibi  mandavimus  fieri , 
et  pendentis  sigilli  nostri  munì  mine  communiri.  Reservata  in- 
quisitione  facienda  contra  eum  de  processibus  suis  suo  loco,  tem- 
pore, cum  placuerit  domino  patri  nostro  vel  nobis ,  ita  quod  e- 
xinde  respondere  Curie  iuxta  forma m  ,  que  servatur  in  talibus , 
teneatur.  Datum  Messane ,  anno  domini  millesimo  ducentesimo 
octuagesimo  quarto,  mensis  iunii,  XXIP  eiusdem,  duodecime  in- 
dictionis. 

Documento  in  pergamena  segnato  di  n.  713,  esistente  nell'archivio 
della  Cattedrale  di  Valenza  (Spagna). 

Il  testo  venne  pubblicato  nel  1914,  col  titolo  Las  cuentas  de  Eoger 
de  Lauria,  dall'egregio  prof.  Ambrogio  Huici  di  Valenza,  nella  pregevole 
Bevista  del  centro  de  Estudios  historicos  de  Granada  y  su  reino.  Granada, 
an.  IV,  pag.  57  e  seg.  Per  la  difficoltà  di  ritrovare  in  Italia  la  suddetta 
rivista,  e  per  l'importanza  del  documento  ho  creduto  conveniente  di  ri- 
ferirne per  intero  il  testo,  e  poiché  è  abbastanza  lungo,  l'ho  compreso 
in  questa  Appendice.  Il  prof.  Huici  non  ha  premesso  alcun  ricordo  sto- 
rico ai  documenti  di  approvazione  dei  conti  presentati  dal  Loria  (cfr. 
pure  appresso  doc.  del  29  settembre  1287  e  15  luglio  1288),  ma  si  è  li- 
mitato soltanto  ad  apporre  in  principio  di  essi  un  breve  argomento  , 
stampando  il  testo  in  sei  fascicoli  delle  annate  1914  e  1915  della  Ri- 
vista. Ho  riveduto  accuratamente  il  testo  medesimo,  ed  ho  corretto  al- 
cuni evidenti  errori  (come  quelli  di  tarorum,  taros  per  tarenorum,  ta- 
renos),  anche  per  nomi  di  persone  o  geografici  talvolta  riferiti  inesat- 
tamente, ed  ho  seguito  in  varie  parti  una  migliore  ortografia. 

E  chiaro  che  le  tre  pergamene  dei  conti  del  Loria  trovansi  in  Valenza 
appunto  per  il  motivo  che  quella  notevole  città  di  Spagna  fu  la  patria 
del  celebre  ammiraglio  Loria ,  e  quivi  egli  morì  nel  1305.  Per  la  più 
esatta  custodia  di  quei  documenti,  forse  gli  eredi  avranno  richiesto  i 
prelati  valenziani  di  conservarle,  anco  per  il  rispetto  che  aveasi  nel 
medio  evo  ai  sacri  depositi  ed  archivi  delle  chiese  e  dei  monasteri. 

Questi  conti  che  concernono  esclusivamente  il  periodo  da  aprile  a 
settembre  1283,  e  talvolta  anco,  per  pagamenti  arretrati,  i  mesi  da  ot- 
tobre 1282  a  marzo  1283 ,  cioè  sin  dai  primi  tempi  del  nuovo  dominio 
aragonese  in  Sicilia,  riescono  di  eccezionale  importanza  per  il  metodo 
preciso  e  rigoroso  col  quale  sono  formati,  ed  altresì  per  la  grande  quan- 
tità di  notizie  di  fatti  e  di  nomi  che  contengono,  e  di  circostanze  che 
rivelano  con  certezza  indiscutibile  nella  ordinata  loro  esposizione,  come 
rilevasi  dall'esteso  sunto  che  ho  messo  innanzi  al  testo  del  documento. 
Essi  rimasero  ignoti  del  tutto  al  Carini  nelle  sue  peregrinazioni  in  Ispa- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  36 


(Appendice)  —  562  — 

gna,  e  perciò  auche  all'AMARi  (cfr.  Carini,  Gli  Ardi,  e  le  Bibl.  voi.  I, 
pag.  510). 

L'inserzione  dell'integro  testo  del  privilegio  del  Re  Pietro  I  del  20 
aprile  1283  riguardante  il  Loria  non  ho  stimato  di  omettere,  anco  per 
alcune  varianti  che  offre  col  testo  edito  la  prima  volta  da  Manuel  José 
Quintana  nella  biografia  del  Loria,  nelle  Obras  completas  ediz.  Madrid, 
1852,  pag.  480  e  seg.  e  con  l'altro  fornito  da  Carini,  De  rebus,  pag.  218. 
Nella  trascrizione  di  Huici  si  ha  «  acetone  iurium  ipsius  officii  »,  forma 
erronea  invece  di  racione,  ed  è  importante  al  contrario  la  variante  si- 
militer  concedimus  in  fine  del  privilegio ,  che  è  più  sicura  lezione  del- 
l'altra data  dal  Carini  con  le  parole  scilicet  concedimus  (cfr.  pure  su 
tale  documento  del  Re  Pietro  I  sopra,  pag.  68,  n.  8). 

È  d'  uopo  ricordare  qui  solamente  qualche  circostanza  di  maggior 
rilievo  che  trovasi  nel  documento  dell'Infante.  Si  menziona  nelle  par- 
tite di  conti  Giacomo  di  Pietro  come  Ammiraglio  predecessore  del  Lo- 
ria. Quel  Giacomo  era  figlio  del  Re  Pietro  I,  ed  alcuni  documenti  editi 
innanzi  (pag.  132  e  453)  lo  concernono.  Notevole  è  il  ricordo  della  bat- 
taglia navale  di  Malta  contro  gli  Angioini  (Provinciales),  avvenuta  nel 
luglio  1283,  dei  quali  fatti  dà  notizia  Amari,  9a  ediz.  voi.  II,  pag.  14  e 
seg.  ,  ed  altresì  il  prof.  Manfroni  ,  Storia  della  marina  italiana  cit.  , 
parte  I,  «Dal  trattato  di  Ninfeo»  ecc.,  pag.  90  e  seg.  Il  Minieri-Riccio 
ricorda  un  ordine  dato  a  1°  settembre  1283  dal  Principe  di  Salerno  per 
soccorsi  ai  feriti  provenzali,  fatti  prigionieri  in  Malta,  su  le  navi  dai 
Siciliani  (Il  regno  di  Carlo  I  d'Angiò  cit.  neìVArch.  Stor.  Ital.,  Serie  IV, 
t.  5  ,  an.  1880 ,  pag.  355).  Per  altre  notizie  cfr.  sopra ,  doc.  CXLVIII. 
Manfredi  Lancia  era  allora  capitano  delle  isole  di  Malta  e  Gozo , 
come  si  ha  dal  documento,  che  contiene  pure  la  menzione  di  un  mes- 
saggio inviato  al  Conte  d'  Artois  a  Nicotera.  Appare  dai  conti  che  le 
forze  catalane  e  siciliane  adoperavansi  a  scopo  comune  indistintamente 
dal  Loria,  che  era  peraltro  Ammiraglio  di  Catalogna  e  Sicilia  per  il  pri- 
vilegio del  Re  Pietro  I.  Le  spese  dimostransi  rilevanti  anco  per  il  mo- 
tivo dei  grandi  approvigionamenti  bisognevoli  per  le  continue  e  vigorose 
azioni  di  guerra  nella  conquista. 

Alquante  espressioni  del  documento  giovano  nelle  minute  enumera- 
zioni di  cariche,  uffici  e  gradi  e  di  oggetti  e  merci  diverse  a  determinare 
antiche  denominazioni,  specialmente  di  marina  ed  altre.  La  parola  alye- 
rii  od  aleyerii,  la  quale  si  rinviene  quivi  registrata,  rrianca  in  Ducange. 
Essa  è  propria  del  catalano  antico,  e  significa  :  soldati  di  mare.  Vedi 
Larernia  ,  Diccionari  de  la  llengua  catalana.  Barcelona  ,  1864 ,  t.  I , 
voce  Alier.  L'importanza  di  documenti  di  tal  genere  riconosceva  il  prof. 
Giuseppe  Del  Giudice  nella  memoria  Diplomi  inediti  di  Re  Carlo  I 
d'Angiò  riguardanti  cose  marittime.  Napoli,  1871.  Il  ricordo  del  rito 
e  della  consuetudine  dei  conti  delle  finanze  regie  rivela  i  sistemi  eco- 


—  563  —   .  (Appendice) 

nomici  dell'epoca.  Termina  il  documento  con  la  riserva  del  sindacato 
dell'officio  del  Loria,  quando  venisse  su  ciò  provveduto  dal  Re  Pietro  I, 
e  ciò  dimostra  che  l'Infante  Giacomo,  come  Luogotenente,  pure  appro- 
vando i  conti  dell'ammiraglio,  non  aveva  intera  potestà  nel  definire  ogni 
responsabilità  del  Loria.  I  meriti  di  costui  nel  respingere  i  nemici  sono 
pure  accennati  nelle  dichiarazioni  finali  di  approvazione  dell'  Infante 
Giacomo. 

Sul  Loria,  oltre  Ja  biografia  del  Quintana  già  indicata,  conviene 
menzionare  la  memoria  di  Augusto  Vecchi  {Iack  La  Bolina)  intitolata 
Ruggiero  Loria  e  Corrado  Lancia  Almiranti  di  Casa  d'Aragona,  edita 
nel  volume  Saggi  storico  -  marinareschi.  Genova,  1877  (pag.  104-160), 
e  pregevole  altresì  per  i  ricordi  e  le  descrizioni  di  navi  e  interpretazioni 
di  nomi  tecnici,  pure  con  qualche  disegno.  Di  recente  ne  ha  scritto  Pla- 
cido Visalli,  Su  la  nascita  e  la  giovinezza  dell' amir  aglio  Ruggiero  Lo- 
ria fnegli  Atti  della  R.  Accademia  Peloritana.  Messina ,  voi.  XIV,  an. 
1900).  Si  veda  inoltre  sopra,  pag.  469. 


OOXXIII. 


1284,  agosto  17,  indizione  12a,  Messina. 

L'  Infante  Giacomo ,  Luogotenente  generale  del  regno ,  in 
seguito  a  supplica  degli  abitanti  di  Reggio  ed  in  considerazione 
dei  danni  che  i  medesimi  hanno  sofferto  nella  presente  guerra 
per  serbare  la  fedeltà  ai  sovrani,  li  esenta  dall' obbligo  di  pagare 
le  collette,  sovvenzioni  ed  altre  tasse  dovute  alla  regia  Corte  per 
i  loro  beni  esistenti  nelle  terre  di  S.  Agata,  S.  Nocito,  Mesa  ed 
oltre  Mesa  in  Calabria. 

Iacobus  Tnfans,  illustris  regis  Aragonum  et  Sicilie  filius,  suus 
in  regno  Sicilie  futurus  successor  et  heres,  atque  eiusdem  in  eo- 
dem  regno  generalis  Locumtenens.  Universis  offìcialibus  Calabrie 
tam  presentibus  quani  futuris,  devotis  suis  salutem  et  gratiam. 
Supplicato  celsitudini  nostre  prò  parte  universitatis  hominum  Rhe- 
gii,  devotorum  nostrorum,  ut  cum  ipsi ,  seu  ipsorum  aliqui,  ha- 
beant  et  possideant  quedam  bona  eorum  mobilia  et  stabilia , 
existentia  in  terris  et  tenimentis  sancte  Agathe  ,  sancti  Noceti , 
Mese  et  ultra  partes  Mese ,  sitis  in  Calabria  ,   et  prò  bonis  ip- 


(Appendice)  —  564  — 

sis  consueverunt  hactenus  communicare  et  contribuere  cum  ho- 
minibus terrarum  ipsarum  in  collectis,  subventionibus ,  subsi- 
diis  et  exationibus  aliis ,  que  per  regiam  Curiam  seu  terrarum 
ipsarum  universitates  dudum  ibidem  contigebat  imponi ,  eos  ab 
huiusmodi  communicatione  seu  contributione  cum  hominibus 
ipsis  de  cetero  facienda  prò  bonis  eisdem  prò  parte  regie  Cu- 
rie liberos ,  exemptos  et  immunes  reddere  dignaremur.  Eorum 
supplicationibus  benignius  inclinati ,  cum  delectet  excellentiam 
nostram  eorumdem  supplicantium  damna  et  expensas  ,  que  et 
quas  in  imminentis  guerre  discriminibus,  ob  observantiam  sin- 
cere devotionis  et  fìdei,  quibus  erga  illustres  dominos  parentes 
nostros  et  nos  ipsos  agnoviraus,  operum  effectibus,  claro  vigore 
multipliciter  subierunt,  digne  provisionis  et  promerite  relevationis 
permunifice  liberalitatis  nostre  gratia  compensare,  devotioni  vestre 
ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate,  precipiendo  mandamus 
quatenus  homines  quoscumque  diete  civitatis  Rhegii,  possidentes 
et  habentes  bona  eorum  huiusmodi  in  terris  superius  memoratis, 
ad  contribuendum  et  communicandum  cum  hominibus  terrarum 
ipsarum  in  mutuis,  subsidiis  ac  exactionibus  quibuscumque  fisca- 
libus,  in  terris  ipsis  de  cetero  per  regiam  Curiam  imponendis, 
compelli  per  homines  terrarum  ipsarum  prò  parte  regie  Curie  mi- 
nime permictatis,  cum  eos  ex  nostra  prò  parte  regie  Curie  gratio- 
sa  liberalitate  duximus  eximendos.  Dignum  est  enim  ratione  ut 
unde  tìdeles  regii  prò  regia  fide  servanda  damnabiliter  senserunt 
ineommoda ,  inde  per  regiam  munificentiam  atque  nostram  rele- 
vationis beneficia  conse[quantur],  ut  devoti  devotiores  reddantur 
et  occasione  hac  commoditatis  sortiantur  effectum.  Datum  Mes- 
sane ,  anno  domini  millesimo  ducentesimo  octuagesimo  quarto  , 
in  septimodecimo  augusti,  duodecime  indictionis. 

Documento  inserito  nel  lavoro  manoscritto  di  Giovanni  Angelo  Spa- 
gnolio, De  rebus  rheginis,  lib.  XI,  cap.  I. 

Su  lo  Spagnolio  (1573  - 1645)  offre  alquanti  ricordi  biografici  Luigi 
Aliquò-  Lenzi,  Gli  scrittori  calabresi.  Messina,  1913,  pag.  401. 

Pubblicato  dal  can.  Antonio  De  Lorenzo  nel  volume  Le  quattro  Motte 
estinte  presso  Reggio  di  Calabria.  Siena,  1891,  pag.  259,  traendolo  dal  la- 
voro inedito  dello  Spagnolio.  A  pag.  39  il  De  Lorenzo  offre  un  sunto  del 
documento  medesimo. 

Ho  corretto  alcuni  errori  che  trovansi  nell'edizione  del  De  Lorenzo, 
e  ricorderò  soltanto  la  variante  fideles  regii  da  me  seguita  ,  invece  di 


—  565  —  (Appendice) 

fìdeles  Rhegii,  perchè  l'Infante  Giacomo  usa  quivi  espressioni  generali 
per  i  sudditi  regii  e  la  loro  fedeltà,  e  non  per  Reggio  esclusivamente. 

Die  breve  notizia  di  questo  privilegio  nel  1857  Domenico  Spanò  - 
Bolani  nella  sua  Storia  di  Reggio  di  Calabria  dei  tempi  primitivi  sino 
all'anno  di  Cristo  1797.  Napoli,  voi.  I,  pag.  175.  Non  riferì  egli  però  la 
data  precisa,  né  la  fonte  donde  traeva  quei  cenni,  che  sarà  stata  certa- 
mente lo  Spagnolio.  Lo  storico  Spanò  -  Bolani  così  dice  :  «  Ebbe  allora 
Reggio  non  pochi  favori  da  Giacomo.  Egli  dispose  che  quanti  Reggini 
possedevano  beni  mobili  e  stabili  nei  tenimenti  di  Santagata,  San  No- 
ceto, Mesa  ed  oltre  Mesa,  fossero  immuni  di  qualunque  fiscale  imposi- 
zione ». 

Il  documento  fornisce  evidente  prova  del  dominio  che  i  sovrani  ara- 
gonesi esercitavano  sui  territori  della  Calabria,  i  quali  costituivano  non 
solo  una  speranza  di  acquisto  di  altre  regioni  in  terraferma,  ma  anche 
sicurezza  contro  ogni  incursione  che  gli  Angioini  preparassero  da  quei 
luoghi  contro  la  Sicilia ,  potendosi  prevenire  o  reprimere  in  Calabria 
più  facilmente  le  mire  del  nemico.  Il  Re  Pietro  I  in  ottobre  1282,  dopo 
la  grande  vittoria  navale  di  Reggio,  quasi  presagiva  di  poter  conqui- 
stare totum  regni  residuum  (Vedi  sopra,  pag.  32).  Approvava  nel  1283 
quanto  aveva  fatto  Giovanni  da  Procida  «  prò  defensione  terre  Regii  » 
(Saint-Priest,  Hist.  de  la  conquète  cit.  t.  IV,  pag.  232,  e  Carini,  De  rebus, 
pag.  435).  Per  le  pratiche  di  cessione  delle  terre  dell'  arcivescovato  di 
Reggio  e  della  Calabria  da  parte  degli  Angioini ,  avvenute  negli  anni 
posteriori ,  cioè  dal  1285  al  1290,  cfr.  sopra,  pag.  355  e  468. 

La  terra  di  S.  Agata  ancora  esiste  non  lungi  da  Reggio,  verso  mezzo- 
dì. Per  S.  Nocito,  anticamente  detto  pure  Motta  di  S.  Aniceto  ,  e  per 
le  terre  di  Mesa  ed  oltre  Mesa  offre  estese  notizie  De  Lorenzo  nel  la- 
voro cit.  pag.  11  ,  172  e  seg.  rilevando  che  di  S.  Aniceto  rimangono  i 
ruderi  del  castello  a  poche  miglia  di  distanza  da  Reggio  presso  il  mare,  e 
che  Mesa  si  denominava  prima  del  tremuoto  del  1783  un  «  rione  fuori 
mura,  che  s'incontrava  uscendo  di  porta  Mesa  [in  Reggio],  nella  quale 
contrada  oggi  si  prolunga  la  città  moderna  con  uno  dei  suoi  più  no- 
bili rioni». 


ooxxiy. 


1285,  maggio  2,  indizione  13a,  Palermo. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  annunzia 
a  Manfredi  Moietta  che  il  Vescovo  di  Cefalù  gli  ha  manifestato 


(Appendice)  —  566  — 

che  è  stato  da  lui  privato  del  possesso  del  lenimento  S.  Maria  di 
Carsa,  sito  presso  i  confini  di  Cammarata,  che  il  Vescovo  ha  tenuto 
per  antica  concessione  dei  Re  di  Sicilia,  con  esigerne  pacificamente 
i  frutti.  Ordina  pertanto  V  Infante  al  Moietta  di  restituire  quel 
tenimento  al  Vescovo,  insieme  ai  proventi  che  avesse  esatto,  perchè 
se  ciò  non  curerà,  ha  dato  incarico  al  milite  Raimondo  Alamanni 
di  assegnare  al  Vescovo  il  possesso  del  tenimento  medesimo. 

Iacobus  Infans  etc.  Nobili  viro  Manfredo  Malecta  etc.  Pro  parte 
venerabilis  viri  Episcopi  Gephaludi,  devoti  nostri,  fuit  nuper  ex- 
positum  coram  nobis  quod ,  cum  ex  antiqua  concessione  et  lar- 
gitate  dive  memorie  divorum  regum  Sicilie ,  predecessorum  no- 
strorum,  predecessores  ipsius  Episcopi  et  idem  Episcopus,  nomi- 
ne et  prò  parte  cephaludensis  Ecclesie ,  retroactis  temporibus  a 
tempore,  cuius  non  extat  memoria ,  et  nunc  idem  Episcopus  ex 
causa  predicta  teneat  et  possideat  tenimentum  sancte  Marie  de 
Harsa,  situm  prope  confinés  terre  Gammarate,  percipiendo  exinde 
fructus  omnes  et  redditus,  terragia,  mandragia  et  alios  proventus 
usque  nunc  pacifice  et  quiete,  necnon  et  prò  anno  presenti  loca- 
verit  iura  terrarum  ipsarum,  mandras  seu  marcatos  infrascriptos, 
una  cum  herbagio  ibidem  existente  quibusdam  conducentibus  ea- 
sdem,  videlicet  mandram  que  dicitur  Bucca  de  Crapa,  mandram 
que  dicitur  Sparagia  ,  mandram  Muntonum  ,  mandram  Nixii  et 
mandram  Casalotti,  nomine  et  prò  parte  iam  diete  Ecclesie  tam- 
quam  domine  et  patrone,  tu  seu  procura tores  tui  [a]  possessione 
tenimenti  et  locorum  predictorum,  auctoritate  propria ,  asserens 
tenimentum  et  loca  ipsa  ad  te  pieno  iure  spectare,  eundem  vene- 
rabilem  Episcopum  seu  procuratores  suos  destituisti  ad  presens, 
in  ipsius  Episcopi  preiudicium  et  non  modicam  lesionem.  Cum- 
que  nostro  culmini  prò  parte  eiusdem  venerabilis  Episcopi  exti- 
terit  humiliter  supplicatum  ut  sibi  super  hoc  providere  miseri- 
corditer  dignaremur ,  suis  supplicacionibus  benignius  inclinati, 
maxime  cum  nostre  intencionis  propositum  [sitj  bona  ecclesia- 
stica manutenere  et  illesa  servari  mandare,  devocioni  tue  ex  re- 
gia parte,  qua  fungimur  auctoritate,  mandamus  quatenus  statini 
receptis  presentibus  eidem  Episcopo,  seu  certo  procuratori  prò  eo, 
possessionem  tenimenti  locorum  predictorum  ,  que  prout  nostra 
didicit  celsitudo  eidem  cephaludensi  Ecclesie  de  iure  pertinere 
noscuntur ,  modo  predicto  prò  parte  Curie  restituas  seu  restituì 


—  567  —  (Appendice) 

facias  per  procuratores  tuos,  et  si  quos  proventus  ex  eis  racione 
destitucionis  huiusmodi  exinde  percepisti  seu  percipi  fecistis,  ei- 
dem Episcopo  vel  suo  certo  procuratori  facias  integraliter  assi- 
gnare.  Sciturus  quod  excellencia  nostra  nobili  viro  Raymundo 
Alamagni,  militi,  Vicario  et  castrorum  Sicilie  provisori  citra  flu- 
men  Salsum,  dilecto  consiliario ,  familiari  et  devoto  nostro,  per 
licteras  suas  scribit  quod  si  te  in  restituendis  predicto  Episcopo 
vel  eius  procuratori  dictis  tenimento  et  locis  invenerit  tepidum 
et  remissum,  idem  Vicarius  predicta  tenimenta  et  loca  eidem  E- 
piscopo  vel  procuratori  eius  assignet,  et  in  corporalem  possessio- 
nem  inducat.  Datum  Panormi,  secundo  madii,  terciedecime  indi- 
cionis  [1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  62  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo).  Il  testo  del  documento  regio  é  inserito  in  un  tran- 
sunto del  12  aprile  1290  della  lettera  del  14  settembre  1285  (cfr.  appresso 
doc.  di  tale  data)  del  milite  Raimondo  Alamanni  per  l'immissione  in 
possesso. 

Se  ne  ha  una  copia  nel  ms.  Qq.  H  8  Diplom.  Eccl.  Cephalud.  a  fol. 
715  (Bibl.  Com.  di  Palermo).  È  ricordato  altresì  nella  Visita  di  mons. 
Daneo  dell'  anno  1579  nella  B.  Conservatoria  (Regie  Visite),  reg.  1320 
(Arch.  di  Stato  di  Palermo)  con  data  erronea  del  1390  invece  di  1290, 
che  è  quella  del  transunto. 

L'Infante  Giacomo  scrisse  nello  stesso  giorno  al  milite  Alamanni 
(cfr.  doc.  seguente).  Per  le  antiche  origini  e  le  novità  avvenute  nei  tempi 
posteriori  nel  possesso  del  tenimento  di  Carsa,  si  veda  quanto  ho  detto 
per  il  doc.  del  13  luglio  1290,  a  pag.  483  e  seg.  È  degno  di  nota  il  ri- 
cordo della  locazione  delle  mandre  o  marcati  e  dei  dritti  spettanti  su 
quelle  terre.  L'Alamanni  era  Vicario  al  di  qua  del  fiume  Salso,  come 
si  rileva  meglio  dal  doc.  GCXXVII. 


ccxxv. 

1285,  maggio  2,  indizione  13a,  Palermo. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  dà  notizia 
al  milite  Raimondo  Alamanni  del  testo  della  lettera  trasmessa  in 
pari  data  al  Conte  Manfredi  Moietta  per  la  restituzione  del  te- 
nimento di  S.  Maria  di  Carsa  al  Vescovo  di  Cefalù  (cfr.  doc.  pre- 


(Appendice)  —  568  — 

cedente),  e  gli  ordina  che  se  troverà  noncurante  il  suddetto  Conte 
nella  esecuzione,  immetta  egli  stesso  il  Vescovo  nel  possesso  di 
quel  lenimento. 

Iacobus  Infans  etc.  Raymundo  Alamagni  etc.  Scire  volumus 
devocionera  tuam  quod  cuoi  nobili  viro  Manfredo  Malecta,  corniti 
Camerario,  dilecto  consanguineo,  consiliario,  familiari  et  devoto 
nostro,  per  nostras  scripserimus  licteras  in  hec  verba  : 

(Segue  il  testo  del  documento  del  2  maggio  1285,  a  Manfredi 
Moietta). 

Volumus  et  devocioni  tue  ex  regia  parte,  qua  fungi  mar  au- 
ctoritate,  mandamus  quatenus,  si  eundem  Comitem  in  restituen- 
dis  predicto  Episcopo,  vel  eius  procuratori,  dictis  tenimento  et  lo- 
cis  inveneris  tepidum  et  remissum,  in  possessionem  ipsorum  eun- 
dem Episcopum  vel  eius  procuratorem  inducas,  ipsumque  ad  hoc 
prò  parte  Curie  manuteneas  et  defendas.  Datum  Panormi ,  se- 
cundo  madii,  terciedecime  indicionis  [1290]. 

Dalla  perg.  di  n.  62  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù  (Archivio  di 
Stato  di  Palermo).  Per  altre  indicazioni  basta  rinviare  al  documento 
anteriore. 

Il  nuovo  incarico  dato  all'Alamanni  era  necessario,  poiché  il  Maletta, 
avendo  commesso  l'usurpazione,  era  certamente  contrario  a  riconoscere 
i  diritti  del  Vescovo. 


OCXXVI. 

1285  ,  maggio  5,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Bernardo  Scriba  di  pagare  Attobono 
di  Trapani  ed  i  suoi  soci  venuti  da  Sicilia  con  una  barca  armata, 
e  di  fornire  ai  medesimi  gli  apparecchi  e  le  vettovaglie,  tanto  se 
ritornino  nelV isola,  quanto  se  restino  in  Catalogna  contro  i  nemici, 
come  si  crederà  più  opportuno. 

Bernardo  Scriba.  Mandamus  \obis  quatenus  quintetis  Attho- 
bonum  de  Trapena  cum  quinque  sociis  suis ,  qui  venerunt  cum 
barca  armata  de  partibus  Sicilie,  a  tempore  citra  quo  non  fuerunt 


—  569  —  (Appendice) 

quintati,  et  faciatis  dari  eis  apparamenta  et  victualia  necessaria 
diete  barce,  si  ve  redeat  ad  partes  Sicilie,  si  ve  remaneat  cum  ar- 
mata nostra ,  vel  inferat  malum  inimicis  nostris,  prout  R.  Mar- 
queti  et  Berengarius  Mayol  viderint  utilius  et  melius  esse.  Datum 
Figeriis,  IIP  nonas  may  [1285]. 

Dal  reg.  58  del  Re  Pietro,  a  fol.  23,  nell'Arch.  Cor.  Aragona  in  Bar- 
cellona. 

Carini,  Gli  Arch.  e  le  Bibl.  voi.  II,  pag.  113  ne  dà  un  sunto,  nel  quale 
attribuisce  erroneamente  il  nome  di  Berengario,  invece  di  Bernardo,  per 
lo  Scriba. 

Di  questo  documento  io  aveva  fatto  menzione  nelle  note  al  doc. 
LXXI  ;  ma  credo  meglio  di  riportarne  qui  il  testo.  La  forma  quintare 
per  quietare  manca  in  Ducange,  che  registra  invece  1'  altra  quitare,  oltre 
quella  di  quietare. 


OOXXVII. 

1285,  settembre  14,  indizione  14a,  Palermo. 

Il  milite  Raimondo  Alamanni,  Vicario  generale  al  di  qua  del 
fiume  Salso  e  provveditore  dei  castelli,  per  eseguire  l'ordine  del- 
l'Infante Giacomo  (cfr.  doc.  CCXXV),  affida  ad  Andrea  de  Lorenzo, 
di  Cefalù,  l'incarico  di  immettere  nel  possesso  del  tenimento  di  S. 
Maria  di  Carsa  il  Vescovo  di  Cefalù,  e  di  proibire  ai  procuratori 
del  Conte  Camerario  ,  Manfredi  Moietta,  di  molestare  più  oltre 
il  Vescovo. 

Raymundus  Alamagni,  miles,  domini  regis  consiliarius  et  fa- 
miliaris,  ac  regius  in  Sicilia  citra  flumen  Salsum  Vicarius  gene- 
ralis  et  castrorum  provisor.  Prudenti  viro  Andree  de  Laurencio 
de  Gephaludo,  dilecto  amico  suo,  salutem  et  amorem  sincerum. 
Ab  illustre  domino  domino  Iacobo  Infante,  serenissimi  domini  re- 
gis Aragonum  et  Sicilie  filio,  suo  in  regno  Sicilie  futuro  succes- 
sore et  herede,  ac  in  eodem  regno  Sicilie  generali  Locumtenente, 
nuper  licteras  recepimus  in  hac  forma  : 

(Segue  il  testo  del  documento  del  2  maggio  1285,  a  Raimondo 
Alamanni). 


(Appendice)  —  570  — 

Gupientes  itaque  dictum  mandatum  regium  reverenter  ducere 
ad  effectum,  et  circa  exequucionem  ipsius  ,  aliis  negociis  magis 
arduis  impediti,  nequeamus  personaliter  interesse,  tibi  prò  parte 
Curie  exequucionem  ipsius  loco  nostri  duximus  commictendam. 
Prudencie  tue  ex  regia  parte,  qua  fungimur  auctoritate,  districte 
precipiendo  mandantes  quatenus,  statim  receptis  presentibus,  for- 
ma ipsius  mandati  diligenter  actenta  et  in  omnibus  observata,  ad 
predicta  loca  te  personaliter  eonferens,  in  possessionem  locorum 
ipsorum  eundem  Episcopum  vel  eius  procuratorem  inducas,  nec- 
non  procuratoribus  eiusdem  Comitis ,  statutis  per  eum  in  terra 
Cammarate,  ex  parte  regia  expresse  inhibeas  ut  ipsum  in  posses- 
sionem dictorum  tenimenti  et  locorum  de  cetero  non  molestent, 
set  ipsum  permictant  ipsa  loca  pacifice  possidere  et  tenere ,  si- 
cut  ipse  et  predecessores  sui  hactenus  tenuerunt  et  possiderunt, 
sicut  graciam  regiam  caram  habent.  Datum  Panormi,  quartode- 
cimo septembris,  quartedecime  indicionis  [1285]. 

Dalla  perg.  di  n.  62  del  Tabulano  della  Chiesa  di  Cefalù  (Arch.  di 
Stato  di  Palermo).  Vedasi  il  doc.  CCXXIV  per  altre  designazioni  delle 
fonti. 

Si  ha  notizia  di  Raimondo  Alamanni  nell'anno  1283  (Carini,  De  re- 
bus, pag.  261,  699)  e  nel  1285  (Amari,  9a  ed.  voi.  Il,  pag.  153).  Si  veda 
il  cenno  da  me  dato  a  pag.  165.  Un  omonimo  era  baiulo  di  Barcellona 
in  quel  tempo  (V.  sopra,  pag.  153,  170). 


REGNO  DI  GIACOMO 


COXXVIII. 


1285,  novembre  29,  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  per  ri- 
munerazione dei  gravi  danni  cagionati  dal  Re  Carlo  I  d'Angiò, 
esenta  gli  abitanti  di  Reggio  dal  pagamento  della  marineria,  li 
libera  dalle  collette  rimaste  ad  esigersi  per  V  anno  trascorso ,  e 
li  esonera  dalV obbligo  di  eseguire  incarichi,  per  parte  della  regia 
Corte,  fuori  il  loro  territorio. 

Di  tale  documento,  consultato  da  Spanò-  Bolani  ,  probabilmente 
sull'inedita  storia  dello  Spagnolio,  fu  data  notizia  dal  medesimo  nella 
Storia  di  Reggio  di  Calabria  cit.  voi.  I,  pag.  178.  Nelle  Annotazioni  a 
pag.  316  egli  non  curò  di  inserirne  l'intero  testo  (come  avrebbe  dovuto), 
ma  riferì  soltanto  alcune  parole  del  preambolo  e  fornì  la  data.  Deve 
ricordarsi  però  per  la  datazione  che  il  Re  Pietro  I  era  morto  nella  notte 
del  10  novembre  1285  (e  non  nel  giorno  11 ,  come  dice  Amari  ,  9a  ed. 
voi.  II,  pag.  155)  e  che ,  essendo  pervenuto  l'annunzio  in  Sicilia  a  15 
dicembre,  l'Infante  continuava  sino  a  quel  tempo  la  consueta  intitola- 
zione (cfr.  sopra  pag.  260). 

Conviene  riportare  il  breve  frammento  offerto  dallo  Spanò  -  Bolani, 
non  essendomi  riuscito  di  ritrovare  quel  privilegio.  Il  frammento  è  que- 
sto :  «  Consideratis  multifariis  et  innumeris  comerciorum  generibus,  qui- 
bus  fìdeles  dominorum  parentum  nostrorum,  devoti  nostri,  civitatis  Rhe- 
gii  et  tenimenti  sui  diutina  fuerunt  vexatione  contriti  per  quondam  Karo- 
lum,  olim  Provintiae  Comitem,  hostem  dominorum  parentum  nostrorum 
et  nostrum  ».  Le  notevoli  esenzioni  e  prerogative  concedute  dall'Infante 
Giacomo  palesano  la  sua  riconoscenza  verso  la  munita  città,  nella  quale 


(Appendice)  —  572  — 

tanti  combattimenti  erano  seguiti  per  respingere  le  aggressioni  nemiche 
(diutina  fuerunt  vexatìone  contriti).  Per  altre  franchigie  largite  alla  città 
di  Reggio  nel  1284,  vedi  sopra,  doc.  CCXXIII. 


OOXXIX. 

1286,  marzo  29,  indizione  14»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  avendo  stabilito  di  inviare  in  Catalogna,  per 
affari  del  regno,  Ruggiero  Loria,  ammiraglio  di  Sicilia,  Arago- 
na, Maiorca  e  Valenza,  gli  permette  di  potere  ricevere  a  mutuo 
il  denaro  a  lui  necessario  a  tale  scopo,  ed  altresì  di  vendere  il 
diritto  di  estrazione  delle  vettovaglie  dai  porti  di  Sicilia  fuori  il 
regno  ,  e  di  fare  permuta  di  qualsivogliano  oggetti  e  merci  per 
ritrovare  il  denaro.  Promette  di  restituire  il  denaro  ai  mutuanti, 
di  ratificare  le  vendite  del  diritto  di  estrazione  e  le  permute  sud- 
dette, e  di  permettere  l'estrazione  delle  vettovaglie  secondo  i  patti 
convenuti  dall' Ammiraglio. 

Iacobus  dei  gratia  rex  Sicilie,  ducatus  Apulie  et  principatus 
Gapue.  Presentis  scripti  serie  notum  fieri  volumus  universis  quod 
Rogerio  de  Lauria,  militi,  regni  nostri  Sicilie  ac  regnorum  Ara- 
gonum,  Maioricarum  et  Valentie  Ammirato ,  dilecto  consiliario , 
familiari  et  Meli  nostro,  quem  prò  quibusdam  nostris  negotiis 
ad  partes  Gatalonie  destinamus,  commisimus  quod  possit  recipere 
mutuo,  prò  parte  Curie  nostre  ,  a  quibuscumque  mutuatoribus 
quantitatem  pecunie  sibi  necessariam  et  oportunam,  prò  ipsis  com- 
missis  sibi  Curie  nostre  servitiis  exequendis,  necnon  vendere  prò 
parte  Curie  nostre  exituras  victualium  de  portubus  Sicilie  extra- 
hendorum,  extra  regnum  ferendorum,  ac  facere  permutationes  seu 
barattas  de  quibuscumque  rebus  seu  mercibus  cum  quibuscum- 
que mercatoribus,  prò  habenda  ipsa  quantitate  pecunie  necessa- 
ria et  oportuna  sibi  prò  dictis  nostris  negotiis  sibi  commissis,  si 
forte  ipsam  quantitatem  pecunie  mutuo  invenire  non  posset.  Pro- 
mittentes  sibi,  fide  nostri  culminis,  prò  parte  ipsius  nostre  Cu- 
rie, totam  quantitatem  pecunie,  quam  dictus  Ammiratus  prò  parte 


—  573  —  (Appendice) 

nostra  mutuo  receperit ,  prò  exequendis  ipsius  Curie  nostre  ne- 
gotiis,  a  mutuatoribus  quibuscumque ,  mutuatoribus  ipsis  resti- 
tuere ,  persolvere  et  integraliter  exhibere  ;  necnon  huiusmodi 
venditionem  faciendam  per  eum,  prò  parte  nostre  Curie  ,  de  di- 
ctis  exituris  victualium  ,  ac  dictas  permutationes  seu  barattas, 
quas  Ammiratus  ipse  faciet ,  prò  parte  nostre  Curie ,  prò  ha- 
benda  dieta  pecuuie  quantitate ,  ratas  et  tìrmas  habere ,  et  vi- 
ctualia  ipsa,  quorum  vendiderit  exituras,  permittere  extrahi  per 
emptores  ipsorum  de  portubus  Sicilie,  ferenda  extra  regnum,  iu- 
xta  conventioues  et  pacta  inter  eundem  Ammiratum ,  prò  parte 
Curie  nostre,  et  mutuatores  predictos  necnon  emptores  et  contra- 
hentes  habita,  ac  si  principaliter  per  nostri  excellentiam  acta  es- 
sent.  Datum  Messane,  anno  domini  millesimo  ducentesimo  octua- 
gesimo  sexto,  mensis  martii,  vicesimo  nono  eiusdem,  quartede- 
cime indictionis,  regni  nostri  anno  primo. 

Documento  inserito  in  altro  del  15  luglio  1288  (cfr.  appresso)  del  Re 
Giacomo  di  approvazione  dei  conti  presentati  dall'Ammiraglio  Loria,  e 
che  si  conserva  al  n.  9411  delle  pergamene  dell'  Archivio  della  Catte- 
drale di  Valenza  (Spagna). 

Il  testo  trovasi  stampato,  insieme  a  quello  del  documento  del  1288 
edito  dal  prof.  Huici,  nella  Rivista  del  centro  de  estud.  hist.  de  Granada 
an.  IV,  1914,  pag.  151  e  seg.  (V.  pure  le  notizie  date  da  me  sopra,  per 
il  doc.  CCXXII).  Al  1288  si  alligava  tale  testo  come  giustificazione  delle 
facoltà  concesse  dal  Re. 

Del  viaggio  del  Loria  per  la  Catalogna,  del  quale  è  cenno  in  questa 
lettera  regia ,  fa  ricordo  il  cronista  Neocastro  con  tali  parole  :  «  VIII 
martii  XIV  indictionis  prudens  Admiratus  cum  duabus  galeis  in  Cata- 
loniam  adiit  »,  ed  aggiunge  che  prese  con  sé  altre  navi  ed  arrecò  danni 
ai  nemici  e  che  infine  «cum  captivis,  quos  cepit,  et  preda  in  Catalo- 
niam  rediit  »  (cap.  CU,  ed.  Gregorio  cit.  t.  I,  pag.  145).  L'ammiraglio 
tornò  poi  in  Sicilia  nel  settembre  seguente,  come  si  ricava  dalla  lettera 
spedita  allora  al  Re  Giacomo  dal  Loria  (V.  appresso,  doc.  CCXXX).  Il 
Neocastro,  senza  denotare  il  tempo,  soggiunge  tra  i  fatti  posteriori  a 
maggio  1286  :  «  In  diebus  illis  admiratus  de  Catalonia  rediens,  in  Mes- 
sanam  applicuerat»  (cap.  CX,  ediz.  cit.,  pag.  155).  Il  Re  Alfonso  di  A- 
ragona  a  15  marzo  di  quell'anno  provvedeva  per  un  mutuo  di  50  mila 
soldi  regali  per  le  spese  dell'invio  di  milizie  (habeamus  mietere  familiam) 
al  Re  Giacomo  per  difesa  di  lui  e  del  regno,  la  qual  somma  dovea  ve- 
nire rimborsata  col  prezzo  del  frumento,  libero  dal  diritto  di  estrazione, 
che  il  Re  Giacomo  doveva  spedire  dall'  isola.  Ciò   si  rileva  dal  docu- 


(Appendice)  —  574  — 

mento  da  me  pubblicato  neW Attuari  (1908)  d'Estud.  Catal.  Barcellona, 
1909,  pag.  349,  n.  V. 

La  regia  Corte  spesso  si  giovava  della  vendita  delle  tratte  di  vetto- 
vaglie per  ritrarre  danaro,  come  si  scorge  da  vari  documenti  (cfr.  pri- 
ma, doc.  LXXII,  LXXIII,  LXXVI ,  LXXVII  ecc.).  Su  questo  diritto  di 
estrazione  vigente  in  Sicilia  sin  dall'epoca  normanna,  e  meglio  regolato 
nei  tempi  posteriori,  e  su  la  «vendita  che  la  Corte  reale  faceva  di  que- 
sta libera  tratta  »  sotto  gli  Aragonesi,  offre  utili  notizie  il  dott.  L.  Ge- 
nuardi  nella  memoria  L'esenzione  dell'ius  exiturae  in  Sicilia  nei  secoli 
XIII  e  XIV.  Palermo,  1906 ,  edita  nelP  occasione  del  rinvenimento  di 
due  documenti  notarili  su  tratte  concesse  ai  mercanti  ed  a  privati.  E- 
gli  dubita  (pag.  18)  che  il  privilegio  di  Guglielmo  II  del  1185,  del  quale 
ho  fatto  menzione  sopra  (pag.  506)  sia  falso,  e  che  i  monaci  di  S.  Ma- 
ria di  Valle  Giosafat  «forse  non  ebbero  mai  [un  altro]  da  Ruggiero  II». 
Non  pare  nondimeno  che  si  abbiano  di  ciò  prove  sicure. 

Su  la  parola  baratta,  che  è  sinonimo  di  permuta  cfr.  Dugange,  voce 
Baratum  e  Barata.  Nel  linguaggio  catalano  antico  si  ha  barata  in  tale 
significato. 


ooxxx. 

1286,  settembre,  indizione  15a,  Trapani. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  dà  notizia  al  Re  Giacomo,  in 
Messina,  del  suo  ritorno  in  Sicilia  dalla  Catalogna.  « 

Questo  documento  è  ricordato  nell'altro  del  15  luglio  1288  del  Re 
Giacomo  di  approvazione  dei  conti  del  Loria  (cfr.  appresso).  Le  parole, 
con  le  quali  ne  vien  fatta  menzione,  sono  :  «  Infra  eundem  mensem  sep- 

tembris,  apud  Trapanum prò  salario  unius  cursoris ,  missi  in 

Messanam  ad  nostram  presentiam,  cum  predicti  Ammirati  litteris  ,  si- 
gnifìcantibus  nobis  reditum  eius  in  Siciliani  ». 

È  altresì  menzionato  nello  stesso  documento  del  1288  tra  i  conti  al- 
quanto più  innanzi,  così:  «Infra  predictum  mensem  septembris,  quin- 
tedecime indictionis,  apud  Trapannm [prò]  salario  unius 

cursoris ,  missi  cum  suis  litteris  ad  nostram  presentiam  ,  de  significa- 
tione  sui  reditus  in  Siciliam  »  ,  ricavandosi  che  tale  seconda  annota- 
zione per  l'identità  di  tempo  e  di  oggetto  è  una  vera  duplicazione. 

Alcune  particolari  notizie  si  desumono  sul  viaggio  del  Loria  da  Tra- 
pani a  Messina  dal  documento  del  1288,  cioè  che  egli  teneva  seco  cou- 


—  575  —  (Appendice) 

chieri  e  prodieri  messinesi  che  aveva  portato  in  Catalogna,  che  dovette 
far  riparare  la  prora  della  sua  galera,  e  che  arrivato  in  Palermo  prese 
in  affitto  alcune  cavalcature  da  sella  e  da  barda  per  la  famiglia  di  Man- 
fredi, primogenito  del  marchese  di  Saluzzo  (e  cugino  del  Re),  che  si  re- 
cava insieme  al  Loria  per  visitare  la  regina  madre  Costanza  ed  il  Re 
Giacomo.  Lo  scopo  della  venuta  in  Messina  di  Manfredi  di  Saluzzo  rie- 
sce evidente  dai  documenti  di  ottobre  di  quell'anno  1286,  da  me  sopra 
riferiti  (n.  CLIV  e  CLV),  cioè  per  la  cessione  del  regno  di  Sicilia  fatta 
dalla  sua  sposa  Beatrice,  figlia  del  Re  Manfredi,  al  Re  Giacomo,  e  per 
la  consegna  a  Manfredi  di  Saluzzo  di  una  parte  della  somma  convenuta 
per  la  dote  di  Beatrice. 


COXXXI. 

1286,  settembre  a  dicembre,  indizione  15.a 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  avverte  il  Giustiziere  di  Pa- 
lermo, Marito  degli  liberti,  di  consegnare  al  Protontino  della  stes- 
sa città ,  Pietro  di  Caltagirone  ,  destinato  dal  medesimo  Ammi- 
raglio per  V  armamento  dei  vascelli  della  regia  Corte ,  le  onde 
mille  di  oro  imposte  su  la  città  di  Palermo  per  il  denaro  del 
sussidio  (promissionis),  delle  quali  è  affidata  al  suddetto  Giusti- 
ziere l'esazione,  e  ciò  allo  scopo  di  provvedere  all'armamento  dei 
vascelli  in  Palermo. 

Documento  menzionato  in  quello  del  15  luglio  1288  del  Re  Giacomo 
sui  conti  di  Loria  (V.  appresso,  doc.  di  tale  data).  E  d'uopo  riferire  le 
espressioni  del  ricordo  della  lettera  dell'Ammiraglio  :  «  Ponit  idem  Am- 

miratus requisivisse  per  suas  litteras  eundem  lustitiarium  Pa- 

normi  [Maritum  de  Obbertis]  ut  uncias  auri  mille  eidem  universitati 
prò  predicta  promissione  impositas  et  taxatas,  et  ei  per  Curiam  ad  re- 
colligendum  commissas,  eidem  Prothontino  prò  armatione  predictorum 
vassellornm,  tunc  armandorum  in  civitate  ipsa,  exhibere  deberet». 

La  data  di  questo  documento  si  rileva  dai  conti  stessi  del  Loria , 
poiché  si  nota  poco  prima  che  a  13  gennaio  della  15a  indizione  (settem- 
bre 1286  ad  agosto  1287)  l'ammiraglio  ricevette  oncie  cento  dal  Proton- 
tino Pietro  di  Caltagirone ,  incaricato  dell'  armamento  dei  vascelli  già 
eseguito  in  Palermo,  dal  denaro  del  sussidio  (promissionis)  imposto  e 
tassato  in  quel!'  anno  (eodem  anno)  per  la  città  dal  Giustiziere  Marito 


(Appendice)  —  576  — 

degli  Uberti  ,  che  avea  dato  quella  somma  al  de  Caltagirone.  Si  rico- 
nosce agevolmente  che  V  ordine  del  Loria  per  il  modo  della  consegna 
del  denaro  del  sussidio  dovette  esser  dato  prima  di  gennaio  1287,  quando 
quel  metodo  di  pagamento  vedesi  applicato,  e  le  navi  erano  già  arma- 
te, come  si  era  stabilito. 

Su  Marito  degli  Uberti  cfr.  sopra,  doc.  CLXXXVII,  ed  i  cenni  da  me 
dati  a  pag.  489  e  seg.  Appare  così  che  Marito  era  Giustiziere  di  Pa- 
lermo sin  dall'anno  1286,  e  forse  anche  in  tempo  anteriore.  La  parola 
promissìo,  nel  senso  di  sussidio  in  denaro  dovuto  alla  regia  Corte,  non 
si  trova  registrata  dal  Ducange  né  dal  Rezasco  cit.  Il  significato  però 
non  è  dubbio  dal  documento  del  1288,  dicendovisi  :  «  collectoribus  pe- 
cunie promissionis  imposite  et  taxate  ».  In  un  documento  del  Re  Pie- 
tro I  del  14  gennaio  1283  si  legge  :  «  de  summa  unciarum  ....  nostre 
excellentie  promissarum  in  subsidium  expensarum».  Carini,  De  rebus, 
pag.  275. 


OOXXXII. 

1287,  febbraio,  indizione  15a,  Palermo. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  scrive  al  Protontino  di  Paler- 
mo, Pietro  di  Caltagirone,  perchè  rimetta  a  Berlinghieri  Rog 
onde  ventidue  per  pagamento  di  dieci  o  quindici  marinai,  da  de- 
stinarsi ai  servisi  della  nave  dell'Ammiraglio  medesimo. 

Tale  lettera  è  ricordata  nel  doc.  del  15  luglio  1288  (cfr.  appresso). 
La  menzione  è  quivi  fatta  in  tal  modo  :  «Et  quod  vicesimo  septimo  fe- 

bruarii ,  diete  quintedecime  indictionis  ,   apud   Panormum per 

predictum  Prothontinum  Panormi ,  ad  litteras  predicti  Ammirati  sibi 
proinde  directas,  assignate  fuerunt,  de  pecunia  Curie  existente  per  ma- 
nus  ipsius  Prothontini,  Berlingerio  Rog,  prò  solidandis  prò  parte  ipsius 
Ammirati  marinariis  decem  vel  quindecim,  deputandis  ad  servitia  navis 
Ammirati  ipsius, uncie  viginti  due  ». 

Per  la  data  occorre  dire  soltanto  che,  trattandosi  di  un  pagamento 
sollecito  da  farsi  ai  marinai,  dovette  la  lettera  del  Loria  essere  spedita 
nello  stesso  mese,  quando  fu  consegnata  quella  somma. 


—  577  —  (Appendice) 

COXXXIII. 

1287,  giugno  o  luglio,  indizione  15a. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  invia,  per  mezzo  di  Guglielmo 
Simadimari,  al  Re  Alfonso  di  Aragona  una  sua  lettera  con  le 
notizie  concernenti  la  conchiusione  della  tregua,  allora  avvenuta, 
con  gli  Angioini. 

É  fatta  menzione  di  questa  lettera  nel  documento  del  15  luglio  1288 
per  i  conti  del  Loria  (V.  appresso,  doc.  CCXL1).  Vi  si  annota  così  : 
«Ostendit  etiam  per  eundem  quaternum  solvisse  Vinchio  Cammise,  de 
Neapoli,  prò  armatione  et  aliis  necessariis  unius  galioni  sui,  missi  per 
eundem  Ammiratum  ad  predictum  regem  Aragonum  fratrem  nostrum  , 
cum  litteris  et  nuntiis  suis,  super  negotio  treuge  tunc  in  ite  cum  nostris 
hostibus ,  et  prò  expensis  Guillelmi  Simadimari  missi  per  eum  pro- 
pterea ,  cum  predictis  suis  litteris  ,  ad  dictum  dominum  fratrem  no- 
strum »  ecc. 

La  data  della  lettera  del  Loria  si  desume  tra  le  partite  dei  conti 
registrate  «infra  predictum  annum  quintedecime  indictionis»,  ossia  da 
settembre  1286  ad  agosto  1287.  Si  conosce  però  che  la  tregua  fu  con- 
venuta in  Napoli  dopo  il  23  giugno  1287  (cfr.  prima,  doc.  CLXVII,  e 
le  notizie  da  me  date),  e  deve  ritenersi  da  ciò  che  la  lettera  del  Loria 
sia  stata  spedita  sul  finire  di  giugno  o  nell'inizio  di  luglio  seguente.  È 
più  probabile  nondimeno  la  data  della  fine  di  giugno,  anche  per  il  ri- 
cordo che  si  ha  (fra  i  conti)  di  essersi  spedito  un  galeone  con  amba- 
sciatori e  lettere  «  super  negotio  treuge  tunc  inite  »,  le  quali  ultime  pa- 
role danno  il  significato  di  un  invio  sollecito  e  quasi  immediato  alla 
convenzione  della  tregua. 

Negli  stessi  conti  del  Loria  si  ha  più  innanzi  un  altro  ricordo  per 
la  tregua ,  cioè  che  vennero  in  Messina  a  12  luglio  1287  presso  il  Re 
Giacomo  i  militi  Giovanni  Sarto  e  Matteo  de  Atro ,  ambasciatori  del 
Cardinale  Legato  Gerardo  e  del  Conte  di  Artois ,  insieme  a  ventidue 
loro  familiari,  e  che  dimorarono  in  quella  città  venti  giorni  sino  al  4 
agosto,  «  usque  per  totum  quartum  diem  sequentis  mensis  augusti,  diete 
quintedecime  indictionis»,  per  trattare  quanto  occorreva  super  negotio 
diete  treuge.  Questa  ambasceria  angioina  alla  Corte  di  Sicilia  (che  ne 
sostenne  le  spese)  alquanti  giorni  dopo  la  conchiusione  della  tregua  è 
prova  del  vivo  interesse,  che  animava  gli  Angioini  perchè  quella  tre- 
gua intempestiva,  consentita  dal  Loria,  fosse  bene  accolta  nell'isola. 


G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  37 


(Appendice)  —  578  — 


COXXXIY. 

1286,  sett.,  15»  itid.  a  1287  agosto. 

Il  Be  Giacomo  ordina  ad  Ugo  Talac  e  Federico  de  Incisa, 
Maestri  Portolani  del  regno  di  Sicilia,  di  restituire  all'  Ammi- 
raglio Ruggiero  Loria  onde  milleduecento,  mutuate  dal  medesi- 
mo alla  regia  Corte  per  pagamento  di  soldati  ed  altri  servisi  regi. 

Questo  documento  trovasi  menzionato  nell'  altro  del  15  luglio  1288 
su  i  conti  del  Loria  (Vedi  appresso),  nel  quale  si  dice:  «Ostendit  .  .  . 
recepisse  mutuo  a  se  ipso  ....  quas  de  sua  pecunia  propria  .  .  .  mu- 
tuava, solvendas  per  eum  prò  solidis  stipendiariorum  nostrorum  et  a- 
liis  Curie  nostre  servitiis ,  super  quibus  restituendis  eidem  Ammirato 
ad  Hugonem  Talac  et  Fredericum  de  Incisa ,  dudum  infra  predictum 
annum  quintedecime  indictionis  Magistros  Portulanos  Sicilie,  mandatum 
nostre  celsitudinis  emanavit, uncias  milleducentas  ».  Si  affer- 
ma altresì  che  all'ammiraglio  fu  poi  pagata  tale  somma,  sicut  infra 
notatur.  Verso  la  fine  del  documento  si  annota  infatti  che  l'ammiraglio 
ottenne  il  rimborso  della  rilevante  somma  delle  oncie  milleduecento,  e 
si  menziona  nuovamente  la  lettera  regia ,  aggiungendosi  «  sicut  supra 
in  dicto  introytu  continetur». 

È  determinata  la  data  precisa  dal  ricordo  della  15*  indizione  per  l'of- 
ficio tenuto  dai  Maestri  Portolani. 


ccxxxv. 

1286,  sett.,  15»  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Be  Giacomo  ordina  a  Lapo  Guindone,  Tesoriere  del  regno, 
di  pagare  all'  Ammiraglio  Buggiero  Loria  le  somme  destinate 
per  il  soddisfacimento  dello  stipendio  dei  soldati,  secondo  l'elenco 
contenente  i  loro  nomi  e  le  cifre  del  denaro  che  devono  ricevere, 
per  il  tempo  quivi  indicato. 

Documento  ricordato  nell'altro  del  15  luglio  1288  per  i  conti  dell'am- 
miraglio (cfr.  appresso).  Le  espressioni  sono  queste  :  «  Ostendit  .... 


—  579  —  (Appendice) 

infra  predictum  annum  quintedecime  indictionis solvisse  tam 

diversis  stipendiariis  Curie,  quorum  nomina  et  cognomina  et  quantita- 
tem  pecunie  cuilibet  eorum  solutam  quaternus  ipse  distinguit,  compu- 
tandas  in  solidis  eorum  ,  quos  a  Curia  debebant  recipere  ,  quibusdam 
ex  eis  prò  quietatione  et  supplemento  quietationis  certi  preteriti  tem- 
poris  in  quaterno  ipso  notati,  de  qua  quantitate  sibi  solvenda  ad  predi- 
ctum Lapum  nostre  littere  emanarunt». 

Si  dichiara  indi  che  il  Tesoriere  Lapo  nulla  pagò  al  Loria ,  e  che 
la  lettera  regia  fu  presentata  al  Re,  che  ordinò  di  lacerarla.  Nella  di- 
stinzione delle  cifre  di  quelle  somme  dovute  per  lo  stipendio  dei  sol- 
dati si  ripete,  poco  più  avanti,  la  notizia  di  quella  lettera  regia  al  Te- 
soriere ,  anco  per  un'  apoca  (iuxta  tenorem  albarani) ,  che  era  stata 
rimessa  dallo  scrittore  della  gente  di  guerra  Giovanni  Scorna  a  Lapo. 

La  data  della  15a  indizione  appare  dalla  menzione  già  riferita  per 
i  conti. 


OOXXXVI. 

sett.,  15a  ind.  a  1287  agosto. 


Il  Re  Giacomo  ordina  al  notavo  Stefano  de  Nicola ,  Secreto 
e  Maestro  Procuratore  di  Sicilia,  di  pagare  a  Pietro  di  Milazzo 
onde  otto,  per  compenso  (emenda)  di  un  cavallo  morto  per  il  ser- 
vizio regio. 

Documento  ricordato  in  quello  del  15  luglio  1288  del  Re  Giacomo 
per  i  conti  del  Loria  (cfr.  appresso  ,  doc.  CCXL1).  La  menzione  è  in 
questi  termini  :  «  Computatis  unciis  octo  solutis  Petro  de  Melacio  prò 
emenda  cuiusdam  equi  sui  mortui  in  nostris  servitiis,  prò  quibus  exhi- 
bendis  eidem,  ad  notarium  Stephanum  de  Nicolao,  olim  infra  predictum 
annum  quintedecime  indictionis  Secretum  et  magistrum  procuratorem 
Sicilie,  mandatum  nostre  celsitudinis  emanavit». 

Il  Secreto  (come  si  dice  appresso)  non  curò  di  pagare  la  somma  al 
de  Milazzo,  e  pertanto  il  Re  fece  lacerare  la  lettera  dopo  il  pagamento 
eseguito  dall'ammiraglio. 

La  data  si  ricava  dall'indicazione  del  tempo  dell'officio  della  Secre- 
zia  tenuto 'dal  De  Nicola. 


(Appendice)  —  580  — 


OOXXXVII. 

1286,  sett.,  15»  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Secreto  e  Maestro  Procuratore  di  Si- 
cilia,  Stefano  de  Nicola,  di  pagare  a  Matteo  de  Arenis  onde 
venti  per  acquisto  di  cavallo,  armi  ed  altro  a  lui  largiti. 

Tale  lettera  regia  è  menzionata  nel  documento  del  15  luglio  1288 
(Vedi  appresso),  con  precise  espressioni  :  «  Necnon  et  unciis  viginti  so- 
lutis  Matheo  de  Arenis,  prò  emendis  equo,  armis  et  aliis  rebus,  in  qui- 
bus  serenitas  nostra  generose  providerat,  et  eas  per  notarium  Stepha- 
num  de  Nicolao,  dudum  infra  eumdem  annum  [quintedecime  indictionis] 
Secretum  et  magistrum  procuratorem  Sicilie,  sibi  exhiberi  preceperat». 

Non  era  stato  eseguito  V  ordine  regio  dal  Secreto  ,  e  la  lettera  fu 
quindi  restituita  al  Re,  che  provvide  che  venisse  lacerata. 

L'indizione  è  segnata  più  sopra  nel  documento  medesimo  del  1288. 


OOXXXVIII. 

1286,  sett.,  15a  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  concede  a  suo  fratello,  il  Re  Alfonso  di  Arago- 
na, V  estrazione  di  salme  seimila  di  frumento  dalla  Sicilia ,  per 
venire  in  sollievo  delle  spese  dal  medesimo  Alfonso  subite  per  la 
guerra  tra  il  Re  Pietro  I  ed  il  Re  di  Francia,  e  che  dovrà  pa- 
gare. 

Documento  ricordato  nell'altro  del  15  luglio  1288  (V.  doc.  CCXLI). 
Riferisco  le  parole  quivi  adoperate:  «  De  summa  salmarum  frumenti  sex 
milium,  quarum  emptionem  eidem  domino  fratri  nostro  concessimus,  in 
subsidium  expensarum,  quas  subiit,  et  eum  solvere  oportet,  prò  guerra 
orta  inter  predictum  dominum  patrem  nostrum  et  regem  Francie  ». 

Si  attesta  per  tale  partita  di  conto,  con  lunga  ed  importante  narrar 
zione,  che  V  Ammiraglio  Loria  è  creditore  di  oncie  settecento  per  no- 
leggio, conchiuso  in  quell'anno,  di  salme  3500  di  frumento  (della  sud- 
detta quantità  di  salme  seimila),  che  dovevano  estrarsi  per  la  Catalo- 
gna, dal  porto  di  Termini,  da  Bernardo  Ferrano  nunzio  di  Pietro   de 


—  581  —  (Appendice) 

Vilariis,  e  costui  del  Re  Alfonso  d'Aragona,  a  ragione  di  tari  sei  per 
salma,  «  iuxta  conventionem  cum  eo  [Bernardo]  exinde  habitam  »  dal 
Loria.  Accadde  però  che,  mentre  la  nave  era  disposta  a  partire  da  Ter- 
mini, «in  eodem  portu  ....  parata  esset  ad  dictum  viagium  profectu- 
ra  »,  gli  Angioini  fecero  un'incursione  in  Augusta,  e  si  soffrì  per  tal 
motivo  carestia  di  frumento  in  Messina,  tanto  che  l'Ammiraglio  dovette 
vendere  a  cotesta  città  il  frumento  a  tari  diciotto  per  salma. 

Arrivata  intanto  la  nave  a  Messina,  i  cittadini  si  rifiutarono  di  ac- 
quistare il  frumento  a  quel  prezzo  dicendo  che  in  Augusta,  già  ripresa 
dalle  armi  aragonesi  (per  nostrum  marinwm  et  terrestrem  exercitum) , 
si  sarebbe  avuto  con  minore  spesa.  11  Loria  fu  costretto  aggiungere 
oncie  406  e  tari  26,  perchè  altrimenti  il  Ferrano  sarebbe  stato  danneg- 
giato. Il  Re  Giacomo,  in  considerazione  dei  servizi  dai  Messinesi  pre- 
stati a  lui  {oh  multimoda  collata  nobis  servitia  per  Messanenses)  ed  a 
dirimere  le  quistioni,  ammise  la  sudetta  somma  di  oncie  406, 26  tra  le 
spese  della  regia  Corte. 

La  data  della  15"  indizione,  relativa  pure  al  documento,  è  espressa- 
mente menzionata  nel  testo. 


CCXXXIX. 

1286,  sett.  15a  ind.  a  1287  agosto. 

L' Ammiraglio  Ruggiero  Loria  scrive  ad  Ugo  Talac,  Maestro 
Portulano  di  Sicilia ,  affinchè  consegni  a  Pietro  di  Caltagirone , 
Protontino  di  Palermo ,  oncie  settecento  per  supplemento  della 
spesa  per  la  munizione  e  l'armamento  dei  vascelli  regii  in  essa 
città. 

Documento  menzionato  in  quello  del  15  luglio  1288  per  i  conti  di 
Loria  (cfr.  appresso).  Vi  è  detto  :  «  Necnon  uumeratis,  [et]  non  inclusis 
in  eodem  introytu,  unciis  septingentis  olim  per  diversas  vices  assigna- 
tis  per  eundem  Hugonem  [Talac]  ad  litteras  predicti  Ammirati  propte- 
rea  sibi  missas,  Petro  de  Calatagirono,  tunc  Prothontino  Panormi,  prò 
supplemento  munitionis  et  armationis  vassellorum  nostrorum  tunc  arnia- 
torum  per  eum  in  civitate  ipsa  ». 

Per  la  data  occorre  notare  che  si  indica  prima  nei  conti  che  quella 
somma  faceva  parte  di  altre  che  furono  consegnate  al  Loria  «  a  vice- 
simo  secundo  octubris  usque  per  totum  septimum  decimura  diem  men- 
sis  madii,  quintedecime  indictionis».  Non  è  quindi  dubbio  che  alla  let- 


(Appendice)  —  582 


tera  dell'Ammiraglio  debba  attribuirsi  la  data  sopra  segnata,  rilevandosi 
altresì  che  essa  fu  inviata  anteriormente  al  mese  di  maggio  1287.  Pare 
anzi  chcquesta  lettera  del  Loria  sia  stata  fatta  per  esecuzione  dell'al- 
tra del  Re  Giacomo  ad  Ugo  Talac  già  ricordata  (V.  doc.  n.  CCXXXIV). 
Dalle  espressioni  da  me  riferite  si  desume  inoltre  che  non  soltanto  nel- 
l'arsenale di  Messina,  ma  anche  in  Palermo  si  armavano  le  navi  di 
guerra. 


OOXL. 

1287,  settembre  29,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo,  in  seguito  alla  presentazione  dei  quaderni  di 
introito  ed  esito  fatta  dall'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  per  V am- 
ministrazione del  suo  officio  dal  primo  luglio,  13*  indizione  (1285) 
a  31  agosto,  15*  indizione  (1287)  tanto  in  Catalogna  che  in  Sici- 
lia, contenenti  la  notizia  delle  somme  ricevute  dagli  officiali  della 
regia  Corte,  o  mutuate  dallo  stesso  Ammiraglio ,  o  ricavate  da 
vendite  di  servi  e  vascelli,  riscatto  e  liberazione  di  prigionieri,  e 
delle  spese  per  riparazioni,  munizione  ed  armamento  del  naviglio 
reale,  rilascia  (dopo  la  conveniente  dimostrazione  dei  conti  resa 
alla  regia  Corte)  ampia  quietanza  al  medesimo  Ammiraglio  per 
la  sua  amministrazione  sin  dall'epoca  della  sua  nomina  (20  a- 
prile  1283)  a  tutto  giugno,  13*  indizione  (1285),  e  per  il  tempo  po- 
steriore per  i  conti  ora  presentati,  come  sopra  è  detto.  Ordina  al- 
tresì che,  nonostante  che  secondo  il  rito  e  la  consuetudine  del  re- 
gno, i  risultati  dei  conti  debbano  essere  riferiti  nella  stia  quie- 
tanza (in  presenti  apodixa),  questa  abbia  il  suo  pieno  vigore,  ri- 
mosso ogni  dubbio  o  questione  per  cautela  dell' Ammiraglio  e  dei 
suoi  eredi. 

Iacobus  dei  gratia  rex  Sicilie,  dueatus  Apulie  et  principatus 
Capue.  Notum  fieri  volumus  universis  tani  presentibus  quam  fu- 
turis  quod  nobilis  Rogerius  de  Lauda,  miles  ,  regnorum  Arago- 
num,  Sicilie,  Maioricarum,  Valencie  et  comitatus  Barsillonie  Ara- 
miratus,  dilectus  consiliarius,  familiaris  et  fidelis  noster,  presens 
corani  magestatis  nostre  presentia  ad  ponendum  coram  nobis  tì- 
nalem  et  debitam  rationem  de  pecunia  et  rebus  aliis  per  euni  , 


—  583  — -  (Appendice) 

subofficiales  et  [nuntios]  suos,  receptis  ,  solutis  et  assignatis  prò 
quibuscumque  causis  et  negotiis ,  ostendit  et  assignavit  culmini 
nostro  quaternos  introytus  et  exitus  pecunie  et  aliarum  rerum  , 
per  eum  ac  diversos  commissarios,  nuntios  et  subofficiales  suos, 
a  primo  die  mensis  iulii  terciedecime,  usque  per  totum  mensem  au- 
gusti, quintedecime   indictionum   proximo  preteritarum,  per  di- 
versas  vices,   loca  et  tempora  receptarum,  prò  parte  nostre  Cu- 
rie ,  in  Catalonia  et  Sicilia  ,  tam  a  diversis  officialibus  Curie  et 
personis  aliis,  de  pecunia  Curie  et  eorum  propria  et  per  seipsum 
Curie  mutuata,  et  recepta  prò  aliis  diversis  causis  et  negotiis,  quam 
de  venditionibus  servorum,  vassellorum  et  aliarum  rerum,  redem- 
ptionibus  et  liberationibus  captivorum  rebellium   et  inimicorum 
nostrorum,  olim  per  totum  tempus  ipsum  acquisitorum  et  capto- 
rum  per  eumdem  Ammiratum  et  suos  commissarios  cum  nostro 
felici  extolio  et  vassellis  aliis,  necnon  solutarum  et  assignatarum 
per  eos,  per  totum  predictum  tempus,  in  predictis  partibus,  prò 
reparationibus,  munitionibus  et  armationibus  extoliorum  nostro- 
rum  et  aliis  diversis  causis,  negotiis  et  servitiis.  Quibus  quater- 
nis  visis,  examinatis  et  discussis,  eumdem  Ammiratum  et  here- 
des  suos  de  tota  quanti  tate  pecunie  et  aliarum  rerum  ,  per  eum 
ac  commissarios  et  subofficiales  suos,  a  tempore  quo  commissum 
sibi  predicte  ammiratie  officium  exercere  incepit  in  antea,  usque 
per  totum  mensem  iunii,  diete  tertiedecime  indictionis,  et  a  pre- 
dicto  primo  iulii  usque  per  totum   predictum   mensem   augusti , 
diete  quintedecirae  indictionis,  receptarum,  solutarum  et  assigna- 
tarum ,  prò  predictis  et  aliis  quibuscumque  causis  et  negotiis , 
de  quibus    coram    magna  nostra  Curia  quaternos  introytus    et 
exitus  assignavit,  fìnalem  et  debitam  posuit  rationem  et  integre 
Curie  satisfecit ,  in  et  ab  omni  onere  positionis  et  satisfactionis 
rationis  predicti  officii  totius  predicti  temporis  totaliter  absol- 
vimus  et  quietamus.  Et  non  obstante  ritu  Curie  ,  qui  secundum 
consuetudinem  regni  nostri  Sicilie  servatur  in  talibus ,  prò  quo 
in  presenti  apodixa  particulariter  seu  sumarie  non  continetur  in- 
troytus et  exitus  pecunie  et  aliarum  rerum  totius  predicti  tempo- 
ris ,  qui  iuxta  predictum  ritum  distingui  et  contineri  debebat , 
presens  scriptum  quitantie  omne  robur ,  cautelarli  et  firmitatem 
habere  volumus,  ac  si  de  predictis  omnibus  in  presenti  apodixa 
piena  et  expressa  mentio  facta  esset,  et  predicta  omnia  distincte 
et  particulariter  contineret ,  questionibus ,   dubiis  et  defectibus. 


(Appendice)  —  584  — 

inventis  et  notatis  in  rationibus  predictis,  sibi  per  nos  de  speciali 
gratia  relaxatis.  In  cuius  rei  testimonium  ac  predicti  Ammirati 
suorutnque  heredum  cautelam,  sibi  exinde  presentem  absolutio- 
nis  et  quietantie  apodixam  fieri ,  et  magestatis  nostre  sigillo 
pendenti  iussimus  communiri.  Datum  Messane  ,  anno  dominice 
incarnationis  M°  CG°  LXXXVII0 ,  mense  septembris  ,  penultimo 
eiusdem,  prime  indictionis,  regni  nostri  anno  secundo. 

Documento  in  pergamena,  segnato  di  n.  719  ,  e  conservato  nell'  ar- 
chivio della  Cattedrale  di  Valenza  (Spagna). 

Pubblicato  dal  prof.  Huici  ,  nella  Revista  del  centro  de  Estud.  hist. 
di  Granata  cit.  an.  IV  (1914),  pag.  149  e  seg.,  con  un  brevissimo  argo- 
mento e  col  ricordo  che  in  fine  della  pergamena  è  attaccato  il  sigillo 
reale,  notando  :  «  En  el  sello  :  1J1  S.  Iacobi  dei  gra.  rex  .  .  .  .  Ap  .  .  . 
p  .  .  at  .  .  Capue.  Es  la  misma  leyenda  del  encabezamiento»  ,  cioè 
dell'inizio  della  lettera  regia. 

Nel  riprodurre  qui  il  testo  del  documento,  ho  corretto  l'erronea  pa- 
rola numarios,  che  riscontrasi  nell'  ediz.  di  Huici  invece  di  nuntios,  e 
qualche  altra,  e  riformato  l'ortografia  nella  parte  finale,  che  riusciva 
quasi  incomprensibile. 

Questa  breve  e  generale  approvazione  regia,  formata  contrariamente 
(come  quivi  si  afferma)  ai  sistemi  delle  apoche  di  quietanza  ,  che  do- 
veano  contenere  le  distinzioni  delle  partite  dei  conti  d'introito  ed  esito, 
sembra  che  sia  stata  rilasciata  per  desiderio  dell'  ammiraglio  Loria  di 
possedere  sollecitamente  quella  dichiarazione,  o  piuttosto  per  la  diffi- 
coltà di  riportare  in  breve  tempo  i  risultati  principali  degli  estesi» conti 
dal  1285  all'agosto  1287,  cioè  un  mese  innanzi  di  questa  approvazione. 
E  degno  di  nota  che  il  Re  Giacomo  approvava  i  conti  di  Loria  sin  dal 
tempo  della  nomina  di  costui  ad  ammiraglio  (20  aprile  1283).  Per  tale 
primo  periodo  di  amministrazione,  cioè  dal  20  aprile  a  settembre  1283,  ri- 
mane l'approvazione  concessa  da  Giacomo,  allora  Infante,  col  documen- 
to del  22  giugno  1284  (cfr,  sopra,  doc.  CGXXII),  cioè  dopo  quasi  un  anno 
dalla  presentazione  dei  conti.  Manca  invece,  perchè  forse  andò  disperso, 
il  documento  di  approvazione  dell'  Infante  per  i  conti  concernenti  il 
periodo  da  ottobre  1283  al  giugno  1285,  che  dovettero  essere  esibiti  re- 
golarmente dal  Loria,  come  ne  fanno  fede  gli  anteriori,  e  quelli  da  lu- 
glio 1285  ad  agosto  1287  ,  dei  quali  ultimi  si  ha  la  conferma  regia  col 
riassunto  delle  partite  dei  conti  (Vedi  doc.  CGXLI).  Il  Re  Giacomo  a  8 
marzo  1292  conveniva  generosamente  con  un  suo  atto  che ,  se  Loria 
morisse  senza  aver  potuto  rendere  i  conti  del  suo  ufficio,  egli  non  a- 
vrebbe  molestato  i  successori  del  Loria  per  esibirli  (cfr.  appresso,  doc. 
di  tale  data). 


—  585  —  (Appendice) 

Riesce  opportuno  qui  ricordare  che  gli  officiali  del  regno  di  Sicilia 
erano  obbligati  a  presentare  i  conti  annuali  della  loro  amministrazione 
ai  Maestri  Razionali,  come  si  rileva  chiaramente  dalle  istruzioni  ema- 
nate dall'imperatore  Federico  II  nel  1247-48,  dirette  Bacionalibus  Sì 
cilie,  e  pubblicate  da  Winkelmann,  Ada  imperii  inedita  cit.  pag.  693 
seg.,  traendole  dal  registro  di  Marsiglia.  Sotto  il  Re  Manfredi  altri  ca- 
pitoli furono  approvati  per  le  attribuzioni  dei  Maestri  Razionali,  e  per 
il  modo  come  dovevano  rendersi  i  conti  dai  vari  ufficiali  (Winkelmann 
cit.  pag.  748-753);  ma  non  si  trova  alcuna  menzione  per  i  conti  del- 
l'ammiraglio. 

Per  i  capitoli  dell'  officio  dell'  ammiragliato  sanciti  dall'  imperatore 
Federico  II  prima  del  1239,  e  che  furono  senza  dubbio  (come  gli  altri) 
in  vigore  durante  il  regno  di  Giacomo  ,  era  stabilito  tra  1'  altro  che 
l'ammiraglio  «de  introitu  et  exitu  totius  pecunie  et  rerum  expenden- 
darum-  et  recipiendarum  per  illos,  qui  ad  hoc  sunt  per  Curiam  nostram 
statuti  et  in  antea  statuentur  ,  plenam  notitiam  et  conscientiam  ha- 
beat,  ita  quod  eosdem  ammiratum  et  ordinatos  suos  nihil  exinde  lateat» 
Davansi  all'uopo  altre  norme  per  quei  conti  (cfr.  Tutini,  Discorsi  dei 
sette  uffìcii  cit.  Roma,  1666,  pag.  4  e  seg.,  e  la  ristampa  del  testo  data  ria 
Huillard  -  Bréholles,  Historia  diplom.  Friderici  II  cit.  t.  V,  parte  I, 
pag.  578  e  seg.). 

È  noto  che  il  Re  Giacomo  nelle  sue  costituzioni  approvate  nel  1286 
esentò  gli  ufficiali ,  che  avevano  esercitato  la  loro  amministrazione  al 
tempo  del  Re  Carlo  I  d'Angiò,  «de  ponendis  exinde  rationibus  coram 
magistris  rationalibus  magne  Curie  nostre  vel  alibi  *  (Cap.  regni  Siciliae, 
cap.  XLVII ,  ed.  Testa,  cit.  t.  I,  pag.  27).  Dopo  l'esame  dei  conti  , 
doveva  ottenersi  Vapodixa  quietancie  dal  Re,  per  la  quale  si  pagava  il 
diritto  di  sigillo ,  come  è  ordinato  nei  capitoli  speciali  dell'  epoca  an- 
gioina, richiamati  in  osservanza  sotto  gli  Aragonesi:  «  De  apodixis  quie- 
tancie, si  sit  officiàlium  maiorum,  puta  Vicarii,  Ammirati  .  .  .  prò  quo- 
libet  anno,  solvantur  prò  quolibet  uncie  quinque»  (cfr.  G.  La  Mantia, 
Capitoli  angioini  sul  diritto  di  sigillo  della  Cancelleria  regia  per  la  Si- 
cilia posteriori  al  1272,  neWArch.  Stor.  Sic,  an.  XXXII,  1907,  pag.  450). 

Il  giureconsulto  napolitano  Andrea  D'  Isernia  (fl316)  nel  suo  la- 
voro sul  rito  della  regia  Camera  dava  anche  notizia  del  sistema  di  presen- 
tazione dei  conti  degli  ufficiali,  che  si  vede  conforme  a  quello  usato  in 
Sicilia  sotto  Giacomo:  «Officiales  debeut  ponere  rationes,  facere  qua- 
ternos  introitus  et  exitus,  ostendere  et  solvere  quod  restat  apud  eos , 
et  hoc  est  in  qualibet  administracione.  Qui  non  reddit.  rationem.  tene- 
tur  mandati  vel  alia  actione,  sicut  inducit  conditio  administrationis  ge- 
ste  ;  dicunt  Magistri  Rationales  quod  potest  talis  officialis  condemnari 
ad  arbitrium  regis,  et  est  ratio  quia  eo  ipso  quod  non  computat,  dolo 
facit».  Esaminava  altresì  i  casi  di  responsabilità  degli  eredi  dell'ufficiale 


(Appendice)  —  586  — 

per  i  conti  (C.  N.  Pisano,  Ritus  regiae  Camerae  Summariae  regni  Nea- 
polis.  Ivi,  1689,  pag.  627).  I  nomi  di  ritus  e  di  consuetudo  regni  Sicilie, 
che  adoperavansi  nell'  isola  per  quanto  concerneva  il  rendimento  dei 
conti,  provano  inoltre  che  seguivansi  metodi  simili  a  quelli,  già  men- 
tovati, della  corte  angioina  in  Napoli. 

Per  i  conti  del  Loria  del  1285-87,  distintamente  esposti  nelle  varie 
partite,  cfr.  il  documento  seguente. 


COXLI. 

1288,  luglio  15,  indizione  la,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  dopo  la  presentazione,  eseguita  dall'  Ammira- 
glio Ruggiero  Loria  in  settembre  1287,  dei  conti  concernenti  l'am- 
ministrazionè  del  suo  ufficio  dal  1°  luglio,  J3a  indizione  (1285)  a 
tutto  il  mese  di  agosto,  15*  indizione  (1287)  approva  i  conti  sud- 
detti, nonostante  che  dal  loro  esame  siano  sorte  «  multe  questio- 
nes,  deductiones,  defectus  et  dubia  »,  e  che  la  regia  Corte  possa 
richiedere  «  rationabiliter  et  iuste  »  l'aggiunzione  di  somme  non 
lievi  nell'introito  e  la  deduzione  di  altre  per  l'esito,  e  siano  state 
omesse  nella  trascrizione  alcune  partite ,  che  riportansi  in  fine 
del  documento. 

Dai  conti  (che  vengono  inseriti  nella  lettera  di  approvazione) 
si  desume  che  Loria  assegnò  alla  Corte  i  vari  quaderni  dei  conti. 

L'Ammiraglio  indica  minutamente  nella  parte  dell'introito  le 
somme  di  denaro  : 

a)  ricevute  da  lui  e  da  altri  ufficiali,  provenienti  da  diverse 
entrate ,  e  destinate  per  reclutamento  di  soldati  da  mandare  da 
Catalogna  in  Sicilia. 

b)  mutuate  da  cittadini  di  Barcellona  per  reclutare  soldati 
e  per  l'armamento  di  galere,  a  spese  comuni  dei  Re  Giacomo  ed 
Alfonso,  da  sostenersi  in  metà  per  ognuno. 

e)  ricevute  per  liberazione  e  riscatto  di  prigionieri  fatti  nella 
battaglia  di  Serignan  e  di  Béziers  (in  Provenza)  ed  in  quella 
delle  isole  Kerkene  in  Africa  nel  1286,  per  metà  ad  ognuno  dei 
suddetti  sovrani. 

d)  per  diritto  di  estrazione  di  vettovaglie  e  per  vendita  di 
Saraceni  presi  nelle  isole  Kerkene. 


—  587  —  (Appendice) 

e)  da  parte  della  città  di  Messina  e  dai  Giustizieri  di  Sici- 
lia (distintamente  indicati)  sul  denaro  della  sovvenzione  regia , 
imposta  e  tassata  nell'isola  per  la  riparazione  ed  armamento  del 
naviglio  regio,  nella  somma  complessiva  di  onde  11506. 12. 

f)  da  parte  di  vari  ufficiali  della  regia  Corte  per  ragione 
del  loro  ufficio,  per  l'armamento  suddetto. 

g)  da  diversi  corniti  feudatari  di  Messina  per  il  servizio  al 
quale  sono  obbligati  per  i  loro  feudi,  non  essendo  venuti  perso- 
nalmente, e  da  altri  per  alcuni  mutui. 

h)  dagli  Angioini  per  liberazione  e  riscatto  di  Francesi,  Pro- 
venzali e  Latini,  fatti  prigionieri  nella  battaglia  navale  tra  Na- 
poli e  Sorrento  in  giugno  1287,  nella  somma  di  onde  3444. 10. 

i)  da  diverse  persone  per  liberazione  di  prigionieri  di  Gae- 
ta, Sorrento  e  Cava. 

j)  da  diversi  per  danaro  proveniente  da  vendita  di  nave,  da 
bottino  di  nemici  e  da  composizione  di  abitanti  di  Procida. 

k)  dai  Protontini  di  Barletta  e  di  Monopoli  per  le  spese  di 
loro  viaggio  da  Messina  a  Napoli. 

1)  da  diversi  pirati  per  il  diritto  del  quinto  di  preda  ed  al- 
tro acquistato  «per  eos  in  ipsa  piratica  exercenda». 

La  somma  totale  dell'introito,  computate  alcune  partite  mino- 
ri, è  in  onde  di  oro  26128.  7. 

Enumera  nell'esito  i  pagamenti  eseguiti  : 

a)  per  corniti,  nocchieri,  balestrieri  e  marinai  che  andarono 
in  Catalogna,  dopo  il  ritorno  dalle  isole  Kerkcne. 

b)  per  balestrieri  e  pedoni  assoldati  in  Valenza  e  Barcel- 
lona per  il  servizio  regio  in  Sicilia,  e  per  noleggio  delle  navi  per 
il  loro  viaggio. 

e)  per  pagamento  di  soldati,  che  da  Catalogna  recavansi  in 
Sicilia  per  andare  alle  Kerkene. 

d)  per  biscotto  e  vitto  dei  marinai,  e  per  oggetti  e  armi  di- 
verse per  le  suddette  navi. 

e)  per  i  soldati  reclutati  in  Catalogna  e  venuti  in  Sicilia. 

f)  per  balestrieri  reclutati  in  Trapani,  che  doveano  recarsi 
in  Catalogna. 

g)  per  armamento  di  galere  in  Catalogna  e  Maiorca  per  an- 
dare alle  Kerkene,  la  quale  spesa  doveva  essere  sostenuta  insieme, 
in  metà  per  ognuno  dal  Re  Alfonso  di  Aragona  e  dal  Re  Gia- 
como, e  per  altre  galere  da  armarsi  in  Sicilia. 


(Appendice)  —  588  — 

h)  per  vitto  e  custodia  dei  Saraceni  fatti  prigionieri  alle 
Kerkene,  e  di  altri  prigionieri. 

i)  per  la  casa  (hospicio)  della  regina  madre  e  del  Re. 

j)  per  conto  della  dote  dovuta  a  Manfredi,  figlio  del  mar- 
chese di  Saluzzo 

k)  per  compenso  di  cavalli  morti  nella  guerra. 

1)  per  assoldare  marinai  per  l'armata. 

m)  per  supplimento  di  soldo  ai  nocchieri  e  marinai,  di  ogni 
grado,  di  varie  terre  di  Sicilia. 

n)  per  frumento  da  inviarsi  a  Scalea  per  munizione  di  quel 
castello,  e  per  le  spese  di  balestrieri  e  almogaveri  e  di  armi  per 
l'espugnazione  di  Augusta  nel  1287. 

o)  per  alcune  spese  minori,  ed  acquisti  diversi. 

p)  per  restituzione  di  somme  di  mutui  fatti  dall'ammiraglio. 

q)  per  lo  stipendio  che  al  Loria  appartiene. 
La  somma  totale  dell'esito  è  in  onde  di  oro  26189.15.4. 

Iacobus  dei  gratia  rex  Sicilie  ,  ducatus  Apulie  et  principatus 
Capue.  Notum  facimus  universis  quod  nobilis  Rogerius  de  Lau- 
ria,  regnoruin  Aragonum,  Sicilie  ,  Valentie ,  Maioricarum  et  co- 
mitatus  Barcellonie  Ammiratus,  dilectus  consiliarius  ,  familiaris 
et  fidelis  noster,  olim  sexto  die  mensis  septembris,  huius  prime 
indictionis  ,  apud  Messanam  ,  presens  corani  nostra  celsitudine 
ad  ponendam  de  predicto  ammiratie  officio  sibi  commisso,  necnon 
introytu  et  exitu  totius  pecunie  et  aliarum  rerum  quarumlibet 
per  eum  ,  commissarios  et  subofficiales  suos  ,  prò  parte  nostre 
Curie  receptarum  et  assignatarum,  a  primo  die  mensis  iulii  ter- 
tiedecime,  usque  per  totum  mensem  augusti,  sequentis  quintede- 
cime indictionum  proximo  preteritarum  ,  finalem  et  debitam  ra- 
tionem,  et  ad  satisfaciendum  nostre  Camere  de  toto  eo ,  in  quo 
per  rationem  eamdem  debitor  nostre  Curie  appareret,  ostendit  et 
presentavit  Curie  nostre  quasdam  literas  commissionis  sibi  facte 
per  serenissimum  quondam  dominum  regem  Petrum  ,  illustrem 
regem  Aragonum  et  Sicilie,  dominum  patrem  nostrum,  dare  me- 
morie, et  alias  litteras  nostras  commissionis  sibi  facte  per  nos , 
post  predicti  domini  patris  nostri  obitum,  de  predicto  ammiratie 
officio  ,  quarum  auctoritate  offìcium  ipsum  per  totum  predictum 
tempus  exercuit  et  exercet,  commissionibus  ipsis  ,  eo  quod  pre- 
dictum exercet  offìcium,  remanentibus  penes  eum.  Ostendit  etiam 


—  o89  —  (Appendice) 

et  assignavit  eidem  Curie ,  in  nostri  presentia ,  quaternos  gene- 
ralis  introytus  et  exitus  pecunie  et  aliarum  rerum  quarumlibet, 
per  eum,  commissarios,  subofficiales  et  nuntios  suos  receptarum 
et  assignatarum  ,  prò  subscriptis  causis  et  negotiis ,  per  totum 
tempus  predictum.  Et  per  quaternum  sui  introytus,  per  eum  Cu- 
rie assignatum,  ponit  et  ostendit,  per  manus  suas  et  infrascripto- 
rum  diversorum  commissariorum  ,  nuntiorum  et  subofficialium 
suorum,  quorum  nomina  et  cognomina  ,  quantitas  pecunie  per 
quemlibet  eorum  recepta,  a  quibus,  quantum  a  quolibet,  quibus 
temporibus  et  locis  et  prò  quibus  causis,  in  eodeni  quaterno  di- 
stincte  notantur,  olim  per  diversas  vices  et  tempora  subdistincta, 
per  totum  predictum  tempus  ,  auctoritate  tam  predictarum  com- 
missionum  et  sui  ammiratie  officii ,  quam  mandatorum  nostro- 
rum  ,  infra  tempus  ipsum  propterea  sibi  missorum  ,  que  Curie 
assignavit,  et  oretenus  sibi  factorum,  prò  parte  Curie  recepisse  a 
seipso  et  subscriptis  offìcialibus  Curie  et  personis  aliis,  de  pecu- 
nia promissionis  armate  nostri  felicis  extolii  et  alia  pecunia  Cu- 
rie expensa  per  manus  eorum  ,  necnon  de  infrascripta  pecunia 
per  eum  et  alios  Curie  debita ,  prò  subscriptis  causis,  et  mutuo 
a  seipso  et  subscriptis  mutuatoribus,  de  eorum  pecunia  propria, 
prò  reparatione ,  munitione  et  armatione  dicti  nostri  extolii  et 
aliorum  vassellorum  nostre  Curie  ,  infra  predictum  tempus  ar- 
matorum  prò  nostris  servitiis ,  et  prò  aliis  causis ,  negotiis  et 
servitiis  subdistinctis,  sicut  predictus  quaternus  particulariter  et 
piene  distinguit,  ad  generale  pondus,  pecunie  et  denariorum  re- 
galium  quantitatem  subdistinctam,  videlicet  : 

Olim  infra  mensem  aprilis  ,  quartedecime  indictionis  nupei 
preterite,  a  Bertrando  de  Bellopodio,  tunc  regni  Sicilie  Thesau- 
rario,  consiliario,  familiari  et  fìdeli  nostro,  de  pecunia  Curie  exì- 
stente  per  manus  suas  ,  convertendas  per  eumdem  Ammiratum 
in  nostris  servitiis,  per  eum  in  Catalonie  partibus  faciendis  :  un- 
cias  mille.  Vicesimo  eiusdem  mensis  aprilis  apud  Panormum  , 
mutuo  a  Matheo  de  Thermis  ,  magne  Curie  nostre  magistro  Ry- 
tionale,  consiliario,  familiare  et  Meli  nostro,  assignante  sibi  per 
manus  Laurencii  de  Calatabuturo,  solventis  nomine  et  prò  parte 
ipsius  Mathei ,  de  pecunia  propria  eiusdem  Mathei  :  uncias  cen- 
tum.  Vicesimo  tertio  eiusdem,  apud  Trapanum,  a  Rogerio  de  Ma- 
nueli ,  quas  idem  Rogerius  prò  parte  Curie  nostre  receperat  a 
Bonsignoro  de  Aloysio,  tunc  Iusticiario  vallis  Mazarie,  assignante 


(Appendice)  —  590  — 

sibi  ad  mandatum  nostrum  tunc  propterea  sibi  factum  ,  conver- 
tendas  per  predictum  Ammiratum  in  munitione  et  armatione 
duarum  galearum  et  unius  vaccette  Curie  nostre ,  cura  quibus 
idem  Ammiratus  tunc  temporis  ad  partes  Gatalonie,  prò  nostris 
servitiis,  est  profectus  :  uncias  ducentas.  Infra  predictum  mensem 
aprilis,  apud  Trapanum,  a  seipso ,  in  quibus  nostre  Curie  tene- 
batur,  prò  iure  exiture  salmarum  frumenti  trecentarum,  tunc  ex- 
tractarum  per  eum  de  portu  Trapani  cum  quadam  terida  sua 
vocata  Sanctus  Iulianus,  cuius  erat  prepositus  Tulianus  Boscus, 
ferendarum  abinde  in  Cataloniam,  ad  rationem  de  tarenis  tribus 
per  salmam  :  uncias  triginta.  Olim  infra  menses  iunii  et  iulii 
diete  quartedecime  indictionis ,  apud  Barcelloniam  ,  auctoritate 
patentium  litterarum  nostrarum  ,  quas  Curie  assignavit ,  conti- 
nente talis  : 

[Segue  il  testo  del  documento  del  29  marzo  1286]. 

Recepisse  a  diversis  mercatoribus  catalanis ,  prò  unciis  qua- 
tringentis  quinquaginta  tribus ,  tarenis  decem  et  granis  quinde- 
cim  ponderis  generalis,  per  eos  debitis  Curie  prò  iure  exiture  et 
dohane  salmarum  frumenti  trium  milium  quatringentarum,  tunc 
concessarum  eis  per  predictum  Ammiratum  ,  prò  parte  nostre 
Curie,  auctoritate  ipsarum  litterarum  nostrarum,  ad  extrahendum 
de  portubus  Sicilie  et  ferendum  extra  regnum  ad  loca  licita  et 
permissa ,  quorum  mercatorum  nomina  et  cognomina  et  quanti- 
tas  exiture  cuilibet  eorum  concesse,  et  prò  quanta  quantitate  pe- 
cunie, in  eodem  quaterno  particulariter  continentur,  ad  rationem 
de  tarenis  tribus  prò  iure  exiture  et  de  tareno  uno  prò  iure  do- 
hane cuiuslibet  salme  ipsius  frumenti  promisse  eisdem  merca- 
toribus per  dictum  Ammiratum,  prò  parte  nostre  Curie,  et  con- 
vento, auctoritate  predictarum  litterarum,  quod  si  predicti  mer- 
catores  vel  aliqui  ex  eis  predictam  quantitatem  frumenti,  in  toto 
vel  in  parte,  vellent  extrahere  in  Cataloniam  deferendam,  liceret 
eis  ,  ultra  quantitatem  extrahendam  et  ferendam  in  Cataloniam 
de  summa  predicta  ,  extrahere  de  Sicilie  portubus  et  ad  partes 
ipsas  deferre ,  libere  a  iure  exiture  et  dohane  ipsius ,  quartam 
partem  quantitatis  eiusdem  extrahende  et  ad  dictas  partes  Cata- 
lonie  deferende ,  eo  quod  prò  solidandis  in  eisdem  partibus  ba- 
listariis  et  servientibus,  ad  partes  Sicilie  prò  nostris  servitiis  de- 
stinandis ,  et  faciendis  aliis  nostris  servitiis  sibi  in  eisdem  par- 
tibus per  nos  ad  exequendum  commissis,  pecunia  erat  sibi  più- 


—  591  —  (Appendice) 

rimum  oportuna  ;  denariorum  regalium,  ad  rationem  de  ipsorum 
denariorum  libris  duabus ,  solidis  decetn  per  unciam  ,  libras  de 
numero  millecentum  triginta  tres  ,  solidos  sex  et  denari os  octo. 
Infra  menses  iunii  et  iulii,  quartedecime  indictionis,  per  diversas 
vices,  aput  Barcelloniam  ,  a  Raymundo  Marketto  et  Raymundo 
Favellerio ,  de  eadem  terra  Barcellonie ,  quas  idem  Ammiratus 
per  eumdem  quaternum  posuit  et  ostendit  se  recepisse  et  emisse 
ab  eisdem,  prò  unciis  auri  quingentis  decem,  tarenis  tredecim  et 
granis  quinque,  de  predicta  pecunia  sibi  assignata  in  Sicilie  par- 
tibus ,  prò  exequendis  et  faciendis  exinde  in  Gatalonia  diversis 
nostris  negotiis,  sibi  in  eisdem  partibus  per  nostram  celsitudinem 
ad  exequendum  commissis,  ad  rationem  eamdem  de  denariorum 
regalium  libris  duabus,  solidis  decem  per  unciam.  sicut  predictus 
quaternus  plenarie  distinguit  :  eorumdem  denariorum  libras  de 
numero  mille  ducentas  septuaginta  sex,  solidos  duos  et  denarium 
unum.  Olim  a  septimo  iulii ,  usque  per  totum  secundum  diem 
mensis  augusti  diete  quartedecime  indictionis,  per  diversas  vices 
aput  Barcelloniam  et  maritimam  de  Bagnolis ,  auctoritate  pre- 
dictarum  patentium  litterarum  nostrani m,  mutuo  recepisse,  in  de- 
fectu  pecunie  Curie  tunc  non  existentis  per  manus  suas  in  neces- 
saria quantitate,  ab  eisdem  Raymundo  Marketlo  et  Raymundo  Fa- 
vellerio, de  eorum  pecunia  propria,  prò  solidandis  in  eisdem  par- 
tibus militibus  et  equitibus  in  Siciliam  ad  nostra  servitia  tran- 
smittendis,  necnon  aliis  nostris  servitiis  et  munitione  predictarum 
galearum  duarum  et  unius  vaccette  armatarum  per  eumdem  in 
dieta  terra  Trapani,  cum  quibus  ad  dictas  partes  Catalonie  navi- 
gava ,  companagio  et  aliis  necessariis ,  tam  personarum  in  eis 
navigantium,  quam  vassellorum  ipsorum,  restituendis  eis  per  no- 
stram Curiata  \el  Amrniratum  eumdem,  prò  quibus  idem  Ammi- 
ratus prò  parte  nostre  Curie,  auctoritate  predictarum  litterarum, 
promisit  et  convenit  eisdem  mercatoribus  restituere  et  exhibere, 
de  pecunia  Curie,  que  ad  manus  suas  pervenerit,  vel  per  Curiam 
nostram  restituì  et  exhibere  facere  ,  que  contingunt  ad  rationem 
predictam  de  denariorum  regalium  libris  duabus,  solidis  decem 
per  unciam,  ad  generale  pondus  :  uncias  nongentas,  tarenos  duos, 
grana  decem  et  septem  ,  predictorum  denariorum  libras  de  nu- 
mero duomilia  ducentas  quinquaginta,  solidos  quatuor  et  denarios 
novem.  Summa  introytus  prediate  pecunie  et  denariorum  rega- 
lium, ad  idem  pondus  :  uncie  mille  trecente  triginta,  et  predicto- 


(Appendice)  —  592  — 

rum  denariorum  libre  de  numero  quatuormilia  sexcente  quinqua- 
ginta  novem,  solidi  tredecim  et  denarii  sex. 

Posuit  etiam  et  ostendit  per  eumdem  quaternum  sui  introy- 
tus,  auctoritate  predictarum  patentium  litterarum,  olim  infra  pre- 
dictum  mensem  iulii  mutuo  recepisse ,  in  defectu  pecunie  Curie 
tunc  non  existentis  per  manus  suas  in  necessaria  quantitate  ,  a 
subscriptis  hominibus  Barcellonie ,  de  eorum  pecunia  propria , 
prò  solidandis  in  predictis  Gatalonie  partibus  comitis  ,  naucle- 
riis,  balistariis  et  personis  aliis,  tunc  deputandis  ad  armationem 
certi  numeri  galearum  armandarum  in  eisdem  partibus  in  comuni, 
prò  comunibus  servitiis  et  utilitatibus  serenissimi  et  carissimi 
fratris  nostri  domini  Alfonsi,  illustris  regis  Aragonum,  Valentie, 
Maioricarum  et  comitis  Barcellonie  et  nostris,  prò  quorum  vas- 
sellorum  armationibus  medietas  pecunie  et  aliorum  necessariorum 
per  predictum  fratrem  nostrum  et  reliqua  medietas  per  nos  ex- 
hibita  extitit  et  soluta  ,  sicut  infra  in  exitu  particulariter  et  di- 
stincte  notatur  ,  prò  qua  idem  Ammiratus ,  auctoritate  predicta- 
rum litterarum,  promisit  et  convenit,  de  pecunia  Curie  prius  ad 
manus  suas  perventura,  restituere  et  exhibere,  et  in  eius  defectu 
per  nostram  Curiam  restituì  facere  predictis  mutuatoribus  pecu- 
niam  contingentem,  ana  predictorum  denariorum  regalium  libras 
duas,  solidos  decem  per  unciam,  denariorum  ipsorum  quantita- 
tem  subdistinctam  ,  videlicet  :  a  Raymundo  Marketto  libras  de 
numero  mille  quingentas;  a  Berlingerio  Maylo  libras  de  numero 
mille  quingentas;  a  Raymundo  Favellerio  libras  de  numero  mille 
trecentas;  et  a  Iacobo  de  Sancto  demento  libras  de  numero  du- 
centas  triginta,  solidum  unum,  denarios  decem. 

Ostendit  per  quaternum  eumdem  prò  parte  nostre  Curie  rece- 
pisse ,  prò  denariorum  magonensium  libris  de  numero  quatrin- 
gentis,  contingentibus  nos  prò  medietate  librarum  octingentarum 
denariorum  ipsorum,  per  eum,  prò  parte  dicti  domini  fratris  no- 
stri et  nostra,  receptis,  prò  liberatione  et  redemptione  quamplu- 
rium  personarum  captarum  per  eum,  cuoi  predictis  galeis  in  co- 
muni armatis,  in  conflictu  Serignany  et  Besers  ,  reliqua  medie- 
tate  acquisita  predicto  domino  fratri  nostro,  ad  rationem  de  libris 
duabus,  solidis  sedecim  denariorum  ipsorum  per  unciam,  ad  di- 
ctum  generale  pondus:  uncias  centum  quatragintaduas ,  tarenos 
viginti  quinque,  grana  sedecim.  Infra  menses  septembris  et  octu- 
bris  predicte  quintedecime  indictionis,  que  contingebant  nos  prò 


—  593  —  (Appendice) 

medietate  unciarum  auri  quatuor  milium  quatringentarum  qua- 
traginta  duarum,  tarenoruoi  viginti  duorum  et  granorum  quinque, 
dicti  ponderis ,  perceptarum  per  predictum  Ammiratimi  et  eius 
commissarios  de  venditione  Sarracenorum  mille  ducentorum  quin- 
quaginta  quatuor,  utriusque  sexus,  olim  infra  mensem  augusti,  diete 
quartedecime  indictionis,  acquisitorum  et  captorum  per  eumdem 
Ammiratum,  ad  opus  predicti  domini  fratris  nostri  et  nostrum, 
in  insula  Quarkani,  cum  predictis  galeis  armatis  in  Sicilia  et 
Catalonia  in  comuni  cum  eodem  domino  rege,  et  infra  predictos 
menses  septembris  et  octubris  venditorum  in  Trapano  et  Panormo, 
sicut  quaterni  particularis  venditionis  Sarracenorum  ipsorum,  per 
predictum  Ammiratum  Curie  assignati,  piene  distingunt,  reliqua 
medietate  ipsius  pecunie  attributa  dicto  domino  fratri  nostro  : 
unciarum  duo  milia  ducentas  viginti  unam  ,  tarenos  undecim  et 
graua  duo  et  medium ,  que  contingebant  nos;  prò  medietate  un- 
ciarum auri  ducentarum  triginta  duarum  ,  tarenorum  decem  et 
octo,  perceptarum  per  eumdem  Ammiratum,  ad  opus  predicti  do- 
mini regis  Aragonum  et  nostrum  ,  prò  liberatione  et  redemptione 
quorumdam  Sarracenorum  captorum  per  eum,  cum  ipsis  galeis  in 
predicta  insula,  ultra  predictorum  Sarracenorum  numerum,  reli- 
qua medietate  ipsius  pecunie  acquisita  eidem  domino  fratri  nostro  : 
uncias  centum  sedecim,  tarenos  no vem.  Summa  predicte  pecunie 
recepte  mutuo,  prò  armandis  in  comuni  predictis  galeis  et  predi- 
cte  medietatis  nos  contigentis  de  acquisitione  predicta,  ad  idem 
pondus  :  unciarum  duo  milia  quatrigente  octuaginta,  tareni  quin- 
decim,  grana  decem  et  octo  et  medium;  et  predictorum  denario- 
rum  libre  de  numero  quatuor  milia  quingente  triginta ,  solidus 
unus  et  denarii  decem. 

Computantur  etiam  ,  et  ponuntur  in  eodem  introytu  ,  iuxta 
predicti  quaterni  tenore m,  que  debebantur  nostre  Curie  per  Am- 
miratum eumdem  prò  iure  exiture  et  dohane  salmarum  frumenti 
mille  quingentarum  olim,  infra  predictum  annum  quartedecime 
indictionis,  extractarum  per  nuntium  eiusdem  Ammirati  de  portu 
Licate ,  cum  quadam  navi  sua  vocata  Bankeria  ,  ferendarum  ab 
inde  extra  regnum,  ad  rationem  de  tarenis  tribus  prò  iure  exiture, 
et  de  tareno  uno  prò  iure  dohane  cuiuslibet  salme  frumenti  ipsius  : 
uncie  ducente.  Per  eumdem  quaternum  ostendit  olim,  infra  men- 
sem octobris  diete  quintedecime  indictionis ,  apud  Messanam  , 
recepisse  mutuo  a  se  ipso,  quas  de  sua  pecunia  propria,  ad  man- 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  38 


(Appendice)  —  594  — 

datum  nostrum  tunc  oretenus  sibi  factum,  nostre  Curie  mutuavit, 
solvendas  per  eum,  prò  solidis  stipendiariorum  nostromo»  et  aliis 
Curie  nostre  servitiis,  super  quibus  restituendis  eidem  Ammirato 
ad  Hugonem  Talac  et  Fredericum  de  Incisa,  dudum  infra  predi- 
ctum  annum  quintedecime  indictionis  magistros  Portulanos  Si- 
cilie ,  mandatum  nostre  celsitudinis  emana  vit ,  et  eas  predictus 
Ammiratus  ab  eisdem  magistris  Portulanis  recepit  prò  restitu- 
tione  ipsius  mutui,  sicut  infra  notatur  :  uncias  milleducentas.  A 
duodecimo  die  dicti  mensis  decerubris  in  antea,  usque  per  totum 
diem  nonumdecimum  predicti  mensis  aprilis,  per  diversas  vices, 
loca  et  tempora  ,  in  eodem  quaterno  introytus  distincte  notata  , 
per  manus  magistri  Virgilii  de  Cathania,  Petri  de  Villario,  nun- 
tiorum  predicti  Ammirati,  recipientium  loco  sui  a  Venuto  de  Pul- 
caro  et  sociis ,  dudum.  in  eodem  anno  quintedecime  indictionis 
cabellotis  iuris  donane  maris  contingentis  Curiam  de  victualibus 
et  leguminibus  tunc  extraendis  de  Sicilie  portubus  et  ferendis  extra 
et  infra  regnum,  extra  Siciliani,  prò  solidis  predictorum  stipen- 
diariorum de  pecunia  per  eos  Curie  debita,  ratione  cabellotie  ip- 
sius, computatis  in  eis  unciis  septem  et  tarenis  octo  per  eumdem 
Ammiratum  Curie  debitis,  prò  iure  dohane  predictarum  salma- 
rum  frumenti  ducentarum  decem  et  octo  tunc  extractarum  per  pre- 
dicti Ammirati  nuntium  cum  predicta  navi  sua,  cuius  erat  pre- 
positus  Henricus  Nigrinus,  et  ferendarum  extra  regnum,  ad  ra- 
tionem  de  tareno  uno  per  salmam,  sicut  idem  quaternus  parti- 
culariter  et  piene  distinguit,  ad  idem  pondus  in  summa  :  uncias 
quingentas  decem  et  octo,  tarenos  viginti,  grana  decem  et  novem  et 
medium. 

Ostendit  per  eumdem  quaternum  ultimo  mensis  septembris 
diete  quintedecime  indictionis,  apud  Trapanum ,  prò  parte  diete 
nostre  Curie,  recepisse  a  seipso  de  summa  pecunie  contingentis 
predictum  dominum  fratrem  nostrum ,  de  predicta  pecunia  per- 
cepta  per  eum  de  venditione  predictorum  Sarracenorum  captorum 
in  predicta  insula  cum  predictis  galeis,  prò  restitutione  medietatis 
unciarum  auri  ducentarum  octuaginta  quatuor,  tarenorum  viginti 
duorum  et  granorum  decem ,  olim  solutarum  per  eumdem  Am- 
miratum, de  pecunia  nostre  Curie,  prò  armatione  et  aliis  neces- 
sariis  duarum  galearum  et  unius  vaccette  Curie  dudum  armata- 
rum  in  Trapano,  prò  mensibus  duobus  numeratis  a  quintodecimo 
iulii,  predicte  quartedecime  indictionis,  que  simul  cum  aliis  galeis 


—  595  —  (Appendice) 

armatis  in  Barcellonia  in  comuni,  prò  parte  dicti  domini  fratris 
nostri  et  nostra,  recesserunt  de  maritima  eivitatis  eiusdem  ad  ip- 
sius  fratris  nostri  et  nostra  servitia  profecture ,  usque  per  totum 
quintum  decimum  mensis  septembris ,  sequentis  quintedecime 
indictionis,  per  quod  tempus  vassella  ipsa,  simul  cum  predictis 
galeis  armatis  in  Gatalonia,  deputata  fuerunt  et  moram  traxerunt 
ad  comunia  servitia  predicti  domini  fratris  nostri  et  nostra,  reli- 
qua  medietate  ipius  pecunie  nos  propterea  contingente  :  uncias 
centum  quatraginta  duas,  tarenos  undecim  et  grana  quinque. 

Ostendit  etiam  per  predictum  quaternum  introytus  sui ,  per 
manus  suas  et  infrascriptorum  commissariorum  suorum  ,  infra 
predictum  annum  quintedecime  indictionis,  per  diversas  vices  et 
tempora  subdistincta,  in  quaterno  ipso  notata  ,  recepisse  tam  a 
iudice  Bernardo  Coppula  et  sociis,  tunc  iudicibus  Messane,  assi- 
gnantibus  nomine  et  prò  parte  universitatis  eivitatis  eiusdem  , 
quam  ab  infrasco ptis  Iustitiariis  Sicilie  et  personis  aliis,  prò  re- 
paratione ,  munitione  et  armatione  nostri  felicis  extolii  in  eo- 
dem  anno  armati ,  de  pecunia  proraissionis  armate  dicti  extolii 
tunc  in  Sicilia  imposita  et  taxata ,  existente  per  manus  eorum  , 
sicut  in  eodem  quaterno  particulariter  et  distincte  notatur,  ad  i- 
dem  pondus,  pecunie  quantitatem  subscriptam,  videlicet:  A  primo 
novembris  usque  per  totum  mensem  februarii,  diete  quintedecime 
indictionis,  apud  Messanam,  per  manus  notarii  Guillelmi  de  Bella, 
nuntii  predicti  Ammirati,  a  predictis  Bernardo  Coppula  et  sociis, 
que  in  eodem  anno  predicte  universitati  propterea  fuerunt  im- 
posite  et  taxate  :  uncias  quingentas.  A  septimo  mensis  ianuarii 
usque  per  totum  mensem  augusti,  diete  quintedecime  indictionis, 
diversis  diebus  et  locis,  in  predicto  quaterno  distinctis,  per  ma- 
nus tam  predicti  Ammirati ,  quam  Bernardi  Romei  et  Petri  de 
Mathia  de  Pactis,  nuntiorum  suorum,  a  Symone  de  Calatafimo, 
tunc  Iustitiario  vallium  Castri  Iohannis ,  Demine  et  Melatii ,  de 
pecunia  predicte  proraissionis  in  eodem  anno  in  iurisdictione 
sua  imposita  et  taxata,  et  sibi  per  nostram  Curiam  ad  recolligen- 
dum  comraissa;  uncias  tria  milia  centum  quinquaginta,  tarenos 
viginti  quatuor,  grana  decem.  A  septimodecimo  die  mensis  ia- 
nuarii usque  per  totum  vicesimum  quintum  diem  mensis  apri- 
lis,  indictionis  eiusdem,  diversis  diebus  et  locis,  in  quaterno  ipso 
distinctis,  per  manus  suas  nec  non  Iohannis  de  Nazario  de  Ca- 
stanea,  dicti  notarii  Guillelmi  Galzerandi  de  Monteolyo,  Gisberti 


(Appendice)  —  596  — 

de  Valromana  et  Rogerii  Morena  de  Syracusia ,  nuntiorum  suo- 
rum,  a  Roberto  de  Lauria  tunc  Iustitiario  Vallis  Nothi ,  de  pe- 
cunia promissionis  eiusdem  in  eodem  anno  in  iurisdictione  sua 
imposita  et  taxata,  et  sibi  perCuriam  ad  recolli gendum  commis- 
sa  :  uncias  duo  millia  sexcentas  septuaginta  novem,  tarenos  de- 
cem  et  octo.  Ultimo  aprilis,  diete  quintedecime  indictionis,  apud 
Messanam,  per  manus  predicti  Ammirati,  a  Guillelmode  Namun- 
taguda,  castellano  castri  Miney,  et  tunc  statuto  per  nostram  Cu- 
riam  super  recollectione  pecunie  predicte  promissionis  in  eodem 
anno  imposita  et  taxata  universitatibus  terrarum  Miney,  Calata- 
gironi  et  Gulfl,  de  pecunia  promissionis  eiusdem  in  eisdem  ter- 
ris  imposita  et  recollecta  per  eum,  per  manus  Scaloris  de  Florentia 
et  Perpignani  hostiarii  nostri  :  uncias  quatringentas  nonaginta 
novem,  tarenos  viginti  sex.  A  secundo  die  dicti  mensis  ianuarii  u- 
sque  per  totum  quartumdecimum  diem  predicti  mensis  madii,  di- 
versis  diebus  et  locis ,  in  quaterno  ipso  distinctis ,  per  manus 
predicti  Ammirati,  nec  non  Ghapi  Fiorentini,  Bernardi  Romei  et 
Bartholomei  de  Monteolyo,  nuntiorum  suorum,  a  Frederico  Mu- 
mito  tunc  Iustitiario  vallis  Agrigenti ,  comitatus  Geracii ,  par- 
tium  Cephaludi  et  Thermarum,  de  pecunia  predicte  promissionis 
in  eodem  anno  imposita  et  taxata,  et  sibi  per  Curiam  ad  recol- 
ligendum  commissa:  uncias  duo  milia  sexcentas  decem  et  novem, 
tarenos  tres,  grana  decem.  A  vicesimo  tertio  dicti  mensis  ianuarii 
usque  per  totum  mensem  iulii ,  diete  quintedecime  indictionis  , 
diversis  diebus  et  locis  ,  in  quaterno  ipso  distinctis,  per  manus 
suas  et  Bartholomei  de  Monteolyo  ,  Berlingerii  de  Monteolyo  , 
predicti  notarii  Guillelmi  et  Raynaldi  de  Syracusia  nuntiorum 
suorum,  ab  Ardoino  de  Galloro,  tunc  Iustitiario  vallis  Mazarie  et 
collectoribus  pecunie  promissionis  ipsius  universitatibus  Mazarie 
et  Marsalie  imposite  et  taxate,  de  pecunia  predicte  promissionis 
in  eodem  anno  in  iurisdictione  sua  imposita  et  taxata ,  et  sibi 
per  Curiam  ad  recolligendum  commissa,  computata  pecunia  as- 
signata  predicto  notario  Guillelmo  per  Michaelem  Campanarium 
hostiàrium  nostrum,  prò  parte  predicti  Iustitiarii,  de  pecunia  pro- 
missionis eiusdem  :  uncias  mille  nongentas  quinquaginta  septem. 
Tertiodecimo  predicti  mensis  ianuarii,  quintedecime  indictionis, 
apud  Panormum,  per  manus  predicti  Bartholomei  de  Monteolyo 
a  Petro  de  Calatagirono,  prothontino  Panormi,  statuto  per  eum- 
dem  Ammiratum,  prò  parte  Curie,  super  armatione  vassellorum 


—  597  —  (Appendice) 

Curie  nostre,  armatorum  in  civitate  ipsa ,  de  pecunia  diete  pro- 
mìssionis  eodem  anno  universitati  eiusdem  civitatis  Panormi  im- 
posita  et  taxata,  assignata  sibi  per  Maritimi  de  Obbertis ,  tunc 
[Iustitiarium]  civitatis  eiusdem  :  uncias  centum. 

Ponit  idem  Ammiratusper  predictum  quaternum  sui  introytus 
requisìvisse,  per  suas  litteras,  eundem  Iustitiarium  Panormi  ut  un- 
cias auri  mille  eidem  universitati  prò  predicta  promissione  im- 
positas  et  taxatas,  et  ei  per  Guriam  ad  recolligendum  commissas, 
eidem  prothontino  prò  armatione  predictorum  vassellorum,  tunc 
armandorum  in  civitate  ipsa,  exhibere  deberet,  et  sic  de  ipsis  un- 
ciis  auri  mille  per  eumdem  Ammiratum  nullus  fit  introytus  et 
exitus,  eo  quod  predictus  Petrus,  tam  de  ipsa  pecunia,  quam  de 
alia  pecunia  Curie  sibi  propterea  assignata,  tenetur  et  debet  no- 
stre Cufie  ponere  rationem.  Summa  prediete  pecunie  recepte  per 
manus  predictorum  Ammirati  et  nuntiorum  suorum,  a  predictis 
Iustitiariis  et  personis  de  predicta  pecunia  promissionis,  ad  idem 
pondus  :  uncie  undecim  milia  quingente  sex,  tareni  duodecim. 

Ostendit  idem  Ammiratus  per  eumdem  quaternum  olim  sub- 
scriptis  diebus  et  locis  recepisse  a  subscriptis  officialibus  Curie, 
de  pecunia  Curie  exi stente  per  manus  eorum,  ratione  officiorum 
suorum,  sicut  infra  distinguitur ,  prò  reparatione  ,  munitione  et 
armatione  predicti  extolii  et  solidis  predictorum  stipendiariorum 
nostrorum  ,  prout  idem  quaternus  particulariter  et  piene  distin- 
guit,  ad  idem  pondus,  quantitatem  pecunie  subdistinctam  vjdeli- 
cet  :  Quinto  mensis  decembris,  diete  quintedecime  indictionis,  a- 
pud  Panormum,  a  Lapo  Guindono,  tunc  una  cum  Berlingerio  de 
Villaraguto  Camere  nostre  Thesaurario  :  uncias  octuaginta.  Eo- 
dem, ibidem,  a  Guillelmo  Solanis,  de  pecunia  Curie  tunc  existente 
per  manus  suas  :  uncias  centum  viginti  sex.  A  vicesimo  usque 
per  totum  vicesimum  secundum  martii,  indictionis  eiusdem,  apud 
Messanam,  ab  eodem  Berlingerio,  de  unciis  octingentis  assignatis 
sibi  in  dieta  nostra  Camera,  per  predictum  Lapum  ,  olim  magi- 
strata Portulanum  Sicilie  ,  in  quibus  prò  officio  magistri  portu- 
lanatus  eiusdem,  dudum  gesto  per  eum,  cum  Curia  nostra  com-. 
posuit  :  uncias  ducentas  quinquaginta.  A  septimo  usque  per  to- 
tum octavum  mensis  iulii,  diete  quintedecime  indictionis ,  apud 
Messanam  ,  per  predictum  notarium  Guillelmum  ,  nuntium  pre- 
dicti Ammirati,  a  notario  Roberto  de  Ficu,  notario  et  commis- 
sario eiusdem  Berlingerii,  prò  armatione  trium  teridarum  Curie 


(Appendice)  —  598  — 

mittendarutn  apud  Scaleam  ,  cum  stipendiariis  Curie  et  equis 
eorum ,  prò  nostris  servitiis ,  ad  idem  pondus  :  uncias  quinqua- 
ginta  novem  ,  tarenos  viginti  sex  et  grana  deceru  et  septem  et 
medium.  Quintodecimo  dicti  mensis  aprilis ,  ibidem,  a  Iaconia 
de  Milite  olim  infra  annutn  tertiedecime  indictionis,  nuper  pre- 
terite, Secreto  et  magistro  Procuratore  Sicilie  ultra  fluvium  Sal- 
sum,  de  summa  pecunie  in  qua  per  rationem  suam,  per  eum  de 
officio  ipso  positam  coram  magne  Curie  nostre  magistro  Ratio- 
nali ,  inventus  est  Curie  nostre  teneri ,  ratione  dicti  officii  :  un- 
cias centum.  Infra  predictum  mensem  aprilis,  a  predicto  Guil- 
lelmo  Solanis ,  de  pecunia  per  eum  recepta  prò  iure  sigilli  no- 
stri :  uncias  viginti  quinque.  Et  infra  eumdem  mensem,  a  predi- 
cto prothontino  Panormi,  exhibendas  Guillelmo  Carbono,  prò  so- 
lidandis  quibusdam  marinariis  defìcientibus  ,  ad  supplementutn 
duarum  galearum  Curie,  quarum  erat  prepositus  Ventura  Meren- 
da :  uncias  tres.  Summa  predicte  pecunie  recepte  propterea  ab 
eisdem  officialibus,  ad  idem  pondus  :  uncie  sexcente  quinquaginta 
tres,  tareni  viginti  sex,  grana  decem  et  septem  et  medium. 

Ostendit  per  eumdem  quaternum  se  recepisse  per  diversas  vi- 
ces,  apud  Messanam,  a  diversis  comitis  pheudatariis  civitatis  eiu- 
sdem,  prò  servitio  quod  prò  pheudis  comitarie  eorum  prò  eodem 
anno  dare  Curie  nostre  tenebantur,  eo  quod  in  anno  ipso  in  ar- 
mata dicti  extolii  personaliter  non  fuerunt ,  et  a  Guillelmo  de 
Henrico  de  Messana,  in  quibus  per  nostram  Curiam  condempna- 
tus  extitit  prò  furtiva  extraccione  frumenti,  extracti  per  eum  de 
portu  Thermarum  extra  regnum  ferendi,  sine  mandato  nostre  Cu- 
rie, aliquo  iure  exiture  propterea  Curie  non  soluto,  prout  predi- 
ctus  quaternus  piene  distinguit  :  uncias  quatraginta  novem  ,  ta- 
renos sedecim.  Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim  subscriptis 
temporibus,  apud  Messanam  ,  recepisse  per  manus  suas  et  dicti 
Guillelmi,  nuntii  sui,  a  subscriptis  personis,  quam  de  eorum  pe- 
cunia propria  nostre  Curie  mutuaverunt,  prò  supplemento  arma- 
tionis  predicti  nostri  extolii  in  eodem  anno  quintedecime  indi- 
ctionis armati,  sicut  infra  distinguitur,  ad  idem  pondus,  pecunie 
quantitatem  subscriptam ,  videlicet  :  Tertio  dicti  mensis  aprilis  , 
ab  Ottolino  Russo  uncias  quinquaginta.  Tertiodecimo  eiusdem  a 
predicto  Matbeo  de  Thermis  uncias  quatraginta  novem  ,  tarenos 
tres  et  grana  decem  et  septem.  Infra  eumdem  mensem  aprilis  a 
nobili  Iohanne  de  Procida  regni  Sicilie  Cancellano ,  per  manus 


—    599  —  (Appendice) 

videlicet  Petri  Pinti,  assignatas  notario  Bartholomeo  de  Bella  nun- 
tio  predicti  Ammirati,  uncias  centum  triginta  novem,  tarenos  de- 
cem  et  novem,  grana  duodecira.  Infra  predictum  mensem  madii 
a  Manfrido  Cacholo  assignante ,  nomine  et  prò  parte  certorum 
hominum  civitatis  Messane,  de  summa  unciarum  auri  nongenta- 
rura  nonaginta  ,  quas  prò  complenda  predicta  armata  de  eorum 
pecunia  propria  Curie  mutuarunt,  computatis  unciis  quatuor,  ta- 
renis  quinque  mutuatis  per  Andream  de  ludico  ,  in  pretio  certe 
quantitatis  vini  assignati  per  eum  eidem  Ammirato:  uncias  non- 
gentas  quatraginta  quatuor ,  tarenos  viginti  tres,  grana  quinde- 
cim.  Summa  predicte  pecunie  propterea  recepte  a  personis  eisdem  : 
uncie  mille  centum  octuaginta  tres  ,  tareni  decem  et  septem  et 
grana  quatuor. 

Ostendit  et  ponit  idem  Ammiratus  per  eundem  quaternum  in- 
fra mensem  iulii,  diete  quintedecime  indictionis,  ante  Neapolim, 
et  infra  mensem  augusti,  eiusdem  indictionis,  apud  Messanam  . 
per  manus  suas  recepisse,  prò  liberatione  et  redemptione  quorun- 
dam  Gallicorum,  Provintialium  et  Latinorum,  de  numero  perso- 
narum  olim  infra  mensem  iunii,  eiusdem  indictionis,  infra  Nea- 
polim et  Surrentum  captarum  per  eum,  cum  nostro  felici  extolio, 
in  conflictu  galearum  nostrorum  hostium,  quas  propterea  promi- 
serunt  ei  prò  parte  nostre  Curie  exhibere,  quorum  captorum  no- 
mina et  cognomina  et  quantitas  pecunie,  a  quolibet  eorum  inde 
recepta,  in  eodem  quaterno  distincte  notantur,  computatis  unciis 
quatraginta  septem,  tarenis  decem  receptis  prò  liberatione  homi- 
num septuaginta  unius  de  Neapoli ,  unciis  duabus  receptis  prò 
liberatione  Andree  Cuculini  de  Barulo  :  in  summa  unciarum  tria- 
milia  quatringenta  triginta  quatuor,  tarenos  decem.  Infra  eumdem 
mensem  iulii  a  subscriptis  nostris  fidelibus,  quas  prò  parte  no- 
stre Curie  receperunt ,  prò  liberatione  et  redemptione  subscripti 
numeri  captivorum,  de  numero  predictorum  captorum  per  predi- 
ctum nostrum  extolium  in  conflictu  galearum  nostrorum  hostium, 
videlicet  :  A  predicto  Berlingerio  Villaraguto,  quas  recepì t  prò  li- 
beratione hominum  quatraginta  septem  de  Gayeta  et  hominum 
septuaginta  sex  de  Surrento,  uncias  octuaginta  quinque.  A  Guil- 
lelmo  Chinolo,  prothontino  Messane,  prò  liberatione  personarum 
quinquaginta  de  Cava,  uncias  quinquaginta.  Summa  prediecte  pe- 
cunie recepte,  tam  per  manus  suas,  quam  a  predictis  fidelibus , 
prò  liberatione  predictorum  captivorum  ad  idem  pondus,  uncia- 
rum triamilia  quingenta  sexaginta  novem  et  tareni  decem. 


(Appendice)  —  600  — 

Ostendit  per  eundem  quaternum  se  recepisse  a  diversis  perso- 
nis,  in  quaterne*  ipso  distinctis,  de  venditione  cuiusdam  navis  et 
aliarum  diversarum  rerum  acquisi tarum  et  captarum  de  spoliis 
predictorumhostium,  tam  per  Nicolaum  Gaveram  et  Bartholomeum 
de  Gotto  de  Messana,  cum  vassellis  nostre  Curie  armatis,  quam 
per  predictum  Ammiratum,  cum  predicto  nostre  extol io,  compu- 
tatis  unciis  quatraginta  una  assignatis  sibi  per  homines  Procide, 
in  quibus  composuerunt  cura  eo  ne  dampnificaret  eosdem,  sicut 
idem  quaternus  piene  distinguit,  in  summa:  uncias  trecentas  quin- 
que,  tarenum  unum.  Ostendit  per  eumdem  quaternum  ultimo  pre- 
dicti  mensis  augusti,  apud  Messanam,  rehabuisse  ab  Angelo  de 
Santa  Cruce,  prothontino  Baruli,  et  lohanne  de  Santa  Gruce,  pro- 
thontino  Munopolis,  de  numero  predictorum  captivorum  libera- 
torum  prò  certa  quantitate  pecunie,  sicut  in  eodem  quaterno  no- 
tatur,  que  expense  ei  solute  fuerunt  prò  armatione  et  aliis  neces- 
sariis  uni us  panfuli  Curie  nostre  vocati  Pavo  ,  tunc  armati  in 
Messana  prò  ductu  et  transfretatione  dictorum  prothentinorum  ab 
eadem  ci  vitate  Messane  usque  Neapolim,  uncias  septuaginta.  0- 
stendit  per  eumdem  quaternum  se  recepisse  olim,  infra  predictum 
annum  quintedecime  indictionis,  a  diversis  piratis,  prò  iure  quinte 
spoliorum  et  aliarum  rerum  acquisitarum  per  eos  in  ipsa  piratica 
exercenda,  uncias  trigintanovem ,  tarenum  unum  et  grana  tria. 
Computatur  et  ponitur  in  eodem  introytu  ,  iuxta  ipsius  quater- 
ni  tenorem,  prò  subscriptis  causis,  ad  idem  pondus  pecunie  quan- 
titas  subdistincta,  videlicet  :  que  debebantur  Curie  per  Hemeri- 
cum  de  Usay  de  Barcellonia  mercatore,  prò  iure  exiture  et  doha- 
ne  salmarum  frumenti  mille  quatrigentarum  sex  et  medie  olim 
infra  mensem  septembris,  huius  prime  indictionis,  ad  supplica- 
tionem  predicti  Ammirati  concessarum  per  nostram  Curiam  ei- 
dem Hemerico  ,  ad  extrahendum  de  Sicilie  portubus  et  ferenda- 
rum  extra  regnum,  in  quibus  dictus  Ammiratus,  prò  certa  quan- 
titate perlarurn  per  eurn  sibi  vendita  et  assignata,  tenebatur  ei- 
dem, ad  rationem  de  tarenis  tribus  prò  iure  exiture,  et  de  tareno 
uno  prò  iure  dohane  cuiuslibet  salme  ipsius  frumenti  :  uncie 
centum  octuaginta  septem,  tareni  sedecim.  Quas  idem  Ammira- 
tus, per  manus  dicti  Chapi  nuntii  sui,  nostre  Curie  acquisivit  in 
oneratione  navis  Biscontini  Bisconti,  vocata  Biscontina,  dudum 
onerate  in  portu  Agrigenti  certa  quantitate  frumenti  extra  regnum 
ferenda,  eo  quod  asseruit  onus  predicti  frumenti  fuisse  Ammirati 


—  601  —  (Appendice) 

ipsius  :  uncias  sexaginta.  Et  que  vicesimo  septimo  februarii,  di- 
ete quintedecime  indictionis,  apud  Panormum,  iuxta  predicti  qua- 
terni  tenorem,  per  predictum  prothontinum  Panormi,  ad  litteras 
predicti  Ammirati  sibi  proinde  directas,  assignate  fuerunt  de  pe- 
cunia Curie  existente  per  manus  ipsius  prothontini  Berlingerio 
Rog,  prò  solidandis  prò  parte  ipsius  Ammirati  marinariis  decem 
vel  quindecim,  deputandis  ad  servitia  navis  Ammirati  ipsius,  et 
propterea  [per]  predictum  Ammiratum  in  eodem  introytu  compu- 
tantur  ;  uncie  viginti  due.  Summa  predicte  pecunie  posite  et  com- 
putate in  eodem  introytu,  prò  causis  eisdem,  ad  generale  pon- 
dus  :  uncie  ducente  sexaginta  novem  ,  tareni  sedecim.  Summa 
summarum  totius  predicti  introytus  deductis  rebus  emptitiis,  de 
quibus  nullus  introytus  et  exitus  ponitur,  ad  dictum  generale  pon- 
dus  :  unciarum  viginti  sex  milia  centum  viginti  octo,  grana  se- 
ptem  ;  et  predictorum  denariorum  regalium,  librarum  de  nume- 
ro novemilia  centum  octuaginta  novem  ,  solidi  quindecim  et  de- 
narii  quatuor. 

De  quibus  ostendit  exitum  infrascriptum.  Ostendit  et  ponit  di- 
ctus  Ammiratus  per  predictum  quaternuin  sui  exitus,  quem  Cu- 
rie assignavit,  olim  subscriptis  temporibus  et  locis,  infra  annos 
predictarum  quartedecime  et  quintedecime  indictionum,  per  ma- 
nus suas  et  infrascriptorum  nuntiorum  et  commissariorum  suo- 
rum,  de  predicta  pecunia ,  tam  auctoritate  predictarum  conimis- 
sionum  suarum  dicti  amrairatie  offìcii ,  quam  ad  mandata  no- 
stri culminis  infra  predictum  tempus  sibi  directa ,  que  Curie 
assignavit  et  ad  alia  mandata  nostra  infra  tempus  ipsum  pro- 
pterea oretenus  sibi  facta  ,  sol  visse  et  exhibuisse  diversis  per- 
sonis  ,  prò  reparationibus  ,  munitionibus  et  armationibus  infra- 
scriptarum  galearum  et  aliorum  vassellorum  armatorum  ,  infra 
predictum  tempus  in  Sicilia  et  Catalonia,  prò  intrascriptis  nostris 
servitiis,  prò  restitutione  predicte  quantitatis  pecunie  per  eum  prò 
parte  nostre  Curie  mutuo  recepte  a  predictis  personis ,  prò  pre- 
dictis  nostris  servitiis,  sicut  in  predicto  introytu  supra  nota  tur, 
[prò]  solidis  stipendiariorum  nostrorum,  et  retinuisse  sibi  prò  re- 
stitutione predicte  pecunie  per  eum  prò  predictis  servitiis,  causis 
et  negotiis  nostre  Curie  assignate  ,  et  solidis  seu  expensis  suis 
subscripti  temporis,  et  prò  aliis  infrascriptis  diversis  causis,  ne- 
gotiis et  servitiis  ,  quarum  personarum  nomina  et  cognomina  , 
quantitas  pecunie  singulis  earum  personis  solute,  tempora  et  loca 


(Appendice)  —  602  — 

solutionis  ipsius ,  prò  quibus  causis  et  servitiis  et  alia  predicta 
in  eodem  quaterno  exitus  particulariter  et  distincte  notantur , 
ad  dictum  generale  pondus  pecunie  et  predictorum  denariorum 
regalium  quantitatera  subscriptam,  videlicet  : 

Infra  menses  aprilis  et  madii,  diete  [quar]tedecime  indictionis, 
apud  Trapanum,  comitis,  naucleriis,  balistariis,  marinariis  et  per- 
sonis  aliis,  olim  per  eumdem  Ammiratum  conductis  et  deputatis 
in  eadem  terra  Trapani  ad  armationem  et  servitia  duarum  galearum 
et  unius  vaccette  Curie  de  remis  viginti,  armatarum  per  euin,  ad 
mandatum  nostrum  tunc  oretenus  sibi  factum,  cum  quibus  in  Ga- 
taloniam  prò  quibusdam  nostris  servitiis,  ad  mandatum  nostri  cul- 
minis,  fuit  profectus,  prò  solidis  eorum,  quibusdam  videlicet  ex  eis 
navigantibus  in  galeis  eisdem,  prò  mensibus  quatuor  et  diebus  sex, 
quibusdam  aliis  ex  eis  prò  mensibus  quatuor  et  diebus  quinque, 
et  quibusdam  aliis  ex  eis  navigantibus  in  galeis  ipsis  prò  mensi- 
bus quatuor,  numerandis  a  sexto  madii,  diete  quartedecime  indi- 
ctionis, quo  cum  eisdem  galeis  et  vaccetta  de  portu  Trapani  reces- 
serunt  cum  eodem  Ammirato  ad  dictas  partes  Catalonie,  prò  no- 
stris servitiis  profecture,  quia  duodecimo  die  mensis  septembris, 
diete  quintedecime  indictionis,  diete  galee  de  insula  Querkani  in 
Trapanum  redierunt  et  fuerunt  exarmate  ibidem  ;  et  personis  de- 
putatis in  predicta  vaccetta,  prò  mensibus  quatuor  et  diebus  duo- 
decim  ,  numeratis  a  predicto  sexto  madii  usque  per  totum  octa- 
vum  decimum  diem  dicti  mensis  septembris ,  quo  vaccetta  ipsa 
in  Trapanum  rediit,  deducta  quibusdam  ex  eis  de  solidis  eorum 
eiusdem  temporis  certa  quantitate  pecunie  in  ipso  quaterno  con- 
tenta, eis  soluta  de  pecunia  Curie  per  Guillelmum  Russum,  tunc 
statutum  super  solidandis  in  predicto  anno  ,  quartedecime  indi- 
ctionis, marinariis  ad  armationem  nostri  felicis  extolii  deputan- 
dis  ;  computatis  etiam  in  summa  presenti  unciis  quatuordecim  , 
tarenis  viginti  quatuor,  solutis  per  eumdem  Ammiratum,  prò  so- 
lidis diversarum  personarum  in  quaterno  ipso  contentis ,  depu- 
tatis ad  armationem  vassellorum  ipsorum,  que  aufugerunt  ab  ar- 
mata vassellorum  ipsorum,  necnon  prò  diversis  rebus  per  eum- 
dem Ammiratum  emptis  et  assignatis  comitis  vassellorum  ipso- 
rum ,  prò  munitione ,  companagio  et  aliis  necessariis  predicto- 
rum vassellorum  et  personarum  in  eis  navigantium,  prò  eodem 
tempore,  et  prò  expensis  diversarum  personarum  missarum  per 
eumdem  Ammiratum  ad  diversas  terras  Sicilie,  ultra  fluvium  Sai- 


—  603  —  (Appendice) 

sum,  prò  conducendis  et  solidandis  marinariis  prò  armatione  vas- 
sellorum  ipsorum,  sicut  in  eodem  quaterno  distinguitur,  ad  pre- 
dictum  pondus,  in  summa  :  uncias  quingentas  nonaginta  tres,  ta- 
renos  decem  et  quinque. 

Infra  menses  iunii  et  iulii ,  diete  quartedecime  indictionis , 
apud  Barcelloniam  ,  per  diversas  vices  Raymundo  Marketto  et 
Raymundo  Favellerio,  de  eadem  terra,  prò  denariorum  regalium 
libris  de  numero  mille  ducentis  septuaginta  sex,  solidis  duobus 
et  denario  uno ,  olim  per  diversas  vices ,  infra  tempus  ipsum  , 
in  eadem  terra  emptis  et  receptis  ab  eis  ,  prò  exequendis  et  fa- 
ciendis  exinde  in  Catalonia  diversis  nostris  negotiis  ,  sibi  per 
nostrani  celsitudinem  ad  exequendum  commissis,  quorum  dena- 
riorum receptio  in  dicto  introytu  continetur,  ad  rationem  de  de- 
nariorum ipsorum  libris  duabus,  solidis  decem  per  unciam  :  un- 
cias quingentas  decem  ,  tarenos  tredecim  et  grana  quinque.  A 
secundo  usque  per  totum  sextum  decimum  iunii,  diete  quartede- 
cime indictionis,  apud  Valentiam  et  Barcelloniam,  balistariis  tri- 
ginta  tribus  et  servientibus  peditibus  centum  nonaginta  tribus  per 
eum  conductis  in  eadem  civitate  Valentie  ,  et  balistariis  centum 
per  eum  conductis  in  dieta  terra  Barcellonie ,  et  missis  in  Sici- 
liani prò  nostris  servitiis ,  prò  solidis  eorumdem  balistariorum 
prò  mensibus  quatuor ,  et  predictorum  servientum  peditum  prò 
anno  uno,  numeratis  a  vicesimo  octavo  die  eiusdem  mensis  iu- 
nii, quo  balistarii  et  servientes,  conducti  in  dieta  terra  Valentie, 
a  Tarragona  ,  et  predicti  balistarii ,  conducti  in  Barcellonia  ,  ab 
eadem  terra  Barcellonie  recesserunt  in  Siciliam  ad  nostra  servi- 
tia  profecturi,  ad  diversas  rationes  in  eodem  quaterno  contentas, 
quorum  balistariorum  nomina  et  cognomina  et  quantitas  pecunie 
cuilibet  eorum  soluta,  in  eodem  quaterno  distincte  notatur  :  pre- 
dictorum denariorum  libras  de  numero  mille  octingentas  viginti 
tres,  solidos  duos.  Predicto  sextodecimo  iunii,  apud  Barcelloniam, 
Iacobo  de  Spluges,  preposito  cuiusdam  navis  eiusdem  Ammirati, 
et  Dominico  de  Sancto  Felice ,  patrono  cuiusdam  alterius  navis 
sue,  prò  naulo  predictorum  balistariorum  et  servientium,  qui  sunt 
inter  omnes  numero  trecenti  viginti  sex,  in  veniendo  eum  navi- 
bus  ipsis  a  predicta  terra  Barcellonie  usque  Trapanum,  ana  pre- 
dictorum denariorum  regalium  solidos  duodecim  et  denarios  sex 
prò  quolibet  eorum  ;  eorumdem  denariorum  libras  de  numero 
ducentas  tres,  solidos  quindecim.  Ab  octavo  decimo  madii  usque 


(Appendice)  —  604  — 

per  totum  quartum  decimum  diem  sequentis  mensis  iunii,  diete 
quartedecime  indictionis,  apud  Maiorieas  et  Valentiam,  per  ma- 
nus  Guillelori  Pascalis  et  Berlingerii  Rog,  nuntiorum  suorum  , 
tam  prò  diversis  rebus  emptis  per  eum  et  assignatis  per  eum  in 
Maioricis  comitis  predictarum  duarum  galearum  armatarum  in 
Trapano,  prò  supplemento  munitionis  et  aliis  necessari  is  galea- 
rum  ipsarum,  et  refriscamento  personarum  in  eis  navigantium  , 
in  eundo  de  Sicilia  in  Gataloniam,  quam  prò  lignaminibus,  pice, 
stuppa  et  aliis  rebus  emptis  per  eum  ,  positis  et  comissis  in  re- 
paratione  alterius  predictarum  galearum  armatarum  in  Trapano, 
in  qua  navigabat  idem  Ammiratus,  et  cuiusdam  alterius  galee  di- 
cti  domini  fratris  nostri ,  invente  in  flumine  Culliure  aperte  in 
puppi,  necessarie  prò  deferendis  de  Gatalonia  in  Siciliam  equis  ali- 
quorum  stipendiariorum  solidatorum  in  dictis  Catalonie  partibus, 
et  mittendorum  in  Siciliam  prò  nostris  servitiis,  armate  in  Cata- 
tonia simul  eum  aliis  vassellis  armatis  ibidem,  quereparari  ne- 
cessario indigebant  ;  necnon  mercede  carpintariorum,  calafatorum 
etaliorum  operariorum  laborantium  in  reparatione  galearum  ipsa- 
rum, quas  eum  predictis  lignaminibus  et  rebus  decenter  repara- 
verunt  singulis  oportunis,  et  expensis  predictorum  Berlingerii  et 
naucleriorum  predicte  galee  Ammirati,  prò  predicto  tempore,  in- 
fra quod  galea  ipsa  extitit  reparata,  et  Petro  Lopis  prò  se  et  tribus 
sociis  suis  ,  prò  accurri mento  expensarum  suarum  ,  sicut  idem 
quaternus  exitus  piene  distinguit  :  eorumdem  denariorum  libras 
de  numero  nonaginta  quatuor,  solidos  undecim  et  denarios  un- 
decim. 

Octavo  iulii,  eiusdem  indictionis,  apud  Barcelloniam,  Iacobo 
Peris  fratri  nostro,  qui  eum  equitibus  quatraginta  in  Siciliam  ad 
nostra  servitia  venire  debebat,  computandis  in  solidis  sui  quos 
esset  a  Curia  recepturus,  de  quo  scriptum  proprie  obligationis  ex- 
inde sibi  facte  per  eum  in  nostris  manibus  assignavit,  quod  in 
nostra  Camera  conservatur  :  eorumdem  denariorum  librarum  de 
numero  mille  ducentas  quinquaginta.  Quintodecimo  eiusdem,  ibi- 
dem, ad  mandatum  nostrum,  olim  oretenus  sibi  factum,  Bernardo 
de  Sarriano,  tunc  misso  in  Cataloniam  prò  nostris  servitiis,  que 
postmodum  per  eumdem  Ammiratum,  prò  parte  ipsius  Bernardi, 
soluta  fuerunt  militibus  et  equitibus  solidatis  in  Gatalonia  et 
missis  in  Siciliam  prò  nostris  servitiis,  in  eorum  solidis  compu- 
tandis, quorum  nomina  et  cognomina  in  eodem  quaterno  exitus 


—  605  —  (Appendice) 

distincte  notantur,  de  cuius  solutione  pecunie  apodixam  sub  sigillo 
dicti Bernardi  Curie  assignavit  :  eorumdem  denariorum  libras  de 
numero  quingentas  septuaginta  unam ,  solidos  quindecim.  Infra 
menses  iunii  etiulii,  indictionis  eiusdem,  apud  Barcelloniam,  Ber- 
trando de  Gannellis,  solidato  per  eum  ad  veniendum  in  Siciliani 
ad  nostra  servitia,  prò  expensis  dierum  quindecim,  et  quibusdam 
stipendiariis  solidatis  in  Catalonia  ad  veniendum  in  Siciliam  ad 
nostra  servitia ,  in  eodem  quaterno  notatis,  prò  expensis  eorum 
dierum  trium,  quibus  moram  traxerunt  in  Barcellonia,  expectando 
recessum  pfedicti  Ammirati,  ut  cum  eo  ascenderent  galeas  predi- 
ctas,  tunc  ad  insulam  Querkani  profecturas  :  eorumdem  denario- 
rum libras  de  numero  centum  viginti  sex,  solidos  sedecim.  A  vi- 
cesimo  dicti  mensis  madii  usque  per  totum  vicesimum  secundum 
diem  sequentis  mensis  augusti,  indictionis  eiusdem,  diversis  per- 
sonis,  in  diversis  locis,  in  quaterno  ipso  notatis,  prò  certa  quan- 
titate  biscocti  empta  et  assignata  Michaeli  de  Leyda ,  prò  pana- 
tica personarum  navigantium  in  dieta  vaccetta ,  necnon  lanceis 
et  asconettis  cum  vagenis  eorum,  assarcia  assignata  comitis  pre- 
dicte  galee,  in  qua  navigabat  idem  Ammiratus,  prò  munitione  et 
armatione  galee  ipsius,  expensis  predictorum  servientum  peditum 
centum  nonaginta  trium  et  balistariorum  triginta  trium,  solida- 
toruni  in  dieta  terra  Valentie  et  missorum  in  Siciliam  prò  certo 
tempore  in  eodem  quatermo  notato,  qui  moram  traxerunt  in  ve- 
niendo  per  terram,  propter  solidationem  eorum,  a  Valentia  usque 
Tarragonam,  causa  veniendi  in  Siciliam,  et  in  eadem  terra  Tar- 
ragone ,  donec  recessit  abinde  navis  cum  qua  venerant  in  Sici- 
liam ,  expensis  diversarum  personarum  per  diversas  vices  missa- 
rum  ad  diversas  terras  Catalonie  prò  diversis  nostris  servitiis,  in 
quaterno  ipso  notatis,  salario  cursorum  missorum  ad  diversas 
terras  Catalonie  cum  litteris  nostris  prò  nostris  servitiis,  varan- 
do de  terra  in  mari  alteram  predictarum  galearum  nostrarum,  pro- 
pter supervenientem  tempestatem  ingradatam  de  mari  in  terram 
in  maritima  Barcellonie,  et  recuperatione  rancupulli  predicte  vac- 
cette,  qui  amissus  fuerat  in  mari  propter  tempestatem  eamdem, 
sicut  idem  quaternus  particulariter  et  piene  distinguit  :  eorun- 
dem  denariorum  libras  de  numero  centum  quinquaginta  tres  , 
solidos  quatuor,  denarios  sex.  Pro  exequendis  quibusdam  nostris 
negotiis  in  eisdem  Catalonie  partibus ,  de  quibus  plenam  habe- 
mus  notitiam  :  eorumdem  denariorum  libras  de  numero  quinqua- 


(Appendice)  —  606  — 

ginta  quinque.  Undecimo  iulii ,  indictionis  eiusdem ,  apud  Bar- 
celloniam,  diversis  personis  prò  certa  quantitate  clavorum,  bru- 
mardorum  ,  stupparolorum  ,  acutorum  diversarum  maneriarum  , 
quadrellorum,  casei  et  aliarum  diversarum  rerum,  in  eodem  qua- 
terne- distincte  notatis,  necessaria  prò  respectu 

.  .  .  duabus  galeis  armatis  in  Trapano  et  companagio  persona- 
rum  in  eis  navigantiutn,  in  navigando  cum  eis  et  aliis  galeis  ar- 
matis in  Catalonia,  a  partibus  ipsis  in  insulam  Querkani,  et  prò 
indumentis  iaculatorum  navigantium  ad  predictam  insulam,  cum 
predictis  galeis,  prout  in  eodem  quaterno  particulariter  contine- 
tur  :  eorumdem  denariorum  libras  de  numero  quinquaginta  octo, 
solidos  decem  et  novem  et  denarium  unum. 

Secundo  mensis  augusti,  apud  raaritimam  de  Bagnolis,  diver- 
sis stipendiariis  Curie,  prò  eraendis  seu  restitutionibus  quorum- 
dam  equorum  suorum  ad  arma  mortuorum  in  confrichi  Serignany 
et  Besers,  quorum  stipendiariorum  nomina  et  cognomina,  et  quan- 
titas  pecunie  cuilibet  eorum  proinde  soluta  ,  in  eodem  quaterno 
distincte  notantur  :  eorumdem  denariorum  libras  de  numero  du- 
cer] tas  viginti  duas,  solidos  decem.  Octavo  septembris,  diete  quin- 
tedecime indictionis,  apud  Trapanum,  quibusdam  stipendiariis  Cu- 
rie nostre  solidatis  in  Catalonia  ,  qui  cum  eodem  Ammirato  ve- 
nerunt  in  Siciliam,  prò  solidis  eorum  dierum  viginti  trium,  nu- 
meratorum  ab  eodem  octavo  septembris  usque  per  totum  eumdem 
mensem  ,  ad  rationem  de  tarenis  duobus  prò  quolibet  equo  ar- 
mato per  diem,  et  diversis  iannettis  sarracenis  tunc  venientibus  de 
Catalonia  in  Siciliam  ad  nostra  servitia ,  prò  expensis  eorum 
a  Trapano  usque  Messanam  ad  nostram  presentiam,  quorum  sti- 
pendiariorum ,  iannettorum  nomina  et  cognomina ,  et  quantitas 
pecunie  cuilibet  eorum  proinde  soluta,  in  eodem  quaterno  distin- 
cte notantur:  uncias  quinquaginta,  tarenos  tredecim.  Infra  eum- 
dem mensem  septembris,  apud  Trapanum  et  Panormum,  tam  prò 
salario  unius  cursoris  missi  in  Messanam  ad  nostram  presentiam, 
cum  predicti  Ammirati  litteris  significantibus  nobis  reditum  eius 
in  Siciliam,  expensis  quatuor  naucleriorum  et  duorum  proderio- 
rum  messanensium  ,  qui  cum  eo  navigaverant  in  Cataloniam  , 
in  redeundo  de  Trapano  in  Messanam,  quam  prò  refìcienda  prora 
galee  ipsius  Ammirati ,  et  loerii  certi  numeri  equitaturarum  ad 
sellam  et  bardam  conductarum  prò  familia  egregii  et  dilecti  con- 
sobrini  nostri  Manfridi,  primogeniti  illustris  marchionis  Sallucio- 


•  —  607  —  (Appendice) 

rum,  in  veniendo  cum  eo  a  Panormo  usque  Messanam,  ad  illu- 
strem  dominam  regina  m  dominam  et  matrein  nostram  et  nos,  et 
prò  solidis  Gandolfi  Balbi,  corniti  Marsalie,  prò  tribus  mensibus 
anni  tertiedecime  indictionis  nuper  preteriti,  quibus  fuit  in  armata 
nostri  extolii  et  non  fuit  sibi  exinde  satisfactum  :  uncias  viginti 
novem,  tarenos  sedecim  et  grana  decem.  Predicto  octavo  septem- 
bris  apud  Trapanum  ,  balistariis  quatraginta  quatuor  conductis 
per  eumdem  ammiratum  et  dimissis  in  Trapano,  quorum  nomina 
in  eodem  quaterno  notantur,  navigaturis  cum  eo  in  Gataloniam, 
ubi  tunc  redire  proposuerat,  prò  solidis  eorum  mensium  duorum, 
numeratorum  ab  eodem  octavo  septembris  in  antea,  de  quibus  ba- 
listariis, vigintisex  deputati  fuerunt  ad  armationem  galee  unius, 
olim  infra  sequentem  mensem  octubris  armate  prò  nostris  servitiis 
in  civitate  Messane,  cui  preerat  Guillelmus  Chinolus,  prothontinus 
civitatis  eiusdem,  reliquis  balistariis  decem  et  octo  remanentibus  in 
eadem  terra  Trapani,  deputandis  ad  armationem  galee  unius  tunc 
armande  ibidem,  prò  custodia  maritime  vallis  Mazarie,  ad  ratio- 
nem  de  tarenis  decem  et  octo  prò  quolibet  eorum  per  mensem  :  un- 
cias quinquaginta  duas  et  tarenos  viginti  quatuor.  Summa  pre- 
diete  pecunie  solute  prò  negotiis  et  causis  prescriptis  ad  idem 
pondus  :  uncie  mille  ducente  triginta  sex,  tareni  decem  et  septem; 
predictorum  denariorum,  librarum  de  numero  quatuor  milia  sex- 
cente  quinquaginta  novem,  solidi  tredecim  et  denari i  sex. 

Ostendit  etiam  idem  Ammiratus  per  eumdem  quaternum  olim 
per  diversas  vices,  loca  et  tempora  subdistincta,  per  manus  suas 
et  infrascriptorum  nuntiorum  suorum,  de  predicta  pecunia,  et  pe- 
cunia domini  fratris  nostri  sibi  propterea  assignata,  solvisse  di- 
versis  personis  prò  subdistinctis  causis,  expensis  et  servitiis  ne- 
cessario tactis  per  eum  ,  in  munitione,  armatione  et  aliis  neces- 
sariis,  tam  subscripti  numeri  galearum  et  aliorum  vassellorum, 
olim  infra  predictos  menses  iunii  et  iulii  per  eum  ad  opus  pre- 
dicti  domini  fratris  nostri  et  nostrum  armatorum  in  Gatalonia  et 
Maioricis,  navigaturorum  in  insulam  Querkani,  simul  cum  pre- 
dictis  galeis  et  vaccetta  armatis  in  Trapano  ad  communia  servitia 
predicti  domini  regis  et  nostra,  quam  prò  delatura,  oneratura  et 
missione  biscocti  missi  in  Gataloniam,  prò  panatica  et  etiam  prò 
aliis  necessariis  personarum  in  eis  navigantium  et  prò  aliis  ex- 
pensis et  servitiis  in  eodem  negotio  ,  sicut  infra  distinguitur  , 
oportunis,  de  qua  medietas  predictum  dominum  fratrem  nostrum 


(Appendice)  —  608  — 

et  reliqua  medietas  nos  conti  ngunt ,  quarum  personarum  no- 
mina et  cognomina ,  quantitas  pecunie  cuilibet  eorum  soluta , 
prò  quibus  causis  ,  in  predicto  quaterno  distincte  notantur ,  ad 
dictam  generale  pondus  pecunie  et  predictorum  denariorum  quan- 
titatem  inferius  denotatam  ,  videlicet  :  Infra  predictum  mensem 
aprilis,  diete  quintedecime  indictionis  ,  apud  Panormum  et  Tra- 
panimi ,  prò  delatura  ,  oneratura  et  naulo  cantariorum  biscocti 
septingentorum  et  rotulorum  triginta  quinque,  de  biscocto  Curie 
nostre  facto  in  civitate  Panormi ,  oneratorum  et  delatorum  in 
quadam  navi  Bernardi  Gilii  vocata  Santus  Nicolaus  ,  ab  eadem 
civitate  Panormi  usque  Trapanum,  ubi  biscoctum  ipsum  moratum 
extitit,  ferendum  abinde  in  Cataloniam  cum  navi  predicti  Ammi- 
rati, existente  tunc  in  portu  terre  ipsius,  exoneratura  et  delatura 
eiusdem  biscocti  a  predicta  navi  ipsius  Bernardi  in  terram  in  Tra- 
pano, et  abinde  usque  machazenura,  in  quo  fuit  repositum;  nec- 
non  prò  cannarum  de  cannapacio  duabus  milibus  sexcentis  quin- 
quaginta  octo,  emptis  in  eisdem  terris  Panormi  et  Trapani,  prò 
taciendis  exinde  saccis  necessariis  prò  repositione  ipsius  et  alte- 
rius  subscripte  quantitatis  biscocti  onerati  in  predicta  navi  Am- 
mirati, et  delatura  aliorum  cantariorum  biscocti  quatringentorum 
quinquaginta  quatuor  de  biscocto  Curie  ,  facto  in  eadem  terra 
Trapani,  et  oneratorum  in  navi  Dominici  Consalbi  proinde  condu- 
cta,  et  naulo  predictarum  navium  predictorum  Ammirati  et  Domi- 
nici, cum  quibus  totum  predictum  biscoctum  in  predictis  saccis 
repositum  et  delatum  extitit,  ab  eadem  terra  Trapani  usque  Bar- 
celloniam  ;  prò  panatica  galearum  armandarum  in  eadem  civi- 
tate ad  opus  predicti  domini  fratris  nostri  et  nostrum  ,  prò  co- 
ni unibus  suis  servitiis  et  nostris,  ad  diversas  rationes  in  eodem 
quaterno  exitus  distincte  notatas  :  uncias  centum  octuaginta  octo, 
tarenos  viginti  sex  et  granum  unum.  Infra  predictos  menses  iu- 
nii  et  iulii,  diete  quarte  decime  indictionis,  apud  Barcelloniam, 
comitis,  naucleriis ,  balistariis  et  personis  aliis  conductis  et  de- 
putatis  per  eum  in  Catalonie  partibus  ad  armationem  et  servitia 
duodecim  galearum  et  unius  galioni  de  remis  octuaginta,  arma- 
tarum  in  Catalonia  ad  comunia  servitia  predicti  domini  fratris 
nostri  et  nostra  ,  prò  solidis  eorum  ,  videlicet  quibusdam  ex  eis 
deputatis  in  predicto  galiono  prò  mensibus  quatuor,  numeratis 
a  tertio  mensis  iunii,  quibusdam  aliis  deputatis  in  eisdem  galeis 
prò  mensibus  quatuor,  numeratis  a  quintedecimo  sequentis  men- 


—  609  —  (Appendice) 

sis  iulii  diete  quintedecime  indictionis ,  et  reliquis  aliis  prò 
mensibus  tribus ,  numeratis  a  quintodecimo  eiusdem  inensis  iu- 
lii in  antea  ,  quibus  diebus,  cutn  predictis  vassellis  armatis,  de 
Barcellonia  recesserunt  ad  predicta  certa  servitia  prosecuturi  ; 
quarum  personarum  nomina  et  cognomina  et  quantitatem  pe- 
cunie cuilibet  ipsorum  solutam,  et  ad  quas  rationes,  dictus  qua- 
ternus  particulariter  et  piene  distinguit  :  eorumdem  denariorum 
libras  de  numero  sex  milia  septingentas  triginta  octo  et  soli- 
dos  undecim.  Infra  predictum  mensem  iunii ,  ibidem,  Guillelmo 

Lorens distribuendas  et  solvendas  per  eum  ,  loco  et 

vice  dicti  Ammirati,  comitis,  naucleriis ,  balistariis ,  marinariis 
et  aliis  personis  conducendis  et  deputandis  per  eum  ad  armatio- 
nem  quatuor  galearum  tunc  armandarum  in  Maioricis,  que  simul 
cuoi  aliis  predictis  galeis  ad  predicta  comunia  servitia  naviga- 
runt,  prò  soiidis  eorum  trium  mensium  :  eorumdem  denariorum 
libras  de  numero  mille  quingentas  decem,  solidos  sedecim  et  de- 
narios  octo.  Infra  predictum  mensem  octubris,  diete  quintedecime 
indictionis,  apud  Trapanum,  naucleriis,  balistariis,  marinariis  et 
personis  aliis  navigantibus  ad  armationem  et  servitia  duarum  ga- 
learum, quarum  unius  erat  comitus  Berlingerius  de  Monteolio  et 
alterius  Armandus  Safont,  que  post  captionem  Sarracenorum  ca- 
ptorum  in  insula  Querkani,  misse  fuerunt  per  eumdem  Ammiratum 
ab  eadem  insula  usque  Gapsi  de  partibus  Barbarie,  tam  prò  reci- 
pienda  pecunia  liberationis  Margami,  quam  prò  liberatione  quo- 
rundam  Saracenorum,  de  numero  Sarracenorum  captorum  in  ea- 
dem insula,  prò  soiidis  eorum  dierum  quindecim,  numeratorum 
a  sextodecimo  die  dicti  mensis  octubris  usque  ad  quod  tempus 
eis  fuerat  de  eorum  soiidis,  sicut  predicitur,  satisfactum,  usque 
per  totwn  eumdem  mensem,  computata  pecunia  soluta  balistariis 
sex  et  marinariis  tribus,  adiunctis  in  altera  predictorum  galearum, 
cuius  erat  comitus  predictus  Arnaldus  ,  prò  supplemento  arma- 
tionis  galee  ipsius,  de  numero  personarum  deputatarum  in  gallo- 
no predicto,  prò  soiidis  eorum  dierum  viginti  septem,  numerato- 
rum  a  tertio  dicti  mensis  octubris  in  antea,  usque  ad  quod  tempus 
fuerat  eis  de  eorum  soiidis  in  Gatalonia  satisfactum,  ad  predictas 
rationes ,  sicut  predictus  quaternus  piene  distinguit  :  eorumdem 
denariorum  libras  de  numero  centum  octuaginta,  solidos  decem 
et  denarios  septem.  Undecimo  dicti  mensis  iulii,  apud  Barcelloniam 
prò  candelis,  speciebus,  carnibus  sallitis  ,  caseo ,  fabis  ,  vino  et 
G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  39 


(Appendice)  —  610  — 

rebus  aliis  emptis  et  assignatis  per  eumdera  Ammiratum  in  eadem 
terra  Barcellonie  comitis  predictarum  galearum  duodecim  et  ga- 
lioni  unius,  tam  prò  necessariis  vassellorum  ipsorum,  quam  prò 
companagio  personarum  in  eis  navigantium,  prò  predicto  tempore, 
quorum  comitorum  nomina  et  res  singulis  eorum  propterea  as- 
signate  et  quantitas  pecunie  solute  prò  rebus  eisdetn,  et  quibus 
personis,  in  eodem  quaterno  distincte  notantur  :  eorumdem  dena- 
riorum  libras  de  numero  trecentas  octuaginta  duas  ,  solidos  tre- 
decim  et  denarios  quatuor.  Infra  predictum  mensem  iulii,  apud 
Barcelloniam,  prò  anulis  et  landris  de  ferro,  prò  virga  standalis 
facti  ad  arma  predicti  domini  fratris  nostri,  forranda  virga  ipsa 
cindato  et  staminea  coloris  ialini  et  rubei,  emptis,  positis  et  con- 
versis  prò  faciendo  predicto  standali,  baneriis  et  pennonibus  ad 
eadem  arma,  necnon  prò  certa  quantitate  ordei,  ferrorum  equo- 
rum, cum  clavis  eorum,  necessariis  prò  annona  et  aliis  habilita- 
tibus  super  mare,  prò  equis  stipendiariorum  Curie  navigantium 
cum  eodem  ammirato  in  galeis  eisdem,  et  aliis  diversis  servitiis 
necessariis  tam  prò  armatione  quorumdam  ex  vassellis  predictis, 
quam  prò  aliis  negotiis  et  delatura  certe  quantitatis  biscocti  o- 
nerati  et  immissi  in  predictis  vassellis ,  prò  eorum  panatica  et 
repositione  biscocti  ipsius ,  per  quoddam  temporis  spatium  re- 
positi in  eadem  terra  Barcellonie ,  prout  idem  quaternus  piane 
distinguit  :  eorumdem  denariorum  libras  de  numero  ducentas  vi- 
ginti  septem,  solidos  decem,  denarium  unum. 

Sextodecimo  dicti  mensis  augusti,  apud  Maioricas,  prò  acutis 
diversarum  maneriarum,  clavis ,  stupparolis ,  stuppa  et  pice  ne- 
cessariis prò  reparatione  quarumdam  galearum  ex  vassellis  pre- 
dictis ,  que  ob  tempestatem  supervenientem  in  eorum  viagio  a 
maritima  Russillioni  usque  ad  insulam  Maioricarum  ,  in  eundo 
ad  predictam  insulam  Querkani,  in  diversis  partibus  indigebant 
necessario  reparari,  positis  et  conversis  in  reparatione  ipsarum, 
delatura  predictarum  rerum  ab  eadem  terra  Maioricarum  usque 
ad  galeas  easdem,  et  expensis  Berlingerii  Rog  et  unius  socii  sui, 
missorum  apud  Maioricas,  prò  emendis  et  ferendis  rebus  eisdem  : 
eorumdem  denariorum  libras  de  numero  viginti ,  solidos  duos. 
Infra  predictum  mensem  septembris,  quintedecime  indictionis,  a- 
pud  Trapanum  et  Panormum,  per  manus  suas  et  Talenti  de  Iscla, 
nuntii  sui,  prò  salario  unius  pedoti  de  Trapano,  conducti  et  de- 
putati ad  conducendam  galeam  Arnaudi  Safont  a  Trapano  usque 


—  611   —  (Appendice) 

ad  predictam  insulam  Querkani ,  que  propter  predictam  tempe- 
statem  supervenientem  in  dieta  maritima  Russiliioni  diverterat  a 
galeis  predictis ,  custodia  galee  predicti   Ammirati   existentis  in 
portu  Trapani ,  confectione  etiam  cantariorum  biscocti  quinqua- 
ginta  octo,  factorum  per  eumdem  Talentum  in  Trapano,  de  farina 
Curie  existente  in  eadem  terra,  oneratura  tam  ipsius,  quam  alio- 
rum  cantariorum    biscocti  centum  de  biscocto  Curie    in  eadem 
terra  existente ,  onerati  in  eadem   galea  dicti  Arnaudi  et  missi 
cum  ea  ad  eumdem  Ammiratum  ad  predictam  insulam,  salario  u- 
nius  cursoris  missi  cum  suis  litteris  ad  nostram  presentiam  de 
significatione  sui  reditus  in  Siciliam,  delatura,  oneratura  et  naulo 
cantariorum  biscocti  nonaginta  trium  missorum  a  Panormo  in 
Trapanum ,  oneratura  certe  quantitatis  biscocti  Curie  onerati  in 
Panormo  cum  navi  Bernardi  de  Sarriano  proinde  conducta,  que 
cum  ipsius  biscocti  onere,  navigando  ad  predictam  insulam,  pre- 
dicto  Ammirato  in  mari  in  reditu  obviavit  ;   computatis  unciis 
quinquaginta  sibi   solutis ,   de  unciis  centum  ei  conventis  prò 
naulo  predicti  biscocti  deferendi  cum  ea  ab  eadem  civitate   Pa- 
normi  usque  ad  predictam  insulam  ,   eo  quod  non  compleverat 
ipsum  viagium  ,  et  emptione  certe  quantitatis  biscocti   empti  in 
Trapano,  prò  supplemento  panatice  personarum  navigantium  in 
predictis  vassellis  ,  et  certa  quantitate  cannapacii ,  ex  qua  facti 
fuerunt  sacci,  in  quibus  biscoctum  ipsum  cum  predicta  navi  de- 
latum  extitit ,  expensis  Talenti  de  Iscla  et  sociorum   missorum 
apud  Panormum  super  oneratura  et  missione  dicti  biscocti,  loe- 
rio  cuiusdam   vaccette  Bartholomei  de  Alberto  navigantis  cum 
predicto  Ammirato  in  dictis  nostris  servitiis,  ac  certa  quantitate 
vini  empta  et  assignata  per  eum  in  Trapano  comitis  undecim 
galearum  remissarum  per  eum  de  Trapano  in  Cataloniam ,  post 
adventum  earum  a  predicta  insula  Querkani ,  de  numero  predi- 
ctarum  galearum  armatarum  in  Catalonia  et  Maioricis,  prò  potu 
personarum  in  eis  navigantium  ac  prò  palmizandis  aliis  tribus 
galeis  postmodum  per  eum  similiter  remissis  in  Cataloniam,  de 
numero  predictarum  galearum,  quarum  due  redierant  de  partibus 
Barbarie  in  Trapanum,  ad  quas  misse  fuerant  prò  reci piemia  pe- 
cunia liberationis  predicti  Margani  et  redemptione  predictorum 
Sarracenorum,  et  prò  diversis  rebus  emptis  et  assignatis  comitis 
galearum  ipsarum,  prò  companagio  et  aliis  necessariis  persona- 
rum  et  galearum  ipsarum  ,  sicut  dictus  quaternus  particulariter 


(Appendice)  —  612  — 

et  piene  distinguit  :  lincia»  centum  viginti  sex  ,  tarenos  duos  et 
grana  quinque.  Decimo  predicto  mensis  septembris  apud  insulam 
Fa  vignane ,  comitis  tredecim  galearum  de  numero  galearum  ip- 
sarum,  prò  solidis  certi  numeri  personarum  per  eos  deputatarum 
ad  custodiendum  in  eisdem  galeis  Sarracenos  captos  in  predicta 
insula  et  ministrandum  eis  necessaria  ab  eadem  insula  usque 
Trapanum,  ana  unciain  unam  et  taren.  quindecim  prò  personis  de- 
putatis  ad  hoc  in  qualibet  galearum  ipsarum,  quorum  comitorum 
nomina  et  cognomina,  et  quantitas  pecunie  cuilibet  eorum  proin- 
de soluta,  in  eodem  quaterno  distincte  notantur  :  uncias  decem  et 
novem,  tarenos  quindecim.  Infra  menses  septembris  et  octubris, 
quintedecime  indictionis,  apud  Trapanum  et  Panormum  per  ma- 
nus  Petri  de  Vilariis  et  Chapi  Fiorentini ,  nuntiorum  suorum , 
prò  victu  et  custodia  predictorum  Sarracenorum  captorum  in  pre- 
dicta insula  et  missorum  ad  easdem  terras  ad  vendendum,  prò 
certo  tempore  ,  infra  quod  predicti  Sarraceni  venditi  fuerunt  in 
terris  eisdem  ,  et  prò  salario  incantus  venditionis  Sarracenorum 
ipsorum,  prout  idem  quaternus  piene  distinguit  :  uncias  viginti 
octo,  tarenos  octo.  Summa predicte pecunie  solute  prò  armationibus 
predictorum  vassellorum  et  aliis  predictis  expensis  et  servitiis  fa- 
ctis  in  captione  et  venditione  predictorum  Sarracenorum,  ad  opus 
predicti  domini  fratris  nostri  et  nostrum  :  uncie  trecente  sexa- 
ginta  due ,  tareni  viginti  unus  et  grana  sex  ;  predictorum  de- 
nariorum  libre  de  numero  novem  milia  sexaginta,  solidi  tres,  de- 
narii  octo.  De  quibus,  medietate  soluta  et  assignata  propterea  per 
eumdem  Ammiratum  ,  de  pecunia  dicti  domini  fratris  nostri, 
contingunt  nos  prò  reliqua  medietate  predictorum  omnium,  que 
prò  medietate  ipsa  in  presenti  exitu  computantur,  ad  idem  pon- 
dus  :  uncie  centum  octuaginta  una,  tareni  decem,  grana  quatuor- 
decim  ;  predictorum  denariorum ,  librarum  de  numero  quatuor 
milia  quingenta  triginta,  solidus  unus  et  denarii  decem. 

Computantur  in  eodem  exitu,  iuxta  predicti  quaterni  tenorem, 
prò  duobus  Sarracenis  nigris  ,  de  numero  predictorum  Sarrace- 
norum, olim  assignatis  per  eum  nostre  Curie,  qui  missi  fuerunt 
in  exenium  ad  illustrem  ducem  Venetiarum:  uncie  duodecim.  0- 
lim  per  diversas  vices  et  tempora,  infra  predictum  tempus ,  la- 
cobo  de  Bussono  ,  dudum  capto  per  nostrum  felix  extolium  in 
conflictu  et  captione  principis,  qui  tunc  nostro  carceri  tenebatur, 
prò  expensis  suis  et  duobus  custodibus  deputatis  ad  ipsius  cu- 


—  613  —  (Appendice) 

stodiam,  prò  salario  eorum,  prò  anno  uno  et  mense  uno  nume- 
ratis  a  quintodeeimo  iunii  nuper  preterite  duodecime,  usque  per 
totum  mensem  augusti  predicte  tertiedecime  indictionum,  necnon 
Raynaldo  Galardo  similiter  capto  in  eodem  conflictu  et  carceri 
nostro  detento,  prò  expensis  suis  et  duobus  custodibus  deputa- 
tis  ad  ipsius  Raynaldi  custodiam,  prò  salario  eorum  prò  mensi- 
bus  decem  et  diebus  quindecim,  numeratis  a  predicto  quintode- 
cimo iunii  duodecime,  usque  per  totum  mensem  aprii is  tertiede- 
cime indictionum  predictarum,  ad  rationem  de  granis  decem  prò 
quolibet  predictorum,  et  de  tareno  uno  prò  quolibet  predictorum 
custodum,  ponderis  generalis  per  diem  uncias  quinquaginta  octo. 
tarenos  viginti  duos  et  grana  decem. 

Diversis  personis,  in  quaterno  ipso  distinctis  prò  subscriptis 
rebus  emptis  et  assignatis  infrascriptis  omcialibus  hospitii  illu- 
stris  domine  regine,  domine  matris  nostre,  ad  opus  Camere  sue 
et  prò  usu  hospitii  sui,  pecunie  quantitatem  subscriptam  ,  vide- 

licet,  prò  nappis  et  coppis  de  argento  assignatis ad  opus 

predicte  Camere:  uncias  quatraginta,  tarenos  viginti  unum  et  gra- 
na quindecim.  Pro  frumenti  salmis  centum  et  cantano  uno  de 
angillis  sallatis  ,  olim  per  eum  emptis  et  assignatis  Bartholotto 
Tallavie  expensori  eiusdem  hospitii  :  uncias  triginta  quinque,  ta- 
renos decem.  Summa  predicte  pecunie  assegnate  ad  opus  Camere 
et  predicti  hospitii  :  uncie  septuaginta  sex,  tarenus  unus  et  gra- 
na quindecim.  Pro  frumenti  salmis  quinquaginta  et  cantario  uno 
de  angillis  sallatis,  emptis  et  assignatis  per  eum  Petro  de  Fus- 
ses,  expensori  nostri  hospitii,  prò  usu  eiusdem  hospitii  :  uncias 
decem  et  dcto,  tarenos  viginti.. Pericono  de  Ottellis,  de  reposito 
diete  domine  matris  nostre,  prò  emendis  per  eum  tappetis  et  to- 
baleis  lnnneis  et  mataraciis  ad  opus  inclite  matertere  nostre  Bea- 
tricis  :  uncias  quindecim.  Olim  per  diversas  vices  et  tempora,  in- 
fra predictum  annum  quintedecime  indictionis,  egregio  Manfrido 
consobrino  nostro,  primogenito  illustris  marchionis  Salluciarum, 
computandas  in  quantitate  pecunie  sibi  conventa  in  dotem,  con- 
templatione  matrimonii  contracti  inter  predictam  materteram  no- 
strani et  eum  :  uncias  mille  sexcentas  quinquaginta  et  grana  se- 
ptem. 

Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim  per  diversas  vices  et 
tempora  ,  infra  predictum  annum  quintedecime  indictionis ,  per 
manus  suas  et  infrascriptorum  nuntiorum  suorum,  sol  visse  tam 


(Appendice)  —  614  — 

diversis  stipendiariis  Curie ,  quorum  nomina  et  cognomina ,  et 
quantitatem  pecunie  cuilibet  eorum  solutam,  quaternus  ipse  di- 
stinguit,  computandas  in  solidis  eorum  ,  quos  a  Curia  debebant 
recipere,  quibusdam  ex  eis  prò  quietatione  et  supplemento  quie- 
tationis  certi  preteriti  temporis  in  quaterno  ipso  notati  ,  de  qua 
quantitate  sibi  solvenda  ad  predictum  Lapum  nostre  littere  eraa- 
narunt,  qui  nichil  exinde  sibi  solvit ,  litteris  ipsius  per  eum  in 
nostris  manibus  resignatis,  quas  mandavimus  et  fecimus  lacerari, 
quam  Iohanni  Scorne  scriptori  quietationis  gentis  nostre  et  aliis 
subscriptis  personis,  solvendis  per  eos  diversis  stipendiariis,  prò 
eorum  solidis,  sicut  infra  distinguitur,  ad  idem  pondus,  pecunie 
quantitatem  subscriptam,  videlicet  :  Quibusdam  ex  predictis  sti- 
pendiariis computandas  in  quietatione  eorum,  quam  a  Curia  de- 
bent  recipere:  uncias  centum  triginta  quatuor,  tarenos  quindecim. 
Quibusdam  ex  predictis  stipendiariis,  prò  solidis  eorum  certi  pre- 
dicti  temporis,  in  quaterno  ipso  distincti,  computatis  unciis  auri 
decem  solutis  Guillelmo  Carbono,  prò  quietatione  sua  mensium 
quinque,  numeratorum  a  primo  iulii,  diete  quartedecime,  usque 
per  totum  mensem  novembris  quintedecime  indictionum  predicta- 
rum,  iuxta  tenorem  albarani  lohannis  Scorne  predicto  Thesaura- 
rio  proinde  directi,  quod  Curie  assignavit,  super  quibus  exiben- 
dis  eidem,  ad  predictum  Lapum  nostre  littere  emanarunt,  de  qui- 
bus nichil  ei  per  eumdem  Thesaurarium  solutum  extitit,  eisdem 
litteris  nostris  in  manibus  nostre  Curie  resignatis,  quas  manda- 
vimus et  fecimus  lacerari  ;  nec  non  et  unciis  viginti  tribus  et  ta- 
renis  decem  per  eum  solutis  Burdo  Salier,  prò  supplemento  quie- 
tationis sue  anni  unius  et  mensium  septem  numeratorum  a  se- 
cundo  ianuarii  quartedecime ,  usque  per  totum  mensem  augusti 
quintedecime  indictionum  predictarum,  iuxta  tenorem  alterius  al- 
barani predicti  lohannis  Scorne,  quod  Curie  assignavit  :  uncias 
trecentas  quatraginta  tres  ,  tarenos  viginti.  Per  manus  predicti 
notarii  Guillelmi  de  Bella  predicto  Iohanni  Scorne ,  prò  solidis 
predictorum  stipendiariorum  :  uncias  octingentas.  Per  manus  pre- 
dicti Ammirati ,  notarii  Leonardi  et  aliorum  nuntiorum  suorum 
eidem  Iohanni  Scorne ,  prò  accurrimento  stipendiariorum  ipso- 
rum,  sicut  constat  per  unum  albaranum  sub  sigillo  ipsius  lohan- 
nis proinde  confectum  :  uncias  sexcentas  septuaginta  quatuor  , 
tarenos  undecim  et  grana  decem.  Per  manus  predicti  notarii  Leo- 
nardi, notariorum  Salerai  et  Tancredi,  commissariorum  eiusdem 


—  615  —  (Appendice) 

Ammirati,  diversis  stipendiariis  nostris,  ad  diversa  albarana  eiu- 
sdem  Tohannis  dicto  notario  Leonardo  proinde  directa,  sicut  con- 
stat  per  albaranum  pr-edictum,  quas  idem  Iohannes,  iuxta  ipsius 
albarani  tenorem,  posuit  prò  solutis  cuilibet  predictorum  stipen- 
diariorum  in  eorum  computis ,  per  manus  notariorum  ipsorum  : 
uncias  septingentas  septuaginta  quatuor,  tarenos  decem  et  septem, 
grana  undecim.  Per  manus  eiusdem  Ammirati  Berlingerio  de 
Santo  Genes,  Domingo  Palamario  et  Aries,  sicut  constat  per  al- 
baranum predictum,  que  iuxta  ipsius  albarani  tenorem,  per  eum- 
dem  Iohannem  fuerunt  in  eorum  solidis  computate  :  uncias  quin- 
que.  Summa  predicte  pecunie  solute  predictis  personis  et  stipen- 
diariis prò  solidis  stipendiariorum  ipsorum  :  unciarum  tria  milia 
ducente  nonaginta  quatuor,  tareni  sedecim  et  granum  unum. 

Diversis  stipendiariis,  in  eodem  quaterno  notatis ,  prò  emen- 
dis  seu  restitutionibus  quorumdam  equorum  suorum  ad  arma , 
olim  infra  eumdem  annum  quintedecime  indictionis,  per  diversas 
vices  mortuorum  in  nostris  servitiis,  ultra  predictam  aliam  quan- 
titatem  pecunie  stipendiariis  aliis  propterea  exolute,  computatis 
unciis  octo  solutis  Petro  de  Melacio,  prò  emenda  cuiusdam  equi 
sui  mortui  in  nostris  servitiis,  prò  quibus  exhibendis  eidem,  ad 
notarium  Stephanum  de  Nicholao,  olim  infra  predictum  annum 
quintedecime  indictionis  Secretum  et  magistrum  Procuratorem  Si- 
cilie, mandatum  nostre  celsitudinis  emanavit,  per  quem  sibi,  vel 
alii  eius  nomine,  in  toto  ve!  in  parte  de  quantitate  ipsa  satisfa- 
ctum  non  extitit ,  mandato  ipso  in  nostris  manibus  resignato , 
quod  mandavi mus  et  fecimus  lacerari  :  uncias  centum  septua- 
ginta quinque.  Pro  solidis  comitorum,  naucleriorum,  balistario- 
rum  et  aliarum  personarum,  olim  infra  predictum  mensem  de- 
cembris.  quintedecime  indictionis,  conductarum  et  deputatarum 
ad  armationem  galee  unius  armate  in  civitate  Panormi  et  depu- 
tate ad  custodiam  insule  Sicilie,  quarum  erat  prepositus  Guillel- 
mus  Garbonus,  prò  mensibus  tribus,  numeratis  a  quinto  decem- 
bris  diete  quintedecime  indictionis,  et  galioni  unius  de  remis  oc- 
tuaginta  quatuor  armati  in  Trapano  et  deputati  ad  custodiam 
predicte  insule ,  sub  capitania  predicti  Guillelmi ,  prò  mensibus 
duobus  et  diebus  viginti,  numeratis  a  quintodecimo  dicti  mensis 
decembris  in  antea ,  et  prò  diversis  rebus  emptis  et  assignatis 
comitis  vassellorum  ipsorum,  prò  companagio  et  aliis  necessariis 
personarum  in  eis  navigantium,  et  prò  diversis  rebus  necessariis 


(Appendice)  —  616  — 

prò  vassellis  eisdem,  couiputatis  unciis  tribus,  tarenis  vigniti  octo 
solutis  quibusdam  personis,  que  ad  armationem  predictarum  galee 
et  vaccette  conducte  fuerunt  et  fugierunt  ab  armatione  ipsarum  : 
uncias  trecentas  triginta  septera,  tarenos  viginti  octo,  grana  duo- 
deci  m.  Olim  per  diversas  vices  et  tempora,  infra  predictum  an- 
num  quintedecime  indictionis  ,  per  manus  suas  et  diversorum 
nuntiorum  suorum,  notatorum  in  eodem  quaterno  ,  infrascriptis 
personis  prò  reparatione  ,  munitione  et  armatione  galearum  et 
aliorum  vassellorum  dicti  nostri  extolii  ,  in  eodera  anno  armati 
in  Gatalonie  et  Sicilie  partibus;  necnon  prò  scutis,  quadrellis  et 
aliis  armis,  carnibus  sallitis,  caseo  et  rebus  aliis  emptis  et  assi- 
gnatis  prò  munitione,  armatione  et  aliis  necessariis  galearum  et 
vassellorum  ipsorum;  necnon  prò  panatica ,  companagio  et  aliis 
necessariis  personarum  in  eis  navigantium,  prout  predictus  qua- 
ternus  particulariter  et  piene  distinguit,  ad  idem  pondus,  pecu- 
nie quantitatem  subscriptam  ,  videlicet  :  Andree  Bembe  et  Ta- 
lanto  prepositis  tarsianatus  Trapani,  prò  opere  reparationis  vas- 
sellorum existentium  in  eodem  tarsianatu ,  uncias  octuaginta 
quinque.  Matheo  de  Lanternali  preposito  tarsianatus  Panormi , 
prò  opere  reparationis  galearum  in  eodem  tarsianatu  existentium, 
uncias  sexaginta  tres  et  tarenos  undecim.  Gomito  Iuliano  de  A- 
lexandria  de  Syracusia,  prò  faciendo  ibidem  fieri  biscoctum  prò 
panatica  predicti  extolii,  uncias  septuaginta.  Rogerio  Morena  de 
Syracusia,  prò  emenda  canape  prò  faciendis  inde  corredis  neces- 
sariis munitioni  predictorum  vassellorum,  computatis  unciis  du- 
centis  sibi  propterea  exolutis  per  predictum  Robertum  de  Lauria 
Iustitiarium  vallis  Nothi,  que  in  summa  pecunie  introytus  recepte 
ab  eodem  Iustitiario  includuntur  ,  uncias  ducentas  triginta.  Pro 
scutis  mille  trecentis  quadraginta  octo  ,  pavisiis  centum  octo  et 
armis  aliis  emptis  et  assignatis  Amelie  custodi  et  conservatori 
armorum  Curie  dicti  extolii  in  Messana,  et  Petro  de  Calatagirono 
prothontino  Panormi,  panno  erapto  et  assignato  tubatoribus  eius- 
dem  extolii,  prò  indù  mentis  eorum  et  sutura  indumentorum  ip- 
sorum, necnon  prò  faciendis  tentoriis  in  galea  eiusdem  Ammi- 
rati et  in  quadam  alia  galea ,  cuius  erat  prepositus  Franciscus 
de  Lauria,  certa  quantitate  quadrellorum  de  Ianua,  vini,  casei , 
olei  et  aliarum  diversarum  rerum  emptarum  et  assignatarum  in 
Sicilia  et  Gaieta,  prò  munitione,  armamento  et  aliis  necessitatibus 
predictorum  vassellorum,  companagio  et  aliis  necessariis  perso- 


—  617  — =-  (Appendice) 

narum,  in  eis  navigantium,  computatis  carniutn  porcinarum  sal- 
litarum  cantariis  viginti  quinque ,  que  de  quantitate  carniutn 
empta  prò  companagio  dicti  extolii ,  cuius  pretium  in  presenti 
suinma  includitur,  empte  extiterant,  et  postmodum  assignate  fue- 
runt  castellano  castri  Gironi  de  Iscla  prò  thesauro  et  munitione 
castri  ipsius,  computatis  etiam  unciis  novem,  tarenis  viginti  duo- 
bus  assignatis  per  euindem  Ammiratum  predicto  Chapo  Fiorentino, 
prò  eraendis  straminea  et  buccaramine  necessariis  prò  faciendis 
baneriis  seu  confalonibus  duobus  et  tentorio  uno  prò  galea,  cuius 
erat  prepositus  Franciscus  de  Lauria,  que  penes  eumdem  Chapum 
remanserunt ,  et  sunt  ab  eo  per  Curiam  exigende  :  uncias  quin- 
gentas  septem  ,  tarenos  duodecim  et  grana  decem.  Raynaldo  de 
Siracusia  viceammirato  Trapani ,  que  sibi  assignate  fuerunt  per 
predictum  Ardoynum  de  Callario  Iustitiarium  vallis  Mazarie,  prò 
reparatione  galearum  Curie  existentium  in  dicto  tarsianatu  Pa- 
normi ,  et  supra  in  dicto  introytu  sunt  notate  :  uncias  centutn 
sexaginta  octo.  Olim  per  diversas  vices  ,  infra  eumdem  annum 
quintedecime  indictionis,  solvisseetper  manusdiversorumcommis- 
sariorum  suorum  solvi  fecisse  in  diversis  locis,  in  quaterno  ipso 
distinctis,  baiulis  et  iudicibus  subscriptarum  terrarum  Sicilie,  vi- 
delicet  Trapani,  Montis  Sancti  luliani,  Marsalie,  Mazarie,  Castri 
Veterani,  Salem,  Sacee,  Calatabillocte,  Curilioni,  Agrigenti ,  Li- 
cate,  Heraclie,  Syracusie,  Auguste,  Lentini,  Cathanie,  Iacii,  Ma- 
scalarum,  Tauromeni,  Cephaludi,  Thermarum,  Panormi,  Montis 
Regalis  et  Alcami ,  prò  solidando  in  singulis  terrarum  ipsarum 
certo  numero  marinariorum  deputatorum  ad  armationem  predicti 
extolii ,  nec  non  et  Percevallo  de  Soris  et  Nicoloso  de  Paladino 
de  Cathania,  de  summa  pecunie  necessarie  prò  solidandis  in  ea- 
dem  terra  Cathanie  marinariis  sexaginta  duobus;  Petro  de  Mathia 
de  Pactis,  prò  solidandis  io  eadem  terra  marinariis  centum  tre- 
decim,  et  in  Liparo  marinariis  centuu)  quatraginta  sex;  Bernardo 
de  Malatino  et  Thomasio  de  Trayna,  prò  solidandis  in  Castellio- 
ne,  Linguagrossa,  Plaza,  Francavilla,  Crimastadio,  archeriis  octua- 
ginta  tribus  ad  armationem  eiusdem  extolii  deputandis,  et  tribus 
marinariis  solidatis  in  dieta  terra  Agrigenti,  prò  mensibus  duo- 
bus  ad  rationem  de  tarenis  octo  prò  quolibet  eorum  per  mensem; 
quorum  baiulorum  et  iudicum  et  predictorum  trium  marinariorum 
nomina  et  cognomina  ,  numerus  marinariorum  et  archeriorum 
solidatorum  per  singulos  predictorum  baiulorum   et  iudicum  et 


(Appendice)  —  618  — 

alias  predictas  personas,  et  quantitas  pecunie  singulis  eorumdem 
baiulorum,  iudieum  et  persona™  m  proinde  soluta  in  eodetn  qua- 
terne) distincte  notantur  :  uncias  mille  sexcentas  viginti  tres  et 
tarenos  vigiliti  sex.  Per  manus  suas  et  Chapi  Fiorentini  nuntii 
sui,  Petro  de  Calatagirono ,  dudum  prothontino  Panormi ,  prò 
reparatione,  munitione  et  armatione  galearum  armatarura  in  ea- 
dern  civitate ,  computatis  unciis  octo  sibi  solutis  per  eumdem 
Ammiratum  in  insula  Iscle  :  uncias  quingentas  septem  ,  tarenos 
viginti  duos  et  grana  decem.  Guillelmo  Carbono  prò  solidis  ma- 
rinariorum  galearum  duarum  et  vaccette  unius,  quarum  erat  pre- 
positus  Ventura  Merenda,  eotnputatis  unciis  tribus  solutis  eidem 
Guillelmo  per  manus  predicti  prothontini  Panormi  :  uncias  cen- 
tum  quinquaginta  tres,  tarenos  viginti.  Notario  Leonardo,  nuntio 
et  notario  suo,  prò  supplemento  solidorum  certi  numeri  naucle- 
riorum,  porthulatorum  ,  secunderiorum  ,  terzeriorum  puppis  et 
prore,  proderiorum  ,  magistrorum  carpintariorum  et  calafatorum 
deputatorum  in  galeis,  olim  infra  predictum  annum  quintedecime 
indictionis  armatis;  turmis  marinariorum  subscriptarum  terrarum 
Sicilie,  videlicet  Gephaludi,  Trapani,  Marsalie,  Licate,  Heraclie, 
Syracusie,  Gathanie,  Iacii  et  Tauromeni ,  et  quorundam  balista- 
riorum  catalanorum  et  latinorum  deputatorum  in  galeis  dictarum 
terrarum  Marsalie  et  Trapani ,  per  quosdam  ex  predictis  baiulis 
et  iudicibus  et  alias  speciales  personas ,  eo  quod  eis  tamquam 
marinariis  ,  preter  balistarios  catalanos  ,  per  baiulos  et  iudices 
terrarum  ipsarum  solidi  prò  duobus  mensibus  soluti  fuerant  ad 
rationem  de  tarenis  octo  prò  quolibet  eorum  per  mensem,  et  dic- 
tis  balistariis  catalanis  per  predictas  personas  certa  pecunie  quan- 
titas soluta  extitit,  que  singulos  eorum  deputatos  in  eisdem  ga- 
leis ad  predicta  servitia  prò  eorìem  tempore  contingebat ,  ultra 
quantitatem  prescriptam  ,  et  prò  solidis  quorumdam  ex  eis  prò 
predicto  tempore,  prout  quaternus  particularis  solutionis  eiusdem 
pecunie  Curie  assignate  particulariter  et  piene  distinguit  :  uncias 
septuaginta  duas,  tarenos  novem  et  grana  quindecim.  Berlinge- 
rio  de  Monteolyo  deferendas  et  expendendas  per  eum  in  Gatalonie 
partibus ,  prò  armandis  galeis  navigaturis  de  Catalonia  in  Sici- 
liani, ad  nostra  servitia:  uncias  mille.  Pro  emptione  diversarum 
rerum  emptarum  in  Maioricis  per  manus  Guillelmi  Ollerii,  nuntii 
Ammirati  predicti,  necessaria™ m  prò  munitione  galearum  trium 
armatarum  per  predictum  Berlingerium,  de  predicta  pecunia,  in 


—  619  —  (Appendice) 

predictis  partibus  Catatonie,  quarum  fuit  prepositus  Petrus  Gar- 
ces  de  Mesones  :  uncias  sexaginta  unam,  tarenos  quinque  et  grama 
quatuordecim.  Pro  arruatiotie  cuiusdam  galioni  Curie  nostre  de 
remis  triginta  sex,  armati  in  Messana,  cuius  fuit  prepositus  Per- 
rellus  Caldara,  de  numero  vassellorum  predicti  extolii,  et  diversis 
rebus  emptis  et  assignatis  eidem  Perrello  prò  companagio  et 
aliis  necessariis  personarum  in  eo  navigantium  ,  et  aliis  neces- 
sitatibus  galioni  ipsius  ,  prò  mensibus  duobus  numeratis  a  no- 
no mensis  madii,  diete  quintedecime  indictionis ,  in  antea  :  un- 
cias viginti  duas,  tarenos  decem.  Bernardo  Romeo,  nuntio  Am- 
mirati predicti,  exhibendas  per  eum  balistariis  decem  et  novem 
conductis  et  deputatis  per  eum  ad  afmationein  galearum  arma- 
tarum  in  valle  Mazarie,  prò  solidis  eorum  certi  temporis  in  qua- 
terno  ipso  distincti  :  uncias  sedecim.  Bartholomeo  de  Monteolyo, 
nuntio  eiusdem  Ammirati,  exhibendas  per  eum  balistariis  sede- 
eira  catalanis,  conductis  et  deputatis  per  eum  ad  armationem  ga- 
learum ipsarum  ,  et  marinariis  quatuordecim  conductis  per  eum 
in  terra  Marsalie,  ultra  numerum  marinariorum  in  eadem  terra 
deputatorum  ad  armationem  predictorum  vassellorum,  prò  men- 
sibus duobus  ad  rationem  de  tarenis  septem  et  granis  quindecim 
prò  quolibet  eorum  per  mensem  :  uncias  sedecim,  tarenis  quatuor 
et  grana  quindecim.  Quibusdam  marinariis  olim  infra  predictum 
mensem  madii  conductis  et  deputatis  in  Augusta  per  eumdem 
Ammiratum  ,  ad  supplementum  armationis  predicti  extolii ,  prò 
solidis  eorum  certi  temporis  :  uncias  viginti.  Pro  redemptione  et 
liberatione  balistariorum  catalanorum  decem,  qui  per  hostes  no- 
stros  in  Tropea  carceri  tenebantur ,  et  post  liberationem  eorum 
eum  nostro  extolio  navigaverunt  usque  Neapolim  et  abinde  re- 
dierunt  in  Siciliam  :  uncias  decem.  Mercatanti  de  Mazaria  militi, 
prò  accurrimentu  expensarum  suarum  ,  eo  quod  armis ,  equis 
decenter  munitus,  eum  eodem  Ammirato  eum  predicto  extolio  sine 
solidis  navigavit  :  uncias  quatuor.  Pro  solidis  Bartholomei  de 
Monteolyo,  Bernardi  Romei ,  Iohannis  de  Nazario  de  Castanea , 
statutorum  per  predictum  Ammiratum  super  recipienda  et  defe- 
renda  ad  eum  a  lustitiariis  Sicilie  pecunia  predicte  promissionis, 
necessaria  prò  reparatione  et  armatione  dicti  extolii,  prò  certo 
tempore,  in  quaterno  ipso  notato,  quo  morati  sunt  in  recipienda 
et  deferenda  predicta  pecunia  a  predictis  lustitiariis  usque  ad 
predictum  ammiratum,  loerio  equitaturarum  deferentium  pecuniam 


(Appendice)  —  620  — 

ipsam  et  aliis  expensis  necessariis   prò et  delatura 

ipaius  pecunie  :  uncias  triginta  quatuor,  tarenos  undecim  et  grana 
decerci  et  septerci.  Per  manus  predicti  notarii  Guillelmi  de  Bella, 
diversis  personis,  tam  prò  munitione,  armatione,  panatica,  com- 
panagio  et  aliis  necessariis  diversarum  galearum,  galionorum  et 
vaccetarum  Curie,  olim  infra  predictum  annum  quintedecime  in- 
dictionis  ante  tetnpus  generali»  armate  nostri  felicis  extolii  et 
post  reditum  et  exarmationem  ipsius,  per  diversas  vices  et  tem- 
pora armatarum  in  dieta  ci  vitate  Messane  et  missarum  ad  diver- 
sas partes,  prò  diversis  nostris  servitiis,  quam  prò  reparatione,  mu- 
nitione, ingradatura  galearum  et  aliorum  vassellorum  nostrorum 
existentium  in  nostro  tarsianatu  Messane,  custodia  tarsianatus  ip- 
sius, confectione  quadrellorum  necessariorum  prò  armamento  dicti 
extolii,  naulo  et  delatura  certe  quantitatis  frumenti  empti  et  missi 
a  Lentino  in  Messanam,  prò  faciendo  inde  fieri  biscoctum  prò  pa- 
natica personarum  predicti  extolii,  confectione  predicti  biscocti, 
reparatione  armorum  Curie  ,  necnon  prò  certa  quantitate  canna- 
pacii,  ex  qua  facti  fuerunt  sacci  necessarii  prò  deferendo  et  con- 
servando in  eis  predicto  biscocto,  prò  eindato  ,  buccaraminibus 
necessariis  prò  faciendis  baneriis  prò  eodem  extolio  ad  arma 
nostra  et  diete  civitatis  Messane,  delatura  certe  quantitatis  biscocti 
delati  a  Panormo  usque  Messanam  prò  panatica  dicti  extolii,  prò 
armatione,  panatica,  companagio  et  aliis  necessariis  eiusdem  ex- 
tolii et  aliis  diversis  causis,  negotiis  et  servitiis,  quarum  perso- 
narum nomina  et  cognomina,  quantitas  pecunie  singulis  earurci  so- 
luta, prò  quibus  causis  et  negotiis  in  quodam  quaterno  particula- 
ris  solutionis  prediche  pecunie,  per  eum  in  positione  predicte  ra- 
tionis  Curie  assignato,  particulariter  et  distincte  notantur,  ad  di- 
ctum  generale  pondus:  unciarum  septem  milia  septuaginta  novem, 
tarenos  quindecim,  grana  quindecim  et  medium.  Et  prò  quadam 
galea  dieta  Pavonus  de  remis  centum  quatuor  empta  per  predi- 
ctum Amoiiratum  in  ci  vitate  Panormi,  ad  opus  predicti  extolii  : 
uncias  octuginta.  Stimma  predicte  pecunie  solute  prò  servitiis 
diete  armate,  ad  idem  pondus  :  unciarum  undecim  milia  septin- 
gente  viginti  quatuor,  tareni  viginti  septem,  grana  decem  et  sep- 
tem et  medium. 

Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim,  per  diversas  vices  et 
tempora,  infra  predictum  annum  quintedecime  indictionis  solvisse 
et  exhibuisse  diversis  personis  tam  prò  frumenti  salmis  quingentis 


—  621   —  (Appendice) 

et  ordei  salmis  eentum  quinquaginta ,  olim  infra  mensem  octu- 
bris,  indictionis  eiusdem,  emptis  per  eum,  in  delatura,  oneratura 
et  missione  ipsarum  abinde  usque  Siciliani,  cum  terida  Bernardi 
de  Sarriano ,  quas  prò  munitione  ipsius  terre  Scalee ,  succursu 
gentis  nostre  existentis  ibidem ,  et  munitione  castrorum  nostri 
dominii  terre  eiusdem  circumadiacentium  ,  Bernardo  de  Sancto 
Stephano  capitaneo  eiusdem  terre  posuit  ;  necnon  Bernardo  de 
Sarriano,  prout  ponitur ,  prò  frumenti  sal- 
mis quinquaginta  septem terre  Sca- 
lee   prò  munitione  terre  et  castrorum  ipsorum.  Ste- 
phano de  Insula  preposito  anonis  frumenti  delati  ad  terram  eam- 
dem  cum  navi  laconie  de  Milite  ,  et  panno  empto  et  misso  ad 
Raymundum  Guatta,  olim  castellano  castri  eiusdem  terre  .... 
....  sub  nostro  dominio,  prò  indumentis  servientium  castri  ip- 
sius   panni  in  eorumdem  servientium  solidis  computan- 

dis,  et  prò  solidis  certi  numeri  servientium  deputatorum  ad  cu- 
stodiam  terre  Scalee,  prò  mensibus  decem  numeratis  a  primo  no- 
vembris  usque  per  totum  mensem  augusti ,  diete  quintedecime 
indictionis  :  uncias  trecentas  triginta  duas  et  tarenos  duos.  Osten- 
dit  per  eumdem  quaternum  se  solvisse  olim  infra  predictum  an- 
num,  tam  prò  solidis  balistariorum  et  almugavarorum,  tunc  de- 
putatorum ad  obsidionem  castri  terre  Auguste,  quam  prò  diver- 
sis  rebus  emptis  et  assignatis  diversis  personis,  et  aliis  diversis 
expensis  olim  infra  eumdem  annum  factis  in  obsidione  castri  ip- 
sius :  uncias  sexagintaquinque,  tarenos  viginti  quinque  et  grana 
quatuor.  Ostendit  etiam  per  eumdem  quaternum  assignasse  per 
diversas  vices  Berlingerio  de  Sigar ,  quas  idem  Berlingerius  ei- 
dem Bernardo  in  Catalonia  prò  nostris  servitiis  mutuarat,  et  Petro 
de  Vilariis  prò  naulo  navis  sue  ,  cum  qua  milites  et  equites  , 
solidati  per  eumdem  Bernardum  in  Catalonia,  de  partibus  ipsis  in 
Siciliam  ad  nostra  servitia  transfretarunt ,  et  dictus  Amrairatus 
ad  preces  et  instantiam  ipius  Bernardi  eis  restituit  et  exolvit , 
ad  idem  pondus  :  uncias  octuaginta  octo. 

Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim  per  diversas  vices  e 
tempora,  infra  eumdem  annum  solvisse  diversis  personis  in  dicto 
quaterno  notatis ,  tam  prò  equis  et  roncinis ,  olim  infra  tempus 
ipsum  emptis  per  eum  et  datis  per  nostrani  celsitudinem  diversis 
beriemeritis  et  fidelibus  nostris,  quam  que  Manueli  Cibo  per  Cu- 
riam   nostram  ad  solvendum  restiterant  de  unciis  quatrigentis 


(Appendice)  —  622 


in  quibus ,  prò  quibusdam  iocalibus,  ei  nostra  Curia  tenebatur, 
elemosina  et  aliis  diversis  causis  et  negotiis,  in  eodem  quaterno 
distincte  notatis,  computatis  unciis  decem  datis  prò  pretio  unius 
equi  pili  bay ,  oliai  infra  predictum  inensem  madii  aput  Gatha- 
niarn  assignati  Albaragurdano,  que  debent  in  ipsius  Albaragur- 
dani  solidis  computari ,  necnon  et  unciis  viginti  solutis  Matheo 
de  Arenis,  prò  emendis  equo,  arrais  et  aliis  rebus,  in  quibus  sibi 
serenitas  nostra  generose  providerat,  et  eas  per  notarium  Stepha- 
num  de  Nicolao,  dudum  infra  eumdem  annum  Secretum  et  ma- 
gistrum  Procuratorem  Sicilie ,  sibi  exhiberi  preceperat  et  nichil 
per  eum  dicto  Matheo  solutum  extitit ,  litteris  nostris  sibi  pro- 
pterea  directis  in  nostris  manibus  resignatis,  quas  mandavimus 
et  fecimus  lacerari,  et  unciis  quinquaginta  octo  solutis  per  eum 
Bertrando  de  Gannellis,  prò  quodam  equo  suo  per  eum  empto  ad  o- 
pus  nostrum  et  assignato  marescalle  nostre,  et  unciis  viginti,  tare- 
nis  quindecim  et  granis  decem  olim,  infra  predictum  mensem  au- 
gusti, per  eum  solutis  prò  compedibus  centum  septuaginta  tribus, 
emptis  et  deputatis  prò  vinculandis  captivis  existentibus  in  tar- 
sianatu  Messane  et  domo  Ammirati  ipsius  et  aliis  captivis  missis 
apud  Panormum  et  Gephaludum  :  uncias  quantringentas  septua- 
ginta duas,  tarenos  quatuordecim.  Nicoloso  Matarasso,  prò  inci- 
dendis,  trahendis  et  deferendis  apud  Messanam  lignaminibus  ne- 
cessariis  prò  constructione  navis  nostre,  que  de  novo  construitur 
in  monasterio  Sancti  Salvatoris  de  Lingua  Fari  Messane  :  uncias 
quatraginta  septem.  Nicoloso  Rubeo,  alteri  magistrorum  tarsianatus 
Messane,  in  pretio  cantariorum  ferri  viginti  trium,  necessariorum 
in  opere  et  costructione  navis  eiusdem;  necnon  operibus  magistro- 
rum et  aliorum  operariorum  de  arte  eorum,  laborantium  in  con- 
structione predicta  et  aliis  expensis  propterea  necessariis  :  uncias 
sexaginta  sex  et  tarenos  decem  et  novem.  Ostendit  per  eumdem 
quaternum  sol  visse  diversis  personis  prò  piconibus  triginta  sex, 
zappis  decem  et  palis  de  ferro  decem  emptis  prò  expugnatione 
castri  Auguste ,  in  quo  rebelles  et  hostes  nostri  morabantur  in- 
clusi :  uncias  quatuor,  tarenos  quindecim  et  grana  decem.  Osten- 
dit per  eumdem  quaternum  solvisse  Amando  de  Quadres  prò  fru- 
menti salmis  octingentis,  ad  generalem  salmam  Messane,  emptis 
ab  eo  in  civitate  ipsa  et  assignatis  Iacobo  de  Ponte,  que  per  eum 
eum  navi  Villardelli  delate  fuerunt  a  civitate  ipsa  usque  Gutro- 
num,  tam  prò  nostris  servitiis,  quam  ad  vendendum  ibidem,  ad 


—  623  —  (Appendice) 

rationetn  de  tarenis  decerli  per  salmam  :  imcias  ducentas  sexaginta 
sex,  tarenos  viginti.  Ostendit  per  eumdem  quaternum  assignasse 
predicto  Berlingerio  Villaraguto  Thesaurario  ,  in  pretio  eiusdem 
navis  nostrorum  hostium  olim  capte  per  predictum  nostrum  exto- 
liura  in  mari  Surrenti  ,  quam  idem  Berlingerius  emit  a  predicto 
Ammirato,  sicut  supra  in  introytu  continetur ,  computandis  in 
quantitate  pecunie  sibi  debite  per  nostram  Guriam  :  uncias  cen- 
tum  viginti.  Ostendit  etiam  per  eumdem  quaternum  sol  visse  Vin- 
chio  Gammise  de  Neapoli ,  prò  armatione  et  aliis  necessariis  u- 
nius  galioni  sui  missi  per  eumdem  Ammiratum  ad  predictum 
regem  Aragonum  fratrem  nostrum,  cum  litteris  et  nuntiis  suis  , 
super  negotio  treuge  tunc  inite  cum  nostris  hostibus  et  prò  ex- 
pensis  Guillelmi  Simadimari  missi  per  eum  propterea,  cum  pre- 
dictis  suis  litteris,  ad  dictum  dominum  fratrem  nostrum  :  uncias 
quatraginta  sex.  Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim  per  di- 
versas  vices ,  infra  eumdem  annum  ,  solvisse  balistariis  triginta 
novem,  lanceriis  peditibus  viginti  quinque,  solidatis  et  deputatis 
per  eum  ad  custodiam  et  servitia  castri  Geroni  de  Iscla,  prò  so- 
lidis  eorum  mensium  duorum,  numeratorum  a  nono  mensis  iulii, 
diete  quintedecime  indictionis,  quo  castrum  ipsum  in  dominio 
nostro  recepit ,  in  antea  usque  per  totum  octavurn  decimum 
mensis  septembris  presentis  prime  indictionis,  et  Calzidonio  lan- 
cerio  pediti  deputato ,  ultra  predictum  numerum  ,  ad  eiusdem 
castri  custodiam,  prò  solidis  suis  mensium  quatuor,  numera- 
torum a  predicto  nono  iulii  usque  per  totum  octavurn  noveni- 
bris ,  diete  prime  indictionis ,  necnon  prò  diversis  rebus  exi- 
stentibus  in  eodem  castro ,  cum  erat  in  dominio  hostium  ,  em- 
ptis  et  remanentibus  in  castro  ipso  prò  thesauro  et  munitione 
ipsius,  biscocti  cantariis  viginti  duobus,  frumenti  salmis  centum 
sexaginta  duabus ,  caseo  et  aliis  diversis  rebus  emptis  et  assi- 
gnatis  Galzerando  de  Monteolyo,  castellano  dicti  castri,  prò  the- 
sauro  et  munitione  ipsius,  prout  idem  quaternus  piene  distinguit, 
ad  idem  pondus,  in  summa  :  uncias  centum  quatraginta  quatuor, 
tarenos  decem  et  septem  et  grana  septem.  Ostendit  per  eumdem 
quaternum  solvisse  prò  expensis  Iohannis  Sarti  et  Mathei  de  A- 
tro,  militum,  nuntiorum  legati  et  comitis  Atrabatensis,  missorum 
ad  nostram  excellentiam,  et  familie  eorum  inter  omnes  numero  vi- 
ginti quatuor,  prò  diebus  viginti  quatuor  numeratis  a  duodecimo 
dicti  mensis  iulii,  quo  venerunt  Messanam  ad  nostram  presentiam, 


(Appendice)  —  624  — 

usque  per  totum  quartum  diem  sequentis  mensis  augusti ,  diete 
quintedecime  indictionis,  quibus  morati  sunt  in  civitate  Messane, 
super  negotio  diete  treuge  :  uneias  deeem  et  octo,  tarenos  quin- 
decim.  Ostendit  per  eutndem  quaternum  olim  infra  predi ctum 
mensem  augusti  solvisse  almugavaris  quatringentis,  prò  quieta- 
tione  eorum  dierum  quindecim,  numeratorum  a  quinto  die  mensis 
augusti  in  antea,  ad  rationem  de  granis  sex  prò  quoìibet  eorum 
per  diem  :  uneias  sexaginta. 

Ostendit  etiam  ,  per  eumdem  quaternum  ,  de  predicta  pecu- 
nia restituisse  Bernardo  Marketto,  recipienti  nomine  et  prò  parte 
subscriptorum  mutuatorum  ,  prò  subscripta  quantitate  denario- 
rum  regalium  ,  olim  infra  predictum  tempus  per  eum  prò  parte 
nostre  Curie,  autori  tate  predictarum  patenti  um  litterarum  nostra- 
rum  ,  ab  eis  recepta  mutuo  ,  prò  predistinctis  causis  et  negotiis 
supra  in  introytu  ipso  notatis,  ad  rationem  predictam  de  denario- 
rum  ipsorum  libris  duabus ,  solidis  decem  per  unciam  ,  iuxfa 
conventionem  cum  eis  exinde  habitam  ,  ad  idem  pondus  ,  quan- 
titatem  pecunie  subscriptam  ,  videlicel  :  Pro  libris  mille  quin- 
gentis  olim,  infra  predictum  mensem  iulii,  mutuatis  eidem  Am- 
mirato per  predictum  Raymundum  Marketum,  prò  predictis  ser- 
vitiis  :  uneias  sexcentas.  Pro  aliis  libris  mille  quingentis  olim, 
infra  predictum  tempus  ei  mutuatis  per  predictum  Berlingerium 
Mayolum  :  uneias  sexcentas.  Pro  libris  mille  trecentis  olim  , 
infra  predictum  tempus ,  ei  mutuatis  per  predictum  Raymun- 
dum Favallerium  :  uneias  quingentas  viginti.  Et  prò  libris  du- 
centis  triginta ,  solido  uno  et  denariis  decem  ,  olim  infra  tem- 
pus ipsum  mutuatis  ei  per  predictum  Iacobum  de  Santo  ele- 
mento :  uneias  nonagintaduas,  tarenum  unum  et  grana  duo.  0- 
stendit  per  eumdem  quaternum  restituisse  Bernardo  Marketto,  nun- 
tio  Raymundi  Marketti  et  Raymundi  Favellari  de  Barcellonia,  prò 
predictis  denariis  regalibus,  librarum  duobus  milibus  ducentisquin- 
quaginta,  solidis  quatuor  et  denariis  novem,  olim  a  predicto  sep- 
timo  iulii,  usque  per  totum  secundum  diem  mensis  augusti,  diete 
quintedecime  indictionis,  auctoritate  predictarum  patentium  lit- 
terarum nostrarum,  per  eumdem  Ammiratum  ab  eis  receptis  mu- 
tuo, prò  solvendis  in  Gatalonia  militibus  mittendis  in  Siciliam  ad 
nostra  servitia,  munitione  predictarum  galearum  et  vaccette  ar- 
matarum  in  Trapano  et  aliis  predictis  nostris  servitiis,  prout  su- 
pra in  dicto  introytu  dictincte  notatur,  ultra  predictam  quantitatem 


—  625  —  (Appendice) 

pecunie  restitutis  ad  rationera  de  denariorum  ipsorum  libris  dua- 
bus et  solidis  decem  per  unciam  :  uncias  nongentas,  tarerios  duos 
et  grana  decem  et  septem.  Ostendit  per  eumdem  quaternuin  re- 
stituisse et  solvisse  Iaconie  de  Milite  de  Policio,  quas  olim  infra 
mensem  ianuarii,  diete  quintedecime  indictionis,  solverat  nostre 
Curie,  prò  iure  exiture  salmarum  frumenti  mille,  tunc  extrahen- 
darum  per  eum  de  portu  Panormi,  cum  quadam  navi  sua  et  fe- 
rendarum  apud  Scaleam,  prò  eo  quod  infra  eumdem  mensem  pro- 
visura extitit  frumentum  ipsum  cura  eadera  navi  non  debere  ex- 
trahi  ferendum  ad  terram  eamdem  :  uncias  triginta.  Ostendit  per 
eumdem  quaternum  olim  per  diversas  vices  et  tempora,  infra  pre- 
dictum  tempus,  solvisse  notario  Guillelrao  de  Bella,  notario  Leo- 
nardo, notariis,  notario  Iohanni  et  notario  Nicolao,  scriptoribus 
secum  retentis,  ad  scribendum  quaternos  et  alias  rationes  officii 
et  servitiorum  ipsorum,  prò  solidis  eorum  anni  unius  et  raensiura 
triura,  numeratorum  a  primo  iulii  diete  terciedecime  ,  usque  per 
totura  mensem  septembris  quintedecime  indictionum  ,  ad  ratio- 
nera  de  unciis  duabus  prò  predicto  notario  Guillelrao  et  de  unciis 
duabus  prò  predicto  notario  Leonardo  ,  et  de  tarenis  quindecim 
prò  quolibet  predictorura  scriptorum,  ponderi s  general is  per  men- 
sem :  uncias  sexaginta  septem  ,  tarenos  quindecim.  Ostendit  per 
eumdem  quaternum  solvisse  olim,  infra  euradera  annum  quinte- 
decime indictionis,  per  diversas  vices,  predictis  notariis  et  scrip- 
toribus suis,  prò  solidis  eorum,  raensiura  undecim  numeratorum 
a  primo  octubris,  usque  per  totum  mensem  augusti  diete  quinte- 
decime indictionis,  ad  rationes  predictas  ,  et  prò  solidis  seu  sa- 
lario èursorum  per  eum  retentorum  in  eodem  anno  et  missorum 
ad  diversas  partes  Sicilie,  prò  negotiis  armate  dicti  nostri  extolii 
et  aliis  jiostris  servitiis  sibi  per  nostrani  celsitudinem  ad  exequen- 
dura  coramissis  :  uncias  quinquaginta  quinque,  tarenos  quindecim. 

Et  ostendit  per  eumdem  quaternum  retinuisse  sibi  de  predicta 
pecunia  Curie,  tam  prò  restitutione  subscripte  quantitatis  pecunie 
olim  per  eum  nostre  Curie  de  suo  proprio  mutuate  ,  prò  solidis 
stipendiariorum  nostrorum  et  aliis  diversis  servitiis  nostris,  quam 
prò  subscriptis  causis,  ad  idem  pondus,  pecunie  quantitatem  sub- 
scriptam,  videlicet:  Quas  olim  infra  mensem  octubris,  diete  quin- 
tedecime indictionis ,  ad  mandatum  nostrum  tunc  oretenus  sibi 
factum,  de  sua  propria  pecunia  mutuavit,  solvendas  per  eum  prò 
solidis  predictorum  stipendiariorum  et  aliis  Curie  nostre  servitiis, 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  40 


(Appendice)  —  626  ~- 

prò  quibus  restituendis  eidem  Ammirato,  ad  predictos  Hugonem 
Talac  et  Predericum  de  Incisa  ,  tunc  magistros  Portulanos  Sici- 
lie, mandatum  nostre  celsitudinis  emanavit ,  quas  habuit  ab  ei- 
sdem  magistris  Portulanis  ,  sicut  supra  in  dicto  introytu  conti- 
netur  ;  uncias  mille  ducentas.  Pro  solidis  seu  quietatione  predi- 
cti  Ammirati,  prò  diebus  trecentis  triginta  quinque  ,  numeratis 
a  primo  predicti  mensis  octubris,  usque  per  totum  mensem  augu- 
sti, diete  quintedecime  indictionis,  ad  rationem  de  uncia  una  per 
diem  :  uncias  trecentas  triginta  quinque.  Pro  quietatione  sua , 
prò  decem  equis  armatis,  prò  mensibus  decem  numeratis  a  primo 
dicti  mensis  octubris  usque  per  totum  mensem  iulii,  diete  quin- 
tedecime indictionis,  ad  rationem  de  unciis  auri  duobus  prò  quo- 
libet  equo  armato  per  mensem  :  uncias  ducentas.  Rt  de  unciis 
septingentis,  quas  idem  Ammiratus  per  quaternum  eumdem  po- 
suit  sibi  deberi ,  et  prò  naulo  salmarum  frumenti  trium  milium 
quingentarum  olim,  infra  mensem  madii ,  predicte  quintedecime 
indictionis,  oneratarum  et  extractarum  per  Bernardum  Ferrarium, 
nuntium  Petri  de  Vilariis,  nuntii  predicti  domini  fratris  nostri  , 
de  summa  salmarum  frumenti  sex  milium  ,  quarum  emptionem 
eidem  domino  fratri  nostro  concessimus,  in  subsidium  expensa- 
rum  ,  quas  subiit  et  eum  solvere  oportet ,  prò  guerra  orta  inter 
predictum  dominum  patrem  nostrum  et  regem  Francie,  de  portu 
Therinarum  ,  cum  quadam  navi  eiusdem  Ammirati  vocata  San- 
tus  Salvator ,  ferendarum  abinde  in  Cataloniam  ,  ad  rationem 
de  tarenis  auri  sex  per  salmam  ,  iuxta  conventionem  cum  eo 
exinde  habitam,  eo  quod  dum  navis  ipsa,  onerata  in  eodem  por- 
tu predicta  quantitate  frumenti  ad  dictas  partes  Catalonie  de- 
ferenda  ,  parata  esset ,  ad  dictum  viagium  profectura ,  predictis 
hostibus  nostris  declinantibus  et  venientibus  in  Augustam  ,  et 
in  civitate  Messane  [per]  adventum  dictorum  hostium  frumenti 
caristia  et  defectus  inesset ,  vendita  per  eumdem  Ammiratum  , 
ut  asseruit ,  ipsa  quantitate  frumenti  universitati  civitatis  eius- 
dem ,  ad  rationem  de  tarenis  auri  decem  et  octo  per  salmam, 
postquam  navis  ipsa  cum  eodem  frumento  Messanam  appli- 
cuit ,  hominibus  civitatis  eiusdem  renuentibus  frumentum  ip- 
sum  ad  predictam  rationem  recipere  ,  cum  [de]  terra  ipsa  Au- 
guste, capta  per  nostrum  marinum  et  terrestrem  exercitum,  fru- 
mentum in  dieta  civitate  Messane  satis  longe  minori  pretio  ven- 
deretur,  super  quo  inter  eosdem  Ammiratum  et  Messanenses  que- 


—  627  —  (Appendice) 

stio  vertebàtur ,  de  quibus  universitas  civitatis  eiusdem  eidem 
Ammirato  uncias  ducentas  nonaginta  tres  et  tarenos  decem,  iuxta 
predicti  quaterni  tenorem,  propterea  tribuit  et  exolvit;  unde  idem 
Ammiratus,  per  eumdem  quaternum,  uncias  quatrigentas  sex  et 
tarenos  viginti  restantes ,  usque  ad  summam  predictam  ,  posuit 
in  exitu  rationis  eiusdem  ,  quas  occasione  venditionis  dicti  fru- 
menti facte  per  eum  eidem  universitati,  eo  quod  dieta  universi- 
tate  frumentum  ipsum  nolente  recipere,  dictus  Bernardus  ob  vi- 
litatem  pretii  frumenti  ipsius  damnifìcabatur  in  non  modica  pe- 
cunie quantitate,  ab  eo non  perceperat.  Et  licet  ad  sol- 

vendam  seu  computandam  in  eadem  ratione  ipsam  quantitatem 
pecunie  sibi  nostra  Curia  minime  teneretur,  tamen  ob  multimode 
collata  nobis  servitia  per  Messanenses,  et  ad  evitandum  contro- 
versias  et  altercationes  ,  que  inter  eosdem  Ammiratum  et  Mes- 
sanenses possent  propterea  resultare  ,  in  eodem  exitu  volumus 
computari,  prò  supplemento  nauli  ipsius  et  integra  satisfactione 
dampnorum,  que  predictus  Bernardus  occasione  vilis  pretii  dicti 
frumenti  ,  seu  qualibet  alia  ratione,  in  premissis  subiit ,  de  quo 
reputavit  in  nostra  Curia  se  contentum  :  predictas  uncias  qua- 
tringentas  sex  et  tarenos  viginti.  Pro  expensis  suis  ,  prò  diebus 
quatringentis  viginti  sex,  numeratis  a  primo  iulii  tertiedecime,  u- 
sque  per  totum  mensem  septembris  quintedecime  indictionum  pre- 
dictarum,  ad  rationem  predictam  de  uncia  una  per  diem,  necnon 
prò  solidis  suis,  prò  dictis  equis  armatis  prò  mensibus  quatuor, 
numeratis  a  primo  iunii  quartedecime,  usque  per  totum  mensem 
septembris  quintedecime  indictionum  predictarum  ,  ad  rationem 
predictam  de  unciis  duabus  prò  quolibet  equo  armato  per  men- 
sem, et  prò  frumenti  salmis  trecentis  et  tredecim  vini  sibi  debi- 
tis  per  nostram  Curiam  anno  quolibet,  in  Messana ,  ratione  sui 
ammiratie  offici i,  prò  annis  duobus,  scilicet  quartedecime  et  quin- 
tedecime indictionum  ipsarum,  ad  rationem  de  tarenis  decem  prò 
qualibet  salma  frumenti  et  de  tarenis  quinque  prò  qualibet  sal- 
ma vini  :  uncias  sexcentas  sex,  et  de  unciis  quatraginta  septem, 
tarenis  quinque  et  granis  tredecim,  quas  predictus  notarius  Guil- 
lelmus  de  Bella  per  rationem  suam  posuit,  de  unciis  auri  quatrin- 
gentis quatraginta  octo,  tarenis  viginti  septem  et  granis  undecim 

et  medio.  Summa  summarum  [uncie] septem  ,  tareni 

decem  et  octo  et  grana  sedecim.  Olim  infra  predictum  annum 
quintedecime  indictionis  per  eum  prò palatii  prò  diversis 


(Appendice)  —  628  — 

causis  et  negotiis  fuit,  mutuo  recepisse  [a]  predicto  Ammirato  de 
iure  contingente  eumdem  Ammiratum  de  solidis  persouarum  in 
eodem  anno  quintedecime  indictionis  conductarum  et  deputatarum 
ad  armationem  galearum  et  aliorum  vassellorum  nostrorum  tunc 
armatorum,  prout  idem  quaternus  introytus  et  exitus  rationis  eius- 
dem  piene  distinguit  :  unciam  unam  ,  tarenos  septem  et  grana 
undecim  et  medium.  Summa  predicte  pecunie  propterea  retente 
per  eumdem  Ammiratum,  ad  idem  pondus:  unciarum  duo  milia 
septingente  quinquaginta.  Exitus  totius  predicte  pecunie  solute,  per 
totum  predictum  tempus ,  per  predictum  Ammiratum  et  nuntios 
et  commissarios  suos,  prò  causis,  negotiis  et  servitiis  supradictis, 
ad  idem  pondus  :  unciarum  viginti  sex  milia  centum  pctuaginta 
novem,  solidi  quindecim  et  denarii  quatuor. 

Et  sic  facta  collatione  de  predicto  introytu  ad  exitum,  introy- 
tus et  exitus  idem  est,  et  nichil  restat  propterea  penes  eum.  Et 
cum  in  positione,  examine  et  dispunctione  rationis  predicte  multe 
questiones,  deductiones,  defectus  et  dubia  sint  posita  et  notata, 
quibus  non  modica  pecunie  quantitas  super  eum  addi  et  poni  in 
predicto  introytu  et  de  predicto  exitu  deduci,  et  per  nostram  Cu- 
riam  repeti  et  exigi  ab  eodem  posset  rationabiliter  et  iuste;  nos 
nichilominus,  consideratis  Meli  bus  et  gratis  servitiis  per  predi- 
ctum Ammiratum  maiestati  nostre  prestitis  ,  et  que  prestare  po- 
terit  in  futurum  ,  eidem  Ammirato  suisque  heredibus  predictas 
questiones,  deductiones,  defectus  et  dubia  liberaliter  et  generose 
duximus  remittenda ,  et  eumdem  Ammiratum  suosque  heredes 
de  predictis  omnibus  absolvimus  et  totaliter  quietamus.  Et  quia, 
diligenti  collatione  facta,  per  errorem  seu  oblivionem  scriptoris  in 
introytu  et  exitu  rationis  eiusdem  in  presenti  apodixa  tria  sub- 
scripta  capitula  sunt  obmissa ,  que  omnia  poni ,  scribi  et  notari 
debuerant  prope  subscripta  capitula  in  eadem  apodixa  contenta, 
et  quantitas  pecunie  in  ipsis  tribus  capitulis  distincta ,  in  sum- 
mis  introytus  et  exitus  apodixe  ipsius  est  commemorata  et  posita 
et  inclusa.  Quorum  capitulorum  tenor  per  omnia  talis  est:  Tenor 
unius  ex  predictis  capitulis  continentis  predictum  Ammiratum 
olim  per  diversas  vices,  a  vicesimo  secundo  octubris  usque  per 
totum  septimum  decimum  diem  mensis  madii,  predicte  quintede- 
cime indictionis,  recepisse  a  predictis  Hugone  Talac  et  Frederico 
de  Incisa  et  magistro  Virgilio  de  Cathania,  magistris  Portulanis 
Sicilie,  tam  prò  restitutione  unciarum  auri  mille  ducentarum  per 


—  629  —  (Appendice) 

eum  mutuatarum  Curie  ,  prò  solidis  stipendiariorum  nostrorum 
et  aliis  Curie  nostre  servitiis,  quam  prò  solidis  stipendiariorum 
ipsorum,  ad  idem  pondus:  unciarum  duo  milia  sexcentas  viginti, 
tarenum  unum  et  grana  decem  et  novem  et  medium  ,  sicut  in 
capitulo  ipso  piene  distinguitur ,  quod  in  eadem  apodixa  in  in- 
troytu  rationis  ipsius,  videlicet  prope  capitulum  introytus  dieta- 
rum  unciarum  mille  ducentarum  per  eum  a  seipso  de  suo  pro- 
prio mutuo  receptarum,  prò  solidis  stipendiariorum  ipsorum,  po- 
ni debuit  et  notari,  talis  est:  Ostendit  per  eumdem  quaternum  olim 
per  diversas  vices,  a  vicesimo  secundo  octubris  usque  per  totum 
septimum  decimum  diem  mensis  madii ,  diete  quintedecime  in- 
dictionis ,  in  diversis  terris  recepisse  ab  Hugone  Talac  et  Fede- 
rico de  Incisa  ,  olim  infra  eumdem  annum  magistris  Portulanis 
Sicilie,  et  postquam  infra  annum  ipsis  magister  Virjnlius  de  Ca- 
tbania  per  Curiam  nostram  adiunctus  fuit  in  socium  in  eodem 
officio,  ab  eis  et  eodem  magistro  Virgilio  ,  prò  restitutione  pre- 
dictarum  unciarum  auri  mille  ducentarum  per  eum  mutuatarum 
nostre  Curie  prò  causis  predictis,  necnon  prò  solidis  stipendia- 
riorum nostrorum  ,  tam  de  propria  pecunia  predicti  Hugonis  et 
Frederici  tunc  per  eos  Curie  nostre  mutuata  ,  quam  de  pecunia 
venditionis  exiturarum  victualium  in  eodem  introytu ,  iuxta  ip- 
sius quaterni  tenorem,  per  eumdem  Ammiratum  positis  et  nota- 
tiis  prò  receptis  unciis  auri  ducentis  viginti,  tarenis  undecim  et 
granis  novem,  in  tu*onensibus  grossis  de  argento  ,  ana  quatra- 
ginta  octo  per  unciam,  de  unciis  auri  ducentis  viginti  novem  et 
tarenis  quinque  olim  predicto  vicesimo  secundo  octubris  assignatis 
sibi  per  eumdem  Hugonem  ana  turonenses  grossos  quatraginta 
sex  et  grana  duo  per  unciam,  ea  videlicet  ratione  quod  turonen- 
ses ipsi  ad  rationem  predictam  de  turonensibus  quatraginta  octo 
per  unciam  tunc  temporis  communiter  expendebantur  in  Sici- 
liani ,  et  erat  per  Curiam  ordinatimi  ,  et  sic  propter  diminu- 
tionem  et  diversitatem  dicti  pretii,  uncie  auri  octo  ,  tareni  vi- 
ginti tres  et  grana  undecim  deducuntur  de  su  in  ma  predicta  , 
necnon  numeratis ,  etiam  non  inclusis  in  eodem  introytu  ,  un- 
ciis septingentis ,  olim  per  diversas  vices  assignatis  per  eum- 
dem Hugonem,  ad  litteras  predicti  Ammirati  propterea  sibi  mis- 
sas,  Petro  de  Calatagirono,  tunc  prothontino  Panormi,  prò  sup- 
plemento munitionis  et  armationis  vassellorum  nostrorum  tunc 
armatorum  per  eum  in  civitate  ipsa  ,   eo  quod   idem   Petrus  de 


(Appendice)  —  630  — 

receptione  et  assignatione  ipsius  pecunie  tenetur  nostre  Curie 
lìnalem  et  debitatn  ponere  rationem,  computatis  in  introytu  ipso 
unciis  viginti  una  et  tarenis  viginti^  quatuor  per  eumdem  Am- 
miratimi Curie  debitis  prò  iure  exiture  salmarum  frumenti  ducen- 
tarum  decem  et  octo  ,  olim  extractarum  cum  quadam  navi  sua, 
cuius  erat  prepositus  Henricus  Nigrinsus ,  ferendarum  abinde 
extra  regnum  ,  prout  idem  quaternus  partieulariter  et  piene  di- 
stinguit,  ad  idem  pondus  :  in  summa  unciarum  duomilia  sexcen- 
tas  viginti,  tarenum  unum  et  grana  decem  et  novem  et  medium. 
Tenor  duorum  reliquorum  capitulorum  continentium  eumdem 
Ainmiratum  infra  annum  quintedecime  indictionis  solvisse  sub- 
scriptis  nuntiis  predicti  Iohannis  Scorne,  prò  solidis  predictorum 
stipendiariorum,  ad  idem  pondus,  pecunie  quantitatem  subscrip- 
tam,  que  in  eadem  apodixa  in  predicto  exitu  ,  videlicet  in  capi- 
tulo  pecunie  solute  predicto  lohanni  ,  videlicet  prope  capitulum 
unciarum  quinque  solutis  Berlingerio  de  Santo  Genes,  Dominico 
de  Palamario  et  Aries,  poni  et  solvi  debuerant  ;  que  pecunia  in 
ipsis  duobus  capitulis  contenta  inclusa  et  connumerata  est  in  pre- 
dieta  summa  pecunie  solute  propterea  predicto  lohanni  in  eadem 
apodixa,  talis  est:  Tenor  unius  ex  predictis  duobus  capitulis  quod 
et  continentie  talis  est  :  Alamanno  Sifre  deferendas  per  eum  ad  pre- 
dictum  lobannem  Scornam  prò  solidis  stipendiariorum  ipsorum  : 
uncias  ducentas  sexaginta.  Et  tenor  alterius  ipsorum  duorum  ca- 
pitulorum continentie  talis  :  Iacobo  de  Ponte  ,  nuntio  dicti  Io- 
hannis Scorne,  prò  solidis  stipendiariorum  ipsorum,  computatis 
unciis  centum  duabus  et  tarenis  tredecim  sibi  solutis,  in  pretio 
salmarum  frumenti  ducentarum,  ordei  salmarum  centum  et  salis 
salmarum  viginti:  uncias  trecentas  duas  et  tarenos  tredecim.  Vo- 
lumus  quod  ex  obmissione  predictorum  trium  capitulorum  ,  que 
in  predicta  apodixa  in  predictis  introytu  et  exitu,  prope  predicta 
capitula  poni ,  scribi  et  notari  debuerunt ,  et  per  errorem  scrip- 
toris  non  fuerunt  posita  et  notata,  et  prò  eo  etiam  quod  predicta 
pecunie  quantitas,  in  quoti bet  capitulorum  ipsorum  contenta,  con- 
numerata et  inclusa  est  in  summis  predicti  introytus  et  exitus , 
tam  particularibus  quam  generalibus,  et  quod  verificata  particu- 
laritate  receptionis  et  solutionis  pecunie  recepte  et  solute  ,  illis 
videlicet  predictis  capitulis  ,  sub  quibus  et  prope  que  introytus 
et  exitus  predicte.  pecunie,  sicut  distinguitur,  poni  et  solvi  debuit 
per  obmissionem  predictorum  trium  capitulorum  ,  et  pecunie   in 


—  631  —  (Appendice) 

eis  contente  sumnie,  tam  particulares  quam  generales,  non  ascen- 
derent  ad  quantitatem  pecunie  in  apodixa  ipsa  distinctam  ,  pre- 
dictis  apodixe  et  contentis  in  ea  nullum  preiudicium  et  vi  cium 
oriatur,  et  predicta  tria  obinissa  capitula,  quodlibet  videlicet  eo- 
rura  prope  supradicta  capitula  sub  quibus,  sicut  dictum  est,  scribi 
et  notari  debuerunt ,  non  obstante  quod  per  predictum  errorem 
postraodum  scripta  et  notata  sunt,  habeantur  prò  scriptis ,  posi- 
tis  et  notatis  ac  si  essent  vere  posita  et  notata,  et  quod  predicte 
summe  ,  tam  particulares  quam  summarum  ,  simul  cum  predicta 
quantitate  pecunie  in  predictis  tribus  capitulis  contenta,  verifìcari 
debeant  ac  summari. 

In  cuius  rei  testi monium  et  tam  Curie  nostre  certitudinem  , 
quam  predicti  Ammirati  suorumque  heredum  cautelam  ,  sibi  de 
predictis  omnibus  presentem  quietantie  apodixam  fieri  et  maie- 
statis  nostre  sigillo  pendenti  iussimus  communiri.  Datum  Messa- 
ne, anno  dominice  incarnationis  millesimo  ducentesimo  octuage- 
simo  octavo,  mense  iulii,  quintodecimo  eiusdem ,  prime  indictio- 
nis,  regni  nostri  anno  tertio. 

Documento  in  pergamena  ,  segnato  di  n.  9411,  e  conservato  nell'ar- 
chivio della  cattedrale  di  Valenza  (Spagna). 

Pubblicato  dal  prof.  Huici  nella  Revista  del  centro  de  Estud.  histor. 
di  Granata  cit.  an.  V  (1914),  pag.  151,  261,  369,  e  an.  VI  (1915)  pag.  102 
e  seg.  Per  altre  notizie  su  tale  edizione  dell' Huici  vedi  sopra,  doc. 
CGXXII. 

Ho  stimato  necessario,  per  la  straordinaria  importanza  del  documen- 
to riguardo  alla  storia  economica  e  militare  di  Sicilia,  di  inserirlo  in 
questa  Appendice,  tenendo  ragione  della  sua  eccessiva  lunghezza  ,  che 
non  comportava  di  riprodurlo  nella  serie  principale  dei  documenti.  Non 
occorre  ripetere  che  ho  corretto  vari  errori ,  e  migliorato  l'  ortografia 
della  trascrizione. 

Mi  limiterò  a  rilevare  alcuni  più  notevoli  ricordi  che  trovansi  nel 
documento  ,  il  quale  ben  può  dirsi  una  miniera  di  nomi ,  di  menzioni 
di  fatti  e  di  provvedimenti,  di  computi  di  monete ,  di  designazioni  di 
offici  diversi  e  di  corpi  di  milizie  e  di  arredi  militari  ed  altro.  Per  il  pe- 
riodo al  quale  i  conti  si  riferiscono,  cioè  per  due  anni  da  luglio  1285  ad 
agosto  1287,  si  desume  la  notizia  di  alcuni  avvenimenti  importanti,  ed 
anche  di  qualche  altro  anteriore. 

Si  ha  infatti  il  ricordo  della  battaglia  navale  di  Napoli  del  1284 , 
nella  quale  fu  preso  prigioniero  il  principe  di  Salerno  ,  per  la  spesa 
della  custodia  per  oltre  un  anno  ,  da  giugno  1284  ad  agosto   1285 ,  di 


(Appendice)  —  632 


due  prigionieri ,  cioè  di  Giacomo  de  Bussono  e  di  Rainaldo  Galardo , 
per  ognuno  dei  quali  si  dice:  «dudum  capto  per  nostrum  felix  exto- 
lium  in  conflictu  et  captione  principis,  qui  tunc  nostro  carceri  teueba- 
tur».  I  cognomi  dei  due  prigionieri  sono  più  esattamente  da  leggersi  : 
de  Bursona  e  Gaulart,  e  di  essi  offre  notizia  Durbieu,  Les  archives  an- 
gevines  de  Naples  cit.  t.  II,  pag.  297  e  324,  voce  Bursona  (Iacobus  de) 
e  Gaulart  (Renaut). 

L'ammiraglio  Loria  avea  (come"  dice  il  Muntaner)  promesso  al  Re 
Alfonso  che  prima  della  sua  coronazione  (che  accadde  a  14  aprile  1286) 
avrebbe  corsa  la  spiaggia  di  Marsiglia  per  combattervi  i  nemici  (cap. 
CLII  ,  ed.  Bofarull  cit.  pag.  297).  Riferisce  indi  il  cronista  la  notizia 
delle  fazioni  di  guerra  a  Serignan  e  Béziers.  Si  ricava  dai  conti  che  molti 
prigionieri  fnroh  fatti  in  quella  battaglia ,  che  alquanti  furono  riscat- 
tati e  che  le  galere  di  Alfonso  e  di  Giacomo  vi  presero  parte. 

Nell'anno  1286,  nei  mesi  da  giugno  ad  agosto,  avvenne  una  nuova 
spedizione  del  Loria  in  Africa  ,  contro  le  isole  Kerkene ,  come  prima 
nel  1284  si  era  compiuta  quella  contro  le  Gerbe.  Della  spedizione  del 
1286  il  cronista  Neocastro  non  fa  alcun  ricordo  ,  né  Amari  la  rileva 
tra  i  fatti  di  quell'anno.  Il  cronista  Muntaner  (cap.  CLIX,  ed.  Bofarull 
cit.  pag.  308)  accenna  brevemente  quegli  eventi  di  guerra  ,  e  dice  che 
il  Loria  «  puix  com  se  vench  el  regne  de  Valencia  vesitar  sos  lochs,  e 
puix  com  se  reculli  e  sen  ana  per  la  Barbaria».  Amari.  9a  ed.  voi.  II, 
pag.  77  in  nota,  afferma  che  «il  Montaner ,  con  anacronismo,  porta 
questa  correria  [del  1284]  dopo  il  passaggio  di  Giacomo  in  Calabria  [1286], 
e  la  confonde  con  le  altre  che  Loria  fece  di  quel  tempo  in  Levante». 
I  conti  del  Loria  però  dimostrano  inesatta  l'osservazione  dell'  Amari  , 
e  provano  la  duplice  spedizione  del  1284  e  del  1286  in  Libia. 

Da  questi  conti  si  desume  che  in  Barcellona  si  aspettava  dalle  mi- 
lizie nell'estate  del  1286  «  recessum  predicti  Ammirati,  ut  cum  eo  ascen- 
derent  galeas  predictas,  tunc  ad  insulam  Querkani  profecturas,  »  ,  che 
una  violenta  tempesta  si  ebbe  allora  nei  mari  di  Catalogna  col  danno 
di  varie  navi  e  di  una  galera  «ingradata  de  mari  in  terra  in  mari  ti  ma 
Barcellonie  »,  e  che  dovette  rimuoversi  dall'incagliamento  «varando  de 
terra  in  mari».  Altre  navi,  che  erano  in  viaggio  nell'agosto  per  le  Ker- 
kene, dovettero  riparare  in  Maiorca  «  ob  tempestatene  supervenieutem 
in  eorum  viagio  a  maritima  Russilioni  usque  ad  insulam  Maioricarum  in 
eundo  ad  predictam  insulam  Querkani».  Di  quelle  galere  alcune  erano 
state  armate  in  Catalogna  :  «  in  navigando,  cum  ....  aliis  galeis  ar- 
matis  in  Catalonia,  a  partibus  ipsius  in  insulam  Querkani  ».  L'armamen- 
to delle  navi  era  stato  eseguito  in  Catalogna  e  Maiorca  a  spese  comuni, 
cioè  in  metà  per  ognuno  dei  due  sovrani  Alfonso  di  Aragona  e  Giacomo 
«  ad  expensas  ipsius  predicti  domini  fratris  nostri  et  nostrum  armatomi» 


—  633  —  (Appendice) 

in  Catatonia  et  Maioricis  ».  La  ripartizione  delle  spese  è  così  accennata  : 
«  de  qua  medietas  predictum  dominum  fratrem  nostrum  et  reliqua  me- 
dietas  nos  contingunt»  (Cfr.  sopra,  pag.  468).  Pervenute  in  Sicilia  quel- 
le navi,  riunironsi  alle  altre  esistenti  nei  porti  dell'isola  e  destinate  a 
recarsi  in  Africa. 

Una  battaglia  seguì  nell'agosto  del  1286  alle  Kerkene,  come  appare 
dai  conti.  Essa  riuscì  felice  per  le  armi  siciliane,  e  furon  presi  prigio- 
nieri moltissimi  di  quegli  abitanti.  Più  tardi,  nell'ottobre,  furono  in- 
viate due  navi,  sotto  il  comando  dei  corniti  de  Monteolyo  e  Safont  alla 
città  di  Gabes  in  terraferma  (appellata  qui  Caps)  e  che  dà  nome  al  gol- 
fo ,  nel  quale  sono  le  isole  Kerkene  e  Gerbe.  Lo  scopo  era  per  riscuo- 
tere il  danaro  del  riscatto  del  capo  saraceno  Margam  Ibn  Sabir ,  che 
era  caduto  prigione  dei  Siciliani  nella  battaglia  alle  Gerbe  del  1284-  e 
che  rimase  in  carcere  in  Messina  sino  al  1289  e  poi  fu  condotto  in  A- 
frica  e  reso  libero  interamente  (V.  sopra,  pag.  97),  e  per  provvedere  alla 
liberazione  di  alcuni  Saraceni  presi  nel  combattimento  delle  Kerkene. 
In  tredici  galere  furono  portati  a  Trapani  i  prigionieri  saraceni ,  e  si 
ricava  dal  documento  che  1254  (di  ambo  i  sessiì  ne  furono  venduti  co- 
me schiavi  in  Trapani  ed  in  Palermo  in  settembre  ed  ottobre  per  il 
prezzo  di  oncie  di  oro  4442,  tari  22  e  grana  cinque,  ed  altri  ottennero 
il  riscatto  con  la  somma  di  oncie  di  oro  232,  e  tari  18.  Si  ha  pure  no- 
tizia che  due  Saraceni  neri  furono  mandati  in  dono  (in  exenium)  al 
Doge  di  Venezia. 

Sul  viaggio  del  Loria  da  Trapani  a  Palermo  e  quindi  a  Messina  in 
settembre  1286,  insieme  a  Manfredi  di  Saluzzo,  per  presentarsi  al  Re  , 
i  conti  ci  apprestano  interessanti  ricordi,  dei  quali  ho  fatto  in  parte  men- 
zione sopra  (cfr.  doc.  CCXXX). 

Il  cronista  Neocastro  ,  seguito  dall'AMARi  (9*  ed.  voi.  II ,  pag.  181 
e  seg.),  riferisce  estesamente  le  vicende  dell'assedio  di  Augusta  nel  1287 
da  parte  degli  Angioini,  che  ne  furono  poscia  respinti  ;  ma  i  conti  del 
Loria  offrono  particolari  notizie  su  l'espugnazione  di  quel  castello,  «  in 
quo  rebelles  et  hostes  nostri  morabantur  inclusi  »,  e  su  la  carestia  di 
frumento  avvenuta  in  Messina  per  tale  incursione.  Su  ciò  vedasi  sopra, 
doc.  CCXXXVIII,  per  il  viaggio  di  nave  con  frumento  in  Catalogna. 

Della  battaglia  navale  nel  golfo  di  Napoli,  tra  Castellammare  e  Sor- 
rento, in  giugno  1287,  vinta  dal  Loria  contro  gli  Angioini  i  conti  for- 
niscono pure  ricordi  notevoli.  Il  Neocastro  espone  ampiamente  quei 
fatti  nel  cap.  CXI  (De  Victoria  quam  Rogerius  de  Lauria  habuit  in  li- 
ctore  Surrenti,  ed.  Gregorio  cit.,  t.  I,  pag.  175  e  seg.)  ;  e  narra  che  o- 
gni  galera  portava  il  nome  di  un  comune  della  Sicilia,  che  i  prigionieri 
nemici  fuerunt  plusquam  V.  M.  [quinque  millia]  ed  inviati  a  Messina, 
che  il  Loria  habuit  nomine  regis  insulam  Yscle  »  e  non  in  dono,  come 


(Appendice)  —  634  — 

■ % 

per  le  Gerbe  riteneva  il  Muntanek  avesse  fatto  con  privilegio  il  Re 
Pietro  1  (cap.  GL1X  cit.),  e  che  bentosto  sorse  presso  gli  Angioini  ed  i 
loro  aderenti  il  desiderio  di  trattative  di  pace,  onde  si  conchiuse  la 
tregua  di  due  anni  molesta  ai  Siciliani  (cfr.  prima,  doc.  CLXVII).  In 
questi  conti  si  legge  espressamente  :  «  infra  mensem  iunii,  eiusdem  in- 
dictionis  [XV,  1287]  ,  infra  Neapolim  et  Surrentum  ....  cum  nostro 
felici  extolio  in  conflictu  galearum  nostrorum  hostium  »  ,  e  si  annota 
che  F  Ammiraglio  ricevette  oncie  di  oro  3569  e  tari  10  per  il  riscatto 
dei  prigionieri  angioini,  compresi  settantuno  uomini  di  Napoli  ed  i  pri- 
gionieri di  Gaeta,  Sorrento  e  Cava ,  e  che  condusse  dopo  la  battaglia 
i  prigionieri  suddetti  parte  in  Messina  in  quell'arsenale  e  nella  sua  ca- 
sa, e  parte  in  Palermo  ed  in  Cefalù,  e  che  die  oncie  centoventi  per  il 
prezzo  di  una  nave  nemica  «olim  capte  per  predictum  nostrum  exto- 
lium  in  mari  Surrenti  »  Per  l'ambasceria  del  Conte  d'Artois  in  Mes- 
sina che  avvenne  dal  12  luglio  al  4  agosto,  dai  conti  si  rilevano  pure 
altri  ricordi,  dei  quali  ho  già  fatto  cenno  (cfr.  doc.  CCXXXIII). 

Giova  alla  migliore  notizia  delle  condizioni  delle  isole  napoletane  e 
di  alcune  terre  di  Calabria,  occupate  dai  Siciliani,  quanto  si  designa 
inoltre  nei  conti  ,  cioè  la  composizione  in  oncie  quarantuno  offerta  al 
Loria  dagli  abitanti  di  Procida  «in  quibus  composuerunt  cum  eo  ne 
dampnificaret  eosdem  »,  in  seguito  alla  presa  di  Procida  del  1286,  della 
quale  fa  menzione  Michele  Parascandolo,  Procida  dalle  origini  ai  tem- 
pi nostri.  Benevento,  1893,  pag.  181  ;  la  munizione  della  terra  e  castello 
di  Scalea  e  degli  altri  castelli  «  nostri  dominii  terre  eiusdem  circuma- 
diacentium  »  da  ottobre  1286  in  poi  ;  la  liberazione  di  alcuni  balestrieri 
catalani  che  erano  tenuti  in  carcere  in  Tropea  per  hostes  nostros  nel 
1287  ;  e  la  custodia  e  munizione  del  castello  di  Ischia  dal  9  luglio  1287 
«  quo  castrum  ipsum  in  dominio  nostro  recepit  [Ammiratus]  »  sino  a 
tutto  settembre  1288. 

Su  F  armamento  del  naviglio  di  guerra  desumonsi  dal  documento 
molte  notizie  per  il  modo  come  eseguivasi  in  Sicilia,  Catalogna  e  Maior- 
ca, nei  porti  più  notevoli  di  cotali  regioni,  specialmente  in  Val  di  Maz- 
zara  ed  in  Barcellona,  per  fornimento  e  riparazione  di  navi  nelle  sedi 
opportune,  anco  nell'arsenale  di  Messina,  e  per  i  marinai  che  venivano 
ammessi  nelle  galere  e  per  il  loro  vitto  e  biscotto  e  le  merci  che  com- 
pravansi  in  Barcellona  e  Maiorca  ed  altrove.  Si  assoldavano  i  marinai 
in  Sicilia  ed  in  Catalogna  ;  e  nell'isola,  oltre  i  Baiuli  e  giudici,  ai  qua- 
li affìdavasi  l'incarico,  come  ai  tempi  del  Re  Pietro  1  (cfr.  Carini,  De  re- 
bus, p.  331  e  seg.)  erano  speciali  persone,  che  dall'Ammiraglio  inviavansi 
«ad  diversas  terras  Sicilie  ultra  fluvium  Salsum  prò  conducendis  et  so- 
lidandis  marinariis  prò  armatione  vassellorum  ipsorum  ».  In  Barcellona, 
Valenza  e  Tarragona  riunivansi  i  marinai  catalani  o  latini  (come  ven- 
gono indicati)  per  recarsi  nelle  galere,  ed  anche  eranvi  soldati  da  cavallo 


—  635  —  (Appendice) 

con  la  paga  di  tari  due  al  giorno,  e  giannetti  saraceni  che  viaggiavano 
per  servizio  regio.  Aveva  altresì  promesso  di  venire  da  Barcellona  nel- 
l'isola Giacomo  di  Pietro,  fratello  del  Re  Giacomo,  «  cum  equitibus  qua- 
traginta  in  Siciliani  ad  nostra  serviti? »,  ed  a  tale  scopo  si  destinava 
per  lui  in  luglio  1286  un  vistoso  assegno.  Cfr.  pure  sopra,  pag.  562. 

Era  a  reciproco  vantaggio  dei  sovrani  di  Aragona  e  di  Sicilia  «prò 
communibus  servitiis  et  utilitatibus»,  che  si  armava  quel  naviglio;  e 
quindi  si  trovano  nei  conti  registrati  gli  introiti  di  somme  mutuate  da 
mercanti  catalani,  come  da  altri  di  Sicilia,  tra  i  quali  deve  ricordarsi 
il  Cancelliere  del  regno,  Giovanni  da  Procida,  per  la  somma  di  oncie 
di  oro  139.  19.  12. 

Notevole  è  la  menzione  dell'  obbligo  di  alcuni  feudatari  corniti  di 
navi  di  prestare  il  servizio  militare  per  i  loro  feudi,  e  della  somma  che 
dovettero  pagare  «  eo  quod  in  anno  ipso  in  armata  dicti  extolii  per- 
sonaliter  non  fuerunt».  Per  il  denaro  della  promissione,  ossia  colletta 
che  riscuotevasi  dai  vari  comuni  dell'  isola  per  le  spese  dell'armamento 
del  naviglio,  tanto  in  Sicilia  che  in  Catalogna,  si  hanno  importanti 
notizie  del  preciso  metodo  (come  peraltro  in  tutto  il  sistema  finanzia- 
rio di  quel  tempo),  col  quale  adempivansi  quelle  attribuzioni  dai  Giu- 
stizieri, giudici  ,  castellani  e  speciali  incaricati ,  secondo  la  tassazione 
stabilita,  in  modo  simile  alle  norme  delle  epoche  sveva  ed  angioina. 

Riguardo  alle  navi  è  una  svariata  nomenclatura  derivante  dalle  va- 
rie forme  di  esse,  cioè  :  vascelli,  galeoni,  teride,  panfulo  o  panfilo  (come 
trovasi  in  Ducange  ,  vaccetta  ed  altre;  e  si  ha  il  ricordo  di  due  navi, 
una  ad  ottanta  remi  ed  altra  a  cento,  e  di  una  galera  dell'Ammiraglio, 
per  la  qnale  si  tagliavano  le.  legna  necessarie  in  Messina  per  la  costru- 
zione che  se  ne  faceva  presso  il  monastero  del  S.  Salvatore  di  Lingua 
del  Faro.  Per  oggetti  vari  destinati  a  corredo  delle  navi  riscontransi 
i  nomi  di  lauce,  chiodi,  sbarre,  globi  per  antenne  (rancupullus,  e  forse 
vacci  del  Ducange)  ,  scudi  ,  quadrelli  ,  stendardi  ,  pennoni  e  simili.  Si 
rinviene  pure  la  menzione  di  varie  speciali  cariche  ed  offici  ,  come 
quelli  ch\  collettori  della  promissione,  corrieri  (cursores)  ,  spenditore  e 
repostiere  dell'  ospizio  della  regina ,  conservatore  delle  armi  del  navi- 
glio, oltre  le  particolari  denominazioni  di  gente  di  marina  :  nocchieri, 
lancieri  pedoni,  lanciatori  (jaculatores),  carpentieri  ,  calafati  ed  altri. 

Si  rileva  ancora  che  all'Ammiraglio  spettava  oncia  una  di  oro  al  gior- 
no per  suo  stipendio,  oltre  a  salme  trecento  di  frumento  e  tredici  di  vino 
all'anno  e  la  quarta  parte  delle  prede  fatte  dai  pirati  ;  e  si  riscontra  il 
ricordo  della  regolare  presentazione  dei  conti  del  Secreto  e  del  Maestro 
Portolano  del  regno,  connessa  al  sindacato,  ed  infine  è  frequente  il  com- 
puto di  somme  tra  oncie  e  libbre  di  denari  regali  e  magonesi  e  la  mo- 
neta di  turonesi. 


(Appendice) 


636 


Credo  utile  aggiungere  qui  un  prospetto  riassuntivo  dei  conti ,  nel 
modo  in  cui  le  cifre  trovansi  segnate  per  le  somme  parziali  e  totali. 

INTROITI    E   SPESE 
secondo  i  conti  descritti  nei  documenti  segnati  di  n.  CCXXII  e  CCXLI 


CONTI  DA  APRILE  A  SETTEMBRE  1283 
(doc.  CCXXII) 


INTROITO  IN  DENARO 


Da  mercanti  genovesi  per  estrazione  di  frumento   oncie  1000. 

lìn     RprtranHn    Rollnnnrlin    TVsnrioro  &         fH®,Q 


Da  Bertrando  Bellopodio  Tesoriere 
Da  terre  di  Calabria  e    Principato   per  riscatto 
del  bottino,  cioè  : 

da  terra  di  Cetraro    . 

»        di  Rateilo    . 

»        di  Positano . 

»        di  Ischia 
Da  marinai  di  Malta     .... 
Da,  almogaveri  per  lucro 
Da  vendita  di  bottino  fatto  da  almogaver 
Da  università  di  Giudei  di  Messina    . 
Da  corniti  per  vendita  di  oggetti. 
Da  vendita  di  orzo        .... 
Da  denaro  ricevuto  in  mutuo 


»      6429.    2.  14. 


75. 

12. 

10. 

100. 

30. 

40. 

20. 

26. 

13. 

36. 

16. 

42. 

3. 

168. 

53. 

10. 

588. 

6. 

5.  V» 

Totale  oncie  8796.  19.    4.  »/* 


INTROITO  IN  FRUMENTO 


Da  Bertrando  Bellopodio  Stratigoto  Tesoriere 

Da  Andrea  Amalfitano 

Da  Bertrando  Bellopodio 

Da  Andrea  de  Procida  procuratore  della  Chiesa  di 

Catania 

Da  Ruggiero  di  Siracusa  Secreto 


salme 


400. 

100, 

50. 

165. 
314.  12. 


Totale  salme     1029.  12. 


637  —  (Appendice) 


INTROITO  IN  BISCOTTO 

Da  Garsia  di  Lorenzo .        .        .        .        ,        .        .    quintali    624.  90. 

Da  Balduccio  Formaggio »  220. 

Da  comito  Pellegrino  de  Amalfla       ....  »         2565.  33. 

Totale  quintali    3410.  23. 
Pani  freschi N.  3256. 

INTROITO  IN  COSE  DIVERSE 

Scudi  e  pavesi 

Cacio quintali 

Carni  salate 

Vino 

Olio 

Candele 

Ceci 

Fave 

ESITO 

A  nocchieri,  balestrieri,  marinai  e  calafati        .  onde  4657.     1.  17. 

Ai   nocchieri  e  balestrieri   aragonesi  e  catalani 

per  soldo »  1324.  23.  18. 

Ai  suddetti  di  altre  navi  per  soldo     ...»  805.  15.  19.  */« 

A  Protontino  e  nocchieri  in  Messina.        .        .  »  759.  12.  5. 

Per  prezzo  di  sacchi  e  merci  diverse  per  il  na- 
viglio    »  521.  22.  6. 

Per  vitto  di  corniti,  nocchieri  ed  altri        .        .  »  734.  17.  2. 


N. 

70. 

[uintali 

300. 

» 

15. 

salme 

510. 

causi 

39. 

rotoli 

52. 

salme 

4. 

» 

4. 

Totale  onde  8803.    2.  17. 

Per  panatica  dei  marinai ,  armi  e  comestibili  diversi ,  la  quantità  no- 
tata in  introito. 


(Appendice) 


638 


CONTI  DA  LUGLIO  1°285  AD  AGOSTO  1287 
(doc.  CCXLI) 


INTROITO  IN  DENARO 

Da  diverse  persone,  mercanti  ed  altri  e  da  mutui,  oncie 

Per  armare  galere  in  comune,  per  la  metà  spet- 
tante al  Re  di  Sicilia » 

Da  mutui  fatti  dall'  Ammiraglio  e  dal  denaro 
della  promissione       ....... 

Da  officiali  per  riparazione  ed  armamento  del 
naviglio » 

Da  corniti  feudatari  di  Messina  per  loro  servizio.       » 

Da  denaro  ricevuto  per  liberazione  di  prigionieri 
nella  battaglia  di  Sorrento     ....      » 

Da  diverse  persone  per  vendita  di  navi,  libera- 
zione di  prigionieri  ed  altro   ....      » 


1330. 


2480.  15.  18.  Va 


11506.  12. 


653. 
1183. 


26. 
17. 


17. 
14. 


3569.  10. 


269.  16. 


Dedotte  le  cose  comprate.  Totale    oncie  26128.    7. 

ESITO 

Per  corniti,  nocchieri,  balestrieri  e  marinai  per 

armamento  di  galere,  noleggi,  merci  diverse  .  oncie    1236.  17. 

Per  armamento  di  vascelli  ed  altre  spese  e  per 
i  prigionieri  saraceni,  in  metà 

Per  denaro  assegnato  alla  Camera  della  regina 
ed  all'ospizio  regio 

Per  pagamento  di  soldati 

Per  assoldare  marinai,  e  servizi  dell'armata 

Per  acquisto  di  frumento  ed  altro,  paga  di  sol- 
dati, restituzione  di  mutui       .... 

Per  ritenzione  di  somme  mutuate  dall'Ammira- 
glio alla  regia  Corte » 


181.  10.  14. 

76.  1.  15. 
3294.  16.  1. 
11724.  27.  17.  '/a 

....7.  18.  16. 

2750. 


Totale  oncie  26189.  15.    4. 


FINE  DEL  VOLUME  PRIMO 


INDICI 


ALFABETICO  ED  ANALITICO 


INDICE  ALFABETICO  DEI  NOMI  DI  PERSONA 


(11  numero  indica  la  pagina.  Le  indicazioni  per  i  nomi  dei  Re  aragonesi  di 
Sicilia  si  tralasciano  se  riferisconsi  al  proprio  documento). 


-A. 

Abaiata  (de)  Tommaso,  113. 

Abandio  (de)  Giovanni,  114. 

Abbate  Palmeri,  24. 

Abd- Allah,  capo  dei  Debbad,  384. 

Abd-al-Wàhid  vedi  AbdelehehiL. 

Abdelehehit  o  Abdeluhehit,  Re  di 
Tunisi,  156,  377,  378,  382,  383, 
384,  385. 

Abou-Acida-Mohammed,  Re  di  Tu- 
nisi, 384. 

Abou-Ishak,  fratello  del  Sultano 
EI  -  Mostancer  384. 

Abou  -  Zekeria,  emiro,  384. 

Abrignali  (de)  Nicoloso,  giudice,  443, 
444,  480,  481. 

Abu  Hafs  (Bohap)  o  Abou  -  Hap,  E- 
bo-  Afs,  Miralmomeni  Bohap,  Re 
di  Tunisi,  166,  167,  170,  171,  172, 
208,  209,  214,  383,  384,  466,  473. 

Accono  Vassallo,  milite,  557. 

Adamo,  tesoriere,  195,  196. 

Adelaide,  Contessa,  nipote  del  Re 
Ruggiero  II,  134. 

Agerbe  (de)  Biagio  di  Exemino,  270, 
276,  279. 

Agostino  novello  (beato),  137. 

Agunio  (de)  Lazzaro,  122. 

Agusta  (de)  Andrea,  397. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arug. 


Aiuto  (de)  Rainaldo,  132. 

Alagona  (de)  Biasio,  350. 

Alamagno  (de)  Bartolomeo,  121. 

Alamanni  Raimondo,  baiulo  di  Bar- 
cellona, 153.  162,  163,  165.  170 , 
171,  570. 

Alamanni  Raimondo,  vicario  e  prov- 
veditore dei  castelli  in  Sicilia  , 
566,  567,  568,  569,  570. 

Alamanno  (de)  P.  195,  196. 

Alamanno  (de)  frate  Pietro,  dell'or- 
dine dei  Predicatori,  416. 

Albaragurdano,  622. 

Alberto  (de)  Bartolomeo,  611. 

Alberto  (de)  Guglielmo,  105. 

Albo,  protontino,  553. 

Aldighieri  Leonardo,  Rettore  di  Mes- 
sina, 440. 

Aldoino,  canonico,  220,  221. 

Aldoino,  vescovo  di  Cefalù,  514,  520. 

Alessandria  (di)  Giuliano,  comito, 
616. 

Alessandro  III,  Papa,  483. 

Alfano  (de)  Simone,  515. 

Alferio  (de)  Adamo,  518. 

Alferio  (de)  Alferio,  giudice  ,  102  , 
108,  109. 

Alfonso  I,  Re  di  Aragona,  272. 

Alfonso  Infante,  figlio  di  Pietro  I, 
luogotenente  in  Aragona,  45,  46, 

41 


INDICI 


57,  58,  69,  70,  150,  152,  153,  168, 
191,  210,  213,  214,  232,  246,  247, 
252,  253,  255,  269,  270,  271,  272, 
273,  274,  276,  277,  278,  279,  280, 
298,  346,  347,  349,  350,  351,  vedi 
pure  Alfonso  III. 

Alfonso  III ,  Re  di  Aragona  ,  17  , 
156,  247,  271,  273,  297,  306,  307, 
320,  321,  336,  342,  347,  348,  349, 
350,  352,  354,  355,  357,  358,  361, 
364,  366,  367,  368,  369,  375,  376, 
377,  378,  381,  382,  384,  385,  386, 
387,  388,  389,  390,  391,  392,  393, 
410,  411,  413,  415,  416,  418,  419, 
421,  423,  424,  425,  447,  452,  453, 
455,  456,  457,  459,  461,  462,  465, 
468,  469,  470,  474,  485,  493,  495, 
496,  500,  501,  503,  505,  507,  573, 
577,  580,  581,  586,  587,  592,  623, 
626,  632. 

Alfonso  X ,  il  Savio ,  Re  di  Casti- 
glia,  39,  41,  46,  48,  260,  345,  476. 

Alfonso,  il  Magnanimo,  Re  di  Sici- 
lia, 89,  91,  506. 

Alighieri  Dante.  440. 

Aloysio  (de)  Bonsignore,  589. 

Aloysio  (de)  Roberto,  milite,  443. 

Amalfìa  (de)  Pellegrino,  comito,548, 
637. 

Amalfitano  Andrea,  547,  636. 

Amato  (de)  Matteo,  114. 

Amelina  Vassallo,  17. 

Amelia,  custode  di  armi,  616. 

Amico  (de)  Giovanni,  122. 

Anfusio  (de)  Simone,  baiulo,  408 , 
409,  410. 

Angilerio  (de)  Giovanni,  notaro,  516. 

Anglerio  (de)  Giovanni,  giudice,  120, 
123. 

Anglico  Roberto,  417. 

Anno  Pullisio  Domenico,  558. 

Ansalone  (de)  Pietro,  giudice,  17  , 
327,  328,  329,  335,  339,  420. 


Antiochia  (de)  Bettuccia ,  figlia  di 
Pietro,  243,  244. 

Antiochia  (de)  Corrado,  39,  40,  225. 

Antiochia  (de)  Federico ,  figlio  di 
Pietro,  243,  244. 

Antiochia  (de)  Giovanni,  238,  243, 
244. 

Antiochia  (de)  Pietro,  ammiraglio, 
238,  239,  243,  244. 

Antiochia  (famiglia)  240,  245. 

Antiquo  (de)  Pietro,  107. 

Aquilone  (de)  Guglielmo,  milite,  416. 

Arcario  Nicola,  515. 

Archipresbitero  (de)  Giovanni,  no- 
taro, 177,  178,  184. 

Arcidiacono  (de)  Bartolomeo,  311. 

Arcontissa  (de)  Nicola,  106. 

Arenis  (de)  Matteo,  580,  622. 

Aries,  615,  630. 

Arnoldo  Roberto,  238,  240. 

Arrays  Manerch,  97. 

Artois  (Conte  di),  vedi  Roberto. 

Aspello  (de)  Francesco,  milite,  132. 

Astoe  (de)  Guglielmo  178. 

Ato  (de)  P.  G.  149,  150. 

Ato  (de)  Tommaso,  149. 

Atro  (de)  Matteo,  milite,  577,  623, 

Attobono,  154,  568. 

Aurilianis  (de)  Giovanni,  417. 

Autore  (de)  Nicola,  114. 

Avellino  (conte  di)  416,  417,  447. 

Ayolo  (de)  Guglielmo,  526. 


Bacia  Bernardo,  549,  552,  554. 
Badulato  (de)  Giovanni,  527,  529. 
Balbo  Gandolfo,  comito,  607. 
Baldo  (de)  Biviano.  108. 
Bandono  Graziano,  107,  109,  519. 
Bankero  (de)  Giovanni,  371. 
Barbera  Pietro,  491. 
Barcelli  Borra,  549,  552. 


INDICI 


643 


Barcellona  (Vicario  di)  137,  172. 

Barnaba  Matteo,  notaro,  59,  60. 

Bartolomeo,  notaro,  106. 

Bartolomeo  (de)  Federico,  106. 

Baia  (de)  Castelliono,  159,  160,  161. 

Basilio,  notaro,  106. 

Basilio,  prete,  106. 

Baucio  (de)  Bertrando,  signore  di 
Baucio,  416,  417. 

Baucio  (de)  Bertrando,  signore  di 
Berrà,  417. 

Baverio  ,  capitano  del  Comune  di 
Palermo,  10,  78. 

Beatrice  ,  vedova  del  marchese  di 
Saluzzo  ,  e  ^sposa  di  Manfredi 
Re  di  Sicilia,  341. 

Beatrice ,  figlia  del  Re  Manfredi , 
moglie  di  Manfredi  primogenito 
del  marchese  di  Saluzzo  ,  ^330  , 
331,  332,  333,  334,  335,  336,  337, 
338,  341,  575,  613. 

Bella  (de)  Bartolomeo,  317, 318,  599. 

Bella  (de)  G.,  Secreto  di  Sicilia , 
432,  433,  434. 

Bella  (de)  Giovanni,  106. 

Bella  (de)  Guglielmo,  notaro,  595, 
614,  620,  625,  627. 

Sellanti  Gualtiero,  milite,  480,  481. 

Bellopodio  o  Belpuig  (de)  Bertran- 
do, 75,  116,  135,  138,  542,  543, 
546,  560,  589,  636. 

Belpuig  (de)  Berengaria,  75. 

Belvis  Bernardo,  459,  460,  462. 

Bemba  Andrea ,  preposto  all'arse- 
nale, 616. 

Benedetto,  notaro,  95,  132,  520,  523. 

Benincasa  G.,  175,  176. 

Bentifano  (de)  Costanzo  ,  giudice  , 
489,  490,  491. 

Berio  (de)  Ranieri,  397. 

Bianca,  signora  di  Molina,  74,   75. 

Bianca,  figlia  di  Carlo  principe  di 
Salerno,  354,  355,  357,  476,  477. 


Biccaro  (de)  Andrea,  prete,  512,  514, 
515,  516.  517,  518. 

Bill  uri  (de)  Bernardo,  183. 

Birgaz  (de)  Rodrigo  Canzo,  183. 

Biscardo  (de)  Giovanni ,  notaro  , 
227,  229. 

Bisconti  Biscontino,  600. 

Bisoldono  (de)  Raimondo,  arcidia- 
cono, 410,  411,  413,  419,  421,  422, 
423. 

Bivaigna  Batiano,  323,  329,  330. 

Bianco  (de)  Ruggiero,  489,  490,  492. 

Blasco,  notaro,  149. 

Biasio  (de)  Matteo,  baiulo,  120. 

Boia  (de)  frate  Federico,  Precettore 
dell'  Ospedale  di  S.  Maria  dei 
Teutonici,  309,  310. 

Bonastro  (de)  Pietro,  137. 

Bonaventura  (de)  Guglielmo  ,  giu- 
dice, 128,  129,  132. 

Bonfiglio  (de)  Nicola,  443. 

Bonifazio  Vili,  Papa,  447,  469, 

Bonocarato  (de)  Andrea,  133. 

Bosco  Giuliano,  590. 

Boxio  Gerardo,  110. 

Branciforti  Federico,  430. 

Branciforti  Nicola,  430. 

Branciforti  Raffo  o  Raffaele,  430. 

Branciforti  Stefano,  maestro  Razio- 
nale, 429,  430. 

Brienne  (dej^conte  Ugo,  530. 

Brignali  (de)  Nicoloso,  vedi  Abri- 
gnali  (de). 

Brucaya  (de)  Bartolomeo,  tesorie- 
re, 22. 

Bruncignach  o  Brusinac,  Brusinach 
(de)  Raimondo,  118, 119,  533.  534. 

Bruno  (de)  Filippo,  notaro  351. 

Buccapicula  Giovanni,  443. 

Bucello  Pietro,  maestro,  104,  105. 

Bufalo  (de)  Giacomo,  giudice,  443, 
475.  476,  478,  479. 

Burcardo  ,  frate   della   Casa   di  S. 


644 


INDICI 


Maria  dei  Teutonici  ,  5i20 ,  521, 

522. 
B urger i  Ferrarono,  159,  100. 
Burgesi  Guido,  133. 
Bursona  o  Bussono  (de)  Giacomo, 

612,  632. 
Busahat,  medico  ebreo,  66. 
Busketto  Venuto,  490. 
Busot  P.  452. 


Cabanis  (de)  Pietro,  84. 

Cabannis  (de)  Giacomo  ,  notaro  , 
389.  390,  411. 

Cachar  Abramo,  ebreo,  172. 

Cacholo  Manfredi,  599. 

Cadell  Barrasi,  327. 

Caffo  de  Granata  Astasio  443. 

Calandano  Corrado,  milite,  186. 

Calaudrinis  Pietruccio,  11. 

Calandrinis  (de)  Simone  ,  giudi- 
ce, 13. 

Calatafimi  (de)  Simone,  595. 

Calbeti  R.  58. 

Calcedonio,  623. 

Caldara  Perrello,  preposto  di  nave, 
619. 

Caldes  (de)  Bernardo,  368. 

Caldes  (de)  Dulcia,  368. 

Cales  (de)  Eugenio,  Secreto,  483. 

Cali,  527. 

Calloro  o  Callario  (de)  Ardoino,  Giu- 
stiziere, 596,  617. 

Caltagirone  (de)  Giovanni,  Secreto 
al  di  qua  del  fiume  Salso,  229, 
516,  517,  518,  520. 

Caltagirone  (de)  Gualtieri,  22  ,  24, 
233,  234,  237,  238,  327. 

Caltagirone  (de)  Perrone,  armigero, 
117,  118,  197. 

Caltagirone  (de)  Pietro,  protontiuo 
di  Palermo,  575,  576.  581,  506, 
597,  616,  618,  629. 


Caltavuturo  (de)  Bonafede  ,  prete  , 
517. 

Caltavuturo  (de)  Lorenzo  ,  milite  , 
482,  510,  511,  512,  518,  519,  589. 

Calzamirra  Roberto,  giudice  ,  441  , 
442,  443. 

Camerasa  (de)  Ferrando,  abdelillo, 
485,  486,  487. 

Cammisa  Vincio,  577,  623. 

Campanario  Michele,  portiere  regio, 
596. 

Campisano  Ranieri,  133. 

Campsor  Tommaso,  108. 

Canalibus  (de)  Riccardo,  176,   177. 

Canalibus  (de)  Ro&erto,  176,  177, 

Candiloro  Riccardo  ,  Vicesecreto  , 
313,  317. 

Canigla  Nicola,  vedi  Tagliavia. 

Cannamela  (de)  Giacomo,  129. 

Cannelli  o  Canellis  (de)  Bertrando, 
milite,  17,  352,  353,  355,  358, 
361,  362,  364,  386,  387,  388,  389, 
390,  391,  392,  453,  454,  459,  460, 
462,  463,  466,  470,  472,  474,  475, 
477,  478,  605,  622. 

Capicio  (de)  Nicola,  122. 

Capi  liuto,  527. 

Caprara  (de)  Bartolotto,  491. 

Caprona  (de)  Anselmo,  marescallo, 
449,  450. 

Cara  (de)  Guglielmo,  516. 

Carbone  ,  saraceno  ,  procuratore 
della  Curia,  490. 

Carbone  Bernardo,  549,  552,  551. 

Carbone  Guglielmo  ,  549,  552,  554, 
598,  614,  615,  618. 

Carbonito  Guglielmo,  giudice,  373, 
375. 

Carlo  I  d'Angiò,  Conte  di  Proven- 
za, Re  di  Sicilia,  13,  16,  21,  22, 
43,  44,  50,  52,  53,  54,  55,  56,  57, 
59,  60,  61,  62,  72,  73,  74,  78,  79, 
100,  125,  126,  128,  129,  130,  131, 
132,  134,   167,   168,   1(59,  178,  180, 


INDICI 


645 


185,  203,  206,  220,  223,  225,  228, 
238,  240,  241,  242,  283,  285.  290, 
292,  296,  311,  312,  336,  341,  352, 
356,  359,  362,  364,  418,  419,  420, 
435,  440,  464,  466,  470,  473,  487, 
506,  530,  571,  585. 

Carlo  II  d'Angiò,  Re  di  Napoli,  177, 
185,  309,  418,  439,  445,  446,  448, 
449,  450,  465,  493. 

Carlo  ,  Principe  di  Salerno  ,  figlio 
di  Carlo  I,  98,  162,  163,  164,  165, 
195,  196,  203,  292,  320,  321,  336, 
337,  338,  341,  350,  352,  354,  355, 
356,  357,  358,  359,  361,  362,  363, 
364,  366,  375,  376,  392,  418,  419, 
421,  424,  437,  446,  452,  460,  461, 
462,  463,  464,  466,  468,  469.  470, 
471.  472,  473,  474,  476,  496,  500, 
506  ,  562 ,  612 ,  631  ,  vedi  pure 
Carlo  II. 

Carlo,  il  giovane  ,  figlio  di  Carlo , 
principe  di  Salerno,  375,  376,410, 
412,  414,  415,  419,  448,  500. 

Carlo  di  Valois,  246,  357,  463,  46i, 
470,  471,  472,  473. 

Carlo  V,  imperatore,  404. 

Caro  (de)  Girolamo,  229. 

Carocio.  signore  di  Rebolleto,  350. 

Caro  aito  Guglielmo,  105. 

Carreus  (de)  Giovanni,  42. 

Cartelliauo  (de)  Guglielmo  Calce- 
rando,  Capitano  e  Vicario  gene- 
rale, 116,  177,  178,  179,  180,  181. 
182,  183,  184,  185,  186,  221,  222. 
468. 

Casacha  Andrea,  536. 

Casacha  Giovanni,  536,  537. 

Casacha  lardino.  536. 

Cascasino  (de)  Bartolo,  515. 

Cassaro  Nicola,  518. 

Castanea  (de)  Giovanni,  107,  108, 
595,  619. 

Castanea  (de)  Nazario,  595,  619. 


Castellana  (de)  Oliverio,  106,  107. 

Castelletto  (de)  Gisberto  ,  milite, 
352,  353,  355,  358,  361,  362,  364, 
386,  387,  388,  389,  390,  391,  392, 
462,  463,  466,  470,  472. 

Castellonovo  (de)  Antonio,  notaro 
e  giudice,  11,  12. 

Castellonovo  (de)  Tommaso,  nota- 
ro, 13. 

Castiglione  (de)  Bartolomeo,  Secre- 
to, 311,  313,  316,  317,  328. 

Castiglione  (de)  Berengario,  asses- 
sore della  Curia  di  Maiorca,  271, 
276,  279. 

Castrogiovanni  (de)  Guglielmo,  122. 

Castrogiovanni  (de)  Simone,  491. 

Castronovo  (de)  Armaleo,  515. 

Castroterciolo  (de)  Benedetto,  152. 

Catania  (de)  Matteo,  226.. 

Catania  (de)  Virgilio,  maestro  Por- 
tolano, 546,  594,  628,  629. 

Cecilia  (S.)  Cardinale  di,  246. 

Celestino  V,  Papa,  250. 

Centurbio  (de)  Simone,  491. 

Ceralbono  (de)  Giacomo,  491*. 

Cerdano  Pericono,  199. 

Cerusa,  452. 

Chiaramonte  Giovanni  ,  Siniscalco 
del  regno,  146. 

Chicaro  Nicoloso,  giudice,  335,  340. 

Chierico  Benedetto,  notaro,  9. 

Chi  meni  Garsia,  183. 

Chi  nolo  Guglielmo  ,  protontino  , 
599,  607. 

Ciapo,  fiorentino,  596,  600,  612,  617, 
618. 

Cibo  o  Sibo  Manuele  ,  genovese  , 
383,  621. 

Cipolla  Ponzio  ,  giudice,  335,  360, 
443. 

Cirasa  Bartolomeo,  108. 

Ciribelli  Giovanni,  323. 

Clemente  III,  Papa,  483. 


646 


INDICI 


Clemenza ,  vedi  Margherita  di  Va- 
lois. 

Cloviano  (de)  Giacomo  ,  432  ,  433  , 
434. 

Colonna  Benedetto,  cardinale,  463, 
465. 

Cornilo  (de)  Artale,  comito,  59,  60. 

Comte  A.,  regio  portiere,  432,  507, 
508. 

Conques  (de)  Berengario,  173,  174, 
175,  176,  192,  193,  194, 

Consalvo  Domenico,  608. 

Conto  Guglielmo,  portiere,  321. 

Conto  Venuta,  321. 

Coppola  Bernardo,  giudice,  340,  360, 
595. 

Cor  (de)  Bernardo,  183. 

Corrado  IV,  Re  di  Sicilia,  99,  285, 
290,  507. 

Corradino,  tìglio  di  Corrado  IV,  Re 
di  Sicilia,  40,  53,  99,  324,  535. 

Cosenza  (de)  Ruggiero,  giudice,  178, 
184. 

Cosmauo  (de)  Damiano  397. 

Costa  (de)  Pietro,  cappellano,  152. 

Costanza  ,  regina  ,  moglie  di  Pie- 
tro I,  45,  47,  48,  53,  56,  77,  78, 
79,  80,  82,  85,  86,  89,  90,  95,  96, 
98,  HO,  112,  115,  116,  117,  119, 
124,  125,  126,  128,  129,  130,  133, 
134,  135,  136,  137,  140,  141,  142, 
144,  150,  151,  153,  169,  170,  173, 
177,  183,  196,  197,  198,  199,  200, 
211,  223,  224,  225,  226,  269,  274, 
277,  308,  314,  315,  320,  321,  336, 
337,  338,  340,  342,  343,  355,  358, 
408,  409,  484,  485,  505,  506,  541, 
542,  547,  575,  607,  613. 

Credundeo  (de)  Bonacquisto,  107. 

Cremonesi,  397. 

Cresuels  (de)  Bertrando ,  mercan- 
te, 43. 

Cristiano  Paolo,  178. 


Crito  Nicola,  106. 

Crudiliis  (de)  Gallabino,  152. 

Crudi liis  (de)  Guilaberto  o  Gilaber- 

to,  382,  389,  390,  410,  411,  413, 

419,  421,  422,  423. 
Cuculino  Andrea,  599. 
Cugilario  Perretto,  318. 
Culumdi  Leone,  525. 
Cuniano  (de)  Giovanni,  515. 
Curban  (de)  Amelio,  Giustiziere  di 

Abruzzo,  226. 


Dahivar  Pietro,  72. 

Dalmazzo  Giacomo,  174,  189,  190. 

Damiano  (de)  Matteo,  106. 

Dandolo  Giovanni,  Doge  di  Vene- 
zia, 612,  633. 

Darroz  P.  Garcesio,  armigero,  253, 
254. 

Dictator  Pietro,  105. 

Disona  Pericono,  198,  199. 

Dols  Gallaranz,  97. 

Domino  Baldo  (de)  Bartolomeo  , 
178,  184. 

Domino  Baldo  (de)  Riccardo,  178. 

Domino  Goffredo  (de)  Anione,  178. 

Doria  Babilone,  112. 

Durante,  prete,  130. 

Durfortis  Guglielmo,  320,  383. 


Eudemonia  (de)  Nicola ,  capitano 
del  comune  di  Palermo,  poi  Se- 
creto di  Sicilia,  10,  77. 

Edoardo  I,  Re  d'Inghilterra  43,  47, 
50,  73,  495. 

Elena,  moglie  del  Re  Manfredi, 
336. 

Eleonora ,  figlia  di  Edoardo  1,  Re 
d'Inghilterra,  500. 


INDICI 


Eleonora,  figlia  di  Carlo,  principe 
di  Salerno,  358,  359,  360. 

Elia  (de)  Pilippotto,  526. 

El  -  Mostancer,  Sultano  di  Tunisi, 
384. 

Emanuele,  Infante  di  Gastiglia,  cu- 
gino del  Re  Sancio  IV,  75. 

Eneci  P.  187. 

Enrico  VI,  imperatore,  99,  306. 

Enrico  II  di  Lusignano,  Re  di  Cipro, 
494,  500,  507. 

Enrico,  figlio  di  Ferdinando  III  Re 
di  Castiglia,  377,  380,  385. 

Enrico,  notaro,  108. 

Enrico  (de)  Guglielmo,  598. 

Errigo  (de)  Sinibaldo,  122. 

Escorna  Raimondo,  notaro,  250, 253, 

•    343. 

Eximeni  Rodrigo,  procuratore  del 
regno  di  Valenza.  199. 

Ezimbardo,  421. 


Faciola  Lapo,  Vicario  di  Valenza 
204. 

Facticio  o  Faticio  Filippo,  giudice, 
113,  114,  115. 

Falcone  (de)  Aldibrando,  443. 

Falcone  (de)  Andriolo,  console  dei 
marinai,  441,  442,  444. 

Falcone  (de)  Bongiovanni,  443. 

Falcone  (de)  Gualtieri  ,  comito  , 
59,  60. 

Farnes  (de)  Guglielmo,  milite,  416. 

Federico  I,  Barbarossa,  imperato- 
re, 99. 

Federico  II  svevo,  Re,  poi  impera- 
tore, 66,  78,  100,  105,  106,  107, 
109,  111,  149,  222,  227,  228,  237, 
239,  243,  284,  285,  286,  290,  291, 
300,  304,  306,  345,  370,  371,  372, 
425,  434,  444,  456,  457,  513,  520, 
585. 


Federico,  Infante,  tìglio  del  Re  Pie- 
tro I,  poi  Luogotenente  del  re- 
gno di  Sicilia,  46,  47,  75, 214, 
330,  354,  358,  360,  361,  367,  368, 
455,  476,  477,  479,  484,  495,  503, 
vedi  pure  Federico  II  aragonese. 

Federico  II  aragonese,  Re  di  Sici- 
lia, 53,  66,  80,  81,  91,  100,  112, 
165,  187,  217,  218,  220,  221,  223, 
224,  226,  229,  230,  244,  247,  249, 
256.  284,  286,  287,  289,  291,  301, 
306,  308,  309,  310,  316,  345,  360, 
425,  429,  444,  469,  535. 

Federico,  tìglio  di  Ferdinando  III, 
Re  di  Castiglia,  386. 

Ferdinando  I,  il  Giusto,  Re  di  Ca- 
stiglia, 272,  287. 

Fererio  (de)  Marchisio,  397. 

Fernando  d'Aragona,  Infante,  fra- 
tello del  Re  Pietro  I,  43,  44. 

Ferrante  Giacomo,  550,  552. 

Ferrarlo  Bernardo,  580,  581 ,  626 , 
627. 

Ferrerio  Atroner  Pietro,  550,  552. 

Ferro  (de)  Berardo  o  Giovanni  Be- 
rardo, maestro  Razionale,  404 , 
458,  459. 

Ficu  (de)  Roberto,  notaro,  597. 

Filadello  (de)  Giovanni ,  notaro  e 
giudice,  11,  13. 

Filippo  III,  l'Ardito.  Re  di  Fran- 
cia, 41,  42,  44,  118,  155.  162,  164, 
185,  193,  240,  241,  245,  246. 

Filippo  IV,  il  Bello,  Re  di  Francia, 
423,  462,  464,  465,  470,  471,  472, 
473,  474,  493,  495,  496,  502,  504, 
580,  626. 

Filippo  VI  di  Valois,  Re  di  Fran- 
cia, 357. 

Filmai  nardo  Gualtiero,  178,  184. 

Filmainardo  Roberto,  milite,  178, 
184. 

Filosofo  (de)  Pietro,  giudice  ,  340, 
489,  490,  491. 


(i48 


INDICI 


Fiumara  Giacomo,  178. 

Fivelleri   o   Favellerio  Raimondo , 
174,  189,  190,  591,  592,  603,  624. 

Florencia  (de)  Enrico,  notaro,  13. 

Foggia  (de)  Bartolomeo  ,  vedi  Ma- 
niscalco. 

Foix  (Conte   di)   Ruggiero  Bernar- 
do III,  477. 

Fonoleto  (de)  G.,  159,  160. 

Fontana  (de),  60. 

Fontoia  (de)  Giacomo  ,  cornilo  , 
59,  60. 

Formaggio  Balducio,  548,  637. 

Fortuno  Matteo,  abdelillo,  485,  486, 
487,  488. 

Francesco  Goffredo,  giudice.  178, 
184. 

Fristocco  (de)  Matteo,  114. 

Fusses  (de)  Pietro ,  pagatore  del 
palazzo  regio,  613. 

O- 

G.  scriba,  200. 

Gabrieli  (de)  Nicola,  516. 

Gaito  (de)  Teodoro,  giudice,  491  , 
492. 

Galaart  A.,  195,  196. 

Galardo,  Gaulart  Rinaldo,  613,  (532. 

Calato  (de)  Simone,  122. 

Galcerando,  vedi  Cartellano  (de). 

Galioto  o  Gulioto  Marco,  178,  184. 

Galvans  Guglielmo,  183. 

Gaugio  (de)  Landoico,  518. 

Garces  de  Mesones  Pietro  ,  prepo- 
si to  di  nave,  619. 

Cassini  Bt.  giudice,  416,  417. 

Gatto  Riccardo,  178. 

Gaud  ioso  (de)  Gualtiero,  gi  ud  ice,  224. 

Gavera  Nicola,  600. 

Gentile,  120,  121,  122. 

Gentili  (de)  Ruggiero,  491. 

Geraci  (de)  Rainaldo,  122. 

Gerona  (Vescovo  di),  155. 


Gervasio    (de)   Ruggiero  .  giudice  , 

395. 
Giacomino,  552. 

Giacomo  I,  il  Conquistatore,  Re  di 
Aragona,  43,  169,  173,  206,  218, 
344,  377,  380,  385. 
Giacomo  II,  Re  di  Aragona,  169. 

Giacomo  ,  Infante  ,  Luogotenente 
del  Regno  di  Sicilia,  45,  46,  47, 
74,  77,  78,  79,  80,  85,  89,  91,  92, 
110,  111,  116,  117,  118,  123,  124, 
125,  128,  134,  135,  137.  138,  139, 
140,  141,  142,  143,  144,  145,  146, 
149,  150,  151,  152,  157,  162,  164, 
165,  166,  167,  168,  169,  177,  183, 
186,  187,  189,  191,  192,  193,  194, 
196,  197,  198,  199,  200,  202,  211, 
213,  214,  223,  224,  227,  228.  229,' 
230,  252,  253,  269,  270,  271,  274, 
277,  278,  279,  280,  346,  348,  349, 
354,  361,  388,  390,  541,  542,  543, 
544,  563,  565,  566,  567,  568,  569, 
571  ,  584  ,  vedi  pure  Giacomo 
Re. 

Giacomo,  Re  di  Sicilia,  17,  52,  53, 
66,  67,  88,  90,  206.  210,  216,  217, 
221,  222,  226,  230,  232,  243,  244, 
245,  249,  273,  277,  286,  287,  vedi 
pure  Giacomo  II. 

Giacomo  di  Pietro  ,  figlio  del  Re 
Pietro  I,  123,  124,  453,  354,  455, 
547,  562,  604,  635. 

Giacomo  (de)  Manfredo,  11. 

Gilio,  554. 

Gilio  (de)  Andrea  515. 

Gilio  Bernardo,  608. 

Gi  Mone,  550,  552. 

Giordano  Pietro,  baiulo  di  Ampo- 
sta,  198. 

Giorgio  (de)  Costanzo,  106. 

Giovanni,  prete,  491. 

Giovanni,  Vescovo  di  Cefalù,  515, 
516,  517,  518,  520. 

Giovanni  (de)  Gentile,  149. 


intìnti 


640 


Giovanni  (de)  Nardo,  149. 

Giovanni  (de)  Parisio,  115. 

Giovanni  Greco  (de)  Nicola,  113. 

Giovanni  Marco  (de)  Guglielmo,  319. 

Giovanni  Vetulo  (de)  Giovanni,  491. 

Girardi  Raimondo,  notaro,  411,  417. 

Giudice  (de)  Andrea,  599. 

Giudice  Enrico  (de)  Roberto  ,  178. 

Giuliano  (de)  Giovanni,  notaro,  122, 
516. 

Giunta,  Vescovo  di  Cefalù,  101, 102, 
103,  104,  105,  106,  107,  108,  120, 
121,  134,  398,  399,  402,  458,  482, 
483,  484,  511,  515,  516,  517,  520, 
565,  566,  567,  568,  569,  570. 

Giustiniano,  imperatore,  326. 

Golioso  (de)  Ruggiero,  108. 

Gondisalvo  Giovanni,  342,  343,  344. 

Gotto  (de)  Bartolomeo,  600. 

Grainignano  (de)  Giovanni  Andrea, 
notaro,  409. 

Granchio  (de)  Andrea,  515. 

Greilly  o  de  Grilliaco  Giovanni,  Si- 
niscalco del  Re  d'Inghilterra,  240, 
505. 

Grillo  Giacomo,  notaro,  374,  375. 

Guarichi  o  Guarichio,  Guarichiolo  Fi- 
lippo, 78, 79, 81, 222, 223, 224, 229. 

Guarichiolo  o  Guarichi  Riccio,  81. 

Guatta  Raimondo,  castellano,  621. 

Guberna  Andrea,  178. 

Guercio  Giovanni,  Secreto  di  Sici- 
lia, 77,  78. 

Guglielmo  II,  Re  di  Sicilia,  78,  111, 
310,  425,  506,  507,  574. 

Guglielmo,  conciatore,  490. 

Guindone  o  Guiandone  Lapo,  mae- 
stro Portolano,  81,  82,  83,  84, 
85,  140,  141,  142,  204,  578,  579, 
597,  614. 

Guirrucio,  114. 

Gulfo  (de)  Pachio,  giudice,  520,  523. 


Hamut  (Hamictus)  Ruggiero.    Giu- 
stiziere, 484. 
Harerio  Ruggiero,  515. 
Haverio  (de)  Filippo,  105. 


I.  Vescovo  di  Valenza,  389,  390. 

Iahen  (Vescovo  di),  253,  255. 

Iandone  Lapo  vedi  Guindone. 

Ianulo  (de)  Vassallo,  notaro  ,  301, 
305. 

Imparillada  o  Imperillada  Bernar- 
do, 549,  552,  554. 

Imperatore  (de)  Francesco,  327. 

Imperatore  (de)  Goffredo,  giudice, 
335,  339,  346,  347,  349,  351,  360. 

Importagere,  550,  552 

Incanaldo,  552,  553. 

Incisa  (de)  Federico,  maestro  Por- 
tolano ,  578,  594,  62fi,  628,  629. 

Infirriolo,  554. 

Insigarolo  Raimondo,  549, 552, 553. 

Insula  (de)  Bartolomeo,  giudice,  443. 

Insula  (de)  Stefano,  621. 

Intayan  o  Intallani  o  Tayan  Ber- 
nardo, 549,  552,  554. 

;[tòàvvsc  Tzavqp,  318. 

Ioannico  (de)  Giovanni,  178,  184. 

Iocelmo,  Vescovo  di  Cefalù,  134. 

loffo  (de)  Bongiovanni,  443. 

Iolanda,  vedi  Violante 

Iosberto,  Vescovo  di  Valenza,  252. 

Iosep  (de)  Nicola,  516. 

Isabella ,  figlia  di  Bianca  signora 
di  Molina,  75. 

Tscla  (de)  Bonello,  527,  529. 

Iscla  (de)  Talento,  610,  611. 

Iurmele  (de)  Guglielmo,  105. 

I  urine  le  (de)  Nicola  105. 


650 


INDICI 


SE 

Kélaoun-Malec  el-Mansùr,  Sultano 
di  Egitto,  455,  456,  457,  494,  497. 


Laburzi  (de)  Giovanni,  giudice.  335, 
340,  360,  443. 

Lancia  o  Lanza  di  Castelmainardo 
Corrado,  maestro  Razionale,  186, 
-210,  276,  277,  279,  385,  421,  422, 
423. 

Lancia  Federico,  comito,  541,  558  , 
559. 

Lancia  Federico,  conte  di  Squillaci, 
330,  331,  335. 

Lancia  Galvano,  Vicario  imperiale, 
535. 

Lancia  Galvano.  534,  535. 

Lancia  Manfredi,  capitano  di  Malta, 
558,  559,  562. 

Lanfranco,  mercante  di  panni,  131, 
132. 

Lan temali  (de)  Matteo  ,  preposto 
all'arsenale,  616. 

Lauria  (de)  Francesco,  preposto  di 
nave,  616,  617. 

Lauria  (de)  Roberto  ,  Giustiziere  , 
373,  374,  508,  509,  521,  523,  596, 
616. 

Lauro  (de)  Andrea,  519. 

Legale  (de  lo)  Bartolomeo,  202,  203. 

Legale  (de  lo)  Giovanni,  202,  203. 

Lenguard  Marinono,  58. 

Leutini  (da)  Alaimo,  Capitano,  Mae- 
stro Giustiziere,  16,  17,  18,  19, 
21,  22,  24,  52,  66,  116,  117,  119, 
158,  162,  163,  164,  165,  200,  201, 
327,  328,  342,  343,  344,  345,  354, 
386,  387,  391,  392,  393,  407,  420, 
430,  445,  543,  545,  560, 

Lentini  (da)  Macalda,  vedi  Macalda. 


Lentini  (di)  Simone,  vescovo  di  Si- 
racusa, 374. 

Leonardo,  notaro  ,  614  ,  615 ,  618  , 
625. 

Leone,  527. 

Leone  (de)  Marzocco,  516,  518. 

Lescot  Giovanni,  vedi  Scoto. 

Lesse  Pietro,  350. 

Letizia  (de)  Enrico,  giudice,  109, 
510,  518. 

Leyda  (de)  Michele,  605. 

Libiano  (de)  Pietro,  maestro  Razio- 
nale, 174  ,  190  ,  191 ,  271  ,  276  , 
279. 

Licata  (de)  Guglielmo,  giudice,  224. 

Ligorio  (de)  Guglielmo,  baiulo,  113, 
114. 

Limogiis  (de),   giudice,  17. 

Loese  (de  la)  Alessandro,  42. 

Lombardo  Francesco,  526. 

Lombardo  Giacomo.  491. 

Lopis  Pietro,  604. 

Lorens  Guglielmo,  609. 

Lorenzo  (de)  Andrea,  569. 

Lorenzo  (de)  Garsia,  547,  637. 

Loria  o  Lauria  (de)  Ruggiero,  am- 
miraglio di  Sicilia,  e  poi  d'Ara- 
gona, 68,  116,  135,  137,  156,  157, 
161,  162,  163,  164,  169,  170,  191, 
196,  202,  269,  270,  272,  274,  275, 
277,  279,  280,  297,  298,  320,  321, 
322,  336,  346,  348,  350,  375,  376, 
377,  383,  385,  419,  421,  422,  423, 
439,  440,  445,  446,  447,  448,  450, 
451,  453.  454,  468,  469,  485,  505, 
523,  524,  530,  531,  541,  542,  543, 
544,  545,  561,  562,  563,  572,  573, 
574,  575,  576,  577,  578,  579,  580, 
581,  582,  584,  586,  588,  632,  633, 
634. 

Loria  (de)  Ruggiero,  figlio  dell'am- 
miraglio Ruggiero,  469. 

Loria  (de)  Sanrina,  moglie  dell'am- 
miraglio Ruggiero,  469. 


LNMCI 


651 


Ludovico,  Re  di  Sicilia,  310. 
Luna  (de)  Lippo  o  Luppo  Ferench, 

389,  390. 
Luna  (de)  Roderico  Eximeno  ,  54, 

55,  203. 
Luppeti  Guglielmo,   notaro  ,   388, 

389,  390. 

Macalda,  moglie  di  Alaimo  da  Len- 

tini,  66,  116,  342,  344. 
Madio  Giovanni,  515. 
Magistro  (de)  Bartolomeo,  giudice, 

443. 
Magistro  (de)   Giovanni,   giudice, 

489,  491. 
Magistro  Costantino  (de)  Giovanni, 

105,  106. 
Magistro  Iacono  (de,)  Nicola  ,  178 , 

184. 
Magro  Roberto,  107. 
Maida  (de)  Tommaso,  301. 
Mai  me  ni  Gerardo,  220. 
Maioli  o  Mayol  Berengario  o  Ber- 

lingerio.  176,  569,  592,  624. 
Maioli  F.,  console .  204  ,  205  ,  906  , 

207,  208,  209,  210. 
Malatino  (de)  Bernardo,  617. 
Malec  Camil ,   Sultano   di    Egitto  , 

456. 
Malek  el  -  Archraf  Khalil,   Sultano 

di  Egitto,  457. 
Malek -Saleh,  Sultano   di   Egitto, 

457. 
Maletta  Federico  ,  figlio  del   conte 

Manfredi,  518,  520. 
Maletta  conte  Manfredi,  Camerario, 

230.  484,  510,  517,  518,  520,  565, 

566,  567,  568,  569. 
Malgranerio  Guglielmo  ,  550  ,  552  , 

554. 
Mallioto  Nicola,  106. 


Malpulcio  (de)  Bernardo,  11. 

Manchino  Giovanni,  132. 

Manchino  Gualtieri,  132. 

Manfredi,  Re  di  Sicilia,  53,  66,  78, 
93,  96,  107,  Iti,  112,  125,  126, 
128,  129,  130,  131,  132,  136,  138, 
139,  143,  145,  146,  225,  227,  228, 
233,  237,  245,  291,  309,  310,  311, 
312,  330,  331,  335,  336,  337,  338, 
341,  361,  426,  427,  505,  575,  585. 

Maniscalco  o  Marescalco  de  Foggia 
Bartolomeo  o  Bartolotta,148,149. 

Maniscalco  Giovanni,  536,  537,  538, 

Maniscalco  Viviano,  132. 

Manna  (de)  Giovanni,  244. 

Manna  (la)  Luigi,  243,  244. 

Manna  (de)  famiglia.  24"). 

Mansano  (de)  Enrico.  417. 

Manuele  (de)  Rodolfo,  115,  116,  117, 
229,  230. 

Manuele  (de)  Ruggiero,  589. 

Manzante  (de)  Sinibaldo,  515. 

Maometto,  381. 

Mar  o  Mari  Penco  ,  459,  460,  401, 
462,  504. 

Marchese  Pietro,  notaro,  270,  271, 
273,  276,  279,  349,  350,  378,  383, 
389,  390. 

Marchisotto  Fenicia,  311,  312,  316, 
317.  318. 

Marchisotto  Filippa,  311,  312,  316, 
317,  318. 

Marchisotto  Perrone,  311,  312. 

Marco  Pietro,  notaro,  45. 

Margam,  vedi  Margat. 

Margariti  Baldovino,  notaro  ,  520, 
523, 

Margarito,  frate,  17. 

Margat,  o  Margam  Ibn  Sabir ,  sa- 
raceno, 97,  98,  609,  611,  633. 

Margherita  (non  Clemenza),  figlia  di 
Carlo  li  di  Napoli,  sposa  di  Car- 
lo di  Valois,  357. 


(i52 


INDICI 


Mari  (de)  Nicoloso  o  Nicola,  capi- 
tano, 524,  5-25,  528,  529. 

Maria,  regina,  moglie  di  Sancio  IV 
Re  di  Castiglia,  476. 

Maria,  regina,  moglie  di  Martino  I, 
Re  di  Sicilia,  11,  148,  149,  307. 

Maria,  principessa  di  Salerno,  mo- 
glie di  Carlo,  liglia  del  Re  d'Un- 
gheria, 375,  376,  410,  411,  418. 

Mariano  II,  Giudice  di  Arborea,  98. 

Marino  (de)  Guglielmo,  milite,  107, 
109. 

Manjuet  o  Marketto  Bernardo,  624, 

Marquet  o  Marketto  Raimondo,  vi- 
ceammiraglio in  Barcellona,  153, 
154,  175,  176,  569,  591,  592,  603, 
624. 

Marsala  (de)  Francesco,  notaro,  13. 

Martino,  duca  di  Monblanco.  padre 
del  Re  Martino  I,  62. 

Martino  I,  Re  di  Sicilia,  11,  62,  66, 
139,  222,  286,  287,  291,  307,  310, 
371,  425,  426,  429,  430. 

Martino  IV,  Papa,  15,  19,  43,  55, 
118,  165,  225,  242,  243,245,246, 
247,  292,  394. 

.Martino  (de)  Giovanni,  104,  108. 

Martorana  (de)  Rustico,  229. 

Mastrangelo  Ruggiero,  capitano  del 
comune  di  Palermo,  poi  Maestro 
Giustiziere,  10,  66,  78,  489,  492. 

Matarasso  Nicoloso,  622. 

Matteo  prete,  130,  131,  132. 

Matteo  (de)  Matteo,  178,  184. 

Matteo  Pietro,  notaro,  367. 

Matteo  Stefano,  178. 

Mattia  (de)  Pietro,  617. 

Mauro  (de)  Giovanni,  115. 

Mauro  (de)  Ruggiero,  203. 

Mazaria  (de)  Mercatante,  milite,  619. 

Mazzarino  (de)  Giovanni,  milite, 
157,  158,  386,  428,  430. 

Mediona  (de)  Alberto,  271,  276,  279, 
350. 


Menono,  527. 

Mercurio,  prete,  106. 

Merenda  Ventura,  preposto  di  nave, 

598,  618. 
Mes  de  Loren  (de)  Enrico,  frate,  523. 
Messina  (di)   Enrico,    suddiacono, 

325. 
Messina  (di)  Francesca,  325. 
Messina  (di)  Giovanni,  325. 
Messina  (di)  Salvo,  515. 
Michele   Paleologo ,  imperatore  di 

Costantinopoli,  40. 
Michelo,  527. 
Milana  (de)  Michele,  516. 
Milazzo  (di)  Perrone,  notaro,  519. 
Milazzo  (di)  Pietro,  579,  615. 
Mili  (de)  Bernardo,  249. 
Milina  (de)  Giovanni,  178. 
Milite  (de)  Andrea,  547. 
Milite  (de)  Bartolotto,  187. 
Milite  (de)    Enrico,   giudice,   120, 

122. 
Milite  (de)  Giacoma,  Secreto  e  Mae- 
stro procuratore  al   di   qua   del 

fiume  Salso,  186,  187,  547,   558, 

598,  621,  625. 
Milite  (de)  Giovanni,  187. 
Milite  (de)  Matteo,  187. 
Milite  (de)  Orlando,  187. 
Milite  (de)  Rinaldo,  187. 
Millorcta  (de)  Pagano,  133. 
Milo  Bernardo,  249,  430. 
Milo  (de)  Francesco,   milite,   247, 

248,  249. 
xMilo  (de)  Giovanni  Luigi,  247,  248. 
Mineo  (di)  Adinolfo  ,   milite  ,  157  , 

158,  201,  342,  343,  344,  386,  430. 
Minorisa  (de)  P.  152. 
Minorisa  (de)  Raimondo,  311,  312, 

351. 
Mirenda  Marchisio,  notaro,  128,  129, 

133. 
Misuraca  Bertrando,  208,  209. 
Mitro  o  Micro  Gualtiero,  178,   184. 


IX  DICI 


653 


Modica  (de)  Guido  ,  132,  227  ,  228, 

229. 

Moliens  (de)  Giovanni,  capitano  di 
Napoli,  530. 

Molleto  (de)  Pietro,  159,  160,  174  , 
189,  191. 

Monaco  (de)  Rainaldo,  114. 

Moncada  Gastone  Vili,  visconte  di 
Béarn,  474,  475,  4-7(5,  477,  478. 

Moncada  Guglielma ,  figlia  di  Ga- 
stone di  Béarn  ,  474 ,  475 ,  476. 
477,  478,  479. 

Moncada  Guglielmo,  167,  169,  377. 
380,  385. 

Moncerisio  'de)  Ruggiero,  126. 

Monferrato  (di)  marchese,  39,   119. 

Mon forte  (di)  Giovanni  ,  Conte  di 
Squillace  e  Montescaglioso,  445, 
446,  448,  449,  450,  523,  524,  530. 

Montefeltro  (di)  Guido,  conte,  39. 

Monteliono  (de)  Bondi,  uotaro,  13. 

Monteolyo  (de)  Bartolomeo  ,  596  . 
619. 

Monteolyo  (de)  Berlingieri,  coraito, 
596,  609,  618,  633. 

Monteolyo  (de)  Calcerando,  castel- 
lano, 623. 

Monteolyo  (de)  Guglielmo  Calce- 
rando, notaro,  595,  596,  597. 

Mora  (de)  Ferrerio,  550,  552. 

Morabito  Filippo,  giudice,  317,  318. 

Morabit©  (de)  Giovanni,  318. 

Moratoni  Guglielmo  ,  notaro.,  269, 
271,  274,  275,  276,  277,  279. 

Morena  Guglielmo  ,  giudice  ,  520  , 
523. 

Morena  Pellegrino,  133. 

Morena  Ruggiero,  133,  596,  616. 

Mosse  Abramo,  ebreo,  172. 

Mumito  Federico,  Giustiziere,  596. 

Munterolis  o  Munterols  (de)  Rai- 
mondo, 147,  174,   175. 

Murella  Tommaso,  514. 


Mussone  (da)  Baldovino  ,  16,  149  , 
443,  445. 

i       2*r 

Namuntaguda  (de)  Guglielmo  ,  ca- 
stellano, 596. 

Narbona  (di)  Cerviauo,  57,  58. 

Neocastro  (de)  Bartolomeo,  giudice, 
cronista,  17,  298,  351,  352,  476, 
477,  479. 

Neri,  di  Giacomo,  serviente,  489. 

Nicola  III,  Papa,  24. 

Nicola  IV,  Papa,  424,  462,  465,  493, 
503,  504. 

Nicola  (de)  Stefano,  notaro,  78,  79, 
224,  229,  579,  580,  615,  622. 

Nicola,  tiglio  di  maestro  Simeone, 
105. 

Nicola,  eremita,  dell'ordine  di  S. 
Basilio,  408. 

Nicola  (frate),  precettore  dell'Ospe- 
dale di  S.  Maria  dei  Teutonici, 
373,  374. 

Nicola,  notaro,  106. 

Nicosia  (de)  Giovanni,  122. 

Nigrello  Pietro,  provenzale,  78,  79. 

Nigri  Pietro,  417,  550,  552. 

Nigrino  o  Nigrinso  Enrico,  594,  630. 

Noe  (de)  Pietro  di  Garda,  271,  276, 
279. 

Notaro  F'ilippo  (de)  Giovanni,  no- 
taro, 133,  547. 

Notaro  Orlando  (de)  Guglielmo,  443. 

Notaro  Roberto  (de)  Giacomo,  no- 
taro, 101,  102,  109. 

Notaro  Roberto  (de)  Nicola,  cano- 
nico, 121. 

Noto  (de)  Gualtieri,  405,  406,  407. 

Novello  Guido,  conte  palatino,  39, 
335,  336. 

Novello  Manfredi,  figlio  del  conte 
Guido,  335. 


654 


INDICI 


Oliverio  (de)  Nicola,  106. 
Ollerio  Guglielmo,  (518. 
Omar  Muley,  Re  di  Tunisi,   16'.). 
Omobono  (dej  Bongiovanni,  notaro, 

124,  125,  127. 
Onorio  III,  Papa,  243. 
Onorio  IV,  Papa,  290,  292,  293,  294, 

295,  296,  354.  \ 

Orlando  (de)  Giovanni,  395. 
Orlando  (de)  Riccardo,  baiulo,  395. 
Orlilevo  (de),  capitano  del  comune 

di  Palermo  10,  78. 
Osca  Damiano,  254. 
Osca  (de)  Domenico,  portiere,  253. 
Ottellis   (de)    Perricone ,    familiare 

della  camera  della  regina,  613. 


Pancia  (de)  Lancellotto,  113,  114. 

Pace  (de)  Grimonisio,  11. 

Pactis  (de)  Guglielmo,  giudice,  443. 

Pactis  (de)  Pietro,  di  Mattia  595* 

Pagano,  pianellaio  108. 

Paladino  (de)  Nicoloso,  617. 

Palamario  Domingo  o  Domenico  , 
615,  630. 

Palermo  (di)  Ventura,  notaro,  115. 

Palet  Bernardo,  550,  552. 

Palizzi  Vinciguerra  ,  Protonotaro  , 
326,  327,  351,  484. 

Paudolfo  (de)  Martino,  107,  109. 

Pane  vino  Alamanno,  516. 

Papia  (de)  Rufino,  109. 

Pardo  Roberto,  220. 

Parma  (de)  Fazio,  notaro,  348,  349, 
351. 

Parma  (de)  Gerardo,  cardinale,  Le- 
gato del  Re  Carlo  II  di  Napoli, 
177,  179,  185,  361,  362,363,364, 


375,  376,  410,  412,  414,  415,  419, 
421,  422,  463,  465,  577. 

Pasquale  Guglielmo,  604. 

Passaneto  (de)  Riccardo  ,  Giusti- 
ziere, 393,  394,  395,  396,  398,  401, 
402,  404,  458,  459. 

Pedelepore  Leonardo,  133. 

Pellayo  (de)  Orlando,  133. 

Pellegrino,  notaro,  95. 

Pellegrino  (de)  Giovanni ,  notaro  , 
331,  335,  360. 

Peralata  Giacomo,  129,  132. 

Peralata  Ponzio,  129,  132. 

Perama  (di),  notaro,  351. 

Peranna  (di),  notaro,  351. 

Peregrino  (de)  Giovanni ,  notaro  , 
312.  443. 

Perpinnano  o  Perpignano.  portiere 
regio,  558,  596. 

Perrectis  (de)  Giovanni,  319. 

Perrectis  (de)  Nicola.  318. 

Petra  (de)  Simone,  515. 

Petralia  (de)  Parisio,  515. 

Petralia  (de)  Tommaso,  105. 

Petrono  (de)  Guido,  178. 

Picalquers  (de)  R.  frate,  144. 

Pictacholis  (de)  Giacomo,  notaro.  13. 

Pietro  III,  Re  d'Aragona,  I  di  Si- 
cilia, 15.  19.  20.  21,  22,  23,  24, 
39,  40,  41,  44,  45,  46,  47,  48.  50. 
52,  53,  87,  150,  151,  152,  153,  158, 
J77,  178.  179,  180,  181,  182,  183. 
184.  185.  210,  222,  225,  227,  228, 
229,  232,  233,  238,  240,  241,  242, 
243.  244,  245.  246,  247,  249,  250, 
251,  252,  253,  254  255,  269,  270, 
271,  274,  276,  277.  278,  279,  282, 
290,  291,  300,  303,  304,  306,  308, 
314,  315,  316,  328,  336.  342.  343. 
349,  357,  358,  383,  384,  385.  407. 
408,  430,  439,  453,  454,  455,  468*, 
505,  520,  534,  571,  576,580,588, 
626,  634. 


INDICI 


655 


Pietro  II,  Re,  Luogotenente  del  Re 
Federico  II,  217,  vedi  pure  Pie- 
tro II,  Re. 

Pietro  II,  Re  di  Sicilia,  06,  222,  319. 

Pietro,  Infante ,  figlio  del  Re  Pie- 
tro I  di  Sicilia,  367  ,  369  ,  455  , 
476,  495,  503. 

Pietro  (di)  Raimondo,  Giustiziere, 
120,  121. 

Pietro  (di)  Salvatore,  16°2,  164,  166, 
167. 

Pietro,  527. 

Pignatelli  Bartolomeo,  arcivescovo 
di  Messina,  17. 

Pildire  Diodato,  178. 

Pinto  Pietro,  599. 

Pironti  Giacomo,  223. 

Pisano  Boninato,  525. 

Pisano  Puccio,  178. 

Pisiniaco  (de)  Guiscardo,  Giusti- 
ziere di  Basilicata,  531. 

Pitineo  (de)  Gualtieri,  105. 

Pittineo  (de)  Giovanni,  prete,  106. 

Placea  (de)  Giacomo,  515. 

Piacentino  Alberto  o  Albertino,  no- 
taro,  109,  510,  519. 

Plascara  (de)  Nicola,  526. 

Polizzi  (di)  Bianco,  518. 

Polizzi  (di)  Gandolfo,  518. 

Polizzi  (di)  Guglielmo,  491. 

Poncio  Rodrigo  di  Pietro,  commen- 
datore di  Alcanicio,  74. 

Ponte  (de)  Giacomo  622,  630. 

Ponzio  Berlinghieri,  capitano  di  Co- 
trone,  534,  535. 

Ponzio  Bernardo,  417. 

Ponzio,  preposito  di  Selsona,  389, 
390. 

Portella  (de)  Muce,  200. 

Portella  (de)  Romeo,  81,  83,  84, 141. 

Prato  (de)  Andrea,  178. 

Presbitero  (de)  Guglielmo,  127. 

Presbitero  (de)  Nicola,  318. 


Presbitero  (de)  Perrone,  318. 

Presbitero  (de)  Stefano,  318. 

Presbitero  monaco  (de)  Gerardo  , 
318. 

Presbitero  Nicola  (de)  Michele,  no- 
taro,  317,  319. 

Procida  (da)  Andrea ,  39,  40,  547 , 
636. 

Procida  (da)  Giovanni,  Segretario, 
poi  Cancelliere  del  regno  ,  24 , 
39,  40,  44,  68,  76,  93  ,  94  ,  116, 
117,  118,  123,  124,  135,  137,  169, 
170,  175,  192,  193,  194,  213,  221, 
271,  276,  298,  342,  343,  346,  347, 
348,  349,  350,  352,  354,  377,  389, 
460,  461,  462,  463,  465,  476,  477, 
479,  532,  543,  545,  548,  560,  565, 
598,  635. 

Protopapa  (de)  Giovanni,  178. 

Prunariis  o  Pruneriis  (de)  Pietro  , 
161,  188,  189. 

Pugnetto  (de)  Antonio,  133. 

Pulcaro  (de)  Venuto,  Secreto  di  Si- 
cilia,  101,  102,  126,  223,  432, 
433,  434,  594. 

Q 

Quadres  (de)  Amando  o  Arnaldo, 
622. 

Quatroppa  Guglielmo,  178. 

Queralt  (de)  Pietro,  capitano  ,  Vi- 
cario di  Sicilia  al  di  qua  del  Sal- 
so, 55,  61,  62,  63,  112,  113,  115, 
116,  227,  228,  229,  291, 

R.  Vescovo  Vapincense,  416,  417. 
Ragulo  (de)  Enrico,  122. 
Raimondo,  cappellano  del  papa  Ni- 
cola IV,  493,  495,  503. 
Raimondo,  chierico,  131. 


656 


INDICI 


Raimondo  Guglielmo,  327. 

Rainaldo,  segretario  regio,  235. 

Ramis  (de)  Nicola,  105. 

Randacio  (de)  Bonamico,  183. 

Rebecca  (de)  Giacomo,  311,  312. 

Riara  Corrado,  443. 

Riaria  (de)  Cerviano  ,  custode  dei 
porti  di  Catalogna,  poi  tesoriere 
di  Sicilia,  53,  69,  71,  533. 

Riccardo  (de)  Salvo  ,  notaro  ,  120, 
123. 

Ripalta  (de)  Guglielmo,  550,  552, 

Riso  (de)  Corrado,  321. 

Riso  (de)  Matteo,  221,  222. 

Riso  (de)  Nicoloso  321,  322. 

Riso  (de)  Palmieri,  321. 

Rivosicco  (de)  R.  baiulo  del  regno 
di  Valenza,  70. 

Roberto,  Conte  di  Artois,  Baiulo 
del  regno  di  Napoli  ,  177  ,  178 , 
179,  184,  185,  361,  362,  363,  364, 
375,  376,  410,  412,  414,  415,  419, 
421,  422,  446,  447,  448,  523,  524, 
529,  530,  558,  562,  577,  623,  634. 

Roberto,  figlio  del  Re  Carlo  II,  di 
Augiò  ,  463  ,  vedi  pure  Roberto 
Re. 

Roberto,  Re  di  Napoli,  309. 

Roca  (de)  Guglielmo,  baiulo  regio 
in  Catalogna,  70,  71 ,  76 ,  144, 
172,  176,  177. 

Roca  (de)  Pietro,  75,  76. 

Rocabert  (de)  Alarico,  231. 

Rocabert  (de)  Americo,  231. 

Rocabert  (de)  Arnaldo  ,  visconte  , 
231. 

Rocabert  (de)  Dalmao,  231,  232. 

Rocabert  (de)  Gaufrido,  231. 

Rocabert  (de)  Guerrao,  231,  232. 

Rocabert  (de)  Guglielmo,  231,  232. 

Rocabert  (de)  Ufrido,  231. 

Rocabert  (famiglia),  232,  233. 

Roccaforte  (de)  Umberto,  Giustizie- 
re, 520,  521,  523. 


Rodolfo,  Re  dei  Romani  ,  impera- 
tore d'Alemagna,  118,  119,  534. 

Rog  Berlinghieri ,  576  ,  601  ,  604  , 
610. 

Romagnano  Rinaldo,  178. 

Romanino  Ughetto,  546. 

Romeo  Berengaria,  137,  138. 

Romeo  Bernardo,  595,  596,  619. 

Romeo  Raimondo,  135,  136,  137, 
138. 

Romeo  R.  tesoriere,  431,  432,  433, 
434. 

Rossana  (de)  Guglielmo  ,  milite  , 
416. 

Royg,  pisano,  549. 

Rubeo  Ianfrido,  155. 

Rubeo  Nicoloso  ,  maestro  di  arse- 
nale, 622. 

Ruffo  Lorenzo,  168. 

Ruffo  di  Calabria  (contessa)  mo- 
glie di  Pietro,  179,  185. 

Ruffo  di  Calabria  Giovanni,  fratello 
di  Pietro,  182,  185. 

Ruffo  di  Calabria  Pietro ,  Vicario 
del  Re  Manfredi,  220,  440. 

Ruffo  di  Calabria  Pietro,  Conte  di 
Catanzaro,  177,  178,  183,  185. 

Ruffolo  Giacomo,  Maestro  Portola- 
no, 223. 

Ruggiero  I,  Conte,  ili. 

Ruggiero  II,  Re  di  Sicilia,  91,  92, 
IH,  169,  219,  310,  506,  507,  574. 

Ruggiero,  familiare  del  conte  di 
Brienne,  530. 

Ruggiero  (de)  Guglielmo  ,  notaro  , 
489,  492. 

Russo  Baldoino,  133. 

Russo  Biscardo,  133. 

Russo  Federico,  milite,  443. 

Russo  Guglielmo,  602. 

Russo  Otto  li  no,  598. 

Russo  Perrone,  443. 

Russo  Rainaldo,  prete,  131,   132. 

Rustico  (de)  Guichono,  547. 


INDICI 


657 


s 


Sabastida,  155. 

Sabuchi  Domenico,  514,  515,  516. 
Saccurt  Galcerano,  183. 
Saffudo  Gandolfo,  giudice,  395. 
Safotit  Armando  o  Arnaldo,   609, 

610,  611,  633. 
Salamone  (de)  notaro,  519. 
Salendino  Giacomo,  tesoriere,  431, 

433,  434. 
Salerno  (principe  e  principessa  di) 

vedi  Carlo  e  Maria. 
Salerno,  notaro,  614. 
Salier  Burdo,  614. 
Salita  Giovanni,  383. 
Salomone  (de)  Riccardo,  107,  109. 
Saluzzo  (di)  Beatrice,  vedi   Beatri- 
ce, figlia  del  Re  Manfredi. 
Saluzzo   (di)   Manfredi,    figlio    del 

marchese  Tommaso  ,  331  ,  332 , 

334,  337,  338,  339,  340,  341,  575, 

588,  606,  613,  633. 
Saluzzo  (di)   Tommaso  ,   marchese 

341. 
Salvagio  Simone,  Luogotenente  del 

Siniscalco  del  regno,  146. 
Salvasucto  Alessio,  318. 
Salviatis  (de)  Ruggiero,  515. 
Salvo  (de)  Giacomo,  122. 
San  Baudilio  (de)  A.  123. 
San  Clemente  (de)  Giacomo  ,  592  , 

624. 
San  Clemente  (de)  P.  202. 
San  Felice  (de)  Domenico.  603. 
San    Felice   (de)    Francesco ,   531  , 

532, 
San  Felice  (de)  Giovanni,  550,  552. 
San  Felice  (de)  Rainaldo,  183. 
San  Genes  (de)  Berlingieri,  615, 630. 
San  Giorgio  (de)  Giovanni,  prete,  318. 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag. 


San  Giovanni  (de)  Filippo,   prete  , 

131. 
San  Michele  (de)  Benedetto,  132. 
San  Michele  (de)  Pietro,  prete,  318. 
San  Tommaso  (de)  Nicola  ,   prete, 

131. 
Sances  Federico,  256. 
Sances  Rodrigo,  256. 
Sancio,  Infante,  figlio  di  Alfonso  X 

Re  di  Castiglia,  73,  74,  75,  476, 

vedi  pure  Sancio  IV. 
Sancio  IV  ,  Re  di   Castiglia  ,  476  , 

493,  496. 
Sanfratello  (de)  Antonio,  114. 
Sansone  (de)  Paolo,  131. 
Santa  Agnese  (de)  Giacomo,  526. 
Santa  Croce  (de)  Angelo ,   proton- 

tino  600. 
Santa  Croce  (de)  Giovanni,  proton- 

tino,  600. 
Santa  Epifronia  (de)  Enrico,  nota- 
ro, 441,  442,  443. 
Santafede  (de)  Pietro,  arcivescovo 

di  Palermo,  20. 
Santoro,  notaro,  114. 
Santo  Stefano  (de)  Bernardo,  capi- 
tano, 621. 
Saporito  Filippo,  312. 
Saporito  Guglielmo,  giudice,  335 , 

360. 
Saporito  Nicoloso,  giudice,  17,  335, 

340. 
Sardo  Filipo,  443. 
Sarlo  (de)  Facio,  114. 
Sarlo  (de)  Simone,  113. 
Sarriano  o  Serriano  o  Sarrià  (de) 

Bernardo,  142,  143,  273,  417, 

604,  605,  611,  621. 
Sarto  Giovanni,  milite,  577,  623. 
Scaletta  Matteo,  327. 
Scarinapeco  Angelo,  notaro,  13. 
Sciacca  (de)  Pagano,  notaro,  395, 397 


658 


INDICI 


Scorciagatta  Nicola  ,  notaro  ,  346 , 
347,  351. 

Scorna  Giovanni ,  scrittore  della 
gente  di  guerra,  431,  433,  434, 
579,  614,  615,  630. 

Scoto  Giovanni,  signore  di  Proven- 
za e  Forcalquier,  410,  411,  417, 
418. 

Scriba  Bernardo  ,  tesoriere  ,  159  , 
160,  166,  201,  202,  204,  568,  569. 

Segalario  o  Segalars  Bernardo,  154, 
155,  156,  160,  383. 

Sellaro  Simone,  182. 

Sentepero  Bartolo,  515. 

Sestari  Giovanni,  451. 

Sesta  (de)  Stefano,  57. 

Settepani  Bartolomeo,  giudice,  113, 
114. 

Sfar  (de)  Ribaldo,  183. 

Sicho  Goffredo,  370  371. 

Sicho  Teodoro,  370,  371,  372. 

Sifra  Alamanno,  630. 

Sigar  (de)  Berlingieri,  621. 

Sigillatore  (de)  Petrono,  178. 

Simadimari  Guglielmo,  577,  623. 

Simeone,  maestro,  105. 

Simone  (de)  Guglielmo,  notaro,  66, 
108. 

Sinagra  (de)  vedi  Synapis  (de). 

Siniscalco  (de)  Nicola,  113. 

Siracusa  (de)  Marchisio,  notaro,  297. 

Siracusa  (de)  Rainaldo,  vice -ammi- 
raglio, 596,  617. 

Siracusa  (de)  Ruggiero,  notaro,  Se- 
creto al  di  qua  del  Salso,  547  , 
636. 

Solanis  (de)  Guglielmo  ,  notaro  , 
474 ,  475 ,  476  ,  478 ,  479  ,  597  , 
598. 

Soliaco  o  Sully  (de)  Russo  od  U- 
gone,  505,  527,  528,  530. 

Soris  (de)  Percivallo,  617. 

Spallaforti  Nicola,  114. 


Spluges  (de)  Giacomo,  603. 

Spoleto  (de)  Nicola,  178. 

Spusa  (de)  Giovanni,  106. 

Squillacheti  Pietro,  178. 

Stagnetto  (de)  Gualtieri,  123. 

Stefano  IV,  Re  di  Ungheria,  440 , 
411. 

Stefano  Pietro,  546. 

Sully  (de)  Russo,  vedi  Soliaco  (de). 

Suppa  Nicola,  319. 

Synapis  o  Sinapa  (de)  Matteo,  no- 
taro, 16,  19,  337,  339. 

Taberna  (de)  Basilio,  491. 

Taclerio  Berlinghieri,  tesoriere,  22. 

Tagliavia  Bartolotto  o  Bartolomeo, 
432,  433,  531,  532,  533,  613. 

Tagliavia  Francesco,  491,  492. 

Tagliavia  Nicola,  Secreto  di  Sicilia, 
95,  229. 

Tagliavia  Nino,  398,  399. 

Talac  Guido,  armigero,  117,  lt8, 
197,  313,  314,  316. 

Talac  Ugo  ,  Maestro  Portolano  di 
Sicilia,  95,  578,  581  ,  582 ,  594 , 
626,  628,  629. 

Talanto,  preposto  all'arsenale,  616. 

Tancredi.  Re  di  Sicilia,  99. 

Tancredi,  notaro,  614. 

Tancredo  (de)  Berardo,  107. 

Tancredo  (de)  Corrado,  giudice,  395, 
397. 

Tartaro  Enrico,  canonico  e  vice  ar- 
cidiacono, 128, 129, 130, 131, 132, 
134,  135. 

Tartaro  Ruggiero,  133. 

Teiera  (de)  Simone,  121. 

Tenes  Antikida,  553. 

Teodoro,  notaro,  373. 

Termini  (da)  Matteo,  maestro  Razio- 
nale, 116,  135,  136,  137,  138,  204, 


INDICI 


659 


351,  543,  545,  547,  560,  589,  598. 
Terreto  (de)  Eustasio,  519. 
Teti  (de)  Giovanni,  notaro,  113,  115. 
Timor  (de)  frate  Galcerando,  96,  97. 
Tommaso,  chierico,  130. 
Tommaso  Pietro,  550,  552. 
Tommaso  Raimondo,  550,  552,  554. 
Toscano  Guido,  518. 
Tous  (de)  Galcerando,  frate  ,  162  , 

163.  165. 
Traina  (de)  Tommaso,  617. 
Tramunto  (de)  Pandoifo,  105. 
Traversa  Bellebono ,   milite,   373. 

508. 
Traversa  Enrico  ,   canonico  ,  373  , 

374,  508,  509,  510,  520,  521 ,  522. 
Tribisacci  Simone,  108. 
Trinca  (de)  La  Boyra  Isnardo,  228. 
Trinchio,  notaro,  230. 
Troisio  Francesco,  39,  40,  41. 
Trono  Giacomo,  519. 
Tusco  Benciveni,  108. 


Uberti  (degli)  Marito,  Giustiziere  di 

Palermo,  435,  438,  439,  440,  575, 

576,  597. 
Uberti  (degli)  Scaloro,  596. 
Ugo,  notaro,  124,  125,  126,  127. 
Ugolino  (conte)  247. 
Unda  (de)  Rolando  ,    giudice,  404  , 

405. 
Urano  Nicola,  524,  525,  526  ,  529  , 

530. 
Usay  (de)  Emerico,  600. 
Uscalrilio,  335. 

T7" 


Valois  (di)  vedi  Carlo,  Filippo  VI. 

Valromana  (di)  Gisberto,  596. 

Vassallo  (de)  Roberto,  giudice,  101, 
104,  108,  109. 

Ventimiglia  Aldoino,  figlio  di  En- 
rico, 335,  336. 

Ventimiglia  ed  Ischia  maggiore,  En- 
rico, 335. 

Ventimiglia  (famiglia),  256. 

Vetula  Bartolomeo,  107. 

Vetulo  Pietro,   106. 

Vicinis  (de)  Ugo,  maestro  di  regia 
marescallia,  449,  450. 

Vilacetmat  (de)  R.  431. 

Vilardello  (de)  Berengario,  187,  622. 

Vilariis  o  Villano  (de)  Pietro,  581, 
594,  612,  621,  626. 

Villa  (de)  Giovanni  di  Genesio,  mi- 
lite, 416. 

Villandrino  (de)  Andrea,  114. 

Villanova  (de)  Arnaldo  o  Rinaldo, 
162,  163,  164,  165,  484. 

Villanova  Calcerando,  429. 

Villanova  (de)  Graziana,  430. 

Villanova  Raimondo,  regio  Came- 
rario, 482,  484,  511. 

Villanova  (de)  Vitale,  427,  428,  430. 

Villaraguto  (de)  Berengario,  strati- 
goto  di  Messina,  441,  442,  443, 
i  444,  452. 

Villaraguto  (de)  Berlingieri ,  teso- 
riere, 597,  599,  623. 

Villasecca  (de)  Filippo,  159, 160, 174, 
189,  190. 

Violante,  sorella  del  Re  Giacomo 
di  Sicilia,  460,  461,  463. 

Viraldo,  prete,  130,  131. 

Vultabis  (de)  o  Vultagio  Tommaso, 
notaro,  13. 


Valentino  Tommaso,  546,  549,  552, 

554. 
Valenza  (de)  Federico,  133. 
Valletto  Giacomo,  178, 


Zi 


Zaccaria,  nunzio  del  Re  Pietro  1, 97. 


INDICE  ALFABETICO  DEI  NOMI  DI  LUOGO 


(II  numero  indica  la  pagina.  L' indicazione  per  il  nome  Sicilia  si  tralascia 
se  è  nell'intitolazione  regia  o  denota  regno). 


Abruzzo,  40,  225. 

Aci,  328,  617,  618. 

Acri  o  Accon,  99,  493,  495,  403,  500, 
504,  505,  506,  507. 

—  ospedale  dei  Teutonici,  495,  500, 
503. 

Affriano,  fiumara,  125,  126. 

Africa,  47,  58,  62,  98,  168,  169,  586, 
632,  633. 

Africano  (mare),  468. 

Aidone,  443. 

Albace,  castello,  261. 

Albarracin  o  Albarrasin,  Al  barrati- 
si, 115,  116,  117,  118,  119,  140  , 
141,  142. 

Alcamo,  617. 

Alcanicio,  74. 

Alcoyll  (Africa)  47,  56. 

Alemagna,  119. 

Algecira,  39. 

Aliano,  casale,  328. 

Amposta,  198,  199. 

Angioini  o  Galli  o  Gallici,  10,  14, 
19,  21,  22,  43,  61,  67.  70,  74,  100, 
149,  180,  185,  203,  214,  220,  225, 
237,  245,  283,  286,  290,  292,  304, 
309,  321,  357,  364,  419,  444,  468, 
469,  474,  487,  504,  530,  544,  562, 
565,  577,  581,  587,  633,  634,  vedi 
pure  Provenza,  Provenzali. 

Ansaldo,  terre,  311. 


Apiaria,  castello,  253. 

Arabi,  vedi  Saraceni. 

Aragona  ,  Aragonesi ,  15  ,  24  ,  40  , 
42,  43,  44,  45,  46,  47,  48,  58,  63, 
69,  70,  73,  77,  80,  83,  85,  89,  90, 
93,  96,  99,  100,  101,  102,  111,  113, 
118,  120,  125,  128,  129,  149,  150, 
151,  156,  157,  161,  165,  166,  167, 
168,  173,  177,  178,  179,  180,  181, 
182,  183,  184,  185,  191,  197,  205, 
206,  207,  209,  210,  213,  214,  217, 
218,  220,  225,  226,  231,  233,  238, 
240,  243,  245,  246,  247,  255,  269, 
270,  274,  275,  276,  277,  278,  290, 
297,  304,  306,  314,  336,  338,  342, 
343,  344,  347,  349,  350,  351,  352, 
353,  356,  357,  359,  360,  362,  364, 
367,  368,  369,  376,  378,  380,  382, 
383,  384,  385,  386,  388,  389,  390, 
391,  392,  408,  410,  412,  418,  421, 
422,  424,  446,  447,  454,  455,  456, 
457,  459,  460,  461,  462,  463,  465, 
468,  469,  476,  493,  495,  496,  501, 
503,  505,  506,  523,  524,  532,  543, 
544,  545,  563,  569,  572,  574,  577, 
580,  581,  582,  585,  588,  592,  593, 
623,  635. 

Arborea,  84,  85,  98. 

Arcudaci,  casale,  197,  198,  314. 

Arene  (grotte  delle),  verso  Castro- 
novo,  513. 

Arles,  410,  411,  416,  417,  418. 

—  casa  dell'Ospedale  di  S.  Giovan- 
ni gerosolimitano,  416. 


INDICI 


661 


Arsa,  casale,  vedi  Carsa. 

Atene,  11. 

Augusta,  16,  18,  59,  60,  581 ,  588 

619,  621,  622,  626,  633. 
Avignone,  232. 


Badolato  (Calabria),  524,  527.  530. 

Bagnoli  spiaggia  (Catalogna)  591 , 
606. 

Baiona,  242. 

Bambali,  feudo,  322. 

Bamina,  casale,  321,  322. 

Barbarla,  tenimento,  182. 

Barberia,  46,  119,  609,  611,  632. 

Barcellona  (città  e  contea  in  Catalo- 
gna), Barcellonesi,  45, 58,  70,  71, 
75,  93,  94,  96,  137,  144,  153, 154, 
155,  156,  159,  160,  161,  169,  170, 
171,  172,  173,  174,  176, 187,  188, 
189,  190,  192,  193.  194,  199,  200, 
201,  202,  203,  204,  205,  207,  208, 
209,  210,  218,  249,  269,  270,  272, 
273,  274,  275,  278,  279,  297,  303. 
307,  320,  345,  346,  347,  349,  352, 
356,  359,  362,  364,  367,  368,  382, 
387,  388,  390,  421,  422.  424,  425, 
453,  454,  457,  503,  504,  533,  543, 
546,  570,  582,  586,  587,  588,  590, 

591,  592,  595,  600,  603,  604,  605, 
608,  609,  610,  624,  632,  634,  635. 

Barletta,  235,  237,  587,  599,  600. 

Basilicata,  487,  531. 

Béarn,  474,  475,  476,  477,  478. 

Bedera,  pietra,  490,  491. 

Béziers,  o  Besers  (Provenza),  586, 

592,  606,  632. 
Billudia,  terre,  406. 
Binurrato,  casale,  405. 
Biserio,  casale,  406. 

Bizantini  (detti  Bum  dagli  Arabi), 
455. 


Blanes  (Catalogna),  533. 
Bonfallura,  casale,  405,  406. 
Bordeaux,  50,  72,  73,  74,  76,  240, 

241,  242. 
Bracalegi,  feudo,  429. 
Brignolles,  465,  505. 
Bucca  di  Crapa  ,    mandra  ,    presso 

Camraarata,  566. 
Buccheri,  52,  66. 
Buhulesi,  casale,  406. 
Bulchachemi,  casale,  406. 
Buonpietro.  538. 
Burdis  (de),  via,  491. 
Burgibilluso ,  casale  ,   78,   79,  223, 

224,  229,  230. 
Burgio,  casale,  406. 


Cabra,  castello  (Catalogna),  253. 

Cagliari,  98. 

Calabria,  principato  o  ducato,  53, 
61,  150,  151,  177.  185,  261,  263, 
309,  410,  411,  412,  413,  414,  415, 
4i5.  446,  466,  468,  472,  473,  486, 
487,  504,  534,  544,  546,  557,  563, 
565,  632,  634,  636. 

Calatabiano,  castello,  16,  17,  19. 

Calatamauro,  castello,  9,  10. 

Calatarosata,  giardino,  328. 

Caltabellotta,  81,  617. 

Caltagirone,  53,  373,  374,  596. 

Caltanissetta,  143. 

Caitavnturo,  120,  121,  122,  123,  402, 
404,  513,  516,  518,  519. 

Camerana,  case,  253. 

Cammarata,  62,  224,  231,232,287, 
482,  510,  511,  512,  513,  514,  517, 
519,  520,  566,  570. 

Campagna  e  Marittima,  225. 

Campania  felice,  538. 

Campofranco,  sui   Pirenei,  424. 

Cancri,  vallone,  491. 


662 


INDICI 


Capitanata,  419. 

Capizzi,  239. 

Capua,  principato,  150 ,  151 ,  211 , 
233,  243,  270,  278,  305,  314,  317, 
325,  331,  332,  334,  337,  342,  346, 
347,  349,  350,  352,  355,  361,  364, 
370,  373,  388,  391,  395,  398,  405, 
428,  442,  451,  453,  463,  466,  468, 
470,  472,  475,  478,  482,  486,  487, 
489,  508,  510,  520,  533,  534,  536, 
572,  582,  584,  588. 

Qa  Real,  castello,  253. 

Carsa  o  Harsa,  tenimento,  482,  483, 

510,  511,  512,  513,  514,  515,  516, 
517,  518,  520,  566,  567,  569. 

Casabella,  porta  o  stretta,  verso 
Cammarata,  513. 

Casalotto,  feudo,  322. 

Casalotto,  mandra,  presso  Camma- 
rata,  566. 

Caso,  porta  o  stretta,  491. 

Cassaro,  casale,  514. 

Castellabate  (Calabria),  445,  446. 

Castellammare  (di  Stabia),  633. 

Castelliamare  ,  presso  Catanzaro  , 
182. 

Castellon,  543,  546. 

Castelvell,  o  Castet-Bielh,  476.  477, 

Castelvetrano,  617. 

Castiglia,  40,  63,  476,  493,  496. 

Castiglione,  617. 

Castrogiovanni,  202,  203. 
—    valle,  595. 

Castronovo,  112,  113,  114,  482,  510, 

511,  512,  513,  515,  517,  519. 
Castrovillari,  terra,  486,  487,  488. 
Catalogna,  Catalani,  45,  53,  57,  58, 

63,  65,  69,  70,  71,  72,  73,  76,  98, 
118,  147,  152,  154,  156,  157, 159, 
161,  162,  165,  168,  169,  172,  173, 
174,  176,  189,  190,  192,  193,  194, 
204,  205,  206,  207,  208,  209,  210, 
214,  217,  218,  221,  225,  229,  245, 


246,  269,  270,  272,  273,  274,  277, 
278,  279,  280,  292,  297,  306,  307, 
308,  309,  313,  314,  321,  325,  342, 
343,  344,  345,  354,  386,  387,  392, 
410,  412,  413,  416,  418,  421,  422, 
424,  425,  426,  427,  447,  450,  451, 
452,  453,  465,  468,  469,  474,  476, 
485,  505,  531,  532,  533,  544,  545, 
554,  555,  556,  558,  562,  568,  572, 
573,  574,  575,  580,  582,  583,  586, 
587,  589,  590,  591,  592,  593,  595, 
601,  602,  603,  604,  605,  606,  607, 
608,  609,  611,  616,  618,  619,  621, 
624,  626,  632,  633,  634,  635. 

Catania,  16,  18,  49,  53,  59,  67,  85, 
87,  88,  89,  90,  231,  232,  233,  291, 
300,  328,  393,  520,  522,  524,  525, 
526,  536,  537,  547,  548,  617,  618, 
622,  636. 

Catanzaro.  177,  178,  179,  180,  181, 
182,  183,  184,  185,  419,  530. 

Catona,  300. 

Cava,  13,  587,  599,  634. 

Cefalù,  66,  101,  102,  107,  108,  109, 
120,  121,  354,  358,  361,  392,  396, 
398,  400,  401,  402,  403,  404,  458, 
468,  476,  510,  518,  569,  596,  617, 
618,  622,  634. 

—  chiesa,  102,  103,  104,  105. 
106,  107,  108,  121,  399,  458,  483, 
510,  511,  512,  513,  514,  515,  518, 
566. 

Cerami,  terra,  238,  239,  243,  244. 

Cerda,  terra,  401. 

Ceritania,  contea,  45. 

Cetraro,  456,  636. 

Cipro,  494,  500,  507. 

Colle  de  Panissars,  o  Panicars,  153, 
154.  155,  156,  157,  158,  159,  160, 
161,  162,  164,  166,  167.  169,  170, 
171,  172,  173,  175,  176,  383. 

Colobria,  398,  399,  401,  402,  458. 

Corleone,  9,  10,  11,  12,  13,  491,  617. 


INDICI 


663 


Corneto,  524,  529. 

Corsica,  552. 

Costantinopoli,  455. 

Cotrone,  448 .  449  ,  525  ,  530  ,  534  , 

535,  622. 
Crati  (Valle  di),  448,  449. 
Crimastadi  o  Camastra  vedi  Motta 

Camastra. 
Cristiani  (regni  di)  274,  275 ,  278 , 

297,  457. 
Cnlliura,  fiume,  604. 
Curema,  terra,  489,  490,  491,  492. 
Gutemi  o  Gudemi,  casale,  492. 


Fiumedinisi,  319. 

Fiumetorto  (presso  Termini  Imere- 
se),398, 399, 401, 402, 404,512,513. 

Foggia,  99,  371. 

Forcalquier,  410,  411,  413,  414,  417. 

Fores,  castello,  253. 

Francavilla,  617. 

Franchi,  vedi  Latini. 

Francia,  Francesi  ,  194  ,  449  ,  450  , 
460,  461,  463,  470,  471,  472,  474, 
493,  495,  496,  580,  587,  599,  626. 

Fumali,  casale,  148,  149. 


Damiata,  455. 

Damils,  parrocchia,  198. 

Debbad,  384. 

Demone  (Valle),  238,  313,  316,  317, 

322,  595. 
Dertosa,  69,  71,  97. 
Dronero,  341. 


Ebrei  o  Giudei.  173,  544,  547,  636. 
Egitto,  232,  455.  456,  457,  494,  497. 
El-Khazàn,  casale,  483. 
Exea,  81. 


Farginisi,  luogo,  verso  Gastronovo, 
513. 

Faro  (nel  capo  Peloro  ,  ovvero  lo 
stretto  di  Messina),  177, 178, 179, 
185,  261,  309,  449,  468,  493,  495. 

—  Lingua  del  Faro,  622,  635. 

Favarotta,  casale,  227,  229. 

Favignana,  isola,  612. 

Figueras,  147,  148,  149,  150,  568. 

Firenze,  440,  596. 


Gabes  o  Caps  (Africa),  609,  633. 
Gaeta,  439,  445,  447,  524,  587,  599, 

616,  634. 
Gallici  o  Latini,  vedi  Angioini. 
Gandia  (Valenza),  70,  71. 
Gargotta,  terre,  79. 
Genetocastro,  tenimento,  182. 
Genova,  Genovesi,  93,  100,  101.  110. 

Ili,  138.  139,  143,  145,  146,  174, 

186,  187,  189,  190,  219,  247,  308, 

384,  424,  425,  426,  427,  444,  451, 

452,  453,  480,  481,  506,  526,  616, 

636. 
Ceraci,  contea,  120,  121,  396,  398, 

402,  458,  596. 
Geraci   (Calabria),    487  ,  524 ,   525  , 

528. 
Gerbe,  isola,  98,  466,  468,  469,  472, 

473,  632,  633,  834. 
Gerona,  173,  194 ,   249,   531,   532, 

533. 
Gerusalemme,  città,  regno,  178,  370, 

371,  448,  449,  456,  506,  507. 

—  monastero  di  S.  Maria  di   Valle 
di  Giosafat,  506,  574. 

—  Ordine  del  Tempio,  232. 

—  ospedale  di  S.  Giovanni  geroso- 
limitano, 97. 


664 


in  mei 


—  ospedale  di  S.  Maria  dei  Teuto- 
nici, 309. 

Giarratana  ,  terra  ,  233  ,  234  ,  235  , 

237. 
Gibilseni,  feudo,  429. 
Girgenti,  78,  79,  100,  117,  123,  256, 

397,  600,  617. 

—  Valle,  223,  393  ,  395  ,  396  ,  398  , 
402,  458,  596. 

Goti  (Re)  di  Spagna,  231. 

Gozo,  isola,  291,  364,  365,  466,  473, 
558,  559,  562. 

Grotta  nera,  vallone  verso  Castro- 
novo,  512. 

Grotte,  terra,  256. 

Groyno  (El)  o  Grofiyo  o  Logroiio 
(vecchia  Castiglia)  63,  76.  221. 

Guascogna,  50,  63,  240,  241. 

Gulfi,  terra,  596. 

Haedi,  casale,  406. 

Handiki  Belchelgi,  vallone,  114. 

Harchagirbualuffu,  pietra,  verso  Ca- 

stronovo,  513. 
Harsa,  casale,  vedi  Carsa. 
Hasossa,  pietra,  verso  Castronovo, 

517. 


lacca,  348,  377,  382,  384,  387,  388, 

389,  390,  391,  392,  455. 
Iahen,  253,  255. 
Inghilterra,  43,  44,  47,  50,  73,  240, 

424,  495,  500. 
Ischia  maggiore  ,  isola  ,  335  ,  455  , 

484,  531,  531,  546,  618,  633,  634, 

636. 
—  castello  di  Gironi,  617,  623. 
Italia ,  Italiani ,  39,  65,  72,  73,  74, 

245,  354,  457. 
Ivica,  isola,  425. 


Karkarello,  luogo,   114. 

Kerkene,  isole,  466,  467,  468,  469, 
472,  473,  586,  587,  588,  593,  602, 
605,  606,  607,  609,  610.  611,  632, 
633. 


Lardaria,  328. 

Latini  (ovvero  Franchi) ,  455,  504, 

587,  599. 
Lentini,  328,  620. 
Lerida,  57,  198,  232,  342,  343. 
—  chiesa,  411,  413,  423. 
Leucata,  vedi  Licata  (contrada). 
Libaroni,  casale,  406. 
Libia,  468,  632. 
Licata,  terra  e  castello,   100,   141, 

142,  227,  229,  542,  553,  560,  593, 

617,  618. 
Licata  ,  contrada  presso   Petralia  , 

536. 
Linaria,  foresta  regia,  322. 
Linguaglossa,  617. 
Lipari,  isola,  354,  364,  365,  617. 
Lloret  (Catalogna),  533. 
Locati  vedi  Licata  (contrada). 
Logrofio,  vedi  Groyno  (El). 
Lombardia,  341. 
Longarino,  casale,  328. 
Lucerà  (Puglia),  419. 

3Sv£ 

Madonie,  401,  519, 

Maida,  180. 

Maiorca,  45,  147,  191,  269,  270,  271, 
274,  275,  276,  277,  278,  279,  297. 
298,  347,  348,  349,  352,  356,  359, 
362,  364,  382,  388,  390,  412,  413, 


INDICI 


665 


425,  476,  572,  582,  587,  588,  592, 
604,  607,  609,  610,  611,  618,  632, 
633,  634. 

Malta,  isola,  291,  321,  322,  354,  364, 
365,  455,  466,  468,  473,  544,  546, 
555,  558,  559,  562,  636. 

Marauso,  terra,  489,  490,  491,  492. 

Marca,  225. 

Maretimo,  isola,  387. 

Mariana,  casale,  113,  115. 

Marsala,  100,  596,  607,  617,  618,  619. 

Marsiglia,  Marsigliesi,  43,  220,  506, 
550,  552,  553,  632. 

Martorano,  180. 

Mascali,  617. 

Matera,  524,  530. 

Mazzara,  città,  99,  116,  117,  138, 
409,  596,  617. 

—  valle,  110,  119,  589,  596,  607,  617, 
619,  634. 

Mazzarino,  casale,  427, 428,429,430. 

Mediterraneo,  (mare),  457. 

Mesa,  presso  Reggio,  563,  565. 

Mesa  (oltre),  563,  565. 

Messina,  Messinesi,  13,  14,  16,  18, 
19,  21,  22,  23,  47,  49,  52,  56,  57, 
59,  60,  63,  66,  67,  72,  77,  85,  86, 
87,  88,  89,  90,  91,  92, 93, 99.  100, 
111,  116,  117,  128,  129,  135,  136, 
139,  143,  145,  146,  149,  150.  152, 
186,  206,  213,  216,  217,  218.  219, 
220,  221,  222,  233,  237,  238,  239, 
243,  244,  249,  271,  276,  284,  299, 
300,  301,  302,  304,  305,  311.  312, 
313,  315,  317,  318,  319,  321,  322, 
323,  324,  325.  326,  327,  328,  329, 
330,  331,  335,  337,  339,  340,  345, 
346,  347,  349,  351,  352,  353,  355, 
357,  358,  360,  361,  363,  364,  365, 
370,  371,  374,  389,  398,  401,  404, 
406,  410,  420,  424,  427,  429,  430, 
432,  434,  440,  441,  442,  443,  444, 
451,  452,  453,  454,  458,  463,  465, 


466,  467,  470,  471,  472,  474,  475, 
476,  477,  478,  479,  480,  481,  505, 
507.  519,  523,  526,  528,  531,  532, 
533,  534,  535,  538,  542,  543,  544, 
545,  546,  547,  548,  550,  551,  553, 
554,  555,  556,  557,  560,  561,  563, 
564,  571,  572,  573,  574,  575,  577, 
581,  582,  584,  586,  587,  588,  593, 
595,  596,  597,  598,  599,  600,  606, 
607,  616,  619,  620,  622,  623,  624, 
626,  627,  631,  633,  634,  635,  636, 
637,  638. 

—  casa  di  S.  Maria   Maddalena  di 
Giosafat,  506. 

—  castello  a  mare,  220. 

—  cattedrale,  16. 

—  chiesa  del  S.  Sepolcro,  410. 

—  contrada  Conceria,  321. 

—  contrada  dei  Pagliai,  324. 

—  Loggia,  100,  323,  324,  325. 

—  monastero   del    S.   Salvatore  di 

Lingua  del  Faro,  622,  635 
Mezzoiuso,  terra,  492. 
Mignienga,  castello,  421,  422. 
Milazzo,  222. 
—  valle,   148,  313,   316,  317  ,  321, 

595. 
Mineo,  596. 

Misilabes,  tenimento,  222. 
Misilino,  castello,  398. 
Misilmyon,  tenimento,   222. 
Mi  stretta,  239. 
Modena,  73. 
Molina,  74,  75. 
Monblanco,  62. 
Moncada,  476. 

Monforte,  316,  317,  318,  319. 
Monopoli,  587,  600. 
Monreale,  408,  409,  617. 
Montalbano,  322. 
Montemaggiore,  terra,  401. 
Monte  S.  Angelo  (Onore  di),   361  , 

410,  411,  449. 


Mtì 


INDICI 


Monte  S.  Giuliano.  68,  87,  88,  197, 
314,  617. 

Montescaglioso,  449. 

Montesouo,  421,  422. 

Montoni  (filandra  dei)  presso  Cani- 
inarata,  566. 

Montpellier,  43. 

Motta  (Calabria),  534,  535,  536. 

Motta  Camastra,  536,  617. 

Motta  di  Affermo,  536. 

Motta  di  S.  Aniceto,  565,  vedi  pure 
San  Nocito. 

Motta  S.  Anastasia,  536. 

Motta  S.  Stefano,  536. 

Mulisina,  casale  406. 

Muti,  fiumara,  811. 

:lt 

Napoli,  61,  185,  290,  337,  338,  3*1, 
363,  375,  376.  419,  423,  439,  448, 
439,  530,  531,  577,  587,  599,  600, 
619,  633,  631,  633,  63*. 

-castello  dell'Ovo,  336. 

—  monastero  di  S.  Maria  di  Donna 

Regina,  *18. 

—  (regno)  e  provincie  napolita- 
ne  o  di  terra  ferma ,  65 ,  100 , 
177,  178,  185,  235,  290,  292,  3*1, 
377,  411,  419,  421,  427,  531. 

Neopatria,  11. 

Nicastro,  180. 

Nicosia.  56,  57. 

Nicotera,  180,  558,  562. 

Nixio,  mandra,  presso  Cammarata, 

566. 
Normanni,  92,  303, 407,  409, 427, 169. 
Noto,  328,  373,  374,  375,  40">,  508, 

509,  510,  520,  522. 

—  chiesa  di  S.  Maria  de  Criptis  re- 

bellatis  presso  Noto,  vedi  Noto. 

—  (valle  di) ,  233  ,  234  ,  373  ,  374  , 
428,  508,  520,  521,  596,  616. 

» 


Obdillario,  fiume,  406. 
Oddomarrano.  vedi  Ottumarrano. 
Odogrillo,  casale,  52,  66. 
Olerou  (Bearne,  355,  366,  367,  424. 
Oriente,  457,  506,  632. 
Orvieto,  245,  246. 
Otranto,  448,  4*9. 
Otter,  castello,  165. 
Ottumarrano,  casale,  483,  513. 


Palafrugel  (Catalogna),  533. 

Palamòs  (Catalogna),  533. 

Palazzolo,  52,  66. 

Palermo,  Palermitani,  9  ,  10  ,  11, 
12,  13,  14,  15,  20,  22,  49,  50,  53, 
55,  57,  66,  87,  91,  95 ,  99 ,  100 , 
101,  102,  10*,  111,  116,  117,  12*, 
125,  126,  139,  17*,  186,  187,  218, 
222,  223,  226,  227,  277,  280,  28*, 
297,  299,  301,  303,  305,  306,  308, 
309,  31*,  315,  322,  330,  3*0,  345, 
360,  371,  373,  375,  398,  399,  *26, 
427,  430,  435,  438,  439,  440,  441, 
**2,  443,  ***,  480,  481,482,483, 
489,  491,  492,  555,  565,  567,  568, 
569,  570,  575,  576,  581,  589,  593, 
596,  597,  598,  600,  606.  607,  608, 
610,  611,  612,  615,  616,  617,  618, 
620,  622,  625,  633,  63*. 

—  chiesa  o  casa  della  SS.  Trinità 
della  Magione  o  di  S.  Maria  dei 
Teutonici,  113,  115,  508,  509, 
510,  520,  521,  522. 

—  chiesa  di  S.  Cataldo,  10. 

—  Loggia,    100. 
Palestina,  vedi  Terra  Santa. 
Palombi  (pietra  dei)  verso  Camma- 
rata,  513. 


INDICI 


667 


Panicars  vedi  Colle  de  Panissars. 
Pantelleria,  isola,  364,  365, 455,  466, 

473. 
Parigi,  43,  44,  175. 
Patti,  617. 

—  chiesa,  77,  78,  87,  88. 
Peralada  (Catalogna),  232. 
Perciata,  verso  Castronovo,  517. 
Perpignano,  425. 

Petralia,  115,  519. 

—  inferiore,  518,  519. 

—  superiore,  518,  519,  536. 
Petti  neo,  105,106. 

Piazza,  157,  158,  328,  508,  509,  617. 

Piemonte,  341. 

Pirenei,  242,  357. 

Pisa,  Pisani,  22,  98,  99,  100,  101, 
110,  111,  218,  219,  308,  324,  506, 
507. 

Poblet,  monastero,  253. 

Policoro,  marina,  448,  449. 

Poiizzi,  404,  516,  519,  536,  538,  547, 
625. 

Pollina,  106. 

Pomo,  vallone,  verso  Camma  rata, 
513. 

Portfangos,  41,  42,  45,  46,  254. 

Positano,  terra,  423,  546,  636. 

Principato,  544,  546,  636. 

Procida,  isola,  587,  600,  634. 

Protonotaro,  casale,  148.' 

Provenza,  Provenzali,  79,  100,  125, 
126,  128,  129,  130,  131,  132,  134, 
185,  283,  312,  366,  367,  376,  410, 
411,  412,  413,  414,  417,  418,  419, 
420,  421,  423,  424,  462,  465,  506, 
546,  555,  556,  559,  562,  571,  587, 
599. 

Puglia,  ducato,  53,  150,  151 ,  211 , 
233,  243,  270,  278,  305,  314,  317, 
325,  331,  332,  334,  337,  342,  346, 
347,  349,  350,  352,  355,  361,  364, 
370,  373,  376,  388,  391,  395,  398, 


405,  410,  411,  412,  413,  414,  415, 
421,  422,  428,  442,  451,  453,  455, 
463,  466,  468,  470,  472,  475,  478, 
482,  486,  487,  489,  508,  510,  520, 
524,  525,  533,  534.  536,  572,  582, 
584,  588. 

TI 

Racalgibili,  casale,  328. 

Rachalmaymuni,  casale,  81. 

Rachalmiyari,  casale,  514. 

Rachamumi.  porta  o  stretta,  verso 
Cammarata,  513. 

Rahalgebili,  terre,  79. 

Rahalsigera,  casale,  406. 

Raia,  serra,  verso  Castronovo,  513, 
517. 

Rametta,  311,  312,  316,  317,  318. 

Randazzo.  49,  57,  525,  526,  530. 

Ravello,  223,  546,  636. 

Rebolleto,  350. 

Reggio  (Calabria)  63,  72,  355,  468, 
534,  535,  536,  563,  564,  565,  571, 
572. 

Reitano,  239. 

Revello,  castello,  340. 

Rieua,  casale,  113,  115. 

Rieti,  447. . 

Ripacurcia,  4ll„  413. 

Rispensa,  lenimento,  406. 

Rocabert,  castello,  231. 

Roccafallucca,  182. 

Roccella  (Calabria),  524,  526. 

Roma,  Romani,  460,  461,  484,  505, 

534. 
—  Chiesa  ,  ossia  Corte  ,  Papato  , 
Santa  Sede,  15,  16,  43,  47,  225  , 
245,  246,  249,  250,  251,  253,  292, 
338,  341,  354,  356,  359,  375,  376, 
412,  424,  447,  452,  455,  457,  460, 
461,  462,  463,  464,  465,  466,  469, 
470,  493,  494,  495,  496,  499,  500, 


Hf)S  INDICI 

BOI,  504,  505,  507.  Santa    Maria  de    monacis   (presso 

—  (terre  di),  177,  178.  331,  832,  168.  Rametta),  terre,  311,  312,  317, 
Romania,  530.  318. 

Roseto,  porta  o  pietra,  185,  261.  Santo   Sepolcro   (monastero   di   S. 

Rossiglione,  contea,  45,  425,  010,  Teodoro  Renimorchi  del),   408, 

611,  632.  409. 

Rum  (ovvero  i  Bizantini,  nome  da-  Saraceni,  Musulmani,  Infedeli,  167, 

to  dagli  Arabi),  455.  245,  274,  275,  278,  297,  378,  381, 

382,  383,  456,  468,  469,  473,  487, 

S  499,  500,  504,  586,  588,  593,  594, 
609,  611,  612,  633. 

.Sacaro,  tenimento,  222.  Saragozza,  58,  69,  70,  71 ,  82 ,  96, 

Saccolino,  feudo,  328.  110,  112,  135,  136,  137,  138,  144, 

Salemi,  100,  134,  186,  408,  017.  249,  348,  389,  421,  532. 

Salerno,  città  e  principato,  211,270,  Sardegna,  84,  85,  97,  231,  232. 

278,  388,  424.  Savoia,  119. 

Salso  fiume  (divisione  amministra-  Saytunino,  casale,  406. 

tiva  della  Sicilia),  11,  13,  21,  63,  Scalea  (Calabria),  588,  598, 621,  625, 

112,  113,  178,  186,  226,227,228,  634. 

229,  311,  317,  328,  370,398,399,  Schiavi  (casale  degli),  114. 

435,  520,  547,  567,  569,  598,  602,  Sciacca,  78,  79,  81,  149,  186,  222, 

634.  394,  395,  396,  397,  401,  617. 

Saluzzo,  340.  Sciara,  terra,  401. 

San  Celedonio,  46,  150,  152,   195,  Sclafani,  515,  516.  519. 

196.  Selsona,  389,  390. 

San  Feliu  de  Guixols   (Catalogna)  Selva  de  mar  (Catalogna),  533. 

533.  Seriguan,  586,  592,  606,  632. 

San  Fratello,  terra,  124,  125,  126,  Sicilia,  Siciliani,  15,  16,  19,  20,21, 

127.  22,  24,  39,  40,  42,  43,  46,  47,  48, 

—  chiesa  di  S.  Bartolomeo,  127.  49,  52,  53,  55,  56,  57,  58,  61,  62, 
San  Gervasio,  448,  450.  67,  68;  69.  74,  75,  76,  77,  82,  84, 
San  Lorenzo,  presso  Reggio,  536.  94,  96,  97,  98,  111,  115,  116,  117, 
San  Martino,  piano,  292.  118,  119.  141,  146,  147,  150,  151, 
San  Nocito,  presso   Reggio,  563,  152,  153,  154,  155,  157,159,160, 

565.  161,  162,  163,  166,  167,  168,  169, 

San  Pietro  di  Castronovo ,   terre  ,  170*  172,  174,  175,  176,  187,  188, 

514.  189,  191,  192,  194,  196,  198,  199, 

Santa  Agata,  presso  Reggio,  563 ,  200,  202,  203,  204,  205,  206,  207, 

565.  208,  209,  211,  218,  219,  225,  229, 

Santa  Creus,  monastero,  165,  253,  231,  245,  249,  250,  251,  252,  253, 

255.  255,  269,  270,  272,  277,  278,  280, 

Santa  Maria  de  Harsia,  casale,  vedi  292,  299,  300,  304,  306.  309,  331, 

Carsa.  332,  334.  336,  338,  342,  343,  344, 


INDICI 


669 


352,  354,  355,  357,  358,  359,  361, 
362,  364,  365,  366,  367,  369,  386, 
388,  390,  392,  437,  447,  455,  460, 
462,  463,  464,  465,  466,  468,  469, 
470,  471,  472,  473,  480,  484,  494, 
497,  498,  499,  500,  501,  502,  504, 
505,  506,  524,  527,  530,  531,  532, 
534,  543,  554,  556,  557,  566,  568, 
569,  571,  572,  573,  574,  575,  577, 
580,  582,  583,  585,  586,  587,  588, 
590,  591,  593,  594,  595,  598,  600, 
601,  602,  603,  604,  605,  606,  611, 
615,  616,  617,  618,  619,  621,  624, 
625,  633,  634,  635. 

Siena,  137. 

Siracusa,  18,  59,  87  ,  88  ,  89,  111  , 
129,  130,  132,  133,  134,  217,  328, 
508,  520,  521,  523,  556,  616,  618. 

—  chiesa  maggiore,  128,  129. 

—  chiesa  e  monastero  di  S.  Lucia, 

128,  129,  131,  132,  133,  134,  135. 

Sirano,  180. 

Siria,  455,  504,  505,  506. 

Siurana  (Catalogna)  321. 

Solana,  contrada,  121. 

Solano  (Calabria),  63. 

Sorrento,  587,  599,  623  ,  633 ,  634 , 
638. 

Spaccaforno,  406. 

Spagna,  97,  231,  487,  561. 

Sparagia,  mandra  presso  Cam  ina- 
rata; 566. 

Squillaci,  180,  330,  335,  149 ,  524 , 
525,  528,  534,  535. 

Stafenda,  casale,  406. 

Svevi,  99,  128,  134,  220,  240,  341 , 
457,  504,  506. 


Tachina,  182. 
Taormina,  617,  618. 
Taranto,  principato,  361. 


Tarazona  (Aragona)  63,  73,  74,  75, 

76,  78,  80,  81,  242. 
Tarracona,  69,  71,  97,  199,  210,  212, 

232,  249,  603,  605,  63 1. 
Taverna,  tenimento,  182. 
Termini  (Imerese),  80,  120, 121,  137, 

247,  248,  396,  398,  401,  402,  404, 
458,  547,  580,  581,  596,  598,  617, 
626. 

Terracina,  225. 

Terra  di  Lavoro,  150,  151,  468,  538. 

Terranova  (Eraclea) ,  22,  100,  547, 

553,  618. 
Terra  Santa  ,  457  ,  493  ,  494  ,  495  , 

497,  499,  500,  502,  504,  505,  527, 

530. 
Teruel,  123,  124. 
Tirreno  (mare),  401. 
Tortosa,  232,  549. 
Toscana,  Toscani,  219,  335,  535. 
Trapani,  58,  63,  72,  87,  88,  94,  99, 

100,  111,  116,  117,  120,  154,  233. 

248,  249,  301,  302,  303,  304,  330, 
427,  485,  486,  487,  488,  568,  574, 
587,  589,  590,  591,  593,  594,  602, 
603,  604,  606,  607,  608,  609,  610, 
611,  612,  615,  616,  617,  618,  624, 
633. 

Trebisaccie  (Calabria),  445,  446. 

Tripi,  322. 

Tripoli  (d'Asia),  504. 

Tripoli  (di  Barberia),  98. 

Tropea,  castello,  533,  534,  619,  634. 

Tuchio  o  Tuchi  ,  contrada  presso 
Reggio,  534,  536. 

Tunisi,  167,  168,  169,  204,  205,  206, 
207,  208,  209,  210,  299,  303,  304, 
354,  355,  364,  365,  366,  377,  378, 
379,  380,  381,  383,  384,  385,  386, 
455,  466,  467,  468,  472,  473. 

Turbuli,  casale,  78,  79,  223,  224,  230. 

Tusa,  16,  18,  101,  102,  103,  104,  105, 
106,  107,  108. 


670  INDICI 

Valledolmo,  483. 
"V  Vallelunga  ,  porta  o  stretta  ,  513  , 

517. 
Valenza,  città  e  reguo,  44,  45,  63,     Veneziani,  219,  308,  506. 

69,  70,  71,  73,  81,  82,  83,  84,  85,     Vicari,  113,  114,  115,  512,  514,  515, 

96,  97,  98,  141 ,  168  ,  173  ,  176 ,  516,  519. 

191,  199,  200,  204,  214,  231,  242,    Villa  Bertrand  (Pirenei),  357,  477. 

245,  252,  275,  278,  297,  347,  349,     Villafranca  (Catalogna),  249 ,  250  , 

352,  356,  359,  362,  364,  367,  382,          253,  259,  271. 

388,  390,  412,  413,  425,  465,  469,     Vizzini,  373. 

533,  543,  546,  561,  572,  582,  587,     Vultano,  terre,  79. 

588,  592,  603,  604,  605,  632.  634. 


CORREZIONI  ED  AGGIUNTE 


Pag. 


Vili  lin.  24  e  seg. 
LXXIII  1.  28  in  questo 
LXXV  1.  32  unesimo 
LXXVIII  I.  27  Chronicon 
XCIV  1.  7,  15;  CXI11  1.  10;  CXV1 

1.  5,  1283 
C  1.  32  e  seg. 


GXXV1  1.  1  Logoteta 

»        1.  6  al  Protonotato 
6  1.  3  n.  X 
11  1.  15  Amari 
17  1.  26,  199 
24  1.  29  la  derivazione 
35  1.  4  di  Catanzaro 
44  I    21,  1279 
65  l.  29 


»      67  1.  30 


ed.  Siracusa.  Roma,  1897,  pag.  174 

nel  quinto 

umanesimo 

Chronicon  plac.  et  Chron.       • 

1282 

Nei  tempi  anteriori,  quando  fortitìcava- 
•si  la  città,  fu  serbato  (1573)  in  quella 
chiesa  di  S.  Spirito  ,  già  alquanto 
trasformata,  il  quadro  dello  Spasi- 
mo, opera  sublime  di  Raffaello,  poi 
di  là  involata  nel  1661.  Gir.  V.  Di 
Giovanni,  La  chiesa  di  S.  Spirito 
o  dei  Vespri  (nelle  Nuove  Effemeri- 
di siciliane.  Palermo,  1881,  Ser.  3», 
voi.  XII,  pag.  188  e  seg.). 

Logoteta  di  cognome,  e  non  Protonotaro 

al  predetto  Logoteta 

n.  XI 

dopo  Amari,  il  T irrito  e 

99 

la  pretesa  derivazione 

di  Cartelliano 

1279  <m.  e.  1280). 

Doc.  7  gennaio  1283.  Annunzio  di  ar- 
rivo del  Aglio  del  Re  di  Tunisi  (in 
Carini,  De  rebus,  pag.  261,  e  Sil- 
vestri Appendice,  pag.  81).  Sunto 
in  Mas  Latrie,  Traités  cit.  voi.  di 
Supplément,  1872,  pag.  42. 

Doc.  1  marzo  1283.  Su  la  venuta  di 
ambasciatori  del  tiglio  del  Re  di  Tu- 
nisi (in  Carini,  De  rebus,  pag.  540). 
Sunto  in  Mas  Latrie,  Traités  cit. 
voi.  di  Supplément,  1872,  pag.  43. 


Pag.   67  1.  37  in  quell' 
»      78  1.  18  Baveno 
»      98  1.  17  nel  1291 
»    108  1.  18  tempori  us 
»    209  1.  3 


»      210  1.  16 

»    222  1.  17 
»      230  1.  15. 


249  1.  15  a  lui  latta 
»    1.  17  e  come 
286  1.  5  posterioriori 
291  1.  32  ed  altro  (p.  208) 
300  1.  30  Federico 
363  1.  4  quo  (dabsit) 
394  1.  36,  1289 
404  1.  4  t.  1 
420  1.  20 


485  1.  29  degli 
574  1.  36  couchieri 


dopo  quell' 

Baverio 

nel  1289 

temporibus 

Edito  con  varianti  da  Mas  Latrie, 
Traités  cit.  voi.  di  Supplément, 
1872,  pag.  43,  doc.  XV.  Legge  il 
nome  (F)  di  Maioli  in  Ferrar. 

Edito  con  qualche  omissione  da  Mas 
Latiue,  cit.  1872,  pag.  43,  doc.  XVI. 

Gfr.  il  privilegio  del  14  gennaio  1283  in 
Carini,  De  rebus,  pag.  275. 

Si  ha  la  menzione  di  tal  documento, 
con  data  erronea  22  febbraio  1287, 
in  Villahianca,  Sicilia  nobile.  Pa- 
lermo, 1754,  parte  II,  pag.  178. 

fatta 

come 

posteriori 

ed  altro  (p.  191). 

Federico  (corr.  Enrico) 

(quod  absit) 

1288 

t.  II. 

Edito  ,  senza  indicazione  di  data ,  da 
Isidoro  Terrana,  Discursus  saper 
successione  Comitatus  Culatani- 
xettae.  Panormi,  1720,  pag.  53. 

om. 

nocchieri 


INDICE  ANALITICO 


Dedica  al  Senatore  Guarneri 

Prefazione 

§  I.  —  1.  Importanza  del  periodo  storico  aragonese  di 
Sicilia  dal  1282  al  1355     .        .        .        .        . 

2.  Motivi  del  termine  del  «  Codice  diplomatico  »  a 
tale  anno 

3.  Condizioni  generali  dell'isola  in  quel  tempo 

§  II. —  1.  Ordinamento  della  Cancelleria  regia  arago 
nese  del  1282  al  1355.  Registrazione. 

2.  Notizie  che  rimangono  dei  registri  di  tale  epoca 

3.  Perdita  quasi  totale  dei  medesimi 

4.  In  qual  tempo  avvenne 

5.  Alcuni  particolari  cenni  su  i  soli  registri  superstiti, 
cioè  quello  del  Re  Pietro  Un  Barcellona,  ed  i  fram- 
menti di  due  registri  del  Re  Ludovico  in  Palermo. 

6.  Ricerche  da  me  fatte  in  Sicilia  e  nel  continente  per 
raccogliere  i  documenti  dell'  epoca  aragonese  sino 
al  1355 

§  III.  —  1.  Necessità  di  ricercare  V Archivio  della  Co- 
rona d'Aragona  in  Barcellona  per  i  documenti  del 
regno  di  Pietro  I  e  quelli  del  regno  di  Giacomo  in 
Sicilia 

2.  Missione  e  risultato  delle  mie  ricerche  in  Ispagna  . 

3.  Viene  da  me  estesa  la  ricerca  anche  al  tempo  del 
regno  di  Federico  II  aragonese 

4.  Memoria  da  me  pubblicata  in  Barcellona  nel  1909 
su  le  relazioni  di  Alfonso  III  con  la  Sicilia  . 

5.  Altre  memorie  su  V  epoca  aragonese  in  Sicilia  da 
me  date  in  luce  dal  1905  sinora       . 

§  IV.  —  1.  Ricerche  da  me   fatte  nei  lavori  storici  e 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag. 


pag. 


VII 

XVI 
XVII 

XXII 
XXVI 
XXXI 
XXXV 


XLIII 
XLVIII 

LUI 
LVII 

LXII 

LXVI 

LXVII 

43 


674 


INDICI 


nelle  collezioni  diplomatiche  per  raccogliere  notizie 
e  testi  di  documenti  aragonesi  ..... 

2.  Coordinazione  del  materiale  inedito  raccolto  negli 
archivi  di  Sicilia,  del  continente  e  di  Spagna  con 
quanto  si  ricava  da  opere  a  stampa 

3.  Notizie  su  le  cronache  ed  i  principali  lavori  storici 
d'indole  generale  concernenti  il  periodo  aragonese 
dal  1282  al  1355  

§  V.  —  1.  Criterio  degli  scrittori  di  storia  generale  di 
Sicilia  nel  narrare  la  rivoluzione  del  1282  e  le  sue 
origini 

A)  Sul  nome  di  «Vespro  Siciliano»      .... 

B)  Su  le  cronache  sospette  per  origine  o  derivazione. 
«  Ribellarne  ntu  »,    Villani,   Malespini 

C)  Sul  dubbio  se  la  rivoluzione  del  1282  in  Palermo  sia 
stata  subitanea  o  derivata  da  congiura  . 

D)  Su  la  parte  che  ebbe  il  Procida  nella  rivoluzione 
del  1282  e  perciò  nella  congiura.  —  Prove  desunte 
dai  documenti  e  dalle  cronache.         .... 

2.  Altre  notizie  su  i  lavori  storici  speciali  per  determi- 
nati periodi  dell'epoca  aragonese      .... 

3.  Lavori  diplomatici  su  epoche  ed  argomenti  vari,  che 
ho  dovuto  particolarmente  consultare 

§  VI.  —  Metodo  da  me  tenuto  nella  formazione  del 
«  Codice  diplomatico  » 

DOCUMENTI 


Pag- 


LXXI 
LXXIII 
LXXIV 

LXXXIX 
XCIV 
CVII 

CXV 
CLXXXII 

ccv 

CCXI 


Governo  repubblicano  di  Sicilia  (31  marzo  a  6  settembre  1282). 

Notizie  preliminari 

§  1.  Forma  di  governo   ........     pag.  3 

§  2.  Datazione  dei  documenti         .......  4 

§  3.  Durata  del  governo  repubblicano  ......  5 

§  4.  Su  i  preparativi  della  rivoluzione        .        ...»  6 

§  5.  Pubblicazioni  speciali »  7  " 

I.  1282,  aprile  3.  ind.  IO,  Palermo. 

Atto  di  confederazione  tra  i  comuni  di  Palermo  e  Corleone  per 

reciproci  soccorsi  di  armi  e  denaro      .        .        .        .        »        9 

II.  1282,  aprile  13,  ind.  IO,  Palermo. 

Lettera  dei  Palermitani  ai  cittadini  di  Messina  per  liberarsi  dal 

dominio  di  Carlo  d'Angiò »      13 

III.  1282,  dopo  il  4  giugno. 

1  Siciliani    con    una   protesta  al  Collegio  dei  Cardinali    dimo- 
strano le  oppressioni  del  governo  angioino         .        .        »      15 


indici  675 

IV.  1282,  luglio  o  agosto,  ind.  10*,  Messina. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano  di  Messina  e  Catania  e  da  Tusa 
sino  «  ad  aguliam  Augustae  »  ed  il  Consiglio  restituiscono 
alla  Chiesa  di  Messina  il  castello  di  Calatabiano  .        pag.      16 

V.  1282,  agosto  15,  ind.  10»,  Messina. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano,  ed  il  Consiglio  esimono  i  Siracu- 
sani dal  pagamento  dei  diritti  di  dogana  in  Messina        »      18 
Vi.  1282,  dopo  il  30  agosto. 

I  Siciliani  inviano  al  Papa  Martino  IV  una  lettera,  nella  quale 

descrivono  gli  eccessi  degli  Angioini,  e  lo  esortano  a  non 

incrudelire  contro  l'isola »      19 

VII.  1282,  settembre  14,  ind.  lla  Messina. 

II  Re  Carlo  I  d'Angiò    scrive  ad  Alaimo    promettendogli   per- 

dono ed  assegno  se  farà  proclamare  dal  popolo  il  suo  do*- 

minio »      21 

Vili.  1282,  settembre,  dopo  il  26. 

Alaimo  da  Lentini,  Capitano  e  Maestro  Portolano  ,  concede  a 
Gualtieri  di  Caltagirone  libera  estrazione  di  frumento  dal 
porto  di  Terranova »      ivi 

IX.  1282,  aprile  a  settembre,  Messina. 

Conti  resi   da   Brucaya  e  Taclerio   già  Tesorieri   del    Comune 

di  Messina »      22 

Documenti  falsi. 

X.  1277  a  1281  (nel  pontificato  di  Nicola  III). 

Alaimo  da  Lentini ,  Palmeri  Abbate ,  Gualtieri  di  Caltagirone 
ed  i  nobili  di  Sicilia  chiedono  la  protezione  del  Re  Pietro  I, 
per  opera  del  Procida »      24 


Regno  di  Pietro  I 

(7  settembre  1282  a  10  novembre  1285) 

Giacomo  Luogotenente  generale  del  Regno  dal  7  maggio  1283  in  poi. 

Notizie  preliminari 

§  1.  Nuovo  governo  monarchico  stabilito  in  Sicilia.  —  Intitola- 
zione regia  nei  documenti pag.     30 

§  2.  Datazione  dei  documenti        .        .  .        .        .        »      33 

§  3.  Registrazione  dei  documenti  nella  Cancelleria  del  Regno  »      34 
§  4.  Luogotenenza  di  Giacomo ,  figlio  secondogenito  del  Re  Pie- 
tro.— Potestà  attribuite. — Registri  di  tale  epoca  perduti  »      ivi 
§  5.  Pubblicazioni  speciali      ........      37 


676  indici 

Periodo  dei  preparativi  di  conquista 

XI.  1282,  gennaio  18,  Algecira. 

Il  Re  Pietro  III  di  Aragona  scrive  al  Re  di  Castiglia  intorno 
alla  ricuperazione  del  regno  di  Sicilia,  ed  agli  aiuti  che  il 
medesimo  Re  di  Castiglia  ha  promesso  per  mezzo  dello 
scudiere  Andrea  de  Procida pag.      39 

XII.  1282,  maggio  20,  Portfangos. 

11  Re  di  Francia,  Filippo  III,  chiede  al  Re  Pietro  d'Aragona  a 
quale  scopo  prepara  i  grandi  armamenti,  che  dubita  siano 
contro  il  regno  di  Sicilia.  Risposta  del  Re  Pietro     .        »      41 

XIII.  1282,  maggio  2(5,  Parigi. 

L' Infante  Fernando,  fratello  del  Re  Pietro  d'Aragona ,  racco- 
manda al  Re  Eduardo  d' Inghilterra  il  mercante  de  Cre- 
suels,  e  gli  dà  notizia  della  ribellione  di  Sicilia        .        »      43 

XIV.  1282,  giugno  3,  Portfangos. 

Il  Re  Pietro  di  Aragona  fa  il  proprio  testamento,  e  stabilisce 
la  successione  dell'Infante  Alfonso  in  Aragona  e  negli  al- 
tri domini,  ed  in  quelli  che  avrà  acquistato  sino  alla  sua 
morte »      45 

XV.  1282.  agosto  19,  Alcoyll  (Africa). 

Il  Re  Pietro  d'Aragona  scrive  al  Re  d'Inghilterra  Edoardo  di 
essere  stato  richiesto  dai  Siciliani  a  ricuperare  il  loro  re- 
gno, per  il  diritto  della  regina  Costanza     ...»      47 

Periodo  posteriore  all'acclamazione  in  Palermo  (7  settembre) 

XVI.  1282,  9  settembre  a  30  dicembre. 

Documenti  del  Re  Pietro  I  durante  il  tempo  della  sua  residenza 
in  Sicilia  e  dopo  1'  acclamazione  a  Re  ,  avvenuta  il  7  set- 
tembre nel  Parlamento  tenuto  nella  città  di  Palermo        »      49 

XVII.  1282,  settembre  13,  Palermo. 

Il  Re  Pietro  I  risponde  al  Re  Carlo  d'Angiò  che  la  sua  gente 
non  è  usa  a  fuggire  ,  e  che  sosterrà  il  diritto  ereditario 
della  regina  Costanza,  sua  moglie,  sul  regno  di  Sicilia    »      53 

XVIII.  1282,  tra  il  19  e  24  settembre,  Nicosia. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  al  Re  Carlo  d'Angiò  narrandogli  l'invito 
dei  Siciliani  per  ricuperare  il  regno,  e  lo  esorta  a  desistere 
dall'assedio  di  Messina »      56 

XIX.  1282,  settembre  17,  Lerida. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  del  Re  Pietro  I  in  Catalogna, 
ordina  a  Cerviano  di  Narbona  di  ricevere  nella  nave,  che 
va  dal  Re  in  Sicilia,  Stefano  de  Seta  ed  i  compagni.        »      57 


indici  677 

XX.  1282,  ottobre  4,  Barcellona. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  io  Catalogna,  ordina  a  Mari- 
nouo  Lenguard  di  accogliere  nella  sua  nave  R.  Cattati  coi 
fanti,  che  va  in  Sicilia  per  servizio  del  Re         .        .  pag.      58 

XXI.  1282,  ottobre  5,  ind.   11»  Messina. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Giacomo  di  Fontoia ,  cornilo  di  Sira- 
cusa, di  far  venire  subito  in  Messina  i  corniti  e  marinai  per 
l'armamento  delle  navi  contro  Carlo  d'Angiò  »      59 

XXII.  1282,  ottobre  9  a  15. 

Breve  relazione-dei  combattimenti  avvenuti  durante  1' assedio 

di  Messina,  e  del  valore  del  catalano   Pietro  de  Queralt  »      60 

XXIII.  1283,  gennaio  2  ad  agosto  26. 

Documenti  del  Re  Pietro  I  durante  il  tempo  di  sua  residenza 
in  Sicilia  sino  al  6  maggio,  e  dopo  il  suo  arrivo  nella  Ca- 
talogna dal  10  giugno  al  26  agosto  ...»    63 

XXIV.  1283,  marzo  31,  Saragozza. 

L' Infante  Alfonso,  Luogotenente  in  Catalogna,  dà  gli  ordini 
opportuni  a  Cerviano  de  Riaria  per  raccogliere  milizie  in 
Dertosa  e  Tarracona,  ed  inviarle  in  Sicilia         .        ,        »      69 

XXV.  1283,  marzo  31,  Saragozza. 

L'Infante  Alfonso,  Luogotenente  in  Catalogna,  ordina  a  R.  de 
Rivosicco  di  radunare  soldati  in  Valenza  ed  altrove  per  la 
Sicilia ,        .        ->      70 

XXVI.  1283,  maggio  1,  Trapani. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Pietro  Dahivar  di  recarsi  a  Bordeaux 

per  il  duello     .  »      72 

XXVII.  1283,  dopo  Pll  giugno,  Bordeaux. 

Il  Re  Carlo  d'Angiò  in  un  suo  memoriale  dà  notizia  che  il  Re 

Pietro  non  è  venuto  a  Bordeaux  per  il  duello   .        ,        »      ivi 

XXVIII.  1283,  giugno  21,  Tarasona. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  a.  Bianca  signora  di  Molina  su  vari  affari 

di  lei »      74 

XXIX.  1283,  giugno  23,  Tarasona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Pietro  de  Roca,  di  Barcellona,  di  dar 
posto  in  una  nave  a  Berengaria  de  Belpuig  per  venire  in 
Sicilia »•      75 

XXX.  1283,  luglio  29,  Logrono. 

Il  Re  Pietro  I  dà  notizia  a  Giovauni  da  Procida  del  suo  arrivo 

in  Catalogna  e  del  processo  per  il  duello  »      76 

XXXI.  1283,  settembre  27,  ind.  12»,  Messina. 

La  Regina  Costanza  ordina  ai  Secreti  di  Sicilia  di  non  esigere 

dalla  Chiesa  di  Patti  alcuna  somma  per  dritto  di  legnare  »       77 


é78  in  di  ci 

XXXII.  1283,  ottobre  4,  Tarasona. 

Il  Re  Pietro  I  concede  a  notaro  Stefano  di  Nicola  ed  a  Filippo 
Guarichi  due  casali,  cioè  di  Burgibilluso  presso  Sciacca , 
e  di  Turbuli  con  le  terre  vicine    ......  pag.      78 

XXXIII.  1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  di  avere  ordinato  che  Lapo  Guindoue  sia 
Portolano  dell'isola  e  del  regno,  insieme  a  Romeo  de  Por- 
tella   . '-    »      81 

XXXIV.  1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  1  permette  a  Lapo   Guindone   che   sia    libero  dal 

vincolo  di  risiedere  in  Valenza,  dovendo  recarsi  in  Sicilia  »      82 

XXXV.  1283,  novembre  30,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  dà  notizia  a  Romeo  de  Portella   della    nomina 

di  Lapo  Guindone  a  Maestro  Portolano  insieme  a  lui       »      83 

XXXVI.  1283,  dicembre  1,  Valenza. 

11  Re  Pietro  I  partecipa  a  Lapo  Guindone  di  averlo  nominato 

Maestro  Portolano  insieme  con  Romeo  de  Portella     .      »      ivi 

XXXVII.  1283,  dicembre  1,  Valenza. 

11  Re  Pietro  I  ordina  a  Pietro  di  Cabanis  di  far   condurre   in 

Sicilia  Lapo  Guindone  con  la  famiglia.        ...»      84 

XXXVIII.  1283,  dicembre  15,  ind.  12.,  Catania. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  del  regno  di  Sicilia,  concede 
ai  Messinesi  che  non  possano  esser  convenuti  fuori  la  Corte 
dello  Stratigoto,  se  non  per  gli  appelli        .        .        ,        »      85 

XXXIX.  1283,  dicembre  15,  ind.  12%  Catania. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  del  regno  di  Sicilia,  concede 
ai  Messinesi  di  potere  dovunque  ,  nel  regno  di  Sicilia  ed 
in  Aragona  ed  altrove  ,  nominare  un  console  per    trattare 

le  liti  civili  tra  loro »      89 

XL.  1284,  gennaio  31,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  nomina  Giovanni  da  Procida  Cancelliere  del  re- 
gno di  Sicilia,  durante  vita     .        .        .        .        .        .         »    93 

XLI.  1284,  febbraro  25,  ind.  12»,  Palermo. 

La  Regina   Costanza   ordina  al  Secreto  di  Sicilia  di  compiere 
un'  inchiesta  su  le  somme   dovute  alla  Cappella  del  regio 
palazzo  di  Palermo  per  le  luminarie  da  farsi      .        .        »      95 
XLII.  1284,  aprile  9,  Valenza. 

11  Re  Pietro  I  ordina  che  frate   Galcerando  de  Timor   appena 

arriverà  dalla  Sicilia  si  rechi  da  lui     .        .        .        .        »      96 

XLIII.  1284,  aprile  9  e  11,  Valenza. 

La  regia  Corte  trasmette   varie    lettere  in  lingua   araba  su  la 

prigionia  in  Sicilia  di  Margat  saraceno         ,.        .        .        »    97 


indici  67Ò 

XLIV.  1284,  aprile  10,  Valenza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  il  Giudice  di  Arborea  per  la  restituzione 
di  due  navi  prese  dai  Pisani  ,  mentre  recavano  da  Sicilia 

in  Catalogna pag.      98 

XLV.  1284,  aprile  19,  ind.  12»,  Palermo. 

Il  Secreto  di  Sicilia  de  Pulcaro   ordina  che  sia   eseguita  l' in- 
chiesta sul  diritto  del  Vescovo  di  Cefalù  Giunta  a  percepire 
la  metà  dei  proventi  della  dogana  del  mare  di  Tusa         »     101 
XLVI.  1284,  maggio  7,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  alla  Regina  perchè  privi  dell'ufficio  di  Giu- 
stiziere di  Val  di  Mazzara  Gerardo  Boxio,  pisano      .        »     110 
XLVII.  1284,  maggio  7,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  avvisa  la  Regina  perchè   provveda  su  l' istanza 

di  Babilone  Boria  sul  conseguimento  di  eredità  in  Sicilia  »     112 
XLVIII.  1284,  maggio  23,  ind.  12%  Castronovo. 

In  seguito  ad  ordine  di  Pietro  de  Queralt,  Vicario  generale  del 
regno  al  di  qua  del  Salso,  il  Baiulo  ed  i  giudici  di  Castro- 
novo  eseguono  l'inchiesta  sui  confini  del  casale  di  Riena, 

presso  Vicari »     ivi 

XLIX.  1284,  giugno  1,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  annunzia  alla  Regina  che  invia  con  la  flotta  in 
Sicilia  Rodolfo  de  Manuele  ,  che  le  riferirà  la  sua  amba- 
sceria          »    115 

L.  1284,  giugno  4,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  dà  notizia  alla  Regina  della  venuta  degli  armi- 
geri Perrone  de  Caltagirone  e  Guido  Talach,  ai  quali  vuole 
che  si  conceda  qualche  ufficio  o  retribuzione      .        .        »    117 
LI.  1284,  giugno  12,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  a  Rodolfo,  Re  dei  Romani,  manifestan- 
dogli che  invia  a  lui  Raimondo  de  Bruncignach  per  dargli 

notizia  dei  fatti  del  suo  regno »     118 

LIIi  1284,  giugno  14,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  agli  ufficiali  di  Mazzara  di  prestare  aiuto 

ad  Alaimo  di  Lentini      .        .        .        .        .        .        .        »     119 

LUI.  1284,  luglio  24,  ind.  10%'  Termini. 

Il  regio   Giustiziere  della  Contea  di  Geraci  e  di  Cefalù  e  Ter- 
mini scrive  ,  per  parte  regia,  al  baiulo  e  giudici  di  Calta- 
vuturo  per  mettere  in  possesso  dei   beni  di    Gentile  ,  abi- 
tante di  Caltavuturo,  il  procuratore  del  Vescovo  di  Cefalù  »    120 
LIV.  1284,  agosto  22,  Teruel. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  non  impedire  ad  A.  di  S.  Baudilio  la 
donazione  del  tomolo  di  vettovaglie  dal  porto  di  Girgenti, 
fattagli  dall'Infante  Giacomo »     123 


680  INDICI 

LV.  sett.  1283  — ag.  1234.  ind.  12..  Palermo. 

La  Regina  Costanza  ordina  ai  Secreti  di  formare  un'inchiesta 
su  i  proventi  di  un    molino   nella   terra  di  San   Fratello  , 
chiesto  dal  notaro  Bongiovanni  de  Omobono      .        .  pag.    124 
LVI.  1284,  ottobre  11,  ind.  13». 

L' Infante  Giacomo  ,  Luogotenente  generale  del  Re,  concede  a 
Giovanni  de  Omobono  il  salto  d'acqua  di  un  molino  in  San 

Fratello »    125 

LVII.  1284,  novembre  17,  ind.  13%  Messina. 

La  Regina  Costanza  ordina  che  si  esegua  un'inchiesta  per  pro- 
vare che  il  canonico  Enrico  Tartaro   ottenne  dal  Re  Man- 
fredi il  beneficio  della  chiesa  di  S.  Lucia  di  Siracusa       »    128 
LVIII.  1284,  novembre  17,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  annotarsi  nei  conti  del  tutore  del  figlio 
del  fu  Raimondo  Romeo  ,  maestro  della   zecca ,  quanto  il 
Raimondo  consegnò  alla  regia  Corte    ....        »    135 
LIX.  1284,  novembre  18,  Saragozza. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'Infante  Giacomo  perchè  accetti  il  nuovo 

tutore  per  il  figlio  del  fu  Raimondo  Romeo        .        .        »    137 
LX.  1284,  novembre  24,  ind.  12»,  Mazzara. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  concede 
ai  Genovesi  l'uso  delle  immunità  di  commercio  godute  dal 

tempo  del  Re  Manfredi .        »     138 

LXI.  1284,  dicembre  10.  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  alla  Regina   Costanza    perchè    mantenga 

Lapo  Guindone  nell'officio  di  Maestro  Portolano        .        »    140 
LXI1.  1284,  dicembre  10,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  esorta  Lapo  Guiandone  ad  adempiere  con  zelo 
il  suo  officio,  e  promette  di  rispondere  sui  capitoli  da  lui 

inviati »     141 

LXIII.  1284,  dicembre  11,  Albarracin. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  la  Regina  di  consegnare  a  Lapo  Guian- 
done il  castello  di  Licata,  se  verrà  tolto  al  de  Serriano     »    142 
LXIV.  1284,  dicembre  19,  ind.  13%  Messina. 

L'Infante  Giacomo ,  Luogotenente  generale  del  regno  ,  ordina 
l'esecuzione  del  suo  privilegio  di  conferma  delle  esenzioni 
commerciali  dei  Genovesi        .        .        .        .        .        •        »     143 
LXV.  1285,  febbraio  3,  Saragozza. 

11  Re  Pietro  I  invia  a  Guglielmo  de  Roca  in  Barcellona  alcune 
lettere  per  la  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo  in  Si- 
cilia         .        .        »    144 


ìndici  681 

LXVI.  1285,  marzo  81,  ind.  13»,  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  trasmette 
ai  Doganieri  della  dogana  del  porto  di  Messina  la  notizia 
precisa  delle  franchigie,  che  godono  i  Genovesi  per  immis- 
sione ed  estrazione  di  merci pag.     145 

LXVII.  1285,  aprile  17,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  manifesta  a  Raimondo  de  Munterolis  il  rincre- 
scimento per  aver  venduto  in  Maiorca  il  frumento  portato 

dalla  Sicilia .        »    147 

LXVIII.  1285,  maggio  4,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  concede  a  Bartolotta  Maniscalco,  di  Messina,  i 

casali  di  Furnari  e  Protonotaro »    148 

LXIX.  1285,  maggio  4,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  l'Infante  Giacomo  perchè  nomini  Tom- 
maso de  Ato,  di  Messina,  notaro  credenziere  del   porto  di 

Sciacca »    149 

LXX.  1285,  maggio  8,  S.  Celedonio. 

L' Infante  Alfonso,  primogenito  del  Re  Pietro  I  di  Aragona  e 
Sicilia,  essendo  stato  emancipato,  conferma  in  favore  di 
suo  fratello  Infante  Giacomo  e  suoi  la  donazione  fatta  dal 
suddetto  Re  Pietro  e  dalla  regina  Gostanza  per  il  regno  di 
Sicilia  eie  regioni  di  Puglia,  Calabria,  principato  di  Capua 

e  Terra  di  Lavoro   .  »    150 

LXXI.  1285,  maggio  21,  Colle  di  Panissars.. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  che  Raimondo  Marquet  possa  inviare  in 

Sicilia  la  sua  nave  con  marinai  e  serventi  ...»     153 
LXXII.  1285,  maggio  22,  Colle  de  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Raimondo  Marquet  di  indurre  alcuni 
mercanti  a  comprare  la  tratta  in  Barcellona,  avendo  biso- 
gno di  danaro  per  l'armata »    154 

LXXI1I.  1285,  maggio  22,  Colle  di  Panissars. 

Il  Rè  Pietro  I  dà  a  Bernardo  Segalario  facoltà  di  permettere 
ai  mercanti,  ai  quali  avrà  venduto  la  tratta,  di  recarsi  in 

Sicilia »     155 

LXXIV.  1285,  maggio  22,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Ruggiero    de    Loria  ,  Ammiraglio   dei 
regni  di  Aragona  e  Sicilia,  di  non  impedire  ad  alcuni  mer- 
canti di  Barcellona  di  estrarre   grano  dalla  Sicilia    .        »    156 
LXXV.  1285,  maggio  29,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  all'  Infante  Giacomo  perchè  faccia  resti- 
tuire, durante  il  giudizio,  al  milite  Giovanni  di  Mazzarino 
i  beni  di  lui  posti  sotto    sequestro        .        .        .        .        »    157 


082  INDICI 

LXXVI.  1285,  maggio  29,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  1  ordina  di  permettere  a  Pietro  di  Molleto,  di  Bar- 
cellona, di  estrarre  dalla  Sicilia  salme  duecento  di  fru- 
mento od  orzo  per  la  Catalogna pag.     159 

LXXVII.  1285,  maggio  29,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Ruggiero  Loria,  Ammiraglio  dei  regni 
di  Aragona  e  Sicilia,  di  non  recare  impedimento  a  Pietro 
de  Prunariis,  di  Barcellona,  che  deve  trasportare  frumento 
od  orzo  dalla  Sicilia  in  Catalogna        ....        »     161 
LXXVIII.  1285,  maggio  29,  Colle  di  Panissars. 

11  Re  Pietro  I  scrive  all'  Infante    Giacomo  su  la   prigionia  del 
principe  di  Salerno  e  su  quella  di  Alaimo  di  Lentini  e  dei  suoi 
ed  altro,  e  lo  avvisa  per  l'invio  di  galere  dalla  Sicilia      »     162 
LXXIX.  1285.  maggio  30,  Colle  di    Panissars. 

11  Re  Pietro  I  ordina  di    fornire   agli   ambasciatori  del  Re  di 

Tunisi  quanto  occorre »     166 

LXXX.  1285,  maggio  31,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  che  siano  consegnati  gli  abiti  convenienti 

all'ambasciatore  dell'Infante  Giacomo  .        .        .        .        »     ivi 
LXXXI.  1285,  giugno  2,  Colle  d>"  Panissars. 

Trattato  di  pace  per  quindici  anni  tra  Pietro,  Re  di  Aragona 

e  di  Sicilia,  e  Miralmomeni  Bohap,  Re  di  Tunisi       .        »     167 
LXXXII.  1285,  giugno  3,  Colle  di  Panissars. 
•  Il  Re  Pietro  I  avverte  l'Infante  Giacomo  di  non  permettere,  per 
questo  anno,  che  i  mercanti  o  gli   abitanti    di   Barcellona 
portino  frumento  o  biada  dalla  Sicilia         ...»     169 
LXXXIII,  1285,  giugno  4,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  che  siano   pagate   le   spese  di  locazione 
convenuta  a  coloro,  che  fornirono  gli  animali  per  il  viaggio 
degli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi      .        .        .        .        »     170 
LXXXIV.  1285,  giugno  5,  Colle  di  Panissars. 

11  Re  Pietro  I  ordina  che   siano   pagate  le  nuove  spese  per  il 

ritorno  degli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi  in  Barcellona  »    171 
LXXXV.  1285,  giugno  5,  Colle  di  Panissars. 

11  Re  Pietro  I  avvisa  Guglielmo  de  Roca  per  il  pagamento  di 

loro  provvistone  agli  ambasciatori  del  Re  di  Tunisi  .        »     172 
LXXXVI.  1285,  giugno  5,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  non  vietare  ad  Abramo  Mosse  e  ad 
Abramo  Qachar,  ebrei  di  Barcellona,  di  recarsi  in  Sicilia  con 

le  loro  merci »       ivi 

LXXXVII.  1285,  giugno  8,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  perchè  si  esamini  quanto  è  dovuto  dalla 


indici  683 

nave  regia ,  chiamata  Bonaventura ,  che  va  da  Barcellona 
in  Sicilia  per  trasportare  frumento  per  l'esercito  in  Ca- 
talogna       pag.    173 

LXXXVTII.  1285,  giugno  9,  Colle  di  Panissars. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  permettere  a  G.  Benincasa  che  attenda 
al  servizio  della  nave,  chiamata  Bonaventura,  destinata  al 
trasporto  del  frumento  dalla  Sicilia      ....        »     175 
LXXXIX.  1285,  giugno  20,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  vuole  che  si  fornisca  a  Riccardo   de   Canalibus 

quanto  occorre,  prima  di  partire  per  la  Sicilia  .        .        »     176 
XC.  1285,  giugno  21,  ind.  13»,  Catanzaro. 

Pietro  Ruffo  di  Calabria,  Conte  di  Catanzaro,  insieme  a  trenta 
nobili  e  probi  uomini  della  stessa  Terra,  stabilisce  con  Gu- 
glielmo Calcerando  di  Cartelliano  ,  Capitano  e  Vicario  ge- 
nerale del  Re  di  Aragona  (Pietro),  una  tregua  delle  opera- 
zioni di  guerra  nell'assedio  della  suddetta  Terra  di  Catan- 
zaro da  parte  del  Re  di  Aragona  ....  »  177 
XCI.  1285,  giugno  27,  ind.  13%  Palermo. 

Inchiesta  fatta  da  Giaconia  de  Milite,  Maestro  procuratore  del 
regno  di  Sicilia  al  di  qua  del  Salso,  su  le  immunità  com- 
merciali dei  Genovesi  nell'isola »    18(5 

XCII.  1285,  giugno  30.  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Berengario  de  Vilardello  di  ricevere 
nella  propria  nave  P.  Eneci,  che  si  reca  in  Sicilia  per  ser- 
vizio regio »     187 

XCIII.  1285,  luglio  15,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  i  Maestri  Portolani  del  regno  di  Sicilia 
affinchè  permettano  avari  mercanti  di  Barcellona  di  estrarre 
frumento  ed  orzo  dall'isola  per  portarlo  in  Barcellona     »     188 
XCIV.  1285,  luglio  31,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  permettere  a  de  Molleto  ,  di  Barcel- 
lona ,  ed  altri  la  libera   esportazione  di  frumento  od  orzo 

da  Sicilia  per  la  Catalogna »     189 

XCV.  1285,  agosto  1,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  annunzia  che  trasmette  Berengario  de  Conques 
per  acquistare  in  Sicilia  vettovaglie  occorrenti  in  Catalo- 
gna per  l'esercito »    192 

XCVI.  1285,  agosto  1,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  "custodi  dei  porti  e  delle  spiagge  di 
Sicilia  di  permettere  V  estrazione  dall'  isola  di  pece  e  ca- 
trame ,  che  Berengario  de  Conques  porta  quivi ,  se  egli 
venderà  quelle  merci  ad  altri         .        .        .,""..        .        »     194 


684  indici 

XCVII.  1285,  agosto  11,  S.  Celedouio. 

11  Re  Pietro  I  ordina  di  non  molestare  per  otto  giorni  gli  am- 
basciatori del  Principe  di  Salerno         ....  pag.     195 
XCV1II.  1285,  agosto  12,  S.  Celedonio. 

Il  Re  Pietro  I  avverte  la  Regina  di  ritenere  come  scusato  A. 
Galaart  se  non  tornerà  prigione  in  Sicilia  nel  tempo  sta- 
bilito   »    196 

XC1X.  1284,  sett.  a  1285  ag.,  ind.  13.. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  Re,  concede  al 
milite  Guido  Talac  il  casale  di  Arcudaci  ,  nel  territorio  di 

Monte  S.  Giuliano »     197 

C.  1285,  settembre  19,  Darnils. 

Il  Re  Pietro  I  avverte   di    aver   permesso  a  Pericono  Disona  , 

di  Lerida,  di  estrarre  pece  per  la  Sicilia      ...»     198 
CI.  1285,  ottobre  10,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  di  non  recare  impedimento  a  Pericono 
Cerdano,  di  Valenza,  che  va  per  mare  in  Sicilia  con  pece, 

olio  ed  altre  merci »     199 

CU.  1285,  ottobre  18,  Barcellona. 

11  Re  Pietro  I  fa  una  dichiarazione  di  debito  in  favore  di  Alai- 

mo  da  Lentini  per  suo  assegno »    200 

CHI.  1285,  ottobre  18,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  1  fa  una  dichiarazione  di  debito  in  favore  di  Adi- 

nolfo  di  Mineo  per  suo  assegno     ......    201 

CIV.  1285,  ottobre  22,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  che  si  paghi  l'Ammiraglio  Ruggiero  Loria 

per  lo  stipendio  ai  corsari,  venuti  con  lui  dalla  Sicilia     »    202 
CV.  1285,  ottobre  24,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  permette  a  Bartolomeo  de  lo  Legale  ed  al  figlio 
Giovanni ,  abitanti  di  Castrogiovanni  ,  di  tornare  salvi  in 

Sicilia »      ivi 

CVI.  1285,  ottobre  24,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  dichiara  avere  ricevuto  oncie  di  oro  150  spedite 
da  Lapo  Guiandoni ,  Portolano  di  Sicilia ,  per  acquisto  di 

pece »    204 

CVII.  1285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  nomina  F.  Maioli  Console  in  Tunisi,  per  i  fon- 
dachi dei  Catalani  e  Siciliani »      ivi 

CVI1I.  1285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  ai  Consoli  dei  Catalani  e  Siciliani  in  Tu- 
nisi di  formare  i  conti  col  nuovo  console  F.  Maioli  .        »    207 


INDICI 


CIX.  1285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Bertrando  Misuraca  di  apprestare  favore 

ed  aiuto  a  F.  Maioli  nuovo  console  m  Tunisi     .        .  pag.    208 
CX.  1°285,  ottobre  26,  Barcellona. 

Il  Re  Pietro  I  annunzia  ai  mercanti  e  sudditi  dimoranti  in  Tu- 
nisi di  aver  nominato  F.  Maioli  console      ...»    209 
CXI.  1285,  novembre  2,  Tarracona. 

L'Infante  Alfonso  di  Aragona,  primogenito  del  Re  Pietro,  cede 
al  fratello  Infante  Giacomo  tutti  i  dritti  che  gli  competono 
sul  regno  di  Sicilia,  il  principato  di  Capua  ed  il  ducato  di 
Puglia »    210 

Documenti  di  data  incerta. 

CXII.  Il  Re  Pietro  I  concede   alla   città  di  Messina  che  la  Curia 

del  Mare  sia  retta  dai  Consoli »    216 

CXIII.  Il  Re  Pietro  I  ordina  di  restituirsi  agli    eredi   di  Gerardo 

Maimeni  una  casa  in  legname  in  Messina    ...»    220 

CX1V.  Il  Re  Pietro  concede  a  G.  di  Calcerando  de  Cartellano  una 

casa  in  Messina ,        »    221 

CXV.  Il  Re  Pietro  I  concede  alcune  franchigie  al  comune  di  Mi- 
lazzo   »    222 

CXVI.  Il  Re  Pietro  I  conferma  a  Filippo  Guarichi  la  concessione 

di  alcuni  tenimenti  di  terre,  siti  nel  territorio  di  Sciacca  »      ivi 

CXVII.  La  Regina  Costanza  e  l' Infante  Giacomo  ,  Luogotenente 
generale  del  regno  ,  ordinano  che  si  esegua  un'  inchiesta 
sul  valore  delle  rendite  dei  casali  di  Burgibilluso  e  Tur- 
buli »    223 

CXV1I1.  La  Regina  Costanza  e  l' Infante  Giacomo,  Luogotenente 
generale  del  regno,  stabiliscono  che  sia  esaminata  dalla  Gran 
Corte  l'inchiesta  per  i  casali  di  Burgibilluso  e  Turbuli    »    224 

CXIX.  La  Regina  Costanza  e  l'Infante  Giacomo,  Luogotenente 
generale  del  regno,  ordinano  di  immettere  in  possesso  dei 
casali  di  Burgibilluso  e  Turbuli  Stefano  di  Nicola  e  Fi- 
lippo Guarichi »     ivi 

CXX.  La  Regina  Costanza  trasmette  sue  lettere  a  vari  baroni 
della  Marca ,  dell'Abruzzo  ed  altri  luoghi  per  esortarli  a 
ribellarsi »    225 

CXXI.  La  Regina  Costanza  dà  notizia  d'aver  nominato  Matteo  di 

Catania  credenziere  del  fondaco  di  riva  in  Palermo  .        »     226 

CXX1I.  L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  or- 
dina a  Pietro  de  Queralt,  Vicario  generale,  che  dopo  un'in- 
chiesta assegni  a  Guido  di  Modica  il  feudo  o  casale  di 
Favarotta »    227 


686  indici 

CXX11I.  Pietro  de  Queralt,  Vicario  generale,  avvisa  i  Secreti  per 

l'assegnazione  del  casale  di  Favarotta  .        .        .  pag.    229 

CXXIV.  L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  con- 
cede a  Rodolfo  de  Manuele  il  casale  di  Burgibilluso.        »      ivi 

Documenti  falsi. 

CXXV.  1282,  agosto  28,  Catania. 

Il  Re  Pietro  I  concede  ad  Arnaldo  de  Rocabert  la  terra  ed  il 

castello  di  Cammarata »    231 

CXXVI.  1282,  ottobre  24,  ind.  li»,  Messina. 

Il  Re  Pietro  I  conferma  al    milite    Gualtieri  di   Caltagirone  la 

concessione  del  castello  e  terra  di  Giarratana    .        .        »    233 
CXXVIÌ.  1282,  ottobre  27,  ind.  IP,  Messina. 

Il  Re  Pietro  I  concede  a  Giovanni    e    Pietro   di   Antiochia   la 

terra  ed  il  castello  di  Cerami »    238 

CXXVIII.  1283,  dopo  1*11  giugno. 

Il  Re  Carlo  I  d'Augiò  annunzia  ehe  nel  giorno  1°  giugno  non 
si  presentò  in  Bordeaux  il  Re  Pietro  per  il  duello    .        »    240 
CXXIX.  1283,  agosto  13,  ind.  1%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  dà   licenza  a  Pietro    d'Antiochia   di    cedere  la 

terza  parte  della  terra  di  Cerami  per  dote  della  figlia       »    243 
CXXX.  1284,  dopo  il  5  maggio. 

Il  Re  Pietro  I  scrive  al  Papa  Martino  IV  dolendosi   della  pri- 
vazione dei  suoi  domini  di  Aragona  e  Catalogna        .        »    245 
CXXXI.  1285,  maggio  27,  ind.  IP,  Termini. 

Federico  concede  a  Giovanni    Luigi  de  Milo  1'  officio  di  Prov- 
veditore dei  castelli  di  Sicilia »    247 

CXXXII.  1285,  novembre  2,  Villafranca. 

Il  Re  Pietro  I  adempisce  quanto  gli  ha  imposto  il  confessore, 

cioè  di  restituire  il  regno  di  Sicilia  alla  Chiesa  .        »    249 

CXXX11I.  1285,  novembre  3,  Villafranca. 

11  Re  Pietro  I ,  volendo  aggiungere   altre   disposizioni  al  suo 
testamento  già  fatto  ,  ordina   al    notaro  di  scrivere  i  suoi 

codicilli »    253 

CXXXI  V.  Senza  data. 

Il  Re  Pietro  I  concede  la  terra  di  Grotte  a  Federico  Sances    »    256 

Regno  di  Giacomo 

(succ.  11  nov.  1285,  cor.  2  febb.  1286,  abdica  3  nov.  1295) 

Federico  Luogotenente  generale  del  regno  dal  12  luglio  1291  in  poi. 

Notizie  preliminari 

§  1.  Successione  di  Giacomo  al  regno  di  Sicilia.  Sua  coronase- 
ne. Successione  in  Aragona,  ritenendo  arbitrariamente  la 
Sicilia.  Abdicazione.  Intitolazione  regia  nei  documenti  »    259 


indici  687 

§  2.  Datazione  dei  documenti        .        .         .    •     .        .        .  pag.    264 
§  3.  Registrazione    dei   documenti   nella  Cancelleria    del   regno 
nelV  epoca  del  dominio  di  Giacomo  in    Sicilia ,  e  dopo  la 
successione  alV Aragona  »      ivi 

§  4.  Luogotenenza  di  Federico    figlio    terzogenito  del  Re  Pietro. 

Potestà  attribuite.  Registri  di  tale  epoca  perduti      .        »    266 
§  5.  Pubblicazioni  speciali    .        .         .    %  .        .         .        .        %.    268 
CXXXV.  1285,  novembre  25,  Maiorca. 

L'Infante  Alfonso  di  Aragona,  primogenito  del  defunto  Re  Pie- 
tro I,  promette  di  difendere  il  fratello   suo  Giacomo  ed  il 

regno  di  Sicilia »    269 

CXXXVL  1285,  novembre  25,  Maiorca. 

L'Infante  Alfonso  di  Aragona  nomina  l'Ammiraglio  Ruggiero 
Loria  suo  procuratore  per  ricevere  dall'  Infante  Giacomo 
il  giuramento  di  difendere  il  suddetto  Alfonso  ed  il  regno 

di  Aragona »    274 

CXXXVII.  1285,  novembre  25,  Maiorca. 

L'Ammiraglio  Loria  promette   all'  Infante  Alfonso  di  Aragona 

di  fargli  prestare  dal  fratello  Giacomo  il  giuramento        »    277 
CXXXVIII.  1286,  febbraio  5,  ind.  14*.  Palermo. 

Costituzioni  emanate  dal  Re  Giacomo  per  il  pacifico  stato  del 
regno  ,  nella  solennità  della  coronazione,  e  pubblicate  nel 

Parlamento  generale »    280 

CXXXIX.  1286,  febbraio  12,  ind.  14a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  promette  di  difendere  il  fratello  Re  Alfonso  ed 
i  suoi  regni  di  Aragona,  Valenza  e  Maiorca  e  la  Contea  di 

Rarcellona »    297 

CXL.  1286,  febbraio  16,  ind.  14»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo,  in  considerazione  dei  grandi  servizi  resi  dalla 

città  di  Messina,  conferma  alla  medesima  varie  immunità  »    299 
CXLI.  1286,  febbraio  18,  ind.  14  ,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  concede  agli  abitanti  di  Catalogna  di  potere 
estrarre  dai  porti  di  Sicilia  il  frumento  e  l'orzo   necessari 

per  il  loro  sostentamento »    306 

CXLII.  1286,  febbraio  22,  ind.  14%  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  concede  ai  Catalani  di  potere  eleggere  nel  regno 

di  Sicilia  un  console,  che  decida  le  cause  civili.        .        »    308 
CXLIII.  1286,  febbraio  22,  ind.  14%  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  prende  sotto  la  sua  protezione  le  Case  della  sa- 
cra Milizia  dell'Ospedale  di  S.  Maria  dei  Teutonici  di  Ge- 
rusalemme in  Sicilia  e  Calabria,  e  conferma  i  loro  beni  e 
le  immunità »    309 


688  indici 

CXLIV.  1286,  maggio  24,  ind.  14»,  Messina. 

II  Re  Giacomo  ordina  che  siano  immesse  in  possesso  delle  terre 
site  nelle  fiumare  di  Rametta  e  Muti  Filippa  vedova  di  Per- 
rone  Marchisotto  e  la  figlia  Fenicia     ....  pag.    311 
CXLV.  1286,  maggio  27,  ind.  14»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  conferma  al  milite  Guido  Talac  e  suoi  eredi  il 

casale  di  Arcudaci,  con  gli  obblighi  feudali        .        .        »    313 
CXLVI.  1286,  maggio  31,  ind.  14»,  Monforte. 

Il  Vicesecreto  delle  Valli  di  Demone  e  Milazzo  adempie  l' in- 
carico affidatogli  per  l' immissione  in  possesso  delle  terre 
nella   fiumara  di  Rametta  in  favore  di  Filippa   e    Fenicia 

Marchisotto       .  »    316 

CXLV1I.  1286,  prima  del  21  giugno. 

La  Regina  madre  Costanza  ed  il  Re  Giacomo  avvertono  il  Re 
Alfonso  III  di  Aragona  che  non   sono   disposti  a  trattare 
una  pace  vantaggiosa,  se  loro  non  rimarrà  l'isola  di  Sicilia  »    320 
CXLVIII.  1286,  luglio  19,  ind.  li»,  Messina.      • 

Il  Re  Giacomo  concede  a  Guglielmo  Conto  in  perpetuo  il  casale 
di  Bamina,  sito  nella  valle  di  Milazzo,  ed  una  casa  in  Mes- 
sina nella  contrada  Conceria »    321 

CXLIX.  1286,  luglio,  ind.  14%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  annunzia  di  avere    assegnato  a  Baliano  Bivai- 
gna,  di  Messina,  e  suoi  eredi,  oncie  due  di  oro  annuali  in 
compenso  di  un  casaleno,  che  a  lui  fu  proibito  di  edificare  »    323 
CL.  1286,  agosto  ind.  14»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  legittima  il  figlio  del  suddiacono  maestro  En- 
rico di  Messina »    325 

CLI.  1285  sett.  a  1286  agosto,  ind.  14*. 

Il  Re  Giacomo   concede  a  Pietro   de   Ansalone ,  giudice   della 

regia  Gran  Corte,  e  suoi  eredi  oncie  venti  di  oro  annuali  »    327 
CUI.  1285,  sett.  a  1286  ag.  ind.  14*. 

Il  Re  Giacomo  ordina  di  immettere  il  giudice  Pietro  de  Ansa- 
Ione  nel  possesso  dei  beni  a  lui  assegnati  per  il  valore  di 

oncie  venti  annuali »    328 

CL1II.  1286,  settembre  1,  ind.  15»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  ai  gabelloti  e  credenzieri  dell'  arco  del 
cotone,  di  Messina  di  pagare  da  ora  innanzi  a  Baliano  Bi- 
vaigna  l'assegno  a  lui  accordato  di  oncie  due  di  oro  an- 
nuali   »    329 

CLIV.  1286,  ottobre  2,  ind.  15»,  Messina. 

Beatrice,  figlia  del  Re  Manfredi,  col  consenso  dello  sposo  Man- 
fredi di  Saluzzo,  dona  irrevocabilmente  al  Re  Giacomo  l'in- 


INDICI  689 

tiero   regno  di  Sicilia  ed  ogni  dritto  che  a  lei   appartiene 

su  di  esso pag.    330 

GLV.  1286,  ottobre  25,  ind.  15»,  Messina. 

Manfredi,  figlio  primogenito  del  marchese  di  Saluzzo,  dichiara 
di  avere  ricevuto  dal  Re  Giacomo  la  somma  di  oncie  due- 
mila in  gioie  ed  arnesi,  e  di  oncie  mille  in  denaro,  dovuta 
per  il  primo  anno  per  ragione  della  dote  costituita  al  me- 
desimo dalla  regina  Costanza  e  dal  Re  Giacomo  .  »  337 
CLVI.  1286,  ottobre  26,  Lerida. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  dà  notizia  al  fratello  Re  Giacomo 
delle  suppliche  presentategli  da  Alaimo  da  Lentini,  e  prega 
la  Regina  madre  ed  il  Re  Giacomo  di  rispondergli  su  quanto 

dovrà  farsi »    342 

CLVII.  1287,  febbraio  18  o  19,  ind.  15.,  Messina. 

Il  Cancelliere  del  Regno  di  Sicilia ,  Giovanni   da    Procida  ,  fa 
transuntare  dal  notaro  tre  documenti,  che  dovranno  essere 
confermati  dal  Re  Alfonso  di  Aragona        ...»    346 
CLVIII.  1287,  febbraio  19,  ind.  15.,  Messina. 

Il  Cancelliere  del  regno  di    Sicilia ,  Giovanni    da    Procida  ,  fa 
transuntare  dal  notaro  l'atto  di  cessione  di  ogni  dritto  sul 
regno  di  Sicilia  da  parte  del  Re  Alfonso  di  Aragona        »     349 
CLIX.  1287,  febbraio  27,  ind.  15.,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  i  suoi  ambasciatori  per  trattare  dinanzi 
il  Re  Alfonso  di  Aragona  la  pace  con    Carlo  ,  principe  di 
Salerno,  intorno  al  regno  di  Sicilia      ....        »    352 
CLX.  1287,  febbraio  27,  ind.  15»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  i  suoi  procuratori  per  trattare  con  Carlo, 
principe  di  Salerno,  il  matrimonio  tra  il  suddetto  Giacomo 

e  la  figlia  maggior  nata  di  Carlo »    355 

CLXI.  1287,  febbraio  27,  ind.  15»,  Messina. 

L'Iafante  Federico,  figlio  del  defunto  Re  Pietro,  eligge  suoi  pro- 
curatori per  concordare  con  il  principe  di  Salerno  il  ma- 
trimonio di  sua  figlia  secondogenita  con  il  suddetto  Fede- 
rico     »    358 

CLXII.  1287,  marzo  3,  ind.  15»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  elegge  suoi  procuratori  per  trattare  col  principe 
Carlo  d'Angiò  una  tregua  per  sospendere  la  guerra  contro 
il  principe  circa  il  dominio  del  regno  di  Sicilia         .        »    361 
CLXIII.  1287,  marzo  8,  ind.  15%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina    suoi   procuratori   per   concordare  con 

Carlo,  principe  di  Salerno,  la  pace  per  il  regno  di  Sicilia  »    364 

G.  La  Mantia,  Cod.  dipi.  arag.  44 


690  indici 

CLXIV.  1287,  marzo  10,  Barcellona. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  fa  il  suo  testamento,  istituendo 
erede  nei  suoi  regni  il  fratello  Re  Giacomo,  con  la  condi- 
zione che  egli  ceda  all'Infante  Federico  il  regno  di  Sicilia 
e  le  terre,  che  al  medesimo  appartengono   .        .        .  pag.    367 
CLXV.  1287,  febbraio  o  marzo,  ind.  15»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  che  sia  eseguito  il  privilegio  dell'impe- 
ratore Federico  II  per  concessione  a  Teodoro  Sicho  e  suoi 
eredi  dell'officio  del  peso  della  staterà  in  Palermo     .        »    370 
€LXVI.  1287,  giugno  5,  ind.  15.,  Caltagirone. 

Il  regio  Giustiziere  della  Valle  di  Noto  assolve  il  Precettore 
dell'Ospedale  di  S.  Maria  dei  Teutonici,  nella  causa  col  ca- 
nonico siracusano  Enrico  Traversa  per  molestia  nel  pos- 
sesso della  chiesa  di  S.  Maria  de  Criptis  rebellatis,  nel  ter- 
ritorio di  Noto »    373 

CLXVII.  1287,  dopo  23  giugno,  Napoli. 

Trattato  di  tregua  per  due  anni  per  sicurtà  nei  mari,  conchiuso 
tra  il  Re  Giacomo  ed  il  Re  Alfonso  di  Aragona,  ed  il  Le- 
gato ed  il  Conte  d'Artois,  Baiuli  del  regno  di  Napoli       »    375 
CLXVIII.  1287,  luglio  30,  Jacca. 

Trattato  di  pace  e  tregua  durante  la  loro  vita ,  tra  il  Re  Al- 
fonso III  ,di  Aragona  ,  anco  per  nome  del  Re  Giacomo  di 
Sicilia,  ed  Abdeiehehit  figlio  del  principe  dei  credenti ,  e 
pretendente  al  dominio  di  Tunisi  ....        »    377 

CLXIX.  1287,  prima  di  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  a  Bertrando  de  Cannellis  di  recarsi  in 
Catalogna  per  farsi  consegnare  Alaimo  da  Lentinijed  i  suoi 
nipoti  convinti  di  tradimento,  che  dovrà  condurre  verso  la 

Sicilia  e  far  gettare  in  mare »    386 

CLXX.  1287,  agosto  4,  Jacca. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  conferma  dopo  la  sua  corona- 
zione l'atto  di  cessione  in  favore  dell'Infante  Giacomo  dei 

diritti  sul  regno  di  Sicilia »    387 

CLXXI.  1287,  agosto  4,  Jacca. 

Il  Re  Alfonso  IH  di  Aragona  conferma  dopo  la  sua  corona- 
zione 1'  atto  di  difesa  del  regno  di  Sicilia,  emanato  in  fa- 
vore dell'Infante  Giacomo »    390 

CLXXII.  1287,  agosto  4,  Jacca. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  avvisa  suo  fratello  Re  Giacomo  di 
avere  affidato  al  de  Cannellis  i  prigionieri  Alaimo  da  Len- 
tini  ed  i  nipoti .        »    391 


INDICI  691 

CLXXI1I.  1288,  febbraio  25,  ind.  1\  Catania. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Giustiziere  della  Valle  di  Girgenti  di 
intimare  il  divieto  di  caccia  nelle  foreste  regie,  anco  in  de- 
terminati tempi pag.    393 

CLXXIV.  1288,  marzo  18,  ind.  1»,  Sciacca. 

11  Baiulo  di  Sciacca  insieme  coi  giudici  divulga  con  un  bando 
nella    terra    suddetta   il    divieto    di    caccia    nelle    foreste 

regie »    395 

CLXXV.  1288,  maggio  7,  ind.  1»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  che  sia  fatta  sollecitamente  un'inchiesta 
sul  diritto  del  Vescovo  di  Cefalù,  Giunta,  nella  costruzione 
della   tonnara   dal   luogo  detto    Fiumetorto   sino  all'  altro 

detto  di  Colobria »    398 

CLXXVI.  1288,  ind.  1»,  dopo  il  14  maggio. 

Il  Giustiziere  della  Valle  di  Girgenti  mantiene  il  Vescovo  di 
Cefalù,  Giunta,  nel  possesso  della  tonnara  dal  Fiumetorto 

al  sito  di  Colobria »    402 

CLXXVII.  1298,  maggio  8,  ind.  1%  Messina. 

11  Re  Giacomo  concede  al  giudice  Rolando  de  Unda,  di  Mes- 
sina ,  in  perpetuo  il  casale  di  Binurrato  con  i  suoi  casali 

e  territori  adiacenti »    404 

CLXXVIII.  1288,  maggio  9,  Morreale. 

La  Regina  Costanza  concede  a  frate  Nicolò,  eremita,  cinquanta 
salme  di  terre  libere,  ad  uso  di  masseria,  nel  territorio  di 

Salemi »    408 

CLXXIX.  1288,  maggio  24,  Arles. 

Tregua  reciproca  tra  Maria,  figlia  del  Re  di  Ungheria,  princi- 
pessa di  Salerno,  ed  il  nobile  Scoto,  signore  di  Provenza, 
ed  i  procuratori  del  Re  Alfonso  di  Aragona,  anco  per  i  do- 
mini del  Re  Giacomo  in  Sicilia »    410 

CLXXX.  1288,  maggio  31,  ind.  1»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  conferma  a  Pietro  Ansalone ,  giudice  della  re- 
gia Gran  Corte,  l'immissione  in  possesso  di  vari  beni  della 
regia  Corte  per  il  valore  di  oncie  venti  annuali  di  oro     »    420 
CLXXXI.  1288,  giugno  1°,  Barcellona. 

Il  Re  Alfonso  III  di  Aragona  scrive  al  fratello  Re  Giacomo  in- 
torno alla  tregua  conchiusa  da  Ruggiero  Loria  verso  la 
fine  di  giugno  1287,  e  dà  notizia  circa  la  prigionia  del  prin- 
cipe di  Salerno  ed  altro »    421 

CLXXXII.  1288,  luglio  17,  ind.  1»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  concede  ai  cittadini  di  Barcellona  varie  fran- 
chigie di  commercio  nel  regno  di  Sicilia     .        .        ,        »    424 


692  INDICI 

CLXXXIII.  1288,  luglio  30,  ind.  1\  Messina. 

Il  Re  Giacomo  concede  a  Vitale  de  Villanova  e  suoi   eredi    il 

casale  di  Mazzarino pag.    427 

CLXXXIV.  1288,  agosto,  ind.  1\ 

Il  Re  Giacomo   ordina  di    pagare  a  R.  de  Vilacetmat,  soldato 

stipendiarlo,  quanto  a  lui  è  dovuto  per  suo  stipendio       »    431 
CLXXXV.  1287  sett.  a  1288  ag.,  ind.  1». 

Il  Re  Giacomo  ordina  che  sia  immesso  A.  Comte  ,  regio  por- 
tiere, nel  possesso  del  reddito  annuale  di  oncie  otto  di  oro 

sui  beni  della  regia  Corte »    432 

CLXXXVI.  1288,  dicembre  28,  ind.  2»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo   ordina  che   siano   eseguiti  i  pagamenti  a  Gia- 
como de  Cloviano,  soldato  stipendiario        ...»     ivi 
CLXXXVII.  1288,  novembre  4,  ind.  2a,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  trasmette  ai  Giustizieri  i  capitoli  sanciti  al  tempo 
della  sua  coronazione  ed  altri  ora  emanati  per  dar  termine 
ad  arbitri  ed  ingiustizie  nel    regno        ....        »    435 
CLXXXVIII.  1288,  novembre  4,  ind.  2»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  avvisa  i  Maestri  forestali  di  avere  emanato  una 
sua  costituzione  ,  con  la  quale  sono  aboliti  i  capitoli  del 
loro  ufficio  che   derivano  dal   tempo   del   dominio  del  Re 

Carlo  I  d'Angiò »     440 

CLXXXIX.  1289,  gennaio  13,  ind.  2»,  Messina. 

La  città  di  Messina  eligge  suoi    ambasciatori    per   presentarsi 
al  Re  ,  ed  esporgli  le  ingiustizie  che  subiscono  i  mercanti 
di  quella  città  nella  dogana  di  Palermo       ...»    441 
CXC.  1289,  agosto,  ind.  2%  Gaeta. 

Trattato  di  tregua  tra  il  Re  Carlo  II  di  Napoli  e  Giacomo  Re 

di  Sicilia  per  due  anni »    445 

CXCI.  1289,  ottobre  28,  S.  Gervasio. 

Il  Conte  Roberto  d'Artois  e  Carlo,  figlio  primogenito  e  Vicario 
generale  del  Re  Carlo  II  d'Angiò,  richiedono  il  Re  Giacomo 
perchè  provveda  a  reprimere  le  offese  arrecate  da  navi  si- 
ciliane, nonostante  la  tregua »    448 

CXCII.  1290,  marzo  22,  ind.  3%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  scrive  a  Giovanni  Sestari  per  notizie  da  Ge- 
nova e  per  vari  incarichi »    451 

CXCIII.  1290,  aprile  8,  ind.  3%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  costituisce  suo  procuratore  Bertrando  de  Can- 
uellis  per  esigere  da  Giacomo  di  Pietro  figlio  del  Re  Pie- 
tro I,  suo  padre,  la  somma  di  venticiuquemila  soldi  mu- 
tuatagli dall'ammiraglio  Loria »    453 


INDICI  093 

CXCIV.  1290,  aprile  25. 

Trattato  di  pace  (in  lingua  araba)  tra  il  Sultano  di  Egitto 
Kélaoun  Malec-el  Mansùr  da  una  parte  ,  ed  il  Ré  Alfonso 
d'Aragona,  il  Re  Giacomo  di  Sicilia  ed  i  fratelli  Federico 

e  Pietro  dall'altra .        .  pag.  455 

CXCV.  1290,  maggio  20,  ind.  3.,  Messina. 

Il  Maestro  Razionale  della  regia  Gran  Corte,  Berardo  de  Ferro, 
rilascia  al  Vescovo  di    Cefalù  ,  Giunta,    la    trascrizione   di 
lettere  testimoniali  sul  possesso  della  tonnara  di  Colobria  »     458 
CXCVI.  1290,  prima  del  14  giugno. 

Il  Re  Giacomo  consegna  a  Penco  Mar  i  capitoli  concernenti 
le  risposte,  che  egli,  da  sua  parte,  dovrà  dare  al  Re  Alfonso 
di  Aragona  intorno  alla  concordia  o  tregua  da  trattare  con 
la  Chiesa  romana,  invio  di  frumento,  progetto  di  matri- 
monio ed  altro »    459 

CXCVII.  1290,  giugno  14,  ind.  3».  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  i  suoi  ambasciatori  per  recarsi    presso 
i  cardinali  Gerardo  di  Parma  e  Benedetto  Colonna,  e  sta- 
bilire una  tregua  fra  la  Chiesa  Romana  ed  il  suddetto  Re 
intorno  la  discordia  sul  regno  di  Sicilia      ...»    463 
CXCVII1.  1290,  giugno  14,  ind.  3»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  eligge  suoi  ambasciatori  per  presentarsi  a  Carlo, 
principe  di  Salerno,  e  trattare  la  pace  finale  tra  il  medesimo 
principe  per  quanto  concerne  la  Sicilia  con  le  isole  adia- 
centi, le  Gerbe  e  Kerkene,  il  consolato  di  Tunisi  e  la  Ca- 
labria          »    460 

CXCIX.  1290,  giugno  14,  ind.  3»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  nomina  suoi  ambasciatori  per  recarsi  da  Carlo, 
principe  di  Salerno,  e  trattare  la  pace  finale  tra  il  mede- 
simo principe  e  Giacomo  intorno  la  discordia  sul  regno  di 

Sicilia  é »    470 

CC.  1290,  giugno  14,  ind.  3\  Messnia. 

Il  Re  Giacomo  costituisce  suoi  ambasciatori  per  presentarsi  al 
Re  Filippo  di  Francia  e  trattare  col  medesimo  ,  il  fratello 
di  lui  Carlo,  il  principe  di  Salerno  e  Giacomo  la  pace  per 

quanto  concerne  la  Sicilia »    472 

CCI.  1290,  giugno  14,  ind.  3%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  manifesta  per  verba  de  presenti  il  suo  consenso 
per  il  matrimonio   con    Guglielma    Moncada  ,  figlia  di  Ga- 
stone di  Béarn         .        .        .        .        .        .        .        .        »    474 

CCII.  1290,  giugno  14,  ind.  3  ,  Messina. 

Il  Re  Giacomo   costituisce  un  suo  procuratore  per    recarsi  da 


694  ìndici 

Guglielma  Moncada,  figlia  di  Gastone  di  Béarn,  e  trattare 

il  matrimonio  con  la  medesima pag.    477 

CCII1.  1290,  luglio  3,  ind.  3»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Secreto  di  Messina  di  provvedére  che 
sia  data  piena  esecuzione  alle  immunità  concesse  ai  Geno- 
vesi nel  trascorso  maggio,  durante  l'ambasceria  di  Bellanti 

e  de  Brignali »    480 

CCIV.  1290,  luglio  13,  ind.  3»,  Palermo. 

Il  Re  Giacomo  ordina  di  eseguirsi  un'inchiesta  su  i  confini  del 
tenimento  di  Carsa,  concesso  a  Raimondo  Villanova  dal  Ve- 
scovo di  Cefalù,  Giunta  .......        »    482 

CCV.  1290,  luglio  27,  ind.  3»,  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  concede  all'Ammiraglio  Loria  il  permesso  di  e- 
strarre  fuori  regno  salme   seimila  di  frumento  ,  libere  dal 

diritto  di  estrazione »    485 

CCVI.  1290,  luglio  29,  ind.  3»,  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  si  congratula  con  gli  almogaveri  delle  società 
degli  Abdelilli  per  avere  occupato  Castrovillari  e  sottopo- 
stala al  dominio  regio »      ivi 

CCVIIf  1290,  luglio  29.  ind.  3.,  Trapani. 

Il  Re  Giacomo  si  compiace  con  Ferrando  de  Camerasa  Abdalillo 

per  la  presa  di  Castrovillari »    487 

CGVIII.  1290,  luglio  29,  ind.  3»,  Palermo. 

Il  Giustiziere  di  Palermo  Ruggiero  Mastrangelo  ordina  (in  se- 
guito ad  ordine  regio)  che  sia  eseguita  la  sentenza  ema- 
nata nella  causa  tra  Pietro  de  Filosofo,  Costanzo  de  Ben- 
tifano  e  Ruggiero  de  Bianco,  per  la  designazione  dei  con- 
fini delle  terre  di  Curema  e  Marauso  ....  »  489 
CCIX.  1290,  luglio  (probabilmente). 

Il  Re  Giacomo  trasmette  le  sue  risposte  ai  capitoli  inviatigli 
da  maestro  Raimondo,  cappellano  del  papa  Nicola  IV,  e  ri- 
guardanti la  tregua  da  trattarci  per  dieci  anni  tra  la  Chiesa 
di  Roma,  i  Re  di  Francia,  di  Castiglia,  Carlo  II  di  Napoli 
e  lo  stesso  Re  Giacomo  per  sé  e  per  suo  fratello  Alfonso  Re 
di  Aragona,  con  varie  condizioni,  anco  per  il  passaggio  del 
Re  Giacomo  in  Terra  Santa,  secondo  la  proposta  del  Papa  »  493 
CCX.  1289  sett.  3»  ind.  a  1290  agosto. 

Il  Re  Giacomo  rinnova  ai  Secreti  l'ordine  già  dato  per  immet- 
tere A.  Comte,  regio  portiere,  nel  possesso  dell'annuo  red- 
dito di  oncie  otto  di  oro »    507 

CCXI.  1290,  settembre  1,  ind.  4.,  Piazza. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  nuovo  Giustiziere  della  Valle  di  Noto 


ìndici  695 

di  immettere  il  Precettore  della  Casa  di  S.  Maria  dei  Teu- 
tonici in  Sicilia  nel  possesso  della  chiesa  di  S.  Maria  de 
Criptis  rebellatis,  sita  nel  territorio  di   Noto        .        .  pag.     508 

CCXII.  1290,  settembre  9,  ind.  4»,  Cefalù. 

Il  milite  Lorenzo  di  Galtavuturo  trasmette  al  Re  Giacomo  l'atto 
dell'inchiesta  sui  confini  del  tenimento  di  Carsa,  sito  fra  i 
territori  di  Cammarata  e  Castronovo    ....        »    510 

CCXIII.  1290,  settembre  18,  ind.  4\  Catania. 

Il  regio  Giustiziere  della  Valle  di  Noto  scrive  ai  giudici  di  Si- 
racusa affinchè,  in  adempimento  dell'ordine  del  Re  Giaco- 
mo ,  restituiscano  il  possesso  della  chiesa  di  S.  Maria  de 
Criptis  rebellatis  al  Precettore  della  Casa  di  S.  Maria  dei 
Teutonici  in  Sicilia »    520 

CCXIV.  1290,  settembre  26,  ind.  4»,  Messina. 

Ruggiero  Loria ,  Ammiraglio  dei  regni  di  Aragona  e  Sicilia, 
scrive  a  Roberto,  Conte  d'Artois,  perchè  ordini  l'esatta  os- 
servanza della  tregua,  e  la  punizione  dei  colpevoli  che  as- 
salirono alcune  navi  di  sudditi  del  Re  Giacomo,  che  si  re- 
cavano da  Catania  a  Squillaci »    523 

CCXV.  1290,  ottobre  15,  ind.  4»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  ai  gabelloti  della  dogana  del  mare  di 
permettere  che  Francesco  de  Santo  Felice  estragga  da  qua- 
lunque porto  di  Sicilia  salme  1500  di  frumento  per  la  Ca- 
talogna, per  parte  della  città  di  Gerona      ...»     531 

CCXVI.  1290,  novembre  2,  ind.  4%  Messina. 

Il  Re  Giacomo  scrive  ai  servienti  del  castello  di  Tropea  perchè 
credano  quanto,  da  parte  sua  ,  riferirà  a  voce  Raimondo 
de  Bruncignach »    533 

CCXVII.  1290,  novembre  11,  indiz.  4»,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  ordina  a  Galvano  Lancia  di  ridurre  alla  rigo- 
rosa disciplina  gli  almogaveri,  che  hanno  commesso  eccessi 
nella  contrada  Tuchio  presso  Reggio    ....        »    534 

CCXVI1I.  1290,  dicembre  14,  ind.  4",  Catania. 

Il  Re  Giacomo,  esime  Giovanni  Maniscalco  ,  di  Polizzi.,  dalla 
annua  prestazione  dovuta  alla  regia  Corte  per  censo  o  villa- 
naggio  su  alcune  terre  arative  nel  territorio  di  Petralia    »    53b' 

APPENDICE 
Aggiunte    al    I    volume 

Regno  di  Pietro  I. 

CCXIX.  1283,  aprile,  ind.  11»,  a  sett.  ind.  12'. 

La  Regina  Costanza  ordina  all'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  di 


696  indici 

pagare  al  comito  Federico  Lancia  onde  d'oro  sei,  tari  sette 

e  grana  dieci  del  peso  generale pag.     541 

CCXX.  1283,  settembre  17,  ind.  12a,  Messina. 

La  Regina  Costanza  ordina  all'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  di 
permettere  I'  estrazione  fuori  regno  dal  porto  di  Licata  di 
salme  quattrocento  di  frumento    ....,»    542 
CCXXI.  1283.  settembre,  ind.  12". 

L' Infante  Giacomo  ,  Luogotenente  generale  del  regno,  ordina 
al  Tesoriere  Bertrando  de  Bellopodio  di  restituire  all'Am- 
miraglio Loria  oncie  trecento  di  oro     .        .        .        .        »      ivi 
CCXXIT.  1284,  giugno  22,  ind.  12%  Messina. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  approva 
i  conti  presentati  dall'Ammiraglio  dei  regni  di  Aragona  e 
Sicilia,  Ruggiero  Loria,  per   V  esercizio  del  suo  ufficio  da 

aprile  a  settembre  1283 »    543 

CCXXII1.  1284,  agosto  17,  ind.  12.,  Messina. 

L'Infante  Giacomo ,  Luogotenente  generale  del  regno  ,  esenta 
gli  abitanti  di  Reggio  dall'  obbligo  di  pagare  collette  ed 
altre  tasse  per  i  loro  beni  nelle   terre  di  S.  Agata ,  Santo 

Nocito  ed  altre »    563 

CCXXTV.  1285,  maggio  2,  ind.  13»,  Palermo. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  ordina  a 
Manfredi  Maletta  di  restituire  al  Vescovo  di  Cefalù  il  le- 
nimento di  S.  Maria  di  Carsa,  sito  presso  i  confini  di  Cam- 

marata »    565 

CGXXV.  1285,  maggio  2,  ind.   13»,  Palermo. 

L'Infante  Giacomo,  Luogotenente  generale  del  regno,  ordina  al 
milite    Raimondo  Alamanni  di  immettere  nel  possesso  del 
tenimento  di  S.  Maria  di  Carsa  il  Vescovo  di  Cefalù,  se  ciò 
non  curerà  di  eseguire  Manfredi  Maletta      ...»     567 
CCXXVI.   1285,  maggio  5,  Figueras. 

Il  Re  Pietro  I  ordina  a  Bernardo  Scriba  di  pagare  Attobono 
di  Trapani  ed  i  suoi  soci  venuti  da  Sicilia  con   una  barca 

armata »    568 

CCXXVII.  1285,  settembre  14,  ind.  14»,  Palermo. 

Il  milite  Baimondo  Alamanni ,  Vicario  generale  al  di  qua  del 
fiume  Salso,  affida  ad  Andrea  de  Lorenzo,  di  Cefalù,  1'  in- 
carico di  immettere  nel  possesso  del  tenimento  di  S.  Ma- 
ria di  Carsa  il  Vescovo  di  Cefalù  .        .        ,        .        »    569 

Regno  di  Giacomo. 

CCXX VIII.  1285,  novembre  29,  Messina, 

L'Infante  Giacomo ,  Luogotenente  generale  del  regno  ,  esenta 


indici  697 

gli  abitanti  di  Reggio  dal  pagamento  della  marineria,  e  con- 
cede altre  franchigie pag.    571 

CCXXIX.  1286,  marzo  29,  ind.  14.,  Messina. 

IJ  Re  Giacomo  ,  avendo   stabilito  di  inviare  in   Catalogna,  per 
affari  del   regno  ,  Ruggiero    Loria  ,  ammiraglio  di  Sicilia  , 
Aragona,  Maiorca  e  Valenza,  gli  permette  di  poter  ricevere 
a  mutuo  il  denaro  a  lui  necessario  a  tale  scopo        .        »    572 
CCXXX.  1286,  settembre,  ind.  15%  Trapani. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  dà  notizia  al  Re  Giacomo,  in 

Messina,  del  suo  ritorno  in  Sicilia  dalla  Catalogna    .        »    574 
CCXXXI.  1286,  settembre  a  dicembre,  ind.  15*. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  avverte  il  Giustiziere  di  Palermo 
di  consegnare  al  Protontino  Pietro  di  Caltagirone  le  oncie 
mille  di  oro  imposte  su  la  città  di  Palermo    per  il  denaro 

del  sussidio  (promissionis) »    575 

CGXXXII.  1287,  febbraio,  ind.  15*.  Palermo. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  scrive  al  Protontino  di  Palermo, 
Pietro  di  Caltagirone  ,  perchè   rimetta  a   Berlinghieri  Rog 
oncie  ventidue  per  pagamento  di  marinai     ...»     576 
CCXXXIU.  1287,  giugno  o  luglio,  ind.  15*. 

L'Ammiraglio  Ruggiero  Loria  invia  al  Re  Alfonso  di  Aragona 
una  sua  lettera  con  le  notizie  concernenti  la  conchiusione 
della  tregua,  allora  avvenuta  con  gli  Angioini    .        .        »    577 
CCXXXIV.  1286,  sett.  15»  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  ai  Maestri  Portolani  del  regno  di  resti- 
tuire all'Ammiraglio  Loria  oncie  milleduecento,  mutuate  dal 
medesimo  alla   regia   Corte   per    pagamento   di   soldati  ed 

altro 578 

CCXXXV.  1286,  sett.  15'  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  tesoriere  Lapo  Guindone  di  pagare  al- 
l'Ammiraglio Loria  le  somme  per  il  soddisfacimento  dello 

stipendio  dei  soldati »      ivi 

CCXXXVI.  1286  sett.  15"  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Secreto  di  Sicilia  di  pagare  a  Pietro 
di  Milazzo  oncie  otto  per  compenso  (emenda)  di  un  cavallo 

morto  per  il  servizio  regio »    579 

CCXXXVII.  1286,  sett.  15*  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo  ordina  al  Secreto  di  Sicilia  di  pagare  a  Matteo 
de  Arenis  oncie  venti  per  acquisto  di  cavallo,  armi  ed  al- 
tro a  lui  largiti        .  »    580 

CCXXXV11I.  1286,  sett.  15»  ind.  a  1287  agosto. 

Il  Re  Giacomo    concede  a  suo  fratello  ,  il  Re  Alfonso  di  Ara 


698  indici 

gona,  l'estrazione  di  salme  seimila  di  frumento  dalla  Sici- 
lia, per  venire  in  sollievo  delle  spese  dal  medesimo  Alfonso 
subite  per  la  guerra  tra  il  Re  Pietro  I  ed  il  Re  di  Francia, 

e  che  dovrà  pagare pag.    580 

CCXXXIX.  1286,  sett.  15»  ind.  a  1287  agosto. 

L'  Ammiraglio  Ruggiero    Loria   scrive  ad  Ugo  Talac ,  Maestro 
Portolano,  di  consegnare  a  Pietro  di  Caltagirone,  Proton- 
tino  di  Palermo  ,  oncie   settecento   per   supplemento  della 
spesa  per  l'armamento  dei  vascelli  regii       .        .        .        »    581 
CGXL.  1287,  settembre  29,  ind.  1  ,  Messina. 

Il  Re  Giacomo  rilascia  ampia  quietanza  all'Ammiraglio  Loria 
per  la  sua  amministrazione  sin  dall'epoca  della  sua  nomina 
(20  aprile  1283)  a  tutto  giugno  1285  e  per  il  tempo  poste- 
riore, per  i  conti  ora  presentati »    582 

CCXL1.  1288,  luglio  15%  ind.  1%  Messina. 

11  Re  Giacomo  approva  i  conti  presentati  dall'Ammiraglio  Lo- 
ria per  l'amministrazione  del  suo  ufficio  dal  1°  luglio  1285 
a  tutto  il  mese  di  agosto  1287,  e  per  gli  introiti  e  le  spese 

minutamente  designati »    586 

Indice  alfabetico  dei  nomi  di  persona »    641 

Indice  alfabetico  dei  nomi  di  luogo »    660 

Correzioni  ed  aggiunte »    671 


-#- 


DELLO  STESSO  AUTORE 


La  Mantia  Giuseppe  —  Codici  di  leggi  romane  sotto  i  Barbari.  Cenni. 
Palermo,  1880. 

—  Francesco  e  Giuseppe —  Consuetudini  di  Linguagrossa  ora  per  la  pri- 

ma volta  pubblicate.  Palermo,  1897. 
Consuetudini  di  S.  Maria  di  Licodia  ora  pef  la  prima  volta  pub- 
blicate. Palermo,  1898. 

—  Giuseppe  —  Dei  reali  Archivi  di   Sicilia.   Memoria  inedita  del  can. 

Rosario  Gregorio.  Palermo,  1899. 

—  Documenti  inediti  in  lingua  spagnuola  (1381  - 1409)  in  Sicilia.  Paler- 

mo, 1899. 

—  Indice  generale  dell'Archivio  Storico  Siciliano,  pubblicazione  perio- 

dica della  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria  (anni  1873- 1900). 
Palermo,  1902. 

—  Su  la  Biblioteca  della  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria  negli 

anni  1892  - 1900.  Relazione.   Palermo  ,  1903.  —  Altra   per  gli  anni 
1901  - 1913. 

—  I  Capitoli  delle  Colonie  greco  -  albanesi  diTSicilia  dei  secoli  XV  e 

XVI,  raccolti  e  pubblicati.  Palermo,  1904. 

—  I  Capibrevi  di  Giovanni  Luca   Barberi.  Continuazione  e  fine  del  volu- 

me III.  I  Feudi  di  Vai  Mazzara.  Fase.  V  e  VI  (nei  Documenti  della 
Società  predetta).  Palermo,  1904. 

—  I  Re  di  Sicilia  e  le  dimore  regie  dell'Isola  (nella  rivista  La  Sicile 

illustrée).  Palermo,  1905  e  1906. 

—  Su  i  frammenti  di  due  registri  originali  degli  anni  1353  -  55  di  Lu- 

dovico d'Aragona,  Re  di  Sicilia.  Notizie  e  regesto  (Estr.  da.llArch. 
Stor.  Sic.  an.  XXX).  Palermo,  1905. 

—  Le  Pandette  delle  gabelle  regie,  antiche  e  nuove,  di  Sicilia  nel  se- 

colo XIV,  raccolte  e  pubblicate.  Palermo,  1906. 

—  Su  l'uso  della  registrazione  nella  Cancelleria  del  Regno  di  Sicilia  dai 

Normanni  a  Federico  III  d'Aragona  (1130  - 1377).  (Estr.  dall' Arch. 
Stor.  Sic.  an.  XXXI).  Palermo,  1906. 

—  Il  Palazzo  reale  di  Palermo  e  le  sale  del  Duca  di   Montaito  (1638). 

Conferenza  (nella  rivista  La  Sicils  illustrée).  Palermo,  1907. 


Capitoli  angioini  sul  diritto  di  sigillo  della  Cancelleria  regia  per  la 
Sicilia ,  posteriori  al  1272  (Estr.  da.IV Arch.  Stor.  Sic.  an.  XXXII). 
Palermo,  1907. 

Il  primo  documento  in  carta  (Contessa  Adelaide,  1109)  esistente  in 
Sicilia  e  rimasto  sinora  sconosciuto.  Palermo,  1908. 

Documenti  su  le  relazioni  del  Re  Alfonso  III  d'Aragona  con  la  Si- 
cilia (1285-1291).  (Estr.  dall' Anuari  (1908)  de  l'Institut  cTEstudis 
Catalans).  Barcelona,  1909. 

La  guerra  di  Sicilia  contro  gli  Angioini  negli  anni  1313-  1320  e  la 
data  dei  Capitoli  di  nuove  gabelle  regie  per  le  galere  e  la  difesa 
del  regno.  Palermo,  1910. 

Intorno  ai  documenti  inediti  riguardanti  le  relazioni  del  Re  Alfon- 
so III  d'Aragona  con  la  Sicilia  negli  anni  1285  a  1291.  Comunica- 
zione fatta  alla  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  (Estr.  dal 
voi.  IX,  serie  3a).  Palermo,  1911. 

Di  un  progetto  di  descrizione  dei  feudi  della  Sicilia  nell'anno  1802 
(Estr.  da,\V  Arch.  Stor.  Sic.  an.  XXXVII).  Palermo,  1912. 

Di  una  consuetudine  giuridica  antica  in  S.  Pietro  sopra  Patti  nel 
1482.  Palermo,  1913. 

Bibliografia  dell'epoca  del  Re  Vittorio  Amedeo  II  in  Sicilia  (Estr. 
dal  volume  del  prof.  Garufi,  Rapporti  diplom.  tra  Filippo  Ve  Vit- 
torio Amedeo  II).  Palermo,  1914. 

Testamento  dell'Infante  D.  Pietro  d'Aragona,  fratello  di  Alfonso  il 
magnanimo,  Re  di  Sicilia,  del  4  giugno  1436  (Estr.  dal  voi.  X, 
serie  3a  degli  Atti  della  B.  Accademia  di  scienze).  Palermo,  1914. 

Su  le  riviste  italiane  di  storia  in  Trento,  Trieste  e  Dalmazia.  Noti- 
zia bibliografica  (Estr.  deìVArch.  Stor.  Sic.  an.  XL).  Palermo,  1915. 

Su  i  più  antichi  Capitoli  della  città  di  Palermo  dal  secolo  XII  al 
XIV  e  su  le  condizioni  della  città  medesima  negli  anni  1354  a  1392 
(Estr.  dalVArch.  Stor.  Sic.  an.  XL).  Palermo,  1915. 

La  Secrezia  o  Dogana  di  Tripoli  ed  i  Capitoli  della  sua  amministra- 
zione, approvati  e  riformati  dai  Viceré  di  Sicilia  negli  anni  1511 
a  1521  (Estr.  daXVArch.  Stor.  Sic.  an.  XLI).  Palermo,  1916. 

Messina  e  le  sue  prerogative  dal  regno  di  Ruggiero  II  (1130-1154) 
alla  coronazione  di  Federico  II  aragonese  (1296).  Estr.  da.IV Arch. 
Stor.  Sic.  an.  XLI.  Palermo,  1916. 


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667 

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La  Mantia,  Giuseppe 

Codice  diplomatico  dei  re 
aragonesi  di  Sicilia 


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